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Christian Alpino

FORTE SAN GIACOMO


Quattrocento anni di storia

L’esigenza di fortificare a scopi difensivi la porzione di territorio che va da Bergeggi


a Vado Ligure si manifesta a più riprese nella storia della Repubblica di Genova.

Il Cinquecento: gli antefatti


Nel 1544 il pirata Barbarossa si ferma con le sue navi nel porto di Vado Ligure, senza
incontrare una valida opposizione da parte della flotta genovese.
La fortezza del Priamar a Savona fu costruita nel 1542 dalla Repubblica di Genova
proprio con lo scopo di contrastare questo tipo di minacce, cioè gli attacchi e gli
sbarchi a scopo di razzia dei c.d. “turchi”, i pirati; negli anni successivi questa
fortezza verrà affiancata da altre strutture difensive dislocate in diversi punti della
baia, conosciuta come “la rada di Vado Ligure”.
Nel 1576 il Piemonte conquista Oneglia, dimostrando di voler allargare il proprio
dominio verso sud: ciò è una chiara minaccia per la Repubblica di Genova, perciò è
prioritario per il Senato della Repubblica il mettere in sicurezza tutti quei punti che
permettono uno sbocco al mare creando un sistema difensivo che, come vedremo, si
rivelerà ricco di difficoltà ed ostacoli.

Esattamente in questo contesto il monte Sant’Elena si rivela di cruciale importanza


strategica: esso infatti garantisce il controllo di un ampio tratto di mare, della zona
occidentale della piana di Spotorno e di quella settentrionale interessata dalla viabilità
che dal Piemonte scende alla costa attraverso il colle di Cadibona.
Queste caratteristiche fondamentali incidono già in epoca preistorica sulle scelte
insediative e col passare dei secoli non vengono dimenticate.

Il Seicento
A partire dal XVII° secolo gli interventi di edilizia militare su questa parte di
territorio della Repubblica di Genova si moltiplicano.
Ancora oggi possiamo ammirare varie proposte di progetti di vari architetti o
ingegneri militari, alcuni dei quali a dir poco fantasiosi. Cito a titolo di esempio il
progetto dell’ingegnere\architetto Joseph Furttenbach (1591-1667), il quale disegna
una poderosa rocca fortificata a forma di stella, la quale emerge dal mare con
altissime e compatte mura inaccessibili. Questo quale ipotetico sistema difensivo per
il litorale che va’ da Savona ad Oneglia. In questo caso la fantasia dello studioso
tedesco non tiene minimamente conto della realtà naturale e geografica,
trasfigurandola completamente e proponendo un modello di fortificazione grandioso
ed assolutamente irrealizzabile.

Venendo dunque alla realizzazione delle fortificazioni sul territorio di Bergeggi, tra il
1614 ed il 1627 vengono costruite sul promontorio detto “di Capo Vado” il forte San
Lorenzo quasi a livello del mare ed il forte Santo Stefano sulla cima del suddetto
promontorio.
Sulle date di costruzione dei due forti esiste un po' di confusione, perciò è assai facile
sbagliarsi ma è con una certa sicurezza che posso affermare che il Forte Santo
Stefano sia stato costruito tra il 1614 ed il 1626 sulla sommità del promontorio di
Capo Vado. Proprio in zona è presente la chiesa di Santo Stefano (che darà il nome al
forte) la quale viene demolita e spostata più volte fino a raggiungere la sua
collocazione definitiva in via Santo Stefano, dove si trova tuttora.
Questa chiesa viene demolita e riedificata più volte ed in punti diversi, perciò è arduo
ricostruire oggi la cronologia dei siti dove essa era collocata. Sicuramente almeno per
un certo periodo della sua storia, era sita dove sorse poi il forte Santo Stefano.

Tornando a trattare del forte Santo Stefano, avendo sin da subito notato che il forte
era poco difendibile, in quanto troppo piccolo, con un’esigua guarnigione e
magazzini troppo piccoli e soprattutto circondato dalle alture vicine e quindi
facilmente assediabile col rischio di essere distrutto dal bombardamento di una
batteria di cannoni ben piazzata, si decise di costruire più in basso e verso il mare una
fortezza di dimensioni più grandi, denominata di San Lorenzo.
I lavori di costruzione del forte San Lorenzo iniziano nel 1618 e terminano nel
1627: i due forti vengono collegati da un lungo e poderoso muraglione, in termini
tecnici militari un “cammino coperto”.

