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Santa Severina e il suo castello

La città e le origini del castello

Santa Severina, paese situato nell’entroterra ionico, è compresa

nel territorio appartenente alla provincia di Crotone che si estende

dall’ampio promontorio terrazzato, bagnato dal Mar Ionio, fino alle

propaggini della Sila. Il territorio offre uno spettacolo naturale di rara

bellezza, costituito da colline degradanti verso il mare o dalle brevi

distese pianeggianti in cui fanno spicco il grigio degli uliveti ed il

verde dei prati.

Santa Severina, arroccata sul suo alto colle, appare come una

maestosa “nave di pietra”1 (fig. 18), nasce infatti su una grossa roccia

isolata tutta intorno da rupi scoscese e da alti precipizi, sulla riva

destra del fiume Neto, anticamente Neaithos. Il colle di Santa Severina

si caratterizzava dunque come vera e propria fortezza naturale,

impossibile da espugnare, che dominava l’intera valle del Neto; per

questo motivo non fu mai avvertita la necessità di realizzare

fortificazioni, salvo brevi tratti di mura a sostegno e difesa di piccole

aree, attribuibili tutti al periodo medioevale.


1
La città è stata definita così da Orsi e da molti altri dopo di lui, in quanto lo sperone roccioso sul
quale essa sorge, circondato da strapiombi e dirupi, è nettamente separato dal paesaggio
circostante.

1
L’ingresso alla città avveniva attraverso due accessi2, il primo

permetteva l’accesso di ponente per mezzo di una ripida e tortuosa

mulattiera, mentre il secondo ingresso dava accesso al quartiere noto

come Grecia, attraverso una postierla3 a troniere e feritoie -

denominata S. Ponte - raccordata alle opere avanzate del soprastante

castello, di cui era complemento.

La città viene oggi identificata con l’antica Siberine o Siberene 4,

ma non si conoscono le circostanze che portarono al cambiamento del

nome5, la teoria più credibile sarebbe quella di alcuni studiosi,

secondo i quali si verificò una “corruzione volgare” 6 del nome antico.

I documenti storici scritti7 fanno supporre che il passaggio dal nome

antico a quello di Santa Severina sia avvenuto dopo la liberazione

dagli Arabi da parte di Niceforo Foca il Vecchio, qualche anno prima

che la cittadina venisse elevata a Metropolia. Come ciò sia avvenuto

non è comprensibile dalle fonti storiche scritte conosciute.

2
ORSI 1997, p. 184.
3
Dal latino posterula è una porta secondaria di accesso ricavata all’interno di mura e fortificazioni.
4
Per questa identificazione oltre alle fonti storiche scritte è stato determinante il contributo
dell’archeologia.
5
Nel V secolo Stefano Bizantino nominò tra le città dell’Enotria, Siberine. Questa in epoca
romana prese il nome di Severiana, che rimase tale per tutto il dominio arabo. Sotto i bizantini
(dopo l’anno 886) la città si chiamò prima Nikopolis, poi He Aghia Severine. Qualche tempo dopo
nella designazione delle province dell’Impero fatta da Costantino VII Porfirogenito (913-959),
essa è chiamata Santa Severina, BERNARDO 1960, pp. 15-22.
6
BERNARDO 1960, p. 15.
7
Si è a conoscenza di numerosi scritti provenienti da epigrafi, liste di sedi episcopali o testi di
autori come Stefano Bizantino, ORSI 1997, pp. 186-188.

2
Il rinvenimento di due epigrafi greche8 dell’XI secolo all’interno

della vecchia cattedrale, detta oggi dell’Addolorata, è stato

determinante in questo senso, infatti nel loro contenuto è riportata, tra

le varie invocazioni, anche quella ad una Santa Severina martire9.

Non si ha alcun dubbio sull’importanza strategica e militare

ricoperta dalla città, messa in rilievo dall’attenzione che le prestarono

prima gli Arabi10 che la occuparono nell’840 e poi i Bizantini che la

riconquistarono nell’886 mantenendone il dominio fino alla presa da

parte dei Normanni; oltre all’aspetto militare, se si pensa che Santa

Severina nel IX e nel X secolo fu sede di Metropolita dipendente da

Bisanzio al quale erano soggette alcune diocesi, si comprende

chiaramente l’influenza assunta dal piccolo centro dal punto di vista

giuridico, amministrativo e religioso, su tutto il territorio circostante 11.

Testimonianze di questo glorioso passato sono i reperti rinvenuti e i

resti di numerosi monumenti.

