Sei sulla pagina 1di 6

Le origini del Molo San Vincenzo risalgono al 1268, epoca angioina, con la

costruzione di una torre di avvistamento sull’isolotto di San


Vincenzo dove già esisteva una chiesa di proprietà del monastero di San
Vincenzo al Volturno.
Ma fu solo verso la fine del’500 che il molo subì profonde trasformazioni.
Infatti all’epoca il Regno di Napoli, assoggettato alla Spagna come
Vicereame, era il Paese «cristiano» più prossimo all'Impero
Ottomano e quindi i1 più esposto all'inquietante pressione turca.
Quando alla metà del ‘500 la città di Termoli fu saccheggiata, per
prevenire gli assalti dei Turchi, la -Regia Corte di Napoli decise di
realizzare una difesa dei litorali del Regno, costruendo numero-
sissime torri costiere di avvistamento, le "Torri Marittime”.
Gli atti di pirateria contra il naviglio mercantile, poi, erano così
frequenti che il re Carlo V, nel 1531, pretese di armare la flotta per
difendersi dagli attacchi dei predoni. Dalla seconda metà del XVI secolo
ripresero, quindi, le attività commerciali marittime ed ebbero un grosso
incremento nel giro di pochi anni a tal punto che gran parte delle galee
da guerra napoletane erano costantemente impegnate in «Crociere di
Vigilanza” sulle rotte più trafficate.
Questa forte utilizzo di mezzi di navigazione di mercatura e difesa
richiese presto una struttura in cui si potessero costruire navigazioni
adatte e per costruirlo fu scelto un settore della spiaggia di S.Lucia, sotto
1a: difesa dei cannoni di Castelnuovo. L'incarico fu dato all'architetto
Domenico Fontana, che, pensando ad un progetto molto più ampio di
restauro del porto, realizza il collegamento dell’isolotto alla terraferma
Ma il nuovo progetto era troppo costoso e, pur dopo averlo iniziato, fu
abbandonato.

Nella prima metà del Seicento gli sconvolgimenti politici che


interessarono quasi tutti i Paesi europei coinvolsero anche il Vicereame
di Napoli che, impegnato militarmente, diede grande importanza al
potenziamento delle forze navali.
AII' accrescimento della flotta, però, non corrispose un opportuno
adeguamento del porto.
Nell'aprile del 1666 salì al trono di Napoli il Viceré Don Pietro d'Aragona.
Costui, intenzionato a risolvere i problemi del porto della Capitale, pensò di
far realizzare una Dàrsena «avanti la Torre di S. Vincenzo.
Si pensò, inoltre, di prolungare, con un braccio a semicerchio, il Molo
1
Angioino partendo dalla Lanterna.

La Lanterna era stata fatta realizzare dal Re Ferrante d’Aragona con lo


scopo di mostrare la via e accogliere i naviganti. Con il passare degli anni,
la struttura è diventata un vero e proprio simbolo della città, essendo
sopravvissuta a numerose catastrofi che hanno colpito la città. Dal 1950 sul
molo si trova il faro che ha sostituito la Lanterna. Il faro è ricoperto
da piastrelle di maiolica rossa che permettono di abbattere i costi di
manutenzione e dal 2016 è stato dotato di luci led per il risparmio
energetico.

La Torre di S. Vincenzo e lo sbocco a mare dell'edificio dell'Arsenale dal


quale scendevano in acqua i bastimenti. Dipinto di Didier Barra (prima
meta de/ XVII secolo). Napoli, collezione privata (foto Sovrintendenza Benii
2
Artistici e Storici di Napoli).

IL PERIODO BORBONICO (1734-1860)

Con l'arrivo a Napoli di Carlo di Borbone (10 maggio 1734), le “cose


di mare” ebbero un grosso impulso. Si organizzò una marina da guerra
secondo più moderni criteri, si costruirono porti e si ampliarono molti di
quelli già esistenti; inoltre si avviò una nuova politica per il traffico
marittimo che portò alla stipula di molti trattati di commercio e
navigazione anche con paesi extra mediterranei (Svezia, Danimarca ed
Olanda). Tutto questo impegno servì indubbiamente a caratterizzare la
nuova identità che il Regno di Napoli voleva a c q u i s i r e .

