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OBIETTIVI:
saper dare una definizione di asepsi;
sapere come si può limitare la presenza di microrganismi nell’ambiente operatorio;
conoscere la differenza tra disinfezione e sterilizzazione;
sapere che mezzi esistono per sintetizzare la cute incisa;
sapere come funzionano i due principali sistemi di drenaggio chirurgico.
saper descrivere lo svolgimento (i “tempi”) di un intervento chirurgico;
La chirurgia rappresenta quella branca della medicina che concerne gli interventi diagnostici e
terapeutici che hanno carattere di invasività, che sono cruenti (“trauma” chirurgico).
Atti chirurgici sono praticati fin dall’antichità, ma la chirurgia si è sviluppata come scienza vera e
propria solo negli ultimi secoli, in particolare a partire dalla fine del 1800, grazie allo sviluppo
dell’anestesia, dell’asepsi, degli antibiotici, di una appropriata gestione generale del paziente.
Gli atti chirurgici sono invasivi, ossia determinano una breccia nella naturale barriera
dell’organismo (cute e mucose) che viene così esposto agli elementi esterni: i microrganismi
presenti nell’ambiente circostante trovano una via per entrare nel nostro organismo e colonizzarlo,
determinando una infezione. Per questo gli ambienti in cui viene praticata la chirurgia sono
progettati per ridurre al minimo l’ingresso dei microrganismi nelle ferite (e quindi ridurre le infezioni
che si possono sviluppare nel paziente).
Il concetto di Infection Prevention and Control è un termine collettivo per tutte quelle azioni volte
a proteggere le persone dalle infezioni (es. lavarsi le mani, e tutti gli altri presidi imposti ad
esempio dalla recente pandemia), e si applica in modo pervasivo in tutte le attività sanitarie, in
particolare quelle chirurgiche.
Asepsi
Uno dei principali problemi incontrati dai chirurghi è senza dubbio la contaminazione delle ferite
da parte di microrganismi, fenomeno responsabile di infezioni talora gravi (fino anche alla morte
del paziente). Per questo, sin dalla scoperta dei microrganismi e dalla comprensione che sono
responsabili delle infezioni, si è cercato di eliminarli dal campo operatorio.
L’asepsi rappresenta l’insieme delle procedure volte alla prevenzione dell’ingresso di
microrganismi nelle ferite e negli strumenti chirurgici (prevenzione delle infezioni). L’asepsi un
principio che viene applicato nella pratica di tutti i giorni.
Vediamo meglio alcuni concetti al riguardo: i microrganismi possono essere patogeni (capaci di
per sé di determinare una infezione) o saprofiti (normalmente presenti sulle superfici e nelle cavità
corporee; questi ultimi possono determinare una infezione solo se penetrano all’interno
dell’organismo in numero sufficientemente elevato). Quindi il superamento delle barriere corporee
attraverso una incisione (cute, mucosa del tubo digerente ecc.) da parte di microrganismi (patogeni
o saprofiti) espone ad una infezione.
Per limitare al massimo l’ingresso di microrganismi attraverso le ferite nel corso di un
intervento si fa in modo di ridurre per quanto possibile la loro presenza nell’ambiente della sala
operatoria, sulle superfici corporee incise, sullo strumentario chirurgico...
La struttura, l’organizzazione, le attività che si svolgono nel blocco operatorio (il luogo deputato
alla pratica chirurgica) rappresentano il paradigma della applicazione del concetto di asepsi: per
ridurre la presenza di microrganismi, il blocco operatorio è dotato di una “zona filtro” nella quale chi
accede al blocco si cambia gli indumenti e le calzature; inoltre l’accesso del personale viene
limitato, il flusso dell’aria viene climatizzato, filtrato e regolato (es. pressione positiva etc.), si cerca
la massima igiene ambientale, il personale viene fatto lavare (o meglio disinfettare) secondo
procedure stabilite e viene vestito con indumenti sterili ecc. Ci sono perciò anche delle regole
comportamentali che il personale nel blocco deve seguire sempre al fine di limitare la presenza di
germi in sala.