Santa Severina si presenta ancora oggi arroccata intorno al suo

castello, che rappresenta agli occhi della popolazione il simbolo

principale della storia del proprio paese. Prima dell’arrivo dei

8
Oggi una è murata nella parete sinistra della cappella del Crocifisso nell’odierna cattedrale e
l’altra sulla prima rampa dello scalone dell’arcivescovado attiguo alla suddetta cattedrale.
9
Sulla reale esistenza della Santa di nome Severina si è molto discusso, e la sua assenza nei testi

agiografici e negli Annali Sacri ha fatto sì che molti studiosi la considerassero una personalità
misteriosa e assai sospetta. Sicuramente non si trattava di una Santa locale, ma orientale,
probabilmente di origine bizantina, BERNARDO 1960, p. 16.
10
Santa Severina fu a lungo mira degli Arabi, infatti il suo possesso assicurava il controllo
sull’intera valle del Neto, inoltre costituiva una delle tappe fondamentali per la conquista della
Sicilia.
11
ORSI 1997, pp. 188-189.

3
Normanni non si può parlare dell’esistenza del castello, la cui

realizzazione viene attribuita a Roberto il Guiscardo, il quale durante

l’assedio alla città si preoccupò di fortificare anche i centri circostanti,

in modo tale da rendere più sicuro il possesso del territorio. Il Kastron

bizantino fu distrutto e al suo posto fu realizzata una nuova fortezza 12.

Il castello vive in stretto legame con la realtà urbana, anche se per

quanto riguarda Santa Severina non c’è uno studio che esamini le sue

trasformazioni. Il “castello - fortezza”13, emblema del potere dei nuovi

dominatori, nato come strumento di difesa del territorio conquistato e

di controllo della popolazione, ha certamente nel tempo subito dei

cambiamenti che non riguardano solo l’architettura, ma che sono

legati agli avvenimenti politici economici e militari del centro 14. Le

vicende del fortilizio sono strettamente connesse a quelle dell’intero

abitato. Terminata la sua storia di fortezza, il castello di Santa

Severina divenne prima palazzo signorile, dimora gentile, per poi

trasformarsi in sede degli uffici della Pretura e dell’Amministrazione

comunale e poi del Liceo- Convitto “D. Borrelli”15.

Le ricerche effettuate all’interno del castello hanno confermato

che successivamente a quella normanna, si susseguirono altre

dominazioni, ovvero quelle degli Svevi, degli Angioini, degli

Aragonesi, seguite dalle varie famiglie che regnarono in epoca

moderna. Sono stati riscontrati numerosi elementi che documentano le


12
CERAUDO 1998, pp. 62-63.
13
CERAUDO 1998, p. 27.
14
Per maggiori approfondimenti e considerazioni sui rapporti tra il castello e il centro-urbano si
veda LOPETRONE, 1995.
15
DE LUCA 1986, p. 36.

4
varie fasi edilizie caratteristiche dei diversi periodi storici e le

testimonianze materiali delle più recenti destinazioni d’uso del

fortilizio, che fu sede di uffici e scuole, oltre ad essere noto per aver

ricoperto la funzione di rinomato Ginnasio e severo Convitto

Nazionale16.

Il Kastron Bizantino

L’aspetto attuale del castello (fig. 19) deriva dal susseguirsi delle

trasformazioni17 avvenute nelle diverse fasi evolutive. Dal V all’XI

secolo Santa Severina rimase sotto il dominio bizantino18, anni in cui

raggiunse la massima fioritura, soprattutto tra il X e l’XI secolo

quando, elevata a Metropolia, divenne il principale Kastron cui

spettava la difesa di un’area molto vasta19.

I dati più significativi ottenuti dalle ricerche archeologiche

riguardano proprio le più antiche fasi di frequentazione, che si

riferiscono ad un periodo precedente la riconquista bizantina con


16
SPADEA 1998, pp. 32-33.
17
Trasformazioni dovute agli ampliamenti, aggiustamenti e ammodernamenti subiti dal castello
nel corso dei secoli.
18
Escludendo gli anni che vanno dall’840 all’886 circa, periodo in cui il centro fu sotto il controllo
degli Arabi, SPADEA 1998, p. 34.
19
Dall’istmo di Catanzaro alla Valle del Neto.

5
strutture che si fanno risalire al periodo che va dal V al VII secolo.

Purtroppo rispetto alle altre aree della fascia costiera ionica

settentrionale, per Santa Severina20 non ci sono elementi che

permettono di fissare una corretta cronologia né consentono di

comprendere esattamente i caratteri dell’insediamento bizantino21. Le

sovrapposizioni edilizie ed i continui interventi finalizzati al

miglioramento del sistema difensivo hanno cancellato molte tracce

delle precedenti abitazioni, salvo in alcuni casi, dove significativo è

stato il ritrovamento di alcune buche di palo (fig. 20) che delineano la

presenza di più ambienti. Nonostante l’assenza di dati provenienti da

fonti storiche scritte e l’esiguità delle informazioni ottenute attraverso

le indagini archeologiche è stato possibile accertare che già nell’VIII

secolo l’abitato era ben articolato e si può ipotizzare che la sua

organizzazione dipendesse da esigenze funzionali o dalla presenza di

strutture del potere politico ed ecclesiastico22.

