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IL CASTELLO URSINO DI CATANIA

La Sicilia è da sempre terra di conquiste. Con la sua terra fertile, con


il suo clima mite e la sua posizione strategica, ha fatto sì che decine
di popoli di diverse usanze e religioni, passassero da qui, lasciando
pezzi di storia e cultura, arrivati a noi fino ad oggi, rendendo così la
Sicilia e i siciliani, terra e popolo dai mille colori.

Come già detto, La Sicilia ha visto susseguirsi decine di dinastie, re e


imperatori, assistendo ad alcuni dei più grandi eventi storici avvenu-
ti.

E’ possibile trovare arte e architettura pressochè ovunque, sparse in


tutta la Sicilia: basta alzare gli occhi, o girare l’angolo passeggiando
nel centro storico per trovare un monumento o un edificio di valore
storico-artistico.

Ma il nostro interesse, in territorio siciliano, sarà quello di ripercorrere


le fasi dell’architettura Federiciana in Sicilia e più specificatamente
a Catania, del Castello Ursino.
Durante i suoi secoli di vita, questa struttura ha vissuto le più svariate funzioni oltre a
momenti di distruzione e decadenza.
Spesso la sensibilità dell’uomo al valore delle opere architettoniche nonché quelle
artistiche, viene a mancare durante il corso della storia, violentando e sfregiando beni
di immenso valore che solo dopo vengono compianti.
Il Castello Ursino è stato residenza reale, fortezza, bastione, caserma militare, carcere e
museo. Solo questo potrebbe bastare a denotare le sue straordinarie caratteristiche e
lo straordinario potenziale di cui questa struttura è dotata, anche grazie ad un metico-
loso lavoro di ideazione e progettazione da parte del maestro Riccardo da Lentini,
fedele architetto di Federico II che, con la piena fiducia dell’imperatore, edificò oltre al
Castello di Catania, altre costruzioni federiciane in tutto il regno di Sicilia.

Altro fattore importante da considerare è la documentazione a noi pervenuta riguardo


il castello Ursino, spesso annebbiata durante il corso dei secoli, o totalmente assente.
Inoltre gli scontri tra le amministrazioni comunali e regionali, e con i proprietari ereditieri
dello stabile, con cui appunto una lunga “lotta” si è protratta durante i primi del 900
quando finalmente anche la sensibilità del popolo catanese ritornò vividamente a farsi
sentire, sempre più consapevoli dell’immenso bene di cui la città disponeva ma che da
anni era abbandonato a se stesso.
Iniziano così i lavori di restauro e di recupero che porteranno il castello ai fasti, quasi, del
secondo secolo di questo millennio, periodo in cui fu edificato.
Ma per poterne raccontare chiaramente ogni dettaglio, ci sarà d’aiuto ripercorrere
cronologicamente l’ordine dei fatti, per capire come e che cosa ha portato Federico II
in Sicilia e quindi alla costruzione del castello Ursino di Catania.

I primi ricordi della presenza di Federico a Catania risal-


gono alla fine del XII secolo circa, a quel tempo sotto
ancora la tutela della madre Costanza.
Ai primi del nuovo secolo, compiuti i quattordici anni,
ovvero la maggiore età, e liberatosi dalle influenze
impresse dalla tutela, Federico può finalmente imprime-
re alla politica del regno una direttiva molto più perso-
nale.
Iniziano così nel 1209 la serie di viaggi che Federico
intraprende in Sicilia per riorganizzare il regno. Risale
quindi a questo periodo sicuramente, la prima visita
dell’imperatore nella città etnea.
Già durante la sua prima visita, Federico comprende
l’importanza strategica che la città assume per il regno,
punto ideale per il controllo del mar ionio, e di tutta la
parte costiera settentrionale (che verrà integrata col
castello di Aci e di Milazzo).
Per cui, sposato a Palermo con Costanza, L’imperatore
(anche a causa di una violenta epidemia scoppiata a
Palermo) soggiornerà a Catania per un lungo periodo,
durante il quale, amministra il regno.
Minacciato però dall’assalto di Ottone IV e dalle navi pisane, Federico oltrepassa
le Alpi e si rifugia in Germania, da dove controllerà il regno per i successivi otto
anni; anni in cui qualsiasi testimonianza della influenza di Federico sul regno di
Sicilia è totalmente eclissata.
Tornerà in Italia nel 1220 e Catania diventa la sua fissa dimora per qualche perio-
do, ma a causa di vicende amministrative col regno (tenta di espandere il suo
potere di sovrano anche nell’Italia settentrionale) la sua presenza nella città
etnea diventerà sempre più rara.

