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Estratto da:
Archivio Storico Pugliese - LXVIII - 2015
Il casale di Sizzaro
in agro
di Sannicandro di Bari
Marco
Ciliberti
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Un contributo per la conoscenza e la comprensione dellinfluenza culturale bizantina sul territorio della Puglia centrale viene dagli studi di Nino Lavermicocca.
Cfr. N. LAVERMICOCCA, Bari bizantina 1156-1261. Bisanzio dopo Bisanzio, Bari
2010; ID., Bari bizantina 1071-1156. Il declino, Bari 2003.
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M. TRIGGIANI, Insediamenti rurali nel territorio a Nord di Bari dalla Tarda
Antichit al Medioevo. Repertorio dei siti e delle emergenze architettoniche, Bari
2008, pp. 42-46; sullorganizzazione del territorio della Puglia in et bizantina vd. J.
M. MARTIN, La Pouille du VI au XII sicle, Roma 1993, pp. 256-328; A. GUILLOU, La
Puglia e Bisanzio, in La Puglia fra Bisanzio e lOccidente, Milano 1980, pp. 5-37. Per
uno status quaestionis aggiornato sui problemi del popolamento della Puglia centrale
in et altomedievale cfr. P. DE SANTIS, Caratteri insediativi della Puglia centrale
nellAlto Medioevo, in La Puglia centrale dallet del Bronzo allAlto Medioevo. Archeologia e storia, Atti del Convegno di Studi (Bari, 15-16 giugno 2009), a cura di L.
TODISCO, Roma 2010, pp. 487-494.
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Al contrario, infatti, di ci che avviene nei secoli precedenti, cresce il numero
di fonti a nostra disposizione (MARTIN, La Pouille cit., p. 255).
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Il casale viene menzionato per la prima volta nel mese di novembre dellanno 958, quando Cristoforo, figlio di Marco, originario della
citt di Canosa, vende una propriet in locum ziziro ad un certo Leone,
figlio di Adelchisi7: nel documento presente la pi antica menzione
di un terreno recintato hoc est inclita una clausuria mea que se bocat
de fitulito propinquo iamdicto loco, preludio ad un uso che diventer
sempre pi diffuso, quello cio di circoscrivere i propri terreni entro muretti a secco, ancora oggi presenti nelle campagne baresi, con il nome di
pareti, utilizzati in particolar modo nei terreni coltivati ad olivo8.
Negli anni seguenti a questa prima menzione, un evento drammatico mise a dura prova lager varinus: a darne notizia il cronista
Lupo Protospata, che nel Chronicon per lanno 988 annota che depopulaverunt Saraceni Vicos Barensis, et viros ac mulieres in Siciliam
captivos duxerunt9. Non possiamo sapere con certezza se Sizzaro sia
7
CDC I, n. 200.
V. RICCI, Il contadino ai confini dellImpero. Vita rurale nella campagna di
Bari tra X e XI secolo, in Porphyra. International academic journal in Byzantine
Studies, 19 (2013), p. 40.
9
Chronicon breve Lupi Protospatae, in Rerum Italicarum Scriptores, V, Milano
1724, p. 37. Lincursione del 988 non sar lunica bellica posta in essere dalle bande
saracene: lo stesso Lupo Protospata riporta la notizia di un saccheggio di Taranto nel
991, in cui caddero anche molti cittadini baresi (Hoc anno fecit bellum atto comes
cum Saracenis in Tarento, et ibi cecidit ille cum multis barensibus), e di un assedio
condotto nei confronti della citt di Matera nellanno 994, terminato con la capitolazione della citt stessa (Hoc anno obsessa est Matera a gente Saracenorum tribus
mensibus, et in quarto mense comprehensa est ab eis).
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CDB V, n. 2.
Il documento contiene anche un generico riferimento topografico, parlando di
viis publicis; la loro pertinenza al territorio di Sizzaro non pu per essere affermata con
assoluta certezza, a causa di una lacuna nel testo che ne pregiudica la comprensione.
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CDB VII, n. 10.
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CDB I, n. 52.
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Anche intorno alla chiesa stessa, raccogliere dati mediante una ricognizione
impossibile, a causa di una serie di lavori di riqualificazione dellarea, in funzione
della frequentazione dei pellegrini ancora nutrita ai nostri giorni (specialmente
nel Luned dellAngelo), durante i quali stato sbancato il terreno circostante al
fine di rendere fruibile larea mediante una distesa di piccoli ciottoli. Questa operazione rende impossibile una qualsiasi indagine archeologica che non preveda un
movimento terra.
