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11 Introduzione
17 Capitolo I
Il lessico di una lingua
1.1. Cosa chiamiamo parola, 17 – 1.2. Il dizionario: una rappresentazione del
lessico, 19 – 1.3. Dizionario, vocabolario e lessico, 21 – 1.4. Parole lessicali e
parole grammaticali, 22 – 1.5. Types e tokens, 24 – 1.6. Quante parole deve
conoscere chi apprende una lingua, 26 – 1.7. Vocabolario ricettivo e vocabo-
lario produttivo, 27 – 1.8. Quali parole si imparano prima, 30 – 1.9. Il signifi-
cato, 31 – 1.9.1. Le collocazioni, 34 – 1.9.2. Omonimia e polisemia, 35 – 1.9.3.
Sinonimia, 36 – 1.9.4. Antonimia, 38 – 1.9.5. Iperonimi e iponimi, 39 – 1.10.
La competenza lessicale, 40
43 Capitolo II
Le parole nella mente
2.1. Il lessico mentale, 43 – 2.2. Come si organizzano le parole nella mente,
49 – 2.3. I modelli di rappresentazione, 50 – 2.3.1. Il secondo modello logogen
di Morton, 51 – 2.3.2. Il modello di ricerca seriale di Forster, 53 – 2.3.3. Il
modello di Levelt, 55 – 2.3.4. Il modello neuropsicologico del lessico, 58 –
2.3.5. La teoria modulare, 60 – 2.3.6. Il connessionismo, 61 – 2.4. Modelli del
lessico mentale bilingue, 62
69 Capitolo III
Il Lexical approach
3.1. Le basi teoriche del Lexical approach, 74 – 3.1.1. Aspetti linguistici, 74 –
3.1.2. Aspetti metodologici, 77 – 3.2. La natura del lessico, 81 – 3.3. I chunks
lessicali e i livelli di elaborazione, 90 – 3.4. Applicazioni pratiche del Lexical
approach, 93
101 Capitolo IV
La lettura e lo sviluppo del lessico
4.1. L’ipotesi del riciclo neuronale, 102 – 4.2. Il cervello che legge, 105 – 4.3.
Il percorso della lettura, 107 – 4.4. Leggere in L2, 111 – 4.5. La profondità
ortografica, 113 – 4.6. Modelli di lettura e processi di inferenza, 116 – 4.6.1.
Il modello interattivo di Just e Carpenter, 118 – 4.6.2. Il pandemonio, 122 –
4.6.3. I processi di inferenza, 124 – 4.6.4. La ritenzione dell’inferenza, 132 –
9
10 Indice
4.7. Lettura e lessico, 135 – 4.8. La competenza lessicale, 137 – 4.9. Appren-
dere il lessico attraverso la lettura, 142 – 4.9.1. Riconoscere una parola, 142 –
4.9.2. L’apprendimento cumulativo, 143 – 4.9.3. La soglia lessicale, 144 –
4.10. Implicazioni glottodidattiche, 146 - 4.10.1. La scelta del testo, 146 –
4.10.2. Obiettivi e strategie, 148
155 Capitolo V
I corpora
5.1. Cosa sono i corpora, 155 – 5.2. Cosa si può fare con i corpora, 158 – 5.3.
Le diverse tipologie di corpora, 160 – 5.3.1. Corpus di riferimento di una lin-
gua, 160 – 5.3.2. Corpora specialistici, 161 – 5.3.3. Corpora di apprendi-
mento, 161 – 5.3.4. Confronto tra corpora, 163 – 5.4. I corpora della lingua
italiana, 164 – 5.5. Perché usare i corpora nell’insegnamento del lessico di una
lingua straniera, 175 – 5.6. Come usare i corpora nell’educazione linguistica,
183 – 5.6.1. Esempi di ricerca attraverso i corpora a scopo didattico, 185
201 Capitolo VI
Gli idioms e la metafora
6.1. Gli idioms e la competenza lessicale, 201 – 6.2. Una definizione di idiom,
204 – 6.3. La comprensione delle forme idiomatiche in L1, 206 – 6.4. I livelli
di idiomaticità, 211 – 6.5. Aspetti psicolinguistici delle espressioni idiomati-
che, 213 – 6.6. La rappresentazione mentale delle espressioni idiomatiche, 215
– 6.6.1. La lista idiomatica, 215 – 6.6.2. La codifica simultanea, 216 – 6.6.3.
L’accesso diretto, 216 – 6.6.4. L’ipotesi della configurazione, 217 – 6.7. Ti-
pologie di forme idiomatiche, 218 – 6.8. Strategie per l’apprendimento delle
liste idiomatiche, 220 – 6.9. Criteri di scelta delle forme idiomatiche, 223 –
6.10. La metafora: premesse storiche, 227 – 6.11. La competenza metaforica,
237 – 6.11.1. Definire la metafora, 238 – 6.11.2. Comparazione, anomalia,
interazione, 240 – 6.12. La metafora è un viaggio, 244 – 6.13. La dimensione
cognitiva, 246 – 6.13.1. Richards e il “commercio dei pensieri”, 246 – 6.13.2.