A causa della dispersione delle testimonianze e di fonti documentarie, i rapporti


con Federico con Catania, durante il suo ultimo decennio di governo, sono
spesso lacunosi o del tutto mancanti.

Fortunatamente, per quanto riguarda il castello Ursino e le opere di edificazione,


sono molte le fonti che accertano e collocano la storia del castello nel tempo.
La costruzione del castello Ursino inizia nel 1239, otto anni dopo le rivolte guelfe e
l’inizio della costruzione delle altre fabbriche a Siracusa e ad Augusta. Inizialmen-
te si fraintende il vero scopo della costruzione del castello, che si pensa, fosse
voluto per prevenire
probabili rivolte, ma in realtà lo scopo unitario per il quale il castello sorgerà sarà
per la difesa del regno.
A testimonianza di ciò, la lettera Lodigiana del 17 novembre 1239, che Federico
scrive a Riccardo da Lentini, architetto che curerà la progettazione e la costruzio-
ne del castello: Nella lettera, <L’imperatore, oltre alle note disposizioni sulle
costruzioni di carattere militare sorgenti qua e la in Sicilia esprime il suo compiaci-
mento per l’opera diligente da questo svolta.> (a,pag 398)
Il castello Ursino seppur simile, nella forma al castello
Maniace, presenta grosse differenze estetiche, date
anche dall’utilizzo di diversi materiali e rivestimenti:
Le di pietra calcarea con cui Riccardo da Lentini ha
rivestito il castello Maniace, è qui sostituita dalla pietra
lavica, materiale dalla lavorazione impegnativa, ma
molto resistente agli agenti atmosferici.
L'architetto studia minuziosamente le condizioni morfolo-
giche e litologiche dell’agro catanese, che gli permet-
terà di intraprendere le giuste decisioni sotto l’aspetto
statico e costruttivo.

Federico II, vivacemente interessato agli sviluppi del


castello e attivamente partecipe, comunicherà spesso,
tramite lettere con l’architetto che ragguaglierà di volta
in volta ad informarlo di ogni progresso; come si evince
dalla lettera da foggia (1239-40) l’imperatore invita
Riccardo per discutere faccia a faccia sulle decisioni da
prendere.
Questa testimonianza dimostra come Federico così
vivacemente attivo e partecipe, non sia solo un sempli-
ce committente, accomodante delle decisioni prese
dall’architetto, ma al contrario diventa lui stesso un po
autore dell’opera, in quanto prende decisioni stilistiche
ma anche tecniche e strutturali di non poca rilevanza.
La lettera di Foggia sarà l’ultimo documento riguardan-
te gli sviluppi e la costruzione del castello Ursino; dopo di
ciò non si avranno ulteriori documenti o testimonianze a
riguardo fino alla fine del 1250, anno in cui termina il
regno di Federico II lasciando ancora oggi nel dubbio
l’ipotesi del già avvenuto completamento del castello
Ursino al termine del suo governo.
Nel corso dei secoli l’aspetto sia strutturale che estetico del
castello Ursino è cambiato e mutato varie volte, per adattarsi
alle esigenze che nel tempo ha dovuto soddisfare: da fortezza
militare a carcere civile, a museo. Ciò che ci chiediamo è
quindi, se sia possibile in tale stato, riuscire ad abbozzare la
ricostruzione ideale.

n merito possiamo ritenerci fortunati in quanto <le linee architet-


toniche generali non hanno subito profonde trasformazioni: lo
scheletro del castello, nella sua ben definita struttura geometri-
ca, rimane per lo più immutato.>(a,pag 421) Su tali basi, e sulle
sopravvivenze decorative si basano gli sforzi ricostruttivi che
negli anni, hanno permesso una sempre maggiore accuratezza
nel ricostruire gli elementi come erano in antichità.

In origine, il castello duecentesco sorgeva su un piano unitario;


nessuna preesistenza o ricordo di altre architetture site in questo
luogo.
Il concetto si basava sullo sviluppo di un opera armonica, orga-
nica in cui tutto era sapientemente calcolato.
Anche il castello Ursino, come i già edificati castelli di Siracusa e
di Augusta, era un grandioso parallelepipedo di cinquanta metri
per lato; <agli angoli, lo proteggevano quattro torri cilindriche
uguali e simmetriche e, nelle zone mediane di ciascun lato,
sono posizionate altrettante torri semicilindriche, per spezzare
così lo slancio del rettilineo.> (a,pag 422)
E’ doveroso a questo punto soffermarsi proprio sulle caratteristiche
compositive che costituiscono il castello e che lo accomunano a
quelli di Siracusa e di Augusta:
Come già sappiamo, Siracusa ed Augusta avevano già i loro castelli
mentre a Catania si iniziava la messa in opera; di conseguenza, le già
provate esperienze non potevano che essere messe in atto anche in
questa nuova costruzione. Quindi questo spiega non solo le profonde
analogie che legano i tre castelli federiciani ( tutti e tre di Riccardo da
Lentini), ma anche al livello decorativo, possiamo trovare la stessa
maturità artistica.