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Fig. 2 - Area dell'antico casale di Sizzaro con la chiesa della Madonna di Torre
Tuttavia, la zona di Sizzaro conserva interessanti potenzialit informative che vengono confermate dai racconti dei rinvenimenti casuali effettuati nelle vicinanze della chiesa, da parte degli agricoltori
locali, e da quanto scrive lo storico locale Giuseppe Scalera: si riferisce, infatti, della presenza di tombe con scarsi corredi, sia nella zona a
sud est della chiesa che nellarea ad ovest. In particolare, Scalera specifica che queste tombe consistevano, per la maggior parte, in poveri
loculi scavati nella roccia tufacea che caratterizza larea di Sizzaro19.
Sul carattere di queste sepolture e sui loro corredi nulla possiamo aggiungere dato che niente di ci che stato rinvenuto stato conservato: non possiamo che rilevare la presenza di attestazioni sepolcrali attorno ad un luogo di culto, fenomeno tuttaltro che inusuale in Terra di
Bari e che trova numerosi puntuali riscontri in molti edifici ecclesiastici sorti in ambito rurale20.
Di tutto il casale di Sizzaro non rimane che la chiesa della Madonna
di Torre, cos denominata dal suo campanile bianco, che si staglia tra i
bassi uliveti che lo circondano, assumendo le sembianze di una torre.
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La struttura, cos come oggi appare, il frutto di numerosi rimaneggiamenti e restauri, succedutisi nei secoli, che ne hanno modificato
completamente laspetto originario sia dal punto di vista icnografico
che dal punto di vista decorativo, esterno e interno. Oggi la chiesa risulta essere composta da tra corpi di fabbrica, due dei quali (quelli pi
a nord) costruiti nel corso del XIX secolo, come riferisce anche Scalera21 (tav. II). La completa intonacatura delle pareti, sia esterne che interne, impedisce una lettura degli alzati della chiesa, che rimangono a
vista solo in pochi punti a causa di piccole lacune dellintonaco. Il
corpo principale e originario delledificio quello posto allestremit
sud, largo circa 5 m e lungo 10,5 m; i limiti della chiesetta originaria
si evincono dallanalisi di una lacuna nellintonaco lungo il muro est,
proprio in corrispondenza del punto in cui finisce la chiesa originaria,
da cui si pu chiaramente notare come il muro delledificio ottocentesco, diverso per fattura da quello pi antico, si appoggi ad esso estendendolo in lunghezza (tav. III).
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Questa prima chiesa aveva un ingresso sul lato ovest, poi murato
per aprirne un altro pi a nord nel nuovo edificio ottocentesco, coperto
da un arco ogivale a cui, in un secondo momento, venne affiancata
liscrizione del vescovo Romualdo. La cappella aveva ununica navata, divisa in due campate coperte ciascuna da una volta a crociera,
poggiate su sei pilastri addossati ai muri perimetrali; due nicchie intervallavano il paramento interno del muro sud, mentre quello nord
venne abbattuto nel momento in cui la chiesa sub lampliamento ottocentesco, lasciando allo stato attuale solo parte dei pilastri che ad esso
si appoggiavano per sostenere le volte a crociera.
Labside, estroflesso, era orientato a est come nella tradizione bizantina e ospitava, almeno sino allepoca di Scalera la raffigurazione
di un Cristo del modello Pantokrator, recante nella mano sinistra un
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libro aperto, su cui si potevano leggere le parole Ego sum lux mundi,
qui seguit me (Gv 8, 12), mentre la mano destra assumeva il classico
atteggiamento benedicente22. Questa raffigurazione, probabilmente affrescata, stata coperta in seguito da un dipinto su tela che lo stesso
Giuseppe Scalera poteva ancora vedere ai suoi tempi: ai giorni nostri,
una posticcia decorazione che equivoca il senso della raffigurazione
del Pantocratore e raffigura il profeta Mos con le tavole della legge fa
mostra di s allinterno del catino absidale, opera di un autore del XX
secolo. Un altro affresco, raffigurante la Vergine Maria, decorava la
nicchia adiacente allabside principale, sul muro sud, sovrastata da
una finestra ancora oggi aperta: anche questa decorazione stata sostituita da una pi recente, un quadro eseguito nel 1867 da un pittore della vicina Canneto (rione di Adelfia), un certo Giacobbe Laricchia23.