La concezione interattiva di Black, 248 – 6.13.3. I sistemi attivi operanti, 250
– 6.13.4. Il sistema dei luoghi comuni associati, 251 – 6.14. Vivere e agire
metaforicamente, 253 – 6.15. Metafora e concetti astratti, 257 – 6.16. Tradurre
le metafore concettuali di Metaphors We Live By, 262 – 6.16.1. La metafora
del titolo, 267 – 6.16.2. Uno sguardo attraverso le traduzioni di alcune meta-
fore indicate da Lakoff e Johnson, 269 – 6.16.3. La discussione è una guerra,
270 – 6.16.4. Il tempo è denaro, 274 – 6.16.5. La metafora del canale, 278 –
6.16.6 – Le metafore di orientamento, 288 – 6.17. Metafore e educazione lin-
guistica, 292
297 Bibliografia
Introduzione
11
12 Introduzione
Il Lexical approach
I corpora
Il linguaggio figurato
La Parola
(Stefan George)
1
La poesia di George è qui riportata nella traduzione di Fabio Ronci presente in un
contributo a cura di Marco Onofrio pubblicato sulla rivista letteraria L’Ombra delle Pa-
role (2015).
17
18 Parole nella mente, parole per parlare
ciò che incontra nel nuovo mondo in funzione del posto che cia-
scun luogo o cosa assume nel quadro della sua scoperta, equi-
vale, come Todorov osserva, «a una presa di possesso» (1982:
33). L’atto del nominare consente di avvicinare le cose, di fami-
liarizzare con esse, le rende disponibili all’uso così come per-
mette agli eventi e ai vissuti di essere disponibili alla riflessione
e alla rievocazione.
La relazione tra cose o fatti e parole è però più complessa del
semplice denominare inteso come l’assegnare un’etichetta a
qualcosa. Le parole di una lingua svolgono molteplici funzioni
giacché ci sono diversi modi in cui il nostro pensiero, per mezzo
del linguaggio, concettualizza la realtà. Inoltre, sebbene, come
evidenzia De Mauro (2005: 13), svariate lingue riconoscano
come parola un’unità compositiva dotata di significato, osser-
viamo che ciò che chiamiamo parola varia per struttura fonolo-
gica e grafemica sia all’interno di una stessa lingua che fra le
diverse lingue. Una parola può riferirsi a un’idea astratta, un’altra
a qualcosa di concreto, un’altra può essere, invece, polisemica e
può assumere diversi significati a seconda del contesto in cui
viene usata dai parlanti. Una parola può cadere in disuso, un’altra
può essere “fabbricata” e accettata dai parlanti di una lingua per
esigenze concettuali e comunicative. Una parola può non essere
traducibile in un’altra lingua. Le parole, poi, si legano le une alle
altre formando delle unità lessicali complesse che possono intrat-
tenere diversi rapporti semantici con la realtà a cui rinviano: pen-
siamo agli usi figurativi della lingua, ai significati traslati, meta-
forici, ai modi di dire, i quali non sono affatto marginali nella
comunicazione umana, ma – come avremo modo di vedere –
fanno strutturalmente parte della relazione quotidiana tra lingua
e vita. L’organizzazione del lessico, inteso come l’insieme delle
parole di una lingua, è dunque alquanto complessa e non è assi-
milabile all’immagine di una cassettiera costituita da cassetti se-
parati e allineati in ordine rigidamente schematico all’interno dei
quali sono contenute le parole con le loro univoche relazioni se-
mantiche. Il lessico è suscettibile di continue trasformazioni
giacché la lingua è una struttura storico-sociale in divenire.
I. Il lessico di una lingua 19
1.9. Il significato
1.9.1. Le collocazioni
1.9.3. Sinonimia
1.9.4. Antonimia
43
44 Parole nella mente, parole per parlare
2008). Per quanto gli esseri umani nascano dotati delle basi na-
turali per acquisire una lingua, posseggano alla nascita quella che
viene chiamata la facoltà di linguaggio (Ponzio 2002), ossia la
capacità dal punto di vista biologico di apprendere le lingue, è
solo all’interno di un contesto comunicativo pragmatico-sociale,
interazionale, funzionale alle prassi di vita, un contesto affettivo
e relazionale, che riescono ad acquisire una o più lingue storiche.
Apprendere il lessico di una lingua implica, quindi, che ci siano
condizioni socioaffettive, favorevoli all’apprendimento, coordi-
nate a funzioni cognitive e a capacità linguistiche e percettive
(Basile 2020: 41-42). È dunque un processo complesso e l’orga-
nizzazione del lessico mentale che ne risulta si configura in modo
altrettanto complesso.
Ma cosa chiamiamo lessico mentale? Come argomentano Ja-
rema e Libben (2007), definire cosa sia il lessico mentale è im-
possibile nella misura in cui qualsiasi definizione si rivela inade-
guata o incompleta:
̶ inadeguata, in quanto, da un lato, quando parliamo di lessico
mentale non abbiamo effettivamente a che fare con “qual-
cosa” e, dall’altro, non possiamo neppure parlare semplice-
mente del lessico mentale nei termini di un insieme di pro-
cessi giacché in qualche modo entriamo in possesso di parole
come entità contenute nella nostra memoria;
̶ incompleta, perché il lessico mentale sembra sottrarsi alla de-
limitazione dei suoi confini, nel senso che lo studio del lessico
mentale ̶ per la varietà dei processi psicolinguistici di tipo
fonologico, morfologico, sintattico, semantico che lo caratte-
rizzano ̶ implica la co-dipendenza di diverse prospettive e la
difficile individuazione di alcuni presupposti che rispondono
a quesiti come quelli posti da Jarema e Libben, ovvero “che
cos’è il significato del significato?” e “come si assegnano eti-
chette alle esperienze culturali e individuali in modo che que-
ste possano essere memorizzate e messe in contatto fra le
menti?” (2007: 2).
Per queste ragioni i due autori hanno proposto una definizione
aperta che non incapsula il lessico mentale come un’entità con
precisi confini strutturali e funzionali, ma lo inquadra come
II. Le parole nella mente 45
gli studiosi e pertanto sono stati elaborati diversi modelli che de-
scrivono la struttura e il funzionamento del lessico mentale.
