Sei sulla pagina 1di 178

NEUROPAIDEIA

DIDATTICA, LINGUE E CULTURE

16
Direttori
Giuseppa Compagno
Università degli Studi di Palermo
Floriana Di Gesù
Università degli Studi di Palermo

Comitato scientifico

Maria Vittoria Calvi Giuseppe Zanniello


Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Palermo
Giuseppa Compagno Piero Crispiani
Università degli Studi di Palermo Università degli Studi di Macerata
Floriana Di Gesù Marisa Pavone
Università degli Studi di Palermo Università di Torino
Alessandra La Marca Paolo Emilio Balboni
Università degli Studi di Palermo Università Ca’ Foscari Venezia
Patrizia Lendinara Sira Serenella Macchietti
Università degli Studi di Palermo Università degli Studi di Siena
Covadonga López Alonso Bruna Grasselli
Universidad Complutense de Madrid Università degli Studi Roma Tre
Ángel López García–Molins Fabio Caon
Universitat de València Università Ca’ Foscari Venezia
María Matesanz del Barrio Giombattista Amenta
Universidad Complutense de Madri Università degli Studi Enna “Kore”
Félix San Vicente Santiago Dorota Siemienicka
Alma Mater Studiorum — Università di Uniwersytet Mikolaja Kopernika
Bologna
Giuseppa Cappuccio
Montserrat Veyrat Rigat Università degli Studi di Palermo
Universitat de València
Francesca Pedone
Università degli Studi di Palermo
NEUROPAIDEIA
DIDATTICA, LINGUE E CULTURE

La collana intende raccogliere contributi finalizzati alla co–costruzione


di conoscenza accogliendo i paradigmi formativi che propone la Neu-
roeducation o la Neurodidattica. Si auspica che, nell’intersezione con
le Neuroscienze, l’area psico–pedagogica, l’area didattica, l’area lin-
guistico–filologica e quella letteraria possano invitare alla riflessione
epistemologica sulla possibilità di esplorare i percorsi educativi, i fatti di
lingua, i testi letterari. Il tutto ricorrendo anche all’ausilio dell’Educatio-
nal Technology come veicolo di trasmissione di contenuti. S’intende
porre attenzione, da una parte, al dialogo tra Neurodidattica, pedagogia
e didattiche disciplinari, mediante la presa in esame delle coordinate
principali del discorso educativo, dall’altra parte, alle connessioni tra
lingua, psiche e cultura letteraria, grazie alla convergenza dell’indagine
filologica, di quella semiotico–letteraria nonché alle relazioni tra lin-
guistica percettiva, contrastiva, cognitiva, didattica della lingua, nonché
analisi del discorso.

La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione parita-
ria e anonima (blind peer review). I criteri di valutazione riguarderanno il rigore
metodologico, la qualità scientifica e didattica e la significatività dei temi proposti.
Vai al contenuto multimediale

Desidero ringraziare Gabriele Pallotti per le lunghe e appassionate discussioni su questo lavoro
e per i suggerimenti metodologici offerti durante l’ideazione e la scrittura di questo libro. Sono
altresì grato a Cecilia Andorno, Annalisa Baicchi, Elisa Ghia, Alex Housen, Stefano Rastelli,
Manuela Visigalli e Alessandro Terreni per il confronto, l’ascolto, le correzioni e le critiche
alle due ricerche qui riportate. Infine, ringrazio per la disponibilità e l’aiuto gli studenti, gli
insegnanti, i direttori e i coordinatori dei corsi di lingua che hanno accettato con entusiasmo di
dedicare un po’ del loro tempo al mio progetto. Errori, mancanze o sviste sono di mia sola
responsabilità.
Paolo Della Putta
Apprendimento e disapprendimento
fra spagnolo e italiano
Uno studio bidirezionale sull’efficacia
di una tecnica di Focus on Form
Aracne editrice

www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it

Copyright © MMXVII
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

www.gioacchinoonoratieditore.it
info@gioacchinoonoratieditore.it

via Vittorio Veneto, 20


00020 Canterano (RM)
(06) 45551463

isbn 978-88-255-0474-3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie


senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2017


A Ugo, Rossella, Federico. A Silvia
Ogni parola – si sarebbe ten-
tati di dire – può effettiva-
mente avere in contesti di-
versi un carattere diverso, ma
ha pur sempre un carattere –
un volto. Ci guarda, comun-
que. Ci si potrebbe davvero
immaginare che ogni parola
sia un piccolo volto, il segno
scritto potrebbe essere un
volto.

Ludwig Wittgenstein, Os-


servazioni sulla filosofia
della psicologia, § I. 322
Indice

13 Introduzione

19 Capitolo I
Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica
1.1. L’attenzione, 19 – 1.1.1. Attenzione sostenuta, 21 – 1.1.2. Attenzione di-
visa, 21 – 1.1.3. Attenzione selettiva, 23 – 1.1.4. Meccanismi endogeni ed
esogeni di guida attentiva, 23 – 1.2. Consapevolezza, 26 – 1.3. La relazione
fra attenzione e consapevolezza, 27 – 1.4. Il noticing, ovvero l’”accorgersi”
di un fenomeno linguistico, 30 – 1.5. Noticing come quantità (minima) di at-
tenzione selettiva, 34 – 1.6. Limiti attentivi nell’acquisizione di lingue non
materne, 39 – 1.6.1. Fattori esogeni all’apprendente, 39 – 1.6.2. Fattori en-
dogeni all’apprendente, 41

45 Capitolo II
Focus on Form, apprendimento e disapprendimento
2.1. Ridirezionare l’attenzione selettiva degli apprendenti: il Focus on Form,
45 – 2.1.1. Il textual enhancement, 50 – 2.2. Apprendimento e disapprendi-
mento, 52 – 2.2.1. Il problema del disapprendimento, 54 – 2.2.2. Disappren-
dimento e Focus on Form, 61

65 Capitolo III
Dallo spagnolo all’italiano e viceversa
3.1. Imparare lingue simili, 65 – 3.2. Accusativo preposizionale, 71 – 3.3.
Articolo pre-aggettivo possessivo, 74 – 3.4. Ipotesi e domande di ricerca, 76

81 Capitolo IV
Metodologia dello studio
4.1. Coordinate generali della ricerca, 81 – 4.2. Gli informanti, 83 – 4.2.1.
Gli studenti ispanofoni di italiano, 83 – 4.2.2. Gli studenti italofoni di spa-
gnolo, 85 – 4.2.3. Gli insegnanti coinvolti, 86 – 4.3. Il trattamento didattico e
i materiali usati, 87 – 4.4. Tecniche e modalità di elicitazione dei dati, 89 –
4.4.1. La temporizzazione, 90 – 4.4.2. Procedure ed elicitazione dati, 92

11
12 Indice

97 Capitolo V
Analisi e interpretazione dei dati
5.1. Organizzazione dell’analisi e distribuzione statistica dei dati, 97 – 5.2.
Prima domanda di ricerca, 99 – 5.2.1. Strutture da apprendere per gli studen-
ti di italiano (AI), 99 – 5.2.1.1. Frasi +ArtPre (es: la mia bicicletta è bian-
ca), 99 – 5.2.1.2 Frasi -ArtPre (es: mia borsa è nuova), 100 – 5.2.2. Strutture
da apprendere per gli studenti di spagnolo (AS), 101 – 5.2.2.1. Frasi
+AccPrep (es: Nora saluda a Flavio), 101 – 5.2.2.2. Frasi –AccPrep (es:
Laura besa Fabio), 102 – 5.2.3. Paragone fra i risultati di AI e AS, 103 –
5.2.4. Strutture da disapprendere per gli AI, 103 – 5.2.4.1. Frasi +AccPrep
(es: Aldo ha incontrato a Maria), 104 – 5.2.4.2. Frasi –AccPrep (es: Anna
ha conosciuto Silvia), 104 – 5.2.5. Strutture da disapprendere per gli AS, 105
– 5.2.5.1. Frasi +ArtPre (es: el tu barco es blanco), 105 – 5.2.5.2. Frasi –
ArtPre (es: mi agenda es nueva), 106 – 5.2.6. Paragone fra i risultati di AI e
AS, 107 – 5.2.7. Risposta alla prima domanda di ricerca, 108 – 5.3. Seconda
domanda di ricerca, 109 – 5.3.1. Strutture da apprendere per gli studenti di
italiano (AI), 109 – 5.3.1.1. Frasi +ArtPre (es: la mia bicicletta è bianca),
110 – 5.3.1.2 Frasi -ArtPre (es: mia borsa è nuova), 110 – 5.3.2. Strutture da
apprendere per gli studenti di spagnolo (AS), 111 – 5.3.2.1. Frasi +AccPrep
(es: Nora saluda a Flavio), 111 – 5.3.2.2. Frasi –AccPrep (es: Laura besa
Fabio), 112 – 5.3.3. Paragone fra i risultati di AI e AS, 113 – 5.3.4. Strutture
da disapprendere per gli AI, 114 – 5.3.4.1. Frasi +AccPrep (es: Aldo ha in-
contrato a Maria), 114 – 5.3.4.2. Frasi –AccPrep (es: Anna ha conosciuto
Silvia), 114 – 5.3.5. Strutture da disapprendere per gli AS, 115 – 5.3.5.1.
Frasi +ArtPre (es: el tu barco es blanco), 115 – 5.3.5.2. Frasi –ArtPre (es:
mi agenda es nueva), 116 – 5.3.6. Paragone fra i risultati di AI e AS, 117 –
5.3.7. Risposta alla seconda domanda di ricerca, 117 – 5.4. Terza domanda
di ricerca, 119 – 5.5. Quarta domanda di ricerca, 121 – 5.6. Reazioni degli
studenti al trattamento, 124 – 5.6.1. Reazioni degli AI, 125 – 5.6.2. Reazioni
degli AS, 128 – 5.6.3. Conclusioni, 129

131 Capitolo VI
Conclusioni e limiti dello studio
6.1. Conclusioni, 131 – 6.2. Limiti dello studio, 135

139 Bibliogra¿a

165 Appendice 1

168 Appendice 2

171 Appendice 3
Introduzione

La glottodidattica sperimentale, altresì conosciuta come didatti-


ca acquisizionale o instructed second language acquisition in
ambito anglosassone, è un paradigma di ricerca che, seguendo il
metodo empirico, verifica le ricadute acquisizionali
dell’insegnamento tramite due ordini di dati: marcatori compor-
tamentali (giudizi di grammaticalità, test di competenza lingui-
stica e tempi di reazione agli stimoli) e marcatori cognitivi
(movimenti oculari e risposte elettrofisiologiche del cervello
durante l’esecuzione di compiti linguistici), cfr. Loewen, 2012,
Nuzzo, Rastelli, 2011 e Rastelli, 2010. Muoversi all’interno di
tale paradigma significa essenzialmente domandarsi se, come e
in quale misura ciò che si insegna viene acquisito e quali sono
le variabili che concorrono a modulare l’efficacia dell’inter-
vento del docente. Nel corso degli anni, infatti, le metodologie
e le tecniche1 si sono via via moltiplicate, proponendo agli in-
segnanti di lingue soluzioni didattiche molto promettenti la cui
efficacia, però, è stata soltanto raramente comprovata. Compro-
vare l’efficacia di un intervento glottodidattico significa, in
questa sede, verificare empiricamente la sua capacità di genera-
re una conoscenza implicita, stabile e duratura del tratto lingui-
stico oggetto di insegnamento. La glottodidattica sperimentale,
quindi, studia l’interfaccia fra istruzione e acquisizione (Rastel-

1
Seguendo Balboni (Balboni, 2014, p. 42; Balboni, 2008, pp. 25-26), con metodo-
logia facciamo riferimento a modelli di gestione della classe fondati su principi teorici
di natura pedagogica o psicodidattica, quali il CLIL, l’apprendimento collaborativo, la
metodologia ludica o il Focus on Form per l’insegnamento della grammatica; con tec-
niche indichiamo, invece, gli strumenti concreti con cui il docente agisce in classe. Ap-
partengono a questa categoria gli esercizi, le attività e le modalità correttive usate du-
rante una lezione.

13
14 Introduzione

li, 2010), indaga l’“agire didattico” (Ciliberti, 2012) e armoniz-


za le possibilità e le necessità della glottodidassi.
Secondo Cambiaghi (2008), la glottodidattica è caratterizza-
ta da due dimensioni, una interna e una esterna: la prima è uno
spazio epistemologico teorico, in cui vi è un dialogo fra le
scienze di riferimento e da cui scaturiscono gli approcci
all’insegnamento linguistico; la dimensione esterna è, invece,
quella più applicata, in cui si ragiona attorno alla validità di me-
todi, metodologie e tecniche. R. Ellis e Shintani (2014, pp. 34-
35) chiariscono ulteriormente questa distinzione, sostenendo
che un insegnante, una volta scelto quale tipo di approccio se-
guire, si deve confrontare con un problema decisamente com-
plesso: come implementare tale approccio nell’attività di classe,
ossia entro un processo essenzialmente dialogico, interattivo,
cangiante e in parte imprevedibile. Secondo i due autori (ma si
veda anche R. Ellis, 1999, pp. 209-210 per simili riflessioni), la
dimensione interna della glottodidattica è foriera di importanti
domande di ricerca, la cui natura essenzialmente pratica è ine-
rente all’efficacia di quello che “si fa” durante una lezione. Tali
quesiti, oltre a essere centrali nell’attività riflessiva di ogni in-
segnante (Calderhead, 1988), possono avere una portata molto
ampia e ricadute teoriche non indifferenti.
A questi interrogativi la glottodidattica italiana risponde se-
guendo percorsi di ricerca diversi. Se la validità dei metodi vie-
ne verificata in termini di coerenza interna e di adeguatezza con
gli approcci che essi intendono realizzare (Anthony, 1963, p.
63; Balboni, 2008), la validità di metodologie e tecniche viene
misurata secondo due criteri: il primo è di coerenza con
l’approccio e il metodo, mentre il secondo è di efficacia nel
raggiungere gli obiettivi didattici prefissati (Balboni, 2014, p.
26). La glottodidattica sperimentale trova dunque un suo con-
creto spazio epistemologico in questa seconda dimensione di
verifica che chiamiamo, per rifarci alla scienza medica2, evi-

2
Ci rifacciamo, qui, al classico parallelo fra glottodidattica e medicina tracciato da
Robert Lado all’inizio degli anni settanta del secolo scorso (Lado, 1974). Le due scien-
ze, infatti, condividono alcuni principi epistemologici fondanti, come
Introduzione 15

dence-based3 e che restituisce al ricercatore risposte oggettive,


verificabili, replicabili e falsificabili sull’impatto che metodolo-
gie e tecniche hanno sull’acquisizione linguistica.
La lettura attenta di alcune ricerche condotte in ambito ita-
liano (cfr., inter alia, Wittle, Nuzzo, 2015; Nuzzo, Gauci, 2015;
Rastelli, 2011; Bettoni, Di Biase, 2007; Grassi, Mangiarini,
2010) mette però in luce anche le criticità di questo paradigma
di ricerca. In primo luogo, è proprio la natura sperimentale de-
gli studi a fornire sovente risposte limitate e non sempre esau-
stive: un insegnante deve necessariamente saper gestire processi
complessi, certamente più articolati dell’insegnamento di un
singolo elemento linguistico tramite un’unica tecnica o metodo-
logia. I risultati di queste ricerche non hanno quindi la pretesa
di sostituirsi a indicazioni didattiche più ampie, che rimangono
sempre i presupposti di una prassi d’insegnamento consapevole.
Con molta più modestia, si cerca di dare risposte generalizzabili
ai docenti che vogliono avere indicazioni concrete sull’efficacia
di una certa tecnica o metodologia e sulle condizioni (tipologia
di apprendenti, tratti linguistici, ecc.) che ne favoriscono o ini-
biscono l’efficacia. Il procedere della glottodidattica sperimen-
tale è, dunque, «ambizioso e modesto» (Mantovani, 1998, p.
IX, cit. in Wittle, Nuzzo, 2015, p. 8) allo stesso tempo: ambi-
zioso per la portata delle domande a cui tenta di rispondere,
modesto per il tipo di risposte che restituisce, risposte che pos-
sono e devono essere complementari alla pratica didattica quo-
tidiana e all’esperienza dei docenti.
Il secondo aspetto critico è il costo, in termini di tempo, ri-
sorse e necessità organizzative, richiesto dalla ricerca empirica.
Come sottolineato da Bettoni (2008), per condurre uno studio di

l’interdisciplinarietà e la natura teorico-pratica (per una discussione, cfr. Chini, Bosisio,


2014, p. 33 e segg.).
3
Va notato come la pratica evidence-based sia molto discussa in campo medico e,
ancor di più, nel campo delle scienze sociali. A volte si preferisce parlare di evidence-
informed practice per tentare di riconciliare il bagaglio esperienziale con le indicazioni
rigorosamente scientifiche. La discussione è ampia e non necessaria per i nostri scopi,
ma rimandiamo il lettore interessato ad Hammersley (2016, cap. 1) per approfondimen-
ti. Anticipiamo da subito che una glottodidattica evidence-based è da ritenersi comple-
mentare a una glottodidattica basata sull’esperienza dei suoi attori.
16 Introduzione

glottodidattica sperimentale sono necessari protocolli di indagi-


ne molto rigidi, che tengano conto e che fattorizzino le molte
variabili responsabili dei risultati elicitati. Mutuare il modello
evidence-based della medicina e applicarlo alla pedagogia lin-
guistica non è opera semplice e, spesso, non è esente da criti-
che. La validità ecologica di alcune ricerche viene, in alcuni ca-
si, messa in discussione perché i risultati possono essere frutto
di indagini eccessivamente sperimentali, non ambientate in con-
testi di apprendimento reali o condotte con microlingue artifi-
ciali (cfr., inter alia, Doughty, Williams, 1998, p. 233; Hulstijn,
2005). Anche il rigore metodologico – quanto mai necessario –
di taluni studi è stato oggetto di critica (cfr. Norris, Ortega,
2000; Han, Park, Combs, 2008; Dekeyser, Prieto Botana,
2015): spesso, i design degli esperimenti non sono abbastanza
rigorosi per poter rispondere con certezza alle domande di ri-
cerca. Malgrado ciò, siamo convinti che i risultati di questo fi-
lone di studi possano aiutare di molto la pratica didattica, pur-
ché essi siano scientemente collocati all’interno di un saldo
quadro teorico/metodologico e a patto che siano sempre messi
in relazione con le reali possibilità e necessità della glottodidas-
si. Tenendo presenti tali potenzialità e tali limiti, è in questo
orizzonte epistemologico che si colloca il nostro studio.
Ci proponiamo pertanto di indagare la relazione fra
l’insegnamento e l’acquisizione di due tratti linguistici conside-
rati tipicamente difficili per studenti ispanofoni di italiano e per
studenti italofoni di spagnolo: la presenza/assenza dell’articolo
pre-possessivo nel sintagma nominale (italiano: la mia macchi-
na // spagnolo: Ø mi coche) e la presenza/assenza dell’accu-
sativo preposizionale4 in frasi a ordine canonico soggetto-
verbo-oggetto (italiano: conosco Ø Luciano // spagnolo: co-
nozco a Luciano). Nel passaggio fra italiano e spagnolo, un ap-
prendente italofono dovrà imparare ad aggiungere l’accusativo
preposizionale in una posizione sintattica che, nella sua lingua
4
L’accusativo preposizionale è la marcatura dell’oggetto animato e specifico (pro-
totipicamente un nome proprio di persona) che, in spagnolo e in italiano (ma, in
quest’ultima lingua, in modo più ristretto e non nella frase a ordine soggetto-verbo-
oggetto), si manifesta grazie alla presenza della preposizione “a” davanti all’oggetto.
Introduzione 17

madre (d’ora innanzi L1), è vuota. Chiamiamo questa operazio-


ne apprendimento (learning). Lo stesso studente deve anche
imparare a non aggiungere l’articolo (ovvero a inibirne
l’attivazione) in posizione pre-possessiva, vuota nella lingua
oggetto di apprendimento (d’ora innanzi L2). Chiamiamo que-
sta seconda operazione disapprendimento (unlearning). Specu-
larmente, un discente ispanofono di italiano dovrà apprendere
l’articolo in posizione pre-possessiva e disapprendere l’accu-
sativo preposizionale in frasi a ordine soggetto-verbo-oggetto.
L’apprendimento e il disapprendimento hanno natura mentale
distinta e si basano su due prove (evidences) diverse fornite
dall’input della L2. Da un lato, per i tratti da apprendere, l’input
di L2 fornisce una prova positiva diretta, ovvero mostra
all’apprendente cosa c’è e cosa deve essere “aggiunto” all’inter-
lingua. Dall’altro lato, per i tratti da disapprendere, l’input di L2
fornisce una prova negativa indiretta (Pearl, Mis, 2016), ovvero
mostra all’apprendente cosa non c’è in un contesto sintattico in
cui, nella L1, sarebbe obbligatorio un determinato elemento.
Una prova positiva diretta è generalmente considerata più forte
di una negativa indiretta e dovrebbe permettere, quindi, una ri-
strutturazione interlinguistica più efficace: i tratti in apprendi-
mento dovrebbero essere più facili da acquisire di quelli in di-
sapprendimento. Inoltre, secondo alcuni studiosi (cfr, inter alia,
Gass, Mackey, 2002; Judy, 2011), per aiutare gli apprendenti a
inibire l’attivazione di tratti superflui in L2 una correzione sa-
rebbe necessaria, data proprio la scarsa portata percettiva di una
prova negativa indiretta. In questo lavoro, quindi, appureremo
se, anche nella coppia linguistica italiano/spagnolo, l’appren-
dimento di un tratto si rivela operazione più semplice del suo
disapprendimento e se una tecnica di focalizzazione della forma
(Focus on Form) può favorire, e in quale misura, l’acquisizione
della corretta configurazione dell’accusativo preposizionale e
dell’articolo pre-possessivo in italiano e spagnolo. La tecnica
testata è il textual enhancement che, grazie alla manipolazione
grafica di testi scritti (corsivi, grassetti, colori ecc.), intende at-
trarre l’attenzione selettiva degli studenti su una struttura della
L2 per innescarne il processo acquisizionale.
18 Introduzione

Lo studio adotta un approccio quantitativo, ha un disegno


quasi sperimentale classico comprensivo di pre-test, trattamen-
to, post-test e delayed-post test e può essere annoverato fra i
classroom studies, ovvero fra quelle ricerche che, scegliendo
come scenario di indagine la classe di lingua, validano empiri-
camente determinate scelte didattiche. Secondo Brown e Rod-
gers (2002, p. 12), questo tipo di studi ha lo scopo di «compare
group behaviour in probabilistic terms under controlled condi-
tions using intact groups». Sempre secondo gli autori, seguire
un siffatto protocollo sperimentale è il modo migliore per cerca-
re di dare risposta a domande di ricerca sull’efficacia dell’inse-
gnamento linguistico (cfr. anche Bettoni, 2008).
Il volume è organizzato come segue. Nel primo capitolo pre-
senteremo le proprietà dell’attenzione e della consapevolezza,
due facoltà cognitive centrali nel nostro lavoro; in particolare,
vedremo come esse vengono definite e distinte dalla psicologia
cognitiva e come la linguistica acquisizionale le abbia mutuate,
adattandole ai propri scopi scientifici. Il secondo capitolo sarà
dedicato alla metodologia del Focus on Form e alla descrizione
delle operazioni mentali che sottendono il disapprendimento e
l’apprendimento. Nel terzo capitolo saranno introdotte le pro-
prietà dei tratti linguistici oggetto di indagine, mentre nel quarto
entreremo nel dettaglio dello studio, descrivendone la metodo-
logia. I risultati saranno analizzati e discussi nel quinto capitolo.
Le conclusioni e i limiti della ricerca saranno esposti nella sesta
e ultima sezione del libro. Nelle tre appendici, infine, il lettore
troverà i materiali sperimentali usati durante lo studio.
Capitolo I

Attenzione, consapevolezza
e acquisizione linguistica

1.1. L’attenzione

«Il mondo è là prima di ogni analisi che io possa farne»,


scriveva Merleau-Ponty (1945, p. 18) nel suo celebre Feno-
menologia della percezione. L’essere umano è “dato al mon-
do”, “gettato” in una serie pressoché infinita di dati che deve
organizzare e da cui deve creare un senso. La psicologia co-
gnitiva definisce il “mondo dato” di Merleau-Ponty come
l’insieme degli stimoli distali prodotti dagli oggetti e dagli
eventi che circondano l’individuo. L’intensità dello stimolo
segna la linea di demarcazione fra gli stimoli che vengono
recepiti dall’organismo (stimoli distali sovraliminari) e quel-
li che, invece, non vengono avvertiti (stimoli distali infrali-
minari). Gli stimoli distali sovraliminari suscitano negli ap-
parati sensoriali delle sollecitazioni chiamate stimoli prossi-
mali, ovvero impulsi nervosi degli organi ricettivi che ven-
gono proiettati sino alle aree cerebrali deputate a ricevere e a
elaborare questo tipo di dati1. Le qualità degli stimoli pros-
simali sono intrinsecamente diverse da quelle degli stimoli
distali, giacché esse sono determinate dal rapporto fra le ca-

1
Per quanto riguarda il senso della visione, per esempio, sono solo gli stimoli dista-
li compresi fra i 400 e i 760 nanometri a poter essere recepiti dalla cornea e diventare
così stimoli prossimali; questi, a loro volta, vengono trasmessi alla retina che, tramite il
nervo ottico, li proietterà verso la corteccia visiva, l’area del cervello deputata a elabo-
rare l’informazione visiva.

19
20 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

ratteristiche dell’organo ricevente, le proprietà del mezzo at-


traverso il quale sono trasmesse e le qualità dell’oggetto o
dell’evento percepito. Vengono quindi denominate sensazio-
ni le informazioni raccolte dagli organi di senso tramite
l’interazione di questi ultimi con il mondo esterno
all’individuo (Magro, 2006). Non tutte le sensazioni, però,
vengono recepite e processate allo stesso modo. Alcune di
esse saranno trasformate in percetti, ovvero in rappresenta-
zioni mentali; altre, invece, saranno lasciate cadere e non
verranno introiettate nella mente (Bodenhausen, Hugenberg,
2009; Truscott, 2015, pp. 66-67). In ogni momento della no-
stra esistenza siamo, infatti, esposti a una certa quantità di
input, sia esogeni (i dati provenienti dal mondo) sia endogeni
(i dati provenienti dalla nostra attività psicofisica). Date le
limitate capacità di elaborazione del sistema cognitivo, una
selezione delle informazioni viene compiuta costantemente,
in ogni unità di tempo. L’attenzione è la facoltà mentale che
compie questa selezione, raccogliendo e mettendo in risalto
solo gli stimoli necessari all’esecuzione di un compito con-
tingente (Sternberg, 2005, p. 124; Turatto, 2006). Inoltre,
non tutti gli stimoli ricevono la stessa quantità e qualità di at-
tenzione. Alcuni vengono selezionati per un’intensa attività
analitica mentre altri, pur ricadendo nel focus attentivo, sono
elaborati solo superficialmente e per un lasso di tempo mi-
nimo. Secondo Chun e Wolfe (2001), l’attenzione è la facol-
tà mentale grazie a cui l’individuo ignora le informazioni ir-
rilevanti, sceglie quelle rilevanti e ne modula l’intensità e la
profondità di analisi; essa viene classicamente suddivisa in
tre componenti: l’attenzione selettiva, l’attenzione divisa e
l’attenzione sostenuta. Ognuna di esse è complementare
all’altra e, in ogni momento, la loro attivazione concorre al
funzionamento del meccanismo attentivo e delle sue diverse
funzioni (Stablum, 1998).
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 21

1.1.1. Attenzione sostenuta

L’attenzione sostenuta (o stato di vigilanza) è la capacità di ri-


manere focalizzati su eventi critici per un determinato periodo
di tempo. Il suo funzionamento dipende dalla variazione nel
tempo dell’allerta corporea (arousal): lievi modifiche fisiologi-
che, spesso non percepibili, quali variazioni del battito cardiaco,
tensione muscolare e dilatazione delle pupille, sono meccanismi
fisici in grado di aumentare la sensibilità del sistema cognitivo
ai segnali, rendendoci così pronti a gestire al meglio le nostre
risorse (Cohen, 1993). La monotonia del compito in cui è im-
pegnato l’individuo e il trascorrere del tempo concorrono ad
abbassare l’allerta psicofisica e favoriscono un conseguente ca-
lo d’attenzione verso gli stimoli esterni (Sternberg, 2005). Le
aspettative, inoltre, diminuiscono drasticamente la capacità di
mantenere alto il livello di attenzione sostenuta: un’idea pre-
concetta, fondata sull’esperienza precedente, crea nell’indivi-
duo un atteggiamento conservativo nei confronti di una man-
sione, portandolo a pensare di saperla già risolvere. Il calo dello
stato di vigilanza porta i soggetti a prestare meno attenzione a
stimoli esogeni inaspettati, rendendoli più vulnerabili ai cam-
biamenti ambientali (Motter, 1999).

1.1.2. Attenzione divisa

Con attenzione divisa si intende la capacità di controllare, vo-


lontariamente o involontariamente, le risorse mentali disponibi-
li, distribuendole su diversi compiti contingenti (Umiltà, 1994;
Sternberg, 2005). Vi sono casi in cui un individuo riesce a ese-
guire due o più attività contemporaneamente, mentre ve ne sono
altri in cui questo non è possibile. Un elemento a sfavore della
simultanea esecuzione di più mansioni è la loro somiglianza. È
stato infatti dimostrato (cfr. Eysenck, Keane, 2000 per una rac-
colta di studi) che due attività possono interferire negativamente
tra loro se posano sulla stessa modalità sensoriale, se usano atti-
vità di elaborazione delle informazioni simili e se fanno ricorso a
codificazioni mnemoniche convergenti (come, per esempio, me-
22 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Tabella 1.1: compiti controllati e automatici a confronto.


Caratteristiche Compito controllato Compito automatico
Quantità di Richiede sforzo in- Richiede poco o nessuno sforzo intenzio-
sforzo inten- tenzionale nale
zionale
Livello di con- Richiede consape- Capita generalmente fuori dalla consape-
sapevolezza volezza totale volezza anche se alcuni processi automati-
ci possono essere scrutinati coscientemen-
te
Uso delle risor- Consuma molte ri- Consuma poche risorse attentive
se attentive sorse attentive
Tipo di proces- Seriale Parallelo (tante operazioni contempora-
sing (un’operazione alla neamente o non in un ordine predefinito)
volta in sequenza)
Difficoltà del Di solito difficile Di solito semplice. Anche compiti difficili
compito per l’individuo diventano automatizzati con la pratica
Livello del pro- Richiede analisi o Non richiede analisi o ne richiede livelli
cessing sintesi delle infor- minimi
mazioni

moria verbale e/o visuale). Tuttavia, un certo livello di automa-


tismo di uno (o più) compiti simultanei è una variabile facilitan-
te. Un guidatore inesperto troverà particolarmente complesso
dialogare liberamente con un passeggero, mentre un guidatore
esperto lo farà con estrema semplicità (in tabella 1.1 riassu-
miamo le principali caratteristiche di compiti automatici e con-
trollati). I processi di controllo automatico sono, infatti, ampia-
mente involontari, vengono eseguiti in modo fluido e rapido e
non richiedono il ricorso a grandi quantità di risorse attentive. I
processi di controllo volontario, invece, necessitano di molta at-
tenzione, di una certa dose di pianificazione e sono svolti len-
tamente (Daini, 2006; Umiltà, 1994; Sternberg, 2005). La diffi-
coltà nel portare a termine due compiti contemporaneamente,
quindi, aumenta nel caso in cui essi devono essere controllati
volontariamente, mentre, nel caso contrario, la loro esecuzione
contemporanea è più semplice. Inoltre, la pratica permette di far
passare un’attività dal controllo volontario al controllo involon-
tario, rendendola via via meno costosa in termini di risorse
mentali allocate durante il suo svolgimento.
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 23

1.1.3. Attenzione selettiva

L’attenzione selettiva viene definita come «la capacità di selezi-


onare una o più fonti della stimolazione esterna o interna in pre-
senza di informazioni in competizione» (Umiltà, 1994, p. 263).
Gli individui sono in grado di scegliere a quali stimoli dare
maggiore risalto in base agli scopi che stanno perseguendo, riu-
scendo a ricavare informazioni solo da oggetti, eventi o stati di
particolare interesse in una data unità di tempo (Allport, 1989).
Esistono, però, stimoli che non possono essere ignorati: in que-
sto caso il soggetto agisce involontariamente dirottando il pro-
prio focus attentivo su un elemento dell’ambiente circostante,
subordinando le necessità personali a quelle ambientali.
L’attenzione selettiva ha, essenzialmente, due funzioni: 1) pro-
teggere il sistema cognitivo non sovraccaricandolo con
un’eccessiva quantità di informazioni; 2) mantenere e pianifica-
re comportamenti e atteggiamenti psicologici flessibili e coe-
renti con l’ambiente circostante, preservando l’adattabilità del
sistema cognitivo ai cambiamenti ambientali. Inoltre, essa può
essere guidata volontariamente dall’individuo (processo attenti-
vo top-down o endogeno) o, come visto, può essere deviata in-
volontariamente su uno stimolo ambientale (processo attentivo
bottom-up o esogeno).

1.1.4. Meccanismi endogeni ed esogeni di guida attentiva

I meccanismi selettivi esogeni sono attivati da stimoli che, per


alcune loro caratteristiche, entrano malgrado la nostra volontà
nel focus attentivo e fanno uso delle nostre risorse mentali
(Chun, Wolfe, 2001). Gli stimoli che non possono essere igno-
rati hanno caratteristiche acontestuali, non statiche, inaspettate,
di elevata intensità percettiva (colori brillanti o volumi elevati)
e indipendenti da stati psicologici contingenti (Yantis, Johnson,
1990; Theeuwes, 1995; Franconeri, Simons, 2003). I pericoli
imminenti per l’individuo, per esempio, di norma catturano au-
tomaticamente l’attenzione: i meccanismi esogeni rispondono
velocemente e involontariamente, permettendo al soggetto di
24 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

avvertire una minaccia proveniente dall’ambiente circostante


(Bodenhousen, Hugenberg, 2009). Inoltre, anche differenze a
livello puramente percettivo, dunque dovute a qualità quali il
colore, le dimensioni o l’intensità dell’input sono forti cataliz-
zatori attentivi. Stimoli con caratteristiche percettive diverse da
quelle di altri stimoli adiacenti tendono ad attirare l’attenzione,
“balzando” ai sensi del soggetto e diventando, così, più facil-
mente notabili. Questo effetto, chiamato pop-out (Daini, 2006;
Johnston et al., 1990), si ottiene variando significativamente il
colore, l’orientamento, la curvatura e il volume di uno stimolo,
disattendono le aspettative e gli schemi organizzativi contestua-
li dell’individuo. La tecnica didattica oggetto del nostro studio,
il textual enhancement (cfr. introduzione e cap. 2), è, di fatto,
un effetto pop-out che, rompendo la monotonia di un testo scrit-
to tramite una manipolazione grafica, attrae l’attenzione seletti-
va dei discenti su determinati tratti linguistici.
I meccanismi endogeni che guidano l’attenzione selettiva
sono gli stati o i processi psicologici interni all’individuo. È sta-
ta misurata, ad esempio, una correlazione positiva fra il livello
d’ansia e la selezione di alcuni stimoli legati alle cause
dell’ansia. MacLeod e Mathews (1988) hanno dimostrato che
soggetti in un alto stato di stress (a pochi giorni da un esame)
erano più reattivi a stimoli negativi legati all’imminente verifica
universitaria rispetto a soggetti che avrebbero dovuto affrontare
la stessa prova in un futuro più lontano, dunque con un inferiore
livello di ansia. La natura dei compiti assegnati e il livello di
motivazione con cui vengono eseguiti sono altre importanti va-
riabili endogene. È stato infatti dimostrato che l’attenzione se-
lettiva è ridotta in termini di ampiezza e di profondità quando
l’individuo è demotivato verso una mansione. Foerster e colle-
ghi (Forster et. al., 2006) hanno studiato la relazione fra moti-
vazione, monotonia del compito e stato emotivo, scoprendo che
la capacità di scanning attentivo (il numero di stimoli notabili)
è molto ridotta in stati ansioso-depressivi o di forte demotiva-
zione (cfr. anche Bodenhausen, Hugenberg, 2009).
Secondo Grossberg (1999), i meccanismi endogeni ed eso-
geni di selezione dell’informazione sono in continuo dialogo fra
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 25

loro: le aspettative e l’esperienza pregressa dell’individuo (gui-


de endogene) vengono costantemente confrontate con le pro-
prietà dell’input (guida esogena), e l’attenzione selettiva ver-
rebbe influenzata, in ogni momento, dall’incontro di fattori
esterni e interni al soggetto. Grossberg assegna un ruolo priori-
tario ai meccanismi endogeni, in particolar modo quando gli
scopi dell’individuo sono cognitivamente alti, come durante
l’apprendimento di nuovi concetti o di nuove abilità. Grossberg
ipotizza (ma cfr. anche Roda e Thomas, 2006) che, nello svol-
gimento di compiti complessi, le motivazioni endogene mettano
in luce alcune caratteristiche dell’input e, al tempo stesso, ne
oscurino delle altre, tenendo così fortemente le redini del pro-
cesso di selezione degli stimoli esterni. Verrebbero così ampli-
ficate, e dunque più facilmente notate, le caratteristiche dell’in-
put che soddisfano i nostri scopi più immediati, mentre altre
proprietà dello stimolo esterno, ritenute meno utili perché meno
aderenti alle aspettative iniziali, verrebbero filtrate dal sistema
e, conseguentemente, non notate. La premessa di Grossberg è
che l’apprendimento, soprattutto negli adulti, non avviene nel
vuoto: il nostro sistema cognitivo è dotato di modelli di proces-
sazione dell’input già consolidati e l’attenzione selettiva tenderà
a bloccare le informazioni in contrasto con gli schemi preceden-
temente strutturati. Le motivazioni endogene sono, quindi,
meccanismi di priming in azione sulla nuova informazione in
entrata.
Seguono la stessa linea di pensiero i modelli connessionisti
proposti da Kruschke (2001): gli individui imparerebbero
dall’esperienza a portare l’attenzione selettiva su determinati
aspetti dell’input e a distoglierla da altri. Anche secondo Kru-
scke, il filtro selettivo dipenderebbe in larga parte dalle aspetta-
tive e dagli schemi mentali di ricerca dell’informazione costrui-
ti nella storia dei soggetti. Il sistema cognitivo tenderebbe in
ogni momento a ridurre il tasso di errore di risposta allo stimolo
e, dunque, sarebbe incline ad affidarsi in modo conservativo a
modelli di selezione e processazione dell’informazione prece-
dentemente determinati. Se, ad esempio, un individuo ha impa-
rato che a uno stimolo A corrisponde l’effetto X, in un nuovo
26 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

compito di apprendimento sarà per lui arduo imparare che allo


stesso stimolo A corrisponde un altro effetto (Y) o un nuovo ef-
fetto (Y in aggiunta a X). Questa logica conservativa è molto
economica in termini cognitivi (si mantiene una routine di at-
tenzione selettiva consolidata dall’esperienza) ma, allo stesso
tempo, può prevenire l’apprendimento di nuove associazioni
stimolo-risposta (blocking) o inibire l’apprendimento di una ri-
sposta aggiuntiva a una coppia consolidata stimolo-risposta
(cfr. George, Kruschke, 2012 per una completa presentazione di
questi aspetti). I modelli di Kruschke e Grossberg sono partico-
larmente rilevanti per il nostro lavoro perché, in anni recenti,
sono stati mutuati dalla linguistica acquisizionale per spiegare
alcune delle ragioni per cui le interlingue degli apprendenti,
spesso, sono prive di elementi morfosintattici di esigua salienza
percettiva ma di forte frequenza nell’input della L2 (Ellis, Sa-
garra, 2010b). Inoltre, questi modelli rendono bene conto del
modo in cui le conoscenze linguistiche pregresse interagiscono
con le informazioni portate dallo stimolo ambientale della L2,
rendendo gli apprendenti più sensibili ad alcune sue proprietà
rispetto ad altre. Nel paragrafo 1.6 vedremo come le teorie di
Kruschke e Grossman fungano da chiave esplicativa di tali pro-
blematiche acquisizionali.

1.2. Consapevolezza

Numerosi studiosi, quando parlano di consapevolezza o di co-


scienza (awareness o consciousness), vi antepongono l’espres-
sione “il problema della”, facendo riferimento alla difficoltà di
risolvere il dibattito che, ormai da secoli, cerca di dare risposta
alla domanda cardine in merito a questa facoltà psichica: come
può la nostra esperienza sensoriale dare origine all’esperienza
mentale, in grado di porsi in relazione a dimensioni temporali
passate e future (Kriegel, 2007; Thompson, Zahavi, 2007)? In
effetti, fornire una visione unitaria, circoscritta e globalmente
valida di cosa sia la consapevolezza appare impresa quasi im-
possibile (Chalmers, 1996): Truscott (2015, cap. 3), per esem-
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 27

pio, individua 16 teorie sulla consapevolezza, tutte elaborate


nell’arco degli ultimi venticinque anni. Limitandoci ai nostri
scopi, possiamo definire la consapevolezza come la facoltà
mentale in grado di elaborare le informazioni disponibili per
creare una visione di insieme di ciò che sta accadendo in un da-
to lasso di tempo, non necessariamente contingente al compito
in corso di svolgimento, all’interno e all’esterno del soggetto.
Essa permette, dunque, un’operazione di sintesi in grado di
mettere i percetti a disposizione di processi mentali superiori
quali la pianificazione di eventi futuri, il ragionamento,
l’apprendimento, il riconoscimento e la correzione degli errori e
l’empatia (Truscott, 2015, p. 70; Koch, Tsuchiya, 2006; McGo-
vern, Baars, 2007; Haladjian, Montemayor, 2013).
Consapevolezza e attenzione sono storicamente state studia-
te come due proprietà mentali simili, con funzioni cognitive e
correlati neuroanatomici tendenzialmente corrispondenti. Tut-
tavia, nell’ultimo quarantennio, la psicologia cognitiva ha am-
piamente dibattuto questo argomento, cercando di verificare
empiricamente la reale coincidenza delle due facoltà. Anche
nella linguistica acquisizionale (cfr. par. 1.5) la relazione fra at-
tenzione e consapevolezza è oggetto di indagine (Truscott,
2015; Leow, 2000; Schmidt, 1994). È dunque utile riportare in
prima battuta come questa relazione venga operativizzata e stu-
diata dalla psicologia cognitiva, per poi occuparci più da vicino
di come essa abbia trovato spazio in ambito linguistico.

