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Marco Ciliberti

Il Casale di Sizzaro in Agro di Sannicandro di Bari

Estratto da:
Archivio Storico Pugliese - LXVIII - 2015

Edizioni Puglia Grafica Sud


Bari 2016

Il casale di Sizzaro
in agro
di Sannicandro di Bari
Marco
Ciliberti

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Il casale di Sizzaro in agro di Sannicandro di Bari


La cosiddetta seconda colonizzazione bizantina, negli anni che
vanno dall876 al 1071, un momento di particolare rilevanza nella
storia della Terra di Bari, soprattutto per il ritrovato slancio che anima
il territorio rurale gravitante intorno a Bari e per limpronta duratura
che il contatto diretto con la cultura orientale sapr imprimere per
molti anni, anche dopo il termine convenzionale rappresentato dal
1071, anno in cui Roberto il Guiscardo, entrando in Bari, pone fine al
dominio bizantino avviando la stagione della dominazione normanna1.
Molti dei paesi che oggi punteggiano la provincia di Bari sorgono
proprio in quegli anni per effetto di una serie di iniziative di occupazione del territorio rurale, in cui sembra aver ricoperto un ruolo chiave
lamministrazione centrale dello Stato bizantino, interessato a dare
nuovo impulso alleconomia per aumentare le entrate derivanti dalle
imposizioni fiscali, essenziali per far funzionare limponente macchina burocratica che il governo bizantino recava in dote in ogni territorio controllato2. Il ripopolamento del territorio rurale un fenomeno
che, tuttavia, non siamo ancora in grado di valutare con dovizia di particolari a causa di una generale e indiscutibile arretratezza nel campo
delle indagini archeologiche. Questa arretratezza emerge in maniera
ancor pi significativa se si guarda alla grande messe di dati proveniente dai documenti dellepoca3: gli atti notarili, conservati nei fondi
delle due istituzioni ecclesiastiche pi importanti della Bari medievale, la
1

Un contributo per la conoscenza e la comprensione dellinfluenza culturale bizantina sul territorio della Puglia centrale viene dagli studi di Nino Lavermicocca.
Cfr. N. LAVERMICOCCA, Bari bizantina 1156-1261. Bisanzio dopo Bisanzio, Bari
2010; ID., Bari bizantina 1071-1156. Il declino, Bari 2003.
2
M. TRIGGIANI, Insediamenti rurali nel territorio a Nord di Bari dalla Tarda
Antichit al Medioevo. Repertorio dei siti e delle emergenze architettoniche, Bari
2008, pp. 42-46; sullorganizzazione del territorio della Puglia in et bizantina vd. J.
M. MARTIN, La Pouille du VI au XII sicle, Roma 1993, pp. 256-328; A. GUILLOU, La
Puglia e Bisanzio, in La Puglia fra Bisanzio e lOccidente, Milano 1980, pp. 5-37. Per
uno status quaestionis aggiornato sui problemi del popolamento della Puglia centrale
in et altomedievale cfr. P. DE SANTIS, Caratteri insediativi della Puglia centrale
nellAlto Medioevo, in La Puglia centrale dallet del Bronzo allAlto Medioevo. Archeologia e storia, Atti del Convegno di Studi (Bari, 15-16 giugno 2009), a cura di L.
TODISCO, Roma 2010, pp. 487-494.
3
Al contrario, infatti, di ci che avviene nei secoli precedenti, cresce il numero
di fonti a nostra disposizione (MARTIN, La Pouille cit., p. 255).

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cattedrale di San Sabino e la basilica di San Nicola, riportano, oltre ad


