Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1 Presentazione
2.1 Metodologie
Processo / Narrazione
Narrazione lineare / non-lineare
Improvvisazione / Organizzazione
Selezione / Composizione
Digitale / Analogico
3 Autori
4 Glossario
5 Bibliografia
6 Sitografia
Presentazione
Live audiovisual performance. Siamo di fronte a tre semplici parole, che contengono in
se un denso percorso artistico che attraversa secoli di storia, che va dal teatro d’ombre
cinese e arriva alle nostre micro piattaforme digitali, passando attraverso l’ipotesi
d’opera d’arte totale di metà ottocento, le Avanguardie e Fluxus.
Quello che immediatamente ci viene comunicato, è che in un determinato passaggio
di tempo, avverrà qualcosa che sarà percepibile acusticamente e visivamente.
Quello che ovviamente non ci dicono ancora queste tre parole, è la valenza artistica
dell’avvenimento in tempo reale che andremo ad assistere.
Per raggiungere quest’ultimo obiettivo non esistono guide, esiste la conoscenza della
storia, per far si che la creatività non si rivolga su se stessa in inutili evoluzioni, come
direbbe Enzo Mari (un designer, ovviamente). Per arrivare a una propria espressività,
bisogna saper prima di tutto osservare e ascoltare, per poi filtrare le conoscenze
acquisite attraverso la sperimentazione.
Metodologie
a cura di Luca Pertegato
Processo / Narrazione
Narrazione lineare / non-lineare
Improvvisazione / Organizzazione
Selezione / Composizione
Digitale / Analogico
Processo/Narrazione
Un prima dualità di approccio la possiamo trovare nel rapporto tra il Processo, ovvero il
percorso tecnologico e formale affrontato dall’autore nel progettare e mettere in scena la
performance a/v, e la Narrazione (storytelling), che grazie al processo stesso può essere
trasmessa al pubblico.
Ci sono autori che pongono l’accento sul processo, facendone la loro cifra stilistica,
attraverso una ricerca procedurale che diviene infine linguaggio, fino al punto di
rappresentare visivamente il codice, compilandolo in tempo reale durante la performance,
o di auto costruirsi il dispositivo digitale, elettronico o meccanico, in una sorta di sfida
virtuosistica e di stile con il mezzo tecnologico. Altri autori, diversamente dai primi,
concentrano la loro ricerca sulla narrazione, lineare o non-lineare che sia, che in alcuni casi
può spingersi ai confini del cinema, o meglio, del post-cinema.
Questa dualità nell’approccio nasce naturalmente dall’immaginario e dal background degli
autori stessi, non può essere quindi definito a priori, come scelta di fondo, ma si forma
spontaneamente lungo il percorso di sviluppo del lavoro audiovisivo.
Molto interessanti risultano i progetti che riescono a fondere entrambi gli approcci,
realizzando narrazioni audiovisive con gli elementi del processo utilizzato,
sempre che essi siano significativi e bene integrati nel racconto.
Narrazione lineare/non-lineare
Una narrazione non-lineare è un racconto che viene svolto per salti temporali,
che non segue, quindi, una preordinata sequenza di accadimenti audiovisivi, ma pittosto
forma l’opera complessiva attraverso flash di immagini e suoni liberamente accostati,
come in una sorta di Blob, la famosa trasmissione di Rai3. Questa forma espressiva deve
la sua pratica nella performance audiovisiva, dove viene molto utilizzata, alla tecnica
letteraria del cut-up, che risale al dadaismo (Tristan Tzara) e che fu ripresa e largamente
utilizzata negli anni sessanta dal movimento Beat (William Burroughs e Brion Gysin).
L’opposto di questo tipo di narrazione è, ovviamente, quella lineare, nella quale il racconto
si svolge regolarmente senza interruzioni, salti o inversioni dell’ordine cronologico
degli accadimenti narrati.
Evelina Dominitch e
Dmitry Gelfand creano
performance dove la
narrazione e il tempo
sembrano perdere
importanza di fronte al
meraviglioso.
Improvvisazione/Organizzazione
Metamkine utilizzando
proiettori a pellicola,
filtri colorati e materiali
riflettenti, crea dal vivo
un live ricco di sapiente
improvvisazione.