1.3. La relazione fra attenzione e consapevolezza

Operativamente, l’attenzione è analizzabile tramite test compor-


tamentali e misurazioni della variazione di parametri corporei2,
mentre la consapevolezza può essere studiata solo tramite un
experiential report (Baars, 1997), ovvero grazie a un resoconto

2
Facciamo riferimento, qui, a strumenti di indagine quali l’analisi dei movimenti
oculari e dei tempi di reazione agli stimoli o alla raccolta di parametri psicofisici quali il
battito cardiaco, la temperatura corporea o la dilatazione delle pupille.
28 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

(verbale, gestuale ecc.) esperienziale. L’attenzione porta alla


memoria a breve termine una certa quantità di percetti, i quali,
in base a loro caratteristiche intrinseche (quali la salienza, per
esempio, cfr. 1.6.1) o all’importanza assegnata loro dal sogget-
to, vi rimangono per un certo lasso di tempo. Alcuni di essi, se
immagazzinati molto brevemente, decadranno e non saranno
disponibili alla coscienza; altri, la cui traccia in memoria a bre-
ve termine sarà stata più lunga, potranno, invece, venire regi-
strati nella memoria a lungo termine ed essere così messi a di-
sposizione della coscienza del soggetto, il quale saprà riportare
l’esperienza di averli percepiti (Kentridge, 2011; Lamme,
2006). La neuropsicologia moderna è concorde nel considerare
attenzione e consapevolezza come due facoltà mentali distinte
ma in costante relazione dialogica e funzionale. Le ricerche di
Christoph Koch e colleghi (Koch, Tsuchiya, 2012, 2006), che
hanno indagato la dissociazione a livello neuroanatomico fra
coscienza e attenzione, hanno dimostrato che alcune zone sotto-
corticali del cervello, come il cervelletto, non sono coinvolte in
processi cognitivi di ordine superiore classicamente considerati
di dominio cosciente, mentre sono essenziali nello svolgimento
di compiti prettamente attentivi come il riconoscimento di pat-
tern di movimento o l’orientamento spaziale. Esperimenti con-
dotti con tecniche di elettroencefalografia magnetica hanno mo-
strato che l’attività neurale correlata all’attenzione ha una fre-
quenza di attivazione più bassa e più lenta rispetto a quella della
consapevolezza; inoltre, altri studi hanno dimostrato che
l’attenzione è mappata su aree cerebrali diverse rispetto a quelle
associate alla consapevolezza (Kentridge, 2011). L’attenzione è
necessaria per la consapevolezza: non paiono possibili casi di
consapevolezza di un determinato stimolo senza che questo sia
entrato nel focus attentivo del soggetto (Haladjian, Monte-
mayor, 2013; Prinz, 2010)3. Un input, anche se con caratteristi-

3
In realtà, i casi di consapevolezza senza attenzione – altresì detti di consapevolez-
za subliminale – sono oggetto di discussione nella comunità scientifica. Gli esperimenti
che maggiormente hanno corroborato l’idea che possa esistere coscienza senza atten-
zione sono stati condotti grazie alla presentazione rapidissima di stimoli visivi comples-
si come fotografie di abitazioni o paesaggi. Nonostante la brevissima esposizione a que-
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 29

che spiccatamente salienti, può non essere recepito cosciente-


mente se presentato per un periodo di tempo troppo breve o se,
durante la sua percezione, il soggetto è distratto da altri stimoli
concorrenti (Wolfe et. al., 2005; Koch, Tsuchiya, 2006). Esi-
stono casi di mancata consapevolezza causati da deficit attentivi
in pazienti con lesioni nelle aree frontali e parietali della cortec-
cia cerebrale. Questi soggetti mostrano dei difetti attentivi mol-
to forti e ben localizzati nel campo visivo come, per esempio, il
visual neglect, un deficit di attenzione spaziale dovuto a una le-
sione del lobo parietale destro del cervello; gli individui affetti
da questi problemi non riescono a prestare attenzione agli sti-
moli presenti nella parte sinistra del loro campo visivo, dimo-
strando conseguentemente di non averne in nessun modo con-
sapevolezza, mentre le rielaborazioni consce degli stimoli pro-
venienti dalle altre parti del corpo sono intatte (Ahmadi et. al.,
2011; Turatto, 2006).
Nei casi opposti, ovvero di attenzione senza consapevolezza,
un individuo può recepire alcuni stimoli senza però registrarne
(quindi senza riuscire a riportarne volontariamente) il valore, la
funzione nel compito in atto o le caratteristiche più salienti
(Kentridge, 2011). Durante un’attività altamente routinaria, per
esempio, il soggetto farà automaticamente attenzione a deter-
minati stimoli che riconoscerà implicitamente come necessari
per il buon esito del compito, ma che non verranno cosciente-
mente registrati (Lambert et. al., 1999). Nel caso in cui lo sti-
molo sia stato recepito per un lasso di tempo estremamente bre-
ve o in un ambiente informativo particolarmente distraente, gli
individui hanno coscienza della presenza di quello stimolo ma
non riescono a riportarne le caratteristiche o la funzione. Mulc-

sto tipo di stimoli (meno di 30 millisecondi), in alcuni casi i soggetti coinvolti


nell’esperimento hanno saputo riportare una descrizione globale della scena. I soggetti
non erano però in grado di descrivere alcun particolare di ciò che avevano visto. In que-
sti casi si parla di «consciousness in the near-absence of attention» (cfr. Koch, 2012;
Koch, Tsuchiya, 2006; Li et al., 2002), dunque nemmeno gli estensori di questa propo-
sta hanno mai realmente parlato di totale assenza di attenzione. In secondo luogo (cfr.
Prinz, 2010 e Ketdridge, 2011), è possibile che questi casi non siano di reale consape-
volezza subliminale in quanto una parte delle risorse attentive è stata comunque dire-
zionata verso gli stimoli ambientali.
30 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

khuyse e colleghi (Mulckhuyse et. al., 2007) hanno dimostrato,


grazie a un esperimento di percezione visiva, che la presenza di
un input debole, rapido e marginale nel campo visivo veniva ri-
portata dai soggetti senza che essi fossero in grado, però, di de-
scriverne le proprietà. È dunque possibile che uno stimolo guidi
l’attenzione di un soggetto senza che questi sia in grado di infe-
rirne le proprietà e i valori (Koch, Tsuchiya, 2006; Kentdridge,
2011). Dato che attenzione e consapevolezza sono due processi
mentali distinti ma costantemente in relazione, una delle piste
di ricerca più battute dalla psicologia cognitiva è quella di di-
stinguere queste due facoltà nel tentativo di discriminare quali
processi e abilità umane necessitino di consapevolezza e quali
no. Questa distinzione è stata recentemente mutuata anche dalla
linguistica acquisizionale. Sia studi empirici (Godfroid, Boers,
Housen, 2010; Godfroid, Uggen, 2013; Winke, 2013) sia artico-
li di carattere più speculativo (Truscott, 1998; Truscott, Shar-
wood-Smith, 2011) hanno rimarcato la necessità di considerare
attenzione e consapevolezza come costrutti distinti e operati-
vamente distinguibili. Nei prossimi paragrafi vedremo come
questa distinzione sia stata accolta dalla linguistica acquisizio-
nale e come essa rientri ampiamente nella discussione teorica e
nelle scelte operative del nostro studio.

1.4. Il noticing, ovvero l’”accorgersi” di un fenomeno lingui-


stico

Il costrutto che maggiormente ha discusso il ruolo dell’atten-


zione e della consapevolezza nell’apprendimento di una L2 è il
noticing, proposto da Richard Schmidt (Schmidt, 1983) e va-
riamente ripreso e riformulato dallo stesso autore nell’arco di
27 anni (l’ultima pubblicazione a riguardo firmata dal suo
estensore è del 2010). L’ipotesi del noticing postula che un in-
dividuo non riuscirà ad acquisire un tratto di una lingua stranie-
ra fino a quando non si accorgerà (Pallotti, 1998, p. 247) della
sua presenza nell’input. Accorgersi significa, secondo Schmidt,
«the conscious registration of attended specific instances of
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 31

language» (Schmidt, 2010, p. 32), ovvero la registrazione con-


scia di aspetti della L2 a cui è stata prestata attenzione, in oppo-
sizione alla concezione totalmente inconsapevole dell’acqui-
sizione proposta da Krashen (1982, 1993). Nei primi studi con-
dotti da Schmidt, infatti (Schmidt, 1983; Schmidt, Frota, 1986),
venne notato che alcune forme grammaticali (appartenenti, in
particolare, al dominio della morfologia) erano resistenti
all’acquisizione. Le conclusioni tratte da queste ricerche furono
che «adults do seem to have lost the still mysterious ability of
children to acquire the grammatical forms of language while
apparently not paying attention to them» (Schmidt, 1983, p.
172) e che, quindi, un apprendimento del tutto inconsapevole
della relazione fra una forma linguistica e le sue funzioni, basa-
to soltanto sull’esposizione all’input e sulla pratica, fosse ten-
denzialmente impossibile. Un certo livello di consapevolezza è
necessario per riuscire a convertire l’input in intake, ovvero per
fare in modo che i fenomeni linguistici percepiti permangano
nella memoria a breve termine per un tempo minimo affinché
essi possano essere ulteriormente processati e integrati
nell’interlingua (N. Ellis, 2015; Simard, Wong, 2001; Godfroid,
Boers, Housen, 2013). Tali conclusioni sono state confermate
dagli studi effettuati alla fine degli anni ottanta del secolo scor-
so nell’ambito dei corsi di francese per anglofoni tenuti in Ca-
nada. Come riportato da Spada (2014, 2013), gli allievi a cui il
francese veniva insegnato seguendo i precetti di un metodo co-
municativo à la Krashen esperivano costanti difficoltà con
l’accuratezza grammaticale, producendo, in compiti sia orali sia
scritti, numerosi errori, in particolare nel campo della morfosin-
tassi. Ciò nonostante – e al netto degli ampi consensi ricevuti
dalla comunità scientifica –, il costrutto del noticing non è sce-
vro da critiche a sfondo epistemologico e operativo. La sua na-
tura cognitivamente ibrida, che accomoda al suo interno
l’attenzione e la consapevolezza, è stata messa in discussione
da alcuni ricercatori (Truscott, 2015, p. 142-143; Truscott,
Sharwood-Smith, 2011; Truscott, 1998; Gass, 1997): come ri-
portato in precedenza, infatti, la psicologia cognitiva vede con-
sapevolezza e attenzione come facoltà separate, ed è complesso
32 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Tabella 1.2: esempi di noticing e understanding.


Field Noticing Understanding
Vocabulary Conscious registration of the Knowing the meaning of a
form (phonological or ortho- word and its syntactic behavior
graphic)
Morphology Awareness that a target language Being aware that goes is a form
speaker says, on a particular oc- of go inflected for number
casion “He goes to the beach agreement
Syntax Awareness that on some occa- Being aware that Spanish is a
sions speakers of Spanish omit pro-drop language, which en-
Subject Pronouns tails numerous syntactic conse-
quences
Pragmatics I am aware that on a particular I relate the various forms of that
occasion someone says “I’m ter- expression to a certain degree
ribly sorry to bother you”… of politeness and I recognize
their co-occurrence with con-
textual cues
Adattata da Schmidt (1995).

riuscirle a distinguere all’interno del noticing. La consapevo-


lezza, nell’accezione di Schmidt (1992, 1995), è un fenomeno
graduale, in cui possono essere distinti tre livelli: 1) consapevo-
lezza a livello di pura attenzione; 2) consapevolezza a livello di
noticing; 3) consapevolezza a livello di comprensione (under-
standing). Con “pura attenzione” Schmidt intende la capacità
dell’apprendente di notare un’ informazione nell’input e di
estrapolarla dal contesto in cui essa appare. Secondo Schmidt,
questo non è sufficiente all’acquisizione: notare l’esistenza nel-
la L2 di un fenomeno non è condizione adeguata alla sua con-
versione in intake. Il noticing, invece, è necessario
all’acquisizione, mentre l’understanding non lo è (esempi in ta-
bella 1.2). Schmidt definisce così queste ultime due component
del costrutto: «I use noticing to mean conscious registration of
the occurrence of some event, whereas understanding […] im-
plies recognition of a general principle, rule or pattern»
(Schmidt 1995, p. 29). E, ancora:

Noticing is related to rehearsal within working memory and the trans-


fer of information to long term memory, to intake, and to item learn-
ing. Understanding is related to the organization of material in long
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 33

term memory, to restructuring and to system learning (Schmidt, 1992,


p. 213).

Come descritto in precedenza (cfr. 1.3), sebbene l’attenzione


selettiva possa raccogliere numerosi stimoli in un’unità di tem-
po, soltanto alcuni di essi saranno registrati dal sistema cogniti-
vo. In altri casi gli input ambientali, pur essendo stati captati dal
meccanismo attentivo, rimarranno per troppo poco tempo in
memoria a breve termine e verranno persi, dunque l’individuo
non ne avrà coscienza. Questo caso di raccolta e perdita quasi
simultanea dello stimolo è coincidente con il primo livello di
consapevolezza, non sufficiente all’apprendimento. Dalla tabel-
la 1.2 si evince che il livello di consapevolezza necessaria (noti-
cing) esclude la competenza metalinguistica (l’understanding).
Esso si caratterizza come un livello intermedio di conoscenza,
in grado di riportare una coscienza fenomenica, di verbalizzare
la percezione di un comportamento di un aspetto linguistico
senza saperlo descrivere con una terminologia metalinguistica
adeguata o senza saper delineare tutta la portata del fenomeno.
Pertanto, sembra che il noticing sia, in effetti, corrispondente a
un atto attentivo riuscito, in cui lo stimolo è stato sottoposto a
un focus abbastanza intenso e prolungato tanto da rimanere in
memoria a breve termine un tempo sufficiente per essere con-
sciamente registrato, dunque ricordato nella sua manifestazione
sensibile e descritto nelle qualità con cui si è mostrato in quel
contesto. L’understanding è un livello di consapevolezza più al-
to, accessorio all’uso di una L2, in grado di dare un nome a un
fenomeno e di verbalizzarne il comportamento e le caratteristi-
che anche in relazione ad altri fenomeni linguistici della L2 og-
getto di apprendimento. In effetti, è stato lo stesso Schmidt a
corroborare la posizione qui sostenuta, avendo dichiarato in più
occasioni che il noticing è, essenzialmente, un atto di attenzione
selettiva riuscito, in grado di portare e mantenere
l’informazione nella memoria a breve termine del soggetto per
un lasso di tempo sufficiente da renderlo poi disponibile alla
consapevolezza:
34 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

a) «a low level of awareness, called here noticing, is near-


ly isomorphic with attention, and seems to be associated
with all learning» (Schmidt, 1995, p. 1);
b) «focal attention and awareness are essentially isomor-
phic» (Schmidt, 1995, p. 20);
c) «there is little evidence for learning without attention,
one reading of unconscious» (Schmidt, 2001, p. 4).

Tracciare un confine operativo fra noticing e understanding


non è probabilmente necessario, ai fini della ricerca acquisizio-
nale: è noto, infatti, che, per essere parlanti competenti di una
L2 o nativi di una L1, non è necessaria una conoscenza meta-
linguistica a livello dell’understanding (R. Ellis, 2005; Roth-
man, 2008; Schmidt, 2010; Truscott, Sharwood-Smith, 2011).
È, invece, più interessante verificare se e come, a una variazio-
ne del livello di quantità e qualità di attenzione selettiva prestata
a un fenomeno linguistico, corrispondano diversi tipi di consa-
pevolezza, e se diversi tratti di una L2 richiedano un diverso
ammontare di attenzione selettiva per raggiungere il livello di
consapevolezza minimo affinché essi possano essere ulterior-
mente processati e trasformati in intake. Queste nuove direzioni
di ricerca, che operativizzano il noticing come una determinata
misura di attenzione selettiva, sono state seguite in alcuni recen-
ti studi che hanno ritenuto più epistemologicamente valido
scomporre il costrutto in due componenti: la variabile continua
dell’attenzione selettiva prestata a un tratto di L2 e la variabile
dicotomica della consapevolezza dell’aver notato quello stesso
tratto. Nel prossimo paragrafo verranno passati in rassegna al-
cuni di questi studi.

1.5. Noticing come quantità (minima) di attenzione selettiva

I quattro studi che presentiamo in questo paragrafo hanno tratta-


to il noticing come un costrutto formato da due variabili in rela-
zione fra loro, una di natura continua, il livello di attenzione se-
lettiva, e una dicotomica o discreta, la consapevolezza. Lo sco-
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 35

po di questi studi è di verificare se a un crescente livello di at-


tenzione selettiva corrisponda un migliore apprendimento del
fenomeno linguistico oggetto d’attenzione. I ricercatori si pro-
pongono altresì di verificare se esista una soglia minima di at-
tenzione sotto la quale un tratto della L2, nonostante sia stato
percepito dal soggetto, non sia oggetto di consapevolezza. Nelle
parole degli autori:

Although intuitively appealing, Schmidt’s ideas about the practical


equivalence of attention and awareness present a conceptual chal-
lenge. […] At a theoretical level […] we are confronted with a map-
ping problem: it is yet unclear how the continuous variable of atten-
tion should be linked with the dichotomous (or at least discrete) varia-
ble of awareness, and vice versa. […] The focus of the present article
[…] is noticing as attention. (Godfroid, Boers, Housen, 2013, p. 4).

In uno studio condotto con la tecnica dell’eye-tracking,


Godfroid e colleghi (Godfroid, Boers, Housen, 2013) hanno
messo in relazione il noticing – operativizzato qui come livello
di attenzione selettiva –, la ritenzione mnemonica e
l’apprendimento di elementi lessicali sconosciuti (pseudoparo-
le) presentati durante la lettura di testi inglesi di difficoltà ade-
guata per 28 soggetti nederlandofoni. Nei brani letti dai parteci-
panti, le pseudoparole apparivano in condizioni facilitanti e di-
straenti. Sono stati misurati i tempi di fissazione e le regressioni
compiute dall’occhio durante la lettura e, successivamente, è
stato somministrato un test lessicale temporizzato per verificare
la ritenzione mnemonica delle pseudoparole. Il livello di atten-
zione selettiva prestata dagli informanti è una funzione del tem-
po di fissazione dedicato a un tratto linguistico: maggiore il
tempo, maggiore sarà il livello di noticing di quell’elemento:

For the purposes of this study, we define noticing as a cognitive pro-


cess in which the amount of attention paid to a new language element
in the input exceeds a critical threshold, causing the language element
to enter working memory and become the object for further processing
(e.g. rehearsal), the traces of which are stored in long-term memory
and, hence, represent intake. (Godfroid, Boers, Housen, 2013, p. 16).
36 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

I risultati mettono in luce che gli apprendenti hanno prestato più


attenzione selettiva alle pseudoparole rispetto alle parole cono-
sciute, indipendentemente dal contesto facilitante o distraente in
cui esse comparivano. Inoltre, è stato verificato che esiste una
relazione diretta fra la quantità di attenzione selettiva prestata al
lessico sconosciuto e la sua ritenzione mnemonica: è stato valu-
tato che, per ogni secondo di fissazione, gli apprendenti hanno
un 8% di possibilità in più di riconoscere e ricordare l’elemento
lessicale. I risultati dimostrano che la ritenzione mnemonica di
parole nuove è favorita dalla soglia di attenzione selettiva loro
attribuita: il noticing come atto attentivo riuscito è sufficiente
per innescare il processo acquisizionale, la cui attuazione è in
correlazione diretta con l’intensità del noticing.
A conclusioni simili è giunto lo studio di Godfroid e Uggen
(2013), che ha verificato come, anche nell’ambito della morfo-
logia, un aumento del noticing (sempre inteso come livello di
attenzione selettiva) possa determinare un migliore apprendi-
mento. Gli informanti di questa ricerca sono 40 studenti anglo-
foni principianti di tedesco a cui è stato impartito un livello mi-
nimo di istruzione sulla coniugazione regolare del presente in-
dicativo del verbo; a questi soggetti, però, non è stato presenta-
to il mutamento di radice del paradigma di alcuni verbi, come
in ich fahre  du fährst e in ich spreche  du sprichst. I mo-
vimenti oculari degli informanti sono stati registrati durante la
lettura di semplici frasi contenenti verbi regolari e irregolari.
Inoltre, sono stati somministrati due test, pre e post trattamento,
per misurare l’eventuale miglioramento nella produzione dei
verbi regolari e irregolari. I risultati indicano che, mediamente,
gli apprendenti hanno prestato maggiore attenzione selettiva al-
le forme irregolari rispetto a quelle regolari. Inoltre, come indi-
ca l’analisi incrociata fra i test grammaticali e i tempi di fissa-
zione, anche in questo studio è stato rilevato un incremento
dell’apprendimento in relazione all’aumentare del noticing,
dunque all’aumentare del livello di attenzione selettiva prestata
a una forma. Sono stati rilevati, per altro, effetti maggiormente
positivi sul cambiamento a  ä: la presenza dell’umlaut, pro-
babilmente perché segno non presente nella L1 dei discenti, ha
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 37

attratto maggiormente l’attenzione e ha favorito un apprendi-


mento migliore. In un lavoro successivo, Godfroid e Schmidke
(2013) hanno messo in relazione il noticing con il livello di
consapevolezza del tratto della L2 oggetto di studio. I soggetti
reclutati sono 29 nederlandofoni che hanno letto 20 brani in
lingua inglese in cui comparivano degli item lessicali scono-
sciuti (pseudoparole). Il rationale di questa ricerca prevede: 1)
la tecnica dell’ eye-tracking per verificare il livello di attenzio-
ne selettiva allocato alle pseudoparole; 2) la somministrazione
di test lessicali a fine lettura per verificare e quantificare la loro
ritenzione mnemonica; 3) interviste in cui, durante un commen-
to delle risposte date ai test lessicali, veniva chiesto agli infor-
manti se avessero memoria di dove avevano visto, nei testi letti,
le pseudoparole e quali fossero i loro pensieri a riguardo (come,
per esempio, se avessero fatto delle ipotesi sul significato di
queste particolari unità lessicali). In quest’ultimo test, la consa-
pevolezza è stata operativizzata come la capacità di verbalizza-
re l’esperienza di aver “incontrato” una parola nei brani e di ri-
portare con quanta più esattezza possibile il contesto in cui que-
sta era apparsa. Sono stati identificati tre possibili livelli di con-
sapevolezza: nessuna consapevolezza (il soggetto non ricorda di
aver letto la parola), consapevolezza noetica (il soggetto ha la
sensazione non ben definita di aver visto la parola) e consape-
volezza autonoetica (il soggetto ricorda con un discreto livello
di esattezza dov’era la parola nel testo e quali inferenze sul suo
significato aveva fatto). I risultati dimostrano che a una mag-
giore quantità di attenzione selettiva corrispondono sia una mi-
gliore memorizzazione (quindi apprendimento) sia una consa-
pevolezza qualitativamente migliore (autonoetica) degli ele-
menti lessicali:

We found that learners’ attention to novel words during leisure read-


ing was positively related to their subsequent word recognition, as was
their awareness of these words during reading. Furthermore, eye fixa-
tion durations significantly differentiated between higher-level (auto-
noetic) awareness and lower-level (noetic) awareness or unawareness
(Godfroid, Schmidke, 2013, p. 33).
38 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Nell’ultimo lavoro che passiamo in rassegna in questo paragra-


fo, Winke (2013) ha indagato, sempre tramite l’uso della tecni-
ca dell’eye-tracking, se il potenziamento percettivo dell’input
testuale (textual enhancement, cfr. introduzione e 2.1.1) riesce a
veicolare più attenzione selettiva sulle forme e se questo tratta-
mento favorisce una loro migliore acquisizione. 55 soggetti con
una competenza intermedia di inglese, tutti residenti negli Stati
Uniti, sono stati divisi in due gruppi: il gruppo sperimentale ha
letto un testo autentico in cui le forme passive sono state rese
più salienti grazie a una sottolineatura in rosso; il gruppo di
controllo, invece, ha letto lo stesso testo, ma nella sua forma
originale. Durante la lettura sono state registrate le fissazioni
oculari delle forme passive. I tre test a cui sono stati sottoposti
gli apprendenti hanno elicitato la comprensione del testo e la
conoscenza della forma passiva, forma che non era mai stata
studiata prima ma che poteva essere stata sentita durante la
normale esposizione all’input. I risultati confermano che il tex-
tual enhancement ha attratto l’attenzione selettiva dei soggetti
del gruppo sperimentale: durante la lettura, è stato speso più
tempo sul fenomeno grammaticale manipolato, mostrando che
un item linguistico evidenziato in un testo ha funto da catalizza-
tore attentivo. Tuttavia, il gruppo sperimentale ha mostrato solo
lievi miglioramenti nella competenza grammaticale sul passivo
rispetto al gruppo di controllo, miglioramenti non abbastanza
forti per trovare una significatività statistica. L’autrice ritiene
che un maggior livello di attenzione selettiva non abbia favorito
l’acquisizione della struttura target perché, molto probabilmen-
te, in un contesto di insegnamento più naturalistico di quello
degli studi riportati in precedenza (cfr. supra) e con un target
linguistico più complesso quale la costruzione del passivo, aver
aiutato il noticing con il solo textual enhancement non è stata
condizione sufficiente per innescare il processo acquisizionale.
Probabilmente, in questo caso, l’ammontare di attenzione selet-
tiva attratta dall’intervento didattico non è sufficiente data la
difficoltà della forma di cui si intende favorire l’acquisizione.
Ricapitolando, queste ricerche mettono il luce come le pos-
sibilità acquisizionali siano in relazione proporzionale con il li-
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 39

vello di attenzione selettiva prestata da un discente a un deter-


minato fenomeno della L2. Notiamo anche come le caratteristi-
che dei tratti da apprendere e del contesto di apprendimento
modulino l’ammontare di attenzione necessario per favorire la
fissazione mnemonica e la successiva, possibile, trasformazione
in intake di un determinato tratto della L2. Delineeremo ora un
quadro speriamo chiaro, ancorché non completo, dei motivi per
cui un apprendente può non riuscire a prestare abbastanza at-
tenzione selettiva a un tratto di una L2.

1.6. Limiti attentivi nell’acquisizione di lingue non materne

Come visto nel paragrafo precedente, il mancato noticing4 di un


tratto della L2 rende impossibile la sua trasformazione in inta-
ke. I motivi per cui questo può accadere ricadono essenzialmen-
te in due ordini di problemi, seguendo quanto delineato in pre-
cedenza per i meccanismi attentivi in genere (cfr. 1.1.4): pro-
blemi esogeni all’apprendente – o di natura del segno – e pro-
blemi endogeni all’apprendente. Naturalmente, come accade
anche per altri compiti di apprendimento, fattori esogeni e fatto-
ri endogeni sono in relazione fra loro, e saranno costantemente
corresponsabili del “lavoro” attentivo dei soggetti durante
l’esposizione all’input di una L2.

1.6.1. Fattori esogeni all’apprendente

La salienza è il fattore esogeno maggiormente in grado di gui-


dare l’attenzione selettiva degli apprendenti, favorendo o ini-
bendo l’inizio del processo acquisizionale (Ghia, 2011; N. Ellis,
2006a; R. Ellis, 1999). Secondo Goldschneider e DeKeyser
(2001) e DeKeyser (2005), la salienza è una proprietà del segno
di natura multifattoriale: cinque dimensioni concorrono, infatti,
a determinare il suo livello di intensità. La salienza percettiva è

4
D’ora innanzi operativizzeremo il noticing come il livello minimo di attenzione
selettiva necessario a dare inizio al processo acquisizionale.
40 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

la facilità con cui è possibile udire o percepire una data struttu-


ra. Questo fattore è a sua volta suddiviso in sostanza fonetica (il
numero di foni presenti), in sillabicità, ovvero la presenza di
una o più vocali e in sonorità totale, calcolata in base alla sono-
rità dei singoli costituenti di una data struttura. La seconda di-
mensione in cui la salienza si articola è la regolarità morfofono-
logica, ossia la possibilità che il tratto oggetto di apprendimento
sia reso meno percepibile dall’ambiente linguistico circostante.
In particolare, la possibilità che a un grafema corrispondano più
realizzazioni fonetiche, come nel caso della marca del plurale
inglese –s, realizzata da tre foni diversi [s, z, z], predice una
maggior difficoltà nell’allocare adeguate risorse attentive a un
determinato tratto di una L2. La categoria sintattica dei feno-
meni linguistici oggetto di apprendimento è il terzo fattore con-
siderato da DeKeyser e Goldschneider: aspetti della L2 veico-
lanti informazioni trasparenti (come referenti semanticamente
pieni) facilitano la focalizzazione attentiva in modo più efficace
delle loro controparti più formali o relazionali, quali le preposi-
zioni e gli articoli. Inoltre, più alta sarà la complessità semanti-
ca di una forma – ovvero quanti significati sono mappati su di
essa – meno facilmente questa sarà oggetto di noticing
(Dressler, 2000). Infine, la frequenza con cui una struttura
compare nell’input della L2 è la quinta dimensione della salien-
za, anche se è, quest’ultima, la variabile più discussa, dato che
buona parte delle strutture più frequenti (come articoli, preposi-
zioni o marche morfologiche) sono proprio tratti di scarsa sa-
lienza percettiva e alta complessità semantica che con meno ac-
curatezza vengono acquisiti dagli apprendenti (DeKeyser,
2005). Altri fattori esogeni che concorrono a modulare le possi-
bilità di noticing di una struttura di L2 riguardano i rapporti che
intercorrono fra i significanti di una frase e la facilità con cui
possono venir loro attribuiti significati e/o funzioni. Il fenome-
no dell’overshadowing (Kruschke, 2001, cfr. 1.1.4) implica che,
nel caso in cui due significanti concorrano a determinare il me-
desimo significato, sarà il significante con maggiore salienza a
ricadere più facilmente nel focus attentivo di un apprendente.
Questo fenomeno può essere esemplificato in questo modo: gli
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 41

apprendenti tenderanno a notare soltanto A, ovvero il signifi-


cante maggiormente saliente, come unico fattore responsabile
della costruzione del significato C (si veda la figura 1.1).
Dall’overshadowing origina il blocking, ossia l’estensione a
nuovi compiti di apprendimento linguistico di vecchi schemi di
scansione dello stimolo appresi durante l’esperienza di acquisi-
zione di altre lingue e della L1. La presenza in L2 di elementi
che richiamano l’attivazione di tali schemi ne rafforza
l’adozione da parte del discente, che avrà più difficoltà a notare
come determinati significati o funzioni siano in realtà espressi
(anche) da altri significanti nella L2. Parlanti L1 con scarsa
morfologia verbale faranno maggiore riferimento all’informa-
zione temporale codificata sull’avverbio che a quella mappata
sulle marche morfologiche del verbo durante l’acquisizione di
L2 romanze: l’abitudine, strutturata sul modello di L1, di cerca-
re l’informazione temporale su parole piene poste tendenzial-
mente a inizio frase viene rafforzata dalla presenza, nell’input,
degli avverbi di tempo; questo fa sì che i discenti non notino
che la temporalità, in tali lingue, è veicolata anche dalla flessio-
ne verbale. Secondo molti autori, quindi, la scarsa presenza di
morfologia temporale in queste interlingue sarebbe ascrivibile
proprio al blocking, (N. Ellis, Sagarra, 2011; N. Ellis, 2006b;
Schumann, 1987).

1.6.2. Fattori endogeni all’apprendente

N. Ellis e Sagarra (2010a) hanno testato a quale componente


frasale apprendenti anglofoni di latino fanno maggiormente ri-
ferimento per comprendere la deissi temporale. I due ricercatori
hanno paragonato, grazie alla tecnica dell’eye-tracking, la quan-
tità di attenzione selettiva prestata all’avverbio di tempo e alla
morfologia verbale durante la lettura di semplici frasi in latino,

Ab  [C]

Figura 1.1: fenomeno dell’overshadowing.


42 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

quali hodie cogito, heri cogitavi, cras cogitabo. I partecipanti


all’esperimento (43 anglofoni con nessuna conoscenza del lati-
no) sono stati divisi in tre gruppi sperimentali: il gruppo “av-
verbio”, a cui è stata data istruzione formale sul significato e sul
valore degli avverbi di tempo presenti nelle frasi stimolo, il
gruppo “morfologia”, istruito sulla componente morfologica
presente nelle frasi stimolo, e un gruppo di controllo che non è
stato istruito su nulla. A tutti gli informanti sono stati sommini-
strati tre test, uno di semplice lettura, uno grammaticale (i sog-
getti dovevano dire se le frasi erano al presente, al passato o al
futuro) e un compito di traduzione in cui frasi inglesi dovevano
essere espresse in latino. Dai risultati emerge che gli appren-
denti del gruppo “avverbio” hanno posto molta meno attenzione
selettiva sull’aspetto morfologico della deissi temporale; il
gruppo “morfologia” ha posto maggiore attenzione sulla morfo-
logia temporale del verbo rispetto al gruppo precedente ma,
comunque, ha fatto anche riferimento alla presenza dell’avver-
bio, soprattutto nel test di comprensione. In questo caso, gli au-
tori depongono per un effetto combinato della salienza degli
elementi della L2 e dell’influenza dell’istruzione ricevuta, in
grado, anche se solo parzialmente nel caso del gruppo “morfo-
logia”, di reindirizzare l’attenzione selettiva degli apprendenti.
Il gruppo non trattato ha considerato la presenza dell’avverbio
come un indizio più forte a cui fare riferimento e ha ignorato
l’aspetto morfologico, a dimostrazione di come un apprendente
ponga naturalmente più attenzione sull’elemento più saliente.
In uno studio successivo, N. Ellis e Sagarra (2010b) hanno
notato che apprendenti sinofoni, la cui L1 è priva di morfologia
temporale, hanno fatto costantemente maggiore riferimento
all’informazione temporale veicolata dall’avverbio rispetto a
quella mappata sulla morfologia che è stata, invece, ignorata
anche dopo un breve trattamento mirato a renderli più sensibili
a questo modus exprimendi della deissi temporale. È stata quin-
di ipotizzata un’influenza cognitiva fondata sulla L1: gli ap-
prendenti sinofoni trasferiscono le strategie di processazione
dell’input tipiche della loro L1 alla L2, “cercando” nello stimo-
lo le informazioni ritenute più salienti in base alle caratteristi-
I. Attenzione, consapevolezza e acquisizione linguistica 43

che delle lingua madre, un fattore endogeno in grado di guidare


l’attenzione dei discenti.
Per confermare ulteriormente questi risultati, Ellis e Sagarra
(2011) hanno verificato se esiste un gradiente di influenza della
L1 sul livello di attenzione selettiva prestato a indizi lessicali
e/o morfologici per quanto riguarda l’espressione della tempo-
ralità nella lingua latina che, come abbiamo visto, richiede sia
l’uso sia di un’informazione lessicale sia di una marca morfolo-
gica verbale. Gli informanti sono 63 soggetti parlanti quattro
lingue diverse: cinese (lingua priva di flessione morfologica),
inglese (lingua con poca flessione morfologica), russo e spa-
gnolo, entrambe lingue ricche morfologicamente ma con un di-
verso grado di somiglianza al latino. I risultati mostrano che la
L1 ha una forte influenza nel dirigere l’attenzione selettiva de-
gli informanti, influenza che ha interagito con la dimensione in-
trinseca del segno, dunque esogena al discente. Infatti, sono
sempre stati gli apprendenti sinofoni a fare maggior affidamen-
to all’avverbio, mentre gli apprendenti ispanofoni, benché ab-
biano comunque prestato attenzione all’aspetto lessicale della
temporalità, hanno sempre considerato anche la componente
morfologica del verbo. Nelle parole degli autori:

These findings confirm a long-term influence of attention to language,


a cue processing bias that comes from a lifetime of prior L1usage.
[…] The cue that they [gli apprendendi, n.d.a.] begin with is probabil-
istically determined by the degree to which their L1 has sensitized
them to inflectional morphology (Ellis, Sagarra, 2011, pp. 615-616).

Gli esperimenti qui riassunti deputano a favore di una visio-


ne della processazione dell’input di una L2 cognitivamente
compatibile con quanto postulato dalla psicologia cognitiva.
L’attenzione selettiva è guidata sia da fattori esogeni – come la
salienza del segno – sia da fattori endogeni all’individuo, come
le routine di focus attentivo sviluppate nel tempo sulla base del-
la L1. Secondo Luk e Shiray (2009), apprendere una L2 com-
porta l’abilità di abbandonare le routine di processazione
dell’input utili per la L1 che impediscono di prestare corretta-
44 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

mente attenzione alle caratteristiche della L2. Si implemente-


rebbero, così, schemi di processazione della L2 più in linea con
le sue caratteristiche. Ne consegue che il livello di affinità fra la
L1 e la L2 è una variabile in grado di interagire significativa-
mente con i processi di analisi dell’input e della sua eventuale
trasformazione in intake (Tolentino, Tokowicz, 2014)5. In par-
ticolare, nel caso di lingue estremamente simili come lo spa-
gnolo e l’italiano – il caso considerato in questo lavoro –, gli
apprendenti partono con un bagaglio di aspettative molto ben
formate (cfr. par. 3.1 e Della Putta, 2011 per una breve rassegna
di questi aspetti) nelle quali la lingua madre impone un priming
attentivo molto forte sull’analisi dell’input della L2.
Nel prossimo capitolo ci concentreremo sulle reazioni peda-
gogiche ideate per lenire i problemi attentivi nell’appren-
dimento delle lingue non materne e presenteremo in dettaglio le
due operazioni mentali trattate nel nostro studio, ovvero
l’apprendimento e il disapprendimento di tratti grammaticali.

5
Si vedano anche gli studi di Luk e Shiray (2009), di Lowie e Verspoor (2015) e di
R. Ellis (2015) sulla variabilità dell’ordine acquisizionale dei morfemi di Dulay e Burt
(1973). Contrariamente a quanto ritenuto fino a tempi molto recenti, l’ordine di acquisi-
zione di questi morfemi grammaticali della lingua inglese non è più ritenuto indipen-
dente dalla lingua madre dei discenti, ma pare essere, appunto, influenzato dalle strate-
gie di processazione dell’input fondate sulle caratteristiche della L1.
Capitolo II

Focus on Form, apprendimento


e disapprendimento

2.1. Ridirezionare l’attenzione selettiva degli apprendenti: il


Focus on Form

Il mancato noticing della presenza, del significato e/o della fun-


zione di una forma linguistica è la prima variabile che incide
negativamente sul percorso acquisizionale di una lingua non
materna. Come visto nel capitolo precedente, molti problemi di
sviluppo interlinguistico possono essere ricondotti a difficoltà
di analisi dell’input, ovvero a una errata, parziale o debole
scansione dello stimolo portato dalla L2. Gli elementi che non
vengono in assoluto percepiti o che non sono oggetto di atten-
zione per un certo, minimo lasso di tempo non verranno tramu-
tati in intake e non saranno, così, acquisiti.
Lo scopo di una pedagogia linguistica attenta anche a tali
difficoltà cognitive è, innanzitutto, di aiutare i discenti a ridire-
zionare l’attenzione selettiva su quei tratti della L2 che, o per
motivi intrinseci al segno (cfr. 1.6.1) o per motivi endogeni
all’apprendente (cfr. 1.6.2), sono di difficile acquisizione. In
questo senso, facciamo nostro un passo di Benati e Rastelli
(2013, p. 141) in cui si afferma che il primo compito di un do-
cente è quello di «insegnare a guardare e insegnare ad ascolta-
re». Non a caso, infatti, buona parte dell’agenda di ricerca della
instructed second language acquisition è stata occupata,
nell’ultimo trentennio, da studi sperimentali sulle ricadute ac-
quisizionali del Focus on Form (d’ora innanzi FonF), una me-
todologia di insegnamento delle lingue straniere, tipica dei

45
46 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

PHWRGi comunicativi, che si prefigge l’obiettivo di RWWLPL]]Dre


il modo in cui i discenti prestano attenzione all’input della L2.
All’interno di una lezione volta allo scambio comunicativo e al-
la costruzione di significati, l’attenzione selettiva degli studenti
viene convogliata su strutture di esigua salienza percettiva, di
poca rilevanza comunicativa, di marcata differenza con la L1 e
con una relazione forma/funzione ambigua per favorirne il noti-
cing e per innescarne il percorso acquisizionale (DeKeyser,
2005; Doughty, 2003). Una prima definizione di FonF è stata
proposta da Long (1991, p. 45-46): «FonF is overtly drawing
students’ attention to linguistic elements as they arise inci-
dentally in lessons whose overriding focus is on meaning or
communication». Secondo l’ipotesi interazionista di Long
(Long, 1991; Long, Robinson, 1998), infatti, lo sviluppo inter-
linguistico procede positivamente se ai discenti vengono date
concrete possibilità di uso interattivo della lingua e se, durante
lo scambio comunicativo, la loro attenzione viene convogliata
dall’insegnante sugli errori commessi: le risorse mentali dello
studente vengono momentaneamente dirottate dal significato
che egli sta veicolando alla forma errata che ha usato per veico-
larlo, innescando così il noticing the gap, ovvero la registrazio-
ne della differenza che intercorre fra la propria interlingua e la
L2. Secondo Long, il FonF è in opposizione ad altre due classi-
che opzioni pedagogiche: il Focus on Meaning, sostenuto da
Krashen, in cui non è prevista alcuna focalizzazione della for-
ma, e il Focus on Forms, in cui l’oggetto principale della lezio-
ne sono argomenti grammaticali presentati dicotomicamente
seguendo il classico schema a tre P: Presentazione, Pratica
guidata e Produzione spontanea (Nuzzo, Grassi, 2016, p. 100).
Il Focus on Form, negli anni, è stato variamente ridefinito.
Secondo Nina Spada (1997; Spada, Lightbown, 2008), infatti,
esso può avere natura reattiva o proattiva e diversi livelli di in-
trusività nell’atto comunicativo (FonF più o meno esplicito). Il
FonF reattivo coincide con la proposta di Long: l’insegnante at-
tira l’attenzione sulla forma linguistica quando uno studente
commette un errore. Il FonF proattivo, invece, è pianificato dal
docente che, per esperienza o per preparazione teorica, sa già
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 47

quali sono gli errori in cui più facilmente incappano gli studen-
ti: l’intervento di focalizazzione della forma verrà quindi appli-
cato preventivamente, senza attendere una produzione errata.
Inoltre, a una maggiore esplicitezza metalinguistica di una tec-
nica di FonF corrisponde un’intrusione più lunga nell’evento
comunicativo in atto durante la lezione: gli interventi più espli-
citi, quindi, sono anche quelli più intrusivi (si veda la tabella
2.1). Secondo Spada, il FonF può essere definito come «any
pedagogical effort which is used to draw the learners’ attention
to language form either implicitly or explicitly […] within
meaning-based approaches to L2 instruction» (Spada, 1997, p.
73). La definizione probabilmente più esaustiva di questa meto-
dologia didattica è data da Basturkmen, Loewen e R. Ellis che
riconciliano le posizioni di Long e Spada:

Focus on form instruction provides learners with the opportunity to


take ‘time-out’ from focusing on message construction to pay atten-
tion to specific forms and the meanings they realise. […] It induces
learners to notice linguistic forms in the input which may assist the
process of their interlanguage development (Basturkmen et al., 2002,
p. 2).

