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La scolastica

La scolastica è la filosofia cristiana medievale insegnata nelle scuole (scholae) del tempo. Il
termine "scholasticus" si riferiva originariamente agli insegnanti delle arti liberali, come la
grammatica, la retorica e la logica, ma in seguito venne utilizzato anche per gli insegnanti di
filosofia o teologia. L'origine e lo sviluppo della scolastica sono strettamente legati alla funzione
dell'insegnamento, che ha anche determinato la forma e il metodo dell'attività letteraria degli
scrittori del periodo. La forma principale dell'attività letteraria degli scolastici era il commento di un
testo o la discussione di un problema attraverso l'analisi di argomenti pro e contro una tesi. Gli
scrittori scolastici hanno prodotto commentari sulla Bibbia, opere di Severino Boezio e Aristotele, e
raccolte di questioni filosofiche e teologiche.

La scolastica è una forma di filosofia medievale che si basa sulla tradizione religiosa cristiana e
non mira a formulare nuove dottrine, ma a comprendere quella già data nella rivelazione. La verità
è considerata come già rivelata attraverso le sacre scritture, le definizioni dogmatiche e le parole
dei padri e dei dottori della Chiesa. La filosofia è vista come un mezzo per la teologia e gli
strumenti e il materiale di ricerca vengono presi dalla tradizione filosofica, principalmente dalla
dottrina platonico-agostiniana e poi aristotelica. Le dottrine e i concetti filosofici utilizzati vengono
trasformati ma questo avviene senza un'intenzione consapevole perché il pensiero scolastico è
estraneo al senso della storicità.

La filosofia scolastica è definita dal problema del rapporto tra ragione e fede. Si tratta di un
problema speculativo che si può affrontare confrontando testi filosofici e religiosi, analizzando le
loro interpretazioni e implicazioni. Inoltre, si tratta del problema del ruolo dell'iniziativa razionale
individuale nella ricerca della verità e delle limitazioni che questa libertà deve incontrare. Il
problema del rapporto tra ragione e fede è anche il problema dei nuovi campi d'indagine (natura,
società) che si aprono all'essere umano. Il "problema scolastico" può costituire una chiave di
lettura per la continuità e le concordanze, nonché per la varietà e le polemiche che attraversano
tutto il pensiero medievale. Tuttavia, fare riferimento al comune "problema scolastico" non deve
essere inteso come un tentativo di considerare la scolastica come una sintesi dottrinale
omogenea.

Il riassunto descrive la periodizzazione tradizionale della scolastica, che individua quattro fasi: la
prima, chiamata "pre-scolastica", è quella della cosiddetta "rinascita carolingia"; nella seconda,
detta "alta scolastica", comincia ad affacciarsi il problema del rapporto tra ragione e fede; nella
terza, vengono elaborati i grandi sistemi dottrinali; nella quarta, si assiste al dissolvimento della
scolastica per la riconosciuta insolubilità del problema che ne è a fondamento. La scolastica
mantiene tuttavia una certa attualità in quanto espressione di un'esigenza che si ripresenta
frequentemente nella storia della filosofia: quella dell'uomo che, vivendo all'interno di una
tradizione religiosa, voglia intenderla e giustificarla razionalmente.

Anselmo d’Aosta
Anselmo d'Aosta cerca di armonizzare fede e ragione, sostenendo che l'accordo tra di loro è
intrinseco e essenziale alla fede stessa. Egli sostiene che non c'è contrasto tra le due, poiché
entrambe derivano dall'illuminazione divina. Il suo motto è "credo ut intelligam", ovvero "credo per
capire", poiché ritiene che non si può intendere nulla senza avere fede, ma che la fede deve
essere confermata e dimostrata con motivi razionali.

Il Prologo di Anselmo presenta un'argomentazione a priori per dimostrare l'esistenza di Dio,


conosciuta come prova ontologica. Si basa sul concetto di Dio come un essere "di cui non si può
pensare nulla di maggiore", e sull'idea che ciò che esiste nella realtà è "maggiore" o "più perfetto"
di ciò che esiste solo nell'intelletto. L'argomento sostiene che negare l'esistenza di Dio sarebbe
contraddittorio, poiché implicherebbe l'ammissione che si può pensarlo esistente nella realtà.

Tommaso sostiene che l'esistenza di Dio non può essere dimostrata a priori, ma solo attraverso
prove a posteriori che partono dai fenomeni sensibili. Egli propone quattro vie per dimostrare
l'esistenza di Dio: la prova cosmologica, che parte dal principio che tutto ciò che si muove è mosso
da qualcos'altro e giunge alla necessità di un motore primo che non è mosso da nulla; la prova
causale, che dimostra che nell'ordine delle cause efficienti non è possibile risalire all'infinito e
quindi deve esistere una causa efficiente prima; la prova del rapporto tra possibile e necessario,
che afferma che le cose possibili esistono solo in virtù delle cose necessarie, ma queste a loro
volta hanno una causa della loro necessità e quindi bisogna risalire a qualcosa di necessario di per
sé; infine, la prova dei gradi di perfezione, che dimostra che nell'universo esiste un grado massimo
di verità, bontà e perfezione, e questa causa prima è Dio.

Tommaso d'Aquino ha identificato cinque vie per qualificare Dio come motore immobile, causa
prima, esse, rassario, perfezione somma e intelligenza ordinatrice. La via negativa consiste nel
negare riguardo a Dio tutte le imperfezioni delle creature, giungendo così all'idea della semplicità,
dell'unità, della spiritualità, ecc. come attributi divini. La via positiva consiste invece nel conoscere
Dio attraverso le perfezioni che egli comunica alle creature, le quali perfezioni si ritrovano in Dio in
grado ben più eminente che nelle creature. La via positiva si articola in due vie: causalitatis e
eminentiae. La prima consiste nel derivare dall'effetto, dal mondo, informazioni sulla causa che lo
ha prodotto, ad esempio, dall'ordine finalistico del creato si deduce che il creatore ha l'attributo
dell'intelligenza. La seconda consiste nel liberare l'attributo in questione dai limiti che esso
possiede nelle creature e nel pensarlo al superlativo, cioè secondo una modalità compatibile con
l'essere perfetto di Dio. Tommaso sostiene che tra gli attributi delle creature e quelli di Dio esiste
analogia, cioè parziale somiglianza e parziale dissomiglianza, evitando l'univocità assoluta e
l'equivocità pura. Egli sostiene che l'uomo, di fronte a Dio, si trova pur sempre alla stregua di un
animale notturno di fronte alla luce accecante del sole.

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