Se provassimo a sovrapporre le piante dei tre castelli, noteremmo,


salvo qualche variazione più o meno evidente, la traduzione del me-
desimo tema:
<In tutti abbiamo lo stesso schema quadrato, la stessa distribuzione
organica attorno ad un atrio centrale e la stessa disposizione delle torri
protezionali.> (a,pag 425)
All’interno del castello di Catania, attorno ad un grande atrio
chiuso da un solido muraglione, si svolge una fuga di crociere
quadrate, cinque per ciascun lato di cui, a parte quelle ango-
lari, le tre mediane si susseguono a formare un unico vasto
ambiente lungo venticinque metri e largo otto (ogni crociera
quadrata misura esattamente 8,30 m per lato). Le quattro
crociere ad angolo, chiuse da muri divisori, ripetono le dimen-
sioni delle precedenti, ma formano degli ambienti nettamente
distinti, collegati agli altri da porte ogivali.
Dalla crociera mediana vi si accede alle torri mediane, mentre
alle torri angolari vi si accede dalle crociere ad angolo.
L’illuminazione delle torri angolari è regolata dalle tre finestre
simmetriche a sguancio dentro lo spessore del muro.
Questa impostazione si ripete anche nel piano superiore

<Se attorno al muro dell’atrio del castello Ursino, impostassimo


idealmente un secondo ordine di crociere in successione nella
fuga delle arcate , ecco che avremmo la pianta del castello di
Augusta.
Se al contrario, sgombrassimo il muro dell’atrio e innalzassimo
parallelamente al primo un secondo ordine di grandi crociere,
vedremmo lo schema del castello di Siracusa.> (a,pag 425)
Del castello Maniace sono derivate le dimensioni perimetrali e
la superficie: in entrambi i castelli, ogni lato è scomposto in
cinque crociere equamente ampie, con gli stessi motivi deco-
rativi.
Nel castello di Augusta, le dimensioni delle crociere, anche qui
uguali a quelle degli altri due castelli, differiscono dalla presen-
za di semi-pilastri al posto delle semicolonne, privi quindi della
ricca decorazione presente nei castelli di Catania e Siracusa.
La presenza delle semi-torri mediane è il maggiore distacco
che il castello Ursino assume rispetto agli altri due castelli.
tutte queste analogie quindi, confermano quanto già detto;
in fondo l’impostazione è sempre la stessa, con qualche variazione
dovute ad esigenze estetico-militari oppure a seconda delle necessi-
tà di adattamento della vita interna. Ma ogni castello in realtà pre-
senta la propria personale identità. Il bianco e il nero. Simili nella
composizione, ma così diversi all

Differente invece sarà la que-


stione estetica:
La pietra calcarea che dona
una straordinaria lucentezza e
lineare bellezza al castello
Maniace è a Catania sostitui-
ta dalla pietra lavica che
come già detto è molto resi-
stente alle erosioni degli
agenti atmosferici e che con-
ferisce quindi al castello, un
aspetto totalmente differente,
Adatto al luogo in cui sorge,
tipico del territorio etneo.
La severità del prospetto è
accresciuta dall’assenza di
finestre sino a tutta l’altezza
del pianterreno; le tre crociere
mediane prendono luce sola-
mente dall’atrio. Il lato setten-
trionale essendo quello princi-
pale con una maggiore ele-
vazione e in fondo il più vulne-
rabile e doveva essere quello
maggiormente protetto.

La visione esterna, abbastan-


za rigida e austera, diventa
più accogliente una volta
superato l’ingresso dell’ala
settentrionale attraverso una
grande porta archiacuta,
rivestita con conci calcarei
che accentueranno il contra-
sto con il circostante rivesti-
mento di pietra lavica. Posta
tra la torre nell’angolo nord-o-
vest e la torre mediana, colle-
gava l’esterno con l’interno.
Una volta entrati, la solennità dell’ambiente data dalle volte animate dai costo-
loni, dalle colonne murali e dai decoratissimi capitelli
ci fa respirare un’aria pienamente medievale.
<La luce abbastanza tenue dona al grande ambiento voltato un tono di auste-
rità che contrasta con il luminosissimo tono dell’atrio>(a,pag 432)

L’uso della pietra calcarea diventa più ricorrente all’interno, adoperato per i
motivi decorativi variamente diffusi nelle arcate, nelle colonne, nei costoloni, nei
capitelli e nelle cornici delle porte che richiamano ancora alle influenze del
castello Maniace.
Se pensiamo che in tutto il territorio catanese la presenza di roccia calcarea è
praticamente nulla, deve essere costato parecchi sforzi e denari, il trasporto
dalle cave di Ragusa e di Comiso, che al contrario abbondano di questo tipo di
pietra.