R. Ellis (2001, 2002), Basturkmen, Loewen e R. Ellis (2002)


e Afitska (2012) descrivono in questo modo le caratteristiche e i
vantaggi pedagogici del FonF:

a) permette ai discenti di superare il meaning first principle


(VanPatten, 2007), una strategia di apprendimento per
cui le risorse mentali vengono impiegate in massima
parte nella costruzione e nella trasmissione del signifi-
cato e solo in minima parte nella corretta realizzazione
Tabella 2.1: alcune tecniche di FonF lungo il continuum implicito – esplicito.
FonF implicito Input flooding (proattivo)
Textual Enhancement (proattivo)
Sollecito correttivo (reattivo)
Riformulazione correttiva (reattivo)
Correzione esplicita (reattivo)
Esercizi strutturati (proattivo)
Correzione esplicita con spiegazione metalinguistica (reattivo)
FonF esplicito Esercizi strutturati con spiegazione metalinguistica (proattivo)
48 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

della sua forma linguistica. Il FonF rende edotti gli ap-


prendenti che affidarsi al meaning first principle non è
condizione sufficiente per un corretto apprendimento di
una L2 ma, al tempo stesso, ne rispetta il ricorso, incen-
tivando e valorizzando l’obiettivo comunicativo di ogni
sforzo linguistico1;
b) gli apprendenti hanno la possibilità di imparare a map-
pare una forma e una funzione durante un atto comuni-
cativo. Questo è un modo pedagogicamente efficace per
favorire l’acquisizione;
c) reindirizza il focus dell’attenzione selettiva solo su
quelle forme che, altrimenti, non verrebbero notate. È,
quindi, un intervento didattico mirato, che lavora con-
cretamente sugli aspetti che sono manifestamente com-
plessi per una data categoria di discenti;
d) è una metodologia estremamente duttile in quanto pro-
pone un novero di tecniche molto ampio e con diversi
gradi di intrusività comunicativa: l’insegnante potrà
quindi scegliere con quale livello di intensità interferire
con il fluire dialogico della lezione.

L’efficacia del FonF è stata misurata da alcuni studi di meta-


analisi che hanno passato in rassegna i risultati delle ricerche
dedicate a questa metodologia. R. Ellis, in un articolo pubblica-
to nel 2002, esamina undici studi da cui si evince che il FonF
effettivamente favorisce lo sviluppo di una competenza implici-
ta, stabile e duratura delle strutture linguistiche a cui è stato ap-
plicato. Norris e Ortega (2000) considerano 49 lavori dedicati al
FonF e mettono in risalto che a una maggiore esplicitezza della
focalizzazione della forma corrispondono, generalmente, mi-

1
A un maggior livello di intrusività del FonF corrisponde un maggior blocco del
flusso comunicativo, che rimane per più tempo sospeso, in attesa della conclusione del-
la focalizzazione linguistica. In questo senso, alcune forme di FonF (quelle maggior-
mente esplicite e intrusive, cfr. tabella 2.1) sono da alcuni ritenute eccessivamente iso-
late dall’attività comunicativa, rischiando così di ricadere nel più classico Focus on
Forms (cfr. discussione in Sheen, 2002).
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 49

gliori risultati acquisizionali. Tali conclusioni, tuttavia, sono


state ridimensionate da alcuni studiosi che hanno suggerito
maggior cautela nella loro interpretazione. È in particolare il
controllo delle variabili che concorrono a modulare l’efficacia
di un intervento di FonF a essere oggetto di critica: aspetti di
natura contestuale (come l’ambiente di apprendimento), lingui-
stica (la complessità delle forme trattate) e psicologica (il livel-
lo di motivazione e l’età degli apprendenti) possono rendere
una tecnica di focalizzazione della forma più efficace di
un’altra (Spada, 2013; Spada, Tomita, 2010; Doughty, 2003, p.
273 e segg.). La recente meta-analisi di Goo, Granema, Yilmaz
e Novella (2015), condotta su un totale di 34 studi (di cui 11
considerati anche nell’articolo di Norris e Ortega), dà oltremo-
do risalto a queste ultime osservazioni metodologiche. Goo e
colleghi, infatti, confermano che il FonF è un intervento peda-
gogico più efficace di un solo Focus on Meaning e che, in par-
ticolare, le tecniche più esplicite favoriscono con maggiore effi-
cacia rispetto a quelle implicite il miglioramento della compe-
tenza dei discenti. Tuttavia, gli autori notano che i risultati della
focalizzazione attentiva sono modulati da vari fattori, fra cui la
natura delle ricerche (sperimentali o quasi sperimentali), le mo-
dalità di istruzione (orale e/o scritta), il tipo di tecnica usata
(reattiva o proattiva) e il contesto di apprendimento (lingua
straniera o lingua seconda) in cui essa è applicata. Se, in una
prima fase, la ricerca ha appurato la validità pedagogica genera-
le del FonF, in seguito si è verificato quale fosse la sua efficacia
differenziale, ovvero se alcuni tratti linguistici rispondono me-
glio di altri a questo tipo di trattamento e se alcune tecniche so-
no più efficaci di altre nel favorire l’apprendimento di determi-
nate strutture linguistiche (Housen, Simoens, 2016; Fordyce,
2014; Spada, 2013; Spada, Tomita, 2010; Housen, Pierrard,
2005). Il nostro studio fa sue queste puntualizzazioni metodolo-
giche e valuta l’efficacia differenziale di una tecnica di FonF
proattiva e tendenzialmente implicita, il textual enhancement
(TE, d’ora innanzi), sull’apprendimento e sul disapprendimento
(cfr. introduzione e 2.2.) di due tratti linguistici di comprovata
difficoltà nella coppia linguistica italiano/spagnolo.
50 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

2.1.1. Il textual enhancement

Il TE è una tecnica di FonF proattiva e poco intrusiva, utile per


potenziare la salienza percettiva dell’input scritto (Valentini,
2016; Sharwood-Smith, 1993). Tramite l’uso di colori, sottoli-
neature, grassetti o corsivi, l’insegnante rende più evidenti al-
cuni elementi di un testo per favorirne il noticing e l’eventuale
intake. Da un punto di vista cognitivo, il TE è un effetto pop-
out in cui l’elemento manipolato, in quanto reso dissimile dagli
elementi adiacenti, emerge nel campo visivo “balzando” ai sen-
si dell’apprendente che ha, così, più possibilità di accorgersi
della sua presenza (cfr. Par. 1.1.3).
Sono state espresse numerose riserve sull’efficacia del TE
nel promuovere l’acquisizione linguistica. Alcuni studi (Ala-
nen, 1995; Bowles, 2003; Izumi, 2003; Leow et al., 2003;
Wong, 2003) non hanno mostrato effetti positivi, mentre altri
lavori sperimentali ne hanno, invece, avvalorato l’efficacia
(Jourdenais et al., 1995; Shook, 1994; Williams, 1999; Lee,
2007). Diverse meta-analisi (Han, Park, Combs, 2008; Lee,
Huang, 2008; Simard, 2009) hanno messo in luce come, con
molta probabilità, le divergenze nei risultati di queste ricerche
siano da ascriversi alla presenza di un certo numero di variabili
concorrenti al processo di apprendimento in grado di mediare, a
volte mitigando e a volte rafforzando, gli effetti del TE. Esse
sono:

a) il tipo di TE usato per rendere più saliente l’input. Si-


mard (2009) ha verificato che l’uso contemporaneo di
tre manipolazioni (grassetto, colore e maiuscolo) assi-
cura maggiore notabilità all’elemento;
b) il livello di difficoltà dei tratti linguistici a cui è appli-
cato il TE (Winke, 2013; cfr. 3.6);
c) la lunghezza e la complessità del testo in cui sono pre-
senti le forme rese più salienti;
d) le eventuali ulteriori attività di focalizzazione della
forma attuate dall’insegnante in concomitanza con il TE
(Han et al., 2008).
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 51

Per stimare correttamente l’efficacia del TE è necessario,


quindi, controllare e fattorizzare le variabili che possono in-
fluenzarne gli effetti, in primo luogo isolandolo da altri inter-
venti di Focus on Form. Inoltre, è bene notare che nessuno stu-
dio sul TE è stato condotto in un contesto di alta affinità fra L1
e L2 come accade nel nostro caso: la ricerca sul TE è anglocen-
trica e prevede l’inglese come L1 o L2 in tutti gli studi sin qui
condotti (cfr. Han et al. 2008)2. L’italiano e lo spagnolo mo-
strano un livello di somiglianza non comparabile a quello che
altri idiomi possono avere con l’inglese3 (Harbert, 2006): l’alta
affinità di queste due lingue facilita molto la comprensione dei
testi scritti oggetto di manipolazione percettiva. Gli studi con-
dotti sull’intercomprensione fra lingue romanze (Bertelli, 2016)
dimostrano che l’accesso al significato è facilitato, in particola-
re durante la lettura, dal bagaglio lessicale comune a questa fa-
miglia linguistica, cosa rilevata anche per la coppia italia-
no/spagnolo (Bailini, 2016, 2012; De Angelis, 2005; Bardel,
Lindquist, 2007). La tendenziale comprensibilità di un testo
scritto dovrebbe essere un fattore adiuvante per l’efficacia del
TE: gli studenti avrebbero, in questa condizione, maggiori ri-
sorse mentali disponibili per la focalizzazione delle forme ma-
nipolate e dovrebbero riuscire a integrare l’informazione
grammaticale resa più saliente con quella semantica fornita dal
testo, processando significato e forme potenziate contempora-
neamente (Han et al., 2008). Da un punto di vista più squisita-
mente pedagogico, il TE è utile proprio in un contesto di alta
similitudine fra L1 e L2. Da un lato, infatti, la sua poca intrusi-
vità non frustra e non inibisce la facilità di comprensione del te-
sto, un punto di forza degli apprendenti di L2 simili alla L1;

2
In appendice 1 riportiamo una tabella in cui sono riassunti i risultati e le caratteri-
stiche degli studi sul TE condotti fino al 2013.
3
L’inglese è una lingua generalmente considerata eccezionale sia nel gruppo delle
lingue indoeuropee sia all’interno della famiglia germanico-orientale per numerosi mo-
tivi, fra cui l’origine mista latino/germanica del lessico e i suoi comportamenti tenden-
zialmente isolanti o con poche strategie agglutinanti, difficilmente ritrovabili in altri
idiomi germanici. Banfi e Grandi (2003), nel loro lavoro sulle lingue d’Europa, sottoli-
neano come l’inglese sia una lingua peculiare, difficilmente comparabile con altri idio-
mi parlati in Europa.
52 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

dall’altro, permette all’insegnante di lavorare sui tratti della L2


che molto facilmente, in un tale contesto di vicinanza interlin-
guistica, saranno resistenti all’apprendimento, causando spesso
la fossilizzazione di errori dovuti principalmente al transfer dal-
la lingua madre. Inoltre, notiamo che sino a ora l’efficacia del
TE è stata testata solo nel favorire l’apprendimento, ovvero
l’aggiunta di nuove strutture e di nuove regole grammaticali
all’interlingua dei discenti. In questo studio verifichiamo se e in
quale misura questa tecnica può favorire anche il disapprendi-
mento, ovvero l’inibizione del transfer di elementi della L1 in
contesti sintattici o testuali della L2 che, per reale o percepita
similitudine, ne richiamano la superflua presenza.

2.2. Apprendimento e disapprendimento

L’acquisizione della grammatica di una lingua non materna è


tradizionalmente intesa come un processo di sviluppo e siste-
matizzazione di nuovi elementi e di nuove regole
nell’interlingua degli apprendenti: grazie all’esposizione e
all’analisi dell’input, i discenti possono arricchire il loro reper-
torio linguistico, ampliando i mezzi espressivi a loro disposi-
zione e sviluppando una viepiù crescente correttezza formale
delle strutture usate. Come visto nel paragrafo precedente, le
tecniche di FonF sono concepite proprio per intervenire sul con-
testo di apprendimento e sulla salienza di un determinata strut-
tura della L2 per favorirne il noticing e la conseguente, possibi-
le, integrazione interlinguistica. Tuttavia, il processo di acquisi-
zione di una lingua non materna consiste anche nel lenire
l’interferenza negativa della L1 sulla L2 e nel prevenire il tra-
sferimento e l’aggiunta di strutture o proprietà della L1 non
contemplate dalla L2 (Ambridge, Brandt, 2013; Izumi, Laksh-
man, 1999; Yin, Keiser, 2011; Nossalik, 2014). Parliamo, quin-
di, di disapprendimento, un sub-componente (Clark, 2009) del
processo di acquisizione di una lingua straniera che procede in
parallelo all’apprendimento di regole grammaticali nuove. Di-
sapprendere (unlearn) una struttura o una proprietà della L1 er-
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 53

roneamente aggiunta alla L2 non significa dimenticarla o di-


simparare a usarla, ma, piuttosto, significa inibirne l’attivazione
in contesti della L2 che per affinità (reale o presupposta dal di-
scente) alla L1 ne richiamano la presenza. Il disapprendimento
pone i discenti a confronto con un compito cognitivo assai ar-
duo: essi devono infatti accorgersi della mancanza, nella L2, di
un elemento della L1 che sono inclini a trasferire: ciò che deve
essere notato è, quindi, la presenza di un’assenza («the nonap-
pearance of an ungrammatical structure in the L2 input», Pearl,
Mis, 2016). Al contrario, nel caso dell’apprendimento, deve es-
sere notata la presenza di una presenza, ossia un nuovo signifi-
cante che, seppur con diversi gradi di salienza e frequenza, si
manifesta nella L2 e su cui sono mappati significati e/o funzioni
espressi diversamente dalla L1 o, in alcuni casi, inesistenti nella
lingua madre degli apprendenti (DeKeyser, 2016). L’esposi-
zione allo stimolo linguistico fornisce, infatti, due tipi di prove
(evidences): una positiva e una negativa indiretta. La prova po-
sitiva porta ai sensi dell’apprendente un esempio concreto e
processabile di ciò che c’è ed è corretto nella L2. La prova ne-
gativa indiretta, invece, spinge il discente a inferire dall’assenza
di un elemento nell’input che una data proprietà o regola
grammaticale è inesistente o errata in quella lingua (Carrol,
2001, p. 18-21; Della Putta, 2016a, 2016b; Gass, Mackey,
2002; Pearl, Mis, 2016). Una prova positiva è uno stimolo più
forte e affidabile di una prova negativa indiretta: un elemento
fisicamente presente nell’input ha un “corpo”, dunque possiede
un certo livello di salienza percettiva – ancorché, in qualche ca-
so, minima – e risulta, quindi, più facilmente notabile e proces-
sabile di un elemento assente, ovvero a zero salienza percettiva.
Se l’apprendimento è supportato da una serie ben nota di fa-
coltà cognitive quali il noticing, la memorizzazione e l’automa-
tizzazione (Robinson, 2003; Segalowitz, 2007), il disapprendi-
mento fa ricorso anche al controllo inibitorio, un meccanismo
mentale che permette di arrestare temporaneamente l’utilizzo di
una delle lingue conosciute dal parlante, favorendo così il fluire
del messaggio in un solo codice ed evitando il code-mixing. Di-
versi studi hanno rivelato che i soggetti bilingue nativi sono do-
54 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

tati di capacità di controllo inibitorio (linguistico e non lingui-


stico) molto più elevate rispetto ai parlanti monolingue o bilin-
gue non nativi (cfr. Bialystok et al. 2008 e Prior, MacWhinney,
2010). Per questi ultimi, a una maggiore affinità fra le due lin-
gue conosciute e a un minor livello di competenza in una di es-
se, corrisponde un livello di attivazione del controllo inibitorio
più basso, dando così adito a maggiori effetti di transfer fra i
due codici (Abutalebi, Green, 2013; Bartolotti, Marian, 2012;
Jarvis et al., 2013). Recenti ricerche hanno inoltre dimostrato
che l’inibizione dell’attivazione di strutture della L1 durante
l’uso di una L2 è un processo cognitivo complesso, ancor più
quando le due lingue sono strettamente imparentate (Abutalebi,
2008; Abutalebi et al., 2013; Jarvis et al., 2013). Nel caso con-
siderato in questo studio, ovvero durante l’acquisizione di una
L2 simile alla lingua madre (Ringbom, 2007, p. 30-31; Ring-
bom, Jarvis, 2009; cfr. cap. 3), inibire l’attivazione di una rego-
la della L1 quando molte altre possono essere trasferite verso la
L2 senza incappare in errori è un operazione mentale molto
complessa.
Vari autori (Lefebvre, White, Jordan, 2006; Judy, 2011; Cu-
za, Guijarro-Fuentes, Pires, Rothman, 2012) sostengono che il
disapprendimento, proprio perché basato esclusivamente su una
prova negativa indiretta, è un compito arduo, di cui spesso i di-
scenti non vengono a capo nemmeno dopo lunghi periodi di
esposizione all’input; per questo motivo, in letteratura, si fa
spesso riferimento al “problema del disapprendimento” (the un-
learning problem), sottolineandone ulteriormente la difficoltà.

2.2.1. Il problema del disapprendimento

Il problema del disapprendimento è stato studiato soprattutto in


ambito generativista. Nata in seno a questo paradigma, la full
transfer hypothesis (Schwartz, Sprouse, 1996) sostiene che, in
apprendenti adulti, lo stato iniziale (initial state) del percorso
acquisizionale di una L2 è la configurazione dei parametri pro-
pria della lingua madre. Usiamo il termine “parametro” per rife-
rirci al fenomeno linguistico considerato nella sua interezza e
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 55

nel suo manifestarsi nella struttura superficiale della frase. Se-


condo Culicover (1999) «a parameter would be one that ex-
presses the difference between languages in terms of the ob-
served form of the sentence». Per esemplificare questa defini-
zione, Culicover propone l’analisi di queste frasi:

1) a. Francese: *Jacques croit Marie etre


intelligente.
Inglese: Jacques believes Mary to be
intelligent.
b. Francese: Jacques croit etre intel-
ligent.
Inglese: Jacques believes himself to be
intelligent.

Dall’ analisi emerge che il parametro “complemento oggetto


non finito del verbo credere” può avere diversi valori (positivo
e negativo, + e -) in base alla lingua osservata: «it has vs. lacks
accusative-infinitive in the non-finite complement of the verb
believe. Languages like English would have the value + for this
parameter, while languages like French would have the value -»
(Culicover, 1999, p. 6). Secondo la full transfer hypothesis, la
configurazione dei parametri della L1 deve essere rifissata (re-
setted) seguendo il modello della L2 sulla base dell’analisi
dell’input accessibile all’apprendente. Il problema del disap-
prendimento si manifesta quando si ha una particolare relazione
asimmetrica fra il numero dei valori di un parametro nella L1 e
il numero dei valori dello stesso parametro nella L2, ovvero
quando a un numero X di valori di un parametro in L1 corri-
sponde un numero inferiore (X-1) di valori dello stesso parame-
tro in L2 (Conradie, 2010; Judy, 2011; Yin, Kaiser, 2011). La
relazione contraria (L1=X; L2=X+1) ricade invece nell’appren-
dimento (cfr. par. 2.2.): in questo caso è necessario rifissare i
valori di L1 ampliandoli e non riducendoli. Ristrutturare un pa-
rametro nella prima relazione asimmetrica (chiamata anche
L1superset – L2subset) è considerata un’operazione più difficile
che ristrutturare un parametro nella seconda relazione, chiamata
56 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

invece L1subset – L2superset (Judy, 2011; Cuza et al,. 2012).


Numerosi studi hanno testato questa ipotesi e hanno indagato se
la sola esposizione all’input sia sufficiente per ristrutturare cor-
rettamente un parametro in relazione asimmetrica L1superset –
L2subset o se, invece, in questo contesto una prova negativa di-
retta (direct negative evidence, una correzione fornita da un in-
terattante) sia necessaria per riuscire a prevenire l’aggiunta di
elementi superflui ed errati della L1 (Gabriele, 2009; White,
1989a, p. 168). L’idea di molti ricercatori è che il problema del
disapprendimento non sia superabile se non con un intervento
di FonF tendenzialmente esplicito che attragga l’attenzione del
discente sull’assenza, in L2, dell’elemento della L1 incline ad
essere erroneamente aggiunto. Risulterebbe troppo difficile, in-
fatti, notare autonomamente la presenza di un’assenza: sarebbe-
ro proprio gli errori di “addizione errata” di strutture o proprietà
della L1 a essere di complessa correzione spontanea e, di con-
seguenza, di più facile fossilizzazione.
Alcune ricerche condotte da White e colleghi (White, 1991a,
1991b, 1991c; Trahey, White, 1993; Trahey, 1996) hanno cor-
roborato questa ipotesi. White (1991c) ha dimostrato che ap-
prendenti anglofoni di francese, anche dopo anni di esposizione
all’input e di studio formale, persistono nel trasferire al francese
la costruzione dativa del doppio oggetto, assente in quest’ultima
lingua e presente in inglese, la loro L1. Si vedano i seguenti
esempi (2 e 3) delle due costruzioni dative possibili in inglese:

2) Inglese: John gave the book to Mary;

3) Inglese: John gave Mary the book.

In francese solo una delle due costruzioni è possibile (cfr. gli


esempi 4 e 5: quest’ultimo è una costruzione doppio-oggettuale
errata):

4) Francese: Jean a donné le livre à Marie;

5) Francese : *Jean a donné Marie le livre.


II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 57

Durante compiti di produzione orale e di giudizi di gramma-


ticalità, gli studenti anglofoni dello studio di White hanno tra-
sferito al francese la costruzione dativa doppio oggettuale
dell’inglese. Il fatto che questi apprendenti non abbiano mai
trovato, in francese, frasi costruite in questo modo non è bastato
ad aiutarne il disapprendimento e ad abbandonare, in L2, la
configurazione parametrica tipica della L1. Secondo White,
questo corrobora l’ipotesi che risettare correttamente i parame-
tri di L1 in una relazione L1superset-L2subset è un’operazione
difficile, che nemmeno apprendenti esperti riescono a portare a
compimento (cfr. anche Judy 2011). White ha condotto altri due
studi (1991a; 1991b) in cui è stato indagato se, in un contesto
L1superset-L2subset, una prova negativa indiretta (in questo
caso correzioni fornite da un insegnante) possa aiutare studenti
francofoni di inglese a restringere il verb movement parameter,
ovvero la possibilità di spostare il verbo all’interno della frase e
in relazione L1 (francese) superset e L2 (inglese) subset. In
francese, infatti, sono possibili diversi ordini dei costituenti del-
la frase: S(oggetto), V(erbo), O(ggetto), A(vverbio) (es. 7),
ASVO (es. 8) e SVAO (es. 6), mentre in inglese sono permessi
solo gli ordini SVOA (es. 9) e ASVO (es. 10):

6) Francese: Marie regard souvent la telévision;

7) Francese: Jean boit son cafè rapidement;

8) Francese: prudemment Jean a ouvert la porte;

9) Inglese: John drinks his coffee quickly;

10) Inglese: carefully John opened the door;

11) Inglese: *Mary watches often television.

I risultati confermano l’ipotesi secondo la quale senza una pro-


va negativa diretta non è possibile conformare la configurazio-
ne parametrica della L1 a quella della L2. Il gruppo sperimenta-
58 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

le, che ha ricevuto istruzione e correzione esplicita specifica


sulle proprietà del verb movement parameter inglese, è riuscito
a restringere i parametri della sua L1, anche se l’effetto
dell’intervento didattico si è dimostrato valido solo nel breve
periodo: in un follow-up, gli apprendenti francofoni non mo-
stravano più di saper inibire il transfer di proprietà superflue
della loro lingua madre. Inoltre, gli studi di Trahey e White
(1993) e Trahey (1996) hanno dimostrato che un intervento di
FonF condotto con la sola tecnica dell’ input flooding, dunque
di semplice potenziamento della frequenza della prova positiva
fornita dall’input, non è stato sufficiente ad aiutare un gruppo di
apprendenti francofoni di inglese a restringere il verb movement
parameter. I risultati mostrano che il trattamento attentivo ha
facilitato e rafforzato l’apprendimento dell’ordine della frase
SAV, tipica dell’inglese e assente in francese, ma non il disap-
prendimento dell’ordine francese SVAO (errato e non presente
in inglese), che si è mantenuto generalizzato nelle interlingue
dei soggetti partecipanti. Il follow-up di Trahey (1996), condot-
to a circa un anno dalla somministrazione dell’ input flooding,
riporta una situazione invariata: gli stessi studenti sono inclini a
utilizzare e accettare l’ordine dell’inglese SAV, ma persistono
nell’usare e nel giudicare come corretto l’ordine francese
SVAO. La ricerca di Izumi e Lakshmanan (1998) ha testato
l’ipotesi che una prova negativa diretta, operativizzata in forma
di FonF decisamente intrusivo (correzioni esplicite e spiegazio-
ni metalinguistiche), e somministrata assieme alla naturale pro-
va positiva fornita dall’input, possa aiutare apprendenti giappo-
nesi di inglese a restringere la portata dei valori della voce pas-
siva che, nella loro L1, può essere diretta (come in inglese) o
indiretta (assente in inglese). Si vedano i seguenti esempi di
quest’ultima costruzione (Izumi, Lakshmanan, 1998, p. 69):

12) Giapponese: Taroga seno takai hitoni zibunno maeni


suwarareta.
Letteralmente: *Taro was sat by a tall person in front of self
Taro was adversely affected because a tall person sat in
front of him.
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 59

13) Giapponese: Johnga Tomni konpiuutaao tukawa(r)areta


Letteralmente: *John was used his computer by Tom
John was adversely affected by Tom’s using his computer.

Le frasi passive indirette servono per descrivere un’espe-


rienza negativa subita dal soggetto e non sono contemplate nel-
la grammatica inglese. I soggetti istruiti, diversamente da quelli
non istruiti, hanno mostrato una crescente capacità di non accet-
tare e di non usare più, nelle loro interlingue inglesi, strutture
passive come *I was eaten final cake by friend per esprimere
infelicità nel vedersi sottrarre l’ultimo pezzo di torta da un ami-
co. I partecipanti non istruiti, invece, hanno continuato a usare
tali frasi, dimostrando che la prova negativa indiretta fornita
dall’input inglese non è stata sufficientemente forte per far no-
tare l’agrammaticalità di queste costruzioni e per prevenirne
l’uso. Inagaki (2001) ha paragonato l’acquisizione di costruzio-
ni di moto da parte di apprendenti anglofoni di giapponese e di
apprendenti giapponesi di inglese. Quest’ultima lingua ammette
frasi preposizionali teliche sia in presenza di verbi di movimen-
to semplice (come andare o tornare) sia in presenza di verbi di
movimento composto, ovvero in cui sono espressi sia la dire-
zione del movimento sia la modalità del suo svolgimento (come
camminare, correre, zoppicare, ecc.). Il giapponese, invece,
ammette frasi preposizionali teliche solo in presenza di verbi di
movimento semplice e non ammette questo tipo di complemen-
tatori in presenza di verbi di movimento composto. I seguenti
esempi ci aiutano a comprendere queste differenze:

14) Inglese: John went to school;

15) Inglese: John walked to school.

In 14) una frase preposizionale telica segue un verbo di movi-


mento semplice, mentre in 15) la stessa frase segue un verbo di
movimento composto. Si osservi ora il comportamento del
giapponese:
60 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

16) Giapponese: John-ga gakkoo-ni itta


John-NOM scuola-a andò;

17) Giapponese: *John-ga gakkoo-ni aruita


John-NOM scuola-a camminò.

L’esempio 16) è corretto, mentre il 17) è scorretto perché il


verbo di movimento è composto. Gli informanti dello studio di
Inagaki sono 42 studenti giapponesi di inglese e 43 studenti an-
glofoni di giapponese che sono stati sottoposti a compiti di giu-
dizi grammaticali di frasi contenenti sintagmi preposizionali in
presenza di verbi di movimento composti e semplici. Lo studio
ha rivelato che gli apprendenti giapponesi sono stati in grado di
giudicare correttamente entrambi i tipi di frasi ammesse
dall’inglese, mentre i loro compagni anglofoni non hanno giu-
dicato come errate le proposizioni giapponesi contenenti frasi
preposizionali teliche con verbi di moto complessi. La prova
negativa indiretta fornita dall’input giapponese è troppo debole
per aiutare gli studenti anglofoni ad abbandonare la possibilità,
data loro dalla L1, di accostare una frase preposizionale telica a
un verbo di moto complesso. Risultati congruenti sono stati ri-
portati dallo studio di Larrañaga e colleghi (Larrañaga, Ortega,
Tidball, Treffers-Daller, 2012) in cui la relazione L1superset-
L2subset è stata studiata per quanto riguarda costruzioni di su-
peramento di confine (boundary crossing) in spagnolo e ingle-
se. In inglese, il boundary crossing è possibile con verbi di mo-
vimento sia complessi (es. 18) sia semplici (es. 19):

18) Inglese: Mary run into the house;

19) Inglese: Mary went into the house.

In spagnolo il parametro del boundary crossing è invece espres-


so solo con un valore, ovvero con verbi di movimento semplice
(es. 20 ed es. 21 per una frase scorretta costruita seguendo il
modello inglese):
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 61

20) Spagnolo: María entrò a la casa;

21) Spagnolo: *María corriò a la casa.

L’esempio 21 è realizzato correttamente in spagnolo ag-


giungendo una costruzione specificativa della modalità di mo-
vimento, come in 22:

22) Spagnolo: María entrò a la casa corriendo.

Lo studio di Larrañaga e colleghi ha dimostrato che appren-


denti anglofoni di spagnolo non sono sensibili alle violazioni
grammaticali espresse da frasi esprimenti un boundary crossing
in dipendenza di verbi di moto complessi (es. 21), mentre ap-
prendenti ispanofoni di inglese dimostrano di aver imparato ad
accettare entrambe le possibilità (es. 18 e 19) della lingua ingle-
se. Anche in questo caso, i diversi risultati acquisizionali sono
ascrivibili al diverso tipo di prove che l’input della L2 ha forni-
to agli apprendenti: la prova negativa indiretta si è dimostrata
più debole della sua controparte diretta. Simili conclusioni sono
state raggiunte da altri studi, di natura sia generativista (cfr.
Nossak, 2014; Judy, 2011) sia costruttivista (cfr. Ambridge,
Brandt, 2013; Robenhalt, Goldberg, 2016; Della Putta, 2016b):
sembra in effetti necessario aiutare con una prova negativa di-
retta l’inibizione del transfer di regole con portata più ampia in
L1 che in L2.

2.2.2. Disapprendimento e Focus on Form

Nonostante i risultati degli studi riassunti nel paragrafo prece-


dente, in letteratura sono riportati sporadici casi di disappren-
dimento autonomo riuscito. Yuan (2001), al contrario di quanto
scoperto da White (1991a), ha dimostrato che apprendenti fran-
cofoni e germanofoni di cinese sono stati in grado, dopo soli sei
mesi di istruzione generica (ovvero non focalizzata sul tratto
oggetto di studio), di restringere la portata del verb movement
parameter: i soggetti non hanno né prodotto né giudicato come
62 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

corrette frasi contenenti l’ordine SVAO (cfr. 2.2.1), presente in


francese e tedesco ma assente in cinese. Yuan motiva la discre-
panza con i lavori di White e colleghi essenzialmente in base al-
la forte distanza strutturale che intercorre fra il tedesco, il fran-
cese e il cinese. L’assenza di morfologia nella lingua cinese, il
diverso uso della negazione e l’assenza di ausiliari e copule
avrebbero permesso ai soggetti francofoni e germanofoni di non
trasferire l’ordine SVAO, probabilmente per la quasi totale
mancanza di similitudine fra i tre codici (cfr. il transfer to so-
mewhere principle di Andersen, 1983; cfr. anche Jarvis, Pa-
vlenko, 2008, p.174). Altri casi di riuscito disapprendimento
sono riportati da Slabakova (2006) e Gabriele (2009), anche se
l’oggetto di studio di queste ricerche è il dominio della seman-
tica aspettuale e non proprietà grammaticali difficilmente inter-
pretabili come quelle trattate nei lavori riportati in precedenza.
Slabakova e Gabriele sostengono che la possibilità di scartare le
proprietà semantiche scorrette e superflue della L1 mediante un
paragone con il contesto extralinguistico possa motivare i par-
ziali successi nel disapprendimento rilevati dai loro studi: i par-
tecipanti sarebbero riusciti a capire che, in determinati contesti
comunicativi, le scelte basate sulla L1 non esprimono significati
corretti in L2 (Gabriele, 2009).
I risultati di queste ultime tre ricerche lasciano parzialmente
aperta la domanda sulla reale impossibilità di disapprendere una
proprietà della lingua madre senza l’aiuto di una prova negativa
diretta: il livello di affinità fra la L1 e la L2 e la possibilità di ri-
conoscere valori semantici nelle strutture da disapprendere
sembrano essere variabili in grado di facilitare il compito.
Inoltre, nonostante l’alta attenzione teorica data al problema
del disapprendimento, relativamente poco è stato fatto per pro-
porre soluzioni pedagogiche concrete alla sua soluzione. Seb-
bene alcuni studi abbiano effettivamente dimostrato che, grazie
a un intervento correttivo e metalinguisticamente esplicativo,
l’inibizione del transfer di strutture superflue da L1 a L2 può
avvenire (cfr. 2.2), non si è entrati però nel dettaglio di quale ti-
po di focalizzazione della forma sia stata utilizzata. Come visto
in precedenza (cfr. Par. 2.1), le moderne linee di ricerca richie-
II. Focus on Form, apprendimento e disapprendimento 63

dono una fattorizzazione precisa delle variabili didattiche di cui


si intende misurare l’impatto sull’acquisizione. A esclusione
della ricerca di Trahey e White (1993), in cui la tecnica di FonF
usata è quella dell’ input flooding, negli altri studi non è stato
condotto un adeguato controllo delle variabili in grado, even-
tualmente, di favorire o sfavorire il disapprendimento.
In questo studio, dunque, valutiamo l’efficacia differenziale
del TE sull’apprendimento e sul disapprendimento dell’accu-
sativo preposizionale in frasi SVO e dell’articolo determinativo
pre-aggettivo possessivo nella coppia linguistica spagnolo-
italiano. Nel prossimo capitolo entreremo nel dettaglio delle
problematiche acquisizionali tipicamente esperite dagli appren-
denti ispanofoni di italiano e dagli apprendenti italofoni di spa-
gnolo. Presenteremo, inoltre, le proprietà dei due tratti linguisti-
ci da noi considerati e mostreremo le relazioni parametriche che
fra loro intercorrono.
Capitolo III

Dallo spagnolo all’italiano e viceversa

3.1. Imparare lingue simili

Com’è noto (Chini, 2005, pp. 27, 55; Valentini, 2004), il trans-
fer è una delle variabili che concorre a strutturare l’interlingua.
Considerato il fattore intersoggettivo maggiormente responsabi-
le della variazione interlinguistica, la portata della sua influenza
dipende essenzialmente dalla relazione fra le caratteristiche del-
la L1 e della L2 e dal loro grado di somiglianza genetica e tipo-
logica. Il ricorso alla lingua madre durante il processo di acqui-
sizione di una L2 è una strategia ampiamente attestata ed è, in
una certa misura, inevitabile. Le conoscenze linguistiche pre-
gresse fungono sia da “bussola d’orientamento” sia da “filtro”
attraverso cui le strutture della L2 vengono percepite e apprese
(Chini, 2005, p. 55). Il transfer può avere effetti adiuvanti o di-
straenti sul percorso di sviluppo dell’interlingua, accelerandolo
o rallentandolo e favorendo o inibendo una corretta analisi dello
stimolo portato dalla L2 (cfr. Par. 1.6.2). Una minore distanza
genetico/tipologica fra la L1 e la L2 favorisce il ricorso al
transfer, amplificandone sia gli effetti adiuvanti sia quelli di-
straenti (Giacalone Ramat, 1994; Bailini, 2016, p. 30): è questo
il caso degli apprendenti ispanofoni di italiano (d’ora innanzi
AI) e degli apprendenti italofoni di spagnolo (d’ora innanzi
AS), un caso paradigmatico, a nostro parere, di come entrambi
gli esiti dell’interferenza si manifestino nell’interlingua e di
come essi determinino effetti cognitivi diversi sulla processa-
zione dell’input. Le prospettive di analisi degli studi dedicati al

65
66 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

contatto fra spagnolo e italiano spaziano dalla sociolinguistica


(Vietti, 2005; Calvi, Mapelli, Bonomi, 2010) alla linguistica
acquisizionale (Schmid, 1994; Bailini, 2012), dalla linguistica
contrastiva (Carrera Diáz, 2007) alla glottodidattica (De Bene-
detti, 2006; Zurlo, 2009; Della Putta, 2011). Questi studi con-
corrono a definire gli AI e gli AS «facilitati dalla vicinanza
strutturale» (Vietti, 2005, p. 106) della loro lingua madre alla
L2: le interlingue di questi apprendenti mostrano, sin dai primi
stadi, caratteristiche delle varietà intermedie e avanzante, “sca-
valcando” così gli stadi basici e pre basici dell’interlingua
(Schmid, 1994, p.: 80; Vietti, 2005, p.: 106 e, per un approfon-
dimento, pp. 99-110; Tomaselli, 2008; Sánchez Iglesias, 2004
per simili considerazioni sul rapido sviluppo delle interlingue
degli AS). Schmid (1994), nel suo studio sull’acquisizione
spontanea dell’italiano da parte di ispanofoni residenti in Sviz-
zera, osserva che le interlingue di questi soggetti presentano, sin
dalle primissime registrazioni, una ricchezza morfologica e
un’efficacia comunicativa non rilevabile in quelle di apprenden-
ti di italiano parlanti altre L1:

Anche per l’italiano L2 sono stati individuati ordini di acquisizione ti-


pici, ad esempio per la morfologia verbale.[…] È stata sostanzialmen-
te confermata la scarsa incidenza di fenomeni interferenziali per que-
sto livello d’analisi, visto che apprendenti con lingue madri disparate
hanno manifestato sequenze analoghe; si noti comunque che si tratta
perlopiù di apprendenti non romanzofoni. In effetti anche nella morfo-
sintassi la distanza strutturale tra L1 e L2 può incidere fortemente sui
percorsi di acquisizione, in quanto proprio a questo livello contribui-
sce in modo decisivo a stabilire il “punto di partenza”[…] per la co-
struzione dell’interlingua. Che un rapporto stretto di genetica fra la
lingua di partenza e la lingua obiettivo favorisca l’influsso diretto del-
la L1 è già stato documentato per l’italiano L2 di un soggetto spagnolo
(Berretta, 1986, p. 342) (Schmid, 1994, p. 170).

Lo studio di Schmid depone a favore dell’ipotesi del conti-


nuum di ristrutturazione (Corder, 1984), secondo la quale «al-
cuni sottosistemi della L2 vengono costruiti a partire dal model-
lo della L1 con alcuni opportuni aggiustamenti» (Chini, 2005,
p. 58). Secondo Corder, gli apprendenti di una L2 simile (og-
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 67

gettivamente o come tale ritenuta) alla L1 faranno, soprattutto


agli inizi del loro percorso acquisizionale, pieno riferimento alle
caratteristiche della lingua madre, via via adattandole e/o sosti-
tuendole con i dati provenienti dall’input1, procedendo così in
un processo di falsificazione e/o conferma delle ipotesi di fun-
zionamento della L2 create sul modello della L1:

Il continuum di ristrutturazione considera l’apprendente in un proces-


so di graduale accomodamento della sua lingua materna per avvicinar-
si progressivamente alla lingua obiettivo. […] Il movimento lungo
questo continuum equivale a una graduale sostituzione delle caratteri-
stiche della lingua materna con le caratteristiche della lingua obiettivo.
[…] Se si crede che un’altra lingua è […] molto distante dalla nostra
(ad es., cinese-italiano) è possibile optare per la strategia di ricreazio-
ne, cominciando da zero. […] Al contrario, se invece si ritiene che la
lingua obiettivo sia vicina alla nostra (ad es., spagnolo-italiano), pos-
siamo preferire per una strategia di ristrutturazione. (Corder, 1984, p.
53-67)

Bailini, in un recente volume (2016) in cui sono riassunte cri-


ticamente e puntualmente le caratteristiche delle interlingue degli
AI e degli AS, giunge a conclusioni molto simili, ponendo
l’accento proprio sul ruolo di modello assunto dalla L1, ruolo via
via confutato e ridimensionato dall’analisi dell’input della L2:

El análisis paralelo de dos interlenguas cuyas características más sobre-


salientes se configuran a partir de la afinidad entre las respectivas len-
guas maternas de los aprendentes permite arrojar luz sobre el papel de-
terminante de la transferencia positiva y negativa y, también, afirmar
que estas interlenguas, como sistemas, parecen ser el resultado de un
proceso de reestructuración evolutiva en que la L1 es la plataforma so-
bre la cual se construye el aprendizaje de la L2. (Bailini, 2016, p. 235).

