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Live Audiovisual Performance

Guida alla progettazione per gli studenti del corso


di performance audiovisiva
Indice

1 Presentazione

2 La progettazione della performance audiovisiva

2.1 Metodologie
Processo / Narrazione
Narrazione lineare / non-lineare
Improvvisazione / Organizzazione
Selezione / Composizione
Digitale / Analogico

2.2 Visione e progetto


Sinestesia audiovisiva
Immersività e interattività
Genesi del progetto
- Comunicazione interna al team
- Analisi del tema di progetto
- Brainstorming
- Ricerca sonora e iconografica
- Sperimentazione
Presentazione del progetto
- Sinossi progettuale
- Story board
- Mood board
- Fasi e tempi della performance
- Partitura audiovisiva
Livelli di organizzazione del progetto
- Concettuale
- Materiale
- Immateriale
- Sonoro
- Interfaccia
- Temporale
Organizzazione del team di lavoro
- Ruoli dei performer

2.3 Progettazione sonora


Polilinearità
Paradigmi funzionali
Melodie
Pattern
Armonia
Texture
La forma

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Indice

2.4 Tecnologie audio per la performance audiovisiva


Produzione ed editing del suono di sintesi
Strumenti e interfacce
- Hardware: mixer, drum machines, sequencer, synth, midi controller
- Sistemi audio/video MIDI
- Software
Esempi di interazione audio/video

2.5 Progettazione visiva


Relazione tra elementi visivi e sonori
Timeline ed eventi audiovisivi
Tipologie di relazione audiovisiva
La scena fisica della performance audiovisiva
Campo visivo e immersività del fruitore
Tipologie di visual
Approccio al progetto visivo
Lo sviluppo temporale dei visual
Attori audiovisivi vs soundtrack
La forma e il comportamento visivo
Figura, sfondo e linea d’orizzonte
Scelte cromatiche

2.6 Tecnologie video per la performance audiovisiva


Produzione ed editing per il video real-time

3 Autori

4 Glossario

5 Bibliografia

6 Sitografia

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1. Presentazione

Presentazione

Le pagine di questa dispensa del corso sulla progettazione della performance


audiovisiva, hanno la finalità di accompagnare gli studenti in un percorso che abbonda
riferimenti poetici, soluzioni tecniche e forti collegamenti verso altre pratiche artistiche.
E’ proprio di fronte alla strabordante presenza di stimoli che provengono dai temi
proposti, in un insegnamento caratterizzato da una complessa attività laboratoriale,
che diventa necessaria la presenza di una guida.
L’intento è proprio quello di tenere una linea di riferimento nella quale ritrovarsi,
che possa fornire un appoggio solido alla necessaria improvvisazione e
sperimentazione che è richiesta a chi deve creare nuovi mondi e non solamente delle
storie da raccontare.

Live audiovisual performance. Siamo di fronte a tre semplici parole, che contengono in
se un denso percorso artistico che attraversa secoli di storia, che va dal teatro d’ombre
cinese e arriva alle nostre micro piattaforme digitali, passando attraverso l’ipotesi
d’opera d’arte totale di metà ottocento, le Avanguardie e Fluxus.
Quello che immediatamente ci viene comunicato, è che in un determinato passaggio
di tempo, avverrà qualcosa che sarà percepibile acusticamente e visivamente.
Quello che ovviamente non ci dicono ancora queste tre parole, è la valenza artistica
dell’avvenimento in tempo reale che andremo ad assistere.

Comunicare delle metodologie per l’approccio artistico a questo linguaggio


performativo, è uno degli obiettivi principali che proponiamo in questo corso.
Utilizzeremo le tematiche e alcuni processi del Design, ma non faremo Design.
Il risultato non sarà ergonomico, non sarà confortevole o misurabile con degli standard.
Una disciplina artistica, come dice appunto la parola, prevede rigore dal punto di
vista tecnico, ma soprattutto da quello di una precisa e coerente ricerca del proprio
personale linguaggio espressivo.

Per raggiungere quest’ultimo obiettivo non esistono guide, esiste la conoscenza della
storia, per far si che la creatività non si rivolga su se stessa in inutili evoluzioni, come
direbbe Enzo Mari (un designer, ovviamente). Per arrivare a una propria espressività,
bisogna saper prima di tutto osservare e ascoltare, per poi filtrare le conoscenze
acquisite attraverso la sperimentazione.

Questo è quello che si propone nell’attività di laboratorio, un continuo precisare e


affinare dei percorsi creativi, basandosi sul reciproco scambio d’informazioni, in
previsione di un risultato, che magari si svolgerà nella sua forma finale solamente
in una manciata di minuti, ma che rivelerà i processi artistici scelti, (anche fatti di
contrasti) e conterrà tutti i le visioni, i paesaggi sonori ricercati, generati e portati
personalmente alla luce dai performers.

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Metodologie
a cura di Luca Pertegato

Processo / Narrazione
Narrazione lineare / non-lineare
Improvvisazione / Organizzazione
Selezione / Composizione
Digitale / Analogico

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Processo/Narrazione

Nel multiforme panorama di linguaggi, tecnologie e forme espressive in continua


evoluzione che animano il mondo della performance audiovisiva, possiamo individuare
alcuni approcci metodologici che caratterizzano gli autori e i loro percorsi.

Un prima dualità di approccio la possiamo trovare nel rapporto tra il Processo, ovvero il
percorso tecnologico e formale affrontato dall’autore nel progettare e mettere in scena la
performance a/v, e la Narrazione (storytelling), che grazie al processo stesso può essere
trasmessa al pubblico.
Ci sono autori che pongono l’accento sul processo, facendone la loro cifra stilistica,
attraverso una ricerca procedurale che diviene infine linguaggio, fino al punto di
rappresentare visivamente il codice, compilandolo in tempo reale durante la performance,
o di auto costruirsi il dispositivo digitale, elettronico o meccanico, in una sorta di sfida
virtuosistica e di stile con il mezzo tecnologico. Altri autori, diversamente dai primi,
concentrano la loro ricerca sulla narrazione, lineare o non-lineare che sia, che in alcuni casi
può spingersi ai confini del cinema, o meglio, del post-cinema.
Questa dualità nell’approccio nasce naturalmente dall’immaginario e dal background degli
autori stessi, non può essere quindi definito a priori, come scelta di fondo, ma si forma
spontaneamente lungo il percorso di sviluppo del lavoro audiovisivo.
Molto interessanti risultano i progetti che riescono a fondere entrambi gli approcci,
realizzando narrazioni audiovisive con gli elementi del processo utilizzato,
sempre che essi siano significativi e bene integrati nel racconto.

Ogino Knauss realizzano performance Teatrino Elettrico mette in scena il processo


audiovisive con immagini urbane proiettando le riprese video e diffondendo
attraverso una narrazione non-lineare i suoni, in real-time, delle macchine
e un montaggio in real-time. elettromeccaniche, auto-costruite o
modificate.

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Narrazione lineare/non-lineare

Una narrazione non-lineare è un racconto che viene svolto per salti temporali,
che non segue, quindi, una preordinata sequenza di accadimenti audiovisivi, ma pittosto
forma l’opera complessiva attraverso flash di immagini e suoni liberamente accostati,
come in una sorta di Blob, la famosa trasmissione di Rai3. Questa forma espressiva deve
la sua pratica nella performance audiovisiva, dove viene molto utilizzata, alla tecnica
letteraria del cut-up, che risale al dadaismo (Tristan Tzara) e che fu ripresa e largamente
utilizzata negli anni sessanta dal movimento Beat (William Burroughs e Brion Gysin).
L’opposto di questo tipo di narrazione è, ovviamente, quella lineare, nella quale il racconto
si svolge regolarmente senza interruzioni, salti o inversioni dell’ordine cronologico
degli accadimenti narrati.

Evelina Dominitch e
Dmitry Gelfand creano
performance dove la
narrazione e il tempo
sembrano perdere
importanza di fronte al
meraviglioso.

Herman Kolgen realizza


performance audiovisive
con una tecnica narrativa
che lo avvicina al cinema.

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Improvvisazione/Organizzazione

“L’improvvisazione non s’improvvisa” direbbe il jazzista Giancarlo Schiaffini, infatti


improvvisare è un’abilità che si apprende con il tempo e con l’esperienza, attraverso un
processo di raffinamento delle proprie capacità improvvisative e di controllo degli strumenti
utilizzati. Un buona improvvisazione richiede molte prove, in particolare se gli autori
coinvolti sono diversi, e richiede inoltre una conoscenza dettagliata della trama narrativa
sulla quale si vuole improvvisare.
Anche in questo caso possiamo individuare autori che fanno della liveness e
dell’improvvisazione il loro linguaggio espressivo fondamentale, e altri che preferiscono
mantenere un controllo assoluto sui dispositivi e sullo svolgimento e l’organizzazione
del live.Troviamo infine progetti che riescono a far convivere armonicamente entrambi
gli approcci attraverso una solida organizzazione della timeline con degli accenti di forte
improvvisazione, che sono poi il sale della performance audiovisiva.

Metamkine utilizzando
proiettori a pellicola,
filtri colorati e materiali
riflettenti, crea dal vivo
un live ricco di sapiente
improvvisazione.

Ryoji Ikeda organizza il


flusso narrativo delle sue
performance audiovisive
in modo matematico.

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Selezione/Composizione

La forma contemporanea più nota di Selezione, come pratica artistica legata alla musica,
è quella del DJing, che trova il suo parallelo visivo nel VJing. Djs e VJs utilizzano la
selezione di tracce audio o video non autoprodotte ma scelte nel vasto archivio offerto dalla
rete e dal mercato discografico. Selezionare ovviamente non basta, bisogna saper definire
con gusto la scelta e l’accostamento dei materiali audio/visivi utilizzati, secondo una logica
narrativa, ma soprattutto occorre affinare l’arte del mixaggio. Quando queste abilità sono
ben sperimentate il risultato può diventare molto interessante.
Per Composizione intendiamo tutta quella parte progettuale indispensabile nella musica e
nella composizione visiva, e che ci consente di dare una forma unitaria all’opera.
Esiste poi una forma ibrida di composizione chiamata Sampling, che viene realizzata
campionando brevi frammenti da materiali audio o visivi e ricombinadoli fino a renderne
irriconoscibile la fonte e stravolgendone il senso originario.

Addictive TV creano dal


vivo un vero e proprio blob
in real-time utilizzando
materiali audiovisivi
presi dalla cultura
pop, ricombinandoli e
stravolgendone il senso
originario.

AntiVJ realizzano
spettacoli audiovisivi
di mapping con una
grande attenzione alla
composizione e regia
audiovisiva.

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2.1 La progettazione della performance audiovisiva
Metodologie

Digitale/Analogico

Agli albori della performance audiovisiva si utilizzavano solo strumenti analogici,


se vogliamo trovarne un’origine, forse i primi spettacoli live avvennero all’interno di caverne
con proiezioni di ombre alla luce del fuoco e il suono di strumenti rudimentali. Questo
solo per dire che non serve necessariamente un computer potente per fare una buona
performance, ma sicuramente oggi questo ci aiuta.
Nel mondo della performance a/v possiamo incontrare autori che usano esclusivamente
piattaforme digitali, per scelta stilistica o progettuale, e altri che hanno riscoperto il fascino
e le qualità degli strumenti analogici. Abbiamo poi autori che mettono in comunicazione
le diverse piattaforme e i risultati sono spesso affascinanti e imprevedibili; Dove capita
di trovare della prevedibilità o algidità nel segno/suono digitale, qui l’analogico riesce a
scaldare l’opera. Dove, all’inverso, il segno/suono analogico può risultare grezzo o di bassa
definizione, il digitale può fornire tutta la potenza di calcolo necessaria alla definizione.
Oggi la tendenza sembra proprio essere quella di cercare queste interazioni tra le diverse
forme di tecnologia.