La pianta della chiesa, come detto, venne fortemente alterata dagli
interventi ottocenteschi: durante questi lavori, il muro perimetrale
nord venne abbattuto e i pilastri che reggevano le volte a crociera furono raddoppiati, al fine di sostenere le nuove crociere delledificio
nord. Significative trasformazioni sub anche la copertura delledificio: lintonacatura, anche in questo caso, un forte ostacolo per
unindagine approfondita sugli elevati e non permette di ricostruire
loriginaria copertura della prima chiesa, poi obliterata da un unico
grande tetto a spiovente che copre oggi i primi due corpi delledificio,
alla cui sommit stato impostato un piccolo campanile. Lunica traccia della copertura medievale una piccola risega sporgente, poco al
di sotto del tetto a spiovente. Sempre nellambito dei lavori ottocenteschi vennero aggiunti i due contrafforti allesterno del muro sud della
prima chiesa, per bilanciare le spinte che dovevano provenire dallulteriore edificio che si stava appoggiando a quello originario sul lato nord. Lingresso alla chiesa venne spostato al centro del nuovo corpo, murando quello originario al di sotto dellarco ogivale e cambiando, dunque, lintero orientamento dello spazio liturgico, spostando
laltare principale sul lato sud del nuovo edificio. Alla fine del XIX
secolo, un ulteriore intervento aggiunger un complesso composto da
tre ambienti sul lato nord che fungeranno da sagrestia e che per tale
scopo vengono ancora oggi utilizzati.
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Liconografia rispetta pienamente modelli bizantini, che si diffondono in tutto
il Mediterraneo e che hanno fortuna fino alla fine dellImpero Romano dOriente. Cfr.
C. CAPIZZI. Pantokrator. Saggio desegesi letterario-iconografica, in Orientalia
Christiana Analecta, 170 (1964).
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SCALERA, Memorie cit., p. 31.
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Lincrocio tra gli scarsi dati archeologici e le informazioni provenienti dai documenti dellepoca non consente di tracciare un quadro
esaustivo relativo alla vita del casale, fino alla sua distruzione e alla
dispersione dei suoi abitanti; rimangono alcuni problemi aperti, la cui
soluzione imporrebbe una ricerca archeologica pi approfondita.
Il primo interrogativo riguarda la natura dellinsediamento di Sizzaro e la questione va inquadrata a partire dalle definizioni fornite dalle fonti, quelle di locus prima e di casale poi. Il termine locus considerato lequivalente latino del greco chorion (al pari di praedium o
tenimentum)24, con cui lamministrazione bizantina designa il villaggio come centro abitato, la comunit rurale e la collettivit fiscale25.
In questa definizione ritroviamo i tre connotati principali di un locus, e
cio un piccolo nucleo abitato sorto per esigenze di ripartizione del
territorio allo scopo di riguadagnare al ciclo della fertilit i terreni lasciati da tempo incolti, in maniera tale da riorganizzare il sistema contributivo, essenziale per il mantenimento dellimponente macchina burocratica dello Stato bizantino, convinto assertore di una politica accentrativa del potere amministrativo: in questottica il controllo del
territorio e la rinascita del settore agricolo risultano di vitale importanza. La volont politica dello Stato bizantino alla base di un momento
di straordinaria rifioritura del tessuto abitativo ed economico delle
campagne della Puglia centrale, in particolare nei decenni in cui
nella citt di Bari viene stabilita la sede del Catepanato dItalia; la
seconda met del X secolo rappresenta, infatti, un momento chiave
per la storia della Puglia, dal momento che lo Stato bizantino comincer a promuovere una campagna di dissodamento dei suoli
agricoli e di ridistribuzione delle terre coltivabili in tutto il Mediterraneo26. Nei decenni che vanno dalla met del X secolo alla seconda met dellXI nascono, sotto forma di loci, molti dei paesi che
oggi popolano la provincia di Bari e che, nei secoli, si sono evoluti ed
espansi fino ad arrivare ai giorni nostri, ancora attivi e vitali. il caso
di cittadine come Noicattaro27, Casamassima28, Grumo29, Triggiano30,
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CDB I, n. 6, a. 981.
CDB I, n. 3, a. 959.
33
CDB IV, n. 21, a. 1033.
34
CDB III, n. 3, a. 1036.
35
CDB I, n. 21, a. 1046.
36
CDB IV, n. 44, a. 1071.
37
CDB I, n. 27, a. 1073.
38
CDB IV, n. 30, a. 1044.
39
CDP XX, n. 3, a. 915.
40
CDB I, n. 19, a. 1036.
41
CDB I, n. 12, a. 1024.
42
CDB IV, fr. 8, a. 1032.
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GUILLOU, La Puglia e Bisanzio cit., p. 31.
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mente attribuita al 1134 in base alla prima menzione delle fonti. In realt, il documento parla della donazione di un edificio gi costruito e
non cita alcuna data di fondazione: la costruzione della chiesa potrebbe rimontare a qualche anno addietro, se non a qualche decennio,
giacch sarebbe un fatto inusuale riscontrare un insediamento che non
preveda al suo interno un luogo di culto, seppur di modeste dimensioni. Dal punto di vista icnografico, ledificio, nella sua modestia, consente di operare confronti generici con altri esempi delle vicinanze:
una somiglianza si avverte con la pianta della piccola chiesa di San
Martino a Trani che, come la chiesa della Madonna di Torre, presenta
una serie di volte a crociera nella navata centrale (in numero di quattro)44. La presenza del Cristo Pantocratore nellabside principale e la
dedicazione alla Vergine della chiesa rimandano a modelli culturali
bizantini, che sappiamo essere presenti ben oltre la fine dellesperienza politico-amminstrativa del Catepanato dItalia, ma sono indizi
troppo labili per poter pervenire ad una parola risolutiva. Anche in
questo caso, lipotesi di una datazione pi alta della chiesa rispetto al
termine ritenuto, fino a questo momento, convenzionale del 1134
tutta da dimostrare, sulla base di unanalisi dei dati archeologici delle
stratigrafie dellelevato, non possibile allo stato attuale.