Secondo alcuni ad essere collegati da questo cammino coperto sono il San Giacomo
ed il ricostruito Santo Stefano ma solo a metà Settecento.
E’ mio modesto parere, visitando il sito e facendo numerosi sopralluoghi sul posto
almeno dal 2010, è che i due forti siano stati collegati nel Seicento e poi nuovamente
nel Settecento: infatti tra la vegetazione si possono notare resti di murature
chiaramente seicentesche mentre nei maestosi ruderi di quello che fu il forte Santo
Stefano si possono notare degli interventi edilizi (mattoni rossi) chiaramente
settecenteschi.

Entrambe le fortificazioni hanno però vita breve, in quanto nel 1649 a causa delle
ingenti spese di manutenzione e di alcuni difetti rilevati, viene deciso di demolire
entrambe.
A difesa del golfo rimane una sola torre, costruita nel 1667 su di quello che era un
bastione del forte San Lorenzo. Viene successivamente deciso di costruire una
seconda torre difensiva, collegata alla prima da una cortina muraria che conteneva
alcuni pezzi d’artiglieria.
Due anni dopo, nel 1669 viene costruita sulla riva del mare a poca distanza dalla foce
del torrente Segno una nuova fortificazione che va a sostituire le due suddette torri:
nasce il nuovo forte San Lorenzo, con cinque bastioni. Poco distante viene
costruito un altro edificio che poteva ospitare circa cento militari.
Ma anch’esso ha vita breve. A causa infatti della notevole umidità che faceva marcire
le derrate alimentari conservate nei sotterranei del forte, ma soprattutto a causa di
una epidemia di malaria tra i militari della guarnigione e che mieté anche diverse
vittime, nel 1678 viene deciso di demolire anche questa fortificazione.
Il Settecento
Nel 1710 Gherardo de Langlade, cartografo fiammingo, in collaborazione con
l’ingegnere Giovanni Bassagnini, bresciano, realizza una pianta del Monte Santo
Stefano (ora Monte Sant’Elena). In questa pianta vengono indicate tre diverse
proposte di fortificazioni per la difesa del porto di Vado Ligure. Particolarmente
vengono proposti tre progetti per il “nuovo Forte di San Lorenzo” su tre fogli
sovrapposti a libretto.
E’ questo probabilmente il primo progetto del Settecento di quello che sarà il Forte
San Giacomo.
In questa fase progettuale è evidente l’intenzione dei cartografi di delineare il più
chiaramente possibile la zona che sarà interessata dalla costruzione della nuova
fortificazione, dato che il paesaggio disegnato sulla mappa è molto chiaro, preciso ed
accurato.
Assieme alla proposta progettuale del nuovo San Lorenzo compare anche il Forte
Santo Stefano con all’interno l’omonima chiesetta: nel quadro delineato dal Langlade
è quindi raffigurata anche la situazione preesistente.

Sulla sommità compare un altro elemento che trovo assai interessante: un piccolo
quadrato denominato “corpo di guardia”, probabilmente un edificio secondario
legato al primo Forte Santo Stefano del Seicento, oppure un luogo opportuno su cui
edificare una postazione difensiva.
Anche il famoso cartografo Matteo Vinzoni, che ritroveremo più avanti, nel suo
Atlante della Sanità relativa al Commissariato di Spotorno pubblicato nel 1758 e
frutto di ricognizioni eseguite negli anni 1722-1723 rappresenta il Forte Santo
Stefano in rovina a nord della “punta di Santo Stefano”, ovvero il promontorio di
Capo Vado.

Non è il caso ora di dilungarsi sulle varie proposte di progetto per la realizzazione di
fortificazioni da difesa costiera di questo periodo per la zona di Bergeggi e Vado
Ligure dato che sono molte. Basti dire che non vengono approvate, anche se la
mancanza di una reale difesa di questo territorio si avverte sempre, in particolar modo
durante gli anni 1744-1746, all’epoca quindi della Guerra di Successione Austriaca
che vedrà coinvolta anche la fortezza del Priamar di Savona.

Il “Basstiu”
Sottolineo solo che in questo periodo, secondo alcuni studiosi nel 1745 risultano
lavori presso quello che fu il primo forte San Lorenzo, che sappiamo già essere
demolito e su cui torneremo più avanti. Sicuramente in quell’anno si costruisce un
fortino a Zinola. Inoltre tra il Monte Mao ed il promontorio di Capo Vado, perciò
lungo il crinale di Sant’Elena, sulla cartografia risultano due edifici: uno è la Fornace
del Palino mentre l’altro è una struttura semipoligonale sempre aperta rappresentata
di colore rosso, quindi una struttura militare. Sulla mappa si legge la parola
“Basstiu”, forse una ridotta protetta da un trinceramento, ma si tratta di un’ipotesi.
Il Forte San Giacomo ed il nuovo Forte Santo Stefano

Di tutti i numerosi progetti presentati per la costruzione di nuove fortificazioni da


edificare nella rada di Vado Ligure, nessuno viene approvato.