L’alta trasparenza semantica fra spagnolo e italiano favorisce


sin da subito l’intercomprensione, un processo dinamico di ge-

1
Notiamo, qui, un chiaro parallelo con la full transfer hypothesis di Schwartz
(Schwartz, Sprouse, 1996) presentata in 2.2.1. Schwartz sostiene, infatti, che lo stato
iniziale di una interlingua sia la configurazione dei parametri della L1, configurazione
che deve essere confermata o modificata sulla base dell’analisi dei dati portati dalla L2.
68 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

nerale intendimento fra i parlanti di lingue simili che stimola e


favorisce il passaggio diretto di strutture morfosintattiche affini
da una lingua all’altra (Facchinelli, Tesser, 2010; Bertelli, 2016;
Bailini, 2016, cap. 1). Ringbom afferma, in proposito, che la
possibilità di mutua comprensione fra due lingue è il fattore che
maggiormente favorisce il transfer di elementi dalla L1 alla L2,
facilitando di molto l’attuazione di strategie povere di corri-
spondenza fra i due sistemi e impedendo una corretta analisi
dell’input:

Learning a L2 perceived to be similar to the L1 means finding that


target language texts have a number of items that at least roughly cor-
respond in form and function/meaning to items in the L1. Simplified
cross-linguistic one-to-one relationships can then be established be-
tween the items, contributing to at least an approximate understanding
of text. In on-line comprehension, forms of items are recognised and
comprehended first, while the functions of items are understood only
later. Formal crosslinguistic similarities across related languages thus
facilitate comprehension considerably (Ringbom, 2007, p. 10).

A questo proposito, e in relazione alla realtà linguistico-


cognitiva degli AS e degli AI, ci sembra qui utile richiamare e
brevemente discutere alcuni principi cardine che favoriscono
l’interferenza interlinguistica: il primo è il principio di rilessifi-
cazione (Andersen, 1990; Pallotti, 1998, p. 63), secondo il qua-
le un apprendente che non riesce a padroneggiare correttamente
le strutture morfosintattiche della L2 farà pieno riferimento a
quelle della sua L1 usando, però, elementi lessicali della L2 che
avrà precedentemente imparato; la trasparenza semantica fra
italiano e spagnolo favorisce appieno questo fenomeno, spin-
gendo gli AI e gli AS a “incastrare” in strutture sintattiche delle
loro lingue madri unità lessicali della L2 (cfr. Landone, 2001
per simili considerazioni). Il secondo principio è il transfer to
somewhere (Andersen, 1983), in cui si rende conto del fatto che
un apprendente sarà più incline a trasferire una proprietà di L1
alla L2 se troverà, in quest’ultima, delle somiglianze strutturali
che possono fungere da punto di appoggio per quella data pro-
prietà. È questo il caso, per esempio, di forme in L2 molto simi-
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 69

li o identiche a forme della lingua madre su cui vengono erro-


neamente mappate funzioni e/o significati corretti in L1 ma
scorretti in L2. In un contesto di alta affinità linguistica, questo
principio viene attivato molto frequentemente. Un ultimo fatto-
re che favorisce il transfer nelle interlingue degli AI e degli AS
riguarda la percezione che gli studenti hanno della distanza fra
le due lingue ed è denominato psicotipologia linguistica (Kel-
lerman, 1983). Gli apprendenti formulano naturalmente delle
ipotesi ingenue, non basate su dati oggettivi, sulla L2 che stan-
no imparando, percependola come più o meno affine alla pro-
pria lingua madre. Queste convinzioni, sostenute anche da tra-
dizioni e stereotipi culturali, facilitano o inibiscono il transfer
di strutture da un codice all’altro e creano delle aspettative su
quanto potrà essere complesso il percorso di apprendimento
dell’idioma oggetto di studio (Pallotti, 1998, p. 67-68). Sia gli
AS sia gli AI, soprattutto all’inizio del loro percorso di acquisi-
zione, considerano lo spagnolo e l’italiano come lingue facili e
rapide da apprendere e tendono a vedere più corrispondenze che
differenze fra i due idiomi (Calvi, 2004; Facchinelli, Tesser,
2010). L’eccessivo affidamento al modello della L1 facilita gli
scopi comunicativi dei discenti, ma inibisce anche una corretta
analisi dell’input della L2, portandoli a notare con molta diffi-
coltà gli elementi dissimili fra le due lingue (Ringbom, 2007).
In merito, Jarvis e Pavlenko sostengono che:

Transfer in the case of such crosslinguistic similarities may manifest


it-self as L2 users’ reliance on the lexicalized and grammaticized con-
cepts of the source language when using the recipient language. It may
also manifest itself as a failure to pay attention to distinctions obliga-
torily encoded by the target language (Jarvis, Pavlenko, 2008, p. 149).

Benazzo e Andorno (2010), in uno studio condotto sull’a-


cquisizione della coesione testuale francese e italiana da parte
di apprendenti avanzati con diverse lingue madri (tedesco, ita-
liano e francese), notano come la somiglianza interlinguistica
funga da filtro distraente per una corretta analisi dell’input della
L2: «when available, similar structures help learners’ produc-
70 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

tion, but also prevent them for further analysis of the input»
(Benazzo, Andorno, 2010, p. 115). Il pionieristico studio di Ka-
terinov (1975), in cui vengono paragonati gli errori commessi
da diversi studenti alloglotti di italiano, segnala che sono pro-
prio gli ispanofoni la categoria di apprendenti in cui è maggiore
l’incidenza di errori in alcune aree della morfosintassi2.
Quest’ultima ricerca concorre a dimostrare che è la forte somi-
glianza fra i due codici a spingere gli AI a prestare poca atten-
zione alle divergenze fra i due sistemi, divergenze di cui i di-
scenti devono necessariamente accorgersi per poter ristrutturare
correttamente la propria interlingua.
Schmid (1994, cap. 2), individua, a questo proposito, tre
strategie d’apprendimento generalmente messe in atto dagli AI,
estese anche al caso degli AS da Bailini (2016, cap. 1):

a) strategia della congruenza: gli apprendenti identificano


che la L1 e la L2 sono identiche in merito ad alcuni
aspetti (scoperta facilitante); tuttavia, essi possono fare
eccessivo riferimento a questa strategia e inserire
nell’interlingua elementi della L1 assenti nella L2 o
pensare che a una congruenza di forma corrisponda an-
che una congruenza di funzione, assegnando valori im-
propri ad alcuni elementi della L2.
b) strategia della corrispondenza: gli apprendenti, percepi-
te alcune similarità fra le due lingue, ne sovraestendono
la portata, applicando le similitudini a domini errati (ad
esempio, sostituendo il fonema /d/ spagnolo con /t/ ita-
liano nella costruzione del participio, come in hablado -
> hablato).
c) strategia della differenza: gli apprendenti ricorrono a
questa strategia quando notano le discrepanze che inter-
corrono fra i due idiomi, riuscendo così ad abbandonare
il modello della L1 per affidarsi maggiormente ai dati
provenienti dalla L2. Appaiono così nelle loro interlin-

2
Fra le quali ricordiamo i sistemi pronominale e preposizionale, la selezione
dell’ausiliare nei tempi composti e il sistema dell’articolo.
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 71

gue elementi o proprietà della L2 non presenti nella L1


o scompaiono strutture o proprietà della L1 trasferite al-
la L2.

Gli AI e gli AS, dunque, iniziano il loro percorso acquisi-


zionale partendo da forti ipotesi di congruenza (Schmid, 1994;
Vietti, 2005, 2010) e, spesso, non riescono a notare le sottili dif-
ferenze che intercorrono fra i due sistemi: in questo caso, come
abbiamo visto, l’attenzione selettiva è fortemente guidata da
processi endogeni di analisi dell’input, processi di cui i discenti
si fidano eccessivamente e che prevengono una corretta analisi
dell’input della L2 che stanno acquisendo (Jessner, 2006). Co-
me sostenuto da Bailini (2016, p. 235), la facilità comunicativa
tipica di questi apprendenti è, in realtà, il principale scoglio al
miglioramento della loro correttezza morfosintattica: il fatto che
a un messaggio formalmente mal costruito spesso non corri-
sponda un reale ostacolo nel fluire della comunicazione implica
un’importante riduzione delle possibilità di noticing degli errori
e, di conseguenza, l’alta probabilità della loro fossilizzazione.
Due proprietà dello spagnolo e dell’italiano molto spesso
soggette a mancato noticing e a fossilizzazione sono la presenza
e l’assenza dell’accusativo preposizionale in frasi SVO e la pre-
senza e l’assenza dell’articolo pre-aggettivo possessivo. Nei
prossimi paragrafi passeremo in rassegna le loro caratteristiche
e le loro complessità acquisizionali.

3.2. Accusativo preposizionale

L’accusativo preposizionale (AccPrep, d’ora innanzi) è una


manifestazione del fenomeno della marcatura differenziale
dell’oggetto che consiste nel segnalare «una relazione non ov-
via dal punto di vista pragmatico e semantico» (Iemmolo, 2009)
dell’oggetto diretto (OD) all’interno dell’enunciato. L’AccPrep
nelle lingue romanze si manifesta solitamente grazie alla pre-
senza della preposizione a pre OD e si può trovare in due con-
testi: nelle frasi a ordine canonico SVO (es. 23 e 24) e nelle fra-
72 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

si scisse in cui l’OD viene dislocato alla periferia della frase ed


eventualmente ripreso da un pronome clitico (es. 25 e 26):

23) Spagnolo: volverè a ver a Mario (Carrera Diáz, 1997, p.


209);

24) Siciliano antico: Hercules auchisi a lu figlu di Vulcanu


(Iemmolo, 2010, p. 256);

25) Italiano: a me non mi convince, questo (Iemmolo, 2010, p.


253);

26) Catalano: no l’estima, an en Joan (Escandell-Vidal, 2007,


p. 29-30).

Le motivazioni funzionali più attestate per la presenza


dell’AccPrep nelle lingue romanze sono due: i) serve a evidenziare
il fatto che un oggetto diretto sia stato spostato, per motivi di sa-
lienza informativa, in una posizione non canonica, ovvero in posi-
zione di topic primario nelle frasi scisse a sinistra o di comment se-
condario nelle frasi scisse a destra; ii) da un punto di vista seman-
tico, l’AP serve a marcare il fatto che l’OD non possiede le caratte-
ristiche prototipiche di questo costituente che sono generalmente
meno animate e meno specifiche di quelle del soggetto (Leonetti,
2004; Iemmolo, 2010). In spagnolo la presenza dell’AccPrep è ne-
cessaria in frasi sia scisse sia a ordine SVO (Leonetti, 2008; Gui-
jarro-Fuentes, 2011), mentre in italiano il quadro è più complesso.
Nelle varietà regionali o popolari con forti tratti diatopici del cen-
tro-sud Italia è possibile segnalare con discreta frequenza la pre-
senza dell’AccPrep in frasi a struttura SVO in cui a essere marcato
dalla a è un sintagma nominale pieno non dislocato:

27) Italiano regionale campano: se tu mi autorizzi io chiamo a


Federico (Lorenzetti, 2003, p. 86).

Nell’italiano standard (il modello linguistico a cui si fa rife-


rimento in un corso di lingua) e nelle varietà settentrionali
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 73

l’AccPrep è del tutto assente in frasi a struttura SVO (Lorenzet-


ti, 2003; Iemmolo, 2010), ma è contemplato nelle frasi scisse,
prevalentemente con dislocazione a sinistra, ed è normalmente
presente, in questo tipo di frasi, sui pronomi personali di prima
e seconda persona quando introdotti da verbi psicologici e cau-
sativi (Berretta, 2002; Iemmolo, 2010):

28) Italiano: a te, non ti sopporto più (Iemmolo, 2010).

Per gli scopi di questo lavoro, consideriamo solo l’AccPrep


in frasi a ordine SVO. In questo contesto sintattico, l’italiano
standard non marca in nessun caso l’OD, mentre lo spagnolo lo
marca quando questo assume i tratti [+ animato] e [+ specifico],
ovvero, prototipicamente, quando è un referente umano alta-
mente specificato (es. 29 e 30), come nel caso di un nome di
persona (es 29):

29) Spagnolo: busco a Jose;

30) Spagnolo: busco a la secretaria (Guijarro-Fuentes, 2011, p.


141).

Esistono casi in cui l’istanziarsi dell’AP è indice di sostan-


ziali differenze di significato, come in:

31) Spagnolo: busco a un amigo;

32) Spagnolo: busco un amigo.

In (31) l’oggetto è specifico ovvero, in questo caso, è un


amico già conosciuto in precedenza, mentre in (32) l’oggetto
non è specifico, dunque il soggetto di questa frase è alla ricerca
di una persona con cui instaurare una relazione di amicizia. In
spagnolo vi sono casi dubbi in cui l’istanziarsi dell’AccPrep
presenta livelli di opzionalità, come nel caso di sostantivi facen-
ti riferimento ad animali o in casi più particolari in cui la natura
dell’evento espresso dal verbo può regolare la presenza
74 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

dell’AccPrep. Per una discussione di questi casi, più rari e non


pertinenti al disegno sperimentale del nostro lavoro, rimandia-
mo a Montrul (2009) e a Guijarro-Fuentes (2011).
La relazione fra i valori di AccPrep fra italiano e spagnolo è
esemplificata in figura 3.1. Gli AI, per arrivare a un corretta
configurazione dei valori di questo parametro, devono restrin-
gerne la portata, disapprendendo a inserire l’AccPrep in pre-
senza di un OD animato e specifico in italiano; gli AS, invece,
devono espandere la configurazione dei valori della propria L1,
apprendendo a inserire l’AccPrep davanti a un OD animato e
specifico.

3.3. Articolo pre-aggettivo possessivo

Schmidt (1994, p. 181) nota che in spagnolo e in italiano il si-


stema dell’articolo presenta fenomeni sia di alta corrispondenza
sia di relativa differenza: a una diffusa congruenza formale del-
le forme singolari si oppongono quelle plurali, caratterizzate, in
italiano, da una maggiore allomorfia e da una minore trasparen-
za e coerenza interna. Inoltre, in italiano la presenza
dell’articolo è obbligatoria davanti agli aggettivi possessivi, a
esclusione di quando questi precedono un nome di famiglia sin-
singolare. In spagnolo, invece, l’aggettivo possessivo non è mai
preceduto da un determinatore. Si vedano i seguenti esempi:

33) Italiano: la mia macchina è rossa

34) Spagnolo: mi coche es rojo.

SP: +AccPrep // - AccPrep

IT: - AccPrep

Figura 3.1: relazione spagnolo superset – italiano subset per AccPrep.


III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 75

L’eccezionalità del comportamento dell’italiano in questo


contesto è da ascriversi al solo valore qualificativo assunto
dall’aggettivo possessivo, a differenza di quanto accade in spa-
gnolo, dove esso ricopre anche valenze specificative; per questo
motivo, gli aggettivi possessivi, come altri specificatori, non
devono essere preceduti dall’articolo (Korzen, 1996, p. 588;
Andorno, 2003). In Italiano solo nel caso dei nomi di parentela
singolari e non modificati l’aggettivo possessivo si comporta
pienamente come uno specificatore non richiedendo, quindi,
l’antecedenza di un articolo (es. 35):

35) Italiano: mia madre abita a Roma.

Questo comportamento è ascrivibile alla peculiarità della


classe dei nomi di parentela, intermedia tra nomi propri e nomi
comuni. Quando il nome di parentela è al singolare ed è prece-
duto dal possessivo c’è un’oscillazione verso il nome proprio
(“mia madre” = “Rossella”) data la piena determinazione e la
piena e univoca relazione di parentela fra il possessore e il pos-
seduto; in questo caso, come accade con i nomi propri di perso-
na, non è necessario l’uso dell’articolo. Quando, invece, il no-
me di parentela è al plurale, c’è una tendenza verso il nome
comune in cui non vengono soddisfatte pienamente né la de-
terminazione né l’univoca relazione di parentela e, quindi è ne-
cessario l’articolo (Penello, 2003). Dalla figura 3.2 notiamo
che, in merito alla configurazione dei parametri dell’articolo pre-
possessivo (ArtPre, d’ora innanzi), la configurazione dei valori
italiani è un superset di quelli spagnoli. Gli AS, per arrivare a

IT: +ArtPre // - ArtPre

SP: - ArtPre

Figura 3.2: relazione spagnolo subset – italiano superset per ArtPre.


76 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

un corretta configurazione dei valori di ArtPre, devono restrin-


gerne la portata, disapprendendo a inserirlo in spagnolo; gli AI,
invece, devono espandere la portata dei valori della propria L1,
apprendendo a inserire ArtPre in italiano.

3.4. Ipotesi e domande di ricerca

Numerosi studi descrittivi dedicati alle interlingue degli AI e


degli AS riportano che questi apprendenti hanno problemi nel
raggiungere un’adeguata configurazione dei valori di AccPrep e
ArtPre (cfr., inter alia, Schmidt 1994, p. 209; Bailini, 2016, pp.
69, 71, 100, 199; Zurlo, 2009, Morgana, Zaffaroni, 2010). An-
che in stadi acquisizionali avanzati sono stati notati numerosi
errori dovuti alla forte interferenza, in questi contesti, della L1.
Queste devianze originano frasi come:

36) Interlingua spagnolo-italiano: ho invitato a Carla alla festa;

37) Interlingua italiano-spagnolo: saluda tus amigos;

38) Interlingua italiano-spagnolo: el mi viaje;

39) Interlingua spagnolo-italiano: mia casa è in Spagna.

Le pur numerose ricerche sull’evoluzione delle interlingue


di AI e AS non ci danno dati abbastanza precisi sulla difficoltà
acquisizionale relativa di AccPrep e ArtPre. Nel presente stu-
dio, adottiamo la definizione di difficoltà (o complessità cogni-
tiva) proposta da Housen e colleghi (Housen, Simoens, 2016;
Bultè, Housen, 2014; Pallotti, 2009):

Cognitive complexity […] has to do with how costly, demanding, or dif-


ficult a given language feature is for a given language learner in a given
learning context, particularly in terms of the mental resources allocated
and cognitive mechanisms deployed in processing and internalizing the
feature (Housen, Simoens, 2016, p. 166).
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 77

Seguendo questa linea di pensiero, la difficoltà di un trat-


to di una L2 è una variabile dipendente dai seguenti tre fatto-
ri: 1) la complessità linguistica del tratto, misurata in base al
numero e alla varietà dei suoi componenti discreti, alle rela-
zioni da essi tenute con altri tratti adiacenti e alla sua salien-
za percettiva (Pallotti, 2015; Goldschneider, DeKeyser,
2001); 2) le condizioni e il contesto di acquisizione, ovvero
se il tratto è stato oggetto di un qualche tipo di FonF (e, in
questo caso, di quale tipo), se è stato acquisito in modo del
tutto implicito, se il discente lo impara in contesto di lingua
straniera o lingua seconda ecc; 3) fattori interni
all’apprendente quali la sua L1 e le relazioni che intercorro-
no con la L2, la motivazione all’apprendimento, la cono-
scenza di altre lingue e differenze interindividuali quali di-
verse capacità mnemoniche e attentive.
Per quanto riguarda AccPrep e ArtPre, consideriamo la
relazione fra la L1 e la L2 come la principale variabile in
grado di determinare la maggiore difficoltà di un tratto ri-
spetto all’altro. Entrambi mostrano, infatti, un livello di
complessità linguistica certamente molto simile: sono strut-
ture di esigua salienza percettiva, decisamente frequenti
nell’input della L2, con portata semantica molto scarsa (Art-
Pre) o mediamente scarsa (AccPrep) e con relazioni for-
ma/funzione tendenzialmente opache (cfr. Della Putta, 2015
per un’analisi puntuale di questi fattori). Inoltre, il trattamen-
to di FonF a loro dedicato è stato meticolosamente controlla-
to e il diverso contesto di apprendimento (gli AI in contesto
di lingua seconda e gli AS in contesto di lingua straniera, cfr.
cap. 4) si è dimostrato ininfluente nel determinare la maggior
complessità di un tratto rispetto all’altro (si veda il cap. 6 per
una discussione in merito). Anche le caratteristiche degli in-
formanti reclutati in questa ricerca sono molto omogenee
(cfr. cap. 4) e ci consentono di escludere differenze cognitive
interindividuali incisive. Sono, dunque, le relazioni parame-
triche asimmetriche che intercorrono fra italiano e spagnolo
in merito ad AccPrep e ArtPre ad essere la variabile chiave
nel determinare la maggiore difficoltà di una o dell’altra
78 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

struttura (DeKeyser, 2016). Formuliamo quindi le seguenti


ipotesi:

a) il disapprendimento di strutture di complessità simile è


più difficile del loro apprendimento;
b) per gli AI, disapprendere AccPrep è più difficile che
apprendere ArtPre;
c) per gli AS, disapprendere ArtPre è più difficile che ap-
prendere AccPrep.

Non possiamo invece proporre alcuna ipotesi sull’efficacia


differenziale del TE nel favorire l’acquisizione dei due tratti
oggetto di analisi. Come visto in precedenza (2.1.1), non è mai
stata testata l’utilità del TE nel favorire il disapprendimento e,
quindi, ci rifaremo ai dati per verificare se esso promuove in
egual modo l’apprendimento e il disapprendimento di Acc-
Prep e ArtPre. In merito, formuliamo le seguenti domande di
ricerca:

1. Il TE dimostra di promuovere, sulla base dei risultati


elicitati tramite test di giudizi di grammaticalità tempo-
rizzati, l’acquisizione delle strutture su cui esso è appli-
cato? In caso positivo, l’entità dell’effetto facilitante
diverge in base all’asimmetria apprendimento/disap-
prendimento?
2. Il TE dimostra di avere (anche) effetti sulla processa-
zione dei tratti oggetto di acquisizione, rallentando o
accellerando il tempo impiegato dagli informanti per
portare a termine i test di giudizi di grammaticalità? Ta-
li eventuali effetti divergono in base all’asimmetria ap-
prendimento/disapprendimento?
3. Gli effetti del TE sull’apprendimento e sul disapprendimen-
to di AccPrep e ArtPre in italiano e spagnolo confermano
l’ipotesi che solo nel caso del disapprendimento è necessa-
rio un intervento di FonF correttivo e che, invece, l’appren-
dimento può avvenire anche solo sulla base della prova po-
sitiva portata dall’input all’apprendente (cfr. 2.2.2)?
III. Dallo spagnolo all’italiano e viceversa 79

4. I dati elicitati in condizione pre-trattamento confermano


le ipotesi formulate in precedenza in questo paragrafo?

Nel prossimo capitolo verrà presentata la metodologia adottata


per rispondere alle domande di ricerca.
Capitolo IV

Metodologia dello studio

4.1. Coordinate generali della ricerca

Lo studio adotta un approccio quantitativo usando un disegno


quasi sperimentale comprensivo di pre-test, trattamento, post-
test e delayed post-test e può essere annoverato fra i classroom
studies, ovvero fra quelle ricerche che, situate nel contesto natu-
rale della classe di lingua, verificano empiricamente il valore
pedagogico di determinate scelte didattiche. Nel nostro caso la
misura è linguistica: intendiamo accertare se la tecnica di FonF
oggetto di indagine, il TE, è in grado di favorire l’appren-
dimento e il disapprendimento di AccPrep e di ArtPre nella
coppia linguistica italiano/spagnolo e se l’eventuale influenza
riscontrata è duratura nel tempo, un indice del fatto che
l’intervento didattico ha innescato un processo realmente acqui-
sizionale e non di solo accumulo temporaneo di conoscenze.
Per verificare se l’insegnamento ha favorito l’acquisizione di un
fenomeno linguistico, si è oggi concordi sulla necessità di appu-
rare che gli apprendenti ne abbiano sviluppato una conoscenza
implicita – e non solo esplicita –, ovvero una rappresentazione
mentale stabile, tendenzialmente inconscia, automatica, duratu-
ra e cognitivamente poco dispendiosa dell’aspetto della L2 og-
getto di istruzione (R. Ellis, 2005; Bowles, 2011; Whong, Gil,
Marsden, 2014). Citando Whong et al. (2014, p. 556): «we
would argue that the best way to demonstrate the effectiveness
of instruction is if learners can be shown to have implicit
knowledge of the linguistic phenomenon under study, and not

81
82 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

just explicit knowledge». Secondo R. Ellis (2005), una ricerca


che intende elicitare dati in merito alla conoscenza implicita di
un fenomeno linguistico deve seguire i seguenti accorgimenti:
i) gli informanti, durante lo svolgimento dei test, devono fare ri-
ferimento alle loro intuizioni, ovvero alle loro “sensazioni lin-
guistiche”: «their intuition (i.e. feel)» (Gutíerrez, 2013, p. 425);
durante un compito che intende misurare le conoscenze esplici-
te, invece, gli informanti devono poter avere accesso alla cono-
scenza metalinguistica; ii) i test che impongono dei limiti di
tempo allo svolgimento del task sperimentale tendono a verifi-
care le conoscenze implicite, mentre i test che non impongono
limiti di tempo danno accesso alle conoscenze metalinguistiche;
iii) se il test prevede un lavoro principalmente sul significato
(come durante un compito di lettura o di parlato spontaneo),
verrà verificata la conoscenza implicita del fenomeno, mentre
se il test prevede un lavoro sulla forma (come in esercizi gram-
maticali) viene fatto maggior riferimento alle conoscenze espli-
cite. Per far fede a questi principi e per mantenere saldi gli
obiettivi della nostra ricerca, sono stati adottati alcuni accorgi-
menti metodologici generali. In primo luogo, sono state control-
late quanto più possibile le variabili del processo pedagogico in
atto e, in particolar modo, la natura dell’intervento didattico, as-
sicurandosi la sua coerenza con le domande di ricerca (cfr. 3.4).
Il TE è stato, infatti, l’unico trattamento applicato ad AccPrep e
ad ArtPre. In secondo luogo, abbiamo sottoposto gli informanti
a test di giudizi di grammaticalità temporizzati di brevi frasi ita-
liane (per gli ispanofoni) e spagnole (per gli italofoni). Abbia-
mo optato per questo tipo di prove per minimizzare quanto più
possibile il ricorso a eventuali competenze metalinguistiche: il
breve tempo loro concesso (6 secondi) durante i test minimizza
la possibilità di ragionare coscientemente sulla correttezza o
sulla scorrettezza delle frasi oggetto di giudizio, spingendo i di-
scenti a rispondere in modo istintivo. Inoltre, questo tipo di test
ci ha permesso di ottenere due ordini di variabili dipendenti: la
correttezza dei giudizi di grammaticalità (variabile linguistica) e
i tempi di reazione impiegati per giudicare le frasi (variabile
mentale). La prima variabile rende conto dei risultati del tratta-
IV. Metodologia dello studio 83

mento in termini di competenza, mentre i tempi di reazione


danno indizi sulla difficoltà di processazione degli item speri-
mentali, dunque sulla quantità di risorse mentali necessarie per
portare a termine il compito. Infine, nel disegno sperimentale è
stato incluso un delayed post test, somministrato a circa quattro
mesi dall’inizio dello studio della L2. Questo concorre, assieme
agli altri accorgimenti presi, ad accertare la stabilità
nell’interlingua delle configurazioni parametriche di AccPrep e
ArtPrep, uno dei criteri diagnostici di un’acquisita competenza
implicita delle strutture oggetto di studio (Whong et al., 2014).

4.2. Gli informanti

I soggetti reclutati sono 68 studenti ispanofoni di italiano resi-


denti in Italia (a cui faremo riferimento usando l’acronimo AI)
e 57 studenti italofoni di spagnolo residenti in Italia (AS). Oltre
ai dati su questi soggetti, riportiamo anche, in questo paragrafo,
alcune informazioni sugli insegnanti coinvolti nella ricerca.

4.2.1. Gli studenti ispanofoni di italiano

I 68 AI partecipanti al nostro studio sono giovani (età media


21.4) studenti ispanofoni in mobilità in Italia, la cui nazionalità
è così suddivisa: 62 spagnoli, 2 argentini, 2 colombiani, 1 mes-
sicano e 1 cileno. Il campione è, dunque, altamente omogeneo
per quanto concerne la variazione diatopica dell’uso di AccPrep
(Balasch, 2014). Tutti gli informanti permangono in Italia per
un periodo che varia dai sei ai diciotto mesi. I criteri inclusivi a
cui i 68 AS rispondono sono:

a) essere monolingui nativi e, in particolare per gli infor-


manti provenienti dalla Spagna, non essere bilingui
spagnolo/catalano perché quest’ultima lingua prevede,
come l’italiano, la presenza di ArtPre (Arroyo, Tricker,
2000);
84 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

b) essere studenti principianti di italiano come da test


d’ingresso dei corsi frequentati;
c) nessuna istruzione formale in italiano prima di arrivare in
Italia. Una volta in Italia, periodo di studio formale di
circa due mesi prima dell’inizio della sperimentazione;
d) i due mesi di istruzione formale a inizio sperimentazio-
ne sono stati erogati da un insegnante partecipante alla
sperimentazione e all’interno della stessa classe;
e) gli studenti sono residenti nel nord Italia, dunque non
esposti a varietà diatopiche di italiano in cui AccPrep si
può trovare anche in contesti sintattici SVO (cfr. 3.4);
f) non avere legami di parentela o di relazioni personali
strette con italiani (ad esempio, non avere un partner
italofono).

Per quanto possibile, sono stati reclutati studenti non iscritti a


corsi di laurea in lingue, lettere e linguistica per evitare di avere
soggetti avvezzi allo studio formale del linguaggio. Inoltre, nes-
sun informante studia lingua o letteratura italiana come materia
curriculare. Le lingue straniere conosciute dagli AI sono1: inglese
(conosciuto bene o discretamente da 64 soggetti); tedesco (cono-
sciuto a livello elementare o discreto da quattro soggetti); cinese
(parlato a livello elementare da una persona); svedese (parlato a
livello buono da un informante); russo (conosciuto discretamente
da due persone). I 68 soggetti seguono corsi di lingua italiana
della durata di 60 ore erogati da tre università del nord Italia;
l’estensione dei corsi è di tre mesi. Va sottolineato che la mortali-
tà dei partecipanti è stata alta: a inizio sperimentazione erano stati
individuati 102 soggetti, mentre a conclusione del lavoro ne sono
rimasti solo 68. Sono stati infatti esclusi gli studenti che: 1) non
hanno partecipato a tutte le lezioni in cui è stato somministrato il
trattamento; 2) hanno seguito meno del 75% dei corsi; 3) non si
sono presentati a uno dei momenti di raccolta dati. Tutti gli stu-
denti hanno partecipato volontariamente allo studio.

1
Questi dati sono stati raccolti mediante la somministrazione di un questionario
biografico e linguistico a tutti gli informanti prima del loro reclutamento.
IV. Metodologia dello studio 85

4.2.2. Gli studenti italofoni di spagnolo

I 57 AS partecipanti allo studio sono giovani (età media 28.2)


studenti italofoni di lingua spagnola iscritti a due università del
nord Italia e ivi residenti. Nessuno degli informanti dichiara di
parlare un dialetto italiano centromeridionale in cui la presenza
di AccPrep è diffusa in frasi SVO. In ogni caso, 47 AS sono na-
ti e cresciuti nel nord Italia e questo dato conferma ulteriormen-
te che non sono esposti o che non usano con regolarità un dia-
letto o una varietà d’italiano regionale centromeridionale. Oltre
a quanto appena delineato, i criteri inclusivi dei 57 AS sono:

a) essere parlanti italiani monolingue nativi;


b) essere studenti principianti di spagnolo come da valuta-
zione dei test di ingresso delle due università;
c) nessuna istruzione formale in spagnolo prima
dell’inizio del corsi universitari. Periodo di studio for-
male di circa due mesi prima dell’inizio della sperimen-
tazione;
d) i due mesi di istruzione formale a inizio sperimentazio-
ne sono stati erogati da un insegnante partecipante alla
sperimentazione e all’interno della stessa classe;
e) non avere legami di parentela o di relazioni personali
strette con ispanofoni (ad esempio, non avere un partner
ispanofono).

Sono stati reclutati studenti iscritti a varie facoltà, fra cui 22


soggetti frequentanti corsi di laurea in mediazione culturale, let-
tere e lingue e letterature straniere. Otto di questi 22 soggetti
avevano già sostenuto, al momento del reclutamento, un esame
di linguistica generale o di glottologia. Nessuno di loro, però, è
uno studente specialista di lingua, linguistica o letteratura spa-
gnola, il che esclude lo studio mirato, ancorché eventualmente
teorico, della grammatica spagnola. Le lingue straniere cono-
sciute dagli AS sono: inglese (conosciuto bene o discretamente
da tutti i soggetti); tedesco (conosciuto a livello elementare o
discreto da sei soggetti); francese (parlato a buon livello da sei
86 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

persone). Nove soggetti sono studenti di lingue orientali (cinese


e giapponese) ma, al momento del loro reclutamento, avevano
iniziato da poche settimane lo studio di questi idiomi. I 57 sog-
getti seguono corsi di lingua italiana della durata di 50 o 60 ore
con un’estensione di quattro mesi. A inizio studio sono stati in-
dividuati 68 informanti, ma 11 sono stati esclusi durante la ri-
cerca. Questi studenti non hanno infatti rispettato i seguenti cri-
teri: 1) partecipare a tutte le lezioni in cui è stato somministrato
il trattamento; 2) seguire almeno del 75% dei corsi; 3) presen-
tarsi a tutti i momenti di raccolta dati. Tutti gli studenti hanno
partecipato volontariamente allo studio.

4.2.3. Gli insegnanti coinvolti

A differenza degli informanti, completamente all’oscuro dei


nostri obiettivi sperimentali, gli insegnanti coinvolti sono stati
informati da chi scrive sulle finalità e sulle modalità della ricer-
ca. Gli AI hanno seguito corsi tenuti da cinque docenti con una
lunga esperienza nell’insegnamento dell’italiano L2 (fra cui è
incluso il ricercatore), mentre gli AS hanno avuto tre insegnanti
spagnoli con esperienza almeno quinquennale di insegnamento
in Italia. I docenti hanno seguito un sillabo nozional-funzionale
che include strutture grammaticali, lessico e funzioni comunica-
tive tipicamente presentate ed esercitate nei primi mesi di un
corso per studenti principianti parlanti una L1 simile alla L2.
Tutti loro hanno acconsentito a non correggere e a non presen-
tare esplicitamente le regole che sottendono il corretto uso di
ArtPre e di AccPrep in italiano e spagnolo. Inoltre, gli inse-
gnanti hanno concordato con il ricercatore di non usare, né in
classe né come assegnazioni domestiche2, le parti dei libri di te-
sto e/o dei materiali eventualmente utilizzati in cui sono spiega-
te o esercitate le strutture oggetto di sperimentazione. L’input a
cui naturalmente gli informanti sono esposti (il parlato del do-

2
Gli AI sono distribuiti su cinque classi e gli AS su quattro. In sei classi su nove
sono stati adottati dei libri di testo, mentre nelle restanti tre gli insegnanti hanno optato
per materiali fotocopiati.
IV. Metodologia dello studio 87

cente, i testi orali delle attività di ascolto e i testi scritti) non è


mai stato modificato: vi (non) compaiono in modo naturale,
quindi, AccPrep e ArtPre.

4.3. Il trattamento didattico e i materiali usati

Il trattamento didattico consiste nella lettura di cinque brani e


nella risposta delle relative domande di comprensione durante la
normale attività di classe. I testi, scritti prima in italiano e poi
tradotti in spagnolo, sono stati manipolati tramite TE su AccPrep
e su ArtPre. La manipolazione dei brani è stata operativizzata nei
seguenti modi: la prova positiva portata dalla presenza
dell’articolo pre-possessivo (nei testi in italiano per gli AI) e
dell’accusativo preposizionale (nei testi in spagnolo per gli AS) è
stata resa percettivamente più saliente tramite il colore rosso e il
grassetto; la prova negativa indiretta fornita dall’assenza di Acc-
Prep (nei testi in italiano per gli AI) e di ArtPre (nei testi in spa-
gnolo per gli AS) è stata resa più evidente tramite la collocazione
di una freccia in grassetto e di colore rosso sotto la posizione
vuota in italiano e spagnolo, posizione che, nelle L1 dei parlanti,
è occupata rispettivamente o da un articolo, nel caso degli AS, o
dalla preposizione a, nel caso degli AI. Le tabelle 4.1 e 4.2
esemplificano queste manipolazioni, ma non riportano il colore
rosso. Gli informanti sono stati divisi in due gruppi. Per quanto
riguarda gli AI, il gruppo A (n = 35) ha letto i testi trattati su Ac-
cPrep, mentre il gruppo B (n = 33) ha letto i test trattati su Art-
Pre. Fra gli AS, il gruppo A (n = 27) ha letto i brani trattati su
AccPrep e il gruppo B (n = 30) i brani trattati su ArtPre.
Tabella 4.1: manipolazioni su AccPrep e ArtPre per gli AI.
AccPrep ArtPre

Dopo pranzo saluto Franco, il mio Dopo pranzo saluto Franco, il mio
ragazzo. Lui è uno sportivo: la do- ragazzo. Lui è uno sportivo: la do-
menica chiama Marco e, insieme, menica chiama gli Marco e, insieme,
vanno in bicicletta. Il mio pomerig- vanno in bicicletta. Il mio pomerig-
gio, invece, è davanti alla televisio- gio, invece, è davanti alla televisione
ne […] […]
88 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Tabella 4.2: manipolazioni su AccPrep e ArtPre per gli AS.


AccPrep ArtPre

Después de comer me despido de Después de comer me despido de


Franco, mi novio; a él le gusta el Franco, mi novio; a él le gusta el de-
deporte y los domingos llama a porte y los domingos llama a Fabio,
Marco, un amigo suyo, para ir jun- un amigo suyo, para ir juntos en
tos en bici. Mi tarde, en cambio, bici. Mi tarde, en cambio, transcurre
transcurre delante de la televisión. delante de la televisión. [...]
[...]

Un gruppo funge, dunque, da controllo dell’altro; inoltre,


questo design ci permette di essere certi del fatto che tutti gli
apprendenti siano stati esposti alla stessa quantità di input ma-
nipolato e che abbiano letto testi identici la cui unica differenza
è, appunto, il fenomeno trattato. In un lasso di tempo variabile
fra i dieci giorni e le due settimane, e in cinque lezioni in suc-
cessione, gli informanti hanno lavorato sui cinque testi: è stato
loro chiesto di leggerli individualmente e di rispondere alle do-
mande di comprensione indicate alla fine di ogni brano. In se-
guito, le risposte sono state corrette in plenum assieme
all’insegnante. Questo lavoro ha richiesto circa 30 minuti, per
un totale indicativo di 120 minuti di trattamento, una quantità di
esposizione all’input manipolato molto alta se paragonata agli
studi sul TE analizzati da Simard (2009), Han et al. (2008) e da
Huang e Lee (2008). La lunghezza media dei testi per gli AI e
gli AS è, rispettivamente, di 427 e 449 parole. Nei brani per gli
AI sono state praticate, in media, 10,4 evidenziazioni per Acc-
Prep e 10 per ArtPre; nei brani per gli AS, invece, la media de-
gli interventi di TE è stata di 9,5 per AccPrep e 10,2 per ArtPre.
La lettura in sequenza di così tanti testi è stata motivata gra-
zie alla forte necessità di migliorare la comprensione della scrit-
tura, anche in luce dei futuri impegni universitari. I testi ideati
per il nostro studio non presentano aspetti grammaticali scono-
sciuti agli informanti. Questa scelta ha trovato fondamento sia
nel sillabo seguito dagli insegnanti durante i due mesi di lezione
precedenti alla sperimentazione, sia in considerazioni di base
contrastiva italiano/spagnolo: gli elementi morfosintattici pre-
IV. Metodologia dello studio 89

senti nei testi sono stati oggetto di insegnamento in classe e di


esposizione durante le lezioni; nei casi in cui essi non siano stati
trattati esplicitamente dagli insegnanti (come, ad esempio, per
l’imperfetto), esiste comunque un forte parallelo formale e fun-
zionale fra le due lingue che ne permette la comprensione (Ro-
si, 2009, pp. 35-40). Il sistema dell’articolo, presente nella sua
più integra naturalezza, non è stato oggetto di studio né di eser-
citazione di classe, ma la sua trasparenza funzionale e formale è
molto alta fra le due lingue (cfr. Schmid, 1994) e con portata
comunicativa molto bassa, così che il suo mancato studio non
può essere ritenuto responsabile di incomprensione testuale.
Dal punto di vista lessicale, abbiamo optato per testi semplici e
con un alto livello di trasparenza, scegliendo campi semantici
esercitati e studiati durante le attività di classe e, comunque,
molto accessibili per gli AI e gli AS: il tempo libero, le vacan-
ze, le abitudini alimentari e l’esperienza di vita e di studio
all’estero. I brani sono stati dunque ideati sfruttando l’inter-
comprensione generata dalla somiglianza lessicale dei due si-
stemi linguistici (cfr. 4.5) e non introducendo elementi gram-
maticali sconosciuti dagli informanti. Il lettore ne può trovare
un esempio completo in appendice 2.

4.4. Tecniche e modalità di elicitazione dei dati

Come visto in precedenza, questo studio usa, come task speri-


mentale, i giudizi di grammaticalità temporizzati (on-line tem-
porized grammatical judgement task, Jiang, 2012, p. 214), che
verificano la sensibilità degli informanti agli errori morfosintat-
tici presenti in frasi stimolo e registrano il tempo impiegato per
il loro eventuale riconoscimento. I giudizi di grammaticalità so-
no una tecnica sperimentale ampiamente usata dalla linguistica
acquisizionale: sono utili per misurare le competenze linguisti-
che degli apprendenti di una L2, in particolare negli ambiti del-
la morfologia e della sintassi. All’apprendente viene chiesto di
dare un giudizio sulla forma di una frase indicando se, a sua
opinione, in quella frase ci sono errori o no (Gutíerrez, 2013).
90 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

In seguito all’assegnazione del giudizio, il ricercatore può ri-


chiedere che l’errore venga indicato, corretto o spiegato in ter-
mini metalinguistici (N. Ellis, 2004). Tuttavia, nel caso in cui lo
studioso non sia interessato a verificare le competenze esplicite
degli apprendenti, egli potrà limitare il compito al solo ricono-
scimento dell’errore (N. Ellis, 1994; Loewen, 2009). Inoltre, se
i fini sperimentali sono quelli di cercare di verificare la cono-
scienza implicita di un fenomeno, è bene dare dei limiti tempo-
rali ai giudizi di grammaticalità, così da esercitare una pressio-
ne contestuale simile a quella in atto durante l’uso spontaneo
della lingua in una conversazione: in questo modo viene impe-
dito il ricorso a conoscenze linguistiche esplicite. Secondo nu-
merosi autori (Bialystok, 1979; Hulstijn, 2002; N. Ellis, 2004;
Bowles, 2011; Gutíerrez, 2013), infatti, questo modo di proce-
dere dà garanzia al ricercatore che i soggetti abbiano avuto
tempo di fare esclusivo ricorso alla conoscenza implicita, senza
poter recuperare informazioni esplicite sul fenomeno linguistico
in analisi. I giudizi di grammaticalità temporizzati, dunque, so-
no la scelta elettiva fatta da numerosi ricercatori «in order to
minimize the influence of explicit knowledge» (Jiang, 2012, p.
209) e per cercare di scindere, nel disegno sperimentale, le ri-
sposte date dagli informanti sulla base delle loro intuizioni da
quelle date sulla base di un ragionamento metalinguistico.