Gli ambienti principali del blocco operatorio sono la zona filtro / vestizione, la zona lavaggio, la
sala operatoria, la zona di risveglio (o “recovery room”), l’area di sterilizzazione, il magazzino, la
sala relax. Il paziente che deve accedere al blocco operatorio viene adeguatamente preparato in
reparto (svestizione, preanestesia, tricotomia...), poi viene accolto in una zona filtro dove passa
dalla barella esterna a quella che trasporta il letto operatorio etc.
La superficie del campo operatorio (ossia la cute del paziente nella regione anatomica da
sottoporre ad intervento) viene disinfettata con speciali agenti chimici (2/3 passaggi), quindi viene
delimitata con teli sterili.
Nella sala operatoria propriamente detta troviamo il letto operatorio, la lampada scialitica, gli
apparecchi per l’anestesia (somministrazione controllata dei gas e loro monitoraggio), gli
apparecchi per il monitoraggio del paziente (ECG, pulsossimetro etc.), apparecchi per la
rianimazione, erogatori di gas, il tavolo servitore per gli strumenti chirurgici, generatori e bisturi
elettrici e a ultrasuoni, pompe da aspirazione, pompe siringa per infusione controllata dei farmaci
etc..
La detersione con acqua e sapone è un buon metodo per rendere pulito il corpo o l’ambiente,
ma nel blocco operatorio di utilizzano sistemi più drastici per abbattere la carica batterica:
disinfezione: distruzione dei microrganismi patogeni, ma non necessariamente delle spore. E’
un procedimento che si applica essenzialmente a superfici corporee ed all’ambiente di sala.
sterilizzazione: distruzione di tutti i microrganismi (patogeni e non). È applicabile solo a
materiali e superfici inanimate.
antisepsi: è detto il procedimento di distruzione degli agenti infettivi con mezzi chimici.
antisettico: sostanza capace di neutralizzare un microrganismo (distruggendolo o inibendone
la moltiplicazione). Tali sono le sostanze applicate alla cute prima della sua incisione.
La tecnica chirurgica viene definita dall’insieme dei gesti che si compiono per effettuare un
intervento. Lo scopo di un intervento è in genere quello di asportare del tessuto patologico, ma
qualche volta ha lo scopo di riparare un organo danneggiato, o meno comunemente ha altri fini. Di
principio, quando si penetra nell’organismo umano si cerca per quanto possibile di seguire i piani
anatomici naturali, che si lasciano scollare senza necessità di sezionare vasi o altri tessuti
(dissezione per via smussa), e solo quando indispensabile si sezionano le strutture che si
incontrano (dissezione per via tagliente).
Le incisioni cutanee vengono fatte in genere con il bisturi freddo. Il taglio deve essere netto,
unico, deve incidere la cute a tutto spessore (incluso il derma), e la lama deve essere
perpendicolare alla cute (e non obliqua). Solo se l’incisione è fatta bene, anche la sutura finale lo
sarà. Se possibile le incisioni devono seguire le linee di tensione cutanea di Langer (che
corrispondono alla direzione delle pliche cutanee) in modo da risultare poi meno evidenti (da
somigliare, semmai, a rughe cutanee naturali e non a cicatrici esteticamente spiacevoli).
Le incisioni addominali con apertura della cavità peritoneale si chiamano laparotomie (da
laparo- addome, e -tomia incisione) e possono essere sagittali (come le xifo-pubiche) o trasverse
(come la incisione sovrapubica di Pfannenstiel). Le incisioni sul torace si chiamano toracotomie
etc.