Quest’ultimo, di certo, si attiva immediatamente quando rice-
viamo input linguistici o produciamo output linguistici. Esso è in
grado sia di conservare a lungo, per anni, anche per tutta la vita
di una persona, le informazioni sulle parole che raccoglie sia di
riorganizzarsi di volta in volta in base ai nuovi input che fanno
ingresso nella nostra mente.
Quando si apprende una lingua straniera si vengono eviden-
temente a creare delle nuove rappresentazioni lessicali nella no-
stra mente, con dei collegamenti in parte o totalmente diversi tra
forma grafemica e fonemica e significati, pensiamo da questo
punto di vista allo studio di una lingua orientale. L’obiettivo della
didattica delle lingue sarà quello di permettere allo studente di
archiviare il lessico della lingua straniera nella memoria a lungo
termine dove esso entrerà in relazione con le conoscenze già ac-
quisite – linguistiche e non solo – e queste connessioni consenti-
ranno alle nuove rappresentazioni lessicali di essere disponibili
al momento dell’interazione orale o della produzione scritta. Sor-
gono, tuttavia, quesiti importanti rispetto a questi nuovi ingressi
lessicali: il lessico mentale è un sistema unico ed è lo stesso
quando si apprendono più lingue? Ciò che si ricava per lo studio
del lessico mentale osservando una lingua è valido in modo ge-
nerale anche per le altre lingue oppure no? Alcuni studi hanno
dimostrato che l’architettura del lessico mentale – almeno per
lingue dello stesso ceppo – è la stessa e le differenze rilevate nei
meccanismi di attivazione del lessico sono riconducibili alle di-
verse modalità non standardizzate con cui il lessico viene ap-
preso (Jarema, Libben 2007).
II. Le parole nella mente 49
2
Nel primo modello (1968) Morton aveva ipotizzato un unico meccanismo di elabo-
razione degli input visivi e uditivi.
52 Parole nella mente, parole per parlare
2.3.6. Il connessionismo
Figura 2.6. Revised Hierarchical Model. FONTE: adattato da Kroll, Stewart 1994.
Il Lexical approach
69
70 Parole nella mente, parole per parlare
Vocabulary is also very important for the acquisition process. The pop-
ular belief is that one uses form and grammar to understand meaning.
The truth is probably closer to the opposite: we acquire morphology
and syntax because we understand the meaning of utterances. Acquisi-
tion depends crucially on the input being comprehensible. And com-
prehensibility is dependent directly on the ability to recognize the
meaning of key elements in the utterance. Thus, acquisition will not
take place without comprehension of vocabulary (1983: 155).
3
Va tuttavia ricordato che nel 1990 Willis pubblica The Lexical Syllabus, a New
Approach to Language Teaching.
III. Il Lexical approach 73
Osserva Lewis:
is a gross misreading of the text [si riferisce al suo saggio del 1993] to
pretend that asserting the pedagogic value of lexis is in any way to deny
the pedagogic value of grammar […] I totally dissociate myself from
any suggestion that the Lexical approach denies the value of grammar
(1997: 41).
E ancora:
The Lexical approach suggests the content and role of grammar in lan-
guage courses needs to be radically revised but the Approach in no way
denies the value of grammar, nor its unique role in language. While the
Lexical Approach emphasises probable language, based on observation
of “used” language, it recognises clearly that lexis is not enough and
that courses which totally discard grammar are doing learners a serious
disservice (1997: 41).
74 Parole nella mente, parole per parlare
it is all very well for theorists like Chomsky to say that in performance
terms language is a chaos and that it is not worth studying. The teacher
replies: Yes, it is the chaos into which our students must plunge (cit. in
Lewis 1993: 11).
III. Il Lexical approach 77
̶ task and process, rather than exercise and product, are em-
phasized.
Balboni (2002: 117-118) presenta una sintesi di due diversi per-
corsi metodologici.
Tabella 3.1.
Insegnare la Riflettere sulla
grammatica lingua
Quando Inizio fine
Chi Insegnante allievo
Come deduttivo induttivo
Perché applicazione scoperta
Cosa prodotto processo
̶ Words e polywords
̶ Le collocazioni
̶ Frasi istituzionalizzate
̶ I neologismi
̶ La derivazione
̶ La composizione
̶ I composti dotti
̶ I forestierismi
all’altro
avanti
da un momento
né più
in largo
indietro
spesso
volentieri
in lungo
né meno
né più né meno
______________ ____________________
______________ ____________________
______________ ____________________
______________ ____________________
̶ Collocazioni
oppure
Esempio: b)
verbo avverbi
_______________
_______________
parlare _______________
_______________
_______________
96 Parole nella mente, parole per parlare
Esempio: c)
una promessa
Fare ________________
________________
________________
________________
Dare ________________
________________
________________
________________
Prendere ________________
________________
________________
III. Il Lexical approach 97
Esempio:
̶ Parole crociate
̶ Tecniche di incastro
̶ Cloze
̶ Dialogo su traccia
Circa 5000 anni fa l’uomo realizzava una delle più grandi rivo-
luzioni culturali della storia. Nasceva la scrittura. Questa straor-
dinaria invenzione cambiò il mondo e la comunicazione umana.
L’uomo possiede una dimensione sociale ed è, soprattutto, un es-
sere narrante. Possiede il linguaggio e la memoria e queste due
meravigliose facoltà gli hanno consentito di comunicare con i
suoi simili i propri pensieri, le proprie emozioni, le proprie sco-
perte. La comunicazione è stata una condizione fondante della
stessa evoluzione umana e della sua dimensione culturale.