4.4.1. La temporizzazione

I tempi di reazione sono un indice abbastanza affidabile della


quantità di risorse mentali utilizzate dall’apprendente per ri-
spondere ad uno stimolo linguistico:

The use of RT data is based on the premise that cognitive processes


take time and by observing how long it takes individuals to respond to
different stimuli or perform a task in different conditions, we can infer
about the cognitive processes or mechanisms involved in language
processing (Jiang, 2012, p. 2).

Allo stato attuale della ricerca, non è stata ancora validata una
IV. Metodologia dello studio 91

procedura standard per una corretta implementazione della va-


riabile “tempo a disposizione per i giudizi di grammaticalità”
(Loewen, 2009; Jiang, 2012, p. 67-68). Il lasso di tempo, calco-
lato in millisecondi (ms.), varia da 2000 ms. a 10000 ms. e non
vi è reale consenso su quale sia il limite esatto da fissare in base
alla natura dei fenomeni da giudicare (Bialystock, 1979; Man-
dell, 1999; Gutíerrez, 2013). Date le tendenze dei precedenti
studi e data la vicinanza linguistica fra L1 e L2 considerata nel
nostro studio, abbiamo optato per un tetto temporale legger-
mente superiore alla media dell’intervallo sopra citato: 6000
ms. Richiamiamo all’attenzione del lettore il fatto che i nostri
informanti non hanno avuto accesso a informazioni metalingui-
stiche riguardanti AccPrep e ArtPre. A differenza di altri studi
(per esempio Loewen, 2009; Bowles, 2011; Gutíerrez, 2013 e
Han, 2000), le informazioni metalinguistiche a cui i nostri ap-
prendenti possono far riferimento durante i giudizi di gramma-
ticalità sono tendenzialmente nulle dato che, come visto in 4.3,
l’unico trattamento didattico sui due tratti di nostro interesse è
stato quello del TE, in grado solo di attrarre l’attenzione seletti-
va e non foriero di spiegazioni esplicite. Vi è, ovviamente, un
margine di incertezza, a questa affermazione: gli informanti
possono aver studiato da soli e, quindi, aver acquisito con mez-
zi propri informazioni metalinguistiche su AccPrep e ArtPre.
Questa possibilità ci appare comunque alquanto remota dato il
tipo di studenti e le finalità per cui apprendono l’italiano e lo
spagnolo. Dal campione di dati analizzabili sono stati esclusi i
giudizi di grammaticalità dati in un tempo inferiore ai 750 ms.
(Jiang, 2012) e quelli di valore superiore o inferiore alla media
del gruppo di 2,5 deviazioni standard. In questo modo, i dati a
nostra disposizione presentano un’esigua variazione interna e
non sono frutto di distrazione, stanchezza o tentativi casuali
(cfr. Jiang, 2012, cap. 2 e Bley-Vroman, Masterson, 1989). Sul-
la base di questi criteri, comunque, sono state escluse soltanto
tre risposte date dagli AS.
Useremo i tempi di reazione come variabile dipendente indi-
cativa del diverso livello di attenzione selettiva necessario agli
informanti per arrivare a dare un giudizio di grammaticalità.
92 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Data la mancanza di informazioni metalinguistiche su AccPrep


e ArtPre e dato il richiamo attentivo potenzialmente favorito dal
TE, a un maggiore tempo impiegato nel giudicare una frase
stimolo corrisponde un maggiore tempo impiegato per ricerca-
re, all’interno della frase, un eventuale errore, dunque un mag-
giore ammontare di risorse attentive (e non di consapevolezza
metalinguistica) focalizzate sulla forma dell’item scrutinato. Gli
AI e gli AS partono, come abbiamo visto in precedenza (3.1),
da un’ipotesi di forte congruenza fra le regole delle L1 e delle
L2. Se non verrà notata la presenza di un errore in una frase
stimolo scorretta, ovvero se, per giudicarla, verrà fatto esclusivo
riferimento al modello della L1, i tempi di reazione saranno più
veloci rispetto a quando, invece, l’errore verrà notato. Se
l’apprendente non avrà ancora ristrutturato la sua interlingua e
modificato i modelli di processazione della L1 sulla base delle
proprietà della L2, le frasi stimolo scorrette presentate durante i
test saranno ritenute coerenti con la rappresentazione che il
soggetto ne ha in quel momento: nessun elemento turberà lo
schema mentale dell’informante che, senza esitazione, giudi-
cherà gli stimoli. Se, invece, il discente riuscirà a percepire, nel-
la frase stimolo errata, la presenza di un elemento di disconti-
nuità in grado di “turbare” lo schema mentale fondato sulla L1,
egli si soffermerà più a lungo per processare e valutare la cor-
rettezza di quella nuova configurazione sintattica. I tempi di
reazione fungeranno quindi come seconda variabile dipendente
e saranno complementari ai giudizi di grammaticalità.

4.4.2. Procedure di elicitazione dati

I test si sono svolti come segue. I soggetti sono stati fatti sedere
davanti a uno schermo di un computer portatile di 15 pollici su
cui apparivano in sequenza sessanta frasi italiane (per gli AI) o
spagnole (per gli AS) scritte in bianco su sfondo nero. Le frasi
permanevano sullo schermo per sei secondi, intervallate da una
pausa di due secondi. Ogni dieci frasi l’informante aveva a di-
sposizione una pausa più lunga che poteva essere protratta a
piacimento (self-paced test): questo per evitare un eccessivo
IV. Metodologia dello studio 93

stress e per aiutare la concentrazione. Ai soggetti è stato chiesto


di dare un giudizio di grammaticalità sulle frasi schiacciando
due pulsanti (Vero/Falso). Il programma DMDX (Jiang, 2012,
cap. 6) ha registrato sia i giudizi sia i RT impiegati per darli. Gli
item linguistici presentati agli informanti sono 60 frasi che rica-
dono in due categorie. Quaranta distrattori (fillers) suddivisi a
loro volta in 20 item corretti (scritti seguendo il modello della
L2) e in 20 item scorretti (scritti seguendo il modello della L1
contra il modello della L2)3. La lunghezza di questi stimoli va-
ria dalle quattro alle sei parole e non vi compaiono né AccPrep
né ArtPre. Gli item sperimentali sono, invece, 20 frasi italiane
per gli AI e 20 frasi spagnole per gli AS organizzate come de-
scritto in seguito.

Per gli AI:

a) cinque frasi con AccPrep4 corretto in italiano (L2) e


scorretto in spagnolo (L1), dunque senza la a pre OD
animato. Queste frasi sono chiamate –AccPrep, es.:
Marco ha conosciuto Silvia;
b) cinque frasi con AccPrep scorretto in italiano (L2) e
corretto in spagnolo (L1), dunque con la a pre OD ani-
mato. Queste frasi sono chiamate +AccPrep, es.: Aldo
conosce a Lucia;
c) cinque frasi con ArtPre corretto in italiano (L2) e scor-
retto in spagnolo (L1), dunque con l’articolo pre-
possessivo. Queste frasi sono chiamate +ArtPre, es: la
tua macchina è bella;
d) cinque frasi con ArtPre scorretto in italiano (L2) e cor-
retto in spagnolo (L1), dunque senza l’articolo pre-
possessivo. Queste frasi sono chiamate –ArtPre, es: tua

3
Le frasi stimolo per gli AI sono state scritte in italiano e, successivamente, sono
state fatte tradurre in spagnolo, trasformandole in frasi stimolo per gli AS. AI e AS
hanno dunque giudicato frasi identiche come lunghezza e contenuto.
4
Gli item sperimentali di AccPrep sono stati costruiti seguendo un criterio di proto-
tipicità. Gli OD di queste frasi sono, infatti, tutti nomi di persona o esseri umani con lo
stesso grado di animatezza e specificità del soggetto (Leonetti, 2008).
94 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

bicicletta è bianca.

Per gli AS:

e) cinque frasi con AccPrep corretto in spagnolo (L2) e


scorretto in italiano (L1), dunque con la a pre OD ani-
mato. Queste frasi sono chiamate +AccPrep, es: Aldo
conoce a Lucia;
f) cinque frasi con AccPrep scorretto in spagnolo (L2) e
corretto in italiano (L1), dunque senza la a pre OD
animato. Queste frasi sono chiamate –AccPrep, es: Ana
ha salutado Pablo;
g) cinque frasi con ArtPre corretto in spagnolo (L2) e
scorretto in italiano (L1), dunque senza l’articolo pre-
possessivo. Queste frasi sono chiamate –ArtPre, es: tu
bolso es nuevo;
h) cinque frasi con ArtPre scorretto in spagnolo (L2) e
corretto in italiano (L1), dunque con l’articolo pre-
possessivo. Queste frasi sono chiamate +ArtPre, es: el
mi coche es blanco.

In appendice 3 sono riportati gli item sperimentali usati. Le


frasi sono state manipolate nei tre diversi momenti di testing in
modo da mantenere alta omogeneità nelle tre rilevazioni ma, al-
lo stesso tempo, cercando di prevenirne un’eventuale memoriz-
zazione. I fillers sono il doppio degli item sperimentali, la pro-
porzione minima secondo molti autori (si veda Jiang 2012, cap.
2) per far sì che gli informanti non capiscano quali sono i tratti
linguistici oggetto della sperimentazione. La somministrazione
dei test è stata sempre preceduta da una spiegazione orale e in-
formatica delle procedure e da una breve prova del funziona-
mento del programma. Seguendo il protocollo di Gutíerrez
(2013), a ogni giudizio di grammaticalità corretto è stato asse-
gnato un punto mentre zero punti sono stati assegnati a ogni
giudizio scorretto. Ogni informante può, quindi, totalizzare da
un minimo di 0 a un massimo di 5 punti per ogni valore di un
parametro. I tre test di giudizi di grammaticalità sono stati
IV. Metodologia dello studio 95

somministrati prima del trattamento (pre-test), una settimana


(post-test) e due mesi dopo la sua fine (delayed post-test). Inol-
tre, agli insegnanti è stato chiesto di registrare, su un apposita
scheda (tabella 4.1), l’eventuale reazione degli studenti (stu-
dents’ uptake) al TE di AccPrep e ArtPre. Questi rilievi sono
stati fatti immediatamente dopo la fine delle lezioni in cui sono
stati letti i testi.

Tabella 4.1: tipo di richiesta di spiegazione.


Numero Tipo di spiegazione richiesta Domanda prototipo fatta dallo
della ri- studente
chiesta
1 Richiesta di spiegazione me- Durante l’attività o subito dopo,
talinguistica in plenum in classe con gli altri studenti:
“Perché c’è l’articolo davanti a
“mio, tuo” etc.?”
2 Richiesta di spiegazione me- Solo con l’insegnante (via mail
talinguistica in privato o alla fine della lezione): “Per-
ché c’è l’articolo davanti a
“mio, tuo” etc.?”
3 Richiesta di spiegazione sul Durante l’attività o subito dopo,
mezzo e non sulla lingua in in classe con gli altri studenti:
plenum “Perché c’è questa freccia?” //
“Perché queste parole sono co-
lorate?”
4 Richiesta di spiegazione sul Solo con l’insegnante (via mail
mezzo e non sulla lingua in o alla fine della lezione): “Per-
privato ché c’è questa freccia?” // “Per-
ché queste parole sono colora-
te?”
5 Richiesta di conferma di una Durante l’attività o subito dopo,
regola/ipotesi sul funziona- in classe con gli altri studenti:
mento dei tratti evidenziati in “In italiano non si deve mettere
plenum la a davanti al nome, vero?”
6 Richiesta di conferma di una Solo con l’insegnante (via mail
regola/ipotesi sul funziona- o alla fine della lezione): “In ita-
mento dei tratti evidenziati in liano non si deve mettere la a
privato davanti al nome, vero?”

Abbiamo registrato e analizzato le domande fatte dagli stu-


denti per verificare se il trattamento dell’input promuova una
richiesta di chiarificazione del fenomeno evidenziato e quali ti-
96 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

po di informazioni essa richieda. Abbiamo quindi classificato e


motivato nei seguenti modi i prototipi di domande raccolte in
tabella 4.1:

a) domande di richiesta di chiarimento di un’ipotesi già


formulata (5 e 6): possono significare che il trattamento
attentivo ha innescato un meccanismo di understanding
(Schmidt, 2001, 2010 e cfr. 1.4) e che lo studente sta
già sviluppando autonomamente delle ipotesi sul fun-
zionamento di quanto notato;
b) richieste di spiegazioni metalinguistiche (3 e 4): indica-
no che lo studente ha notato il trattamento dell’input,
ma non ha ancora formato un’ipotesi di funzionamento
del fenomeno trattato. Il TE ha spinto lo studente a
chiedersi quale sia la regola che soggiace agli aspetti
linguistici evidenziati;
c) richieste di spiegazione sul mezzo e non sulla lingua (1
e 2): lo studente ha notato la presenza di un richiamo at-
tentivo, ma non ha ne ha capito il legame con l’aspetto
linguistico. Il TE, infatti (si vedano Lee & Huang,
2008; Han et al., 2008), può essere notato di per sé, ov-
vero come pura manipolazione visiva, e non essere
connesso a un fenomeno linguistico.

Un altro distinguo è stato pensato sulla base della modalità


della richiesta: in plenum (1, 3 e 5) o in privato (2, 4 e 6). Una
domanda fatta in plenum durante la lettura dei testi o durante la
correzione degli esercizi di comprensione avrebbe potuto fun-
gere da ulteriore catalizzatore attentivo sui fenomeni in oggetto
e, quindi, far eventualmente scaturire curiosità o interessi meta-
linguistici negli altri studenti; una domanda in privato, invece,
non favorisce la stessa curiosità all’interno del gruppo classe.
Agli insegnanti è stato dunque chiesto di annotare sulla scheda
loro consegnata quale tipo di domanda è stata fatta, da chi e in
quale momento della lezione.
Capitolo V

Analisi e interpretazione dei dati

5.1. Organizzazione dell’analisi e distribuzione statistica dei


dati

Per agevolare la lettura dell’analisi della mole di dati che uno


studio di questo genere produce, illustriamo la logica secondo
cui opereremo in questo capitolo. Innanzitutto, seguiremo
l’ordine delle domande di ricerca esposte nel paragrafo 3.6: ri-
chiameremo di volta in volta i quesiti che guidano il lavoro e
analizzeremo i dati necessari per darvi risposta. Passeremo in
rassegna sempre prima il caso degli apprendenti di italiano (AI)
per poi passare agli apprendenti di spagnolo (AS); comparere-
mo poi i risultati per evidenziare somiglianze e/o discrepanze
fra i due gruppi di discenti. Dopo aver concluso l’osservazione
dei dati quantitativi necessari per rispondere alle quattro do-
mande di ricerca, dedicheremo un paragrafo alla presentazione
dei dati qualitativi, ovvero le richieste di spiegazione in merito
al trattamento registrate dagli insegnanti durante l’attività di
classe (cfr. Par. 4.4.2.). Quest’ultimo ordine di dati, ancorché
non strettamente necessario per i nostri fini, è utile per descrive-
re le reazioni degli studenti (students’ uptakes) all’intervento
didattico oggetto di analisi. Anche in questo caso, tratteremo
prima le reazioni degli AI e dopo quelle degli AS, per poi met-
terle a confronto.
Per testare la normalità della distribuzione dei dati abbiamo
usato il test di Shapiro–Wilk, gli indici di Curtosi e i grafici Q-
Q (Barbanelli, 2007, pp. 94-95). Com’è noto (Larson-Hall,

97
98 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

2009, p. 80), non esiste un criterio diagnostico unico e comple-


tamente affidabile per scrutinare la distribuzione dei dati. Ab-
biamo dunque deciso di affidarci alle tre diagnostiche di cui so-
pra per avere un quadro esaustivo, valido sia per i giudizi di
grammaticalità, che presentano un intervallo a misure discrete
molto ridotto (da 0 a 5 punti, cfr. 4.4.2.), sia per i tempi di rea-
zione che, invece, sono distribuiti in un intervallo molto più
ampio (da 0 a 6000 millisecondi). Per motivi di spazio non ri-
portiamo tutte queste analisi, ma rimandiamo il lettore interes-
sato alla loro lettura a Della Putta 2015 (pp. 127-147). Sia i
giudizi di grammaticalità sia i tempi di reazione sono distribuiti
in modo normale in almeno due delle tre diagnostiche scelte:
pare quindi pacifico poter analizzare i dati usando statistiche
parametriche, certamente più forti e duttili in disegni sperimen-
tali come il nostro rispetto alle loro controparti non parametri-
che (Larson-Hall, 2009, cap. 3)1. La misura statistica elettiva di
questo studio è l’ANOVA a modello fattoriale misto, in cui la
variabile indipendente entro i soggetti – ovvero comune a tutti i
partecipanti – è il tempo trascorso fra il pre-test e il delayed
post-test (circa 70 giorni). Come visto in precedenza (Par. 4.3),
in questo lasso di tempo gli informanti hanno seguito i corsi di
lingua e sono stati esposti all’input della L2, fattori che potreb-
bero aver indirettamente influito sullo sviluppo di AccPrep e
ArtPre. La variabile indipendente tra i soggetti – ovvero diversa
fra i partecipanti – è il trattamento didattico, che è stato sommi-
nistrato alternativamente ai gruppi in cui gli studenti sono stati
divisi (cfr. 4.3). L’ANOVA a modello fattoriale misto permette
di apprezzare l’effetto di queste due variabili sull’andamento
dei giudizi di grammaticalità e dei tempi di reazione nel corso
della sperimentazione e, eventualmente, di trovare un’intera-
zione fra il tempo e il trattamento, mostrando, in questo caso,
che il TE ha un effetto sull’andamento delle variabili dipendenti
duraturo nel tempo e non meramente transitorio. Verranno usate

1
Si veda, però, Norman (2010) secondo il quale i risultati di statistiche parametri-
che possono essere considerati validi anche quando i dati non sono distribuiti normal-
mente.
V. Analisi e interpretazione dei dati 99

altre misure statistiche fra cui l’ANOVA a una via per parago-
nare le differenze tra i gruppi delle variabili dipendenti e
l’ANOVA a misure ripetute entro i soggetti per quantificare le
variazioni delle variabili dipendenti fra i tre momenti di testing
a cui gli appartenenti a un gruppo sono stati sottoposti.

5.2. Prima domanda di ricerca

Il TE dimostra di promuovere, sulla base dei risultati elicitati


tramite test di giudizi di grammaticalità temporizzati, l’acqu-
isizione delle strutture su cui esso è applicato? In caso positivo,
l’entità dell’effetto facilitante diverge in base all’asimmetria
apprendimento/disapprendimento?
Per rispondere a questa domanda, verifichiamo l’effetto del
TE sui giudizi di grammaticalità delle strutture che devono es-
sere apprese (ArtPre per gli AI e AccPrep per gli AS) e poi su
quelle che devono essere disapprese (AccPrep per gli AI e Art-
Pre per gli AS).

5.2.1. Strutture da apprendere per gli studenti di italiano (AI)

Gli AI devono apprendere ArtPre. Come visto in 4.4.2., gli sti-


moli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’ArtPre che
sono da accettare in italiano e che contraddicono il modello del-
la L1 (frasi +ArtPre); frasi in cui non compare l’ArtPre che so-
no da rifiutare in italiano e che seguono il modello della L1
(frasi –ArtPre).

5.2.1.1. Frasi +ArtPre (es: la mia bicicletta è bianca)

Dall’ANOVA a una via non si apprezzano differenze statisti-


camente significative fra il gruppo trattato con TE su ArtPre
(gruppo B) e il gruppo A, non trattato (p sempre > .05).
L’ANOVA a modello fattoriale misto mostra effetti positivi
della sola variabile tempo: F(2, 132) = 15.51, p = .002, 2p =
.19. L’ANOVA a misure ripetute entro i soggetti mostra che en-
100 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

trambi i gruppi hanno migliorato significativamente l’accura-


tezza dei giudizi di grammaticalità nei 70 giorni trascorsi dal
pre-test al delayed post-test (p sempre < .05). Le variazioni nel
tempo dei punteggi ottenuti sono esigue e molto simili: il grup-
po A (non trattato) è migliorato complessivamente di .75 punti,
mentre B (trattato con TE) ha registrato un incremento di .73
punti. In tabella 5.1 vediamo la variazione dei punteggi. Pos-
siamo quindi affermare che il TE non ha aiutato gli apprendenti
di italiano a migliorare l’accuratezza dei giudizi sulle frasi
+ArtPre. I miglioramenti ottenuti sono omogenei fra i due
gruppi e dovuti alla sola esposizione all’input e al tempo tra-
scorso durante lo studio.

Tabella 5.1: statistiche descrittive di +ArtPre per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.05 1.18 2.27 1.06
Post-test 2.88 .96 3.03 1.01
Delayed post-test 2.8 1.13 3 .82
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

5.2.1.2. Frasi -ArtPre (es: mia borsa è nuova)

L’ANOVA a una via non mostra differenze statisticamente si-


gnificative fra il gruppo trattato con TE su ArtPre (gruppo B) e
il gruppo A, non trattato (p sempre > .05). In tabella 5.2 ripor-
tiamo le statistiche descrittive.

Tabella 5.2: statistiche descrittive di -ArtPre per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.22 1.13 2.03 .95
Post-test 2.65 1 2.51 .97
Delayed post-test 2.85 1.03 2.87 .99
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

L’ANOVA a modello fattoriale misto mostra effetti positivi


della sola variabile tempo: F(2, 132) = 9.98, p = .002, 2p = .13.
L’ANOVA a misure ripetute entro i soggetti mostra che en-
V. Analisi e interpretazione dei dati 101

trambi i gruppi hanno migliorato significativamente l’accura-


tezza dei giudizi di grammaticalità nel corso della sperimenta-
zione (p sempre < .05). Non è apprezzabile un effetto del TE
sull’andamento dei giudizi di grammaticalità delle frasi –
ArtPre. I mesi di esposizione all’italiano e la lettura dei testi,
manipolati o no, sono i fattori responsabili dei lievi migliora-
menti rilevati.

5.2.2. Strutture da apprendere per gli studenti di spagnolo (AS)

Gli AS devono apprendere AccPrep. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’AccPrep
che sono da accettare in spagnolo e che contraddicono il model-
lo della L1 (frasi +AccPrep); frasi in cui non compare
l’AccPrep che sono da rifiutare in spagnolo e che seguono il
modello della L1 (frasi –AccPrep).

5.2.2.1. Frasi +AccPrep (es: Nora saluda a Flavio)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra i


giudizi di grammaticalità dati dal gruppo trattato (A) e dal
gruppo non trattato (B) (p sempre > .05). In tabella 5.3 sono ri-
portate le statistiche descrittive.

Tabella 5.3: statistiche descrittive di +AccPrep per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.92 1.23 3.46 1.13
Post-test 3.66 .96 3.43 1.04
Delayed post-test 4.22 .75 3.96 .71
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

L’ANOVA a modello fattoriale misto riporta un effetto sta-


tisticamente significativo dell’interazione delle due variabili
tempo*trattamento: F(2, 110) = 4.06, p = .02, 2p = .069.
L’ANOVA a misure ripetute entro i soggetti mostra variazioni
positivamente significative per entrambi i gruppi (p sempre <
.05), anche se con andamenti diversi: il gruppo trattato migliora
102 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

sia fra pre e post-test e sia fra post-test e delayed post-test, men-
tre il gruppo non trattato migliora solo fra il post-test e il de-
layed post-test (si vedano i dati in tabella 5.3). Notiamo, inoltre,
che il gruppo A migliora di 1.3 punti, mentre il gruppo B gua-
dagna soltanto .5 punti nei 70 giorni che intercorrono fra il pri-
mo e l’ultimo test. Nonostante la non significatività statistica ri-
levata fra i due gruppi nei tre momenti di test, apprezziamo un
effetto del TE nel far variare positivamente l’accuratezza dei
giudizi di grammaticalità per quanto riguarda +AccPrep, rileva-
bile sia nella significatività tempo*trattamento osservata nel
calcolo ANOVA a modello fattoriale misto sia nel migliora-
mento dell’accuratezza del gruppo trattato, che è quasi il triplo
di quella del gruppo non trattato.

5.2.2.2. Frasi –AccPrep (es: Laura besa Fabio)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra i


giudizi di grammaticalità dati dal gruppo trattato (A) e dal
gruppo non trattato (B) (p sempre > .05). In tabella 5.4 mo-
striamo le statistiche descrittive.

Tabella 5.4: statistiche descrittive di AccPrep per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.03 .93 2.3 1.11
Post-test 2.51 1.12 2.23 1.1
Delayed post-test 2.85 1.06 2.7 .83
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

L’ANOVA a modello fattoriale misto riporta un effetto sta-


tisticamente significativo della sola variabile tempo: F(2, 110)
= 10.81, p < .001, 2p = .164. L’ANOVA a misure ripetute entro
i soggetti mostra variazioni positivamente significative per en-
trambi i gruppi (p sempre < .05), anche se molto lievi e molto
simili: il gruppo A (trattato) è migliorato complessivamente di
.55 punti, mentre B (non trattato) è migliorato di .4 punti. Gli
effetti del TE sulle frasi –AccPrep sono, quindi, nulli.
V. Analisi e interpretazione dei dati 103

5.2.3. Paragone fra i risultati di AI e AS

Sia per gli AI sia per gli AS, il TE ha effetti nulli sul migliora-
mento dell’accuratezza dei giudizi di grammaticalità delle frasi
che sono da giudicare come errate nella L2, ovvero –ArtPre per
gli AI e –AccPrep per gli AS. I punteggi raggiunti dai due
gruppi che hanno ricevuto il TE su questi tratti sono uguali,
2.85 punti sia per gli AI sia per gli AS. Il trattamento non aiuta i
discenti ad andare contro il modello della propria lingua madre
e non li spinge ad abbandonare la fallace ipotesi che le frasi co-
struite secondo gli schemi sintattici della L1 siano struttural-
mente congruenti alla L2. Le frasi da giudicare come corrette
nella L2 (+ArtPre per gli AI e +AccPrep per gli AS) dimostrano
di reagire diversamente al TE. Notiamo miglioramenti com-
plessivi di 1.3 punti per gli AS e di .7 punti per gli AI. Inoltre,
gli AS raggiungono un risultato finale di 4.2 punti su 5, mentre
gli AI si fermano a soli 2.8 punti. Globalmente, gli AS accetta-
no con più facilità e accuratezza la presenza di AccPrep rispetto
agli AI, che, invece, migliorano molto meno e sono più riluttan-
ti ad accettare la presenza di ArtPre. Il TE ha effetti positivi sul-
la struttura che con più facilità i discenti accettano di inserire
nelle interlingue, ovvero l’accusativo preposizionale per gli AS.
Gli AI, invece, non vengono aiutati dal trattamento ad accettare
+ArtPre nelle loro interlingue.

5.2.4. Strutture da disapprendere per gli AI

Gli AI devono disapprendere AccPrep. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’AccPrep
che sono da rifiutare in italiano e che seguono il modello della
L1 (frasi +AccPrep); frasi in cui non compare l’AccPrep che
sono da accettare in italiano e che non seguono il modello della
L1 (frasi –AccPrep).
104 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

5.2.4.1. Frasi +AccPrep (es: Aldo ha incontrato a Maria)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra i


giudizi di grammaticalità dati dal gruppo trattato (A) e dal
gruppo non trattato (B) (p sempre > .05). L’ANOVA a modello
fattoriale misto indica che la variazione dell’accuratezza dei
giudizi di grammaticalità è da ascriversi alla variabile entro i
soggetti tempo, F (1, 66) = 5.148, p = .007, 2p = .21. Come si
può notare dai dati raccolti in tabella 5.5, sebbene un lievissimo
miglioramento nell’arco dei due mesi sia da registrare, questo
riguarda entrambi i gruppi, è decisamente basso in termini asso-
luti e, soprattutto, è più forte nel gruppo B. Possiamo quindi af-
fermare che il TE non ha sortito effetti sul miglioramento dei
giudizi di grammaticalità per le frasi +AccPrep.

Tabella 5.5: statistiche descrittive di +AccPrep per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 1.22 .91 1.27 .87
Post-test 1.40 .91 1.42 1.09
Delayed post-test 1.57 .91 1.87 1.05
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

5.2.4.2. Frasi –AccPrep (es: Anna ha conosciuto Silvia)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra il


gruppo trattato (A) e il gruppo non trattato (B) nel pre-test,
mentre nel post-test e nel delayed post-test il gruppo A rag-
giunge risultati significativamente migliori del gruppo B: F(1,
66) = 6.34, p = .01; F(1, 66) = 5.38, p = .01, rispettivamente. In
tabella 5.6 vediamo le statistiche descrittive.

Tabella 5.6: statistiche descrittive di –AccPrep per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.48 1.24 2.15 1.14
Post-test 2.91 1.06 2.3 .80
Delayed post-test 2.77 .77 2.21 .99
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.
V. Analisi e interpretazione dei dati 105

L’ANOVA a modello fattoriale misto mostra effetti signifi-


cativi della variabile tra i soggetti trattamento, F(1, 66) = 10.21,
p = .002, 2p = .13, mentre non sono stati trovati effetti signifi-
cativi dell’interazione tempo*trattamento (p > .05). Gli effetti
del TE, ancorché apprezzabili, sono deboli e non duraturi nel
tempo. Notiamo, infatti, che il gruppo A peggiora fra post-test e
delayed post-test, a dimostrazione di come l’effetto del tratta-
mento sia solo transitorio, data anche la non interazione signifi-
cativa riscontrata fra tempo e trattamento.

5.2.5. Strutture da disapprendere per gli AS

Gli AS devono disapprendere ArtPre. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’ArtPre che
sono da rifiutare in spagnolo e che seguono il modello della L1
(frasi +ArtPre); frasi in cui non compare l’ArtPre che sono da
accettare in spagnolo e che non seguono il modello della L1
(frasi –ArtPre).

5.2.5.1. Frasi +ArtPre (es: el tu barco es blanco)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra il


gruppo trattato (B) e il gruppo non trattato (A) (p sempre > .05).
Indipendentemente dal TE, entrambi i gruppi migliorano nel
tempo: A di 1.44 punti e B di 1.16 punti. In tabella 5.7 ripor-
tiamo le statistiche descrittive.

Tabella 5.7: statistiche descrittive di +ArtPre per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2.22 1.57 2.8 1.03
Post-test 3.11 1.21 3.33 1.02
Delayed post-test 3.66 .55 3.96 .71
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

L’ANOVA a modello fattoriale misto segnala la variabile


entro i soggetti tempo come unica responsabile dell’andamento
dei giudizi di grammaticalità, F (2, 110) = 40.76, p < .001, 2p =
106 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

.426. Il TE non ha dunque effetti sul miglioramento di +ArtPre:


il gruppo non trattato, per la sola esposizione all’input, ha un
miglioramento maggiore del gruppo trattato.

5.2.5.2. Frasi –ArtPre (es: mi agenda es nueva)

L’ANOVA a una via non mostra alcuna differenza significativa


fra i risultati di A (gruppo non trattato) e B (gruppo trattato) nel
pre-test (p > .05), mentre emerge una differenza significativa
nel post-test, F(1, 56) = 7.6, p = .008, in cui B totalizza circa .5
punti in più di A; nel delayed post-test, F(1, 56) = 4.4, p = .04,
le differenze fra i due gruppi si assottigliano e si stabilizzano su
.32 punti in favore di B. Notiamo inoltre che il gruppo A mi-
gliora di .41 punti fra post-test e delayed post-test, mentre B
migliora di soli .24 punti nello stesso intervallo di tempo. I ri-
sultati dell’ANOVA a modello fattoriale misto indicano che c’è
un effetto significativo del fattore tempo, F(2,110) = 48.9, p <
.001, 2p = .471, e della variabile fra i soggetti trattamento, F(1,
55) = 6.4, p = .014, 2p = .104. L’interazione tempo*trattamento
è, però, nulla (p > .05). I dati sono riassunti in tabella 5.8.

Tabella 5.8: statistiche descrittive di ArtPre per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3.25 .59 3.4 .81
Post-test 3.77 .64 4.26 .69
Delayed post-test 4.18 .62 4.5 .5
Nota: i punteggi variano da 0 a 5.

La non interazione tempo*trattamento indica che, sebbene il


gruppo B abbia fatto decisamente meglio di A nel post-test,
questa competenza accresciuta si assottiglia e gli effetti del trat-
tamento diminuiscono di intensità nel corso della sperimenta-
zione. Anche qui il fattore tempo (che ha effect size medi e di
molto maggiori della sola variabile tra i gruppi trattamento)
sembra giocare un ruolo primario nell’influenzare l’andamento
dei giudizi di grammaticalità, in particolar modo per il gruppo
A che migliora più lentamente del gruppo che ha ricevuto il TE
V. Analisi e interpretazione dei dati 107

(B). Il TE ha, quindi, effetti apprezzabili, anche se deboli e non


duraturi nel tempo: entrambi i gruppi, indipendentemente dal
trattamento, hanno raggiunto risultati simili nell’arco dei 70
giorni considerati.

5.2.6. Paragone fra i risultati di AI e AS

Sia per gli AI sia per gli AS, il TE ha effetti nulli sul migliora-
mento dell’accuratezza dei giudizi di grammaticalità delle frasi
che sono da valutare come errate nella L2, ovvero +AccPrep
per gli AI e +ArtPre per gli AS. Il trattamento non aiuta i di-
scenti ad andare contro il modello della propria lingua madre e
non li spinge ad abbandonare la fallace ipotesi secondo cui le
frasi costruite secondo gli schemi sintattici della L1 sono strut-
turalmente congruenti alla L2. I punteggi raggiunti dai due
gruppi che hanno ricevuto il TE su questi tratti sono, però, mol-
to diversi: gli AS raggiungono 3.9 punti per +ArtPre, contro i
soli 1.6 punti totalizzati dagli AI su +AccPrep.
Per quanto concerne le frasi da giudicare come corrette nella
L2 (–AccPre per gli AI e –ArtPre per gli AS), gli effetti del TE
sono molto simili: in entrambi i casi il trattamento ha blanda-
mente influito sui miglioramenti dei giudizi di grammaticalità
rispetto al gruppo di controllo, ma in modo non duraturo nel
tempo. Notiamo, inoltre, che gli AI migliorano complessiva-
mente, grazie al TE, di soli .3 punti (raggiungendo 2.7 punti nel
delayed post-test); gli AS, invece, raggiungono 4.5 punti nel de-
layed post-test e guadagnano in accuratezza, dal pre-test, 1.1
punti. Globalmente, gli AS accettano con più facilità e accura-
tezza l’assenza di ArtPre rispetto agli AI, che, invece, migliora-
no molto meno e sono più riluttanti ad accettare l’assenza di
AccPrep. Nonostante in entrambi i casi gli effetti del TE non
siano duraturi nel tempo, notiamo anche qui (come fatto per le
strutture da apprendere, cfr. 5.2.3) una migliore interazione del
trattamento con la struttura che con più facilità i discenti accet-
tano di eliminare dalle interlingue, ovvero l’articolo pre-
possessivo per gli AS.
108 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

5.2.7. Risposta alla prima domanda di ricerca

Gli effetti del TE, globalmente, sono modesti e solo in un caso


questa tecnica di Focus on Form si dimostra efficace nell’inter-
ferire con il naturale sviluppo dell’interlingua. In particolare, ab-
biamo visto come il trattamento sia inefficace nel promuovere
l’abbandono della strategia d’apprendimento della congruenza in
favore di quella della differenza (cfr. Par. 3.1): sia per gli AI sia per
gli AS, il TE non ha favorito il miglioramento dei giudizi di
grammaticalità dati su frasi errate nella L2, proprio perché costrui-
te sul modello sintattico della L1. Ipotizziamo, quindi, che per aiu-
tare gli informanti ad abbandonare il modello della L1 (e a ridurne
gli effetti distraenti) siano necessari interventi di FonF maggior-
mente intrusivi e in grado di fornire anche una prova negativa di-
retta – ovvero una correzione – di ciò che è scorretto in L2 anche
se perfettamente congruente con la L1. Di ciò, in realtà, non dob-
biamo stupirci: il textual enhancement non è un intervento corret-
tivo, ma di potenziamento dell’input. Evidentemente, rendere più
saliente la prova fornita dallo stimolo non favorisce la decostru-
zione di ipotesi di congruenza fra le due lingue autonomamente
sviluppate dai discenti. Rispetto alle frasi da giudicare come cor-
rette nella L2, di cui sia gli AI sia gli AS hanno avuto una prova
positiva potenziata nell’input, il TE si dimostra realmente efficace
in un solo caso, ovvero nel giudizio, da parte degli AS, di frasi in
cui compare l’accusativo preposizionale (cfr. 5.2.2.1). È, questa,
l’unica configurazione sintattica in cui apprezziamo effetti signifi-
cativi e duraturi dell’intervento didattico sull’evoluzione interlin-
guistica. Gli stessi effetti adiuvanti non sono da registrarsi
sull’altro tratto da apprendere, ArtPre per gli AI, che mostra un
percorso evolutivo indipendente dal trattamento. Le strutture da di-
simparare (AccPrep per gli AI e ArtPrep per gli AS) hanno traiet-
torie evolutive tendenzialmente impervie al TE, che si è limitato ad
avere blandi effetti transitori sulle frasi –ArtPre per gli AS e –
AccPrep per gli AI (cfr. 5.2.6). Gli effetti del textual enhancement
sono quindi solo parzialmente modulati dalla dicotomia apprendi-
mento/disapprendimento: se sulle strutture da disapprendere gli ef-
fetti sono nulli, sulle strutture da apprendere l’influenza del tratta-
V. Analisi e interpretazione dei dati 109

mento è parziale e si nota solo nel passaggio da italiano a spagno-


lo; l’efficacia del TE sembra, dunque, dipendere anche da caratte-
ristiche intrinseche alle due strutture oggetto di acquisizione, oltre
che dall’asimmetria che a loro riguardo intercorre fra L1 e L2.
Inoltre, i dati rivelano che gli AS hanno sempre totalizzato punteg-
gi più alti degli AI e hanno mostrato miglioramenti, nell’arco dei
due mesi di sperimentazione, decisamente più forti, sia
nell’apprendimento sia nel disapprendimento, rispetto ai loro com-
pagni ispanofoni.

5.3. Seconda domanda di ricerca

Il TE dimostra di avere effetti sulla processazione dei tratti og-


getto di acquisizione, rallentando o accellerando il tempo im-
piegato dagli informanti per portare a termine i test di giudizi
di grammaticalità? Tali eventuali effetti divergono in base
all’asimmetria apprendimento/disapprendimento?
Per rispondere a questa domanda, verifichiamo l’influenza
del TE sui tempi di reazione impiegati dagli informanti a giudi-
care le strutture che devono essere apprese (ArtPre per gli AI e
AccPrep per gli AS) e che devono essere disapprese (AccPrep
per gli AI e ArtPre per gli AS).

5.3.1. Strutture da apprendere per gli studenti di italiano (AI)

Gli AI devono apprendere ArtPre. Come visto in 4.4.2., gli sti-


moli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’ArtPre che
sono da accettare in italiano e che contraddicono il modello del-
la L1 (frasi +ArtPre); frasi in cui non compare l’ArtPre che so-
no da rifiutare in italiano e che seguono il modello della L1
(frasi –ArtPre).

5.3.1.1. Frasi +ArtPre (es: la mia bicicletta è bianca)

L’ANOVA a una via rivela differenze significative fra il gruppo


trattato (B) e il gruppo non trattato (A) solo nel post-test: F(1,
110 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

66)= 4.23, p = .45. L’ANOVA a modello fattoriale misto segna-


la la variabile entro i soggetti tempo, F(2, 132) = 6.47, p = .003,
2p = .09, e l’interazione tempo*trattamento, F(2, 132) = 8.31, p
= .001, 2p = .11, come responsabili dell’andamento dei tempi
di reazione nei 70 giorni considerati. Il gruppo B ha rallentato i
tempi di reazione agli stimoli +ArtPre pochi giorni dopo aver
ricevuto il TE, mentre il gruppo A ha continuato a velocizzare i
tempi delle risposte. In questo caso possiamo apprezzare un ef-
fetto a breve termine (perché trovato solo nel post-test) del TE
nello spingere i discenti a esitare maggiormente prima di giudi-
care le frasi +ArtPre. È inoltre interessante notare che il gruppo
A ha migliorato l’accuratezza dei giudizi di grammaticalità in
modo molto simile a quanto fatto dal gruppo B (cfr. Par.
5.2.1.1), ma senza rallentare i tempi di reazione. L’effetto del
TE sulla processazione dello stimolo non è, quindi, apprezzabi-
le sulla competenza linguistica: l’aver indotto gli studenti a ri-
flettere maggiormente sulla correttezza della struttura oggetto di
giudizio non ha inciso positivamente sul miglioramento della
correttezza del giudizio. In tabella 5.9 sono riassunte le statisti-
che descrittive dei tempi di reazione di +ArtPre.

Tabella 5.9: statistiche descrittive di +ArtPre per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3897.15 599.84 3705.94 609.12
Post-test 3638.07 563.55 3950.29 462.59
Delayed post-test 3473.86 434.12 3708.74 502.54
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

5.3.1.2. Frasi –ArtPre (es: mia borsa è nuova)

Anche per queste frasi, l’ANOVA a una via mostra variazioni


significative fra i gruppi (B trattato, A non trattato) nel post-
test: F(1, 66) = 8.81, p = .004. L’ANOVA a modello fattoriale
misto segnala la variabile entro i soggetti tempo, F(2, 132) =
10.43, p = .002, 2p = .13, e l’interazione tempo*trattamento,
F(2, 132) = 3.66, p = .033, 2p = .02 come responsabili
dell’andamento dei tempi di reazione nei 70 giorni considerati.
V. Analisi e interpretazione dei dati 111

Le statistiche descrittive sono esposte in tabella 5.10. Come ac-


caduto per le frasi +ArtPre, il TE ha spinto gli AI a riflettere più
a lungo prima di dare un giudizio sulle frasi –ArtPre, ma questo
effetto sulla processazione non si è tramutato in un migliora-
mento dell’accuratezza dei giudizi di grammaticalità del gruppo
trattato rispetto al gruppo non trattato, come visto in 5.2.1.2.