Al periodo successivo alla cacciata degli Arabi da parte dei

Bizantini è riferibile il primo vero programma urbanistico della città,

anche se gli storici non sono concordi sulla situazione che trovarono i

Bizantini dopo il lungo periodo di dominazione araba. Secondo la

Falkenhausen23 ad esempio, la crisi in cui versava il territorio era

estremamente grave e profonda al punto da frenare la ripresa

20
Si fa riferimento alle ricerche condotte per l’abitato e nell’area intorno al castello. Infatti in
ambito territoriale la situazione è differente, in quanto sono emersi elementi molto significativi.
21
Gli unici elementi significativi sono rappresentati da due fibule di bronzo ad anello con estremità
a protomi animali parzialmente conservati, SPADEA 1998, pp. 53-54.
22
SPADEA 1998, pp. 53-63.
23
FALKENHAUSEN 1986, p. 53.

6
dell’attività economica; invece Noyè24 sostiene che la situazione non

doveva essere estremamente negativa anche perchè, come lei afferma,

non ci fu un blocco dell’edilizia né la crisi impedì la riorganizzazione

del territorio.

Effettivamente in questi anni25 (VIII-XI secolo) si verificò un forte

sviluppo della provincia bizantina, che ottenne un importante ruolo

religioso, politico e amministrativo all’interno dell’organizzazione

bizantina nei territori dell’Italia Meridionale, inoltre raggiunse un

forte sviluppo economico e commerciale. Questo sviluppo è provato

da numerose testimonianze materiali quali il rinvenimento del

polycandilon26 in bronzo, che trova confronti in Sicilia e in Grecia,

delle fibbie in bronzo la cui tipologia è attestata solo nella penisola

balcanica, e non si può non far riferimento al sigillo del metropolita di

Santa Severina, Stefano, ritrovato a Corinto.

L’organizzazione degli spazi e l’efficiente attività edilizia relativa

a questo periodo è attestata nell’area del castello, dove fu realizzata

una chiesa con una necropoli27 circostante e alcune abitazioni in

muratura. Si conservano ancora i muri perimetrali di alcuni ambienti

di forma quadrangolare disposti secondo due differenti orientamenti28.


24
MARTIN, NOYÈ 1988, p. 231.
25
Periodo in cui l’area appare fortemente frequentata.
26
Con questo termine si indica una sorta di lampadario, probabilmente usato per far luce durante le
cerimonie religiose. L’oggetto in origine era costituito da un disco traforato in cui venivano
inserite delle lampade di forma conica in vetro o in lamina di bronzo, SPADEA 1998, p. 68.
27
La necropoli era caratterizzata da tombe scavate nella roccia e coperte da lastroni in arenaria.
Come scrive Cuteri, “la destinazione d’uso a necropoli, a partire dalla fine del IX secolo e per tutto
il successivo, è la spia eloquente di un radicale riassetto urbanistico", SPADEA 1998, pp. 69-72.
28
Anche se la dislocazione articolata delle case era una pratica comune, questa scelta poteva
dipendere da un adattamento alla conformazione del territorio.

7
Siamo di fronte ad un piccolo abitato che si sviluppava intorno ad una

chiesa posta nel punto più alto dell’area, dove la disposizione a

raggiera di alcuni ambienti fa supporre la presenza di un recinto

murario, di cui oggi non si hanno tracce a causa delle continue

trasformazione avvenute nel tempo29.

Tra i rinvenimenti relativi a quest’epoca rimane eccezionale

quello della chiesa: ad aula, orientata a nord-est con affreschi 30 ancora

in situ, anche se fortemente danneggiata dalla successiva costruzione

di strutture, si è rivelata un importantissimo “contenitore” di

informazioni. Conducendo lo scavo in una piccola area non interessata

da costruzioni di epoca successiva, è stato possibile giungere al piano

pavimentale, dove sono stati ritrovati oltre a frammenti di calcare

lavorato31, di mosaico bicolore e di ceramica a vetrina pesante, anche

tracce di intonaco affrescato. Del ciclo pittorico che decorava

interamente le pareti della piccola chiesa, si è conservato poco 32, ma è

stato comunque possibile fare alcune osservazioni: l’assenza degli

affreschi in due precise porzioni della muratura ha fatto pensare alla

presenza dell’iconostasi33 nella parte terminale della chiesa dove, tra

l’altro, nel punto in cui la parete è a contatto con il muro della grande

29
SPADEA 1998, pp. 63-68.
30
Databili IX-X secolo.
31
Attribuiti all’arredo dell’edificio.
32
Si è conservata la parte inferiore di alcuni personaggi, forse Santi, raffigurati frontalmente e
fissi, vestiti con tuniche e mantelli; sulla parete settentrionale è raffigurata a mezzo busto una
figura femminile, mentre dalla parte opposta la parete è decorata con la figura di un orante con
accanto una lunga iscrizione, SPADEA 1998, pp. 63-68.
33
Parete decorata con delle icone che all’interno delle chiese ortodosse divideva la navata dal
presbiterio.

8
torre normanna, una piccola curvatura potrebbe indicare l’esistenza di

una piccola abside.