Con la conquista normanna della seconda met dellXI secolo avviene un cambio di rotta anche nella gestione del territorio rurale: la
spinta centralizzatrice bizantina cede il passo ad una gestione di tipo
feudale, in cui il potere non pi esercitato unicamente nella citt,
centro di potere unico, ma demandato a signorie feudali locali, radicate nel territorio e a stretto contatto con la rete insediativa, formatasi
nel periodo di dominio bizantino45. proprio il documento del 1134 a
rivelare lavvenuto cambiamento, per quanto riguarda il territorio di
Sizzaro: infatti il feudatario della vicina Sannicandro, Guido da Venosa, a detenere il potere sul casale e a concedere al monastero benedettino di Cava dei Tirreni alcuni possedimenti, seguendo una pratica
che proprio in quegli anni si andava consolidando, quella cio di concedere generose donazioni ad enti religiosi con fini politici46.
Linversione di rotta sotto il profilo amministrativo viene testimoniata anche da una svolta semantica, evidente dalle fonti, quando al
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termine locus/chorion subentra il termine casale, di longobarda memoria, che connota un insediamento concentrato, non disperso, ma di
importanza trascurabile; soprattutto, il casale non fortificato, non
dovendo ospitare, al suo interno, nessuna autorit47. Nel 1172, per la
prima volta, Sizzaro non viene indicato come locus ma come casale,
equiparato ad altri casali dellentroterra barese: nello stesso tempo,
vengono elencati alcuni feudos, corrispondenti probabilmente ai castra o
castellia, da cui dipendevano i casalia48. Secondo J. M. Martin, con il
termine castrum, in epoca normanna, viene indicato un insediamento
fortificato, a differenza del casale che non presenta strutture difensive49:
questa definizione sembra descrivere in maniera perfettamente calzante la situazione dei rapporti tra Sannicandro e Sizzaro. La conferma
viene da due fonti diverse, una documentaria e laltra archeologica.
La prima fonte il Catalogus baronum, documento che trova la
sua forma definitiva in et angioina ma che si ritiene redatto nella
prima epoca normanna per indicare le localit che ospitavano un feudatario: tra queste localit annoverata Sannicandro che, pertanto,
doveva avere allepoca un sistema difensivo50. La seconda fonte, quella archeologica, conforta questa ipotesi: le campagne di scavo, succedutesi allinterno del castello normanno-svevo di Sannicandro, hanno
portato alla luce una porzione di cinta muraria, costruita in et bizantina a difesa di uno spazio urbano51. Questultimo dato, testimonianza
ulteriore di un momento di insicurezza vissuto dagli abitanti della
47
Sul significato della parola casale cfr. J. M. MARTIN, Il casale, in Dallhabitat
rupestre allorganizzazione insediativa del territorio pugliese (secoli X-XV). Atti del
III convegno internazionale sulla civilt rupestre (Savelletri di Fasano, 22-24 novembre 2007), a cura di E. MENEST, Spoleto 2009, pp. 31-46.
48
Lespressione utilizzata feudos ac casalia, senza specificare quali siano i
feudos e quali i casalia. Solo lanalisi delle altre fonti, sia storiche che archeologiche,
pu far luce su questa suddivisione.
49
MARTIN, La Pouille cit., p. 277.
50
Catalogus baronum, ed. E. JAMISON, Roma 1972, p. 3.
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Le indagini riguardanti lala nord del complesso hanno restituito, per let altomedievale, un grosso muro di cinta in pietrame calcareo e malta, che definisce un
circuito murario trapezoidale e dagli spigoli arrotondati e smussati, il quale al suo interno vede limpianto di murature perpendicolari al muro nord e di un condotto fognario. Nel taglio di fondazione del muro di cinta, ceramiche a bande rosse e da cucina e
monete di Basilio I, Costantino e Leone VI, Romano I e di Gisulfo I datano questo
evento costruttivo allet bizantina, in particolare tra fine IX secolo e fine X secolo.
Cfr. SPAGNOLETTA, Il castello cit., p. 593.
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DOMENICO da Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis (1339-1350), in
Rerum italicarum Scriptores, V, Milano 1724, p. 661.
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DOMENICO da Gravina, Chronicon cit., p. 665.