Tabella 5.10: statistiche descrittive di –ArtPre per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3664.48 567.51 3717.97 687.81
Post-test 3482.36 444.25 3846.22 558.65
Delayed post-test 3371.72 371.49 3523.3 360.78
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

5.3.2. Strutture da apprendere per gli studenti di spagnolo (AS)

Gli AS devono apprendere AccPrep. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’AccPrep
che sono da accettare in spagnolo e che contraddicono il model-
lo della L1 (frasi +AccPrep); frasi in cui non compare
l’AccPrep che sono da rifiutare in spagnolo e che seguono il
modello della L1 (frasi –AccPrep).

5.3.2.1. Frasi +AccPrep (es: Nora saluda a Flavio)

L’ANOVA a una via mostra differenze significative fra i tempi


di reazione del gruppo trattato (A) e del gruppo non trattato (B)
sia nel post-test, F(1, 56) = 22.14, p < .001, sia nel delayed
post-test, F(1, 56) = 10.8, p = .002. L’ANOVA a modello fatto-
riale misto rivela l’incidenza, sulla variazione dei tempi di rea-
zione, della variabile tempo, F(2, 110) = 15.67, p < .001, 2p =
,22, dell’interazione tempo*trattamento, F(1, 110) = 16.13, p <
.001, 2p = .22, e della variabile tra i soggetti trattamento, F(1,
55) = 9.3 p = .003, 2p = .14. Il TE ha influito sui tempi di rea-
zione del gruppo A mantenendoli più alti rispetto a quelli del
gruppo B che, invece, li ha costantemente accelerati. (cfr. tabel-
la 5.11).
112 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Tabella 5.11: statitiche descrittive di +AccPrep per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2956.2 679.9 2794.4 507.03
Post-test 3168.6 584.3 2533.8 429.3
Delayed post-test 2855.4 480.7 2469.2 403.7
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

Il trattamento ha spinto gli AS a esitare più a lungo prima di


giudicare le frasi +AccPrep, cosa che si è riflessa anche nella
competenza del gruppo trattato, che, come abbiamo visto in
5.2.2.1, è migliorata rispetto a quella del gruppo non trattato.

5.3.2.2. Frasi –AccPrep (es: Laura besa Fabio)

L’ANOVA a una via mostra differenze significative fra i tempi


di reazione del gruppo trattato (A) e del gruppo non trattato (B)
sia nel post-test, F(1, 56) = 24.14, p < .001, sia nel delayed
post-test, F(1, 56) = 10.8, p = .002. L’ANOVA a modello fatto-
riale misto rivela l’incidenza, sulla variazione dei tempi di rea-
zione, della variabile tempo, F(2, 110) = 22.6, p < .001, 2p =
.28, dell’interazione tempo*trattamento, F(1, 110) = 13.7, p <
.001, 2p = .2, e della variabile tra i soggetti trattamento, F(1,
55) = 4.5 p = .037, 2p = .76. Riportiamo i dati in tabella 5.12.

Tabella 5.12: statistiche descrittive di –AccPrep per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 2924.3 697.09 2895.5 612.6
Post-test 3237.2 612.6 2676.5 654.7
Delayed post-test 2857.7 702.1 2387.3 638.5
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

Il TE ha spinto gli studenti del gruppo A a esitare più a lungo, ri-


spetto al gruppo B, prima di giudicare le frasi –AccPrep. Tuttavia, a
differenza di quanto visto per le frasi +AccPrep, l’effetto del tratta-
mento sulla processazione non è apprezzabile sulla competenza: il
gruppo trattato non ha giudicato con maggior accuratezza gli stimoli
–AccPrep rispetto al gruppo non trattato (cfr. Par. 5.2.2.2).
V. Analisi e interpretazione dei dati 113

5.3.3. Paragone fra i risultati di AI e AS

Dai dati analizzati si evince una chiara influenza del TE sul


tempo impiegato dagli informanti a giudicare le strutture da ap-
prendere. Notiamo, infatti, che i tempi di reazione dei soggetti
trattati rallentano significativamente nella condizione post-test
(che, ricordiamo, cade a una settimana dalla fine del trattamen-
to) sia per gli AI sia per gli AS per tutte le frasi considerate.
Tuttavia, per gli AI l’effetto del TE si riduce nei due mesi che
trascorrono fra il post e il delayed post-test, mentre perdura per
gli AS, il cui gruppo trattato continua a rispondere più lenta-
mente del gruppo di controllo per tutta la sperimentazione: gli
AS sono maggiormente sensibili al TE rispetto agli AI.
Per i tratti in apprendimento, dunque, il textual enhancement
riesce a influenzare uno schema di processazione sintattica ba-
sato sulla L1, spingendo i soggetti trattati a esitare maggior-
mente durante il giudizio di frasi stimolo che contraddicono il
modello della lingua madre. Questa influenza, tuttavia, non si
traduce, se non nel solo caso di +AccPrep per gli AS, in una
migliore competenza nei dare i giudizi: il solo richiamo attenti-
vo verso le forme trattate non è, evidentemente, abbastanza for-
te per influire anche sui giudizi di grammaticalità. È infine inte-
ressante notare come i tempi di reazione degli AS siano, glo-
balmente, più veloci di quelli degli AI, dato indicativo del fatto
che questo ultimo gruppo di apprendenti ha avuto bisogno di
più tempo – ovvero del dispiego di più risorse cognitive – per
passare dallo spagnolo all’italiano. Questo dato conferma quan-
to in 5.2: è più difficile (nel senso di Housen, Simoens, 2016,
cfr. 3.4) passare dallo spagnolo all’italiano che dall’italiano allo
spagnolo per quanto riguarda AccPrep e ArtPre.

5.3.4. Strutture da disapprendere per gli AI

Gli AI devono disapprendere AccPrep. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’AccPrep
che sono da rifiutare in italiano e che seguono il modello della
L1 (frasi +AccPrep); frasi in cui non compare l’AccPrep che
114 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

sono da accettare in italiano e che non seguono il modello della


L1 (frasi –AccPrep).

5.3.4.1. Frasi +AccPrep (es: Aldo ha incontrato a Maria)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra i


tempi di reazione impiegati dal gruppo trattato (A) e dal gruppo
non trattato (B) (p sempre > .05). L’ANOVA a modello fatto-
riale misto indica che la variazione dei tempi di reazione è da
ascriversi alla sola variabile entro i soggetti tempo (p = .03).
Come si può notare dai dati riportati in tabella 5.13, le differen-
ze fra i due gruppi sono molto modeste e, sebbene vi sia un ral-
lentamento dei tempi di reazione del gruppo trattato nella con-
dizione post-test, essa non è né statisticamente significativa né
duratura nel corso della sperimentazione.

Tabella 5.13: statistiche descrittive di +AccPrep per gli AI.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3310.8 500.8 3249.7 521
Post-test 3453.1 509.4 3247.7 377.2
Delayed post-test 3296.4 451 3471.6 461.7
Nota: i punteggi variano da 0 a 6000 millisecondi.

Il TE, quindi, non ha sortito alcun effetto sulla variazione


dei tempi di reazione per le frasi +AccPrep.

5.3.4.2. Frasi –AccPrep (es: Anna ha conosciuto Silvia)

L’ANOVA a una via rivela differenze significative fra il gruppo


trattato (A) e il gruppo non trattato (B) nel post-test e nel delayed
post-test: il gruppo A raggiunge risultati significativamente mi-
gliori del gruppo B: F(1, 66) = 17.41, p = .003, F(1, 66) = 8.45, p
= .005, rispettivamente. L’ANOVA a modello fattoriale misto
mostra effetti significativi della variabile tra i soggetti trattamen-
to, F(2, 132) = 5.24, p = .013, 2p = .07, della variabili entro i
soggetti tempo, F(1, 66) = 7.81, p = .007, 2p = .10 e
dell’interazione tempo*trattamento, F(2, 132) = 17.65, p = .001,
V. Analisi e interpretazione dei dati 115

2p = .23. Il TE ha spinto i soggetti trattati a rallentare i tempi di


reazione e a tenerli significativamente più alti del gruppo di con-
trollo per tutta la durata della sperimentazione. I discenti che
hanno ricevuto il TE sulle frasi –AccPrep, dunque, hanno dovuto
processare con più attenzione le frasi stimolo prima di dare le ri-
sposte. In tabella 5.3.4.2 sono riassunte le statistiche descrittive.
Tabella 5.14: statistiche descrittive di –AccPrep per gli AI.
Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3561.9 568 3689.2 504.1
Post-test 4277.8 720 3486.3 842.6
Delayed post-test 3952.6 646.6 3555.4 457.2
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

5.3.5. Strutture da disapprendere per gli AS

Gli AS devono disapprendere ArtPre. Come visto in 4.4.2., gli


stimoli da giudicare sono due: frasi in cui compare l’ArtPre che
sono da rifiutare in spagnolo e che seguono il modello della L1
(frasi +ArtPre); frasi in cui non compare l’ArtPre che sono da
accettare in spagnolo e che non seguono il modello della L1
(frasi –ArtPre).

5.3.5.1. Frasi +ArtPre (es: el tu barco es blanco)

L’ANOVA a una via non mostra differenze significative fra il gruppo


trattato (B) e il gruppo non trattato (A) (p sempre > .05). L’ANOVA a
modello fattoriale misto segnala la variabile entro i soggetti tempo
come unica responsabile dell’andamento dei tempi di reazione: F(2,
110) = 14.78, p < .001. I dati sono riportati in tabella 5.15.

Tabella 5.15: statistiche descrittive di +ArtPre per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3250.7 650.4 3132.1 531.4
Post-test 2793.9 615.1 2639.1 578.5
Delayed post-test 2782.6 793.4 2515 752.3
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.
116 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Il trattamento non influisce sulla variazione dei tempi di rea-


zione per le frasi +ArtPre.

5.3.5.2. Frasi –ArtPre (es: mi agenda es nueva)

L’ANOVA a una via mostra differenze significative fra i tempi


di reazione di A (gruppo non trattato) e B (gruppo trattato) so-
lamente nel post-test: F(1, 56) = 11.73, p = .001. I risultati
dell’ANOVA a modello fattoriale misto indicano che c’è un ef-
fetto significativo del fattore tempo, F(2, 110) = 23.24, p <
.001, 2p = .29, e dell’interazione tempo*trattamento, F(2, 110)
= 15.82, p < .001, 2p = .22, nel far variare i tempi di reazione.
In tabella 5.16 riportiamo le statistiche descrittive.

Tabella 5.16: statistiche descrittive di ArtPre per gli AS.


Gruppo A Gruppo B
Media Dev. Stan. Media Dev. Stan.
Pre-test 3087.3 599.9 2851.6 649.7
Post-test 2887.2 634.2 3402.7 499.7
Delayed post-test 2630.9 527.9 2755.8 481.4
Nota: i tempi di reazione variano da 0 a 6000 millisecondi.

Apprezziamo, quindi, un effetto del TE sui tempi di reazione


impiegati dagli AS per giudicare le frasi –ArtPre. Il gruppo trat-
tato è stato più lento nel dare i giudizi di grammaticalità solo
nel post-test. L’effetto del trattamento è, dunque, transitorio,
dato che nel delayed post-test entrambi i gruppi impiegano
tempi molto simili nel giudicare queste frasi.

5.3.6. Paragone fra i risultati di AI e AS

Gli effetti del TE sui tempi di reazione delle strutture da disap-


prendere sono molto più limitati rispetto a quelli misurati per le
strutture da apprendere (cfr. 5.3.1). In particolare, non abbiamo
apprezzato variazioni significative nei tempi di reazione dei
gruppi trattati per le frasi +AccPrep e +ArtPre, che sono co-
struite secondo il modello della L1 e che sono da giudicare co-
me errate nella L2. Per quanto riguarda le frasi –AccPrep e –
V. Analisi e interpretazione dei dati 117

ArtPre, che sono da giudicare come corrette nella L1 e la cui


presenza nell’input è stata evidenziata con il TE, sono stati ot-
tenuti risultati globalmente significativi, con effetti duraturi per
gli AI e più transitori per gli AS. Se paragoniamo questi risulta-
ti con l’andamento dei giudizi di grammaticalità, notiamo come
le strutture più impervie al TE, a livello sia di processazione sia
di competenza, sono proprio le frasi da giudicare come errate in
L2 contra il modello della L1, che sono rimaste in tutti i casi
(cfr. 5.2.7) non responsive al trattamento. Infine, anche per le
strutture in disapprendimento, gli AS hanno impiegato tempi di
reazione mediamente minori di quelli necessari agli AI. Questo
dato conferma quanto visto in 5.2 e in 5.3.3: passare dallo spa-
gnolo all’italiano richiede più risorse mentali (ed è, quindi, più
difficile) che passare dall’italiano allo spagnolo.

5.3.7. Risposta alla seconda domanda di ricerca

Gli effetti del TE sulla processazione delle strutture da noi con-


siderate sono maggiori rispetto a quelli apprezzati sul miglio-
ramento della competenza. Se, come abbiamo visto in 5.2.7, il
TE ha avuto una chiara influenza nel far migliorare l’accura-
tezza dei giudizi di grammaticalità in una sola sottocondizione
(+AccPrep per gli AS), per quanto riguarda i tempi di reazione
il TE si dimostra responsabile dell’impiego di più tempo nei
giudizi in sei sottocondizioni su otto, a esclusione di +AccPrep
per gli AI di +ArtPre per gli AS. Aver attirato l’attenzione se-
lettiva degli apprendenti sulle differenze che intercorrono fra
spagnolo e italiano in merito all’accusativo preposizionale e
all’articolo pre-possessivo ha spinto i soggetti a esitare mag-
giormente durante i test, obbligandoli a leggere con più accura-
tezza gli stimoli per “risolvere il dubbio”, instillato dal TE, sul-
la correttezza delle frasi sperimentali. È noto, infatti, che
l’insegnamento della grammatica può portare a una maggior
lentezza di processazione e produzione linguistica proprio per-
ché lo studente è stato in qualche modo “allertato” di quali sono
le forme corrette in L2 e tende a controllare, sulla base di quan-
to gli è stato insegnato, l’input che riceve e le sue produzioni
118 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

linguistiche (Rastelli, 2009, p. 68-69). L’effetto mentale del TE,


però, è ancora troppo debole perché il modello della lingua ma-
dre venga riconfigurato conformemente a quello della L2: favo-
rire una più efficace e intensa focalizzazione attentiva solo tra-
mite la manipolazione scritta è stato un intervento didattico par-
ziale, con reali effetti apprezzabili solo sui tempi di reazione. In
aggiunta, notiamo esiti nulli del trattamento sulle frasi conte-
nenti strutture da disapprendere costruite sul modello della L1 e
da giudicare come errate in L2 solo sulla base di una prova ne-
gativa indiretta. Queste frasi (+AccPrep per gli AI e + ArtPre
per gli AS) si sono dimostrate impervie al trattamento anche per
quanto riguarda la correttezza dei giudizi di grammaticalità.
Giudicare come errato il modello della L1 solo tramite una pro-
va negativa indiretta è, dunque, il compito più arduo per en-
trambe le categorie di apprendenti.
Gli effetti del TE sui tempi di reazione sono dunque par-
zialmente modulati dalla dicotomia apprendimento/disap-
prendimento: se, sulle strutture da apprendere, abbiamo sempre
apprezzato effetti di rallentamento, sui tratti da disapprendere
abbiamo notato un’influenza parziale, rilevabile solo sulle frasi
da giudicare come corrette in L2, di cui gli apprendenti hanno
avuto una prova positiva diretta potenziata.
In conclusione, anche i tempi di reazione suggeriscono che,
globalmente, sia più semplice abbandonare il modello dell’ita-
liano per avvicinarsi allo spagnolo che viceversa: gli AS hanno
sempre impiegato, indipendentemente dall’eventuale effetto del
trattamento, tempi più brevi per giudicare le frasi, e ciò è indi-
cativo della necessità di usare meno risorse cognitive rispetto ai
loro compagni AI, che sono stati sempre più lenti durante i tre
test.

5.4. Terza domanda di ricerca

Gli effetti del TE sull’apprendimento e sul disapprendimento di


AccPrep e ArtPre in italiano e spagnolo confermano l’ipotesi
che solo nel caso del disapprendimento è necessario un inter-
V. Analisi e interpretazione dei dati 119

vento di FonF correttivo e che, invece, l’apprendimento può


avvenire anche solo sulla base della prova positiva portata
dall’input all’apprendente?
I dati a nostra disposizione rivelano che, sia per gli AI sia
per gli AS, i tratti in disapprendimento hanno un’evoluzione in-
dipendente dal TE (cfr. 5.2.7). Aver messo in risalto la prova
negativa indiretta fornita dallo stimolo linguistico e aver fatto
affidamento solo a quest’ultima per favorire la ristrutturazione
interlinguistica verso il modello della L2 è stato, essenzialmen-
te, inutile. Anche l’analisi dei tempi di reazione, come visto
globalmente sensibili al trattamento, mostra che sono le struttu-
re da disapprendere a essere parzialmente non responsive: sono
infatti le frasi costruite sul modello della L1 e da giudicare co-
me errate in L2 solo sulla base di una prova negativa indiretta
ad avere tempi di reazione che non rallentano dopo il trattamen-
to. Come visto in 5.3.7, questo risultato è indicativo della man-
cata capacità del textual enhancement di mettere in discussione
la presunta congruenza fra lo spagnolo e l’italiano, cosa che non
spinge gli informanti a esitare maggiormente durante il giudizio
di queste frasi. Osserviamo, quindi, che nel caso del disappren-
dimento un intervento di potenziamento percettivo dell’input
non è abbastanza efficace nell’incidere sul percorso acquisizio-
nale né degli AI né degli AP: i gruppi trattati non mostrano dif-
ferenze significative, né nella competenza né nella processazio-
ne, rispetto ai gruppi che non hanno ricevuto il TE. Come asse-
rito in 5.2, i nostri dati concorrono a sostenere che, per incidere
pedagogicamente in un compito di disapprendimento, è neces-
saria una prova negativa diretta che informi gli studenti su cosa
“non si può dire” in italiano e in spagnolo.
Tuttavia, scrutinando meglio i risultati, notiamo che il grup-
po non trattato degli AS raggiunge, a fine sperimentazione, un
risultato sul tratto da disapprendere decisamente lodevole: 7.7
punti su 10 totali sommando frasi +ArtPre e –ArtPre; il gruppo
non trattato degli AI, invece, totalizza, nel delayed post-test, so-
lo 4 punti su 10. È, questa, una discrepanza che ci sembra im-
portante sottolineare: sebbene il TE non abbia mai creato una
differenza significativa fra i gruppi sperimentali e di controllo,
120 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

è altresì vero che gli AS raggiungono livelli di accuratezza mol-


to alti in soli 4 mesi di studio dello spagnolo, mentre gli AI ri-
mangono davvero molto indietro. Un intervento di Focus on
Form più intrusivo è, quindi, certamente necessario per aiutare
gli AI a disapprendere AccPrep, ma non pare essere fondamen-
tale per gli AS, che, spontaneamente, riescono molto efficace-
mente ad allineare la propria interlingua alla L2.
Sulla competenza delle strutture in apprendimento, il TE si
mostra realmente efficace soltanto sulle le frasi +AccPrep giu-
dicate dagli apprendenti di spagnolo, riuscendo a favorirne una
migliore acquisizione. Da un punto di vista di processazione,
però, gli effetti del trattamento sono molto più forti e comuni a
tutte le sottocondizioni sperimentali, come discusso in 5.3.7.
In conclusione, notiamo che gli effetti del TE sono sicura-
mente modulati dalla dicotomia apprendimento/disappren-
dimento dato che, in quest’ultimo caso, abbiamo rilevato una
totale inefficacia di questa tecnica nell’incidere positivamente
sulla competenza e sulla processazione delle strutture super-
fluamente trasferite da L1 a L2. Lo stesso non può essere detto
per le strutture da apprendere, su cui gli effetti del TE sono for-
temente rilevabili nei tempi di reazione e, in maniera minore,
nella competenza delle strutture da aggiungere alle interlingue.
Tuttavia, le differenze rilevate nei risultati raggiunti dagli AI e
dagli AS ci permettono di asserire che è il gruppo degli appren-
denti di italiano ad avere un chiaro bisogno di interventi di
FonF più forti del TE per riuscire a venire a capo degli errori
riguardanti ArtPre e AccPrep; gli apprendenti di spagnolo, al
contrario, dimostrano di avere traiettorie di miglioramento
spontanee molto efficaci, ed è solo con questa categoria di stu-
denti che il TE mostra risultati apprezzabili sul tratto da ap-
prendere. Vi sono, quindi, proprietà relazionali fra l’italiano e
lo spagnolo in merito alle strutture in oggetto, altre dalle asim-
metrie parametriche sin qui considerate (cfr. 2.2, 3.2 e 3.3), che
incidono pesantemente sul processo acquisizionale, sull’effica-
cia e sulla necessità di un intervento di focalizzazione attentiva
della forma. La risposta alla quarta domanda di ricerca fornirà
delle ipotesi sulla natura di queste proprietà.
V. Analisi e interpretazione dei dati 121

5.5. Quarta domanda di ricerca

I dati elicitati in condizione pre-trattamento confermano che il


disapprendimento di strutture di complessità simile è più diffi-
cile del loro apprendimento?
Per rispondere all’ultima domanda di ricerca del nostro stu-
dio, prendiamo in considerazione soltanto l’accuratezza dei
giudizi di grammaticalità dati dai soggetti nel test sostenuto
prima del trattamento (tabella 5.17). In questo modo escludia-
mo l’effetto del TE e ampliamo il campione delle risposte non
dovendo dividere la nostra coorte in due gruppi sperimentali.
Ricordiamo che il pre-test è stato somministrato a circa due
mesi dall’inizio dello studio formale dell’italiano e dello spagno-

Tabella 5.17: giudizi in condizione pre trattamento.


Apprendenti di Punteggio Apprendenti di Punteggio
italiano spagnolo
ArtPre (ap- 4.2 AccPrep (ap- 5.3
prendere) prendere)
AccPrep (di- 3.5 ArtPre (disap- 5.8
sapprendere) prendere)
Nota: i punteggi variano da 0 a 10.

lo e che, in questo lasso di tempo, nessun riferimento esplicito è


stato fatto alle regole che governano il comportamento dell’ac-
cusativo preposizionale e dell’articolo pre-possessivo.
Un’analisi ANOVA a una via rileva una differenza statisti-
camente significativa fra i punteggi degli AI (p < .05), che, ef-
fettivamente, giudicano con maggiore accuratezza le frasi con-
tenenti ArtPre, il tratto da apprendere. Lo stesso non viene rile-
vato per gli AS (p > .05), che raggiungono punteggi meno dis-
simili, con una lieve, maggiore accuratezza nelle frasi da disap-
prendere. Questa differenza si amplia durante la sperimentazio-
ne: nel delayed post-test il gruppo non trattato degli AS ottiene
6.6 punti su AccPrep e 7.7 punti su ArtPre, migliorando in mo-
do più sensibile l’accuratezza delle frasi da disapprendere. Gli
AI arrivano, invece, al termine della sperimentazione con 5.6
punti su ArtPre, il tratto da apprendere, e con 4 punti su Acc-
122 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

Prep, il tratto da disapprendere. Il disapprendimento è più diffi-


cile dell’apprendimento solo per gli AI, mentre per gli studenti
di spagnolo sembra, complessivamente, valido il contrario.
Una ragione a tale incongruenza può essere trovata nel fatto
che gli AS imparano lo spagnolo come una L3 o come una L4.
Tutti hanno infatti già studiato formalmente per almeno otto
anni l’inglese e alcuni informanti hanno anche studiato il fran-
cese o il tedesco per 3 o 4 anni (cfr. cap. 3). Queste tre lingue
prevedono già l’assenza di ArtPre, ma non richiedono la pre-
senza di AccPrep in contesti SVO. Ipotizziamo che inibire la
presenza di un articolo pre-possessivo sia un’operazione che è
già stata imparata dagli AS, i quali, quindi, possono aver giova-
to di queste conoscenze pregresse nel disapprendere ArtPre. Lo
stesso non può dirsi per AccPrep che, in contesti SVO, non è
mai stato incontrato in nessuna delle lingue straniere preceden-
temente apprese. È risaputo che le lingue non materne studiate
precedentemente sono fonte di interferenza, sia positiva sia ne-
gativa, durante l’apprendimento di una nuova lingua straniera.
Sono infatti noti casi di transfer positivo selettivo da L2 a L3 in
contesti del sistema in cui vi sono maggiori similitudini fra le
due lingue non materne che fra la L1 e la L3 (De Angelis, 2007,
pp. 22-26; Ringbom, 2007, Forsyth, 2014). Tuttavia, 64 AI sui
68 reclutati hanno dichiarato di parlare inglese (oltre che, in po-
chi casi, anche altre lingue) e quindi, specularmente, queste in-
terpretazioni possono valere anche per gli apprendenti di italia-
no: la L2 precedente studiata dovrebbe aver già insegnato a
omettere AccPrep ma non ad aggiungere ArtPre. Come abbia-
mo visto, però, per gli AI l’omissione dell’accusativo preposi-
zionale risulta più difficile dell’aggiunta dell’articolo pre-
possessivo e, quindi, questa linea esplicativa cade. Una motiva-
zione più convincente, anche se solo speculativa, può essere le-
gata alla marcatezza dei tratti in questione. Nonostante il con-
cetto di marcatezza presenti note complessità operative (Ha-
spelmath, 2006), alcune sue sottocomponenti come la nozione
di “relative frequency or generality of a given structure across
the world’s languages” (Eckman, 1977) possono fungere da
spunto esplicativo per la differenza rilevata fra i due studi. Se-
V. Analisi e interpretazione dei dati 123

condo Callies, infatti, “L1 structures that are different from L2


structures and typologically marked will not be transferred,
whereas L1 structures that are different from L2 structures and
typologically less marked are more likely to be transferred”
(Callies, 2006, cfr. anche Han, 2014), e questo pare essere il
caso di AccPrep e ArtPre. Infatti, la presenza dell’accusativo
preposizionale davanti a oggetti animati e specifici in frasi SVO
è attestata in più di 300 lingue, è molto comune fra le lingue
romanze (spagnolo, rumeno, catalano, sardo e molti dialetti
sud-italiani) ed è diffusa ampiamente in lingue di altre famiglie
(Bantu, Sino-Tibetane etc.), cfr. Aissen (2003). La presenza di
AccPrep è, secondo Comrie (1989), iconica: marca infatti una
relazione naturale, ovvero disambigua un possibile semantic
clash fra soggetto e oggetto nel caso in cui quest’ultimo abbia
animatezza e specificità simili al soggetto. AccPrep funge da
disambiguatore semantico, ha un valore logico ed è un tratto
linguistico utile a segnalare una relazione frasale non ovvia e
ambigua (Iemmolo, 2010), come nei casi di busco a un amigo –
cerco un amico specifico – e busco un amigo – non un amico
conosciuto in precedenza, ma qualcuno che mi faccia compa-
gnia –, cfr. Leonetti, 2008. Nel passaggio da spagnolo a italia-
no, gli AI hanno abbandonato con molta riluttanza l’AccPrep
probabilmente perché è, quella dello spagnolo, una configura-
zione meno marcata della sua controparte italiana, sia perché
maggiormente diffusa fra le lingue del mondo sia perché porta-
trice di valori semantici necessari per parlanti madre lingua. Nel
passaggio da italiano a spagnolo, gli AS sono riusciti ad ag-
giungere con discreta efficacia AccPrep nelle loro interlingue,
raggiungendo, nel delayed post-test, un risultato di 6.6 punti e
dimostrando, quindi, di essere inclini ad accettare questo tratto
anche in stadi interlinguistici piuttosto iniziali.
L’articolo pre-possessivo, come abbiamo visto in 3.3, è, in-
vece, una struttura decisamente marcata, sia perché poco diffu-
sa fra le lingue del mondo (l’italiano ha, in merito, un compor-
tamento molto raro fra le lingue europee) sia perché sostan-
zialmente poco utile da un punto di vista semantico o, comun-
que, portatrice di valori molto meno facilmente identificabili di
124 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

quelli visti in precedenza per AccPrep. Gli AS hanno infatti ab-


bandonato con molta facilità ArtPre, totalizzando, nell’ultimo
rilievo dello studio, 7.7 punti su 10, dimostrando, così, di essere
inclini a passare da una configurazione più marcata, quella
dell’italiano, a una configurazione meno marcata, quella dello
spagnolo. Parallelamente, gli AI totalizzano, nel delayed post-
test, 5.6 punti su 10, mostrando certamente un miglioramento,
ma raggiungendo un risultato più basso di quanto fatto dagli AS
sul tratto in apprendimento, l’accusativo preposizionale.
Il passaggio da configurazioni più marcate a meno marcate
facilità i compiti acquisizionali, siano essi di apprendimento o
disapprendimento. Gli AS dimostrano, infatti, di riuscire auto-
nomamente a risolvere l’unlearning problem, inibendo con
buoni risultati l’aggiunta di ArtPre nelle loro interlingue, cosa,
invece, non riuscita agli AI per AccPrep. Il nostro studio sostie-
ne quindi le posizioni di chi considera superabile il problema
del disapprendimento (cfr. Slabakova, 2006; Gabriele, 2009),
ma solo nel caso in cui la configurazione in L1 della struttura
da disapprendere sia più marcata della sua controparte in L2.

5.6. Reazioni degli studenti al trattamento

Nel paragrafo 4.4.2 abbiamo presentato uno schema di raccolta


e di analisi delle reazioni degli studenti al trattamento a cui so-
no stati sottoposti durante l’attività didattica. Dato il contesto
formale di studio della lingua in cui è avvenuta la sperimenta-
zione, era lecito aspettarsi delle richieste di spiegazione sulla
natura e sulle motivazioni delle manipolazioni testuali, anche e
soprattutto considerata la loro natura insolita. Le reazioni degli
studenti sono state suddivise in tre macrocategorie (cfr. 4.4.2):

a) richieste di verifica di un’ipotesi linguistica già formula-


ta: lo studente chiede la conferma di un funzionamento
linguistico in merito alle strutture evidenziate;
b) richieste di spiegazioni metalinguistiche: lo studente ha
collegato il trattamento alle forme linguistiche, ma non
V. Analisi e interpretazione dei dati 125

ha sviluppato autonomamente alcuna ipotesi in merito al


loro funzionamento;
c) richieste di spiegazione sul mezzo e non sulla lingua: lo
studente ha notato la manipolazione visiva, ma non la ha
collegata a un aspetto linguistico (uno dei possibili punti
deboli del TE, cfr. Lee, Huang, 2008 e Simard, 2009).

Ricordiamo che le richieste di chiarimento sono state raccol-


te su apposite schede dagli insegnanti; alcune volte gli studenti
hanno interpellato direttamente il ricercatore. Le domande di
chiarimento sono state divise secondo due modalità: in plenum,
ovvero fatte davanti alla classe e in privato, ovvero fatte singo-
larmente all’insegnante o al ricercatore. Le reazioni sono, com-
plessivamente, molto poche: il TE non ha suscitato particolari
interessi o curiosità negli apprendenti.

5.6.1. Reazioni degli AI

Sono state riportate otto reazioni al trattamento. Due informan-


ti, abituate a studiare insieme e considerate molto unite fra loro
dall’insegnante, hanno chiesto al ricercatore, dopo la sommini-
strazione del post-test, se vi fosse una qualche relazione fra le
frecce rosse presenti nei testi letti pochi giorni prima e il test
temporizzato al computer. Il ricercatore ha chiesto quali fossero
le loro opinioni a riguardo e se avessero una qualche idea in
merito. Le risposte, molto vaghe, erano che sì, effettivamente
una qualche correlazione doveva esserci, ma nessuna ipotesi
linguistica è stata formulata dalle due discenti. Inoltre, le due
ragazze ricordavano la presenza delle frecce, ma non sapevano
collocarla in punti precisi dei testi. Classifichiamo questa rispo-
sta come di tipo c, effettuata in privato. Un’ altra richiesta in
privato, questa volta di spiegazione metalinguistica (tipo b) è
stata fatta da una studentessa all’insegnante: molto rapidamente
e alla fine di una lezione, è stato chiesto il perché della presenza
di quegli articoli in rosso nei testi (siamo, qui, alla fine della let-
tura del quarto testo). La studentessa ha inoltre aggiunto che il
sistema dell’articolo, per gli ispanofoni, è abbastanza semplice
126 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

tranne che per quel “lo” che è invece più difficile da capire.
L’insegnante, per evitare di dare spiegazioni sulle procedure
sperimentali, ha deviato la richiesta di spiegazioni sul “lo”, as-
serendo che, sì, in effetti l’articolo “lo” è complesso, ma che,
con il tempo, non avrebbe più creato problemi. Questa infor-
mante ha messo in relazione il TE al sistema dell’articolo, ma
non alla sua presenza in posizione pre-possessiva; infatti,
l’articolo “lo” non compare mai in posizione pre-possessiva, a
ulteriore conferma di come ciò che è stato notato non è esatta-
mente il fenomeno che si voleva rendere più saliente.
Durante la lettura del quarto testo, uno studente particolar-
mente attento ha chiesto in plenum, durante la correzione
dell’esercizio di comprensione del testo, se le evidenziazioni in
rosso fossero un modo che l’insegnante aveva escogitato per
correggere più rapidamente i testi. A quanto abbiamo capito,
questo studente ha ipotizzato che il trattamento su ArtPre fosse
in realtà una soluzione informatica per la lettura automatica dei
testi. Non tutti gli studenti hanno sentito chiaramente la doman-
da (molti erano impegnati nel verificare le risposte date con i
compagni, in quel momento); coloro che, invece, hanno capito
l’ipotesi di questo discente l’hanno subito scartata in vario mo-
do, dicendo che quelle parole in rosso erano un modo in cui
l’insegnante voleva distrarre gli studenti o che, invece, il trat-
tamento aveva una qualche funzione didattica da porre in rela-
zione con il pre-test computerizzato a cui avevano partecipato
pochi giorni prima. Classifichiamo questa domanda e queste ri-
sposte come di tipo c, ovvero di richiesta di spiegazione sul
mezzo e non sulla lingua in plenum. Un altro insegnante ha ri-
portato due interventi fatti dagli studenti. Il primo, fatto in ple-
num subito dopo la distribuzione dei testi durante la lezione, è
stata un’aperta “dichiarazione” di sorpresa nel vedere le frecce
nei brani da leggere. Questo informante ha definito i testi come
originali e strani e ha mostrato a un suo compagno le evidenzia-
zioni fatte con le frecce. L’insegnante ha però fatto decadere
questa esclamazione e ha proseguito nel dare le consegne del
compito di lettura e la discussione non ha più avuto seguito.
Classifichiamo questa reazione come di tipo c in plenum, ben-
V. Analisi e interpretazione dei dati 127

ché, a ben vedere, non è stata fatta nessuna reale richiesta


all’insegnante. La seconda studentessa citata da questa inse-
gnante ha invece mostrato interesse verso la presenza delle
frecce in privato, alla fine della lezione. Questa informante ha
esplicitamente detto alla docente che le frecce dovevano essere
lì per qualcosa, senza però azzardare una reale ipotesi.
L’insegnante ha spinto la discente a darsi una risposta da sola
ed eventualmente di chiedere una spiegazione in un secondo
momento. La stessa studentessa, alla fine del delayed post-test,
ha chiesto al ricercatore se le frecce nei testi fossero in relazio-
ne con le tre prove grammaticali fatte al computer. Abbiamo
quindi risposto positivamente (lo studio, a questo punto, era fi-
nito) e abbiamo chiesto direttamente alla ragazza se avesse svi-
luppato una qualche idea sul perché della presenza di quelle
manipolazioni. La risposta è stata vaga: il TE avrebbe avuto una
funzione legata alla grammatica, ma la studentessa non ricorda-
va bene dove le evidenziazioni fossero posizionate (conside-
riamo che erano intanto passati circa due mesi dal trattamento).
Abbiamo dunque svelato il motivo delle frecce nei testi
all’informante che ci ha così detto di non aver capito, a suo
tempo, che il trattamento riguardava l’assenza di AccPrep in
italiano ma di aver comunque capito, nel corso della sua per-
manenza in Italia, che la presenza della “a” pre-oggetto diretto
animato non è corretta in italiano. Definiremmo questa doman-
da come di tipo c, ovvero come una richiesta di spiegazione sul
mezzo fatta in privato.
Ad altri due studenti, che avevano fatto domande generiche
all’insegnante sul perché delle manipolazioni grafiche (doman-
de di tipo b e c in privato), abbiamo chiesto, alla fine del de-
layed post-test, se si ricordavano qualcosa dei testi, ovvero se ci
fosse qualcosa, in quei brani, che li aveva colpiti in particolar
modo. Entrambi avevano trovato le manipolazioni come qual-
cosa di insolito ma, anche, entrambi hanno riportato quasi
all’unisono la parola “pantofolaio” (presente nel secondo testo,
cfr. appendice 2) che li aveva fatti ridere molto. Nessuno dei
due ha realmente formulato un’ipotesi linguistica sui tratti ma-
nipolati, né ha mostrato un chiaro interesse verso il trattamento.
128 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

In conclusione, le reazioni degli studenti al trattamento sono


state poche: i nostri informanti non hanno sentito la necessità di
chiedere spiegazioni sulla presenza del TE nei testi letti.

5.6.2. Reazioni degli AS

Sono state riportate dieci reazioni al trattamento. Tre studenti


provenienti dalla stessa classe hanno chiesto al ricercatore, una
volta concluso il post-test, quale fosse l’utilità delle frecce nei
testi letti in classe pochi giorni prima. La domanda, girata diret-
tamente ai tre informanti, non ha avuto risposta: le frecce erano
state notate, ma nessuna ipotesi è stata fatta a loro riguardo
(domande di tipo c in privato). Una studentessa, “molto atten-
ta”, secondo la sua insegnante, ha chiesto a quest’ultima, a
margine della lezione in cui è stato letto il terzo brano, se, con
quei testi, si voleva far “vedere meglio” che, prima dei nomi
propri, in spagnolo c’è una “a”, un po’ “come si dice a Napoli”.
Questa è l’unica richiesta di tipo a fatta dagli informanti: la stu-
dentessa ha ipotizzato correttamente il funzionamento di Acc-
Prep in spagnolo. L’insegnante non ha risposto, spingendo
l’informante a “scoprire da sola le regole”. Due richieste in ple-
num di tipo c sono arrivate da due studenti che, dopo la lettura
del primo testo, hanno mostrato stupore nel vedere le frecce e
hanno chiesto alla docente il perché della loro presenza. È stato
loro consigliato di non preoccuparsi eccessivamente di quelle
manipolazioni testuali e di proseguire con l’esercizio di lettura e
di comprensione del testo. Al ricercatore sono state fatte, in pri-
vato, due richieste di tipo b: un’informante ha mostrato interes-
se alle “a” in rosso, dicendo che, secondo lui, erano interventi
mirati a far capire meglio come funzionano le preposizioni in
spagnolo dato che, spesso, sono molto diverse dall’italiano (ri-
chiesta di tipo b); un altro soggetto ha domandato a quale fe-
nomeno linguistico fossero collegate le frecce, dato che sicura-
mente, secondo lei, “servono sicuramente a farci imparare me-
glio qualcosa, ma non ho capito bene che cosa”. Una studentes-
sa, durante la lettura del quinto testo, ha detto, in plenum, che,
sicuramente, le frecce erano utili per rispondere meglio alle
V. Analisi e interpretazione dei dati 129

domande di comprensione del testo: questa richiesta è stata


classificata come di tipo c. L’ultima reazione che segnaliamo è
stata quella di un apprendente che, alla fine del delayed post-
test, dunque in privato, ha chiesto al ricercatore di spiegare be-
ne a cosa servissero le frecce, dato che gli era chiaro che aveva-
no a che fare con i test computerizzati, ma non sapeva dire con
esattezza (anche dopo una richiesta diretta), a quale aspetto del-
lo spagnolo fossero legate. È, questa, una richiesta di tipo b.