Per quanto riguarda le strutture di potenziamento e difesa del

Kastron, esse sorgevano sull’area in precedenza occupata

dall’insediamento rupestre, che oggi costituisce l’area di sedime del

castello. All’interno del recinto fortificato 34 si disponevano edifici

militari e religiosi: sono esempi di questa commistione alcune

strutture, differenti tra loro, emerse dallo scavo archeologico, come un

vano - cisterna di grande dimensione e un complesso ecclesiale molto

articolato35. Anche nelle vicinanze del recinto sono state trovate

diverse tipologie insediative riferibili al periodo bizantino.

Il Kastron era protetto da un fossato, salvo sul fronte nord-ovest,

dove si affacciava direttamente sulla rupe. Tracce dell’antico fossato

sono individuabili solo sui lati nord-est e sud ovest, infatti sul fronte

sud-est fu interamente distrutto durante il XVI secolo, quando fu

scavato un nuovo fossato.

Dalle ricerche condotte sul castello, sia archeologiche che

architettoniche, non è stato accertato quale fosse l’ingresso al Kastron

ma è probabile coincidesse con l’accesso antico36 (fig. 21); inoltre

sono stati rinvenuti pochi resti architettonici, per lo più danneggiati, a

causa delle violente distruzioni operate dai nuovi invasori.

Dallo scavo dell’Area D (ambiente dell’abitato bizantino) sono

emersi anche gli elementi che costituivano le coperture e i piani


34
Il recinto era delimitato da una muraglia di sbarramento.
35
LOPETRONE 1995, p. 20.
36
CERAUDO 1998, p. 98.

9
pavimentali: per la realizzazione delle prime è stato rilevato l’uso di

coppi, alcuni dei quali decorati con motivi curvilinei, per i piani

pavimentali invece è stato attestato il ricorso a terra o malta 37. Sempre

nella cosiddetta Area D è stato riscontrato un altro elemento molto

importante: all’interno di un ambiente rettangolare probabilmente

d’età normanna, il rinvenimento dello zoccolo di una struttura 38 con

orientamento est-ovest, mostra i forti legami presenti con il vicino

Nord Africa e con la Sicilia. La tecnica costruttiva riscontrata,

caratterizzata dal ricorso a pietre legate da un terreno molto compatto

di colore marrone – giallastro, è infatti comune alle diverse aree del

Mediterraneo39.

Dal punto di vista delle tecniche costruttive, è stato rilevato

l’utilizzo di materiale lapideo (arenaria e calcarenite) disposto sovente

su piani di frattura e legato da una malta abbondante, mentre per le

strutture di alcuni ambienti è stata riscontrata una tecnica meno

elaborata che prevedeva la disposizione di pietre irregolari, legate fra

loro da malta e terra40.

Caratterizza la cortina muraria bizantina, la presenza di numerose

feritoie che si distinguono fra loro per le diverse forme geometriche.

Questi modelli non trovano esempi in nessuna struttura del periodo,

per questo si crede possano derivare dalle controforme impresse nella

37
CERAUDO 1998, p. 60.
38
Molto probabilmente si tratta dei resti di una casa.
39
SPADEA 1998, p. 35.
40
SPADEA 1998, p. 61.

10
muratura dai conci che dovevano far parte della cornice delle

feritoie41.

Tra i materiali d’epoca bizantina rinvenuti durante lo scavo, di

gran rilievo è un follis in bronzo della zecca di Costantinopoli

ritrovato alla base di un muro di un’abitazione, il quale ha favorito

l’inquadramento cronologico dell’ultima fase di tale abitazione42.

Il castello in età normanna

Nel 1077 Ruggero e Roberto d’Altavilla assediarono duramente

Santa Severina (cfr. cap. 1.1.2). Secondo la Cronaca del Malaterra,

Abagelardo, nipote dei due signori normanni, aveva innalzato a suo

feudo la cittadina senza averne alcun diritto e per questo attirò su di sé

l’ira degli zii, che dopo un lungo assedio conquistarono il territorio 43.

Il conflitto, estremamente violento, si concluse con la distruzione dei

vari edifici presenti sul posto, testimoniata dai numerosi dati materiali

che documentano incendi e saccheggi.

Ben presto a Santa Severina fu intrapresa un’intensa attività

edilizia, d’altronde, come era stato anche per i precedenti

conquistatori, la città costituiva uno dei principali centri di difesa del

regno riservato al diretto controllo regio, grazie soprattutto alla sua

posizione strategica. Sotto i Normanni Santa Severina visse un

periodo di tranquillità, durante il quale riuscì a conservare il rito


41
CERAUDO 1998, pp. 62-63.
42
SPADEA 1998, p. 62.
43
BERNARDO 1960, pp. 49-50.

11
religioso e il proprio ordinamento civile, mantenendo a lungo i

caratteri distintivi della propria civiltà44.