Derek Holzer per le sue


performance utilizza solo
strumenti analogici
auto-costruiti.

Nicolas Bernier
interfaccia strumenti
analogici e digitali con
una perfetta integrazione
audiovisiva.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Visione e progetto
a cura di Fabio Volpi, Luca Pertegato, Massimiliano Gusmini

Sinestesia audiovisiva
Immersività e interattività
Genesi del progetto
Presentazione del progetto
Livelli di organizzazione del progetto
Organizzazione del team di lavoro

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Sinestesia audiovisiva

La sinestesia è un fenomeno legato alla percezione che ha avuto molteplici sviluppi nel
mondo artistico, gli accostamenti tra differenti piani sensoriali sono stati espressi da
poeti di ogni epoca, il principio per il quale un suono chiama contemporaneamente in
causa stimolazioni olfattive, visive o viceversa, può in casi estremi portare ad uno stato
patologico incontrollato di reazioni e cortocircuiti nei soggetti particolarmente sensibili
a questo tipo di connessioni.

Dal punto di vista performativo un primo utilizzo consapevole di coinvolgimento


immersivo dei sensi in un’opera artistica è il sistema rappresentativo dell’Opera d’Arte
Totale (Gesamtkunstwerk) di Richard Wagner, teorizzato agli inizi del 1800 e inserito
nel saggio Arte e rivoluzione (Die Kunst und die Revolution) nel 1849. Nei drammi del
compositore tedesco vengono convogliate pratiche artistiche provenienti dal mondo
della coreografia, drammaturgia, arti figurative e plastiche, poesia e musica; lasciando
a quest’ultima un accredito di supremazia che porterà a Wagner le critiche di alcuni
intellettuali dell’epoca, come ad esempio Stéphane Mallarmé che ne rivela il carattere
di opera incompiuta dal punto di vista dell’astrazione espressiva e quindi troppo
vincolata a temi storico-mitologici.
Durante tutto il diciannovesimo secolo si teorizzarono nuove possibili forme d’arte
legate alla copresenza di linguaggi musicali e visivi, ma Il movimento artistico che per
primo a livello programmatico e talvolta in maniera aggressiva utilizzerà i fenomeni
sinestetici, sarà il Futurismo.
Fondato con un manifesto nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti, questo movimento
avanguardista prevedeva nell’evento teatrale l’utilizzo di una narrazione non
lineare degli accadimenti che non venivano strutturati in una vera e propria trama.
Rivoluzionaria fu anche l’idea di abbandonare il dramma storico per concentrarsi sulla
realtà del quotidiano, stimolando la partecipazione attiva alla rappresentazione, nella
quale venivano coinvolti intellettualmente e fisicamente gli spettatori in una totalità
di campi percettivi che teoricamente avrebbero dovuto espandersi fino a quello tattile
e olfattivo, con la realizzazione di una vera e propria struttura multimediale di tipo
“polisensazionale”.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Sinestesia audiovisiva

Per tutto il ‘900 si susseguirono numerosi movimenti e correnti artistiche o culturali


che si svilupparono in senso multisensoriale: Dadaismo, Fluxus, Videoarte, Living
Theatre, Situazionismo, per citarne solo alcuni. In generale si può affermare che
in tutte le tipologie d’arte dove è presente l’atto performativo, la sinestesia di tipo
audiovisivo è una condizione iniziale, un dato di fatto che nell’incontro con la tecnologia
espande la propria capacità di creare nuovi livelli di senso e interazione con lo spazio,
il tempo e il fruitore dell’evento.
Così è stato per le tragedie greche e le architetture che miglioravano la visibilità e
soprattutto l’acustica, Il teatro futurista e il primo incontro con l’energia elettrica,
gli apparecchi televisivi e di ripresa che hanno generato la videoarte, il rapporto tra
scoperte nel campo dell’elettronica e la musica e video di tipo generativo.
Quando verso la fine del 1900 i processori arrivarono finalmente ad elaborare i dati
percepiti dai sensori in real-time, ovvero senza il tempo differito della renderizzazione
dei dati, il corpo del performer come necessità venne trasferito verso quello di
controllo dell’evento in atto.
Un Deus Ex-Machina che dà inizio alla performance, ne risolve le fasi e gli intrecci,
stabilendo una durata temporale e dunque un termine.

Nelle audiovisual performance contemporanee la sinestesia tra le percezioni uditive e


visive resta il legame espressivo più urgente da progettare, mentre la presenza stessa
in scena dell’autore diventa in alcuni casi marginale. Anche la progettazione dello
spazio integrata con il live diventa una necessità non primaria, l’evento può essere
costruito in maniera virtuale e riprodotto ogni volta con dispositivi tecnici e formati
standard come quelli della videoproiezione.

Il fattore determinante e inalienabile è quello del tempo e la gestione degli eventi


sonori e visivi, che possono essere in sincronia o asincroni, possono essere disposti in
ritmiche ripetitive, con fraseggi velocissimi o dilatati, con visioni appena percettibili o
invasive, ma ogni poetica dovrà necessariamente operare una scelta su come costruire
una tensione drammaturgica distribuendo gli accadimenti su una linea di tempo reale.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Immersività e interattività

Immersività e interattività sono due caratteristiche imprescindibili che qualificano e


definiscono l’audiovisual performance come un evento incentrato essenzialmente sulle
correlazioni possibili tra essere umano e dispositivo tecnologico che si attivano nel
tempo della rasppresentazione.

Partendo dal fenomeno dell’immersività, ci si riferisce alla possibilità di passare


da una modalità frontale e distaccata della percezione dell’opera, ad uno stato di
partecipazione inclusivo nel quale è possibile essere parte dell’avvenimento artistico,
sia in maniera contemplativa che in maniera interattiva o meglio intercreativa (dalla
definizione di Tim Berners-Lee).

L’immersione non è solamente di una condizione di tipo spaziale, dove i diffusori


acustici o le fonti visive sono disposte o vengono proiettate attorno allo spettatore.
Questo tipo di percezione avviene soprattutto creando tematiche audiovisive che
conducono il fruitore in una esplorazione di mondi creati ex-novo dall’artista. Tutto
ciò non si riferisce solamente alla tecnologia della realtà virtuale (dove “essere
dentro” non è una scelta ma un dato di fatto tecnico), la questione fondamentale è il
coinvolgimento intellettuale ed emotivo nella rivelazione in un’altra realtà che si svela
istantaneamente, in real time appunto, sia essa rappresentata frontalmente o tutto
intorno ai nostri sensi.

Immersività e interazione sono strettamente correlate come possibili atteggiamenti


di partecipazione nei confronti dell’opera. Il secondo termine però si riferisce anche ai
performer e alle macchine che contribuiscono alla rappresentazione.
L’interazione tra l’artista e dispositivo analogico o digitale, è il momento in cui la
conoscenza dello strumento e delle sue possibilità espressive genera i contenuti
dell’esecuzione dal vivo.
Poi attraverso i protocolli di comunicazione tra macchine, come il MIDI (Musical
Instrument Digital Interface) o l’OSC (Open Sound Control) esiste anche il dialogo tra
dispositivi audiovisivi.
Un altro tipo di rapporto di scambio comunicativo è quello tra gli artisti, sia essi
presenti o posti fuori scena.
Comunemente quando ci si riferisce all’interattività, subito si fa riferimento a quella
tra chi assiste all’evento performativo e chi lo crea, come avviene negli spettacoli di
intrattenimento come concerti live o al teatro.
Ritornando invece al rapporto partecipativo verso l’opera stessa, questo può essere
semplicemente di tipo passivo contemplativo, sia di tipo reattivo, esternando una
risposta a determinate stimolazioni proposte, oppure intercreativo, se oltre a reagire
ci si dispone nella condizione di modificare o riscrivere i contenuti iniziali che abbiamo
percepito, creando un circuito creativo di risposta detto anche feedback.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Genesi del progetto: comunicazione interna al team

Nei team di progettazione e rappresentazione delle performances vi possono essere


ruoli strettamente legati alla parte live ed altri che si occupano delle tematiche
di ricerca, di sviluppo e realizzazione tecnica. Chiaramente coloro che alla fine
occuperanno fisicamente la scena dovranno stabilire delle relazioni d’intesa e
corresponsabilità il più possibile approfondite per raggiungere risultati espressivi
senza perdita di tensione.

Per quanto riguarda l’idea comunicativa generale, può essere paragonata al


diagramma di funzionamento del feedback.
In una prima fase si vagliano gli stimoli in entrata, derivate dalle ricerche iconografiche
e sonore, creando un immaginario sonoro e visivo iniziale costituito dal brainstorming
e tutte le prove utili alla discussione e al dibattito progettuale.
Successivamente si processano le idee immaginandone le connessioni e sviluppandole
nel loro potenziale espressivo ed evocativo, facendo una cernita delle eventuali
divagazioni dal tema principale.
Nella parte attuativa si elaborano ulteriormente le proposte ritenute valide,
collegandole a dispositivi adeguati che ne testino la fattibilità, mantenendo la coerenza
con le linee guida iniziali.

Dopo queste prime tre fasi si raccolgono i dati e le esperienze positive per reinserirle
nel circuito, migliorandone l’efficacia e trovando strumenti o persone migliori per
renderle eseguibili.
Tutto questo implica una comunicazione fluida e priva di scomparti che interrompano il
processo di elaborazione.
I princìpi iniziali sono essenziali per tenere la connessione dei collegamenti, perché
è ad essi che si deve ritornare nel caso di difficoltà o perdita dell’orizzonte creativo
comune.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Genesi del progetto: analisi del tema

La genesi di una performance può attivarsi in molteplici maniere: può scaturire sia
da un tema di tipo letterario che da un’esigenza espressiva interiore e quindi avere
rimandi psicologici. Un altro esempio d’ispirazione è quello incentrato sul dispositivo
tecnologico, che da semplice mezzo espressivo diventa anche fine progettuale.
Alcune di queste modalità possono intrecciarsi tra di loro e avere molteplici livelli
di lettura, che conferiscono all’opera una possibilità di riflessione che va oltre alle
suggestioni istantanee di una fruizione in tempo reale.
Una volta scelto il tema, la sua rappresentazione necessita di tenere forte la tensione
verso un approfondimento che mantenga le distanze dalla didascalia e dalla semplice
illustrazione.
La performance audiovisiva ha una stretta appartenenza con le arti figurative e sonore,
con esse condivide la tendenza all’introspezione e non la descrizione, a volte spinge
maggiormente verso la manifestazione dei mezzi e del processo narrativo, che non
verso uno svolgimento e una conclusione logica di una narrazione.
Per queste ragioni, l’analisi progettuale non dovrebbe avere il fine di produrre una
spiegazione o una dimostrazione finale, piuttosto dovrebbe cercare di aprire le
possibilità della tematica scelta all’esplorazione e all’interpretazione, creando aperture
inizialmente inattese verso nuove visioni.
Ryoji Ikeda,
Datamatics [Ver. 2.0],
la rappresentazione del
tema data visualisation.