5.6.3. Conclusioni

La raccolta delle reazioni degli informanti al trattamento fa emerge-


re con molta chiarezza uno dei principali punti di discussione in me-
rito al funzionamento del TE: è, a essere notato, il trattamento in sé
(dunque la presenza di effetti grafici “insoliti” in un testo), una vaga
relazione con un qualche aspetto linguistico o l’aspetto della L2 su
cui intendiamo attirare l’attenzione (cfr. Simard, 2009, Han et al.,
2008)? Su un totale di 18 reazioni al trattamento registrate, 12 sono
di tipo c, cinque di tipo b e solo una di tipo a: i nostri dati, quindi,
confermano che il TE viene spesso notato come trattamento in sé e
non come mezzo pedagogico per spingere lo studente a portare at-
tenzione a un fenomeno linguistico. Questo concorre, con molta
probabilità, allo scarso effetto che, complessivamente, il TE ha sul
miglioramento della competenza linguistica degli apprendenti. Que-
ste conclusioni, tuttavia, vanno prese con le debite cautele: non
avendo videoregistrato le lezioni non possiamo essere assolutamente
certi, per esempio, che gli studenti, durante la lettura dei brani, non si
siano scambiati pareri e informazioni sulla presenza delle manipola-
zioni, cosa che avrebbe potuto fungere da spiegazione o da elemento
risolutivo a eventuali dubbi sulla loro funzione. Inoltre, non possia-
mo essere assolutamente sicuri che quelle riportate siano le uniche
spiegazioni richieste agli insegnanti in merito al trattamento. I do-
centi hanno infatti riferito che è stato in alcuni casi difficile organiz-
zare la lezione contemplando anche l’attività di lettura e compren-
sione da noi proposta e che, alle volte, la scheda non è stata compila-
ta immediatamente dopo la lezione (come chiesto da chi scrive) per
problemi di organizzazione e tempo.
Capitolo VI

Conclusioni e limiti dello studio

6.1. Conclusioni

La ricerca sull’acquisizione delle lingue non materne ci ha mo-


strato come i processi cognitivi dell’apprendente interagiscano
con le qualità intrinseche delle strutture oggetto di acquisizione,
e come questa interazione moduli la velocità e le dinamiche di
sviluppo dell’interlingua. Fattori endogeni al discente, come le
sue capacità mnemoniche e attentive e le proprietà della lingua
madre, sono in costante relazione dialogica con alcune caratte-
ristiche del significante, quali la salienza percettiva, la frequen-
za nell’input, il diverso livello di univocità e trasparenza nella
relazione con funzioni e significati e il grado di somiglianza
con la L1. Inoltre, altre variabili contestuali, come l’istruzione e
le sue modalità, il livello di inclusione nella società in cui la
lingua non materna è parlata e le possibilità di esposizione
all’input, concorrono a determinare, assieme ai fattori linguisti-
ci e cognitivi riportati sopra, le possibilità acquisizionali e il li-
vello di difficoltà di una data struttura della L2.
In particolare, in questo libro ci siamo occupati del primo
passo che ogni apprendente deve compiere per poter acquisire
un tratto della L2: prestarvi il livello minimo di attenzione se-
lettiva necessario per accorgersi della sua presenza nell’input e
per mantenerlo un tempo sufficientemente lungo in memoria a
breve termine, rendendolo così disponibile alla memoria a lun-
go termine per poi, eventualmente, tramutarlo in intake, ovvero
in realtà mentale. Per ovviare ai problemi di scansione e proces-

131
132 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

sazione dello stimolo linguistico e per favorire una più corretta


analisi dell’input, la metodologia del Focus on Form propone
convincenti soluzioni pedagogiche ai docenti, i quali possono
oggi far uso di numerose tecniche di focalizzazione della forma
per favorire il noticing delle strutture oggetto di insegnamento.
La verifica dell’efficacia delle tecniche di FonF è questione
prettamente empirica. Come sostenuto da Granena e colleghi in
una recente meta-analisi (2015), la bontà del FonF nel favorire
l’acquisizione è modulata dall’interazione di diverse variabili
indipendenti di natura linguistica, psicologica e contestuale. Il
nostro studio si è collocato in questo spazio di ricerca, testando
le potenzialità del textual enhancement nel favorire l’appren-
dimento e il disapprendimento dell’accusativo preposizionale e
dell’articolo pre-possessivo da parte di apprendenti ispanofoni
di italiano e italofoni di spagnolo.
Complessivamente, come abbiamo visto nel capitolo V, il
TE ha avuto esiti quasi nulli sul miglioramento della competen-
za degli informanti, incidendo solo sull’apprendimento dell’ac-
cusativo preposizionale da parte degli studenti di spagnolo.
L’intervento didattico ha avuto, però, interessanti effetti sulla
processazione delle frasi stimolo, spingendo i soggetti trattati a
esitare maggiormente nel dare le risposte, rallentando i tempi di
reazione registrati durante i giudizi di grammaticalità. Tuttavia,
sono stati riscontrati effetti nulli, dal punto di vista sia della
competenza sia della processazione, sulle frasi contenenti una
struttura da disapprendere costruite conformemente al modello
della L1 e da giudicare come errate in L2: il TE non ha influito
né sui tempi di reazione né sulla correttezza dei giudizi di frasi
come *Lucia conosce a Marta (per gli AI) ed *el tu barco es
blanco (per gli AS), che sono strutturalmente conformi alla L1
ma errate in L2. Rendere più saliente la prova negativa indiret-
ta dell’ agrammaticalità della presenza di questi elementi in ita-
liano e spagnolo è stato un intervento didattico totalmente inef-
ficace. Questi risultati concorrono a dimostrare che il TE non è
in grado di favorire il disapprendimento di strutture superflua-
mente aggiunte all’interlingua: siamo, quindi, concordi con
quegli autori che sostengono (cfr., inter alia, Trahey & White,
VI. Conclusioni e limiti della ricerca 133

1993, Larrañaga et al., 2012) che, per facilitare il disapprendi-


mento, servono interventi di FonF più intrusivi, quali una cor-
rezione esplicita che fornisca allo studente una prova negativa
diretta di ciò che “non si può” dire in quella L2. Rifacendoci
agli studi dedicati più specificatamente all’apprendimento dello
spagnolo e dell’italiano da parte, rispettivamente, di italofoni e
ispanofoni, possiamo in conclusione convenire che il textual
enhancement non è in grado di inibire la strategia della con-
gruenza per favorire quella della differenza, non promuovendo
con sufficiente efficacia l’abbandono del modello della L1 du-
rante l’acquisizione della L2 (Schmidt, 1994; Bailini, 2016 e
cfr. 3.1). Come notato da Winke (2013, cfr. anche discussione
in 1.5), da Williams (1999) e da Leeman, Areagoita, Fridman e
Doughty (1995, pp. 219 e segg.), il textual enhancement può
aiutare la percezione sensoriale di alcune forme, ma non il loro
noticing: i significanti manipolati ricadono con maggiore pro-
babilità nel focus attentivo dell’apprendente, ma, in molti casi,
per un tempo non sufficiente a favorire la processazione e il tra-
sferimento in memoria a breve termine della loro relazione con
significati e/o valori linguistici. L’apprendente si sarà, quindi,
accorto dell’alterazione grafica delle forme, ma non avrà corret-
tamente riportato questo fenomeno sensoriale a un valore lin-
guistico. La registrazione delle poche reazioni degli studenti du-
rante la lettura dei testi potenziati corrobora questa ipotesi: co-
me visto in 5.6, nella maggior parte dei casi ciò che è stato no-
tato è la manipolazione in sé e non i tratti linguistici a cui è sta-
ta applicata. Il TE, in grado di attrarre l’attenzione selettiva solo
sul significante e non sulle sue relazioni con valori e significati,
deve, quindi, essere coadiuvato da altri interventi di Focus on
Form per poter più efficacemente aiutare la ristrutturazione del-
le interlingue, come già sostenuto da altri studiosi (Cíntron-
Valentín, Ellis, 2016; Winke, 2013; Han, Parks & Combs,
2008), anche in contesti di stretta somiglianza interlinguistica
come nella coppia italiano-spagnolo.
Questo non significa, ovviamente, che il TE sia una tecnica
completamente inutile: essa può rivelarsi un modo efficace per
presentare una nuova struttura da apprendere, favorendo una
134 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

prima percezione della sua presenza nell’input; oppure, in un


contesto di rinforzo di strutture già precedentemente viste e di
scarsa portata comunicativa (il sistema degli articoli o delle
preposizioni nelle lingue romanze, per esempio), può essere uti-
le proporre in classe testi potenziati, in grado di richiamare, an-
che solo a livello passivo, la presenza e la forma di elementi
morfosintattici poco salienti che è facile “perdere” durante
compiti di lettura. Ovviamente, non possiamo sapere se queste
conclusioni valgono anche per altri modi di operativizzare il TE
che, come noto (cf. Simard, 2009), può assumere diverse forme.
Allo stesso modo, le nostre conclusioni sull’efficacia del textual
enhancement sono estendibili solo ad apprendenti con un basso
livello di competenza nella L2, mentre nulla possiamo dire sul
valore di questa tecnica su apprendenti più avanzati.
Oltre a queste conclusioni sull’efficacia del textual enhan-
cement, i risultati del nostro studio impongono anche una rifles-
sione sulla reale necessità di intervenire pedagogicamente sulle
strutture considerate. Se, come visto in 5.5, per gli apprendenti
ispanofoni di italiano un intervento di FonF più esplicito del TE
è necessario soprattutto (ma non solo) per il tratto da disap-
prendere, per gli apprendenti italiani di spagnolo questo non
può essere affermato con lo stesso grado di certezza. Quest’ul-
timo gruppo di apprendenti ha infatti dimostrato di riuscire a
raggiungere livelli di accuratezza nei giudizi di grammaticalità
molto alti per entrambe le strutture, ottenendo risultati ragguar-
devoli in soli quattro mesi di studio della lingua spagnola, indi-
pendentemente dall’intervento di potenziamento percettivo
dell’input. Abbiamo ipotizzato che questi esiti di apprendimen-
to dissimili dipendano dai diversi livelli di marcatezza fra le
strutture delle due lingue: passare dallo spagnolo (L1) all’ita-
liano (L2) per quanto riguarda l’accusativo preposizionale e
l’accusativo pre-possessivo significa risettare i parametri della
propria L1 da configurazioni meno marcate a configurazioni
più marcate ed è, questa, un’operazione più difficile, che ri-
chiede un intervento pedagogico intrusivo ed esplicito per faci-
litare l’allineamento alle proprietà della L2. Gli studenti italo-
foni di spagnolo, invece, passano da configurazioni più marcate
VI. Conclusioni e limiti della ricerca 135

a configurazioni meno marcate: questa operazione è più sem-


plice e, probabilmente, non necessita strettamente di un aiuto
pedagogico esterno. Un insegnante di spagnolo a italofoni non
dovrà necessariamente intervenire sull’apprendimento dell’ac-
cusativo preposizionale e sul disapprendimento dell’articolo
pre-possessivo perché, con il tempo e con l’esposizione all’in-
put, gli apprendenti riusciranno autonomamente ed efficace-
mente ad allineare le proprie rappresentazioni grammaticali alle
caratteristiche della L2. Un insegnante di italiano a ispanofoni,
invece, dovrà necessariamente rendere edotti in maniera esplici-
ta dell’assenza, in italiano standard, della “a” pre oggetto ani-
mato e specifico in frasi SVO e della presenza dell’articolo pre-
possessivo per favorire e velocizzare la corretta acquisizione di
queste due regole dell’italiano. Infine, questo studio mostra
come il problema del disapprendimento sia superabile in un
contesto di vicinanza interlinguistica solo se le strutture da ac-
quisire mostrano un livello di marcatezza inferiore rispetto alle
strutture della lingua madre e conferma quindi parzialmente, e
limitatamente alla coppia linguistica italiano L1-spagnolo L2,
l’ipotesi che l’unlearning problem sia superabile anche senza
un intervento correttivo esterno (Yuan, 2001; Slabakova, 2006;
Gabriele, 2009).

6.2. Limiti dello studio

Il principale limite di questa ricerca è la sua non completa sim-


metria. Il gruppo degli ispanofoni ha studiato in un contesto di
lingua seconda, mentre gli italofoni hanno studiato lo spagnolo
come lingua straniera (cfr. cap. 4). Questo dovrebbe aver com-
plessivamente agevolato gli ispanofoni, esponendoli a un input
qualitativamente e quantitativamente più ricco e avvantaggiando-
li rispetto ai loro compagni italofoni che, invece, sono stati espo-
sti allo spagnolo solo durante le lezioni seguite. In realtà, se stu-
diare una lingua nel Paese in cui essa è parlata, in paragone al
contesto di lingua straniera, mostra vantaggi certi per quanto ri-
guarda lo sviluppo della fluenza, della competenza pragmatica e
136 Apprendimento e disapprendimento fra spagnolo e italiano

della ricezione orale (Llanes, 2011), non sempre si registrano be-


nefici acquisizionali così netti in merito alla competenza gram-
maticale. Gli studi che hanno comparato l’acquisizione della
morfosintassi in soggetti che hanno studiato nei due diversi con-
testi non arrivano a risultati concordi: le ricerche di Howard
(2005, 2006) mostrano miglioramenti nell’area della morfologia
francese da parte di studenti universitari irlandesi residenti in
Francia per un periodo di almeno un anno. In un ulteriore studio
(Howard, 2009), è stato monitorato un apprendente irlandese che
ha soggiornato in Francia per 12 mesi: questo soggetto ha mo-
strato progressi maggiori nella competenza grammaticale rispetto
a un altro informante anglofono che ha studiato il francese in Ir-
landa; in un follow-up condotto a distanza di un anno dai primi
rilievi, però, le differenze fra le competenze dei due informanti si
assottigliano, mostrando, così, la temporaneità dei vantaggi di chi
studia una lingua non materna in contesto di lingua seconda. Gli
studi di Dekeyser (1991), Collentine (2004) e di Ryan e Lafford
(1992) non giungono alle stesse conclusioni di Howard, mo-
strando risultati incoerenti rispetto ai suoi lavori. Anche i nostri
dati non corroborano le posizioni di Howard, almeno per quanto
riguarda i tratti linguistici da noi esaminati: gli italofoni hanno
raggiunto risultati globalmente migliori degli ispanofoni nono-
stante le maggiori possibilità di esposizione all’input di questi ul-
timi. Riteniamo, quindi, di poter escludere, almeno per i fini della
nostra ricerca, effetti differenziali dovuti ai diversi contesti di ap-
prendimento sui nostri dati, anche se siamo consci che una com-
pleta simmetria fra i gruppi di informanti sia auspicabile in un
studio sperimentale di questo tipo.
Un altro aspetto di criticità che va sottolineato è la dimen-
sione tendenzialmente bassa degli effect size rivelata dalle ana-
lisi statistiche del nostro lavoro. Gli effect size sono un indice in
grado di quantificare la potenza di impatto della variabile indi-
pendente su quella dipendente . Sebbene questo indice statistico
sia molto importante, in quanto rivelatore della portata degli ef-
fetti dell’intervento oggetto di sperimentazione, numerosi studi
di acquisizione linguistica, come sottolineato da Larson-Hall
(2009, cap. 4), non riportano questo parametro. Larson-Hall
VI. Conclusioni e limiti della ricerca 137

(ma cfr. anche Barbaranelli, 2007) nota anche che effect size
piccoli non rendono necessariamente poco degni di considera-
zione i risultati di uno studio. Semplicemente, essi dimostrano
che l’influenza della variabile indipendente sulla variabile di-
pendente è bassa anche se gli effetti trovati dalla statistica infe-
renziale sono significativi. Vi possono essere dunque altri fatto-
ri, spesso di natura contestuale e, quindi, difficilmente control-
labili dal ricercatore, che incidono sulla variabile dipendente,
favorendo differenze significative fra i gruppi sperimentali e di
controllo ma riducendo l’impatto della variabile indipendente
sui risultati. Ricerche condotte in un contesto ad alta validità
ecologica devono, talvolta, rinunciare ad avere una completa
validità interna ed è, questo, il nostro caso.
I limiti riportati in questo paragrafo sono certamente, come
già messo in luce nell’introduzione di questo libro, alcuni dei
problemi che la glottodidattica sperimentale deve attrezzarsi a
superare. Fornire risposte basate su dati empirici a una pedago-
gia linguistica che voglia fondare le sue pratiche anche su evi-
denze scientifiche replicabili e falsificabili è cosa complessa:
sono necessari protocolli di ricerca rigidi, campioni di infor-
manti ampi e rigorose analisi dei risultati ottenuti. È necessaria,
inoltre, la partecipazione di molti attori del processo didattico:
insegnanti, studenti e direttori di centri linguistici e istituti sco-
lastici devono necessariamente cooperare per poter portare a
termine studi di questa natura. Qualcosa di prezioso può, però,
essere restituito, soprattutto (ma non solo) ai docenti: una mag-
giore consapevolezza della relazione che intercorre fra inse-
gnamento e acquisizione, una migliore conoscenza di come,
quando e su quali tratti della lingua insegnata usare determinate
tecniche didattiche e, infine, chiare indicazioni su cosa è neces-
sario insegnare esplicitamente e su cosa, invece, può essere ac-
quisito incidentalmente con buoni risultati. In conclusione, au-
spichiamo che questo libro possa incentivare la ricerca empirica
sugli effetti che le tecniche di Focus on Form hanno su strutture
linguistiche distinte: potremo così sapere perché e in quali con-
dizioni alcuni interventi didattici sono maggiormente efficaci di
altri, aiutando di molto l’attività degli insegnanti.
Bibliografia

ABUTALEBI J., Neural aspects of second language representa-


tion and language control, «Acta Psychologica», 128, Else-
vier, Amsterdam 2008, pp. 466-478.
ABUTALEBI J., DELLA ROSA P., DING G., WEEKES B., COSTA
A., GREEN D., Language proficiency modulates the engage-
ment of cognitive control areas in multilinguals, «Cortex»,
49, Elsevier, Amsterdam 2013, pp. 305-911.
AFITSKA O., Role of focus-on-form instruction, corrective feed-
back and uptake in second language classrooms: some in-
sights from recent second language acquisition research,
«The Language Learning Journal», 10, Taylor and Francis,
Londra 2012, pp. 57-73.
AHMADI M., GILAKJANI A., AHMADI, S., The relationship be-
tween attention and consciousness, «Journal of Language
Teaching and Research», 2, Academy Publications, Londra
2011, pp. 1366-1373.
AISSEN J., Differential object marking: iconicity vs economy,
«Natural Language and Linguistic Theory», 21, Springer
Verlag, Heidelberg 2003, pp. 435-483.
ALANEN R., Input enhancement and rule presentation in second
language acquisition, in Schmidt R., Attention and awareness
in foreign language learning, University of Hawai’i, National
Foreign Language Resource Center, Honolulu 1995.
ALLPORT A., Visual attention, in Posner M., Foundations of
cognitive science, MIT Press, Cambridge 1989.
AMBRIDGE B., BRANDT S., 'Lisa filled water into the cup': the
roles of entrenchment, pre-emption and verb semantics in
German speakers' L2 acquisition of English locatives,
«Zeitschrift fuer Anglistik und Amerikanistik», 61, de Gruy-
ter, Berlino 2013, pp. 245-263.

139
140 Bibliografia

ANDERSEN R., Transfer to somewhere, in Gass S., Selinker L.,


Language transfer in language learning, Newbury House,
Rowley 1983.
––– Models, processes, principles and strategies: second lan-
guage acquisition inside and outside the classroom, in Van
Patten B., Lee J., Second language acquisition/foreign lan-
guage learning, Multilingual Matters, Clevedon 1990.
ANDORNO C., La grammatica italiana, Bruno Mondadori, Mi-
lano 2003.
ANTHONY E., Approach, method, and technique, «English Lan-
guage Teaching», 17, Oxford University Press, Oxford
1963, pp. 63-67.
ARROYO J., TRICKER D., Principles of variationism for disam-
biguating language contact phenomena: the case of lone
Spanish nouns in Catalan discourse, «Language Variation
and Change», 12, Cambridge University Press, Cambridge
2000, pp. 103-140.
BAARS B., Some essential differences between consciousness
and attention, perception and working memory, «Con-
sciousness and Cognition», 6, Elsevier, Amsterdam 1997,
pp. 363-371.
BAILINI S., La interlengua de lenguas afines: rasgos distintivos
y perspectivas teóricas, «RSEI. Revista de la sociedad
española de italianistas», 7-8, SEI, Salamanca 2012, pp.
271-286.
––– La interlengua de lenguas afines. El español de los italian-
os, el italiano de los españoles, LED, Milano 2016.
BALASCH S., Spanish variable object marking: dealing with
dependence among linguistic and social factors, «Journal in
research design and statistics in linguistics and communica-
tion sciences», 1, Equinox Publishing, Sheffield 2014, pp.
27-46.
BALBONI P., Le sfide di babele, Utet, Torino 2008.
––– Didattica dell’italiano come lingua seconda e straniera,
Bonacci, Roma 2014.
BANFI E., GRANDI N., Le Lingue d’Europa, Carocci, Roma
2003.
Bibliografia 141

BARBARANELLI C., Analisi dei dati con SPSS, Led, Milano


2007.
BARDEL C., LINDQVIST C., The role of proficiency and psycho-
typology in lexical cross-linguistic influence. A study of a
multilingual learner of italian L3, in Chini M., Desideri P.,
Favilla M., Pallotti G., Atti del VI congresso di studi
dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata, Guerra,
Perugia 2007.
BARTOLOTTI J., MARIAN V., Language learning and control in
monolinguals and bilinguals, «Cognitive Science», 36,
Wiley, Hoboken 2012, pp. 1129-1147.
BASTURKMEN H., LOEWEN S., ELLIS R., Metalanguage in focus
on form in the communicative classroom, «Language
Awareness», 11, Taylor and Francis, Londra 2002, pp. 1-14.
BENATI A., RASTELLI S., Input processing theory: imparare a
processare la seconda lingua, in Rastelli, S., Il processing
nella seconda lingua: teorie, dati sperimentali, didattica,
Carocci, Roma 2013.
BENAZZO S., ANDORNO C., (2010) Discourse cohesion and top-
ic discontinuity in native and learner production, in Roberts
L., Howard M., O’Laorie M., Singelton D., Eurosla Year-
book 10, John Benjamins, Amsterdam 2010.
BERRETTA M., Per uno studio sull'apprendimento dell'italiano
in contesto naturale: il caso dei pronomi personali atoni, in
Giacalone Ramat A., L'apprendimento spontaneo di una se-
conda lingua, il Mulino, Bologna 1986.
––– Temi e percorsi della linguistica. Scritti scelti, Mercurio,
Vercelli 2002.
BERTELLI A., Testo complesso, compito possibile: la struttura-
zione dell’input plurilingue in intercomprensione, in Valen-
tini A., L’input per l’acquisizione di L2: strutturazione, per-
cezione, elaborazione, Cesati Editore, Firenze 2016.
BETTONI C., Glottodidattica e ricerca, in Grassi R., Bozzone
Costa R., Ghezzi C., Dalle sequenze acquisizionali alla
classe di italiano L2, Guerra, Perugia 2008.
BETTONI C., DI BIASE B., Come sviluppare la resa in gramma-
tica del lessico in italiano L2: un esperimento in una scuola
142 Bibliografia

primaria di Sidney, «Studi di Glottodidattica», 2, Università


di Bari, Bari 2007, pp. 82-94.
BIALYSTOK E., Explicit and implicit judgments of L2 grammat-
icality, «Language Learning», 29, Wiley, Hoboken 1979,
pp. 32-68.
BIALYSTOK E., CRAIK F., LUK, G., Cognitive control and lexi-
cal access in younger and older bilinguals, «Journal of Ex-
perimental Psychology: Learning, Memory and Cognition»,
34, American Psychological Association, Washington 2008,
pp. 859-873.
BLEY-VROMAN R., MASTERSON D., Reaction time as a supple-
ment to grammaticality judgements in the investigation of
second language learners' competence, «University of Ha-
wai'i Working Papers in ESL», 8, University of Hawai’i,
Honolulu 1989, pp. 31-43.
BODENHAUSEN G. V., HUGENBERG K. (2009), Attention, per-
ception, and social cognition, in Strack F., Förster J., Social
cognition: the basis of human interaction, Psychology Press,
Philadelphia 2009.
BOWLES M., The effects of textual input enhancement on lan-
guage learning: an online/offline study of fourth-semester
Spanish students, in Kempchinsky P., Piñeros C., Theory,
pratice, and acqusition: papers from the 6th hispanic lin-
guistics symposium and the 5th conference on the acqusition
of Spanish and Portuguese, Cascadilla Press, Somerville
2003.
––– Measuring implicit and explicit linguistic knowledge. What
can heritage language learners contribute?, «Studies in Se-
cond Language Acquisition», 33, Cambridge University
Press, Cambridge 2011, pp. 247-271.
BROWN J. D., RODGERS T., (2002), Doing applied linguistics
research, Oxford University Press, Oxford 2002.
BULTÉ B., HOUSEN A., Defining and operationalising L2 com-
plexity, in Housen A., Kuiken F., Vedder I., Dimensions of
L2 performance and proficiency: investigating complexity,
accuracy and fluency in SLA, John Benjamins, Amsterdam
2012.
Bibliografia 143

CALDERHEAD J., Teachers’ professional learning, The Farmer


Press, Londra 1988.
CALLIES M., Why money can't buy you anything in German: a
functional-typological approach to the mapping of semantic
roles to syntactic functions in SLA, in Arabski J., Cross-
linguistic influences in the second language lexicon Multi-
lingual Matters, Clevedon 2006.
CALVI M., Aprendizaje de lenguas afines: español e italiano,
«REDELE- revista electrónica de didáctica del español co-
mo lengua extranjera», 1, Ministerio de Educación, Cultura
y Deporte, Madrid 2004, pp. 10-24.
Calvi M., Mapelli G., Bonomi M., Lingua, identità e immigra-
zione, Franco Angeli, Milano 2010.
CAMBIAGHI B., Sull’interdisciplinarietà della glottodidattica,
in Mollica A., Dolci R., Pichiassi M, Studi in onore di Kate-
rin Katerinov, Guerra, Perugia 2008.
CARRERA DÍAZ M., Spagnolo e italiano: da una lingua
all’altra, in Preite C., Soliman L., Vecchiato S., Esempi di
multilinguismo in europa. Inglese lingua franca e italiano
lingua straniera. La contrastività nella codificazione lingui-
stica, Egea, Milano 2007.
CARROLL S., Input and evidence: the raw material of second
language acquisition, John Benjamins, Amsterdam 2001.
CHALMERS D., The conscious mind in search of a fundamental
theory, Oxford University Press, Oxford 1996.
CHINI M., Che cos’è la linguistica acquisizionale, Carocci,
Roma 2005.
CHINI M., BOSISIO C., Fondamenti di glottodidattica, Carocci,
Roma 2014.
CHUN M., WOLFE J., Visual attention, in Goldstein B., Black-
well handbook of perception, Blackwell, Oxford 2001.
CILIBERTI A., Glottodidattica. Per una cultura dell’insegna-
mento linguistico, Carocci, Roma 2012.
CINTRÓN-VALENTÍN M., ELLIS N., Salience in second language
acquisition: physical form, learner attention, and instruc-
tional focus, «Frontiers in Psychology», 7, Frontiers Media,
Losanna 2016, pp. 1284-1299.
144 Bibliografia

CLARK R., Resistance to change: unconscious knowledge and


the challenge of unlearning, in Berliner D., Kupermintz H.,
Changing institutions, enviroments and people, Lawrence
Erlbaum, Mahwah 2009.
COHEN, R., The neuropsychology of attention, Plenum Publish-
ing, New York 1993.
COLLENTINE J., The effects of learning context on morphosyn-
tactic and lexical development, «Studies in Second Lan-
guage Acquisition», 26, Cambridge University Press, Cam-
bridge 2004, pp. 227-248.
COMRIE B., Language typology and linguistic universals: syn-
tax and morphology, Blackwell, Oxford 1989.
CONRADIE S., Unlearning construction types transferred from
the L1: evidence from adult L1 Afrikaans L2 French, «Stel-
lenbosch Papers in Linguistics Plus», 40, Stellenbosch Uni-
versity, Stellebosch 2010, pp. 11-26.
CORDER P., La lingua dell’apprendente, in Arcaini E., Py B.,
Interlingua, aspetti teorici e implicazioni didattiche, Istituto
della enciclopedia italiana, Roma 1984.
CULICOVER P., Syntactic nuts: hard cases in syntax, Oxford
University Press, Oxford 1999.
CUZA A., GUIJARRO-FUENTES P., PIRES A., ROTHMAN J., The syn-
tax-semantics of bare and definite plural subjects in the L2 Span-
ish of English natives, «International Journal of Bilingualism»,
17, SAGE Publishing, Thousand Oaks 2012, pp. 634-652.
DAINI R., Funzioni attentive e coscienza di sé, in Cacciari C.,
Papagno C., Psicologia generale e neuroscienze cognitive:
manuale per le professioni medico-sanitarie, il Mulino, Bo-
logna 2006.
DE ANGELIS G. (2005), Multilingualism and non-native lexical
transfer: an identification problem, «International Journal of
Multilingualism», 2, Taylor and Francis, Londra 2005, pp.
1-25.
––– Third or Additional Language Acquisition. Multilingual
Matters, Clevedon 2007.
DE BENEDETTI A. (2006), Liscio come l’aceite. Errori di inter-
ferenza (e non) nell’apprendimento dell’italiano L2 in par-
Bibliografia 145

lanti ispanofoni, in Bosc F., Marello C., Mosca S., Saperi


per insegnare. Formazione di insegnanti di italiano LS/L2
fra scuola e università, Loescher, Torino 2006.
DEKEYSER R., Foreign language development during a semes-
ter abroad, in Freed B., Foreign language acquisition re-
search and the classroom, D.C. Heath, Lexington 1991.
––– What makes learning second-language grammar difficult?
A review of issues, «Language Learning», 55, Wiley, Hobo-
ken 2005, pp. 1-25.
––– Of moving targets and chameleons: Why the concept of dif-
ficulty is so hard to pin down, «Studies in Second Language
Acquisition», 38, Cambridge University Press, Cambridge
2016, pp. 353-363.
DEKEYSER, R., PRIETO BOTANA, G., The effectiveness of pro-
cessing instruction in L2 grammar acquisition: A narrative
review, «Applied Linguistics», 63, Oxford University Press,
Oxford 2015, pp. 290-305.
DELLA PUTTA P., Ho conosciuto a Jorge l’anno scorso. Proposte
glottodidattiche e riflessioni teoriche su un’interferenza sin-
tattica nelle interlingue di ispanofoni, «Italiano LinguaDue»,
2, Università Statale di Milano, Milano 2011, pp. 79-93.
––– I diversi effetti di una tecnica di input enhancement su due
tratti tipici dell’interlingua italiana di ispanofoni: i risultati
di uno studio di glottodidattica sperimentale. Tesi di dotto-
rato non pubblicata, scaricabile da:
https://morethesis.unimore.it/theses/available/etd-03182015-
113357/. Università di Modena e Reggio Emilia, Reggio
Emilia 2015.
––– The effects of textual enhancement on the acquisition of
two nonparallel grammatical features by Spanish-speaking
learners of Italian, «Studies in Second Language Acquisi-
tion», 38, Cambridge University Press, Cambridge 2016a,
pp. 217-238.
––– Do we also need to unlearn constructions? The case of
constructional negative transfer from Spanish to Italian and
its pedagogical implications, in De Knop S., Gilquin G.,
Applied construction grammar, de Gruyter, Berlino 2016b.
146 Bibliografia

DOUGHTY C., Second language instruction does make a differ-


ence, «Studies in Second Language Acquisition», Cam-
bridge University Press, Cambridge 1991, pp. 83-98.
––– Instructed SLA: constraints, compensation, and enhance-
ment, in Doughty C., Long M., The handbook of SLA,
Blackwell, Oxford 2003.
DOUGHTY C., WILLIAMS J., Pedagogical choices in Focus on
Form, in Doughty C., Williams J., Focus on Form in class-
room second language acquisition, Cambridge University
Press, Cambridge 1998.
DRESSLER W., Naturalness, in Booij G., Lehmann C., Mugdan
J., Morphology: an international handbook on inflection and
word formation, De Gruyter, Berlin 2000.
DULAY H., BURT M., Natural sequences in child second lan-
guage acquisition, «Language Learning», 24, Wiley, Hobo-
ken 1974, pp. 37-53.
ECKMAN F., Markedness and the contrastive analysis hypothe-
sis, «Language Learning», 27, Wiley, Hoboken 1977, pp.
315-330.
ELLIS N., Implicit and explicit learning of languages, Academic
Press, Londra 1994.
––– The processes of second language acquisition, in VanPat-
ten B., Williams J., Rott S., Overstreet M., Form-meaning
connections in second language acquisition, Erlbaum,
Mahwah 2004.
––– Cognitive perspectives on SLA: the associative-cognitive
creed, «AILA Review», 19, John Benjamins, Amsterdam
2006a, pp. 100-121.
––– Selective attention and transfer phenomena in SLA: contin-
gency, cue competition, salience, interference, overshadow-
ing, blocking, and perceptual learning, «Applied Linguis-
tics», 27, Oxford University Press, Oxford 2006b, pp. 1-24.
––– Implicit and explicit language learning: their dynamic in-
terface and complexity, in Rebuschat P., Implicit and explic-
it learning of languages, John Benjamins, Amsterdam 2015.
ELLIS N., SAGARRA N., Learned attention effects in L2 tem-
poral reference: the first hour and the next eight semesters,
Bibliografia 147

«Language Learning», 60, Wiley, Hoboken 2010a, pp. 85-


108.
ELLIS N., SAGARRA N., The bounds of adult language acquisi-
tion: blocking and learned attention, «Studies in Second
Language Acquisition», 32, Cambridge University Press,
Cambridge 2010b, pp. 553-580.
ELLIS N., SAGARRA N., Learned attention in adult language
acquisition: a replication and generalization study and me-
ta-analysis, «Studies in Second Language Acquisition», 33,
Cambridge University Press, Cambridge 2011, pp. 589-624.
ELLIS R., Learning a second language through interaction,
John Benjamins, Amsterdam 1999.
––– Introduction: investigating form-focused instruction, «Lan-
guage Learning», 51, Wiley, Hoboken 2001, pp. 1-46.
––– Does form-focused instruction affect the acquisition of im-
plicit knowledge?, «Studies in Second Language Acquisi-
tion», 24, Cambridge University Press, Cambridge 2002, pp.
223-236.
––– Measuring implicit and explicit knowledge of a second lan-
guage, «Studies in Second Language Acquisition», 27,
Cambridge University Press, Cambridge 2005.
––– Researching acquisition sequences: idealization and deide-
alization in SLA, «Language Learning», 65, Wiley, Hoboken
2015, pp. 181-209.
ELLIS R., SHINTANI N., Exploring language pedagogy through se-
cond language acquisition research, Routledge, Londra 2014.
ESCANDELL-VIDAL V., Topics from Ibiza: differential object
marking and clitic dislocation, in Kaiser G., Leonetti M.,
Proceedings of the workshop definiteness, specificity and
animacy in ibero-romance languages, Arbeitspapiere
Fachbereich Sprachwissenschaft, Università di Costanza,
Costanza 2007.
EYSENCK M., KEANE M.T., Cognitive psychology: a student's
handbook, Psychology Press, Philadelphia 2000.
FACCHINELLI L., TESSER E., Manuale d’amore 2 in classe, in
«Lingua Nostra, e Oltre», 4, Università di Padova, Padova
2010, pp. 25-29.
148 Bibliografia

FORDYCE K. (2014), The differential effects of explicit and im-


plicit instruction on EFL learners’ use of epistemic stance,
«Applied Linguistics», 35, Oxford University Press, Oxford
2014, pp. 6-28.
FORSTER J., FRIEDMAN R., ÖZELSEL A., DENZLER, M. (2006),
Enactment of approach and avoidance behavior influences
the scope of perceptual and conceptual attention, «Journal
of Experimental Social Psychology», 42, Elsevier, Amster-
dam 2006, pp. 133-146.
FORSYTH H., The influence of L2 transfer on L3 English written
production in a bilingual German/Italian population: a study
of syntactic errors, «Open Journal of Modern Linguistics», 4,
Scientific Research Publishing, Wuhan 2014, pp. 429-456.
FRANCONERI S., SIMONS D., Moving and looming stimuli cap-
ture attention, «Perception and psychophysics», 65, Spring-
er Verlag, Heidelberg 2003, pp. 999-1010.
GABRIELE A. (2009), Transfer and transition in the SLA of as-
pect: a bidirectional study of learners of English and Japa-
nese, «Studies in Second Language Acquisition», 31, Cam-
bridge University Press, Cambridge 2009, pp. 371-402.
GASS S. (1997), Input, interaction, and the second language
learner, Erlbaum, Mahwah 1997.
GASS S., MACKEY A., Frequency effects and second language
acquisition, «Studies in Second Language Acquisition», 24,
Cambridge University Press, Cambridge 2002, pp. 249-260.
GEORGE, D., KRUSCHKE, J., Contextual modulation of attention
in human category learning, «Learning and Behavior», 40,
Springer Verlag, Heidelberg 2012, pp. 530-541.
GHIA E., Salience in language: the characterization of a com-
plex phenomenon, «Studi Italiani di Linguistica Teorica e
Applicata», 1, Pacini Editore, Pisa 2011, pp. 81-103.
GIACALONE RAMAT A., Il ruolo della tipologia linguistica
nell’acquisizione delle lingue seconde, in Giacalone Ramat
A., Vedovelli M., Italiano lingua seconda/lingua straniera,
Bulzoni, Roma 1994.
GODFROID A., BOERS F., HOUSEN A., An eye for words: gaug-
ing the role of attention in incidental l2 vocabulary acquisi-
Bibliografia 149

tion by means of eye tracking, «Studies in Second Language


Acquisition», 35, Cambridge University Press, Cambridge
2013, pp. 483-517.
GODFROID A., HOUSEN A., BOERS F., A procedure for testing
the noticing hypothesis in the context of vocabulary acquisi-
tion, in Pütz M., Sicola L., Inside the learner’s mind: cogni-
tive processing and second language acquisition, John Ben-
jamins, Amsterdam 2010.
GODFROID A., SCHMIDKE J., What do eye movements tell us
about awareness? A triangulation of eye-movement data,
verbal report and vocabulary learning scores, in
Bergsleithner J., Frota S., Yoshioka J., Noticing and second
language acquisition: studies in honour of Richard Schmidt,
University Hawai’i at Manoa, Honolulu 2013.
GODFROID A., UGGEN M., Attention to irregular verbs by be-
ginning learners of German, «Studies in Second Language
Acquisition», 35, Cambridge University Press, Cambridge
2013, pp. 291-322.
GOLDSCHNEIDER J., DEKEYSER R., Explaining the natural or-
der of L2 morpheme acquisition in English: a meta-analysis
of multiple determinants, «Language Learning», 51, Wiley,
Hoboken 2001, pp. 1-50.
GOO J., GRANEMA G., YILMAZ Y., NOVELLA M., Implicit and
explicit instruction in L2 learning: Norris & Ortega (2000)
revisited and updated, in Rebuschat P., Implicit and explicit
learning of languages, John Benjamins, Amsterdam 2015.
GRASSI R., MANGIARINI C. (2010), Feedback implicito e feed-
back esplicito a confronto: uno studio sperimentale per
l’italiano L2, in Grassi R., Piantoni M., Ghezzi C., Intera-
zione didattica e apprendimento linguistico, Guerra, Perugia
2010.
GROSSBERG S. (1999), The link between brain learning, atten-
tion, and consciousness, «Consciousness and Cognition», 8,
Elsevier, Amsterdam 1999, pp. 1-44.
GUIJARRO-FUENTES P., Feature composition in differential ob-
ject marking, in Roberts L., Pallotti G., Bettoni C., Eurosla
Yearbook 11, John Benjamins, Amsterdam 2011.
150 Bibliografia

GUTIÉRREZ X., The construct validity of grammaticality judge-


ment tests as measures of implicit and explicit knowledge,
«Studies in Second Language Acquisition», 35, Cambridge
University Press, Cambridge 2013, pp. 423-449.
HA J., Developing English determiners through internet chat:
an experiment with Korean EFL students. Tesi di dottorato
non pubblicata, Università della Florida, Gainesville 2005.
HALADJIAN H., MONTEMAYOR C., Unifying theories of con-
sciousness, attention, and conscious attention, in Knauff M.,
Pauen M., Sebanz N., Wachsmuth I., Proceedings of the
35th annual conference of the cognitive science society,
Cognitive Science Society, Austin 2013.
HAMMERSLEY M., Il mito dell’evidence-based. Per un uso cri-
tico della ricerca sociale applicata, Raffaello Cortina, Mila-
no 2016.
HAN Y., Grammaticality judgment tests: how reliable and valid
are they?, «Applied Language Learning», 11, DLIFLC,
Monterey 2000, pp. 177-204.
HAN Z., From Julie to Wes to Alberto. Revisiting the construct
of fossilization, in Han Z., Tarone E., Interlanguage. Forty
years later, John Benjamins, Amsterdam 2014.
HAN Z., PARK E. S., COMBS C., Textual enhancement of input:
issues and possibilities, «Applied Linguisitics», 29, Oxford
University Press, Oxford 2008, pp. 597-618.
HARBERT W, The Germanic languages, Cambridge University
Press, Cambridge 2006.
HASPELMATH M., Against markedness (and what to replace it
with), «Journal of Linguistics», 42, Cambridge University
Press, Cambridge 2006, pp. 25-70.
HOUSEN A., PIERRARD M., Investigations in instructed SLA, de
Gruyter, Berlino 2005.
HOUSEN, A., SIMOENS, H., Introduction: cognitive perspectives
on difficulty and complexity in L2 acquisition, «Studies in
Second Language Acquisition», 38, Cambridge University
Press, Cambridge 2016, pp. 163-175.
HOWARD M., On the role of context in the development of
learner language: insights from study abroad research, «In-
Bibliografia 151

ternational Journal of Applied Linguistics», 148, Wiley, Ho-


boken 2005, pp. 1-20.
––– The expression of number and person through verb mor-
phology in French interlanguage, «International Review of
Applied Linguistics in Language Teaching», 44, de Gruyter,
Berlino 2006, pp. 1-22.
––– Short- versus long-term effects of naturalistic exposure
on the advanced instructed learner’s L2 development: a
case study, in Labeau, E., Myles, F., The advanced
learner variety: the case of French, Peter Lang, Oxford
2009.
HULSTIJN J., Towards a unified account of the representation,
processing and acquisition of second language knowledge,
«Second Language Research», 18, SAGE Publishing, Thou-
sand Oaks 2002, pp. 193-223.
––– Theoretical and empirical issues in the study of implicit
and explicit second-language learning, «Studies in Second
Language Acquisition», 27, Cambridge University Press,
Cambridge 2005, pp. 129-140.
IEMMOLO G., La marcatura differenziale dell’oggetto in sicilia-
no antico, «Archivio Glottologico Italiano», 94, Le Mon-
nier, Firenze 2009, pp. 185-225.
––– Topicality and differential object marking: evidence from
romance and beyond, «Studies in Language», 34, John Ben-
jamins, Amsterdam 2010, pp. 239-272.
INAGAKI S., Motion verbs with goal PPs in the L2 acquisition
of English and Japanese, «Studies in Second Language Ac-
quisition», 23, Cambridge University Press, Cambridge
2001, pp. 153-170.
IZUMI S., Output, input enhancement, and the noticing hypothe-
sis: an experimental study on ESL relativization, «Studies in
Second Language Acquisition», 24, Cambridge University
Press, Cambridge 2002, pp. 541-577.
––– Visual input enhancement as focus on form, «Sophia Lin-
guistica», 51, Sophia University, Sofia 2003, pp. 1-30.
IZUMI S., LAKSHMANAN U., (1998). Learnability, negative evi-
dence and the L2 acquisition of the English passive, «Se-
152 Bibliografia

cond Language Research», 14, SAGE Publishing, Thousand


Oaks 1998, pp. 62-101.
JARVIS S., O’MALLEY M., JING L., ZHANG J., HILL J., CHAN C.,
SEVOSTYANOVA N., Cognitive foundations of crosslinguistic
influence, in Schwieter J., Innovative research and practices
in second language acquisition and bilingualism, John Ben-
jamins, Amsterdam 2013.
JARVIS S., PAVLENKO A., Crosslinguistic influence in language
and cognition, Routledge, New York 2008.
JESSNER U., Linguistic awareness in multilinguals: English as a
third language, Edinburgh University Press, Edinburgh
2006.
JIANG N., Conducting reaction time research in second lan-
guage studies, Routledge, Londra 2012.
JOHNSTON W., HAWLEY K., PLEWE S., ELLIOTT J., DEWITT, M.,
Attention captured by novel stimuli, «Journal of Experi-
mental Psychology: General», 119, American Psychological
Association, Washington 1990, pp. 397-411.
JOURDENAIS R., OTA M., STAUFFER S., BOYSON B., DOUGHTY
C., Does textual enhancement promote noticing? A think-
aloud protocol analysis, in Schmidt R., Attention and
awareness in foreign language learning, University of Ha-
wai`i National Foreign Language Resource Center, Honolu-
lu 1995.
JUDY T., L1/L2 parametric directionality matters, in Roberts L.,
Pallotti G., Bettoni C., Eurosla Yearbook 11, John Benja-
mins, Amsterdam 2011.
KATERINOV K., L’analisi contrastiva e l’analisi degli errori di
lingua applicate all’insegnamento dell’italiano a stranieri,
in «Rassegna Italiana di Linguistica Applicata», 7, Bulzoni,
Roma 1975.
KELLERMAN E., Now you see it, now you don’t, in Gass S.,
Selinker L., Language transfer in language learning, New-
bury House, Rowley 1983.
KENTRIDGE R., Attention without awareness: a brief review, in
Mole C., Smithies D., Wu W., Attention: philosophical and
psychological essays, Oxford University Press, Oxford 2011.
Bibliografia 153

KIM Y., Effects of input elaboration on vocabulary acquisition


through reading by Korean learners of English as a foreign
language, «TESOL Quarterly», 40, Wiley, Hoboken 2006,
pp. 341-373.
KOCH C., Consciousness. Confessions of a romantic reduction-
ist, MIT Press, Cambridge 2012.
KOCH C., TSUCHIYA N., Attention and consciousness: two dis-
tinct brain processes, «Trends in Cognitive Sciences», 11,
Elsevier, Amsterdam 2006.
KOCH C., TSUCHIYA N., Attention and consciousness: related
yet different, «Trends in Cognitive Sciences», 16, Elsevier,
Amsterdam 2012.
KORZEN I., L’articolo italiano fra concetto ed entità. Uno stu-
dio semantico-sintattico sugli articoli e sui sintagmi nomi-
nali italiani con e senza determinante. Museum Tusculanum
Press, Copenaghen 1996.
KRASHEN S., Principles and practice in second language ac-
quisition, Pergamon, Oxford 1982.
––– The effect of formal grammar teaching: still peripheral,
«TESOL Quarterly», 27, Wiley, Hoboken 1993, pp. 722-
725.
KRIEGEL U., The same-order monitoring theory of conscious-
ness, «Synthesis Philosophica», 8, Croatian Philosophical
Society, Zagabria 2007, pp. 361-384.
KRUSCHKE J., Toward a unified model of attention in associa-
tive learning, «Journal of Mathematical Psychology», 45,
Elsevier, Amsterdam 2001, pp. 812-863.
LADO R., Per una didattica scientifica delle lingue, Minerva
Italica, Bergamo 1974.
LAMBERT A., NAIKAR N., MCLAHAN K., AITKEN V. (1999), A
new component of visual orienting: implicit effects of pe-
ripheral information and subthreshold cues on covert atten-
tion, «Journal of Experimental Psychology: Human Percep-
tion and Performance», 25, American psychological Associ-
ation, New York 1999, pp. 321-340.
LAMME V. (2006), Towards a true neural stance on conscious-
ness, «Trends in Cognitive Sciences», 10, Elsevier, Amster-
154 Bibliografia

dam 2006, pp. 494-501.