Dai gesti, al linguaggio, alla scrittura e alla lettura, fino alle
odierne forme di comunicazione del mondo digitale e informa-
tizzato, la specie umana non ha smesso di sviluppare la propria
dimensione comunicativa, attraverso tappe epocali e rivoluzioni
culturali che hanno richiesto al cervello lunghi periodi di adatta-
mento, di modificazione dei propri circuiti e delle proprie aree
neurali, di utilizzare aree preesistenti per far fronte a nuove sfide
culturali come la lettura. Fortunatamente, la mente possiede la
straordinaria capacità di modellarsi sulla base dell’esperienza.
All’origine della capacità di modificare e adattare le proprie fun-
zioni e di creare nuovi collegamenti vi è infatti la plasticità cere-
brale ossia:
101
102 Parole nella mente, parole per parlare
Ciò spiega, inoltre, come in ogni cultura e in ogni lingua sia sem-
pre la medesima area ad essere interessata nel riconoscimento
delle parole. È possibile dunque far riferimento ad un sistema
universale di lettura (Bolger et al. 2005). Tale sistema coinvolge
praticamente tutte le aree dell’encefalo, dalle aree della perce-
zione visiva e le aree associative della corteccia occipitale, l’area
37 di Brodmann, le aree parietali e temporali deputate alle di-
verse dimensioni del linguaggio e infine le aree prefrontali dove
ha sede la memoria di lavoro. Nel tempo il cervello ha creato tra
queste aree collegamenti necessari alla lettura, nuove vie nervose
che consentono la trasmissione di dati in tempi rapidissimi. Le
aree deputate alla lettura sono le medesime in tutte le culture del
mondo. Tuttavia, il cervello ha anche adattato alcuni circuiti in
funzione di specifiche caratteristiche delle lingue.
Osserva Wolf:
consiste nella profonda intuizione che ogni parola della lingua parlata
è fatta di un numero finito di singoli suoni, rappresentabili con un nu-
mero finito di singole lettere. Tale principio non potrebbe sembrare più
innocuo, ma nel tempo si è rivelato assolutamente rivoluzionario, per-
ché ha permesso di mettere per iscritto qualunque parola in qualunque
lingua (2007: 24).
4.4. Leggere in L2
più tempo con un maggior carico del ciclo fonologico e del cir-
cuito articolatorio della memoria di lavoro. Come osserva Grabe:
Learners from deeper orthographies because they do not have many en-
counters with less frequent word, will not know how to pronounce them
as accurately and their word recognition will be slower (2009: 119).
4
I cinque punti sono stati liberamente tradotti e adattati da Grabe 2009: 124.
116 Parole nella mente, parole per parlare
processi che stanno alla base della lettura. Secondo questi mo-
delli (Gough 1972; Massaro 1975) la maggior parte dell’infor-
mazione scorre in modo passivo durante la codifica dell’input.
Siccome tale flusso avviene ad una velocità estremamente ele-
vata, le informazioni contenute nella memoria a lungo termine
intervengono in modo molto limitato sulle modalità dell’intero
processo di lettura. In sostanza, la lettura avviene attraverso una
serie di stadi, che si susseguono secondo un ordine fisso dal li-
vello sensoriale alla comprensione. Al primo stadio le informa-
zioni colte nel periodo di fissazione restano disponibili nella me-
moria visiva (iconica), mentre il lettore procede ad una fissazione
successiva. L’input immagazzinato viene in seguito analizzato
nella memoria a breve termine, dove il sistema di comprensione,
in base a regole morfosintattiche e semantiche, attribuisce signi-
ficato all’enunciato. Come si può notare il ruolo dell’inferenza è
praticamente assente. I processi bottom-up presuppongono in-
fatti l’analisi di ogni lettera e la conseguente creazione di unità
fonemiche corrispondenti ad unità lessicali rappresentate nel les-
sico mentale. In questa prospettiva la parola viene riconosciuta
in modo isolato e le informazioni contestuali non concorrono a
definirne il significato.
Diversamente, nei cosiddetti modelli top-down la caratteri-
stica fondamentale (Goodman 1970; Smith 1971) risiede nel
controllo ad ogni livello del flusso dell’informazione da parte
delle facoltà mentali superiori del sistema cognitivo. In questo
tipo di modelli le informazioni contestuali e l’enciclopedia svol-
gono un ruolo essenziale, in quanto consentono al lettore di for-
mulare delle ipotesi su quanto sta per leggere. Gli schemi e script
presenti nella memoria a lungo termine consentono di creare con-
tinuamente ipotesi su quanto si sta per leggere, contribuendo alla
costruzione di un significato soggettivo e personale. Goodman
(1970) definisce la lettura come uno psychological guessing
game, un gioco psicologico di scoperta tra pensiero e linguaggio,
in cui il lettore è costantemente impegnato in un selective, tenta-
tive anticipatory process (cfr. Rayner, Pollastek 1989: 462). Nei
modelli top-down oltre alle competenze linguistiche (sintattiche
e semantiche), svolgono un ruolo fondamentale le conoscenze
118 Parole nella mente, parole per parlare
4.6.2. Il pandemonio
Nella seconda metà del secolo scorso sono stati elaborati modelli
cognitivi che si rifanno ai principi del connessionismo. Negli
anni Cinquanta Selfridge aveva elaborato un modello basato su
sistemi di elaborazione in parallelo. Il modello prese il nome di
Pandemonio perché la teoria di fondo prevedeva l’esistenza di
unità di detezione organizzate gerarchicamente in continuo con-
fronto tra di loro. Queste unità sono raccolte nel lessico mentale
e vengono rappresentate come migliaia di demoni in competi-
zione. Quando compare una parola tutti i demoni la analizzano,
ma il demone che corrisponde a quella parola entra in competi-
zione con tutti gli altri che man mano riducono la loro attiva-
zione. A questo punto l’informazione selezionata passa ad uno
stadio successivo di rappresentazione. Nel riconoscimento delle
parole, ad esempio, un demone ai livelli più bassi del processo di
riconoscimento potrebbe essere coinvolto solo dalla comparsa di
segni verticali. In questo caso esso entra in competizione paral-
lela con gli altri demoni ma una volta vinta la sfida passa l’infor-
mazione ad uno stadio successivo e superiore dove vi è un altro
parapiglia tra demoni, ma in cui prevale il demone responsabile,
ad esempio, della lettera “H”.