Paul Prudence, Cyclotone


(A Cyclotron for sound),
la rappresentazione
di tematiche riferite a
fenomeni scientifici.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Genesi del progetto: brainstorming

Il brainstorming è essenzialmente una discussione intorno ad un tema o un problema


stabilito precedentemente, nella quale i partecipanti lasciano fluire le proprie idee sia ad un
livello logico-deduttivo, sia con un approccio istintivo o legato all’inconscio.
Generalmente, lo scopo principale di questa tecnica di ragionamento collettiva, è la
risoluzione, la chiusura o il miglioramento di una situazione problematica o non
ancora definita.
Nell’ambito della creazione artistica performativa, durante il brainstorming
si tende a trasformare i concetti in visioni o suggestioni sonore.
La ricerca è quindi verso una metamorfosi piuttosto che una soluzione.
Si tratta quindi di un processo nel quale le fonti letterarie, di cronaca, scientifiche,
antropologiche ecc. vengono convertite in materiale per definire il mood, l’identità
espressiva che deve caratterizzare la performance.

Brainstorming con studenti


della NABA sul tema del
“backlight”.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Genesi del progetto: ricerca sonora e iconografica

La terza tappa che segue le fasi iniziali di analisi e discussione del tema di progetto,
è quella in cui operativamente si cominciano a comporre gli elementi che andranno a
costruire il linguaggio dell’opera.
In questa fase si estraggono dalle realtà artistiche, dal quotidiano e dalla storia,
le suggestioni visive e sonore che più si avvicinano alle linee guida stabilite
inizialmente. Il collage che se ne ricava, è il primo resoconto di quello che è già
stato detto in precedenza sul tema proposto, e quindi bisogna stabilire quale deve
essere l’atteggiamento da prendere successivamente: può essere una precisazione
e approfondimento, può rivelarsi anche efficace creare un mix, un crossover di
linguaggi esistenti, in ogni caso è l’attitudine nel rispondere con una modalità
innovativa e personale, che ci rende veramente partecipi di un dialogo sull’attualità
della produzione artistica.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Genesi del progetto: sperimentazione

In questa parte del processo creativo, con la pratica sperimentale si cerca di mettere
alla prova non solamente una determinata tecnologia, ma anche le relazioni e i
feedback con il performer stesso che deve utilizzarla.
Si devono sottoporre a verifica le parti hardware (prove di efficacia, di resa, di tenuta
alle sollecitazioni meccaniche ecc.), i dispositivi d’interfaccia(usabilità, ergonomia,
resistenza ecc.) e infine le parti umane (capacità tecnico-artistiche, doti improvvisative,
tenuta psicologica ecc.).
La sperimentazione approfondita di tecniche innovative e storiche dovrebbe avere
l’obiettivo di scegliere il mezzo migliore in termini di resa visiva e sonora del concept
che determina l’identità della performance.

Sperimentazioni audiovisive
degli studenti NABA
sul tema del backlight.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: sinossi progettuale

La sinossi di un progetto di performance audiovisiva viene utilizzata per descrivere il


live e per promuoverlo presso le istituzioni e i festival che ospiteranno l’opera.
Il testo deve contenere il titolo e il sottotitolo dell’opera, deve riassumere
sinteticamente l’idea di fondo che ha ispirato il lavoro, deve descrivere l’immaginario
audiovisivo proposto e il processo tecnologico utilizzato, in particolar modo se questo è
originale e innovativo. Infine, è necessario citare il nome degli autori e il loro ruolo, la
durata complessiva e l’anno di progettazione e produzione.

Riportiamo sotto un esempio di sinossi progettuale per il live Punto zero di otolab.

Punto Zero
light and sound live performance

Punto Zero è una performance di luce e suoni spazializzati che formano un


segno circolare nello spazio di rappresentazione.
La live performance propone un’esperienza sensoriale immersiva in cui
l’interazione sincronizzata di luci e suoni si sostituisce per un momento
all’ambiente che circonda il pubblico che si dispone all’interno di un cerchio
composto da 24 luci rivolte verso il centro della circonferenza (versione indoor)
o verso l’esterno (versione outdoor) e 8 audio diffusori.
Le relazioni che luci e suoni mettono in atto sono facilmente riconducibili alle
qualità percettive del suono (come intensità, altezza e direzione) e della luce
(intensità, posizione e velocità), così da tracciare un percorso che da
corrispondenze inizialmente semplici arriva a raggiungere modalità complesse
e strutturate, fino a definire una vera e propria grammatica sensoriale.
Lungo il percorso definito dai movimenti di suoni e luci il paesaggio scompare
e si dissolve nell’architettura di luce che avvolge lo spettatore, distorcendone e
riconfigurandone la percezione dello spazio.

Luci e audio: Massimiliano Gusmini, Guglielmo Bevilacqua, Riccardo Canta


Sviluppo del software: Riccardo Canta, Guglielmo Bevilacqua
Sviluppo dell’hardware: Giovanni Membretti, Antonio Cavadini, Daniele Mancini
Durata totale: around 30”
Progetto e produzione: otolab, 2007-2014

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: storyboard

Lo storyboard che viene impiegato nella preparazione di una performance audiovisiva è


molto simile a quello di tipo cinematografico. Contiene infatti delle illustrazioni disposte in
riquadri che descrivono sequenzialmente cosa avverrà nella realtà dal punto di vista scenico
e sonoro. Sotto ogni frame, vi sono dei dati che riportano la durata e il posizionamento
temporale dei relativi eventi visivi e sonori.

Le differenze sostanziali tra lo storyboard per il cinema e quello per la performance a/v
sono due: la prima riguarda il fatto che quello per il cinema serve a dialogare con i tecnici
che devono realizzare il film, mentre quello performativo è rivolto verso un dialogo interno,
è quindi uno strumento di discussione e confronto, parte integrante del brainstorming,
attraverso il quale prevedere lo svolgimento delle azioni visive e sonore.
La seconda differenza è che ciò che si vede riportato nelle illustrazioni non riguarda
necessariamente una singola inquadratura, ma indica l’evolversi di una determinata fase
drammaturgica con una durata indicativa della stessa, accompagnata dai riferimenti relativi
agli accadimenti sonori, che riportano non solo il loro nome e i dati riferiti al tempo, ma
anche l’espressione dinamica di come vengono eseguiti, ad esempio: crescendo, piano,
rallentare, sfumare, etc.

Storyboard di Frits Weiland per Filmproject 1

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: storyboard

Storyboard del progetto di performance audiovisiva LCM di otolab.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: moodboard

Una moodboard è una tavola di rappresentazione in forma di collage dove vengono


inserite immagini, illustrazioni e ogni possibile riferimento visivo, per descrivere
l’immaginario con il quale si esprimerà il progetto.
A differenza della moodboard che si presenta al cliente negli studi di grafica, design,
pubblicità e marketing, il nostro elaborato è utile per una chiarificazione e precisazione
interna ai partecipanti del team di lavoro, e ha lo scopo di visualizzare il concept nella
maniera più efficace e artisticamente espressiva.

Esempio di moodboard realizzato


con il social network pinterest.com

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: fasi e tempi della performance

Una prima riflessione e stesura della scansione temporale delle fasi nelle quali dovrà
evolvere la performance, può avvenire solo dopo aver raggiunto un’unità di visione
sul tema progettuale.

Inizialmente ci si riferisce ancora a dei concetti generali, ed è impossibile se non


errato formulare tempistiche precise. La discussione procede di pari passo con gli
approfondimenti derivati dalla ricerca sonora, i riferimenti iconografici precedenti e la
sperimentazione delle prime ipotesi evolutive.

La terminologia con la quale si caratterizzano queste fasi è più vicino al mondo musicale e
delle arti figurative astratte che non a quello cinematografico, queste suddivisioni saranno
ad esempio definite come: crescendo, espansione, esplosione, passaggio a figure puntuali,
saturazione, dissolvimento, spostamento verso l’alto/centro/sopra/sotto e via dicendo.

Si tratta quindi di descrivere la composizione dello spazio previsto per l’esecuzione dal vivo
del lavoro, sia esso una proiezione singola o multischermo, oppure preveda la presenza di
performer, scenografie e tutte le possibili interazioni. Tutto questo deve procedere di pari
passo con l’ideazione di tipo acustico, per evitare sbilanciamenti progettuali.

Il risultato di queste prime riflessioni sarà una bozza da precisare ulteriormente fino a
trasformarsi in story board e partitura audiovisiva.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Presentazione del progetto: partitura audiovisiva

La partitura audiovisiva è uno strumento di lettura temporale della performance molto


utile sia in fase di progettazione che durante l’esecuzione, in particolare se si prevede la
partecipazione di numerosi performer al lavoro sullo stage.
A differenza di quella usata dai musicisti per descrivere una musica, la partitura a/v non
viene espressa con le note ma con il carattere timbrico della fase e deve contenere anche
gli elementi visivi che vanno a comporre l’opera in sincronia con l’audio.
Avremo quindi una timeline sulla quale vengono distribuite le fasi della performance, le
altezze e i picchi di intensità, gli strumenti che vengono utilizzati, gli attori audiovisivi che
prendono parte al live e ogni possibile nota o indicazione utile allo svolgimento.

Nella tavola sotto possiamo analizzare la partitura a/v del progetto Quartetto.swf: in una
timeline di 20 minuti vediamo 5 parti di durate diverse fra loro, ognuna delle quali è a
sua volta divisa in ulteriori fasi, caratterizzate da elementi grafici di diversa intensità, che
rappresentano la tipologia di suono/immagine, il timbro e l’altezza da utilizzare in quel
preciso momento.
In verticale vediamo gli attori audiovisivi, ovvero gli strumenti utilizzati dai performer, in
questo caso erano patch di Flash che producevano contemporaneamente suono e immagini
proiettate su quattro differenti schermi.

Partitura audiovisiva del progetto di live A/V performance Quartetto.swf, otolab 2002

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Livelli di organizzazione del progetto

La pianificazione e realizzazione di una performance coinvolge molteplici livelli di


produzione di eventi sonori e visivi che vanno tenuti sotto controllo, affinché il risultato
finale non presenti debolezze o sbilanciamenti su un piano specifico.

Concettuale
Materiale
Immateriale
Sonoro
Interfaccia
Temporale

Concettuale
Concezione e sviluppo del tema progettuale
In questa fase iniziale di proposta e studio del concept, avviene la stesura delle linee
guida espressive che devono caratterizzare la performance. Queste linee provengono da
suggestioni che possono essere derivate dai campi della letteratura, dell’arte in generale,
da un ambito scientifico, dalla cronaca e così via. Una volta stabilito il tema attraverso
considerazioni personali o brainstorming per quanto riguarda i lavori di gruppo, gli altri
livelli di realizzazione dovranno rispondere coerentemente alle tematiche stabilite, in modo
da garantire un risultato unitario ed efficace.

Materiale
Oggetti scultorei, oggetti di design, oggetti animati e corpi in movimento
Se la performance prevede la creazione di qualsiasi tipo di manufatto, anche animato,
questo deve riferirsi al concept iniziale, la sua funzione è accrescere o approfondire la
percezione d’insieme del risultato finale. Anche la parte performativa corporea, che può
essere recitativa o di danza, non deve sovrapporsi come qualcosa di decorativo e fine a sé
stesso, ma perfettamente coordinata con gli altri ambiti espressivi.