una serie di dati utili a ricostruire la vita sociale e le condizioni economiche della Terra di Bari, anche diversi toponimi riferibili al territorio rurale ma che non trovano, per la maggior parte dei casi, puntuali
corrispondenze archeologiche e monumentali4.
Un caso emblematico in tal senso rappresentato dal casale di
Sizzaro, a met strada tra i comuni di Sannicandro di Bari e di Adelfia, situato allincrocio di due strade, una delle quali congiunge il centro
del rione Canneto di Adelfia al castello di Sannicandro (tav. I). Il casale era uno degli insediamenti che popolavano le campagne sannicandresi e di cui storici locali e gente comune conservano, ancora oggi, il
ricordo5: questa rete di insediamenti and lentamente a sparire e la popolazione si radun intorno allarea in cui oggi sorge il castello normanno-svevo di Sannicandro, abitata sin da tempi remoti, come dimostrano i dati provenienti da varie indagini archeologiche, eseguite negli anni6. Come si vedr, numerose sono le menzioni di Sizzaro nei
documenti notarili di quegli anni, che non sono tuttavia bastate a
sviluppare le potenzialit informative di un luogo che, se sottoposto ad
indagini sistematiche, potrebbe fornire un quadro completo di quasi
cinque secoli di vita nelle campagne baresi.
4
I documenti provengono dai fondi di alcune istituzioni religiose come il monastero di Cava dei Tirreni, cfr. M. SCHIANI M. MORCALDI S. DE STEFANO (a cura di),
Codex diplomaticus cavenses, I, Napoli 1873 (dora in poi CDC I), la basilica di S.
Nicola di Bari, cfr. F. NITTI (a cura di), Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo
normanno (1075-1194), Codice diplomatico barese, V, Bari 1902 (dora in avanti
CDB V); la cattedrale di Bari, cfr. G. B. NITTO DE ROSSI F. NITTI (a cura di), Le pergamene del Duomo di Bari (952-1264, I, Bari 1897 (dora in avanti CDB I); oltre che
dalla citt di Molfetta, cfr. F. CARABELLESE (a cura di), Le carte di Molfetta (10761300), VII, Bari 1912 (dora in avanti CDB VII).
5
Per il territorio di Sannicandro non esiste uno studio topografico globale, bisogna affidarsi alle poche notizie derivanti dallo storico locale Scalera, pubblicate in un
volumetto agli inizi del XX secolo (G. SCALERA, Notizie storiche sulla terra di S. Nicandro di Bari, Bari 1900).
6
Numerose sono state le indagini archeologiche condotte sul sito, pubblicate con
sporadicit e non in maniera organica e completa, ma che hanno comunque fornito un
quadro abbastanza esaustivo sulla continuit di vita dellarea del Castello sin dalla
prima Et del Ferro. Cfr. G. DE TOMMASI, Sannicandro di Bari. Il castello: i restauri,
in Castelli e Cattedrali di Puglia. A centanni dallEsposizione Nazionale di Torino, a
cura di C. GELAO G. M. JACOBITTI, Bari 1999, pp. 593-595; ID., Sannicandro di Bari
(Ba). Castello, in AA.VV., Restauri in Puglia 1971-1983, Fasano 1983, pp. 203-217;
P. FAVIA R. GIULIANI P. SPAGNOLETTA, Sannicandro (Bari). Castello, in Taras
XVII, 1, 1997, pp. 119-123; A. FORNARO, Sannicandro di Bari (Ba). Castello, in Restauri in Puglia cit., pp. 219-223; A. RICCARDI, Il castello: le indagini archeologiche,
in Castelli e Cattedrali di Puglia cit., pp. 589-592; ID., Sannicandro (Bari). Castello,
in Taras, XXI, 1, 2001, pp. 144-145; SPAGNOLETTA, Il castello: le indagini archeologiche 1995-1996, in Castelli e Cattedrali cit., pp. 593-595.

Il casale di Sizzaro in agro di Sannicandro di Bari

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Tav. I - Il casale di Sizzaro tra Sannicandro e Adelfia

Il casale viene menzionato per la prima volta nel mese di novembre dellanno 958, quando Cristoforo, figlio di Marco, originario della
citt di Canosa, vende una propriet in locum ziziro ad un certo Leone,
figlio di Adelchisi7: nel documento presente la pi antica menzione
di un terreno recintato hoc est inclita una clausuria mea que se bocat
de fitulito propinquo iamdicto loco, preludio ad un uso che diventer
sempre pi diffuso, quello cio di circoscrivere i propri terreni entro muretti a secco, ancora oggi presenti nelle campagne baresi, con il nome di
pareti, utilizzati in particolar modo nei terreni coltivati ad olivo8.
Negli anni seguenti a questa prima menzione, un evento drammatico mise a dura prova lager varinus: a darne notizia il cronista
Lupo Protospata, che nel Chronicon per lanno 988 annota che depopulaverunt Saraceni Vicos Barensis, et viros ac mulieres in Siciliam
captivos duxerunt9. Non possiamo sapere con certezza se Sizzaro sia
7

CDC I, n. 200.
V. RICCI, Il contadino ai confini dellImpero. Vita rurale nella campagna di
Bari tra X e XI secolo, in Porphyra. International academic journal in Byzantine
Studies, 19 (2013), p. 40.
9
Chronicon breve Lupi Protospatae, in Rerum Italicarum Scriptores, V, Milano
1724, p. 37. Lincursione del 988 non sar lunica bellica posta in essere dalle bande
saracene: lo stesso Lupo Protospata riporta la notizia di un saccheggio di Taranto nel
991, in cui caddero anche molti cittadini baresi (Hoc anno fecit bellum atto comes
cum Saracenis in Tarento, et ibi cecidit ille cum multis barensibus), e di un assedio
condotto nei confronti della citt di Matera nellanno 994, terminato con la capitolazione della citt stessa (Hoc anno obsessa est Matera a gente Saracenorum tribus
mensibus, et in quarto mense comprehensa est ab eis).
8