Selezione/Composizione
La forma contemporanea più nota di Selezione, come pratica artistica legata alla musica,
è quella del DJing, che trova il suo parallelo visivo nel VJing. Djs e VJs utilizzano la
selezione di tracce audio o video non autoprodotte ma scelte nel vasto archivio offerto dalla
rete e dal mercato discografico. Selezionare ovviamente non basta, bisogna saper definire
con gusto la scelta e l’accostamento dei materiali audio/visivi utilizzati, secondo una logica
narrativa, ma soprattutto occorre affinare l’arte del mixaggio. Quando queste abilità sono
ben sperimentate il risultato può diventare molto interessante.
Per Composizione intendiamo tutta quella parte progettuale indispensabile nella musica e
nella composizione visiva, e che ci consente di dare una forma unitaria all’opera.
Esiste poi una forma ibrida di composizione chiamata Sampling, che viene realizzata
campionando brevi frammenti da materiali audio o visivi e ricombinadoli fino a renderne
irriconoscibile la fonte e stravolgendone il senso originario.
AntiVJ realizzano
spettacoli audiovisivi
di mapping con una
grande attenzione alla
composizione e regia
audiovisiva.
Digitale/Analogico
Nicolas Bernier
interfaccia strumenti
analogici e digitali con
una perfetta integrazione
audiovisiva.
Visione e progetto
a cura di Fabio Volpi, Luca Pertegato, Massimiliano Gusmini
Sinestesia audiovisiva
Immersività e interattività
Genesi del progetto
Presentazione del progetto
Livelli di organizzazione del progetto
Organizzazione del team di lavoro
Sinestesia audiovisiva
La sinestesia è un fenomeno legato alla percezione che ha avuto molteplici sviluppi nel
mondo artistico, gli accostamenti tra differenti piani sensoriali sono stati espressi da
poeti di ogni epoca, il principio per il quale un suono chiama contemporaneamente in
causa stimolazioni olfattive, visive o viceversa, può in casi estremi portare ad uno stato
patologico incontrollato di reazioni e cortocircuiti nei soggetti particolarmente sensibili
a questo tipo di connessioni.
Sinestesia audiovisiva
Immersività e interattività
Dopo queste prime tre fasi si raccolgono i dati e le esperienze positive per reinserirle
nel circuito, migliorandone l’efficacia e trovando strumenti o persone migliori per
renderle eseguibili.
Tutto questo implica una comunicazione fluida e priva di scomparti che interrompano il
processo di elaborazione.
I princìpi iniziali sono essenziali per tenere la connessione dei collegamenti, perché
è ad essi che si deve ritornare nel caso di difficoltà o perdita dell’orizzonte creativo
comune.
La genesi di una performance può attivarsi in molteplici maniere: può scaturire sia
da un tema di tipo letterario che da un’esigenza espressiva interiore e quindi avere
rimandi psicologici. Un altro esempio d’ispirazione è quello incentrato sul dispositivo
tecnologico, che da semplice mezzo espressivo diventa anche fine progettuale.
Alcune di queste modalità possono intrecciarsi tra di loro e avere molteplici livelli
di lettura, che conferiscono all’opera una possibilità di riflessione che va oltre alle
suggestioni istantanee di una fruizione in tempo reale.
Una volta scelto il tema, la sua rappresentazione necessita di tenere forte la tensione
verso un approfondimento che mantenga le distanze dalla didascalia e dalla semplice
illustrazione.
La performance audiovisiva ha una stretta appartenenza con le arti figurative e sonore,
con esse condivide la tendenza all’introspezione e non la descrizione, a volte spinge
maggiormente verso la manifestazione dei mezzi e del processo narrativo, che non
verso uno svolgimento e una conclusione logica di una narrazione.
Per queste ragioni, l’analisi progettuale non dovrebbe avere il fine di produrre una
spiegazione o una dimostrazione finale, piuttosto dovrebbe cercare di aprire le
possibilità della tematica scelta all’esplorazione e all’interpretazione, creando aperture
inizialmente inattese verso nuove visioni.