Immateriale
Proiezioni luminose e stimolazioni sensoriali
In questo ambito vanno considerati tutti gli eventi visivi come illuminazioni e video proiezioni
che non hanno una presenza materica e non danno stimolazioni tattili.
Anche se meno diffuse, vanno considerate anche le sensazioni riferite agli odori.
Per quanto riguarda la parte visiva, questa è legata comunque ad un supporto, sia che
si tratti di un telo, di un muro, di un monitor, di una superficie naturale o architettonica
o addirittura del fumo, quindi va pensata in relazione allo spazio in termini materici e di
relazioni proporzionali. Ovviamente il contenuto di queste visioni è in relazione con gli eventi
sonori, e la relazione audiovisiva viene tenuta assieme dal concept.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Livelli di organizzazione del progetto

Sonoro
Performance sonora live
Nel livello degli eventi sonori vanno curati tutti gli aspetti dell’esecuzione della parte
musicale sia in riferimento ai contenuti, sia per quanto riguarda l’ esibizione dal vivo.
Quest’ultimo aspetto è importante perché nella performance audiovisiva entra in gioco
una forte componente di feedback tra i performers stessi e il pubblico, determinandone in
maniera sensibile l’espressione e lo svolgimento.
Nei progetti in cui la generazione di eventi visivi è direttamente e tecnicamente collegata al
suono, il risultato percettivo di unità di stile grafico e acustico va curato particolarmente per
evitare dispersioni di senso e cadute di tensione nella narrazione.

Interfaccia
Dispositivi di interazione virtuale o fisica
Ogni tipo di performance, per essere proposta dal vivo, necessita di particolari dispositivi
che mettano in comunicazione la parte umana con la parte hardware di produzione degli
eventi audiovisivi.
Questi dispositivi d’interfaccia possono essere virtuali e digitali oppure materici e
meccanici, ma la funzione che svolgono è sempre la stessa: rendere possibile e agevole la
comunicazione dei contenuti espressivi proposti dal performer. Da qui la necessità che il
design sia asservito alla migliore usabilità e venga curato in maniera ergonomica, prima di
svolgere eventualmente una particolarità estetica.
Esiste ovviamente la possibilità che la user interface coincida con il prodotto finale, ad
esempio quando si dipinge dal vivo o si manipolano direttamente superfici luminose, in
questo caso nell’esperienza performativa viene annullato il confine tra estetica ed utilità
dell’oggetto e del gesto.

Temporale
Sviluppo della drammaturgia e durata della performance
Un altro ambito che va stabilito a priori, anche se non necessariamente in maniera precisa,
è quello della durata della performance, che può variare da pochi secondi a giornate
intere, l’aspetto che va tenuto in considerazione è come deve avvenire l’alternarsi di fasi
di accrescimento e di rilascio della tensione narrativa, ipotizzando una possibile risposta
dell’audience alla quale fare fronte, anche nel caso di un atteggiamento performativo
volutamente avulso dalla reazione del pubblico.

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2.2 La progettazione della performance audiovisiva
Visione e progetto

Organizzazione del team di lavoro

Ruoli dei componenti del team di lavoro nella realizzazione


della performance audiovisiva

La performance audiovisiva storicamente proviene dall’evoluzione delle avanguardie


artistiche del ‘900 e incontra le tecniche cinematografiche e teatrali in un percorso
esplorativo di tipo sperimentale, con un atteggiamento più artigianale, che rivolto
alla creazione di professionalità speci che. Ciò non toglie che dietro la creazione di un
evento vi siano delle conoscenze tecniche e artistiche che richiedono lo sviluppo e la
definizione di ruoli particolari, seppur non riconosciuti e non celebrati in titoli di testa
o di coda. Ovviamente un solo performer può ricoprire molteplici ruoli, sia per motivi
semplici di budget, sia per ottenere un maggiore controllo esecutivo.

Ruoli performativi:
- Visual performer: esegue o controlla le parti visive.
- Audio performer: esegue o controlla le parti audio.
- Body performer: usa il corpo in maniera espressiva nella performance.

Ruoli di regia e progetto:


- Sceneggiatore: crea una descrizione delle scene e delle fasi della performance.
- Regista: coordina l’esecuzione dei performer audio e video durante il live.

Ruoli tecnici e di progetto:


- Designer: progetta e realizza i dispositivi materici o virtuali necessari all’evento.
- Light designer: progetta, costruisce e dispone le luci in scena.
- Sound designer: si occupa della creazione di un mood sonoro e coordina il live sound
- Motion 2d-3d designer: si occupa di creare rendering o animazioni per il live.

Ruoli riferiti alla documentazione dell’evento:


- Direttore riprese: gestisce a ripresa e documentazione della performance.
- Operatori riprese video e suono.
- Social media manager: si occupa della promozione dell’evento on line.

Come già riportato nel capitolo riguardante la comunicazione interna al team, il


progetto in generale è un flusso continuo di interazioni di tipo fisico, emozionali
e intellettuali. La creazione di scompartimenti specialistici non comunicanti o di
gerarchie di ogni tipo, rallenta il processo di crescita e sviluppo esattamente come nel
caso di un organismo vivente.
Questi ruoli agiscono e vengono ridefiniti in maniera dinamica per rispondere
alle necessità di adeguamento e miglioramento dei princìpi artistici discussi
collettivamente.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Progettazione sonora
a cura di Massimiliano Viel

Polilinearità
Modelli funzionali
Melodia
Pattern
Armonia
Texture
La forma

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Polilinearità

Siamo immersi un continuo e inarrestabile flusso sonoro. L’esperienza di John Cage


del 1951 nella camera anecoica di Harvard ha dimostrato che anche nella situazione di
massima quiete possibile, non smettiamo di sentire suoni e rumori, come lo scorrere
del sangue nelle vene o i deboli suoni acutissimi che sembrano derivare dal nostro
sistema nervoso.

Ciononostante, il processo percettivo che mettiamo in atto ci permettere di distinguere


in questa continuità sonora degli eventi che possiamo disporre in successione nel tempo
o che pur essendo simultanei tra loro riusciamo a organizzare in strati, praticando
quello che la psicologia della musica chiama segmentazione nel primo caso e
segregazione nel secondo.

Dunque, seguendo questi semplici principi della percezione uditiva, possiamo


impostare la progettazione di un evento sonoro attraverso successioni di eventi in ordine
temporale, che potremmo chiamare linearità, sovrapposte tra loro in strati così da
realizzare una poli-linearità.

Le DAW, non diversamente dai programmi di montaggio video, rappresentano


visivamente la struttura polilineare di un evento sonoro come l’organizzazione di eventi
sulla timeline in più strati, che vengono spesso chiamati tracce (tracks) e che nella
visualizzazione “a mixer”, corrispondono ai canali.

In breve possiamo dire che l’organizzazione progettuale di strati sonori segue un


modello funzionale, mentre l’organizzazione di come gli eventi si svolgono nel tempo
costituisce la forma del brano.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

L’organizzazione della timeline


come appare in una partitura
tradizionale.

L’organizzazione della timeline


come appare nell’interfaccia
di una DAW.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Modelli funzionali

Se un evento sonoro è composto da strati (o linearità o tracce) ognuna dei quali è composto
da eventi sonori in uno specifico ordine temporale, è possibile individuare una relazione
specifica che ogni strato realizza con gli altri strati che sono presenti simultaneamente.
Nella composizione di canzoni “pop” è normale distinguere tra uno strato costituito dalla
voce del cantante che realizza la melodia del brano e tutti gli altri strati che realizzano
invece il cosiddetto accompagnamento. Siamo di fronte quindi a un paradigma, o modello,
nel quale gli strati sonori possibili vengono caratterizzati da ruoli/funzioni basati sulla
contrapposizione melodia/accompagnamento.
Questo non è l’unico modello possibile. Altri modelli funzionali possono essere più utili
quando si realizzano brani in cui la melodia non è presente oppure quando esistono solo
melodie diverse simultanee e non c’è accompagnamento, come nel caso del cosiddetto
contrappunto.
In questo testo viene presentato sommariamente un modello funzionale che è piuttosto
versatile e permette di affrontare una vasta gamma di problemi compositivi e allo stesso
tempo permette di essere espanso a volontà. Bisogna comunque tenere conto che le
funzioni proposte hanno lo scopo didattico di stimolare l’ascolto e la sperimentazione, più
che quello di dare un criterio assoluto per l’analisi e la composizione.
Secondo questo modello uno strato può assolvere una delle funzioni, che chiamiamo:
melodia, pattern, armonia e texture.

La distribuzione di
funzione negli strati di una
composizione classica:
l’inizio di una sinfonia di
Beethoven.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Melodia

Non è semplice definire cosa è una melodia anche se tutti sappiamo riconoscerla. Ci sono
però casi in cui la melodia sembra imparentata con qualcos’altro così che a stento possiamo
riconoscerla semplicemente come “melodia”; è il caso ad esempio della parte vocale del
“raggamuffin” o del “rap” o di certi “vocalese” jazz.

Sicuramente uno strato, per essere melodia non ha necessariamente bisogno di essere
cantato, dato che può anche essere strumentale, ma richiede quanto meno che esso:
- sia composto di suoni, cioè di eventi sonori in cui sia possibile individuare delle altezze
- che questi suoni siano presenti uno alla volta, cioè che questo strato sia monofonico;
- infine, che questa successione di suoni sia comodamente riproducibile dalla voce umana.

Questi tre requisiti sono estremamente sommari e discutibili, ma forniscono degli ottimi
spunti di discussione per sondare i confini entro i quali definire una melodia.

È facile trovare in rete melodie di brani pop senza la presenza di accompagnamento:


si tratta di tracce che sono estratte dal mixaggio di un brano e che quindi contengono
solo la linea melodica che il cantante ha registrato in studio. Questi materiali vengono
a volte chiamati versioni “a cappella”, in onore alla lunga storia del puro canto
senza accompagnamento nelle chiese, e sono alla base di un remix, vale a dire della
ricomposizione della parte di accompagnamento insieme a una, possibile ma non
obbligatoria, ricomposizione della melodia stessa.
Partendo da una melodia “a cappella” possiamo creare nuove melodie, tagliuzzandola nota
per nota o in gruppi di note, e riorganizzandola come vogliamo.

In un brano ci possono essere più strati che svolgono il ruolo di “melodia”. Può succedere
che la stessa melodia sia presente in perfetto sincrono in due strati, magari cantati due
volte dallo stesso cantante, per rinforzarne la presenza nel brano. Questo modo di far
convivere in un brano due melodie uguali, si chiama, come un termine del tutto generico e
indipendente dal suo uso nel pop, omofonia.
A volte i due strati fanno melodie completamente diverse, che devono coordinarsi tra loro,
ma devono anche apparire quasi in competizione, perché il nostro ascolto non riesce a
seguire con attenzione due elementi diversi allo stesso tempo. Si tratta quindi di “melodie
antagoniste”, che realizzano una polifonia, un uso di melodie simultanee che è alla base di
quella tecnica compositiva che si chiama contrappunto.
In altri casi le due melodie sono diverse eppure così simili tra loro, che è difficile capire
qual è la melodia principale e qual è quella secondaria. Spesso le due melodie hanno ritmi
perfettamente uguali, ma note diverse. Si tratta dell’eterofonia.
Queste tre manifestazioni dello strato “melodia” sono molto utilizzate in misura maggiore o
minore in buona parte delle musiche del mondo, compreso la musica classica, la dance, il
jazz, il pop e buona parte delle musiche di culture extraeuropee.
Come esercizio si può partire da una melodia “a cappella” per sovrapporla a se stessa
iniziando a modificare la copia con leggeri sfasamenti, cambiando l’altezza delle singole
note o creando sovrapposizioni di melodie completamente diverse.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Pattern

Un pattern è un elemento musicale che viene ripetuto, anche in forma variata ma


riconoscibile. Uno strato che svolge la funzione di “pattern” è dunque uno strato composto
da continue riproposizioni di uno o più frammenti sonori, che possiamo chiamare pattern,
senza le virgolette..