Le crociere ad angolo,
invece, data la loro chiusu-
ra sono molto più tenebro-
se, illuminate scarsamente
dalle finestre a feritoie
aperte da un solo lato.
Anche qui, i costoloni, riuniti
al centro della volta di
serraglia, si curvano e si
poggiano su quarti di
colonna, ma questa carat-
teristica non la si riscontra
nella crociera di nord-ovest
dove invece, le colonne
vengono abolite per essere
sostituite da mensole con-
formate a piramidi rove-
sciate, sulle quali appunto
andranno ad appoggiarsi i
costoloni. Questo tipo di
mensole vennero già utiliz-
zate nelle piccole crociere
ad Augusta e nei corridoi
d’accesso alle torri del
castello siracusano. Altra
nota che differisce tra le
varie crociere ad angolo,
sarà il numero e la disposi-
zione delle finestre, proba-
bilmente piazzate diversa-
mente per alcune necessità
tattiche nel piano della
difesa interna del castello
Le torri, altro apparato importante del
castello, hanno delle loro particolare
caratteristiche.
Ogni torre è illuminata da tre larghe
finestre a feritoia, tagliate attraverso lo
spessore delle mura perimetrali e poste
alla stessa distanza dal piano terra.
Anche qui la sagoma ogivale delle
finestre riprende, seppur con diverse
proporzionalità, le finestre esterne del
Castello Maniace.
Ogni torre ha il diametro interno di 5,55
m e misurano l’altezza di 9,16 dal piano
terra.

Le quattro crociere angolari con le


annesse torri, costituiscono quattro
ambienti distinti, probabilmente adibiti
ad appartamenti dove vi erano sicura-
mente tutti i servizi e gli accessori di
prima necessità per i bisogni abitativi.

Come già accennato, dall’involucro


cilindrico esterno, le torri internamente
si convertono in prismi ottagonali, da
cui parte da ogni lato un settore trian-
golare, tenuto ognuno da un costolone
che confluirà al centro insieme agli altri,
tutti uniti da una chiave decorata.
Questi costoloni inoltre, si appoggino
sempre a quelle mensole a piramide
rovesciata che ritroviamo nella crociera
angolare di nord-ovest
All’interno di ogni torre, in uno degli
otto lati, vi era una porticina archiacuta
che portava ad un piccolo vano
rettangolare da cui vi era ricavata la
latrina, direttamente collegata al pozzo
nero.
Altri importanti elementi del castello sono le torri mediane.
Oggi ne esistono solo due mentre nelle varie ricostruzioni nel
corso dei restauri se ne evincono quattro originariamente, una
per ogni lato.
Le torri mediane rispondevano a molte esigenze nella scena
del castello ed oltre ad una questione estetica esse risponde-
vano ad un criterio di esigenza militare in quanto avevano un
ruolo importante nella difesa del castello. La perfetta regolarità
della pianta ha permesso lo sviluppo delle torri angolari e di
quelle mediane con perfette armonia e simmetria distributiva.
<Delle quattro torri mediane, come già detto, quella rimasta
maggiormente integra è la settentrionale, che presenta
ancora la scala a chiocciola che collega il piano terra a quello
superiore.> (a,p453)

L’interno è assolutamente privo di ogni decoro e due sole


finestre a feritoia illuminano l’ambiente.
Questa torre è tra le mediane, alcune in minima parte ancora
visibili, quella che si accosta maggiormente alle sembianze
originarie costruttive dato che conserva ancora il poderoso
muro perimetrale, lo slancio imponente, la scala a chiocciola e
le due feritoie. Una porta ogivale collega questa con l’ambi-
ente interno dell’ala nord.
<La monumentale mole del castello Ursino, è ancor più valoriz-
zata da una serie di elegantissime decorazioni che bene si
relazionano con le proporzioni dell’edificio e con la sua spazia-
lità; di influenze sicuramente classiciste ma che guardano già
al gotico, essi sono caratterizzati da una fresca naturalezza e
ricadono per lo più su alcuni elementi architettonici, in partico-
lare sui capitelli di cui troviamo diverse varietà all’interno del
castello.> (b, pag224)

Ad essi abbiamo già accennato genericamente, descrivendo


le somiglianze e le analogie sia costruttive che appunto deco-
rative dei castelli federiciani ed in particolare quello di Siracusa
e quello di Catania.