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stato coinvolto in questi avvenimenti, subendo danni alle coltivazioni


e alle abitazioni, ma il silenzio che avvolge il casale nel secolo successivo alla prima menzione potrebbe essere eloquente in tal senso. Tuttavia, la necessit di ripopolare le campagne e di dare nuovo slancio
alle attivit agricole sembra aver prevalso sulla paura di subire nuove
devastazioni. Nel 1077, infatti, un nuovo documento notarile riporta la
notizia della cessione, da parte di un certo Mele Calojohannis al figlio
Stefano, della parte di beni a lui spettanti, dopo averlo liberato della
potest paterna: tra questi beni figurano alcune non meglio precisate
propriet in loco Siziro10. Nessun accenno viene fatto alle colture presenti sul luogo, n alla presenza di strutture abitative o adibite alla
cura animarum; questo mancato accenno, per, non esclude lipotesi
che in quegli anni una comunit stabile composta da famiglie di agricoltori fosse stanziata a Sizzaro e avesse popolato la campagna circostante Sannicandro insieme ad altri piccoli villaggi11.
La conferma di una piena ripresa del popolamento del loco Siziro
viene da un ulteriore documento del 1134 che attesta la donazione di
Guido da Venosa, castelli sancti Nicandri dominus, in favore dellabbazia
della Trinit di Cava dei Tirreni, di numerose propriet in loco Sizziro, tra
cui due vigne di sua propriet e una chiesa dedicata alla Vergine Maria12.
la prima menzione, per Sizzaro, di una struttura dedicata al culto religioso attorno a cui doveva essersi radunato labitato contadino, certificando lavvenuta rinascita e crescita del casale, in relazione con il castellum di Sannicandro e sotto la sua diretta giurisdizione.
Non passeranno molti anni prima che, nel 1172, papa Alessandro
III nomini Sizirum tra i casalia posti sotto la giurisdizione dellallora
vescovo di Bari Rainaldo, confermando quanto stabilito dai suoi predecessori Urbano II e Alessandro II13. Nella bolla evidente la distinzione che lo stesso pontefice opera tra i municipia sive civitates (tra
cui annovera ovviamente Bari ma anche, tra gli altri, Canosa, Bitonto,
Ruvo, Conversano, Polignano) e i feudos ac casalia, tra cui Sizirum.
Interessante notare come molti casalia si siano trasformati, nel tempo,
nei paesi che popolano la provincia di Bari oggi (basti pensare a
Valenzanum, Casamaxima, Aquavivam, Turittum, Grumum). Questo
documento non fa che confermare un provvedimento adottato gi nel
10

CDB V, n. 2.
Il documento contiene anche un generico riferimento topografico, parlando di
viis publicis; la loro pertinenza al territorio di Sizzaro non pu per essere affermata con
assoluta certezza, a causa di una lacuna nel testo che ne pregiudica la comprensione.
12
CDB VII, n. 10.
13
CDB I, n. 52.
11

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1089 da papa Urbano II, il quale, scrivendo allarcivescovo di Bari


Elia per riaffermare la dignit metropolitica della Chiesa barese e conferire allo stesso vescovo luso del pallio, conferma la giurisdizione
della diocesi su numerosi centri; nella bolla vengono citate solo le citt pi importanti, catalogando gli insediamenti meno rilevanti con la
dicitura di fundos et casales, senza fornirne un elenco dettagliato14.
Lincertezza causata da questa mancata precisazione aveva creato un
vuoto legislativo, aprendo la strada ad alcune rimostranze, tra cui
quella dellarcivescovo di Ragusa in merito alla giurisdizione sullepiscopato di Cattaro, in Dalmazia super episcopatu Chatarino ultra mare in Dalmatie; tale incertezza viene risolta da Alessandro III
riaffermando la dipendenza della diocesi di Cattaro da quella di Bari e,
congiuntamente, il possesso da parte dellarcivescovo barese dei casalia del territorio, citati questa volta in maniera esplicita.
Serafino Tansi, nella sua cronaca, cita unulteriore fonte che menziona Sizzaro: in un documento del 1225 Andrea III, arcivescovo di
Bari, dona a Giovannicio, abate del monastero di Montescaglioso, le
chiese di S. Pietro e S. Giovanni, poste altera in Siceri, altera in S.
Nicandri finibus, secondo una consuetudine ben radicata nellimmaginario feudale, quella cio di elargire generose donazioni alle pi importanti istituzioni religiose e monastiche15.
Lultima fonte riguardo la vita di questo piccolo casale liscrizione, divisa in due tabulae, posta ai lati del vecchio ingresso (ora murato) alla chiesa della Madonna di Torre, in cui un certo vescovo di
Bari, Romualdo, attesta la presenza di un culto diffuso della Vergine
presso la popolazione locale, che si recava (e si reca ancora oggi) in
pellegrinaggio presso Sizzaro spinti dalla promessa di unindulgenza
per i propri peccati16 (fig. 1). Liscrizione venne studiata da Giuseppe
Scalera che la ritiene realizzata sotto lepiscopato di Romualdo II
Grisone, vescovo di Bari tra il 1282 e il 130917; nessun elemento pare
poter contraddire questa intuizione dello studioso.
14

CDB I, n. 33, a. 1089.