Per creare una traccia basata su pattern basta prendere il frammento sonoro e ripeterlo
per quanto si vuole, con un semplice cut&paste sulla timeline. La durata complessiva del
singolo pattern può essere pari a quella della battuta, nel caso si utilizzi un software che
indica una griglia di durate musicali, o a sue frazioni (due quarti, ad esempio, all’interno
di una battuta di 4/4) oppure a multipli (due battute, una battuta e mezzo). Non solo. Gli
elementi all’interno del pattern posso essere fatti corrispondere alle suddivisioni musicali
della battuta (quarti, ottavi, sedicesimi) attraverso un processo di quantizzazione che può
essere realizzato a mano o attraverso software specifici.

La funzione “pattern” può essere presente in un brano in cui gli altri strati hanno funzioni
diverse, tra cui quella della “melodia”, oppure può essere presente in brani che fanno
esclusivamente uso, nei vari strati, della funzione “pattern”. Un brano esclusivamente
basato su pattern è un brano in cui ogni strato svolge la funzione di “pattern”, ognuno con
un diverso pattern, magari tutti di uguale durata, tipicamente una battuta, o comunque di
durate multiple o sottomultiple del valore di riferimento, che è la pulsazione (beat) e la cui
velocità è indicata dal bpm.

Una musica basata su pattern viene organizzata da come i pattern cambiano durante
il suo svolgimento. Alcuni pattern possono durare dall’inizio alla fine. Altri possono
improvvisamente cambiare nel corso del brano. Altri pattern sono così importanti da
definire un genere o uno stile e da gadagnarsi un vero e proprio nome, come il “basso
albertino” nella musica del ‘700, lo “steady beat” della dance, il “martillo” e la “cascara”
nella musica Salsa. Realizzare il brano in un genere specifico, ad esempio il Dub, significa
individuare quei pattern che identificano il genere.
Esistono pattern interamente realizzati da strumenti non intonati e quindi da rumori,
come nel caso delle drum machines o delle percussioni, che chiamiamo semplicemente
“pattern ritmici”, e pattern che si manifestano con ritmi, ma anche con altezze, poiché sono
realizzati da strumenti intonati e che possiamo chiamare “pattern figurali”: è il caso ad
esempio degli arpeggiatori, ma anche di tutti gli strumenti acustici.
Infine, esistono almeno due tipologie di pattern, a seconda del ruolo che occupano nel
flusso di ripetizioni. I pattern del primo tipo servono come substrato di un brano e vengono
ripetuti continuamente, e sono i pattern come normalmente li conosciamo. I pattern del
secondo tipo vengono invece utilizzati per interrompere il flusso di ripetizioni dei pattern
del primo tipo in modo da organizzarle in sezioni. Possiamo chiamare questi pattern del
secondo tipo marcatori. Un esempio notevole e ormai storico di marcatore è il famoso
“Amen break”. SI tratta di un break, cioè di una figurazione ritmica usata dalla batteria per
interrompere il pattern principale che è stato usato in un celebre interpretazione del brano
Rhythm and Blues del 1969 “Amen Brother” dei Winstons, che, una volta campionato,
accelerato e usato come pattern del primo tipo, è diventato forse il pattern più utilizzato
negli anni ’90 e una firma sonora del genere breakbeat.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Armonia

L’armonia è quella disciplina musicale che studia e regolamenta ciò che succede quando in
un brano ci sono note simultanee. Lo studio dell’armonia è lungo e complesso e in generale
mira a ricostruire quelle pratiche musicali che storicamente vanno dal 1600 all’inizio del XX
secolo: il cosiddetto sistema tonale su cui è basato quel periodo musicale che normalmente
viene chiamato, in modo scorretto, “musica classica”.
Oggi il sistema tonale sopravvive, anche se con modifiche che sono state introdotte dal
contatto con il blues, nelle produzioni musicali del pop di massa in gran parte delle sue
manifestazioni, dance compresa, anche quelle più di nicchia, come certo jazz di facile
ascolto.

Gli strati che svolgono la funzione di “armonia” sono realizzati esclusivamente da strumenti
intonati e hanno in genere una velocità ridotta rispetto, ad esempio, a quella dello strato
melodico, così che spesso più note della melodia sono sovrapposte a una sola nota
dell’armonia. In un caso estremo tutta la melodia è “accompagnata” da una sola nota dello
strato armonico: si tratta del drone, chiamato a volte anche con la terminologia più classica
di “bordone” o “pedale”.

Esistono certamente brani realizzati solo con strati che svolgono esclusivamente la
funzione armonica: il genere “drone ambient” ad esempio si basa proprio su questa
caratteristica. Se dunque realizzare uno strato armonico richiede uno studio che questo
testo non può certamente supportare, è comunque possibile sperimentare questa funzione
realizzando brani basati su drone composti da note fisse per tutto il brano o che cambiano
lentamente.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

Texture

La trasformazione di tecniche compositive e della tecnologia nel corso del XX secolo ha


portato alla creazione di brani senza melodie riconoscibili, né armonie, né ripetizioni
di pattern. Il risultato spesso stimola l’ascoltatore a sviluppare un’attenzione legata
più ai caratteri globali del brano che ai dettagli di ciò che succede. Ciò ha portato alla
formulazione da un lato di procedimenti matematico-statistici per la composizione (di cui è
stato pioniere il compositore-architetto Iannis Xenakis) e dall’altro a inglobare questi nuovi
eventi sonori all’interno di un sistema di classificazione più vasto, che li considera come
particolari tipologie di “textures”.

Una texture è quindi un evento sonoro che viene apprezzato per le sue qualità complessive:
ad esempio la velocità generale o il volume generale degli eventi, la maggiore o minore
melodicità, l’asprezza generale dei timbri usati e molte altre. Gli strati che svolgono il
ruolo di “texture” possono essere realizzati attraverso un cut&paste di eventi che, una
volta mixati tra loro, perdono la loro individualità oppure attraverso software specifici che
creano le texture da zero o le costruiscono a partire da campioni trattati attraverso delay,
granularizzazioni (vedi sintesi granulare) e altri procedimenti.

Gli strati con funzione “texture” possono essere presenti sia insieme a strati che svolgono
altre funzioni, sia in brani composti esclusivamente da texture. Chiaramente, essendo le
texture prive di una melodia, pattern e armonia, così come le si intendono comunemente,
vengono spesso utilizzate in produzioni etichettate come “sperimentali” o che spingono un
o stile riconosciuto al di là delle sue caratteristiche ordinarie, come nella Art-Techno (ad
esempio con gli Autechre) o nel Post-Rock (come per i Tortoise).

Il sonogramma di una texutre complessa.

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2.3 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione sonora

La forma

Il compito del modello funzionale proposto è quello di indicare per ciascuna


linearità/strato di cui è composto un brano, quegli elementi che lo caratterizzano in
relazione agli altri strati simultanei. Le funzioni dunque si occupano di gestire ciò che è
presente nel brano in un dato istante: quello che possiamo chiamare la sua verticalità
e che è legata alla segmentazione percettiva.

Ma un brano può essere anche organizzato in eventi o sezioni successive, attraverso la


segmentazione percettiva, la quale si occupa dunque di organizzarne la orizzontalità.
Il termine che viene usato nelle discipline musicali per descrivere l’ordine e l’entità degli
eventi complessivi, cioè che implicano tutti gli strati presenti, in un brano si chiama forma.

Per indicare la forma di un brano si usa spesso la convenzione di utilizzare le lettere, in


modo che a lettera uguale corrisponde un evento (o sezione) uguale o simile (per eventi
simili si usa spesso aggiungere un apice alla lettera).
Un brano ABA sarà quindi un brano composto da una sezione di durata imprecisata, seguito
da un’altra sezione di durata altrettanto imprecisata e infine dalla ripetizione della prima
sezione.
Una tipica forma di canzone pop è AABABCBB, in cui :
- A è la strofa e ogni A ha un testo diverso, ma una musica uguale;
- B è il ritornello, che contiene musica e testo uguali, ma diversi da quello di A;
- C è il “bridge”, una sezione che contiene testo e musica mai sentiti prima e che
non viene ripetuto.
La durata di ogni sezione dipende molto dal contesto stilistico, ma è in spesso un multiplo
pari della battuta: ad esempio 8 o 16 battute.

Cosa cambia tra sezioni uguali e tra sezioni diverse? Sezioni uguali possono presentare
cambiamenti nell’organizzazione delle funzioni degli strati di cui sono composti. Oppure
uno strato presente precedentemente può scomparire o può esserne introdotto uno nuovo.
L’importante è che le sezioni con lettere uguali si possano riconoscere come simili e quindi
non ci deve essere grande cambiamento in ciò che presentano i singoli strati.

Sezioni con lettere diverse possono presentare cambiamenti sia nell’organizzazione di strati
e delle loro funzioni, sia nel loro contenuto sonoro.
Dunque è evidente che una sezione non viene considerata in modo troppo diverso da come
abbiamo considerato pattern nella funzione relativa: in fondo una sezione formale è molto
simile a un pattern di strati, magari composti a sua volta da pattern.

Tenendo ben presente questo principio è possibile inventarsi forme scegliendo un ordine di
lettere a piacere, stabilendone la durata in numero di battute e scegliendo per ogni lettera il
numero di strati e le loro funzioni e infine realizzandone il contenuto sonoro. In questo modo
è possibile sperimentare e inventare musiche diversissime, anche partendo dall’ascolto di
musiche preesistenti e dall’individuazione in esse di sezioni formali, funzioni degli strati e
pattern.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Progettazione visiva
a cura di Massimiliano Gusmini

Relazione tra elementi visivi e sonori


Timeline ed eventi audiovisivi
Tipologie di relazione audiovisiva
La scena fisica della performance audiovisiva
Campo visivo e immersività del fruitore
Tipologie di visual
Approccio al progetto visivo
Lo sviluppo temporale dei visual
Attori audiovisivi vs soundtrack
La forma e il comportamento visivo
Figura e sfondo
Linea d’orizzonte
Scelte cromatiche

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Relazione tra elementi visivi e sonori

Definire la parte visiva di un progetto di performance a/v senza considerare l’audio non è
un approccio percorribile, progettare una performance audiovisiva significa definire una
relazione tra eventi sonori e visivi, indipendentemente dalla poetica del progetto.
Questa relazione, che è la particolarità della performance audiovisiva come forma
artistica, si esprime principalmente in questi rapporti:

- volume sonoro / luminosità;


- volumi singoli suoni / grandezze visive;
- frequenza sonora e timbro / forma visiva;
- musica / comportamento visivo.