Nei primi mesi del 1757 però Genova incarica il maresciallo Flobert di indagare le
difese della zona e di riferire sul miglior modo di approntarne di nuove.
Le opere esistenti in questo momento sono quattro:
1. il fortino distrutto presso la casa Gavotti a Natarella
2. il fortino vicino a Zinola
3. i resti del San Lorenzo
4. i resti del Santo Stefano
Quando questi erano in piena efficienza nessuna flotta navale avrebbe potuto
avvicinarsi alla costa, in particolare per la presenza del San Lorenzo, la migliore e più
efficiente fortificazione tra tutte.

Riassumendo, si avanzano varie proposte, alcune più facilmente realizzabili, altre


meno.
Si decide infine di costruire un forte esattamente dove sorgeva il primo San Lorenzo,
un altro dove sorgeva il Santo Stefano ed infine un terzo forte in località Braja alle
Fornaci (Savona), grosso modo dove ora sorge il complesso scolastico dell’Itis.
Inoltre si decide di lavorare anche a quello che era il secondo forte San Lorenzo:
infatti si vogliono demolire quattro dei cinque bastioni presenti lasciando solo il
Bastione San Giovanni, situato in riva al mare e a pelo d’acqua, come piccolo
avamposto (si trova tuttora nell’ampio parcheggio di fronte alla Trattoria del
Camionista, ed è ora civile abitazione ed abitato).

I lavori iniziano il 6 giugno 1757 sotto la direzione del tenente Policardi e dal capo
d’opera Gaetano Perucco, i quali inviano periodicamente alla Giunta dei Confini di
Genova relazioni sullo stato d’avanzamento dei lavoro e delle relative spese. Si
lavorava contemporaneamente a tutti i forti citati.
Del vecchio forte San Lorenzo vengono svuotati i suoi sotterranei e le sue due
cisterne d’acqua che nel 1649 non vennero distrutti bensì semplicemente ricoperti di
macerie ed inoltre scavata e portata via la terra che ricopriva le murature seicentesche
che erano state lasciate fino ad un’altezza di sei metri.
Vengono iniziati anche i lavori per il Forte San Marcello in località Braja alle
Fornaci.
Flobert, il quale continua a seguire i lavori, invia sempre relazioni a Genova ed i
lavori da lui proposti proseguono fino ai primi mesi del 1758. Nel mese di maggio
dello stesso anno fu incaricato il colonnello e ingegnere militare De Cotte, direttore
delle costruzioni del Corpo ingegneri militari della Repubblica di Genova, di
esaminare lo stato dei lavori.
Non si conosce di preciso la motivazione di questo avvicendamento nella direzione
dei lavori, ma si può facilmente ipotizzare che Genova fosse allarmata per l’aumento
delle spese di costruzione e che dubitasse delle qualità tecniche del Flobert, in
quanto ci furono problemi di umidità e crolli durante la costruzione di quello che
diventerà il Forte San Giacomo.
In particolare queste frane e cedimenti sono avvenute sulla strada militare di accesso
al forte.
Lo stesso cartografo Matteo Vinzoni, che si era aggregato ai lavori assieme a suo
figlio, nel suo Atlante dei domini definì il Flobert “poco buono ingegnere”.
Perciò nel 1758 il colonnello De Cotte sostituisce il Flobert nella direzione dei
lavori, e denominerà il nuovo forte sul promontorio di Capo Vado Forte San
Giacomo.