A questo punto tutti i demoni responsabili delle linee curve o
oblique non vengono attivati. Sulla base del modello Pandemo-
nio sono stati elaborati nell’ambito della psicologia cognitiva
IV. La lettura e lo sviluppo del lessico 123
If, indeed, most vocabulary is learned from context, then what we most
need to do is not to teach vocabulary from context, but to teach students
to use context to teach themselves (1987: 97).
it seems plausibile that first language learners must pick up most vo-
cabulary from context, because relatively little of their vocabulary
growth can be attributed to vocabulary instruction (1997: 71).
Dato che ogni parola è semplicemente il nome di una cosa, sarebbe più
conveniente a chiunque portarsi addosso tutte le cose necessarie ad
esprimere i particolari affari di cui vuol parlare […] unico inconve-
niente è che, se dobbiamo trattare affari complessi e di vario genere,
siamo costretti a portarci sulla schiena una montagna di oggetti.
loro il mondo era così recente che «molte cose erano prive di
nome e bisognava indicarle con il dito».
La lingua dunque non ci consente solo di ritagliare e descri-
vere il mondo extralinguistico che ci circonda, ma ci consente di
comunicare pensieri, idee, atteggiamenti, emozioni. Per far que-
sto i concetti si organizzano nel lessico mentale in rappresenta-
zioni linguistiche complesse che intrattengono fra di esse rela-
zioni articolate di varia natura (morfosintattica, lessicale, seman-
tica, ecc.) al fine di rendere la lingua funzionale alla comunica-
zione. Conoscere una parola significa allora non solo conoscerne
il significato denotato, ma significa saperla collocare all’interno
dei rapporti che essa intrattiene con il sistema linguistico di cui è
parte. Tali rapporti possono essere rappresentati nello schema se-
guente:
Figura 4.3.
IV. La lettura e lo sviluppo del lessico 139
Un’unità lessicale non vive da sola, isolata rispetto alle altre pa-
role, ma si colloca nel lessico mentale sulla base di caratteristiche
specifiche che la definiscono. Conoscere una parola nel quadro
delle abilità linguistiche ricettive e produttive, significa dunque
saperne identificare alcuni aspetti che sono alla base della com-
petenza lessicale e che Nation (1990) sintetizza in:
̶ forma
̶ posizione
̶ funzione
̶ significato
Una parola si presenta con una certa forma che ne costituisce il
significante, la sua parte concreta (fonemi e grafemi). Uno stesso
lemma può ripetersi più volte all’interno di un testo mantenendo
la stessa forma oppure assumendo forme diverse sulla base delle
modificazioni morfologiche in ordine alla posizione che esso as-
sume all’interno della frase. Nell’analisi della densità lessicale di
un testo si possono considerare tutte le occorrenze (token), ossia
il numero di volte in cui compare uno stesso lemma, (comprese
le variazioni morfologiche come ad esempio le forme flesse, gli
aspetti derivazionali, ecc), oppure i tipi (type) riconducendo ad
un unico lessema le diverse modificazioni morfologiche che la
parola assume di volta in volta all’interno del testo (cfr. cap. I).
Ad esempio, se compaiono le parole libro, libri, libretto, libri-
cino esse possono essere considerate quattro occorrenze oppure
possono essere considerate parole riconducibili ad un unico tipo
nella sua forma base (libro).
Nello sviluppo dell’abilità di lettura in L2 è chiaro che essere
in grado di riconoscere una parola sotto il profilo ortografico, sa-
perne riconoscere la parti (radice, morfemi flessivi, affissi, ecc.)
concorre in modo importante alla comprensione del testo.
Nell’approccio integrato alla lettura che prevede l’interazione di
processi top-down e bottom-up, lo sviluppo della competenza
metalinguistica sugli aspetti morfologici della parola e sul ruolo
che tale parola può assumere all’interno della frase costituisce
una componente essenziale.
140 Parole nella mente, parole per parlare
̶ Competenza linguistica
̶ Competenza discorsiva
̶ Competenza referenziale
̶ Competenza socioculturale
̶ Competenza strategica
even the more intelligent students who are good readers in their native
language cannot read well in their L2 if their vocabulary is below the
threshold (Laufer 1997: 24).
IV. La lettura e lo sviluppo del lessico 145
Tabella 4.1.
Percentuale di coper- Numero di parole sco- Numero di righe del te-
tura del testo nosciute ogni 100 oc- sto per ogni parola sco-
correnze nosciuta
99 1 10
98 2 5
95 5 2
90 10 1
80 20 0.5
146 Parole nella mente, parole per parlare
Una copertura lessicale dell’80% del testo significa che una pa-
rola ogni 5 è sconosciuta e che vi sono circa 2 parole sconosciute
ogni riga; con una copertura del 95% (che corrisponde alla soglia
lessicale individuata da Laufer) vi sono 5 parole sconosciute ogni
100 e, conseguentemente, una parola sconosciuta ogni 2 righe.