Sono rapporti liberamente combinabili tra loro e vanno interpretati come spunti per la
sperimentazione audiovisiva.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Timeline ed eventi audiovisivi

I rapporti tra suoni e immagini si manifestano temporalmente in due modi principali,


spesso concomitanti. Per motivi didattici semplifichiamo così:

Per suoni puntuali


Generalmente associati alla sincronia, in cui gli eventi AV accadono assieme
nello stesso istante.

Per suoni lunghi


Generalmente associati alla sinestesia, in cui gli eventi audiovisivi hanno un’affinità
formale inter-sensoriale.
È l’affinità della forma visiva col timbro sonoro, l’assonanza uditiva e visiva del mood
generale.

Mentre la sincronia è piuttosto semplice da ottenere, basta la concomitanza temporale,


la sinestesia richiede approfondimenti, bisogna riflettere sul timbro sonoro, la forma
e il comportamento.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Tipologie di relazione audiovisiva

Possiamo identificare almeno cinque possibili approcci:

Analogica
Per analogia col mondo reale, audio e video stabiliscono un codice di relazioni
riconoscibile nel mondo reale.

Enfatica
Gli eventi audiovisivi sono estremizzati, con contrasti molto marcati.

Parossistica
In questo caso gli abbinamenti audiovisivi sono volutamente invertiti.
Per esempio forme piccole abbinate a suoni gravi, o eventi visivi molto forti
abbinati a suoni delicati.
I movimenti visivi di un elefante e cinguettii sonori di un passerotto.

Indifferente
Audio e visual vanno per conto loro in maniera marcata e insistita.
E’ la più difficile da ottenere senza risultare fastidiosamente casuali.

Arbitraria
La relazione tra suoni e immagini è sperimentale e arbitraria ma stabilisce
una coerenza audiovisiva.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

La scena fisica della performance audiovisiva

La scena fisica della performance a/v implica il rapporto tra lo spettatore, lo spazio scenico
dove si svolge l’opera e il luogo architettonico che ospita l’evento, sino al punto che il
progetto dovrebbe essere il più possibile site-specific.

In fase di ideazione e progettazione del live è utile definire alcuni semplici schemi
di impostazione dello spazio scenico:

1. Frontale
2. Laterale, destra/sinistra
2. Centrale
3. Attorniante
4. Distribuita

Se il progetto visivo si basa su proiezione video frontale, possiamo in parte ignorare lo


spazio fisico della performance e concentrarci sullo schermo, ma se per esempio il progetto
si svolge su più schermi non affiancati e non disposti frontalmente, il contesto dello spazio
fisico diventa parte integrante della performance e un’ulteriore elemento indispensabile da
progettare e ricco di potenzialità.
Nella disposizione frontale infatti l’attenzione visiva del pubblico è focalizzata
costantemente sullo schermo dal quale non si muove, mentre le disposizioni a più schermi,
orientati diversamente tra loro, comportano la partecipazione e la mobilità dello spettatore.
Generalmente una performance a/v di tipo distribuito può offrire maggiori risorse nel
coinvolgimento del pubblico, ma il setup deve essere integrato nella narrazione generale.
Occorre quindi valutare attentamente l’esperienza spaziale e propriocettiva del live.
Ignorare il senso della disposizione determina un indebolimento concettuale della
performance stessa.

1. Scena frontale 2. Scena centrale 3. Scena attorniante 4. Scena distribuita

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Campo visivo e immersività del fruitore

Si tratta del primo aspetto progettuale da considerare e include sia lo spazio fisico della
performance che i visual delle proiezioni.
Considerare il campo visivo implica riflettere sul grado di immersività della scena
complessiva nei confronti dello spettatore. Una scena poco immersiva comporta
l’interazione con elementi visivi che possono essere disturbanti e che in qualche modo
limitano la partecipazione e distraggono l’attenzione dello spettatore.
Una percezione globale e avvolgente è una condizione necessaria.

Cono visivo orizzontale


10° 0° 10°
20° 20°
Linea standard
30° di visuale 30°

Riconoscimento
scrittura

62° Riconoscimento 62°


simboli

Distinzione
colori

Limite visivo dell’occhio destro Limite visivo dell’occhio sinistro

Visione monoculare Visione monoculare

94°- 104° 94°- 104°

Massima visione binoculare orizzontale


62° 62°

Massima visione binoculare

170° 170°

Cono visivo verticale

50° limite del campo visivo

30° Limite della distinzione dei colori


25° Grado massimo di rotazione degli occhi
Campo di visione superiore

0° Linea standard di visuale

Campo di visione inferiore

30° Grado massimo di rotazione degli occhi


40° limite della distinzione dei colori

70° limite del campo visivo

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Tipologie di visual

I visual in un performance a/v possono avere un carattere molto eterogeneo ed essere


ottenuti con le tecniche più svariate. Tecnica visiva e immaginario sono spesso inscindibili,
e il carattere di un visual dipende strettamente dalla tecnica che l’ha generato.

Tipicamente possono essere:

1. Clip video montati con tecniche tradizionali, mixati ed editati in real-time;


2. Generazione in real-time da algoritmi software;
3. Ottenuti con un dispositivo hardware auto-costruito;
4. Riprendendo un dispositivo con una telecamera che proietta su schermo;
5. Utilizzando luci sincronizzate;
6. Tecnica mista, ossia una combinazione di tecniche/tecnologie;

La tendenza attuale è verso una decisa esplorazione di possibilità e ri-combinazione


sperimentale, spesso nel solco del rapporto arte-scienza, e nell’uso combinatorio di
elementi scenografici, grafici, fotografici, cinematografici, pittorici, architettonici.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Approccio al progetto visivo

Approccio minimale
Per ragioni di metodo consideriamo eliminabili tutti gli elementi non necessari all’idea
del progetto. E’ importante evitare dunque ridondanze ed elementi gratuiti, anche in
termini di set-up tecnico.
Nel nostro stage visivo ideale dovremmo usare solo gli elementi utili al progetto.
In questo processo di sintesi, bisogna saper distinguere quello che è apparentemente
secondario e ciò che è eliminabile. Le soggettività degli elementi apparentemente
secondari sono fondamentali per alternare il focus di una narrazione.
Approccio minimale significa anche evitare differenze ingiustificate tra temi formali
e di segno.

Serendipity
È importante sapere cogliere ciò che le macchine e il caso suggeriscono.
Ciò vale in tutte le modalità tecniche ma in modo particolare per quelle generative, dove
gli algoritmi che determinano le immagini possono essere costantemente manipolati in
real-time, e i risultati visivi spesso sono inaspettati e molto lontani dal prime intenzioni.
Vanno dunque esplorate le varie possibilità offerte dal tool generativo e vanno poi
selezionate le immagini (e i parametri che le determinano) compatibili col layout del
progetto.
Può succedere che l’esplorazione porti a modificare il layout del progetto iniziale,
perché ciò che si trova esplorando i sistemi generativi è a volte più interessante di ciò
che ci si immagina in partenza.
Ma in questo continuo feedback tra l’autore e il tool generativo bisogna anche
sapersi fermare. Una volta trovato ciò che serve al progetto dovremmo sospendere
l’esplorazione, per evitare che questa diventi fine a se stessa, e tornare allo
storyboard della performance a/v per affrontare l’integrazione delle variazioni e la loro
distribuzione lungo la timeline.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Lo sviluppo temporale dei visual

Senza una narrazione efficace qualsiasi visual si svilisce e l’attenzione dello spettatore
si perde rapidamente se non coglie una storia o una concatenazione di eventi audiovisivi.
Disporre di belle immagini in partenza non significa affatto un buona riuscita della
performance a/v, occorre saperle mettere in successione e abbinarle alla musica, che si
sviluppa temporalmente.

Possiamo individuare cinque tipiche fasi in una performance a/v di circa 30 minuti:

1. Introduzione
2. Sviluppo del tema
3. Sorpresa
4. Ripresa del tema
5. Chiusura

È importante catturare l’attenzione del pubblico con scorci visivi diversi o mutamenti
di inquadratura, che considerino sempre con attenzione cosa sia coerente e opportuno
svelare nella fase successiva dello svolgimento e sempre in riferimento a ciò che accade
nello sviluppo dell’audio.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Attori audiovisivi vs soundtrack

Sono due metodi opposti ma compatibili.


Nel primo caso si tratta di progettare singoli elementi visivi abbinati ad un suono e la
risultante musicale generale è ciò che visivamente vedremo nello schermo.
Ad esempio un triangolo abbinato ad suono con forma d’onda triangolare, se ne
abbiamo tre nello schermo udiremo tre suoni di forme onde triangolari.
Nel secondo caso, più tradizionale perché tipico dei videoclip e cortometraggi, audio e
video si commentano tra loro, empiricamente e reciprocamente, come il cinema muto
veniva commentato dalla musica di un pianoforte.
Vanno dunque esplorate entrambe le possibilità, con variazioni di forma e di
comportamento degli attori audiovisivi e con l’uso della soundtrack come collante.

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

La forma e il comportamento visivo

Attribuire una forma ad un suono è un alchimia. Approcci artistici e scientifici sono


infinitamente combinabili e non esiste un modo univoco di associazione formale tra suono e
forma visiva.
Per i temi non figurativi, ma non solo, la Gestalt suggerisce interessanti modalità di
associazione audiovisiva spontanea, come l’esempio di Maluma e Takete dove forme tonde
sono associate ad una parola dalle sillabe morbide e dove forme spigolose sono associate
al suono di sillabe dure (*). La maggior parte dei fruitori percepisce una naturale coerenza
con queste associazioni.
Associazioni tra forma visiva e timbro, altezza e volume del suono dipendendo dal progetto,
definita una serie di layout, sull’immaginario e sugli attori audiovisivi, si può procedere con
variazioni sul tema, attribuendo una forma di comportamento visivo ad ognuno degli attori
sonori.

In generale suggeriamo di sviluppare un layout visivo in cui si visualizzino i suoni


in almeno tre range di altezza sonora:
- Alti
- Medi
- Bassi

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Figura e sfondo

Nella scena fisica della performance e negli schermi dobbiamo innanzitutto stabilire una
gerarchia, è fondamentale definire ciò che è figura in primo piano e ciò che è sfondo.
E’ un rapporto che esiste esplicitamente in ambito tridimensionale ma riserva molte
interessanti possibilità creative nella bidimensionalità.
Come sosteneva Arnheim che “non esiste un dipinto assolutamente piatto” e che
“la bidimensionalità come sistema di piani frontali è rappresentata nella forma più
elementare dal rapporto figura sfondo ”.
Questa distinzione permette di concentrarci sugli attributi variabili dello sfondo e
della figura nella loro reciproca interazione e ci permette di controllare la profondità
dell’immagine.

Figura - sfondo

Ambiguità tra figura e fondo Il triangolo di Kanizsa

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Linea d’orizzonte

Come le immagini si relazionano con gli assi visivi della scena, dipende da quanto
consideriamo la linea d’orizzonte e la simmetria del cono visivo, tutto ciò va considerato
come materia di esplorazione e ricerca per ciò che definiamo impaginazione dei visual.
La posizione degli attori audiovisivi all’interno dello schermo è in costante rapporto col
centro ideale della scena che rappresenta una grande risorsa narrativa: l’attore posizionato
in punti diversi della scena determina variazioni di significato.
Una posizione centrale e simmetrica è più monumentale ma tendenzialmente più statica
rispetto a posizioni asimmetriche. È dunque importante considerare la coerenza tra
inquadratura dei visual e linea d’orizzonte reale dello spettatore.
Spazio fisico e spazio virtuale devono relazionarsi per rendere efficace l’illusione di
annullamento dei loro confini. La creazione e l’impaginazione dei visual da proiettare
devono dunque considerare sin dall’inizio la collocazione dello schermo e l’altezza del punto
di fuga prospettico rispetto all’asse visivo della scena.