La sutura di una ferita consiste nell’affrontamento dei margini per favorire la cicatrizzazione con
esiti minimi (vedremo che questo tipo di guarigione è detto “di prima intenzione”). Per ottenere una
buona sutura è opportuno che la tensione tra i tessuti suturati sia modesta, che non ci siano
raccolte ematiche sottostanti, che non si sviluppino infezioni, che i margini accostati non siano
traumatizzati eccessivamente. I fili da sutura sono montati su aghi che possono essere retti o curvi,
a sezione tagliente (triangolare) o atraumatica (rotonda) e avere varie fogge. I fili possono essere
riassorbibili o non riassorbibili, monofilamento o intrecciati (meno scorrevoli degli altri) e avere
diametro variabile.
I fili di sutura riassorbibili si utilizzano quando la resistenza tensile del filo è richiesta per un
periodo limitato di tempo; fino ad alcuni anni fa si utilizzavano fili biologici, come il catgut
(caratteristiche di resistenza mantenute per 10 giorni) o il catgut cromico (20 giorni), ma
attualmente i fili “naturali” non si utilizzano più. Le suture riassorbibili sono ormai tutte sintetiche,
come l’acido poliglicolico es. Dexon (60-90 gg), la poliglactine es. Vicryl (60 giorni), il
polidiossanone es. PDS (oltre 90 giorni).
Anche i fili non riassorbibili possono essere naturali o sintetici. Ma anche in questo caso i fili
naturali, come la seta o il lino, non si usano quasi più, mentre si impiegano fili sintetici quali il nylon
es. Ethilon, il polipropilene es. Prolene, l’acciaio, il poliestere. I fili non riassorbibili si impiegano
quando si ha intenzione di rimuoverli (es. suture cutanee) o quando la resistenza richiesta deve
durare a lungo (es. suture vascolari, suture fasciali sottoposte a particolare tensione e che tendono
a riattaccarsi più debolmente, quali tendini, parete addominale etc..).
Le clips metalliche vengono applicate con facilità e rapidamente con appositi strumenti, e
tengono accostati i lembi cutanei. Fino agli anni ’90 si usavano ancora le agraphes (o graffette).
Attualmente si utilizzano clips più piccole, tipo spille da giornale, es. le Precise. Un tipo particolare
di applicatore di miniclips metalliche è dato dalle suturatrici meccaniche viscerali, che si usano
per suturare e spesso anche per sezionare i visceri cavi (ad esempio l’intestino). Ci sono suturatrici
lineari come le TA che applicano una doppia fila di piccoli punti metallici, Le GIA (Gastro-Intestinal
Anastomosis) che applicano due doppie file di punti metallici e nello stesso tempo tagliano il
viscere tra le due file di punti (le cosiddette “taglia e cuci”), le suturatrici circolari CDH che suturano
tra loro due visceri in modo termino-terminale.
Le colle si usano anche per sintetizzare la cute, ma in questo caso è richiesta una sutura
sottostante che sostenga praticamente tutto lo sforzo tensile sui lembi cutanei (es. punti dermici
ravvicinati), mentre il ruolo della colla è solo quello di tenere affrontata con precisione l’epidermide,
ossia lo strato più esterno della cute. Stesso concetto vale per i nastri adesivi sterili (Steri-Strips).
Le tecniche di sutura dei tessuti sono molteplici:
a punti staccati (semplici, a U verticale, a U asimmetrici, a U orizzontale, etc..)
continua (a sopraggitto o semplice, incavigliata, intradermica, etc..).
La anastomosi è definite come la connessione artificiale tra due organi cavi praticata tramite
una sutura, la quale può essere confezionata in modo manuale o meccanico. In base a come si
riuniscono i visceri le anastomosi possono anche essere definite latero-laterali (se intestinali
possono essere iso- o aniso-peristaltiche, a seconda che le onde peristaltiche vadano
rispettivamente nello stesso verso o in verso opposto), termino-laterali, termino-terminali.