Ryoji Ikeda,
Datamatics [Ver. 2.0],
la rappresentazione del
tema data visualisation.
La terza tappa che segue le fasi iniziali di analisi e discussione del tema di progetto,
è quella in cui operativamente si cominciano a comporre gli elementi che andranno a
costruire il linguaggio dell’opera.
In questa fase si estraggono dalle realtà artistiche, dal quotidiano e dalla storia,
le suggestioni visive e sonore che più si avvicinano alle linee guida stabilite
inizialmente. Il collage che se ne ricava, è il primo resoconto di quello che è già
stato detto in precedenza sul tema proposto, e quindi bisogna stabilire quale deve
essere l’atteggiamento da prendere successivamente: può essere una precisazione
e approfondimento, può rivelarsi anche efficace creare un mix, un crossover di
linguaggi esistenti, in ogni caso è l’attitudine nel rispondere con una modalità
innovativa e personale, che ci rende veramente partecipi di un dialogo sull’attualità
della produzione artistica.
In questa parte del processo creativo, con la pratica sperimentale si cerca di mettere
alla prova non solamente una determinata tecnologia, ma anche le relazioni e i
feedback con il performer stesso che deve utilizzarla.
Si devono sottoporre a verifica le parti hardware (prove di efficacia, di resa, di tenuta
alle sollecitazioni meccaniche ecc.), i dispositivi d’interfaccia(usabilità, ergonomia,
resistenza ecc.) e infine le parti umane (capacità tecnico-artistiche, doti improvvisative,
tenuta psicologica ecc.).
La sperimentazione approfondita di tecniche innovative e storiche dovrebbe avere
l’obiettivo di scegliere il mezzo migliore in termini di resa visiva e sonora del concept
che determina l’identità della performance.
Sperimentazioni audiovisive
degli studenti NABA
sul tema del backlight.
Riportiamo sotto un esempio di sinossi progettuale per il live Punto zero di otolab.
Punto Zero
light and sound live performance
Le differenze sostanziali tra lo storyboard per il cinema e quello per la performance a/v
sono due: la prima riguarda il fatto che quello per il cinema serve a dialogare con i tecnici
che devono realizzare il film, mentre quello performativo è rivolto verso un dialogo interno,
è quindi uno strumento di discussione e confronto, parte integrante del brainstorming,
attraverso il quale prevedere lo svolgimento delle azioni visive e sonore.
La seconda differenza è che ciò che si vede riportato nelle illustrazioni non riguarda
necessariamente una singola inquadratura, ma indica l’evolversi di una determinata fase
drammaturgica con una durata indicativa della stessa, accompagnata dai riferimenti relativi
agli accadimenti sonori, che riportano non solo il loro nome e i dati riferiti al tempo, ma
anche l’espressione dinamica di come vengono eseguiti, ad esempio: crescendo, piano,
rallentare, sfumare, etc.
Una prima riflessione e stesura della scansione temporale delle fasi nelle quali dovrà
evolvere la performance, può avvenire solo dopo aver raggiunto un’unità di visione
sul tema progettuale.
La terminologia con la quale si caratterizzano queste fasi è più vicino al mondo musicale e
delle arti figurative astratte che non a quello cinematografico, queste suddivisioni saranno
ad esempio definite come: crescendo, espansione, esplosione, passaggio a figure puntuali,
saturazione, dissolvimento, spostamento verso l’alto/centro/sopra/sotto e via dicendo.
Si tratta quindi di descrivere la composizione dello spazio previsto per l’esecuzione dal vivo
del lavoro, sia esso una proiezione singola o multischermo, oppure preveda la presenza di
performer, scenografie e tutte le possibili interazioni. Tutto questo deve procedere di pari
passo con l’ideazione di tipo acustico, per evitare sbilanciamenti progettuali.
Il risultato di queste prime riflessioni sarà una bozza da precisare ulteriormente fino a
trasformarsi in story board e partitura audiovisiva.
Nella tavola sotto possiamo analizzare la partitura a/v del progetto Quartetto.swf: in una
timeline di 20 minuti vediamo 5 parti di durate diverse fra loro, ognuna delle quali è a
sua volta divisa in ulteriori fasi, caratterizzate da elementi grafici di diversa intensità, che
rappresentano la tipologia di suono/immagine, il timbro e l’altezza da utilizzare in quel
preciso momento.