Il De Cotte evidenzia tutte le criticità dei forti in costruzione in una relazione datata
11 maggio 1758.
Circa il forte di Capo Vado, denominato ora San Giacomo, il De Cotte evidenzia la
debole difesa che presenta specialmente sul lato di Vado Ligure e verso i monti, e
propone una tenaglia con rivellino e casamatta lato Vado Ligure (personalmente
ritengo che sia poi stata effettivamente costruita dato che durante i miei sopralluoghi
ho ritrovato evidenti resti di murature) ed una opera a corno sulla sommità del monte,
utilizzando i resti dell’antico Forte Santo Stefano demolito e collegandola con il San
Giacomo tramite una muraglia ad andamento spezzato, di cui ancora oggi si possono
trovare i resti tra la vegetazione.
Viene inoltre criticato lo spessore delle volte, soltanto di due palmi e mezzo: se si
volessero fare a prova di bomba era necessario raddoppiarlo.
Inoltre le finestre delle caserme erano tutte rivolte verso il mare, perciò disposte al
tiro dell’artiglieria navale. De Cotte suggerisce inoltre di coprire con muratura e volta
la lunga scala che correva lungo la cortina muraria lato Bergeggi, dato che era
scoperta e perciò non offriva nessuna protezione ai fucilieri difensori.
Sempre il De Cotte suggerisce inoltre altre modifiche al “fortino” di Vado L. (il
Bastione San Giovanni).
Ma le critiche maggiori sono rivolte al fortino della località Braja (il San Marcello):
il De Cotte biasima la posizione dello stesso e i lavori eseguiti. Infatti questo forte,
collocato in quel punto, non riusciva ad incrociare i tiri dell’artiglieria con quelli del
Priamar e del San Giacomo.
Perciò i lavori di costruzione vengono interrotti al punto in cui sono arrivati e mai
portati a compimento (si erano costruiti solo le cisterne, il fossato e poco altro).
I lavori di costruzione al Forte San Giacomo invece proseguono: l’11 ottobre 1758
viene chiesta la somma di 626 lire per la manutenzione del lastricato di copertura dei
locali per poter affrontare la stagione invernale.
Il 3 giugno 1759 il commissario di Savona, Bendinello Spinola, trasmette alla
Giunta dei Confini di Genova la relazione di ultimazione dei lavori di Gustavo-
Perucco.
Durante la Prima Campagna d’Italia del giovane generale Napoleone Bonaparte i
francesi conquistano sia il Forte San Giacomo, dove insediano un comando militare,
sia il forte Santo Stefano.
Nel 1795 gli stessi francesi lasciano il forte San Giacomo con la speranza di
riconquistarlo e abbandonando al suo interno diversi pezzi d’artiglieria (cannoni e
mortai), mentre fanno esplodere il forte Santo Stefano, di cui oggi restano i maestosi
ruderi di tre dei quattro bastioni che lo componevano.

L’Ottocento

Nell’Ottocento vengono costruite due nuove fortificazioni, che vanno a sostituire il


Forte San Giacomo ed il Forte Santo Stefano: la Batteria di San Sebastiano
conosciuta come la Batteria di Capo Vado, e il Forte Sant’Elena. Entrambe le
fortificazione sono batterie da difesa costiera.
Nel 1884 iniziano le pratiche per l’esproprio dei terreni dove si pensa di costruire la
Batteria di San Sebastiano, la quale viene edificata nel 1889. Invece il forte
Sant’Elena viene edificato nel 1887: questa è una nuova informazione che aggiungo
alla mia ricerca su questo forte di cui ho già lungamente parlato nei mesi scorsi.

In questo periodo il Forte San Giacomo viene rimesso in manutenzione e al suo


interno viene installata una batteria d’artiglieria in appoggio ai due forti appena citati:
allo stato attuale non so se cannoni oppure obici.

Il Novecento

Arriviamo dunque all’ultimo capitolo di storia delle fortificazioni di Bergeggi e Vado


Ligure.
Nel 1908 avviene un’importante esercitazione navale con lo scopo di testare
l’efficacia delle fortificazioni militari poste a difesa e della costa savonese e
dell’entroterra.
Attorno al 1915 il San Sebastiano ed il Sant’Elena vengono dismessi come
fortificazioni ed utilizzati come depositi di esplosivi e polveri militari; il 25 ottobre
1921 come sappiamo il Forte Sant’Elena esplode.
Tra i ruderi del Forte Santo Stefano era stata posizionata una polveriera militare,
mentre nel 1933 sotto al Forte San Giacomo vengono costruiti due bunkers da
difesa costiera, tuttora esistenti.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, tutto il versante vadese del Monte
Sant’Elena vede il proliferare di trincee e postazioni militari antinave ed antiaeree.
Il Bastione San Giovanni viene utilizzato come deposito di esplosivi dai militari, e
qui viene fucilata la partigiana vadese Clelia Corradini.
Il Forte San Giacomo viene presidiato dai militari italiani della San Marco ed al suo
interno viene installata una postazione d’artiglieria, pare un nido di mitragliatrice, di
cui restano oggi i ruderi.
Durante la guerra il forte vive una episodio bellico: una battaglia tra i partigiani ed i
San Marco, dotati di fucili ed armi risalenti ancora alla Prima Guerra Mondiale e
quindi ormai obsoleti.
Tutti i San Marco si arrendono ed i partigiani requisiscono loro le armi,
proponendogli di unirsi a loro: molti accettano, gli altri vengono rilasciati.

Oggi

Il Bastione San Giovanni e la Batteria di San Sebastiano ormai da decenni sono


abitazioni private, mentre 2019 il Forte San Giacomo è stato messo all’asta e venduto
a privati.
I due bunkers da difesa costiera esistono tuttora, in stato di abbandono, così come i
maestosi ruderi del Forte Santo Stefano.

Christian Alpino

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