S. TANSI, Historia cronologica monasterii S. Michaelis Archangeli Montis
Caveosi ... ab anno 1065. ad annum 1484. Ex ejusdem monasterii tabulario deprompta
accessit series genealogica principum benefactorum monasterij ex Nortmannica
Altavillana stirpe deducta, Napoli 1746, p. 79.
16
Liscrizione recita: Huc o(m)nes gen(t)is nu(n)c et se(m)p(er) venientes
me(n)te sua mu(n)da feria luce(n)te secu(n)da edomata sic i(n)dulce(n)cia lata hec si
noscatur (et) p(er) mea metra notatur que quadragene bis sex s(un)t nectare plene
munere divino Romualdo sta(n)te barino.
17
SCALERA, Memorie cit., pp. 37-66. Sulla figura del vescovo Romualdo II Grisone cfr. M. GARRUBA, Serie critica de sacri pastori baresi, Bari 1844, pp. 252-262.
15

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Fig. 1 - Iscrizione studiata da Scalera

Da quel momento in poi, su Sizzaro cala il silenzio delle fonti; la


superstite chiesa della Madonna di Torre non venne per abbandonata
dalla popolazione che, durante i secoli, ha mantenuto vivo il ricordo di
questo piccolo casale, facendo del suo edificio di culto un luogo di
pellegrinaggio.
Come detto, i dati archeologici riguardanti il casale sono scarsissimi, pressoch inesistenti: lo sfruttamento agricolo intensivo della
zona nel corso dei secoli e la presenza di due strade vicinali asfaltate,
che si incrociano proprio in prossimit della chiesa della Madonna di
Torre, sommati alla totale assenza di indagini sistematiche nella zona,
rendono arduo il compito di reperire elementi che possano far luce in
maniera completa sulla storia di questo casale18 (fig. 2).

18
Anche intorno alla chiesa stessa, raccogliere dati mediante una ricognizione
impossibile, a causa di una serie di lavori di riqualificazione dellarea, in funzione
della frequentazione dei pellegrini ancora nutrita ai nostri giorni (specialmente
nel Luned dellAngelo), durante i quali stato sbancato il terreno circostante al
fine di rendere fruibile larea mediante una distesa di piccoli ciottoli. Questa operazione rende impossibile una qualsiasi indagine archeologica che non preveda un
movimento terra.

Il casale di Sizzaro in agro di Sannicandro di Bari

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Fig. 2 - Area dell'antico casale di Sizzaro con la chiesa della Madonna di Torre

Tuttavia, la zona di Sizzaro conserva interessanti potenzialit informative che vengono confermate dai racconti dei rinvenimenti casuali effettuati nelle vicinanze della chiesa, da parte degli agricoltori
locali, e da quanto scrive lo storico locale Giuseppe Scalera: si riferisce, infatti, della presenza di tombe con scarsi corredi, sia nella zona a
sud est della chiesa che nellarea ad ovest. In particolare, Scalera specifica che queste tombe consistevano, per la maggior parte, in poveri
loculi scavati nella roccia tufacea che caratterizza larea di Sizzaro19.
Sul carattere di queste sepolture e sui loro corredi nulla possiamo aggiungere dato che niente di ci che stato rinvenuto stato conservato: non possiamo che rilevare la presenza di attestazioni sepolcrali attorno ad un luogo di culto, fenomeno tuttaltro che inusuale in Terra di
Bari e che trova numerosi puntuali riscontri in molti edifici ecclesiastici sorti in ambito rurale20.
Di tutto il casale di Sizzaro non rimane che la chiesa della Madonna
di Torre, cos denominata dal suo campanile bianco, che si staglia tra i
bassi uliveti che lo circondano, assumendo le sembianze di una torre.
19

SCALERA, Memorie cit., p. 8.


M. R. DEPALO, Necropoli e territorio, necropoli e societ tra Tardoantico e
Altomedioevo nella Puglia centrale, in La Puglia centrale cit., p. 528.
20

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La struttura, cos come oggi appare, il frutto di numerosi rimaneggiamenti e restauri, succedutisi nei secoli, che ne hanno modificato
completamente laspetto originario sia dal punto di vista icnografico
che dal punto di vista decorativo, esterno e interno. Oggi la chiesa risulta essere composta da tra corpi di fabbrica, due dei quali (quelli pi
a nord) costruiti nel corso del XIX secolo, come riferisce anche Scalera21 (tav. II). La completa intonacatura delle pareti, sia esterne che interne, impedisce una lettura degli alzati della chiesa, che rimangono a
vista solo in pochi punti a causa di piccole lacune dellintonaco. Il
corpo principale e originario delledificio quello posto allestremit
sud, largo circa 5 m e lungo 10,5 m; i limiti della chiesetta originaria
si evincono dallanalisi di una lacuna nellintonaco lungo il muro est,
proprio in corrispondenza del punto in cui finisce la chiesa originaria,
da cui si pu chiaramente notare come il muro delledificio ottocentesco, diverso per fattura da quello pi antico, si appoggi ad esso estendendolo in lunghezza (tav. III).