Tale progetto continuò anche con il figlio di Carlo, Ferdinando IV, che, per
rinforzare l’Arsenale, volle un uomo all'altezza del compito e fu s cel to
John Francis Edward Acton .
3
L'Acton, uomo ambizioso, accettò di buon grado l'invito del Borbone,
raggiungendo Napoli il 4 agosto del 1778 con il preciso incarico di
riorganizzare la Marina Militare napoletana. Con lui fu rinforzato e
ampliato Arsenale e Darsena e fu istituito un nuovo cantiere navale a
Castellammare.
Tale corso continuò anche con la conquista francese: con Murat l'intero
comparto cantieristico venne sottoposto ad ammodernamenti e
ingrandimenti al fine di rendere tale struttura simile a quelle francesi, ma
Napoli non si prestava a grandi ampliamenti per l'assenza di spazi idonei.
Ciò fu alla base della scelta strategica di impiegare il cantiere di
Castellammare per la produzione dei vascelli, mentre gli altri legni minori
sarebbero stati approntati in Arsenale.
Con il ritorno dei Borboni a Napoli fu ripreso il progetto di Domenico
Fontana, tra il 1826 e il 1836, sotto il regno di Ferdinando II di Borbone.
Dopo il 1850, nel porto militare venne ubicato un Bacino da Raddobbo,
struttura basilare per la manutenzione di una flotta.chiamato anche “Bacino
Ischitella”
Tale bacino si trova alla radice del molo ed è vincolato quale bene storico-
culturale. e da un eliporto, mai entrato in funzione, la cui costruzione è stata
realizzata dal Ministero della Protezione Civile in seguito al terremoto del
1980.
Fu indubbiamente un trionfo per il Regno delle Due Sicilie e la perfetta
riuscita della struttura ebbe una vasta eco presso le maggiori marinerie
europee. Con questa realizzazione, l'Arsenale di Napoli faceva un
grandioso passo in avanti anche se non potè mai essere paragonato ad
un arsenale militare inglese o francese. . Da quel momento il molo divenne
la sede della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, dove venivano varate
le navi e dove si fondevano i cannoni e ancora, all'indomani dell'Unità
d'Italia, quello napoletano era il più moderno ed attrezzato Arsenale
Militare di cui il neonato Regno italico si potesse vantare. La radice del
molo è infatti, attualmente, caratterizzata dalla presenza del bacino di
carenaggio, detto “bacino di raddobbo” o, anche, “bacino Ischitella”,
vincolato quale bene storico-culturale. C’è anche un eliporto, mai entrato in
funzione, la cui costruzione è stata realizzata dal Ministero della Protezione
Civile in seguito al terremoto del 1980.

L'inizio de! xx secolo forse rappresentò per la struttura napoletana il


4
periodo di maggiore fulgore: Napoli era ancora ritenuta “Base Navale di
1° categoria”. in quanto località dotata sia di Arsenale sia di magazzini
per equipaggiare e rifornire di viveri, di combustibili e di tutti i tipi di
munizioni, qualsiasi tipo di naviglio militare. La si riteneva atta a ospitare
importanti forze navali a tempo indeterminato ed a rimetterle in piena
efficienza in caso di avarie di qualsiasi natura ed entità.
In realtà, però, Napoli già da tempo non rispondeva più ai requisiti
strategici richiesti poichè non aveva spazi adeguati alle navi militari
maggiori.
Non essendo poi intenzione del governo dell'epoca provvedere a lavori
strutturali per dotare Napoli di impianti adeguati, si iniziò a valutare la
possibilità di modificare l'organizzazione dell'Arsenale.
A seguito di ciò si mise in atto un progetto Comunale che prevedeva anche
la trasformazione dell'area dei capannoni dell'Arsenale in giardini pubblici
nonché la risistemazione del porticciolo del Molosiglio, rinforzando a mare
i tratti di scogliera ad esso prospicienti. Inoltre il progetto prevedeva anche
la costruzione di una nuova strada (l'attuale Via Ammiraglio Acton) che,
avrebbe collegato la Piazza del Municipio con Via Cesario Console e, con
la costruzione della Galleria della Vittoria ( 1930), con la zona del
Chiatamone.

Alla fine del XIX secolo il molo fu l’ultima sponda familiare per gli
immigrati partenopei in partenza verso l’America. Quelli che partivano
avevano tra le mani un gomitolo di lana. Il capo del filo veniva lasciato
al parente rimasto in banchina. Allontanandosi il filo si spezzava e quel
gomitolo si sarebbe ricomposto solo all’ eventuale ritorno Sul molo è stata
istallata anche la settecentesca statua di san Gennaro che con il gesto
della mano sembrava salutare gli emigranti che nel dopoguerra partivano
per l’America a bordo delle navi.

Attualmente gli edifici che si affacciano sulla Darsena Acton appartengono


alla Marina Militare e gran parte della banchina è gestita dall’Autority
portuale. Nel corso del ‘900, l’area è stata arricchita anche da un eliporto,
costruito dopo il terremoto in Irpinia del 1980, ma che non è mai entrato in
funzione.

5
6

Potrebbero piacerti anche