La presenza dei Normanni è attestata, oltre che dalle fonti scritte,

dalle molteplici testimonianze materiali45. Inoltre si esclude la

presenza di una vera e propria fortezza prima del loro arrivo, sia sul

sito del castello, sia altrove: è a Roberto il Guiscardo che si attribuisce

la sua costruzione (cfr. cap. 1.1.2). Dagli scavi archeologici che hanno

interessato il castello è emersa la sequenza stratigrafica che si riferisce

all’impianto della fortezza normanna nel periodo successivo alla

conquista e ad una seconda fase risalente all’età di Ruggero II. Tutte

le evidenze che riguardano il periodo normanno sono state rinvenute

in due settori di scavo, ovvero nell’area del Mastio e all’esterno del

fossato Sud. All’interno del Mastio, gli interventi realizzati tra il XIII

e il XIV secolo hanno cancellato gli strati di frequentazione relativi

alla prima fase normanna, mentre nel settore esterno, non coinvolto

nella realizzazione delle nuove costruzioni, sono visibili gli strati di

impianto, di frequentazione e di abbandono di una struttura 46 che risale

al periodo della conquista.

La fase dedicata alla ricostruzione dei vecchi edifici e alla

realizzazione delle nuove strutture è testimoniata anche dalla cortina

muraria, ottenuta per sopraelevazione di quella sottostante47.

Contrassegnata sulla sommità da una serie di pieni e vuoti,


44
In questo periodo ad esempio rimase in vigore il diritto bizantino.
45
La più importante è la chiesa detta dell’Ospedale o di Santa Lucia.
46
Si tratta di un edificio, mai completamente realizzato, pensato per contenere l’impianto di
fusione di una campana, SPADEA 1998, p. 108.
47
CERAUDO 1998, p. 63.

12
rispettivamente merli48 e saettiere49, è caratterizzata dalla presenza

delle feritoie bizantine. La tipologia del modello merlato, molto nota

in epoca normanna, vanta radici antiche: la sua presenza in Sicilia e in

altre località del Mediterraneo fuori dall’Italia può indicare la

provenienza da modelli arabi.

I Normanni costruirono la loro fortezza impiantandola sullo stesso

sito fortificato dell’antico Kastron bizantino, ampliandolo verso il

fronte sud-ovest, interessando dunque quella che in precedenza era

l’area del Cinema50.

Tratti delle fondazioni del castello sono stati rilevati nell’area del

Mastio51: si tratta di una base muraria e di un terrapieno, identificabili

con la fondazione del donjon (fig. 22). La struttura, situata quasi alla

sommità della vetta rocciosa, ingloba le murature della chiesa

bizantina ed è costituita da filari di blocchetti "allettati in strati di

malta molto abbondante"52. Dagli studi concentrati su tali strutture è

emerso che i Normanni ponevano molta cura nella preparazione della

malta, calcolando il giusto rapporto tra frazione aggregata e legante.

Oltre al donjon è stata accertata la presenza di numerosi ambienti

(probabilmente casematte per le guardie, ambienti residenziali,

cisterne) all’interno e all’esterno del recinto53, il cui significato non


48
Con il termine merlo si indicano i rialzi in muratura eretti a intervalli regolari che coronano le
mura perimetrali di castelli, torri difensive e palazzi.
49
Balestriere, feritoie.
50
Notevole è il rinvenimento in questa zona, sotto il muro di un edificio, di un tarì aureo che
presentava iscrizioni arabe, diffuso al tempo di Roberto il Guiscardo, SPADEA 1998, pp. 98-100.
51
Precisamente nel punto in cui sorgeva la vecchia chiesa bizantina.
52
SPADEA 1998, pp. 105-108.
53
Si tratta della stessa tipologia osservata in precedenza anche a Nicastro e negli altri siti.

13
appare ancora ben chiaro.

È stato rilevato anche il fossato54 scavato nella roccia che, posto a

ridosso delle muraglie difensive, generava una netta separazione tra il

castello e l’area urbana55. Questo si conserva ancora in alcuni tratti

inglobati nei bastioni cinquecenteschi.

Non è stato possibile svolgere un’indagine completa delle strutture

di epoca normanna, poiché l’antico perimetro difensivo fu utilizzato

per un lungo tratto nella fondazione del Mastio 56. Inoltre le strutture

trecentesche prima, quelle cinquecentesche poi, hanno eliminato ogni

traccia di ciò che si trovava a sud e ad ovest del donjon, mediante la

costruzione di una grande cisterna. Nonostante ciò sono stati scavati

tratti murari, probabilmente appartenenti ad ambienti accessori del

castello, che si possono far risalire ad una seconda fase di

occupazione. Grande importanza assume un tratto murario inglobato

nella cortina esterna della fortezza, sul lato opposto del donjon, in

quanto su di esso si sono conservate tracce si un affresco che

rappresenta un santo a mezzobusto. Questa scoperta è di particolare

rilevanza, perchè potrebbe provare l’esistenza di un ambiente

ecclesiastico all’interno del complesso residenziale, databile al XII

secolo, quindi contemporaneo al recinto murario57.