Le caratteristiche delle curve geometriche dei capitelli, ci


testimoniano anche la loro comune derivazione in quanto, tali
similarità ci inducono a credere che essi siano opera delle
stesse maestranze che, magari seguendo l’architetto Riccardo
da Lentini nei suoi lavori, hanno realizzato, sempre di loro
mano, le decorazioni di altre architetture sveve sparse per il
regno.
<Dell’originaria struttura sveva restano sedici
capitelli decorati, otto dei quali si trovano
nell’atrio nord, a coronare le semicolonne
che sostengono i costoloni delle tre grandi
crociere. Altri quattro concludono le semi-
colonne su cui poggia la crociera ad
angolo nord-est e gli ultimi quattro poggia-
no sulle semicolonne dell’atrio ad angolo
sud-ovest.

I capitelli si distinguono l’uno dall’altro per


alcuni particolari plastici ma sostanzialmen-
te hanno tutti la medesima impostazione:
ovvero due ordini di foglie, solitamente la
palma dactilifera con nette rastremature,
terminanti in infiorescenze che accartoc-
ciandosi su se stesse, si suddividono ad
uncino ( crochet vegetali).

Da questo modello più diffuso si discostano


tre capitelli:
Il capitello (a) collocato nella sala d’ingr-
esso, reca una rosetta centrale su una foglia
del primo ordine, crochet più mossi e artico-
lati con accenni a motivi zoomorfi nelle
foglie dello stesso ordine e due crochet del
secondo ordine terminanti con due coppie
di testine d’uomo.
Un secondo capitello (b) nella stessa sala ha
il primo ordine di palmette rastremate, il
secondo ordine caratterizzato da foglie di
palmette più carnose e un accenno al terzo
ordine.
Infine un ultimo capitello (c) collocato nella
sala antistante la torre dei martiri ha due
ordini di foglie simili a quelle dell’acanto e
termina con crochet poco aggettanti.> (b, p
224)
Un altro motivo decorativo, oltre ai capitelli, è l’innesto dei
costoloni delle volte a crociera, una sorta di chiave di volta.
Essa consiste in un incavo con sopra una foglietta e, in un solo
altro caso isolato una testina d’uomo.

Le mensole sulle quali gravano i costoloni della crociera ad


angolo nord-ovest e le crociere delle torri angolari, sono
anch’esse degne di nota, presentando seppur nella loro sem-
plicità un’elegante decorazione.
Prese anch’esse come prototipo dai corridoi d’accesso del
castello Maniace, si presentano come piccole piramidi rove-
sciate, dal taglio nitido, con terminazione a goccia decorata,
e cornice superiore variata da rilievi e modanature.
Generalmente le facce della piramide sono lisce ma in qualcu-
na vi troviamo un rivestimento di larghe foglie protezionali e in
una sola di esse, troviamo una decorazione baccellata.
Ci sembra ragionevole quindi, anche questa volta, riferirsi ai
modelli del castello siracusano in quanto il rapporto dei decori
nel castello Ursino è una vera e propria riproduzione di linee e
dimensioni.
E’ altrettanto doveroso soffermarsi sulla topografia del sito sul
quale il castello è edificato e provare a capire come nei secoli
esso sia mutato.
Innanzitutto, anche qui bisogna denotare quanta attenzione è
stata posta da parte dell’architetto a questo importante pro-
cesso, senza dimenticare che la posizione del Castello doveva
essere assolutamente strategica.

Anche se oggi lo scenario morfologico è del tutto mutato,


quello dell’epoca presentava un altura che si affacciava
direttamente sul mare e che garantiva il controllo totale sia
sulle acque ma anche da terra. Tale posizionamento porterà
anche delle scelte, come abbiamo visto, circa l’orientamento
della fabbrica e il diverso utilizzo delle facciate.
La visione panoramica dentro la quale si immergono i castelli
di Siracusa e di Augusta e che comprendeva anche il Castello
Ursino, oggi manca del tutto.