In alcuni studi la soglia per una adeguata comprensione viene
innalzata al 98%. Osserva Nation (2001: 148):
Tabella 4.2.
Obiettivi Strategia Attività
I corpora
155
156 Parole nella mente, parole per parlare
di una lingua, quali rapporti intesse con altre parole, che tipo di
relazioni semantiche è in grado di instaurare. Uno strumento da
mettere anche direttamente a disposizione degli studenti di lin-
gua per consentire loro, per esempio, di risolvere un dubbio les-
sicale o sintattico ricorrendo a una banca dati dove la lingua si
manifesta nelle sue forme d’uso.
Lo studio di Sassi e Ceccotti (2001) si propone di indagare le
occorrenze del verbo statisticamente più ricorrente in lingua ita-
liana dopo l’ausiliare essere, ossia il verbo “fare”, e si basa
sull’uso di più corpora disponibili alla consultazione presso
l’Istituto di Linguistica Computazionale del CNR di Pisa: il Cor-
pus di Riferimento dell’Italiano basato sugli articoli dei quoti-
diani italiani di maggiore tiratura, il Corpus di quaderni di alunni
delle scuole elementari di Padova e Pisa degli anni 1983-1985,
l’archivio elettronico delle opere di Gadda, il Corpus dell’Ita-
liano Parlato. Grazie all’eterogeneità dei corpora coinvolti in
questa indagine, il verbo “fare” viene indagato nella varietà delle
sue occorrenze e co-occorrenze nei diversi contesti d’uso della
lingua italiana: informazione quotidiana, apprendimento scola-
stico, letteratura, italiano parlato (Sassi, Ceccotti 2001). Pen-
siamo anche alle possibilità offerte dal progetto inglese
COBUILD (Collins-Birmingham-University-International-Lan-
guage-Database) (1980). Si tratta di un progetto che prevede
l’elaborazione di milioni di parole al fine di costituire una banca
dati di corpora utile, per esempio, per studiare la frequenza d’uso
delle parole inglesi, le loro occorrenze e co-occorrenze, nonché
le frasi idiomatiche così come vengono usate. È chiaro che una
lingua è così ricca che anche un database ambizioso come questo
può risultare insufficiente per coglierne la varietà. Per ovviare a
queste carenze e cercare di ricavare una rappresentazione più
160 Parole nella mente, parole per parlare
Mentre una brevissima guida per il CODIS, non del tutto espli-
cativa, è presente al seguente indirizzo: https:
//www.yumpu.com/it/document/read/15633643/il-coris-codis-
e-il-la-repubblica-corpus-esempi-di-funzionamento.
168 Parole nella mente, parole per parlare
Sulla base dei dati sulla frequenza d’uso delle parole raccolti at-
traverso i corpora, un insegnante di lingua straniera può inoltre
predisporre il materiale didattico in modo adeguato al livello di
competenza linguistica degli apprendenti, controllando la densità
lessicale dei testi da usare in classe. Per cui, a seconda degli
obiettivi didattici, si sceglierà la tipologia di testo più appropriata
giacché ogni testo comprende parole dalla frequenza d’uso va-
riabile e quindi può essere più o meno adeguato all’obiettivo che
l’analisi del testo si propone di far conseguire.
Una lista di frequenza dei verbi italiani permette ad esempio
di assumere che il verbo fare è il verbo statisticamente più fre-
quente nella lingua italiana dopo l’ausiliare essere, come dimo-
stra la sottostante videata Sketch Engine della wordlist ricavata
attraverso la ricerca dei verbi usati più frequentemente in lingua
italiana.
Una volta assunto che il verbo “fare” è il verbo usato di più dopo
l’ausiliare essere, dalla ricerca attraverso i corpora possiamo ri-
cevere altre informazioni importanti concernenti aspetti qualita-
tivi. Nel già citato studio di Sassi e Ceccotti (2001), il verbo fare
è stato analizzato attraverso corpora di tipo giornalistico, peda-
gogico e letterario. I dati emersi permettono di osservare tutta
una serie di co-occorrenze in cui “fare” assume di volta in volta
significati diversi che vanno dal generico “fare” nel significato
di compiere una qualsiasi azione, differenziata poi dal comple-
mento oggetto con cui il verbo co-occorre (“fare ginnastica”,
“fare chiarezza”, “fare shopping”, “fare i conti”), al più specifico
significato di “costruire, fabbricare”, passando per significati
idiomatici come “far quadrare”, “fare miracoli”, “non fare una
piega” . Il verbo “fare” svolge anche funzioni diverse che vanno
da quella sostitutiva di una ripetizione per rendere più fluente il
discorso, come per esempio nella frase “voglio dirglielo, ma non
so come fare”, a quella della funzione causale quando “fare” si
accompagna a un infinito come “ridere”, ad esempio, “mi fa ri-
dere” riferito a qualcuno o qualcosa che provoca, causa, l’atto del
ridere oppure “far riflettere” riferito a qualcosa che induce a ri-
flettere. E ancora: “far conoscere” “far scattare”, “far funzio-
nare”, “far notare”, “far emergere”, “far piangere”, “fa ten-
denza”, ecc.
V. I corpora 181
Figura 5.11. Videata del Corriere della Sera. Fonte riadattata: Sassi, Ceccotti 2001.
Figura 5.13. Videata del Corpus Gaddiano. Fonte riadattata: Sassi, Ceccotti 2001.
Gli esiti della nostra ricerca – che nella videata appaiono solo
parzialmente – possono essere scaricati e magari usati in classe
come scheda da sottoporre agli studenti, sulla quale lavorare in
modo laboratoriale invitandoli a formulare osservazioni e porre
questioni. Alla riflessione si può affiancare la visualizzazione de-
gli esempi tratti dalle concordanze associate ai dati ottenuti.