54
Scavato nel piano bizantino.
55
MARTORANO 1999, p. 390.
56
Oggi il mastio riconferma l’antica perimetrazione della roccaforte trecentesca, caratterizzata da
un quadrilatero imperfetto, contrassegnato, nei salienti, da quattro torrioni cilindrici e, d'intorno, da
due cortili e da due scarpate.
57
SPADEA 1998, p. 108.

14
Per quanto riguarda l’accesso al castello, oltre all’ingresso antico

dovevano esserci porte secondarie o segrete58. Nel suo scritto

Lopetrone cita un testo del 1687 nel quale si descrive la porta

d’ingresso: " (…)indi si giunge sotto la porta, dove c’è una conetta

sopra un montetto (…) e poco più avanti si trova una strada insilicata

di pietra viva per la quale si giunge nella porta di detta città detta la

Piazza. In detta porta v’è l’entrata coperta a lamia, e poco da lungi

v’è la muraglia del castello (…)"59. Questo testo viene associato al

ritrovamento di una scalinata, visibile sui basamenti di uno dei

bastioni (fig. 23), che ha portato alla formulazione di diverse ipotesi,

avvalorate dalla scoperta di alcuni tratti del fossato antico.

Molto interessanti si mostrano anche i reperti archeologici relativi

alla fase di frequentazione normanna. La grande quantità di

materiali60, oltre a rappresentare un’importantissima fonte di

informazioni sulla produzione agricola e artigianale, sulle abitudini

alimentari, sugli usi quotidiani e militari del tempo, è utile anche per

la ricostruzione delle dinamiche insediative del sito. La maggior parte

delle scoperte è avvenuta nei silos61, dove sono stati ritrovati resti di

pasto, stoviglie, monete, resti umani e oggetti di vario tipo, ma molti

58
CERAUDO 1998, p. 99.
59
LOPETRONE 1995, p. 19.
60
Ceramica, oggetti metallici, ossei e vitrei, rinvenimenti numismatici, SPADEA 1998, p. 108.
61
A partire dall’età normanna i silos, da contenitori di granaglie, si trasformarono in immondezzai
destinati a contenere ogni tipo di rifiuto, SPADEA 1998, p. 109.

15
reperti provengono anche “dall’edificio fonderia”62 e dallo spazio

interno del recinto murario del XII secolo.

La ceramica rinvenuta è quella d’uso comune (acroma, a bande

rosse, graffita, incisa o ancora decorata con applicazioni63); quella

acroma graffita ha le superfici ingubbiate e presenta la decorazione

sulla spalla del vaso o intorno al collo, mentre la più diffusa, quella a

bande rosse64, attestata in tutte le forme, presenta una decorazione a

fasce di colore estese lungo l’intero corpo del vaso e le anse 65. Sono

attestate tutte le forme aperte e chiuse (anfore, olle, catini e brocche).

Tra gli altri reperti invece, grande interesse suscitano gli oggetti

relativi all’abbigliamento dei cavalieri normanni66 e quelli che

documentano ogni tipo di attività, dal gioco (dadi in osso) alla cucina

(resti di pesci, di uova, di molluschi e ossa), alle produzioni agricole.

Si tratta di rinvenimenti che, insieme ai dati ottenuti dalla lettura degli

elevati, consentono di ricostruire molti aspetti della vita del centro

abitato e del castello, nonostante i continui adeguamenti abbiano, nel

tempo, modificato la fortezza.

62
All’esterno del fossato sono stati individuati tre tratti murari di un grande edificio rettangolare.
Al centro di tale struttura è stata scavata una fossa, che probabilmente veniva usata per la fusione
di una campana prima di essere riempita con materiali di scarto, SPADEA 1998, p. 108.
63
Poco nota nei contesti medievali.
64
Che si riscontra in molti altri siti calabresi e del sud d’Italia.
65
A queste si aggiungono le invetriate di colore verde, le anfore del tipo siculo-normanno
realizzate con argilla chiara o rosa, brocche e piatti di tradizione islamica con decorazioni blu su
fondo chiaro, appartenenti ad una classe molto diffusa nel XII secolo, SPADEA 1998, p. 110.
66
Si tratta di lance, lame di spade, speroni e oggetti bizantini come una piccola croce in osso,
SPADEA 1998, p. 111.

16
L’età svevo – angioina

Della lunga fase di dominazione sveva, solo pochi frammenti

ceramici di invetriata monocroma verde e policroma 67, due denari in

mistura fatti coniare da Federico II e Costanza (fig. 24), e uno

appartenente a Federico II68, rimangono a testimoniare la grande

ricchezza e il potere assunto in questi anni da Santa Severina.

Per quanto è stato possibile osservare, alla metà del XII secolo 69

doveva risalire un recinto murario irregolare70, costituito da blocchetti

di calcarenite gialla legata da ricorsi di malta e rinzeppati da tegole e

cocci, costruito per proteggere la torre che si trovava al suo interno.