Tav. II - Pianta della chiesa della Madonna di Torre


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SCALERA, Memorie cit., p. 29. La datazione degli ambienti confermata dalle


iscrizioni apposte a ricordarne la costruzione.

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Tav. III - Primo impianto della chiesa della Madonna di Torre

Questa prima chiesa aveva un ingresso sul lato ovest, poi murato
per aprirne un altro pi a nord nel nuovo edificio ottocentesco, coperto
da un arco ogivale a cui, in un secondo momento, venne affiancata
liscrizione del vescovo Romualdo. La cappella aveva ununica navata, divisa in due campate coperte ciascuna da una volta a crociera,
poggiate su sei pilastri addossati ai muri perimetrali; due nicchie intervallavano il paramento interno del muro sud, mentre quello nord
venne abbattuto nel momento in cui la chiesa sub lampliamento ottocentesco, lasciando allo stato attuale solo parte dei pilastri che ad esso
si appoggiavano per sostenere le volte a crociera.
Labside, estroflesso, era orientato a est come nella tradizione bizantina e ospitava, almeno sino allepoca di Scalera la raffigurazione
di un Cristo del modello Pantokrator, recante nella mano sinistra un

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libro aperto, su cui si potevano leggere le parole Ego sum lux mundi,
qui seguit me (Gv 8, 12), mentre la mano destra assumeva il classico
atteggiamento benedicente22. Questa raffigurazione, probabilmente affrescata, stata coperta in seguito da un dipinto su tela che lo stesso
Giuseppe Scalera poteva ancora vedere ai suoi tempi: ai giorni nostri,
una posticcia decorazione che equivoca il senso della raffigurazione
del Pantocratore e raffigura il profeta Mos con le tavole della legge fa
mostra di s allinterno del catino absidale, opera di un autore del XX
secolo. Un altro affresco, raffigurante la Vergine Maria, decorava la
nicchia adiacente allabside principale, sul muro sud, sovrastata da
una finestra ancora oggi aperta: anche questa decorazione stata sostituita da una pi recente, un quadro eseguito nel 1867 da un pittore della vicina Canneto (rione di Adelfia), un certo Giacobbe Laricchia23.
La pianta della chiesa, come detto, venne fortemente alterata dagli
interventi ottocenteschi: durante questi lavori, il muro perimetrale
nord venne abbattuto e i pilastri che reggevano le volte a crociera furono raddoppiati, al fine di sostenere le nuove crociere delledificio
nord. Significative trasformazioni sub anche la copertura delledificio: lintonacatura, anche in questo caso, un forte ostacolo per
unindagine approfondita sugli elevati e non permette di ricostruire
loriginaria copertura della prima chiesa, poi obliterata da un unico
grande tetto a spiovente che copre oggi i primi due corpi delledificio,
alla cui sommit stato impostato un piccolo campanile. Lunica traccia della copertura medievale una piccola risega sporgente, poco al
di sotto del tetto a spiovente. Sempre nellambito dei lavori ottocenteschi vennero aggiunti i due contrafforti allesterno del muro sud della
prima chiesa, per bilanciare le spinte che dovevano provenire dallulteriore edificio che si stava appoggiando a quello originario sul lato nord. Lingresso alla chiesa venne spostato al centro del nuovo corpo, murando quello originario al di sotto dellarco ogivale e cambiando, dunque, lintero orientamento dello spazio liturgico, spostando
laltare principale sul lato sud del nuovo edificio. Alla fine del XIX
secolo, un ulteriore intervento aggiunger un complesso composto da
tre ambienti sul lato nord che fungeranno da sagrestia e che per tale
scopo vengono ancora oggi utilizzati.
22
Liconografia rispetta pienamente modelli bizantini, che si diffondono in tutto
il Mediterraneo e che hanno fortuna fino alla fine dellImpero Romano dOriente. Cfr.
C. CAPIZZI. Pantokrator. Saggio desegesi letterario-iconografica, in Orientalia
Christiana Analecta, 170 (1964).
23
SCALERA, Memorie cit., p. 31.