Selezionando nel menu a tendina in alto uno dei corpus DGT
– c’è anche quello per la lingua italiana – su Sketch Engine è
possibile anche effettuare delle ricerche sulla traduzione di un
V. I corpora 195
201
202 Parole nella mente, parole per parlare
Idioms are one of the most difficult aspects il l2 acquisition due to the
fact that they are conventionalized expression peculiar to language
community and they are usually frozen in form and often unpredictable
in meaning – that is, their meaning cannot always be derived from the
literal meanings of the components involved (Liu 2008: xiii).
5
Per una descrizione delle varie definizioni di idiom si veda, tra gli altri, Fernando
1996; Liu, 2008; Moon 1998; Tabossi e Zardon 1993; Cacciari C., Tabossi P., 1993.
206 Parole nella mente, parole per parlare
At its most mature, this level represents the skills, as far as figurative
language is concerned, of a truly competent speaker. Regarding idio-
matic expressions, these skills can be described as follows: the ability
to break down an idiom into its component parts and to make semantic
inferences about these; the ability to comprehend idiomatic expressions
even when they have been subjected to lexical substitution or syntactic
and lexical variations; and the ability to generate new idioms by means
of syntactic and lexical variations on existing idioms (Levorato 1993:
123).
̶ Cristallizzazione e flessibilità
̶ Opacità e trasparenza
Frequenza d'uso
Grado di trasparenza
Tabella 6.1.
Fre- Fre- Trans- Ap- Defi- Les- Les-
quenza quenza fer pro- ni- sico sico
espres- lessico lingua pria- zione; ri- at-
sione interno madre tezza para- cet- tivo
for- frasi tivo
male;
regi-
stro
Espressione
1
Espressione
2
Griglia di osservazione delle espressioni idiomatiche.
a) Strategie preparatorie
̶ ripetere o parafrasare l'espressione idiomatica senza tentare
un’interpretazione
̶ analizzare la forma idiomatica o il contesto in cui compare;
Elaborare una possibile parafrasi senza tentare di inferire il
significato;
̶ richiedere informazioni sulla forma idiomatica o sul suo
contesto.
b) Strategie inferenziali
̶ inferire il significato della forma idiomatica attraverso il
contesto;
̶ utilizzare il significato letterale della forma idiomatica come
chiave per comprenderne il significato figurato;
̶ utilizzare le conoscenze pregresse per ipotizzare il signifi-
cato dell'espressione idiomatica; riferirsi a espressioni idio-
matiche presenti nella LI per ipotizzare il significato dell'e-
spressione incontrata in LS.
quello della seconda cosa con cui è stato messo in relazione. Nel
trasferimento da un dominio semantico a un altro, la metafora
permette di compiere un passaggio dal noto, il luogo di partenza
e appartenenza semantica delle parole, all’ignoto, la meta di ar-
rivo, ovvero la nuova pertinenza semantica. Tale passaggio pro-
cura straniamento, suscita meraviglia – l’affezione che, come ci
insegna Aristotele, segna il cominciamento di ogni conoscenza –
e accende l’interpretazione (Ret III, 2, 10: 317).
Molta letteratura ha attribuito ad Aristotele una concezione
piuttosto classica della metafora secondo la quale quest’ultima
sarebbe sostanzialmente un fenomeno collocabile a livello della
singola espressione lessicale e si caratterizzerebbe come un espe-
diente ornamentale di carattere puramente stilistico e quindi
privo di apporto conoscitivo. In realtà, per quanto sia vero che
Aristotele abbia proposto, in una prospettiva classica, una con-
cezione che vede la metafora come la sostituzione di un nome
con un altro collocandola, dunque, al livello linguistico del
nome, egli tuttavia sottolineò – in modo innovativo – la dimen-
sione cognitiva della metafora distinguendola dall’ornamento.
La presentò, infatti, come uno degli strumenti attraverso cui si
realizza la conoscenza.
L’apprendimento suscita meraviglia e ciò che suscita meravi-
glia procura piacere e proprio tale effetto di piacere è, per Ari-
stotele, alla base del desiderio umano di conoscere. La metafora
ci permette – secondo Aristotele – di acquisire con facilità cono-
scenza dischiudendoci l’ignoto, ovvero un significato nuovo.
Pertanto, egli scrive che tutte le parole che «producono in noi un
apprendimento sono assai piacevoli». Fra tutte, quelle che deter-
minano questo effetto di piacere nel produrre conoscenza sono
«soprattutto le metafore», giacché le glosse sono incomprensibili
e le parole comuni le conosciamo già in quanto «consacrate
dall’uso» (Ret III, 10, 10-15: 340). Inoltre, rispetto alle similitu-
dini, le metafore sono in grado di procurare maggiore piacere in
quanto sono più brevi: non prevedono l’aggiunta del “come” pre-
sente nelle similitudini (Ret III, 11, 25: 349). La metafora,
quindi, per via della sua concisione, favorisce un apprendimento
rapido, facile e piacevole.
VI. Tradurre le metafore concettuali di Metaphors We Live By 229
«Metafore, diamine!».
«E cosa sarebbero?».
Il poeta posò una mano sulla spalla del ragazzo.
«Per spiegartelo più o meno confusamente, sono modi di dire una cosa para-
gonandola con un'altra».
«Mi faccia un esempio».
Neruda guardò l'orologio e sospirò.
«Be', quando dici che il cielo sta piangendo, cos'è che vuoi dire?».
«Semplice! Che sta piovendo, no?».
«Ebbene, questa è una metafora».
«E perché, se è una cosa così semplice, ha un nome così complicato?».