Chirurgia robotica
È uno sviluppo della chirurgia mini-invasiva. Qui gli elementi essenziali sono una consolle dove
il chirurgo lavora utilizzando due joystick (due piccoli manipoli) e quattro pedali, un carrello
operatore con i bracci meccanici che muovono telecamera e strumenti, alcuni monitor di servizio
per l’aiuto chirurgo e il ferrista. La consolle può essere nella sala, oppure a grande distanza da
questa (come dimostrato dall’intervento del 2001 ricordato come “colecistectomia transoceanica” in
cui la consolle con il chirurgo erano a New York mentre il paziente era a Strasburgo). I vantaggi
della chirurgia robotica sono: la visione tridimensionale, la possibilità di muovere ed articolare gli
strumenti in modo molto superiore a quella possibile con gli arti umani, l’alta precisione dei
movimenti.
La chirurgia robotica è attualmente in fase di espansione, ma il suo ruolo effettivo sarà più
chiaro nei prossimi decenni. Al momento, per renderla economicamente più sostenibile, la si
pratica in centri multidisciplinari dove varie specialità chirurgiche si alternano al robot che viene
così utilizzato continuamente, ammortizzando meglio i costi di acquisto e mantenimento del
sistema (oggi in Toscana si usa il sistema Da Vinci Xi). Sono peraltro in fase avanzata di sviluppo
sistemi i cui bracci operatori nono sono montati tutti assieme su un singolo carrello, ma vengono
montati separatamente direttamente sul letto operatorio.
Endoscopia interventistica
Anche nel caso degli strumenti endoscopici intraluminali, il progresso tecnologico degli ultimi
anni ha permesso sviluppi impensabili, ed oggi le attività endoscopiche non sono più soltanto
diagnostiche, ma possono essere operative: rimozione di corpi estranei, dilatazione di stenosi
(restringimenti del lume), posizionamento di endoprotesi, emostasi (arresto di un vaso attivamente
sanguinante), asportazioni di polipi (o biopsie diagnostiche su lesioni maggiori), asportazione di
calcoli, confezionamento di stomie etc..
Gli strumenti più comuni sono il gastroscopio, il colonscopio, il rettoscopio, il broscoscopio,
l’isteroscopio. Per lavorare è necessario avere la colonna endoscopica sulla quale sono installati il
sistema ottico, la fonte luce, il sistema di aspirazione, il sistema di coagulazione etc... e lo
strumento, che è costituito da un tubo contenente fibre ottiche, un canale operativo dove si
introducono i vari strumenti (anse diatermiche, pinze...), uno per l’irrigazione, uno per l’aspirazione,
la testina della telecamera, l’impugnatura di comando.
Il personale di sala è spesso chiamato a collaborare nella esecuzione delle endoscopie
intraoperatorie, quindi dovrebbe avere una dimestichezza minima nella gestione dei materiali e
degli strumenti endoscopici, esperienza che si può facilmente acquisire partecipando a qualche
seduta di endoscopia programmata.
Anche in questo settore si stanno sviluppando dei sistemi robotici che possono muoversi nel
viscere in modo teleguidato.
Ecografia interventistica
Anche l’ecografia, che viene frequentemente impiegata per manovre diagnostiche (ed è quasi
esclusivamente la sola indagine per immagini impiegata nelle donne gravide), può essere
impiegata per atti invasivi, chirurgici, in particolare per drenare raccolte ed eventualmente
posizionare sistemi di drenaggio, per prelevare cellule o frustoli di tessuto, e per praticare terapie
ablative (termoablazione...) su determinate formazioni patologiche (es. per eliminare noduli
parenchimali, per coartare cavità cistiche etc.).
Il ruolo del personale di sala consiste nella preparazione dei materiali, nella collaborazione con
l’ecografista, nel campionamento del materiale prelevato, nella manutenzione delle
apparecchiature.
Fonti bibliografiche:
D. M. A. Francis cap 3 suTjandra, Clunie, Thomas’ Textbookof Surgery 2 nd ed. 2001.
Pat Cattini with M. Kiernan: Chapter 4 Infection prevention and control, su The Royal Marsden Manual of
Clinical Nursing Procedures
marco.puccini@unipi.it
328 1698914
se ci sono dubbi, richieste etc. sono disponibile al termine delle lezioni, ma chi lo ritiene
opportuno può contattarmi quando vuole.