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Lincrocio tra gli scarsi dati archeologici e le informazioni provenienti dai documenti dellepoca non consente di tracciare un quadro
esaustivo relativo alla vita del casale, fino alla sua distruzione e alla
dispersione dei suoi abitanti; rimangono alcuni problemi aperti, la cui
soluzione imporrebbe una ricerca archeologica pi approfondita.
Il primo interrogativo riguarda la natura dellinsediamento di Sizzaro e la questione va inquadrata a partire dalle definizioni fornite dalle fonti, quelle di locus prima e di casale poi. Il termine locus considerato lequivalente latino del greco chorion (al pari di praedium o
tenimentum)24, con cui lamministrazione bizantina designa il villaggio come centro abitato, la comunit rurale e la collettivit fiscale25.
In questa definizione ritroviamo i tre connotati principali di un locus, e
cio un piccolo nucleo abitato sorto per esigenze di ripartizione del
territorio allo scopo di riguadagnare al ciclo della fertilit i terreni lasciati da tempo incolti, in maniera tale da riorganizzare il sistema contributivo, essenziale per il mantenimento dellimponente macchina burocratica dello Stato bizantino, convinto assertore di una politica accentrativa del potere amministrativo: in questottica il controllo del
territorio e la rinascita del settore agricolo risultano di vitale importanza. La volont politica dello Stato bizantino alla base di un momento
di straordinaria rifioritura del tessuto abitativo ed economico delle
campagne della Puglia centrale, in particolare nei decenni in cui
nella citt di Bari viene stabilita la sede del Catepanato dItalia; la
seconda met del X secolo rappresenta, infatti, un momento chiave
per la storia della Puglia, dal momento che lo Stato bizantino comincer a promuovere una campagna di dissodamento dei suoli
agricoli e di ridistribuzione delle terre coltivabili in tutto il Mediterraneo26. Nei decenni che vanno dalla met del X secolo alla seconda met dellXI nascono, sotto forma di loci, molti dei paesi che
oggi popolano la provincia di Bari e che, nei secoli, si sono evoluti ed
espansi fino ad arrivare ai giorni nostri, ancora attivi e vitali. il caso
di cittadine come Noicattaro27, Casamassima28, Grumo29, Triggiano30,
24

RICCI, Il contadino cit., p. 32.


A. GUILLOU, La Puglia e Bisanzio, in La Puglia fra Bisanzio e lOccidente,
[Civilt e culture in Puglia 2], a cura di C. D. FONSECA, Milano 1980, p. 15.
26
GUILLOU, La Puglia e Bisanzio cit., p. 26.
27
CDB I, n. 1, a. 952.
28
CDB I, n. 4, a, 962.
29
CDB I, n. 5, a. 977.
30
CDB I, n. 7, a. 983.
25

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Valenzano31, Bitetto32, Palo del Colle33, Terlizzi34, Capurso35, Bitritto36,


Binetto37, Rutigliano38, Putignano39, secondo quanto riportano le fonti
documentarie. Accanto a queste realt, vanno registrati casi di choria
pi piccoli, che non si sono evoluti in castra in epoca normanna, e che
per vari motivi oggi non esistono pi. Le fonti riportano i nomi, tra gli
altri, di Sao40, Turris Rodiperti41, S. Andreas42; in questo novero va
compreso Sizzaro, la cui prima attestazione risale, come visto al 958.
Sulla fondazione dei choria/loci non sempre le fonti sono esaustive, e non lo sono neanche in questo caso, lasciando il dubbio sulla data di fondazione di Sizzaro che, tuttavia, non dovette precedere di
molti anni la prima menzione del 958 per ragioni, come si visto,
eminentemente storiche. La modalit di fondazione di questi centri
anchessa nebulosa e non trova conforto nelle fonti, se non in pochi
casi: uno di questi viene citato da Guillou nel suo studio riguardante la
civilt bizantina in Italia, ed quello di un villaggio presso Tricarico
in Basilicata, dove un monaco inizi a dissodare il terreno insieme a
pochi contadini, attirando in un secondo momento altri contadini liberi
(eleutheroi), ottenendo dopo una decina di anni linserimento del
chorion nei registri fiscali e il suo riconoscimento da parte dello Stato
centrale. Nellesempio citato da Guillou emerge un ruolo fondamentale giocato non solo dal potere politico ma, soprattutto, dalliniziativa
ecclesiastica43. Questa considerazione introduce un secondo punto interrogativo riguardante la storia di Sizzaro, quello che concerne la
fondazione e la costruzione del primo luogo di culto, citato per la prima
volta dalle fonti soltanto nel 1134. Se il modus operandi riscontrato a
Tricarico sia stato lo stesso utilizzato per fondare il locus di Sizzaro,
non dato saperlo; possiamo per porre qualche legittimo interrogativo sulla reale datazione della chiesa dedicata alla Vergine, comune31

CDB I, n. 6, a. 981.
CDB I, n. 3, a. 959.
33
CDB IV, n. 21, a. 1033.
34
CDB III, n. 3, a. 1036.
35
CDB I, n. 21, a. 1046.
36
CDB IV, n. 44, a. 1071.
37
CDB I, n. 27, a. 1073.
38
CDB IV, n. 30, a. 1044.
39
CDP XX, n. 3, a. 915.
40
CDB I, n. 19, a. 1036.
41
CDB I, n. 12, a. 1024.
42
CDB IV, fr. 8, a. 1032.
43
GUILLOU, La Puglia e Bisanzio cit., p. 31.
32