(Antonio Skarmeta: Il postino di Neruda)
6
Richards ha il merito di aver denominato le parti che costituiscono l’espressione
metaforica, i due pensieri attivi di cose differenti, attribuendo al soggetto principale la
242 Parole nella mente, parole per parlare
For any given metaphor topic, only certain sorts of property attributions
would be context-appropriate, that is, interesting and/or relevant
(Gluksberg 2001: 53).
the fact that metaphors are not to be identified with comparisons, how-
ever, does not means that the process of making comparisons is not of
the utmost importance in the comprehension of metaphor (1979: 189).
this theory, called the “tensive” view, emphasized the conceptual in-
compatibility, the “tension” between the terms (the topic and the vehi-
cle) in a metaphor (1993: 3).
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso Black elabora
la concezione interattiva della metafora. Egli sviluppa le intui-
zioni di Richards, distaccandosi ulteriormente dal tradizionale
modello di comparazione o sostituzione. La metafora per Black
non descrive una similarità già esistente, ma ne è l’origine. In
quanto tale, essa assume un ruolo creativo. Diviene uno stru-
mento cognitivo in grado di rappresentare nuove connessioni, le
VI. Tradurre le metafore concettuali di Metaphors We Live By 249
la cosa importante per l’efficacia della metafora non è che i luoghi co-
muni siano veri, ma che siano prontamente e liberamente evocati. Pro-
prio per questo una metafora che funziona in una società, può sembrare
assurda in un’altra (1983: 58).
Per Black dunque la metafora non si basa tanto sul confronto tra
due significati lessicali, quanto piuttosto sull’interazione di due
domini semantici. Le metafore d’interazione richiedono l’uti-
lizzo di un sistema di implicazioni per selezionare, enfatizzare,
organizzare le relazioni tra i diversi domini.
Una delle pietre miliari per le attuali teorie sulla metafora è sicu-
ramente il volume Metaphor we live by (Metafora e vita quoti-
diana) di George Lakoff e Mark Johnson pubblicato nel 1980.
Gli autori propongono un ulteriore sviluppo dello statuto della
metafora, asserendo che l’intero nostro sistema concettuale è or-
ganizzato su base metaforica. Attraverso tale organizzazione del
pensiero non solo comprendiamo, ma viviamo, facciamo espe-
rienza e agiamo: l’essenza della metafora è comprendere e vivere
un tipo di cosa nei termini di un altro (Lakoff, Johnson 1998:
24). La struttura profonda del linguaggio che determina la com-
prensione semantica dell’enunciato è di natura metaforica e le
espressioni che utilizziamo nell’interagire quotidiano sono coe-
renti all’organizzazione metaforica che struttura concettual-
mente il nostro pensiero. Abbiamo dunque espressioni metafori-
che che si basano su metafore concettuali:
Tabella 6.2.
componenti della coppia viaggiatori
rapporto mezzo di trasporto
difficoltà (o meno) del rapporto Incidenti (o meno) di percorso
obiettivi raggiunti destinazione
Risparmiare tempo,
Investire il proprio tempo
La deviazione mi è costata due ore di tempo
Impiegare il tempo
Non sprecare tempo
Non ho abbastanza tempo
Non ho tempo da perdere (da buttare)
Non ho molto tempo da dedicare allo sport
Non vale il tempo che ci metti
Il tempo è esaurito
Il tempo disponibile
Concedere tempo
258 Parole nella mente, parole per parlare
Reason is not disembodied, as the tradition has largely held, but arises
from the nature of our brain, bodies, and bodily experience. This is not
just the innocuous and obvious claim that we need a body to reason;
rather, it is the striking claim that the very structure of reason itself
comes from the details of our embodiment. The same neural and cog-
nitive mechanisms that allow us to perceive and move around also cre-
ate our conceptual systems and modes of reason (Lakoff, Johnson 1999:
4).
262 Parole nella mente, parole per parlare
His criticisms Le sue criti- Sus críticas Ses critiques Seine Kri-
were right on che hanno dieron justo visaient tik traf ins
target colpito nel en el blanco droit au but Schwarze
segno
I demolished Ho demolito Destruí su J’ai démoli Ich
his argument. il suo argo- argomento son argu- schmet-
mento mentation terte sein
Argument
ab
I've never Non ho mai Nunca le he Je n’ai ja- Ich habe
won an argu- avuto la me- vensido en mais gagné noch nie
ment with glio su di lui una discu- sur un point eine Aus-
him in una di- sión avec lui einander-
scussione setzung
mit ihm
gewonnen
You disagree? Non sei No estás de Tu n’es pas Sie sind
Okay, shoot! d'accordo? acuerdo? d’accord? anderer
Va bene, Vale, Alors, Meinung?
spara idispara! défénds-toi! Nun,
schießen
Sie los!
If you use that Se usi questa Si usas esa Si tu utilises Wenn du
strategy, he'll strategia, lui estrategia, te cette stra- nach dieser
wipe you out ti fa fuori in aniquilirá tégie, il va Strategie
un minuto t’écraser. vorgehst,
wird er
dich ver-
nichten
He shot down Egli ha di- Les Er machte
all of my ar- strutto tutti i ⸺ arguments alle meine
guments miei argo- qu’il m’a Argumente
menti opposés ont nieder
tous fait
mouche.
The idea is L'idea è na- Las ideás estan L'idée est en- Die Idee ist
buried in ter- scosta in para- enterradas en sevelie sous in entsetz-
ribly dense grafi terribil- párrafos des tonnes de lich kom-
paragraph mente oscuri terriblemente verbiage plexen
difíciles
282 Parole nella mente, parole per parlare
Textpassa-
gen begra-
ben