Linea d’orizzonte reale e virtuale

Schermo

Linee di fuga Linee di fuga

Punto di fuga prospettico

Linea d’orizzonte reale Linea d’orizzonte virtuale

Linee di fuga Linee di fuga

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2.4 La progettazione della performance audiovisiva
Progettazione visiva

Scelte cromatiche

La prima considerazione da fare è che partiamo dal nero. Il nero è il silenzio, il buio,
il vuoto, lo schermo spento va usato come elemento scenico e drammaturgico,
ma attenzione ai falsi neri dei proiettori!

La seconda considerazione è che alcuni colori sono meno avvantaggiati.


Il giallo è un colore di sintesi, ottenuto da verde e rosso nei proiettori RGB, e tende ad
essere debole. Il blu è invece meno indicato nella resa dei dettagli perché nell’occhio umano
il fotorecettore del blu, il cono S, ha una capacità minore rispetto ai coni M e L.

La terza riguarda la dominante cromatica calda o fredda.


Anche visual apparentemente in bianco e nero possono cambiare molto variando di poco
la dominante cromatica.

La quarta riguarda l’uso della luminosità.


Come per il buio e il nero, la luminosità e il bianco hanno una valenza scenica
fondamentale. Partendo dal nero-silenzio non è fuori luogo abbinare la luminosità
e il bianco al massimo volume.

Ultima considerazione: usare pochi colori simultaneamente.


Aldilà della poetica di un progetto, almeno inizialmente è preferibile limitare l’uso a pochi
colori piuttosto che tanti usati non progettualmente.
Questo non significa che il colore non debba essere ricco e vario, ma vuol dire concentrarsi
e valorizzare pochi colori di partenza.

Suggeriamo di scegliere e utilizzare contrasti attenuati o accentuati tra figura e sfondo


secondo la poetica del progetto e del momento narrativo, attraverso l’utilizzo ragionato di
chiaroscuro, saturazione e tinta.
Tra le possibilità di contrastare efficacemente la figura dallo sfondo suggeriamo l’uso di
colori caldo-freddi, complementari opponenti, con diversi gradi di saturazione
e di chiaroscuro.

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Produzione ed editing del suono di sintesi


a cura di Fabio Volpi, Antonio Cavadini

Strumenti e interfacce
Sintetizzatori
Drum Machine
MIDI Controller
Mixer audio
Software per produzione, editing e live audio
DAW – Digital Audio Workstation
Esempi di interazione tra suono e visione

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Strumenti e interfacce

Non esistono indicazioni o preclusioni sugli strumenti da utilizzare per la produzione di


suoni nel campo delle arti performative, la scelta è funzionale alle necessità espressive
dell’artista. In questa sede si ritiene tuttavia opportuno descrivere in breve gli strumenti
oggi a disposizione per realizzare la parte acustica dell’opera.
Volendo categorizzare le fonti sonore sulla base del livello crescente di tecnologia il primo
insieme è costituito dalle fonti “naturali”, che comprendono tutti gli strumenti che non
necessitano di circuiti elettrici per la produzione del suono, tra questi rientrano la voce,
le percussioni, gli strumenti a fiato come i legni e gli ottoni o a corde, come la chitarra
acustica o l’arpa. Vi sono poi gli strumenti che utilizzano la circuitazione elettrica (o digitale)
per creare il suono (elettrofoni), in questa categoria non rientrano le chitarre elettriche,
che utilizzano un’azione su una corda per produrre la vibrazione sonora, ne sono invece
parte i sintetizzatori analogici e digitali in cui il suono è prodotto da un circuito.
Tra questi sono compresi tutti i dispositivi che consentono la creazione e ripetizione di
pattern e sequenze musicali programmate, come ad esempio drum machine, sequencer,
digital audio workstation. Queste ultime consentono anche la manipolazione (editing)
e la registrazione digitale dei suoni.
Un’esibizione live che vuole comunicare a un’audience sufficientemente ampia, deve
utilizzare impianti di amplificazione dell’intensità sonora e anche apparecchiature, come i
mixer che consentano il controllo e la regia di tutta la strumentazione presente.

Di seguito, diamo una breve descrizione dei dispositivi tecnologici che, grazie all’evoluzione
della ricerca in campo informatico, ne hanno reso possibile l’utilizzo a un’ampia fascia
di utenti e sono divenuti, grazie alla loro flessibilità d’uso, gli strumenti che hanno
caratterizzato il sound delle attuali performance audiovisive.

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Sintetizzatori

Il sintetizzatore è un dispositivo di produzione sonora che risponde alla necessità dei


musicisti di creare una varietà di suoni senza l’utilizzo di molteplici strumenti “naturali”,
cercando di simulare lo spettro armonico di questi ultimi attraverso una serie di
modalità di sintesi (sottrattiva, additiva, modulazione fm, granulare). Ovviamente non
si tratta di uno strumento a carattere puramente imitativo, ma è dotato di proprie
timbriche particolari a seconda dei componenti della circuitazione, soprattutto distinte
in tipologie analogiche e digitali.
L’attore principale della produzione del suono nei sinth analogici è l’oscillatore, che
genera forme d’onde se stimolato elettricamente. Queste forme d’onda vengono poi
filtrate e amplificate per creare il suono voluto anche facendo uso di un maggior numero
di oscillatori e filtri per raffinare i suoni.
Le dimensioni ingombranti dei primi strumenti di sintesi di inizio ‘900 andranno via
via riducendosi, con l’apparire dei primi synth della Moog all’inizio degli anni ‘60
diventeranno trasportabili, da strumento tipico della musica contemporanea degli
anni ‘50 (che ha visto l’utilizzo di compositori come Luigi Nono, Bruno Maderna,
Luciano Berio, Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, John Cage, Edgar Varèse.) sarà
utilizzato da gruppi rock di matrice psichedelica come Tangerine Dream o Pink Floyd,
fino a confluire nelle produzioni più “Pop” attraverso la grande influenza esercitata
dai Kraftwerk, che è alla base della nascita del genere “Synth Pop” all’inizio degli anni
ottanta con formazioni quali Depeche Mode, Ultravox, New Order ecc.

Sintetizzatore Moog

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Drum Machine

Le drum machine sono dei sintetizzatori specializzati nella produzione di suoni


percussivi, possono essere analogici, digitali e virtuali.
La maggior parte di questi strumenti, sono dotate di sequencer multi traccia che
permette di comporre pattern ritmici programmabili dall’utente. Dal punto di vista
storico le prime drum machine risalgono agli anni ‘30 ma la prima versione veramente
programmabile risale al 1969. Con l’avvento della giapponese Roland assistiamo alla
diffusione commerciale di questi dispositivi che arriveranno a determinare, alla fine
degli anni’70, la nascita di veri e propri generi musicali come la Techno di Detroit.

Drum Machine Roland TR-808

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

MIDI Controller

Midi è l’acronimo di Musical Instrument Digital Interface, cioè interfaccia digitale per
strumenti musicali.
La sua nascita si deve principalmente all’esigenza di collegare facilmente tra loro
diversi strumenti musicali elettronici, favorita dalla crescente disponibilità di tecnologie
digitali a basso dei primi anni ‘80.
E’ uno standard riconosciuto in tutto il mondo dai costruttori di strumenti musicali,
computer e apparecchiature audio/video.
Lo scopo del codice MIDI è quello di trasformare in messaggi numerici, ogni azione
compiuta da un musicista nell’eseguire un brano, tanto da poter eventualmente
permetterne una riesecuzione elettronica automatizzata.
Nei cavi MIDI viaggiano sempre e solo informazioni, dati digitali e mai un segnale audio
analogico o digitale che sia.

Uno strumento di controllo detto appunto controller che usa il protocollo MIDI,
permette di gestire molteplici funzioni di un personal computer, andando oltre la
semplice interfaccia di un puntatore mouse, restituendo l’usabilità tipica delle macchine
analogiche dedicate alla produzione musicale.

Midi controller Akai APC40

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Mixer audio

Il mixer audio è uno strumento di regia nelle produzioni sonore con uso di molteplici
strumenti utilizzati contemporaneamente. E’ dotato di un numero di ingressi che
variano da un minimo di 2 fino a 32-48 canali e oltre, è il cuore di un set up audio,
attraverso di esso passano tutti i segnali audio che poi vengono inviati all’impianto
di amplificazione e agli altoparlanti. Può essere dotato di uscite e canali specifici di
mandata verso effetti audio che trasformano in maniera più o meno decisa i segnali
in ingresso.
Esistono differenti tipologie di mixer: quello live, la cui caratteristica è di avere la
possibilità di essere trasportabile e facilmente collegabile agli strumenti, il mixer da
studio, del tutto simile a quello precedente ma con una configurazione definita, adatta
alla produzione e registrazione. Di dimensioni ridotte e con un numero minimo di
funzionalità è il mixer da dj che diventa un vero e proprio strumento musicale solista,
che miscela generalmente due fonti sonore in esibizioni live.
Con l’avvento dell’informatica, anche questi dispositivi possono essere controllati
digitalmente via MIDI diventando parte integrante delle digital audio workstation.

Mixer per live

Mixer per DJ

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Software per produzione, editing e live audio

DAW – Digital Audio Workstation

La definizione Digital Audio Workstation si riferisce ad una piattaforma di tipo digitale


dedicata alla produzione, campionamento ed editing di audio digitale.
Allo stato attuale dell’evoluzione informatica nel campo musicale, si fa riferimento
anche ai softwares dedicati alla manipolazione sonora ottenibile in tempo reale, grazie
all’incremento delle capacità di calcolo dei processori nei personal computers.
Tra questi applicativi, vi sono quelli maggiormente rivolti ad un uso dal vivo, come
Ableton Live!, mentre altri sono semplicemente strumenti di editing e montaggio,
come ad esempio Audacity.

Dal punto di vista delle loro origini, le workstation risalgono alla fine degli anni ’70 con
l’arrivo dei primissimi personal computer e processori audio digitali,
per una maggiore diffusione commerciale ed un utilizzo più intuitivo di questi dispositivi
bisognerà arrivare verso la metà degli anni ’80 con i software Soundedit per i Macintosh
della Apple nel 1986 e il predecessore di Pro Tools, Sound Tools sempre per sistemi
operativi Apple nel 1987. Nel 1989 il software con semplici funzionalità MIDI, Cubase, viene
implementato per la registrazione audio e prodotto per le piattaforme Atari. Per i sistemi
operativi Windows di Microsoft, solamente nel 1993 verrà realizzato Samplitude Studio
della Magix, inizialmente concepito per Amiga della Commodore.
Oltre alle diverse tipologie di DAW che necessitano di processori e sistemi operativi basati
su computer, vi sono anche le workstation che svolgono le medesime funzioni in un unico
strumento, sia in versione rack, che con tastiera, come ad esempio nel caso della Korg M1,
oppure in versione registratore multitraccia digitale con funzioni avanzate di editing
come il Tascam DP32.