<In origine il castello si affacciava sulla sottostante scogliera


marina, dominando, da un’altezza di oltre sedici metri, la vasta
distesa d’acqua>(a, p 415). Il promontorio sul quale esso sorge-
va, delimitava, insieme con quello più orientale, il vecchio
porto della città.
Il Castello Ursino doveva apparire alla città come una grossa
rupe lavica isolata, posta a difendere come una barriera le
tempeste dello Ionio. Quando infatti Federico II ordinò l’erezi-
one del “castrum”, egli intendeva esattamente un edificio che
doveva essere esteticamente piacevole alla vista ma anche
militarmente e strategicamente funzionante.
Questa pittoresca topografia, che
ancora è possibile ammirare in
qualche riproduzione risalente al
XV-XVI secolo, mutò gravemente
dopo l’eruzione del 1669; una
delle lingue di lava che colò a
valle dai fianchi dell’Etna, venne
in contatto con la città, superan-
do in alcuni punti la cinta muraria
dilagando poi sino al castello
Ursino, circondandolo completa-
mente e raggiungendo così il
mare che ricoperse per oltre
mezzo chilometro, prima di spe-
gnersi definitivamente.
Il promontorio perse così quasi
ogni sua forma primitiva e lasciò
nel retroterra il castello.
Ma la natura non ancora soddi-
sfatta, tornò a farsi sentire con un
violento terremoto abbattutosi
sulla città nel 1693 distruggendo
quasi interamente la città che
venne poi ricostruita con l’ausilio
di un nuovo piano regolatore. In
tutto questo, il castello ne subì
maggiormente le cause in
quanto, dopo tali cambiamenti
dovuti al nuovo piano, finì per
essere serrato da ogni sua parte
dall’incremento edilizio.
Ma la morfologia e il territorio che circonda il castello non
saranno le uniche cose a cambiare nel corso dei secoli, e a
conferire al castello una diversa immagine da quella che
aveva in origine.
Anche gli avvenimenti storici, svolti nella città e che hanno
coinvolto il castello più o meno da vicino, hanno contribuito al
cambio d’immagine e di utilizzo a cui il castello è andato
incontro.

Dopo la morte di Federico II, il castello Ursino fu residenza di


Federico III d’Aragona che qui, nel 1296, fu eletto re di Sicilia.
<In quegli anni, la città fu scenario della guerra dei Vespri e il
castello venne più volte espugnato. I successori della famiglia
di Aragona di Sicilia, Pietro II di Sicilia e i suoi figli Ludovico e
Federico IV lo elessero a dimora e vi trascorsero gli anni degli
scontri con la famiglia degli Alagona.
Pur continuando gli scontri tra la corona d’Aragona e le fami-
glie locali, il ritorno dei nuovi sovrani al castello diede inizio ad
un periodo più felice per la struttura, che si consolida nel quat-
trocento quando da contrafforte diventa una vera e proprio
corte.> (b,p 118)
Il nuovo gusto di questa corte, lontana dal rigore e dalla auste-
rità di origine sveva, risente inconfutabilmente della matrice
catalana che, contemporaneamente ai lavori di risanamento,
dati dagli scontri degli anni precedenti, diede un’aria di rinno-
vamento all’edificio.

Più tardi, nel 1460 Il castello ospitò il parlamento, presieduto dal


vicerè Giovanni Lopes Ximenes de Urea.
In questi anni, Il lato nord resta pressochè immutato nel suo
utilizzo mentre quello sud invece, presenta già dei profondi
cambiamenti; in particolare nel salone dei parlamenti e nella
sala sottostante che in origine, riprendeva il sistema delle volte
a crociera dell’ala nord.
<Tra la fine del quattrocento e i primi decenni del cinquecento
il castello Ursino mantenne una certa centralità politica in
Sicilia:
vi risiedevano infatti, vicerè come don Ferdinando de Acuna e
don Giovanni de Vega.
Il gusto tardo rinascimentale diffusosi anche nell’Italia meridio-
nale, fu ancora una volta portatore di tante novità sia all’inte-
rno che all’esterno del castello:
Furono aperte le grandi finestre con cornice rettangolare e i
portali ad arco a tutto sesto, oltre al potenziamento delle cinta
murarie.> (b,p 122)
Tra il XVI e il XVII secolo, il castellano, rappresentante della
Corona entrò spesso in conflitto con le istituzioni cittadine ed il
Vescovo in quanto essi lo ritenevano colpevole di innumerevoli
colpe alle quali sommava tanti privilegi, ottenuti spesso in
modo illecito. Fu forse sotto questo conflitto che il castello
Ursino divenne prigione, secondo alcune iscrizioni di carcerati
risalenti al 1526.
I carcerati erano confinati in una zona particolarmente buia
del castello detta “dammuso” nel gergo dell’epoca, cioè
piccole celle, oscure ed infestate da topi e altri animali del
buio come tarantole e pipistrelli. Il lungo periodo durante il
quale il castello fu adibito a carcere comportò notevoli modifi-
che strutturali, poiché il maniero federiciano, nonostante la sua
ampiezza, non aveva un numero sufficiente di locali che si
prestassero ad essere usati come prigione. Così le grandi sale
del piano terra furono suddivise da nuovi muri e solai, che
crearono ambienti minori in cui i prigionieri venivano rinchiusi.
Interessanti sono, di questo periodo, i ritrovamenti di alcuni
disegni, scritte e graffiti lasciate dai carcerati durante il corso
degli anni in cui il castello era appunto adibito a carcere.
Esse riempiono pareti, stipiti, porte e finestre. I soggetti dei graf-
fiti erano vari: si tratta di stemmi, ma anche di teste e volti. Altri
raffigurano torri, galeoni e navi, oltre alla presenza di raffigura-
zioni e simboli religiosi.
Le iscrizioni invece, sono maggiormente nomi, incisi sulla pietra
delle pareti, anche se non rare sono state le scritte di alcuni
carcerati che sulle pareti, spesso, incidevano i loro pensieri, le
loro riflessioni sulla vita dentro il carcere, le loro dichiarazioni di
innocenza. La maggioranza delle iscrizioni sono in lingua sicilia-
na, ma non mancano l’uso del latino o dello spagnolo.
Dopo i danni causati dalla colata lavica nel 1669 e il terremoto
nel 1693, il castello Ursino fu destinato esclusivamente al ruolo
di carcere e caserma; da allora sino ai primi del novecento,
ogni intervento attuato al castello, non fu più fatto per miglio-
rarne l’aspetto o per un puro atto di gusto, ma bensì solo per
scopi funzionali alla vita di caserma e spesso, eseguiti alla
meno peggio per riparare i danni provocati dal tempo e dalle
catastrofi.