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mente attribuita al 1134 in base alla prima menzione delle fonti. In realt, il documento parla della donazione di un edificio gi costruito e
non cita alcuna data di fondazione: la costruzione della chiesa potrebbe rimontare a qualche anno addietro, se non a qualche decennio,
giacch sarebbe un fatto inusuale riscontrare un insediamento che non
preveda al suo interno un luogo di culto, seppur di modeste dimensioni. Dal punto di vista icnografico, ledificio, nella sua modestia, consente di operare confronti generici con altri esempi delle vicinanze:
una somiglianza si avverte con la pianta della piccola chiesa di San
Martino a Trani che, come la chiesa della Madonna di Torre, presenta
una serie di volte a crociera nella navata centrale (in numero di quattro)44. La presenza del Cristo Pantocratore nellabside principale e la
dedicazione alla Vergine della chiesa rimandano a modelli culturali
bizantini, che sappiamo essere presenti ben oltre la fine dellesperienza politico-amminstrativa del Catepanato dItalia, ma sono indizi
troppo labili per poter pervenire ad una parola risolutiva. Anche in
questo caso, lipotesi di una datazione pi alta della chiesa rispetto al
termine ritenuto, fino a questo momento, convenzionale del 1134
tutta da dimostrare, sulla base di unanalisi dei dati archeologici delle
stratigrafie dellelevato, non possibile allo stato attuale.
Con la conquista normanna della seconda met dellXI secolo avviene un cambio di rotta anche nella gestione del territorio rurale: la
spinta centralizzatrice bizantina cede il passo ad una gestione di tipo
feudale, in cui il potere non pi esercitato unicamente nella citt,
centro di potere unico, ma demandato a signorie feudali locali, radicate nel territorio e a stretto contatto con la rete insediativa, formatasi
nel periodo di dominio bizantino45. proprio il documento del 1134 a
rivelare lavvenuto cambiamento, per quanto riguarda il territorio di
Sizzaro: infatti il feudatario della vicina Sannicandro, Guido da Venosa, a detenere il potere sul casale e a concedere al monastero benedettino di Cava dei Tirreni alcuni possedimenti, seguendo una pratica
che proprio in quegli anni si andava consolidando, quella cio di concedere generose donazioni ad enti religiosi con fini politici46.
Linversione di rotta sotto il profilo amministrativo viene testimoniata anche da una svolta semantica, evidente dalle fonti, quando al
44

C. DANGELA, La chiesa altomedievale di San Martino di Trani, in Vetera


Christianorum, XXIX (2002), pp. 357-374.
45
MARTIN, La Pouille cit., pp. 715-717.
46
TRIGGIANI, Insediamenti rurali cit., pp. 56-57.

30

Marco Ciliberti

termine locus/chorion subentra il termine casale, di longobarda memoria, che connota un insediamento concentrato, non disperso, ma di
importanza trascurabile; soprattutto, il casale non fortificato, non
dovendo ospitare, al suo interno, nessuna autorit47. Nel 1172, per la
prima volta, Sizzaro non viene indicato come locus ma come casale,
equiparato ad altri casali dellentroterra barese: nello stesso tempo,
vengono elencati alcuni feudos, corrispondenti probabilmente ai castra o
castellia, da cui dipendevano i casalia48. Secondo J. M. Martin, con il
termine castrum, in epoca normanna, viene indicato un insediamento
fortificato, a differenza del casale che non presenta strutture difensive49:
questa definizione sembra descrivere in maniera perfettamente calzante la situazione dei rapporti tra Sannicandro e Sizzaro. La conferma
viene da due fonti diverse, una documentaria e laltra archeologica.
La prima fonte il Catalogus baronum, documento che trova la
sua forma definitiva in et angioina ma che si ritiene redatto nella
prima epoca normanna per indicare le localit che ospitavano un feudatario: tra queste localit annoverata Sannicandro che, pertanto,
doveva avere allepoca un sistema difensivo50. La seconda fonte, quella archeologica, conforta questa ipotesi: le campagne di scavo, succedutesi allinterno del castello normanno-svevo di Sannicandro, hanno
portato alla luce una porzione di cinta muraria, costruita in et bizantina a difesa di uno spazio urbano51. Questultimo dato, testimonianza
ulteriore di un momento di insicurezza vissuto dagli abitanti della