Sotto il dominio di Federico II la cosiddetta “muraglia delle

merlature” o “muro della memoria”71, realizzata "per sopraelevazione

della sottostante cortina, in continuità dello spessore murario"72, è

caratterizzata da merli di forma quadrangolare, con una prevalenza dei

pieni sui vuoti73 e un andamento rettilineo. Si tratta di modelli di

merlature presenti in numerose architetture meridionali d’epoca sveva,


67
I cocci dovevano far parte di coppette con basso piede ad anello decorati all’interno con motivi
geometrici.
68
SPADEA 1998, p. 117.
69
Datazione alla quale è stato possibile risalire grazie al rinvenimento di una moneta nella risega di
fondazione del muro.
70
Lo scavo ne ha messo in luce alcuni tratti, nel sottosuolo degli ambienti situati intorno alla corte
centrale del Mastio e nell’area esterna a nord e ad est.
71
La cortina muraria è anche nota come muraglia delle merlature o muro della memoria, in quanto
costituisce una testimonianza di tre differenti fasi in cui il castello ha subito variazioni. Essa
acquisisce ulteriore importanza se si pensa che si tratta di un evento raro, in quanto la maggior
parte delle architetture militari subiscono interventi radicali, CERAUDO 1998, p. 64.
72
CERAUDO 1998, p. 64.
73
Ciò perchè le saettiere sono più piccole rispetto ai merli.

17
ma anche normanna e angioina.

Non sono state rinvenute strutture databili con certezza all’età

sveva, né le fonti storiche scritte aiutano a ricostruire con precisione le

vicende della città74 anche se si è certi che prima del 1240 la fortezza

fu restaurata e rinforzata75. Dai documenti scritti che si hanno a

disposizione sono state ricavate notizie di magistrati o altri personaggi

importanti, ma nulla sugli avvenimenti del tempo76. Si può dire con

certezza che Santa Severina visse un’epoca di grande splendore sotto

Federico II (cfr. cap. 1.2), il quale concentrò nelle sue mani tutti i

poteri esercitandoli direttamente per mezzo di funzionari da lui

nominati.

Dopo la morte dell’imperatore la città attraversò un periodo molto

difficile, di cui le fonti danno informazioni confuse e a volte da

considerarsi inverosimili77. Alcune fonti ricordano che nel primo

decennio Santa Severina era posseduta in feudo da Pietro Guiscardo 78,

ma quando Carlo d’Angiò conquistò l’Italia Meridionale con la

battaglia di Benevento nel 1266 (cfr. cap. 1.2) e ne assegnò le terre a

molti nobili francesi, la città senza dubbio godeva di una condizione

privilegiata che le fu riconosciuta per molti anni 79. A questo periodo


74
Si è in possesso soltanto di alcune pergamene che riguardano donazioni.
75
LOPETRONE 1995, pp. 20-23.
76
Salvo una notizia tratta da un documento del 1240, dal quale si viene a conoscenza del restauro
del castello avvenuto nel 1228 circa. Informazione che ci permette di comprendere l’interresse
riservato dalla curia imperiale alla città di Santa Severina, LOPETRONE 1995, pp. 20.
77
BERNARDO 1960, pp. 62-64.
78
Si è a conoscenza anche del privilegio concesso a Pietro Ruffo, conte di Catanzaro, al quale nel
1256 la città fu data in feudo, notizia che purtroppo non è ancora certa, BERNARDO 1960, p. 63.
79
Compresa l’importanza del sito, Carlo d’Angiò dispose con un diploma che la città facesse parte
delle terre demaniali, vietò ogni atto inteso ad alienarla e impedì ogni probabilità di infeudazione;

18
risale il grande progetto dei sovrani finalizzato alla difesa del territorio

di tutto il regno, in cui rientrò naturalmente anche la fortezza di Santa

Severina che fu sottoposta ad un programma di riadattamento del

castello. Il sovrano angioino si era dunque reso conto del valore della

città ma soprattutto della sua fortezza e, nonostante le fonti storiche

scritte non offrano importanti notizie, le testimonianze archeologiche

documentano bene la frequentazione d’età angioina, testimoniata dal

rinvenimento di materiali, di strutture e di una necropoli annessa al

castello.

A partire dal XIII secolo l’edificio fonderia fu utilizzato come area

cimiteriale sino agli inizi del XIV secolo (fig. 25); nonostante la

maggior parte di queste fosse molto danneggiata è stato recuperato il

corredo funerario, rappresentato da oggetti per l’abbigliamento80.

Scompare la tipologia delle tombe a fossa, queste infatti erano poste

sul pietrame del crollo della struttura normanna e coperte da terreno di

riporto contenente frammenti ceramici81 e medagliette devozionali.