LANDONE E., Consciousness raising e la traduzione per unità
lessicali, in Cancellier A., Londiero R., Italiano e spagnolo
a contatto, atti del XIX convegno dell’A.I.S.P.I, Unipress,
Padova 2001.
LARRAÑAGA P., TREFFERS-DALLER J., TIDBALL F., ORTEGA,
M., L1 transfer in the acquisition of manner in Spanish by
native speakers of English, «International Journal of Bilin-
gualism», 16, SAGE Publications, Thousand Oaks 2012, pp.
117-138.
LARSON-HALL J., A guide for doing statistics in second lan-
guage research using SPSS, Routledge, Londra 2009.
LEE S., Effects of textual enhancement and topic familiarity on
Korean EFL students’ reading comprehension and learning
of passive form, «Language Learning», 57, Wiley, Hoboken
2007, pp. 87-118.
LEE S., HUANG H., Visual input enhancement and grammar
learning: a meta-analytic review, «Studies in Second Lan-
guage Acquisition», 30, Cambridge University Press, Cam-
bridge 2008, pp. 307-331.
LEEMAN J., AREAGOITA I., FRIDMAN B., DOUGHTY C., Inte-
grating attention to form with meaning: focus on form in
content-based Spanish instruction, in Schmidt R., Attention
and awareness in foreign language learning, University of
Hawai’i national foreign language resource center, Honolulu
1995.
LEFEBVRE C., WHITE L., JOURDAN C., Introduction, in
Lefebvre C., White L., Jourdan C., L2 acquisition and cre-
ole genesis, John Benjamins, Amsterdam 2006.
LEONETTI M., Specificity and differential object marking in
Spanish, «Catalan Journal of Linguistics», 3, Università di
Barcellona, Barcellona 2004, pp. 75-114.
––– Specificity in clitic doubling and in differential object
marking, «Probus», 20, De Gruyter, Berlino 2008, pp. 33-
66.
LEOW R., The effects of input enhancement and text length on
adult l2 readers’ comprehension and intake in second lan-
Bibliografia 155

guage acquisition, «Applied Language Learning», 8,


DLIFLC, Monterey 1997, pp. 197-214.
––– A study of the role of awareness in foreign language behav-
ior: aware vs. unaware learners, «Studies in Second Lan-
guage Acquisition», 22, Cambridge University Press, Cam-
bridge 2000, pp. 557-584.
––– Do learners notice enhanced forms while interacting with
the L2? An on-line and off-line study of the role of written
input enhancement in L2 reading, «Hispania», 84, AATSP,
New York 2001, pp. 496-509.
LEOW R., EGI T., NUEVO A., TSAI Y., The roles of textual en-
hancement and type of linguistic item in adult L2 learners’
comprehension and intake, «Applied Language Learning»,
13, DLIFLC, Monterey 2003, pp. 1-16.
LI F., VANRULLEN R., KOCH C., PERONA P., Rapid natural sce-
ne categorization in the near absence of attention, «Pro-
ceedings of the National Academy of Sciences», 99, Nation-
al Academy of Science, Boston 2002.
LLANES A., The many faces of study abroad: an update on the
research on L2 gains emerged during a study abroad expe-
rience. «International Journal of Bilingualism», 8, SAGE
Publications, Thousand Oaks 2011, pp. 189-215
LOEWEN S. (2009), Grammaticality judgment tests and the
measurement of implicit and explicit l2 knowledge, in Ellis
R., Loewen S., Elder C., Erlam R., Philp J., Reinders H.,
Implicit and explicit knowledge in second language learn-
ing, testing and teaching, Multilingual Matters, Bristol
2009.
––– Focus on form, in Hinke E., Handbook of research in se-
cond language teaching and learning, Routledge, New York
2012.
LONG M., Focus on Form: a design feature in language teach-
ing methodology, in de Bot K., Coste R., Kramsch C., Gins-
berg R., Foreign language research in a cross-cultural per-
spective, John Benjamins, Amsterdam 1991.
LONG M., ROBINSON P., Focus on Form: theory, research and
practice, in Doughty C., Williams J., Focus on Form in
156 Bibliografia

classroom second language acquisition, Cambridge Univer-


sity Press, Cambridge, 1998.
LORENZETTI L., L’italiano Contemporaneo, Carocci, Roma
2003.
LOWIE W., VERSPOOR M., Variability and variation in second
language acquisition orders: a dynamic reevalua-
tion. «Language Learning», 65, Wiley, Hoboken 2015, pp.
63-88.
LUK Z., SHIRAI Y., Is the acquisition order of grammatical
morphemes impervious to L1 knowledge? Evidence from the
acquisition of plural –s, articles and possessive‘s, «Lan-
guage Learning», 59, Wiley, Hoboken 2009, pp. 721-754.
MACLEOD C., MATHEWS A. (1988), Anxiety and the allocation
of attention to threat, «Quarterly Journal of Experimental
Psychology: Human Experimental Psychology», 40, Taylor
and Francis, Londra 1998, pp. 659-670.
MAGRO, T., Psicologia generale, LED, Milano 2006.
MANDELL P., On the reliability of grammaticality judgement
tests in second language acquisition research, «Second
Language Research», 15, SAGE Publishing, Thousand Oaks
1999, pp. 73-100.
MANTOVANI S., La ricerca sul campo in educazione. I metodi
quantitativi, Bruno Mondadori, Milano, 1998.
MCGOVERN K., BAARS B., Cognitive theories of consciousness,
in Zelazo P., Moscovitch M., Thompson E., The Cambridge
handbook of consciousness, Cambridge University Press,
Cambridge 2007.
MERLEAU-PONTY M., Phénoménologie de la perception,
Éditions Gallimard (edizione italiana a cura di Andrea Bo-
nomi), Parigi 1945.
MORGANA S., ZAFFARONI A., L’insegnamento dell’italiano L2
a ispanofoni. Aspetti e proposte didattiche, in Calvi M., Ma-
pelli G., Bonomi M., Lingua, identità e immigrazione, Fran-
co Angeli, Milano 2010.
MOTTER B., Attention in the animal brain, in Wilson R., Keil
F., The MIT encyclopaedia of the cognitive sciences, MIT
Press, Cambridge 1999.
Bibliografia 157

MULCKHUYSE M., TALSMA D., THEEUWES, J. (2007), Grabbing


attention without knowing: automatic capture of attention by
subliminal spatial cues, «Journal of Vision», 7, ARVO, Los
Angeles 2007, pp. 1081-1101.
NORMAN G., Likert scales, levels of measurement and the laws
of statistics, «Advances in Health Science Education», 15,
Springer Verlag, Heidelberg 2010, pp. 625-632.
NORRIS J., ORTEGA L., Effectiveness of L2 instruction: a re-
search synthesis and quantitative meta-analysis, «Language
Learning», 50, Wiley, Hoboken 2000, pp. 417-528.
NOSSALIK L., L1 effects in L2 acquisition of English viewpoint
aspect, in Chia-Ying C., Selected proceedings of the 5th
conference on generative approaches to language acquisi-
tion north America, Cascadilla Proceedings Project, Somer-
ville 2014.
NUZZO E., GAUCI P., Insegnare la pragmatica in italiano L2.
Recenti ricerche nella prospettiva della teoria degli atti lin-
guistici, Carocci, Roma 2012.
NUZZO E., GRASSI R., Input, output e interazione nell’inse-
gnamento delle lingue, Bonacci, Torino 2016.
NUZZO E., RASTELLI S., Glottodidattica sperimentale. Nozioni,
rappresentazioni e processing nell'apprendimento della se-
conda lingua, Carocci, Roma 2011.
OVERSTREET M. (1998), Text enhancement and content famili-
arity: the focus of learner attention, «Spanish Applied Lin-
guistics», 2, John Benjamins, Amsterdam 1998, pp. 229-258.
PALLOTTI G., La seconda lingua, Bompiani, Milano 1998.
––– CAF: defining, refining and differentiating constructs,
«Applied Linguistics», 30, Oxford University Press, Oxford
2009, pp. 590-601.
––– A simple view of linguistic complexity, «Second Language
Research», SAGE Publishing, 31, Thousand Oaks 2015, pp.
117-134.
PEARL, L., MIS, B., Induction problems, indirect positive evi-
dence and Universal Grammar: anaphoric one revisited,
«Language», 92, Linguistic Society of America, Washington
2016, pp. 1-30.
158 Bibliografia

PENELLO N. (2003), Possessivi e nomi di parentela in alcune


varietà italiane antiche e moderne, «Verbum», 4, Akadé-
miai Kiadó, Budapest 2002, pp. 327-348.
PRINZ J., When is perception conscious?, in Nanay B., Perceiv-
ing the world: new essays on perception, Oxford University
Press, New York 2010.
PRIOR A., MACWHINNEY B., Beyond inhibition: a bilingual ad-
vantage in task switching, «Bilingualism: Language and
Cognition», 13, Cambridge University Press, Cambridge
2010, pp. 253-262.
RASTELLI, S., Che cos’è la didattica acquisizionale, Carocci,
Roma 2009.
––– La didattica acquisizionale: ragioni, metodo, critica, in
Rastelli S., Italiano di cinesi, italiano per cinesi. Dalla pro-
spettiva della didattica acquisizionale, Guerra, Perugia
2010.
––– L’italiano L2 per i cinesi è più difficile? La distinzione tra
grammatica e processing nella glottodidattica sperimentale,
in Bonvino E., Rastelli S., La didattica dell’italiano a stu-
denti cinesi e il progetto Marco Polo, Pavia University
Press, Pavia 2011.
––– Il processing nella seconda lingua, Carocci, Roma 2013.
RINGBOM H., Cross-linguistic similarity in foreign language
learning, Multilingual Matters, Clevedon 2007.
RINGBOM H., JARVIS S., The importance of cross-linguistic
similarity in foreign language learning, in Long M., Dough-
ty C, The handbook of language teaching, Blackwell, New
York 2009.
ROBENHALT C., GOLDBERG A., L2 learners do not take com-
peting alternative expressions into account the way L1
learners do, «Language Learning», 66, Wiley, Hoboken
2016, pp. 60-93.
ROBINSON P., Attention and memory during SLA, in Doughty
C., Long M., The handbook of second language acquisition,
Blackwell, Oxford 2003.
RODA C., THOMAS J., Attention aware systems, «Computers in Hu-
man Beaviour», 22, Elsevier, Amsterdam 2006, pp. 557-587.
Bibliografia 159

ROSI F., Learning aspect in Italian L2: corpus annotation, ac-


quisitional patterns, and connectionist modelling, Franco
Angeli, Milano 2009.
ROTHMAN J., Aspect selection in adult L2 Spanish and the
competing systems hypothesis: when pedagogical and lin-
guistic rules conflict, «Languages in Contrast», 8, John Ben-
jamins, Amsterdam 2008, pp. 74-106.
ROTT S. (2007), The effect of frequency of input-enhancements
on word learning and text comprehension, «Language
Learning», 57, Wiley, Hoboken 1979, pp. 165-190.
RYAN J., LAFFORD B., Acquisition of lexical meaning in a study
abroad enviroment: ser and estar and the Granada experi-
ence, «Hispania», 75, AATSP, New York 1992, pp. 714-
722.
SÁNCHEZ IGLESIAS J., Errores, corrección y fosilización en la
didáctica de lenguas afines: análisis de errores en la expre-
sión escrita de estudiantes italianos de E/LE, Ediciones
Universidad de Salamanca, Salamanca 2004.
SCHMID S., L’italiano degli spagnoli. interlingue di immigrati
nella svizzera tedesca, Franco Angeli, Milano 1994.
SCHMIDT R., Interaction, acculturation and the acquisition of
communicative competence, in Wolfson N., Judd E., Socio-
linguistics and language acquisition, Newbury House, Row-
ley 1983.
––– Psychological mechanisms underlying second language
fluency, «Studies in Second Language Acquisition», 14,
Cambridge University Press, Cambridge 1992, pp. 357-385.
––– Deconstructing consciousness in search for useful defini-
tions for applied linguistics, «AILA Review», 11, John Ben-
jamins, Amsterdam 1994, pp. 11-26.
––– Consciousness and foreign language learning: a tutorial on
attention and awareness in learning, in Schmidt R., Atten-
tion and awareness in foreign language learning, University
of Hawai`i National Foreign Language Resource Center,
Honolulu 1995.
––– Attention, in Robinson P., Cognition and second language
instruction, Cambridge University Press, Cambridge 2001.
160 Bibliografia

––– Attention, awareness, and individual differences in lan-


guage learning, in Chan W., Chi S., Chin K., Bhatt S.,
Walker I., Perspectives on individual characteristics and
foreign language education, de Gruyter, Berlino 2010.
SCHMIDT R., FROTA S., Developing basic conversational ability
in a second language: a case study of an adult learner of
portuguese, in Day R., Talking to learn: conversation in se-
cond language acquisition, Newbury House, Rowley 1986.
SCHUMANN J., The expression of temporality in basilang
speech, «Studies in Second Language Acquisition», 9, Cam-
bridge University Press, Cambridge 1987, pp. 36-48.
SCHWARTZ B., SPROUSE R., L2 cognitive states and the full
transfer/full access model, «Second Language Research»,
12, SAGE Publishing, Thousand Oaks 1996, pp. 40-72.
SEGALOWITZ N., Access fluidity, attention control, and the ac-
quisition of fluency in a second language, «TESOL Quarter-
ly», 41, Wiley, Hoboken 2007, pp. 181-186.
SHARWOOD-SMITH M. (1993), Input enhancement in instructed
SLA, «Studies in Second Language Acqusition», 15, Cam-
bridge University Press, Cambridge 1993, pp. 165-179.
SHEEN R., Focus on form and focus on forms, «ELT Journal»,
56, Oxford University Press, Oxford 2002, pp. 303-305.
SHOOK D., FL/L2 reading, grammatical information, and the
input to intake phenomenon, «Applied Language Learning»,
5, DLIFLC, Monterey 1994, pp. 57-93.
SIMARD D., Differential effects of textual enhancement formats
on intake, «System», 37, Elsevier, Amsterdam 2009, pp.
124-135.
SIMARD D., WONG W., Alertness, orientation and detection,
«Studies in Second Language Acquisition», 23, Cambridge
University Press, Cambridge 2001, pp. 103-124.
SLABAKOVA R., Learnability in the second language acquisi-
tion of semantics: a bidirectional study of a semantic pa-
rameter, «Second Language Research», 22, SAGE Publish-
ing, Thousand Oaks 2006, pp. 498-523.
SPADA N., Form-focused instruction and second language ac-
quisition. A review of classroom and laboratory research,
Bibliografia 161

«Language Teaching», 30, Wiley, Hoboken 1997, pp. 73-


87.
––– SLA research and L2 pedagogy: misapplications and ques-
tions of relevance, «Language Teaching», 46, Cambridge
University Press, Cambridge 2013, pp. 69-81.
––– Instructed second language acquisition research and its
relevance for L2 teacher education, «Education Matters», 2,
University of Saskatchewan, Saskatoon 2014, pp. 41-54.
SPADA N., LIGHTBOWN P., Form-focused instruction: isolated
or integrated?, «TESOL Quarterly», 42, Wiley, Hoboken
2008, pp. 181-207.
SPADA N., TOMITA Y., Interaction between type of instructions
and type of language feature: a meta-analysis, «Language
Learning», 60, Wiley, Hoboken 2010, pp. 263-308.
STABLUM F., L’attenzione: funzioni e componenti, in Job R., I
processi cognitivi. Modelli e ricerca in psicologia, Carocci,
Roma, 1998.
STERNBERG R. J., Cognitive Psychology, Cengage Learning,
New York 2005.
THEEUWES J., Abrupt luminance change pops-out; Abrupt color
change does not, «Perception and Psychophysics», 57,
Springer Verlag, Heidelberg 1995, pp. 637-644.
THOMPSON E., ZAHAVI D., Philosophical issues: phenomenolo-
gy, in Zelazo P., Moscovitch M., Thompson E., The Cam-
bridge handbook of consciousness, Cambridge University
Press, Cambridge 2007.
TOLENTINO L., TOKOWICZ N., Cross-language similarity
modulates the effects of second language grammar instruc-
tion, «Language Learning», 60, Wiley, Hoboken 2014, pp.
263-308.
TOMASELLI D., Italiano y español: dos lenguas diferentes, in
Moreno Sandoval A., Actas del VIII Congreso de Lingüísti-
ca General, Laboratorio de Lingüística Informática, Madrid
2008.
TRAHEY M., Positive evidence in second language acquisition:
some long-term effects, in «Second Language Research», 12,
SAGE Publishing, Thousand Oaks 1996, pp. 111-139.
162 Bibliografia

TRAHEY M., WHITE, L., Positive evidence and preemption in


the second language classroom, «Studies in Second Lan-
guage Acquisition», 15, Cambridge University Press, Cam-
bridge 1993, pp. 181-204.
TRUSCOTT J., Noticing in second language acquisition: a criti-
cal review, «Second Language Research», 14, SAGE Pub-
lishing, Thousand Oaks 1998, pp. 103-135.
––– Consciousness and second language learning, Multilingual
Matters, Londra 2015.
TRUSCOTT J., SHARWOOD-SMITH M., Input, intake, and con-
sciousness, «Studies In Second Language Acquisition», 33,
Cambridge University Press, Cambridge 2011, pp. 497-528.
TURATTO M. (2006), Attenzione e coscienza, in Legrenzi P.,
Fondamenti di psicologia generale, il Mulino, Bologna
2006.
UMILTÀ C., Attenzione e coscienza, in Legrenzi P., Manuale di
psicologia generale, il Mulino, Bologna 1994.
VALENTINI A., Il ruolo della lingua materna: dall’ipotesi con-
trastiva alla varietà di apprendimento, in Ghezzi C., Guerini
F., Molinelli P., Italiano e lingue immigrate a confronto: ri-
flessioni per la pratica didattica, Guerra, Perugia 2004.
––– Strutturazione, percezione, elaborazione dell’input per la
L2: un’introduzione, in Valentini A., L’input per
l’acquisizione di L2: strutturazione, percezione, elaborazio-
ne, Cesati Editore, Firenze 2016.
VANPATTEN B., Input processing in adult second language ac-
quisition, in VanPatten B., Williams J., Theories in second
language acquisition, Erlbaum, Mahwah 2007.
VIETTI A., Come gli immigrati cambiano l’italiano. l’italiano di
peruviane come varietà etnica, Franco Angeli, Milano 2005.
––– Italiano e spagnolo a contatto: immigrazione e varietà et-
nica, in Calvi M., Mapelli G., Bonomi M., Lingua, identità e
migrazione. Prospettive interdisciplinari, Franco Angeli,
Milano 2010.
WHITE J., An input enhancement study with ESL children: ef-
fects on the acquisition of possessive determiners, Tesi di
dottorato non pubblicata, Mcgill University, Montreal 1996.
Bibliografia 163

WHITE L., Universal grammar and second language acquisi-


tion, John Benjamins, Amsterdam 1989.
––– Adverb placement in second language acquisition: some ef-
fects of positive and negative evidence in the classroom,
«Second Language Research», 7, SAGE Publishing, Thou-
sand Oaks 1991a, pp. 133-161.
––– The verb movement parameter in second language acquisi-
tion, «Language Acquisition», 1, Taylor and Francis, Londra
1991b, pp. 337-60.
––– Argument structure in second language acquisition,
«French Language Studies», 1, Cambridge University Press,
Cambridge 1991c, pp. 189-207.
WHITTLE A., NUZZO E., L’insegnamento della grammatica nel-
la classe multilingue. Un esperimento di Focus on Form nel-
la scuola primaria, Studi AItLA, Milano 2015.
WHONG M., GIL K., MARSDEN H., Beyond paradigm. The
‘what’ and the ‘how’ of classroom research, «Second Lan-
guage Research», 30, SAGE Publishing, Thousand Oaks
2014, pp. 551-568.
WILLIAMS J. (1999), Memory, attention, and inductive learning,
«Studies in Second Language Acquisition», 21, Cambridge
University Press, Cambridge 1999, pp. 1-48.
WINKE P., The effects of input enhancement on grammar learn-
ing and comprehension: a modified replication of Lee, 2007,
with eye-movement data, «Studies in Second Language Ac-
quisition», 35, Cambridge University Press, Cambridge 2013.
WOLFE J., HOROWITZ T., KENNER N., Rare items often missed
in visual searches, «Nature», 435, MacMillian Publishers,
New York, pp. 439-440.
WONG W. (2003), Textual enhancement and simplified input:
effects on l2 comprehension and acquisition of non-
meaningful grammatical form, «Applied Language Learn-
ing», 13, DLIFLC, Monterey 2003, pp. 17-47.
YANTIS S., JOHNSON D., Mechanisms of attentional priority,
«Journal of Experimental Psychology: Human Perception
and Performance», 16, American Psychological Association,
Washington 1990, pp. 812-825.
164 Bibliografia

YIN B., KAISER E., Chinese speakers’ acquisition of telicity in


English, in Granena G., Koeth J., Lee-Ellis S., Lukyanchen-
ko A., Prieto Botana G., Rhoades E., Selected proceedings
of the 2010 second language research forum: reconsidering
SLA research, dimensions and directions, Cascadilla Pro-
ceedings Project, Sommerville 2011.
YUAN B. (2001). The status of thematic verbs in the second
language-acquisition of Chinese: against inevitability of
thematic-verb raising in second language acquisition, «Se-
cond Language Research», 17, SAGE Publishing, Thousand
Oaks 2002, pp. 248-272.
ZURLO F., Fenomeni d’interferenza nell’apprendimento
dell’italiano da parte di parlanti spagnolo, «Italiano Lin-
guaDue», 1, Università Statale di Milano, Milano 2009, pp.
55-67.
Appendice 1

Studi condotti per verificare l’efficacia del textual enhancement

Studio Partecipanti e Struttura og- Effetti del TE


lingue madri getto di studio
Doughty, Studenti di inglese Frasi relative Effetti positivi
1991 con diverse L1
Shook, Studenti anglofoni di Present perfect e Effetti positivi
1994 spagnolo pronomi relativi
Alanen, Studenti anglofoni di Suffissi locativi Effetti positivi
1995 lingua artificiale ma non significa-
tivi rispetto a
gruppo di con-
trollo
Jourdenai Studenti anglofoni di Preterito e im- Effetti positivi
s et al., spagnolo perfetto
1995
White, Studenti francofoni Possessivi Effetti positivi
1996 di inglese sulla frequenza
d’uso ma non su
accuratezza
Leow, Studenti anglofoni di Imperativi for- Nessun effetto
1997 spagnolo mali
Over- Studenti anglofoni di Preterito e im- Nessun effetto
street, spagnolo perfetto sull’acquisizione
1998 ma effetto nega-
tive sulla com-
prensione del te-
sto.
Williams, Studenti anglofoni di Morfologia ver- Effetti positivi
1999 italiano bale
Leow, Apprendenti anglo- Imperativi Nessun effetto
2001 foni di spagnolo

165
166 Appendice 1

Izumi, Studenti mistilingue Frasi relative Effetti positivi sul


2002, di inglese noticing ma non
2003 sull’acquisizione
Leow et Apprendenti anglo- Preterito e con- Nessun effetto
al., 2003 foni di spagnolo giuntivi
Wong, Apprendenti anglo- Passato com- Nessun effetto
2003 foni di francese posto
Ha, 2005 Apprendenti coreano- Passivo Effetti positivi su
foni di inglese apprendimento
Kim, Apprendenti Lessico Effetti negativi
2006 coreanofoni di in-
glese
Lee, Apprendenti Articoli deter- Effetti positivi
2007 coreanofoni di in- minativi
glese
Rott, Apprendenti ger- Lessico Effetti positivi
2007 manofoni di inglese
Lee, Apprendenti misti- Passivo Effetti positivi sul
2007 lingue di inglese noticing, effetti
negativi sulla
comprensione del
testo
Winke, Apprendenti di diver- Passivo Effetti positivi sul
2013 se L1 di inglese noticing ma non
sull’apprendimen
to
Appendice 2

Esempi di due testi usati durante il trattamento, poi opportuna-


mente manipolati come indicato in 4.3.

Testo in italiano

Gli italiani e il tempo libero

Italiani, popolo di pantofolai! Secondo una recente indagine dell’istat più del-
la metà degli italiani ama trascorrere il suo tempo libero in casa. Le attività
più comuni sono navigare su internet, guardare la tv ma anche leggere. Per
capire meglio come sono fatti e cosa fanno i nostri connazionali nel tempo li-
bero, ascoltiamo tre persone che ci raccontano le loro domeniche.

Michele, l’internauta
Io amo la domenica! Mi piace svegliarmi tardi e pensare che tutta la giornata
è solo per me. So che molte persone invitano amici e parenti a pranzo, oppure
fanno sport o vanno al cinema. Io no, a me piace stare solo con il mio compu-
ter. Dopo pranzo navigo su internet, scrivo qualche e-mail, guardo facebook,
leggo qualche notizia, guardo un film… E’ molto rilassante e mi piace molto
passare il mio tempo libero in questo modo!

Paola, un debole per la televisione


Dopo pranzo saluto Franco, mio marito; lui è uno sportivo: la domenica
chiama qualche suo amico e, insieme, vanno in bicicletta. Il mio pomeriggio,
invece, è davanti alla televisione. Sono pigra, è vero! Mi sdraio sul divano con
il telecomando in mano, scelgo il programma che più mi piace e mi rilasso
completamente. Domenica scorsa, per esempio, ho visto Madonna in un vec-
chio concerto di quindici anni fa… A me piace molto la musica e la domenica
pomeriggio trasmettono molto spesso vecchi concerti, è bellissimo guardarli e
sentire le stesse emozioni che ho provato quando ero più giovane!

Riccardo, topo da biblioteca


Il mio libro preferito? Non esiste, la mia biblioteca è troppo grande per poter
scegliere! Il sabato contatto tutti, i miei amici, la mia fidanzata… Domani de-
vo leggere, non disturbatemi fino alle sei di pomeriggio! La domenica non in-
vito nessuno a casa, mai. Apro i miei libri e mi immergo nella lettura. Mi pia-
ce immaginare mondi diversi e lontani, adoro i romanzi di fantascienza e i

167
168 Appendice 2

gialli. Cosa ho letto domenica scorsa? Amo Simenon, è il mio giallista prefe-
rito… Ho da poco finito il suo romanzo più bello, “Il mio amico Maigret”…

E voi, lettori? Siete anche voi pantofolai come Michele, Riccardo e Paola?
Passate anche voi la domenica da soli oppure uscite e incontrate gli amici?
Condividete con noi le vostre idee, potete scriverci una mail a domenicaitalia-
na@mail.it o telefonarci allo 0689778!

Rileggete il testo e rispondete alle seguenti domande:

1) Come spieghi il significato della parola “panotofolaio”? Prova a dare una


semplice definizione.
…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………

2) Michele: a. legge molti libri


b. non ha amici
c. trascorre la sua domenica in solitudine

3) Gli italiani: a. fanno di solito molto sport


b. nel tempo libero guardano la tv
c. nel tempo libero fanno molte attività in casa

4) I lettori dell’articolo possono:

a. scrivere a domenicaitaliana@mail.it per dire cosa pensano


b. possono telefonare per parlare con una delle tre persone
c. anche uscire e incontrare gli amici.

5) Riccardo: a. ha molta fantasia


b. ha una fidanzata
c. invita poche persone a casa, la domenica

Testo in spagnolo

Los italianos y el tiempo libre

¡Italianos, pueblo de caseros! Según un reciente estudio del Istat (Istituto


Nazionale di Statistica) a más de la mitad de los italianos les gusta transcurrir
Appendice 2 169

el tiempo libre en casa. Las actividades más comunes son navegar en internet,
ver la tele y también leer. Para entender mejor cómo son y qué hacen los
italianos en su tiempo libre, vamos a escuchar a tres personas que nos cuentan
sus domingos.

Michele, el internauta
¡A mí me encanta el domingo! Me gusta despertarme tarde y pensar que tengo
todo el día para mí solo. Sé que muchas persona invitan a los amigos y a la
familia a comer, hacen deporte o van al cine. Yo no; a mí me gusta estar solo,
con mi ordenador. Después de comer, navego por internet, escribo algún
email, miro facebook, leo alguna noticia, hablo con un amigo en internet... Es
muy relajante y ¡me gusta mucho pasar mi tiempo libre así!

Paola, una debilidad por la televisión


Después de comer me despido de Franco, mi novio; a él le gusta el deporte y
los domingos llama a Fabio, un amigo suyo, para ir juntos en bici. Mi tarde,
en cambio, transcurre delante de la televisión. Soy vaga, ¡es verdad! Me
pongo en el sofá con el mando en la mano, elijo el programa que más me
gusta y me relajo completamente. El domingo pasado, por ejemplo, vi a
Madona en un concierto de hace quince años... A mí me gusta mucho la
música y el domingo por la tarde retrasmiten muy a menudo conciertos de
hace tiempo, ¡es estupendo verlos y sentir las mismas emociones que sentía
cuando era más joven!

Ricardo, ratón de biblioteca


¿Mi libro preferido? No existe, ¡mi biblioteca es demasiado grande para poder
elegir! Los sábados llamo a todos...Mañana tengo que leer así que ¡no
molestadme hasta las seis de la tarde! Los domingos no invito a nadie a casa,
nunca. Abro mis libros y me sumerjo en la lectura. Me gusta imaginarme
mundos diferentes y lejanos, adoro las novelas de ciencia ficción y
policíacas. ¿Qué leí el domingo pasado? Me encanta Simenon, es mi escritor
preferido... Hace poco que he terminado su mejor novela, Mi amigo Maigret...

¿Y vosotros, lectores? ¿También sois caseros, como Michele, Paola y


Ricardo? ¿Vosotros también pasáis solos los domingos o salís y quedáis con
amigos? Compartid con nosotros vuestras ideas; podéis escribirnos un email a
domenicaitaliana@mail.it o llamarnos al 0689778!

Escoge la opción correcta para completar las siguientes frases:

1) Michele: a. lee muchos libros


b. no tiene amigos
c. pasa su domingo en soledad
170 Appendice 2

2) Los italianos: a. suelen hacer mucho deporte


b. en el tiempo libre ven la televisión
c. en el tiempo libre hacen muchas actividades
domésticas

3) Los lectores del articulo pueden:

a. escribir a domenicaitaliana@mail.it para decir que piensan


b. pueden llamar para hablar con una de las tres personas
c. también salir y encontrarse con amigos

4) Riccardo: a. tiene mucha fantasía


b. tiene novia
c. invita pocas personas a casa, los domingos
Appendice 3

Frasi da giudicare in spagnolo

Tabella 1.
Frasi –AccPrep.
Test Post-test Delayed post-test
Marco ha conocido Silvia Silvia conoce Marco Anna ha conocido Silvia
Carlo saluda Anna Anna ha saludado Paolo Fabio ha encontrado Marco
Paolo ha querido Laura Fabio ha encontrado Laura Elena saluda Lara
Pietro ha encontrado Elena Elena ha besado Pietro Pietro besa Laura
Lara besa Fabio Carlo quiere Laura Paolo ha querido Anna

Tabella 2.
Frasi +AccPrep.
Test Post-test Delayed post-test
Ciro ha querido a Lidia Lidia ha encontrado a Flavio Enzo ha querido a Linda
Aldo ha encontrado a Maria Linda ha saludado a Ciro Lucio ha encontrado a Ciro
Flavio ha conocido a Linda Maria ha besado a Lucio Lidia ha conocido a Maria
Lucio saluda a Lucia Aldo conoce a Lucia Nora saluda a Flavio
Enzo besa a Nora Nora quiere a Enzo Aldo besa a Lucia

Tabella 3.
Frasi +ArtPre.
Test Post-test Delayed post-test
La mi casa es bonita El tu libro es bonito El tu coche es bonito
El mi libro es negro El mi barco es nuevo El mi teléfono es nuevo
El tu barco es blanco La tu casa es pequeña El tu barco es negro
El tu coche es nuevo El mi teléfono es negro La mi casa es blanca
El tu teléfono es pequeño El mi coche es blanco El tu coche es pequeño

Tabella 4.
Frasi –ArtPre.
Test Post-test Delayed post-test
Tu vestido es blanco Mi bicicleta es bonita Tu bolso es bonito
Mi agenda es nueva Mi vestido es negro Mi vestido es nuevo
Tu bicicleta es pequeña Tu agenda es blanca Tu guitarra es negra
Mi bolso es negro Tu bolso es nuevo Mi agenda es pequeña
Mi guitarra es bonita Tu guitarra es pequeña Tu bicicleta es blanca

171
172 Appendice 3

Frasi da giudicare in italiano

Tabella 5.
Frasi –AccPrep.
Test Post-test Delayed post-test
Marco ha conosciuto Silvia Silvia conosce Marco Anna ha conosciuto Silvia
Carlo saluta Anna Anna ha salutato Paolo Fabio ha incontrato Marco
Paolo ha amato Laura Fabio ha incontrato Laura Elena saluta Lara
Pietro ha incontrato Elena Elena ha baciato Pietro Pietro bacia Laura
Lara bacia Fabio Carlo ama Laura Paolo ha amato Anna

Tabella 6.
Frasi +AccPrep.
Test Post-test Delayed post-test
Ciro ha amato a Lidia Lidia ha incontrato a Flavio Enzo ha amato a Linda
Aldo ha incontrato a Maria Linda ha salutato a Ciro Lucio ha incontrato a Ciro
Flavio ha conosciuto a Linda Maria ha baciato a Lucio Lidia ha conosciuto a Maria
Lucio saluta a Lucia Aldo conosce a Lucia Nora saluta a Flavio
Enzo bacia a Nora Nora ama a Enzo Aldo bacia a Lucia

Tabella 7.
Frasi +ArtPre.
Test Post-test Delayed post-test
La mia casa è bella Il tuo libro è bello La tua macchina è bella
Il mio libro è nero La mia barca è nuova Il mio telefono è nuovo
La tua barca è bianca La tua casa è piccola La tua barca è nera
La tua macchina è nuova Il mio telefono è nero La mia casa è bianca
Il tuo telefono è piccolo La mia macchina è bianca La tua macchina è piccola

Tabella 8.
Frasi –ArtPre.
Test Post-test Delayed post-test
Tuo vestito è bianco Mia bicicletta è bella Tua borsa è bella
Mia agenda è nuova Mio vestito è nero Mio vestito è nuovo
Tua bicicletta è piccola Tua agenda è bianca Tua chitarra è nera;
Mia borsa è nera Tua borsa è nuova Mia agenda è piccola;
Mia chitarra è bella Tua chitarra è piccola Tua bicicletta è bianca
NEUROPAIDEIA
DIDATTICA, LINGUE E CULTURE

1. Giuseppa Compagno, Floriana Di Gesù


Neurodidattica, lingua e apprendimenti. Riflessione teorica e proposte
operative
Premessa di Ángel López García–Molins
Prefazione di Patrizia Lendinara
isbn 978-88-548-6656-0, formato 14 x 21 cm, 244 pagine, 15 euro

2. Rossella Mugno
La didattica delle lingue straniere in prospettiva meta cognitiva. Teoria e
prassi tecnologica
Prefazione di Giuseppa Compagno
isbn 978-88-548-7404-6, formato 14 x 21 cm, 92 pagine, 8 euro

3. Matteo La Grassa
La Lingua dei Segni per gli udenti, l’italiano per i sordi. Riflessioni per la
didattica delle lingue
Prefazione di Andrea Villarini
isbn 978-88-548-7397-1, formato 14 x 21 cm, 196 pagine, 12 euro

4. Giuseppa Cappuccio
Cartoons di qualità nella prima infanzia. I bambini e la media education
Prefazione di Alessandra La Marca
isbn 978-88-548-8009-2, formato 14 x 21 cm, 156 pagine, 10 euro

5. Pietro Celo (a cura di)


I segni del tradurre. Riflessioni sulla traduzione in Lingua dei Segni Ita-
liana
Introduzione di Bruno Osimo
isbn 978-88-548-8011-5, formato 14 × 21 cm, 156 pagine, 14 euro

6. Donatella Lovison
Come analizzare la frase con la grammatica valenziale. Una proposta
didattica
isbn 978-88-548-8306-2, formato 14 × 21 cm, 294 pagine, 15 euro

7. Elena Pistolesi, Rosa Pugliese, Barbara Gili Fivela (a cura di)


Parole, gesti, interpretazioni. Studi linguistici per Carla Bazzanella
isbn 978-88-548-8407-6, formato 17 × 24 cm, 408 pagine, 13 euro
8. Chiara Ferotti
Differenze di genere a scuola. Una ricerca con gli insegnanti
Prefazione di Giuseppe Zanniello
isbn 978-88-548-8436-6, formato 14 × 21 cm, 120 pagine, 9 euro

9. Giuseppa Cappuccio, Giuseppa Compagno


La mente in gioco. Percorsi didattici tra “Neuroeducation” e “Video Edu-
cation”
isbn 978-88-548-8588-2, formato 14 × 21 cm, 134 pagine, 9 euro

10. Louise Cummings


Pragmatica clinica
Traduzione di Yhara M. Formisano
isbn 978-88-548-8793-0, formato 14 × 21 cm, 396 pagine, 20 euro

11. Erica Pinelli


A Corpus–Based Approach to the Conceptualization of Emotions
Prefazione di Gianguido Manzelli
isbn 978-88-548-8989-7, formato 14 × 21 cm, 220 pagine, 14 euro

12. Rossella Mugno


Motivating Students
Prefazione di Giuseppa Compagno
isbn 978-88-548-9111-1, formato 14 × 21 cm, 72 pagine, 8 euro

13. Luca Cignetti, Silvia Demartini, Simone Fornara (a cura di)


Come TIscrivo? La scrittura a scuola tra teoria e didattica
isbn 978-88-548-9172-2, formato 14 × 21 cm, 328 pagine, 18 euro

14. Fátima Faya Cerqueiro, Victoria Guadamillas Gómez, Juana Ma-


ría Blanco Fernández, Olga Elwes Aguilar, María del Mar Ramón
Torrijos (edidado por)
Motivación y creatividad
en la enseñanza de L2/LE. Perspectivas prácticas y teóricas
isbn 978-88-548-9660-4, formato 14 × 21 cm, 204 pagine, 16 euro

15. Ignacio Arroyo Hernández


Construcciones existenciales y locativas. Didáctica y adquisición
Prefazione di Pilar Agustín Llach
isbn 978-88-255-0536-8, formato 14 × 21 cm, 428 pagine, 26 euro
16. Paolo Della Putta
Apprendimento e disapprendimento fra italiano e spagnolo
isbn 978-88-255-0474-3, formato 14 × 21 cm, 176 pagine, 12 euro

17. Chiara Ferotti


Insegnare al maschile e al femminile
Prefazione di Giuseppe Zanniello
isbn 978-88-255-0411-8, formato 14 × 21 cm, 244 pagine, 18 euro
Finito di stampare nel mese di settembre del 2017
dalla tipografia «System Graphic S.r.l.»
00134 Roma – via di Torre Sant’Anastasia, 61
per conto della «Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale» di Canterano (RM)

Potrebbero piacerti anche