47
Sul significato della parola casale cfr. J. M. MARTIN, Il casale, in Dallhabitat
rupestre allorganizzazione insediativa del territorio pugliese (secoli X-XV). Atti del
III convegno internazionale sulla civilt rupestre (Savelletri di Fasano, 22-24 novembre 2007), a cura di E. MENEST, Spoleto 2009, pp. 31-46.
48
Lespressione utilizzata feudos ac casalia, senza specificare quali siano i
feudos e quali i casalia. Solo lanalisi delle altre fonti, sia storiche che archeologiche,
pu far luce su questa suddivisione.
49
MARTIN, La Pouille cit., p. 277.
50
Catalogus baronum, ed. E. JAMISON, Roma 1972, p. 3.
51
Le indagini riguardanti lala nord del complesso hanno restituito, per let altomedievale, un grosso muro di cinta in pietrame calcareo e malta, che definisce un
circuito murario trapezoidale e dagli spigoli arrotondati e smussati, il quale al suo interno vede limpianto di murature perpendicolari al muro nord e di un condotto fognario. Nel taglio di fondazione del muro di cinta, ceramiche a bande rosse e da cucina e
monete di Basilio I, Costantino e Leone VI, Romano I e di Gisulfo I datano questo
evento costruttivo allet bizantina, in particolare tra fine IX secolo e fine X secolo.
Cfr. SPAGNOLETTA, Il castello cit., p. 593.

Il casale di Sizzaro in agro di Sannicandro di Bari

31

Terra di Bari a causa delle continue incursioni saracene52, messo in


relazione con le fonti scritte chiarisce, in maniera definitiva, il ruolo
preminente assunto da Sannicandro nei confronti di una serie di casalia
sparsi nel suo territorio, tra cui Sizzaro.
Laltro grande interrogativo riguarda le circostanze che portarono
alla fine di questo insediamento. Sappiamo che i decenni successivi
allultima fonte posseduta su Sizzaro, liscrizione di Romualdo sulla
facciata della chiesa della Madonna di Torre, furono tuttaltro che facili per lhinterland barese e, probabilmente, pur senza nessun accenno
esplicito, Sizzaro fu coinvolta nei tragici eventi che si verificarono.
Fin dai primi anni del XIV secolo, la Terra di Bari visse un periodo di
forte recessione economica e, conseguentemente, una crisi demografica che mise a dura prova non solo la stabilit interna delle comunit
rurali ma anche i loro rapporti con la citt di Bari e minarono alle fondamenta il sistema feudale del territorio53. Le fonti riportano numerosi
episodi di ribellione verso gli obblighi feudali, puniti dal potere centrale, e di degrado del tessuto sociale, manifestato attraverso un progressivo abbandono dei campi coltivati e di furti nelle campagne54.
Alla met del secolo, la situazione precipit ulteriormente: allepidemia di peste che, imperversando in tutta Europa, non manc di colpire
Bari e il suo territorio, si aggiunse un periodo di forte incertezza politica, sfociata in episodi di guerra e di violenza, con le fazioni filoungheresi e filo-angioine a contendersi lentroterra barese; il cronista
Domenico di Gravina, al seguito delle truppe ungheresi giunte in Puglia per vendicare lassassinio di Andrea di Calabria, fratello di Luigi
dUngheria, racconta di una Terra di Bari devastata dagli eserciti mercenari e divisa al suo interno tra il sostegno alla filo-angioina Bari e la
ribellione filo-ungherese, guidata dalla citt di Bitonto e dai suoi abitanti55. A farne le spese furono non solo le citt ma, soprattutto, i casali dellentroterra barese i quali, sprovvisti di qualsiasi sistema difensivo, dovettero soccombere in molti casi allarrivo delle truppe merce52
Le scorribande saracene, puntualmente attestate dalle fonti, furono allorigine
della realizzazione di diverse strutture difensive nella Puglia centrale, alcune delle
quali sono giunte fino ai giorni nostri (TRIGGIANI, Insediamenti rurali cit., pp. 46-48).
53
Vd. R. LICINIO, Bari angioina, in Storia di Bari. Dalla conquista normanna al
ducato sforzesco, a cura di F. TATEO, Bari 1990, pp. 95-144; F. PORSIA, Vita economica e sociale, in Storia di Bari cit., pp. 189-227.
54
LICINIO, Bari Angioina cit., pp. 109-110.
55
R. LICINIO, Masserie medievali: masserie, massari e carestie da Federico II
alla dogana delle pecore, Bari 1998, pp. 235-236.

32

Marco Ciliberti

narie e alle loro devastazioni. esemplare il caso, raccontato proprio


da Domenico di Gravina, del casale di Auricarro presso Palo del Colle,
completamente distrutto e raso al suolo56; tutto il territorio compreso
tra Palo, Bitonto, Grumo e Binetto venne particolarmente colpito dai
saccheggi e dalle scorribande57. Sizzaro non viene esplicitamente
menzionato dal cronista, ma lassenza di fonti e il silenzio che avvolger il casale nei decenni seguenti lascia pensare che gli anni centrali
del XIV secolo siano stati fatali per la vita del piccolo centro, come
per tanti altri insediamenti a carattere rurale in provincia di Bari. Anche questa ipotesi tuttavia, come altre presentate nel corso di questo
lavoro, richiede le necessarie conferme archeologiche.

56
DOMENICO da Gravina, Chronicon de rebus in Apulia gestis (1339-1350), in
Rerum italicarum Scriptores, V, Milano 1724, p. 661.
57
DOMENICO da Gravina, Chronicon cit., p. 665.

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