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

DAW – Digital Audio Workstation

Ableton Live!
Live! appartiene alla categoria dei sequencer (programmi capaci di gestire la riproduzione
e la registrazione di più tracce contemporaneamente) anche se, al contrario della maggior
parte di questi software, la sua interfaccia è caratterizzata dalla divisione in due finestre
utili sia come strumento usato live nelle performances, che come strumento per comporre,
registrare, missare ed arrangiare brani musicali.
Questo lo rende uno dei software più versatili e più usati tra le DAW (digital audio
workstation). Nella versione base sono già presenti due strumenti (Impulse e Simpler),
mentre altri posso essere acquistati separatamente.
Per quanto riguarda gli strumenti hardware numerosi sono i controller compatibili, tra
questi è bene citare l’ APC40 dell’ Akai un MIDIcontroller pensato per funzionare
esclusivamente con Live!
Dalla versione 8 in poi è inclusa una piattaforma Max/MSP integrata chiamata Max for Live.
www.ableton.com

Cubase
Tra le più vecchie DAW ancora oggi usate Cubase permette di registrare e produrre basi
musicali in formati diversi (MIDI, WAV, AIFF,...).
Appartiene alla famiglia dei sequencer e supporta la tecnologia VST, ideata dalla stessa
casa di produzione, che permette di utilizzare i cosidetti plug in, strumenti virtuali in grado
di elaborare tracce audio o MIDI.
www.steinberg.net

FL studio
Sequencer in grado di registrare e mixare dati audio di diversi formati MPEG3,
WAV, OGG, MIDI,ecc.. è disponibile, al momento, solo per il sistema operativo Windows.
E’ considerato una workstation audio digitale tra le più elementari, anche se numerosi
miglioramenti al sequancer nelle ultime versioni lo hanno portato a livelli più professionali.
www.image-line.com/flstudio

ProTools
Tra i software più utilizzati a livello professionale è disponibile in tre versioni: MP, standard
e HD creative. Nel 2011 è stato introdotto il sistema HDX che permette di gestire un elevato
numero di tracce e di plugin rendendo questo software ancora più performante.
Pro Tools è molto usato anche in ambito non strettamente musicale, ad esempio negli
studi televisivi, nel cinema e nei videogames.
www.avid.com/us/products/family/pro-tools

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Logic
Tra software più usati, insieme a Reason, dai “ bedroom producers ” consente di lavorare
sia con audio che con MIDI fino a 128 tracce simultanee, inoltre sono disponibili numerosi
plug in compatibili. Dal 2002 è stato acquisito da Apple computer, dunque è disponibile solo
per questo sistema operativo. La decima versione del software, Logic Pro X, include, tra
l’altro, numerose migliorie all’interfaccia.
www.apple.com/it/logic-pro

Reason
Tra i software più usati, insieme a Logic, dai “ bedroom producer ” Reason è sviluppato
dalla casa svedese Propellerhead.
E’ caratterizzato da una interfaccia grafica basata sui rack che è rimasta sostanzialmente
invariata, anche se nelle ultime versioni è stata migliorata la parte sequencer che ora
rappresenta il fulcro del programma.
www.propellerheads.se/products/reason

Max/MSP
Max/MSP è un linguaggio di programmazione visuale scritto originariamente da Miller
Puckette. In questo tipo di linguaggio di programmazione gli attori (“objects”) sono connessi
(“patched”) tra di loro graficamente. E’ utilizzato principalmente per la musica, la
multimedialità ed il software interattivo da musicisti, artisti, compositori ed esecutori.
Può essere, inoltre, usato per elaborare plugin software per i maggiori programmi audio.
E’ diventato man mano più usato nelle perfomance audiovisive.
Il programma ha una integrazione speciale per processare immagini chiamata Jitter.
cycling74.com/products/max

Pure Data
Pure Data è un linguaggio di programmazione visuale open source ideato da Miller
Puckette, stesso programmatore di Max/MSP.
Rappresenta, infatti, una ottima alternativa a Max/MSP pur avendo notevoli differenze con
quest’ultimo. Si possono manipolare elementi sonori ed anche immagini e video.
puredata.info

Bitwig Studio
www.bitwig.com/en/bitwig-studio/overview.html

Cakewalk
www.cakewalk.com

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

DAW- open source o free

Ardour: ardour.org
Darkwave studio: www.studiotoolz.net/darkwave-studio
Qtraktor (solo per linux): qtractor.sourceforge.net/qtractor-index.html

Audio editing - Applicazioni open source o free

Audacity: audacity.sourceforge.net
Music editor free: www.music-editor.net
WavePad Audio Editing: www.nch.com.au/wavepad

Interfaccia di Ableton Live!

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Interfaccia di Cubase

Interfaccia di Bitwig Studio

Interfaccia di Ardour

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Interfaccia di Audacity

Interfaccia di Cakewalk sonar

Interfaccia di ProTools

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

Esempi d’interazione tra suono e visione

Le possibili modalità in cui la produzione di suoni influenza il flusso di materiale visivo e


viceversa sono infinite, ma si possono ricavare alcune categorie di interazioni simili tra di
loro a livello di comportamento degli attori impegnati nella performance.
Chiaramente questi modelli sono sovrapponibili e intercambiabili tra di loro e sono in
continua definizione ed evoluzione.

1. Suono e visione s’influenzano a livello empatico.


E’ questo ad esempio il caso in cui uno strumentista esegue la sua parte acustica mentre
un artista visivo lavora contemporaneamente alla propria opera pittorica. Le reciproche
influenze e stimoli sono dettati dalla percezione soggettiva, determinati dagli organi di
senso e filtrati dalle esperienze culturali di chi interagisce.

Luigi Presicce, Performance


per un solo spettatore alla
volta, accompagnato, Live
painting, Teatro Studio
Scandicci

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

2. La performance si basa su delle sculture sonore.


Esistono creazioni di tipo scultoreo, come quelle dell’arista Pinuccio Sciola, pensate e
concepite per creare suoni. Un’esecuzione dal vivo che contempli la presenza di questo
tipo di oggetti sonori, è un esempio d’interazione diretta tra materiale materico-visivo e
produzione di onde sonore.

Pino Sciola suona una sua opera

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

3. Il Suono influenza tecnologicamente la visione.


Il suono può essere convertito digitalmente e diventare un flusso di dati che possono far
variare a livello parametrico un sistema informatico.
Avviene che un suono, come può essere quello di una voce umana, venga trasformato da
onda di pressione sonora in segnale elettrico e successivamente diventi un segnale di tipo
digitale che va influenzare il parametro della luminosità di un software visivo. Al variare
dell’intensità della mia voce, la luminosità degli oggetti presenti sullo schermo o su una
proiezione, si modificherà in tempo reale. Questo può avvenire grazie alla potenza di calcolo
dei processori dei computers e alla presenza di software specifici quali Max MSP, Isadora,
Pure data, VVVV ecc. che utilizzano degli “user actor” che possono svolgere determinate
azioni anche sulla base di informazioni parametriche in entrata.

una schermata del software


Isadora della Troika Tronix.

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

4. Le stimolazioni visive e luminose influenzano tecnologicamente il suono.

Quando degli eventi di tipo fisico o virtuale vengono analizzati e trasformati in dati per la
creazione di suoni, stiamo parlando del processo detto di “sonificazione”. Se questa pratica
viene realizzata in “real time”, diventa possibile che la presenza di materiale visivo venga
processato informaticamente e convertito in flusso audio, utilizzando software dotati di
scanner che in tempo reale convertano i segnali visivi in suoni di tipo digitale.
A un livello più “analogico” esistono fotocellule reattive alla luminosità, (fotoresistori),
sensibili al variare della luce, che modificano direttamente i parametri di un oscillatore
di un sintetizzatore, come nel caso del Lumanoise. Simile a questo sistema, è il
funzionamento di apparati dotati di piccoli pannelli solari che trasformano la luce in
corrente elettrica in piccolo voltaggio, utilizzata anche in questo caso per stimolare un
oscillatore. Interessante anche il progetto dei Quiet Ensemble, “The Enlightement” che
utilizza un sensore che percepisce il campo magnetico dei corpi illuminanti.

Quiet Ensemble,
The Enlightement
performance audiovisiva
2014

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2.5 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie audio per la performance audiovisiva

5. La performance è creata con oggetti audio-visivi di tipo informatico.

Con la diffusione sempre più capillare delle piattaforme digitali, lo sviluppo coordinato di
attori virtuali che creano mondi sonori e visivi generati su base informatica, è diventato una
prassi realizzabile anche senza particolari conoscenze dei linguaggi di programmazione.
Abbiamo già parlato degli applicativi basati su user actor, con i quali facilmente si possono
progettare queste effimere presenze sonore.
Una particolare esperienza negli oggetti sonori è quella sperimentata da Otolab nella
performance “Quartetto.swf” con la creazione di una vera e propria tastiera audiovisiva di
animazioni sonore in tempo reale, basata sul software di grafica e motion design “Flash”.

Otolab, Quartetto.swf,
performance audiovisiva, 2003

Link

Sonificazione: ettoregarzia.blogspot.it/2013/09/un-applicazione-della-computer-music-la.html
Oggetti audio-visivi: www.alessiosantini.com/ws/wp-content/uploads/2009/02/alessiosantini-cim08.pdf
Pinuccio Sciola: it.wikipedia.org/wiki/Pinuccio_Sciola
MAX: en.wikipedia.org/wiki/Max_%28software%29
Lumanoise: lumanoise.blogspot.it/p/about-lumanoise.html
Quiet Ensemble: vimeo.com/113527001
Otolab Quartetto.swf: vimeo.com/699872

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2.6 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie video per la performance audiovisiva

Tecnologie video per la performance audiovisiva


a cura di Luca Pertegato, Francesco Sileo

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2.6 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie video per la performance audiovisiva

Software per live video

Software per live video:


- VDMX: vidvox.net
- Resolume: resolume.com
- Modul8: modul8.ch
- Arkaos: arkaos.net

Software con programmazione a nodi:


- Pure Data: puredata.info (free)
- MaxMSP/Jitter: cycling74.com/product
- Isadora: troikatronix.com
- VVVV: vvvv.org (free)
- Touch Designer: derivative.ca
- Quartz Composer (free)

Software con programmazione a codice:


- Processing: processing.org (free)

Software per mapping:


- Madmapper: madmapper.com
- Watchout: dataton.com/watchout
- Millumin: millumin.com
- Resolume Arena Media Server: resolume.com
- Isadora 2.0: troikatronix.com

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2.6 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie video per la performance audiovisiva

Indice Interfaccia di Modul8

Autori
Glossario

Interfaccia di Resolume

Interfaccia di VDMX

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2.6 La progettazione della performance audiovisiva
Tecnologie video per la performance audiovisiva

Interfaccia a nodi
di Isadora

Interfaccia a nodi
di MaxMSP

Interfaccia a nodi
di Pure Data

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Tecnologie video per la performance audiovisiva

Indice Interfaccia a nodi


di Touch Designer

Autori
Glossario

Interfaccia a nodi
di VVVV

Interfaccia a nodi
di Quartz Composer

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Tecnologie video per la performance audiovisiva

Indice Interfaccia di MadMapper

Autori
Glossario

Interfaccia di Millumin

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