Bisogna aspettare il 1907 quando, sotto la spinta da parte dei


cittadini e della Giunta Comunale, venne presentato un voto
al Governo affinchè il castello fosse dichiarato monumento
nazionale, e venga sgombrato dalle truppe che lo occupava-
no, facendolo tornare così al decoro del patrimonio storico
catanese. Il Governo, credette alla sensibilità e al sincero inte-
resse dei cittadini, e lo inserì tra gli edifici monumentali.
<Nell’assemblea generale del 12 gennaio 1922, veniva letto un
telegramma inviato dall’Ing. Sciuto Patti al Sopraintendente
indicando che il castello venisse rilasciato e sgomberato dal
battaglione dei Carabinieri, per destinarlo così a museo, previa
un’opportuna opera di restauro e riassetto.> (c) pag 3) Nel frat-
tempo, l’interesse pubblico cresceva, e la schiera dei cittadini
in difesa dei monumenti della città si arricchiva.
Tra i più attivi in questa trentennale attività per il cambiamento
di destinazione d’uso del castello, e al passaggio della gestio-
ne al Comune, vi furono Vincenzo Casagrandi, il già citato Ing.
Sciuto Patti, ispettore onorario dei monumenti e scavi a Cata-
nia, l’archeologo Paolo Orsi, Vincenzo Finocchiaro, direttore
della biblioteca e del Museo Civico, e Guido Libertini, docente
di Archeologia all’Università di Catania, a cui toccò la direzio-
ne del Museo Biscari una volta che le collezioni comunali ven-
nero trasferite al castello Ursino.
-
Il restauro del castello sarà gestito i primis dal prof.
Guido Libertini e dall’Ing. Aurelio Mastrogiacomo, inge-
gnere capo del Comune di Catania.
Libertini inizia la descrizione ricordando le principali fasi
storiche della vita del Castello, spiegando i principali
criteri da adottare e in che modo adoperarli. Dispone di
eseguire operazioni di scrostamento delle pareti e di
demolizione dei tramezzi e dei muri divisori, cercando di
riportare il più possibile allo stato originario duecente-
sco, l’aspetto del castello.

<Libertini si sofferma durante i lavori, sulla


descrizione di ogni elemento portato a vista
(capitelli, colonne, finestre), sui problemi e
sulle inaspettate scoperte che durante il
progredire dei lavori portano a rallentamenti
e difficoltà.>(b,p 28)
Libertini afferma, poi, di voler applicare le
teorie del “restauro filologico” secondo il
quale <prevale il monumento come testimo-
nianza storica della “forma primitiva” e
quindi anche a costo di demolire grosse parti
dell’edificio, bisogna ripristinare la forma
originaria.> (b,p 28 )
Alcuni esempi di tale coscienza messa in
opera sono le ricostruzioni di alcune finestre
del prospetto sud, della nicchia con l’aquila
sveva del prospetto nord, della parte supe-
riore della torre di sud-est e della scala ester-
na del cortile, disegnata con forme neo-me-
dievali.
Libertini e la commissione ritengono che la varietà di stili
non danneggi la bellezza dell’edificio ne influenzi nega-
tivamente chi l’osserva.
Per le operazioni di consolidamento, vengono utilizzate
le tecniche moderne di quegli anni del cemento
armato e dell’acciaio.
A lavori ultimati, Libertini, nella qualità di direttore del
museo, fissa i criteri dell’ordinamento delle opere d’arte
e la disposizione nelle sale di statue, quadri e vetrine.
<L’assetto museografico e l’opera di rinnovamento
dello stabile, diventano per le generazioni future una
significativa testimonianza storica>(b, p32 ) oltre a motivo
d’orgoglio per chi vive la città, di possedere un bene
storico-artistico così importante.