Dagli scavi delle fosse di fondazione del Mastio e dei bastioni,

sono emersi altri oggetti databili fra il XIII e il XIV secolo, come

frammenti di ceramica82 decorata in verde, rosso e bruno o con motivi

geometrici, alcuni dei quali appartenenti ad esemplari di scodella di

tipo lucano, di cui si hanno pochi esempi in Calabria.

inoltre concesse ai cittadini l’esenzione da ogni dazio doganale, BERNARDO 1960, p. 63.
80
Fibbie con ardiglione a gancio, un orecchino con pendente in avorio, uno in rame e argento e
alcuni grani di una collana in pasta vitrea, SPADEA 1998, p. 119.
81
Ceramica attica del V secolo a.C. insieme a quella d’età medievale.
82
In particolare fondi di coppette.

19
La frequentazione angioina è ben documentata anche dalle

strutture pertinenti alla ristrutturazione del castello. Avvenimento

principale delle “vicende edilizie” che hanno caratterizzato l’edificio

in questo periodo è la realizzazione dell’imponente Mastio83.

Caratterizzato da "quattro torrioni tondi angolari, un tempo dotato in

sommità di calici mensolati"84 si distingue dal tipo di architettura

aragonese contraddistinta da possenti e bassi torrioni, di dimensioni

ben più poderose85 di quelle del castello di Santa Severina.

Il Mastio (fig. 26) presenta un portale in pietra - impostato su due

piedritti regolari e un arco a sesto acuto ribassato - appartenente alla

produzione architettonica del XIV secolo piuttosto che a quella

precedente, ancora fortemente legata allo stile gotico.

Per quanto riguarda le merlature, che in assoluto rendono

riconoscibili le architetture militari, quelle poste a coronamento del

Mastio derivano inequivocabilmente da modelli svevi che

continuarono ad essere utilizzati per tutto il periodo angioino e

aragonese. Novità importante è la contemporanea presenza di feritoie

e punti di sparo, questi ultimi riferibili al periodo d’impiego delle armi

da fuoco.

Gli esemplari angioini si riscontrano però solamente nelle cortine

di perimetro del Mastio, infatti in quegli anni l’interno e il recinto di

perimetro non erano stati ancora completati. Questo elemento spinge a


83
La sua costruzione viene fatta risalire agli anni in cui Santa Severina fu protagonista degli
scontri fra Angioini e Aragonesi, quindi fra la fine del XIV e i primi del XV secolo, CERAUDO
1998, pp. 68-70.
84
CERAUDO 1995, p. 68.
85
Si pensi ad esempio alle dimensioni delle torri del castello di Crotone.

20
pensare che a sostenere le spese dei lavori non era una committenza

reale, ma che probabilmente l’unico ad essere interessato alla

costruzione del Mastio, delle cortine e dei torrioni doveva essere il

duca Nicolò Ruffo86, conte di Catanzaro, marchese di Crotone e vicerè

di Calabria oltre che possessore di numerosi feudi.

Divenuta un importantissimo centro del potere angioino, Santa

Severina rimase a lungo fedele ai suoi sovrani 87 e fu l’ultima città a

cadere in possesso del re Federico d’Aragona88. La fase storica

successiva al periodo angioino è documentata soprattutto

dall’emergenza architettonica del castello. Sono state rinvenute

strutture fondali di scuderie (fig. 27) e di una cappella, relative alla

ristrutturazione della fortezza avvenuta nel 1557, nel settore sud-

orientale, mentre nella parte occidentale è stato scoperto un bastione

realizzato probabilmente durante i lavori ordinati dai Carapha. Tra la

grande quantità di materiali recuperati si segnalano ceramiche da

fuoco, da mensa, lame, vetri, monete, armi e ornamenti femminili.

Rilevanti sono i rinvenimenti di ceramica appartenenti ad una classe

prodotta in Spagna nel XV secolo, la loza dorada, oltre a prodotti

dell’area crotonese e napoletana89.

Il grande lusso che si attesta in questi oggetti rivela la fiorente

condizione economica dei feudatari a Santa Severina, resa ancora più

86
Probabilmente, in seguito alla riconquista della città da parte di Ladislao, Nicolò Ruffo non
riuscì a portare a compimento l’opera, CERAUDO 1998, p. 70.
87
La città di Santa Severina difese gli Angioini per l’intera durata della guerra del Vespro contro
gli Aragonesi.
88
SPADEA 1998, pp. 117-121.
89
SPADEA 1998, pp. 124-126.

21
evidente dalle opere di ristrutturazione volte al cambiamento del

fortilizio90 (fig. 28) che da complesso militare si trasformò in dimora

signorile.

Dalla fine del dominio angioino, Santa Severina cominciò a

perdere il suo status di città libera e divenne feudo dei grandi signori:

nel 1496 Federico d’Aragona concesse ad Andrea Carapha della Spina

il titolo di Conte del Feudo di Santa Severina, che da quel momento

passò dal dominio di un feudatario all’altro.

90
Soprattutto dal momento in cui entrò a far parte dei possedimenti di Andrea I Carrapha, quando
divenne necessario adeguare il complesso monumentale alla sua nuova funzione.

22

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