Durante la seconda guerra mondiale, il


5 agosto 1943 gli inglesi occupano
Catania. Il castello era in parte distrutto
a causa dei bombardamenti, ma alla
fine dello stesso anno, viene stanziata
da parte dell’Adviser of Fine Arts and
Monuments in collaborazione con la
Soprintendenza ai Monumenti della
Sicilia Orientale una somma di 160.000
lire per i lavori di riparazione del castel-
lo.
Durante i decenni successivi, l’edificio
eserciterà sempre la sua funzione muse-
ale, ma non vengono fatti considerevoli
lavori di manutenzione o recupero,
lasciando cadere così in decadenza
l’edificio.
Solo negli anni ottanta la situa-
zione sembra riprendersi, con
degli interventi eseguiti sotto
iniziativa del Comune di Cata-
nia che propone all’Amminist-
razione regionale dei beni cultu-
rali un progetto di recupero
globale dell’edificio; l’operazi-
one comprenderà il risanamen-
to delle superfici intonacate,
delle coperture, e un rinnovo
delle vetrine espositive ritenute
inadeguate e ormai non coe-
renti ad una moderna visione
museografica.
La campagna di manutenzione
e restauro inizia il 18 gennaio
1988 attraverso interventi di
consolidamento e di ripristino
che arriveranno, a fasi alterne,
fino ai giorni nostri.

Negli anni 2004-2006, si perviene


ad una elaborazione di un
progetto di sistemazione museo-
grafica del primo e del secondo
livello, al fine di riaprire, almeno
parzialmente, il museo al pubbli-
co.
Il Servizio Archeologico che da
anni si impegna alla cataloga-
zione dei reperti, fornisce una
serie di materiali archeologici
da esporre, insieme ad altri
materiali artistici di età medie-
vale e moderna. Nel frattempo,
restaurati alcuni importanti pezzi
archeologici, tenuti sino a quel
tempo nei magazzini sotterranei,
si espongono nelle sale del
piano terra e del piano interra-
to.
Gli interventi sin qui realizzati
hanno costituito una grande
esperienza disciplinare, oltre a
donare, a questa splendida
struttura che è il Castello Ursino,
un aspetto degno della sua
storia e a renderlo un posto di
primo piano nella scena artisti-
ca- culturale e museale nel
panorama Italiano e mediterra-
neo.
Il castello Ursino, è inoltre, diventato parte integrante della promozione e
divulgazione dell’arte e della cultura nella provincia catanese;
infatti quella che è la zona limitrofa al castello, degradata ed emarginata
dallo scenario pubblico catanese fino a non molto tempo fa, è diventata
da qualche anno, un nuovo punto di ritrovo per la popolazione catanese.
Questa rinascita, è stata possibile grazie anche al sempre più vivo senti-
mento e interesse per l’arte, in città, così da organizzare importanti eventi
musicali, culturali e artistici che coinvolgono ogni volta migliaia di persone.
Inoltre Il museo Biscari, è diventato sede di mostre sempre più importanti,
contenendo al suo interno collezioni di opere di artisti storici e importanti
icone dell’arte contemporanea; ultima fra tutte, una mostra tenutasi
all’interno del castello Ursino su una bellissima collezione di opere di Pablo
Picasso, che ha attratto migliaia di visitatori, sia residenti che turisti, donan-
do al castello e a tutta l’area circostante una ventata di cultura e fermen-
to artistico
Riferimenti e citazioni Bibliografici:

(a) Giuseppe Agnello, L’architettura Sveva in Sicilia, Roma 1935; Brancato Edito-
re

(b) Fulvia Caffo, Castello Ursino di Catania - G.li anni degli restauri 1988-2008
quaderno 13, Palermo 2009; Collana d’Area.

(c) Caterina Naselli, Il Castello e il Museo Biscari, estratto dall’archivio Storico per
la Sicilia Orientale Vol. XXVI, Catania 1930; Tipografia Zuccarello & Izzi

- Giovanna Solari/ Eberhard Horst, Federico II di Svevia, Milano 1981,


Biografie Rizzole

- Matteo Gaudioso, Il castello Ursino nella vita pubblica catanese del secolo XV,
Catania 1941, Estratto dal Bollettino Storico Catanese, anno V, 1940

-Barbara Mancuso , castello Ursino a Catania: collezioni per un museo, Palermo


2008, Piccola Biblioteca d’arte.

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