In verticale vediamo gli attori audiovisivi, ovvero gli strumenti utilizzati dai performer, in
questo caso erano patch di Flash che producevano contemporaneamente suono e immagini
proiettate su quattro differenti schermi.
Partitura audiovisiva del progetto di live A/V performance Quartetto.swf, otolab 2002
Concettuale
Materiale
Immateriale
Sonoro
Interfaccia
Temporale
Concettuale
Concezione e sviluppo del tema progettuale
In questa fase iniziale di proposta e studio del concept, avviene la stesura delle linee
guida espressive che devono caratterizzare la performance. Queste linee provengono da
suggestioni che possono essere derivate dai campi della letteratura, dell’arte in generale,
da un ambito scientifico, dalla cronaca e così via. Una volta stabilito il tema attraverso
considerazioni personali o brainstorming per quanto riguarda i lavori di gruppo, gli altri
livelli di realizzazione dovranno rispondere coerentemente alle tematiche stabilite, in modo
da garantire un risultato unitario ed efficace.
Materiale
Oggetti scultorei, oggetti di design, oggetti animati e corpi in movimento
Se la performance prevede la creazione di qualsiasi tipo di manufatto, anche animato,
questo deve riferirsi al concept iniziale, la sua funzione è accrescere o approfondire la
percezione d’insieme del risultato finale. Anche la parte performativa corporea, che può
essere recitativa o di danza, non deve sovrapporsi come qualcosa di decorativo e fine a sé
stesso, ma perfettamente coordinata con gli altri ambiti espressivi.
Immateriale
Proiezioni luminose e stimolazioni sensoriali
In questo ambito vanno considerati tutti gli eventi visivi come illuminazioni e video proiezioni
che non hanno una presenza materica e non danno stimolazioni tattili.
Anche se meno diffuse, vanno considerate anche le sensazioni riferite agli odori.
Per quanto riguarda la parte visiva, questa è legata comunque ad un supporto, sia che
si tratti di un telo, di un muro, di un monitor, di una superficie naturale o architettonica
o addirittura del fumo, quindi va pensata in relazione allo spazio in termini materici e di
relazioni proporzionali. Ovviamente il contenuto di queste visioni è in relazione con gli eventi
sonori, e la relazione audiovisiva viene tenuta assieme dal concept.
Sonoro
Performance sonora live
Nel livello degli eventi sonori vanno curati tutti gli aspetti dell’esecuzione della parte
musicale sia in riferimento ai contenuti, sia per quanto riguarda l’ esibizione dal vivo.
Quest’ultimo aspetto è importante perché nella performance audiovisiva entra in gioco
una forte componente di feedback tra i performers stessi e il pubblico, determinandone in
maniera sensibile l’espressione e lo svolgimento.
Nei progetti in cui la generazione di eventi visivi è direttamente e tecnicamente collegata al
suono, il risultato percettivo di unità di stile grafico e acustico va curato particolarmente per
evitare dispersioni di senso e cadute di tensione nella narrazione.
Interfaccia
Dispositivi di interazione virtuale o fisica
Ogni tipo di performance, per essere proposta dal vivo, necessita di particolari dispositivi
che mettano in comunicazione la parte umana con la parte hardware di produzione degli
eventi audiovisivi.
Questi dispositivi d’interfaccia possono essere virtuali e digitali oppure materici e
meccanici, ma la funzione che svolgono è sempre la stessa: rendere possibile e agevole la
comunicazione dei contenuti espressivi proposti dal performer. Da qui la necessità che il
design sia asservito alla migliore usabilità e venga curato in maniera ergonomica, prima di
svolgere eventualmente una particolarità estetica.
Esiste ovviamente la possibilità che la user interface coincida con il prodotto finale, ad
esempio quando si dipinge dal vivo o si manipolano direttamente superfici luminose, in
questo caso nell’esperienza performativa viene annullato il confine tra estetica ed utilità
dell’oggetto e del gesto.
Temporale
Sviluppo della drammaturgia e durata della performance
Un altro ambito che va stabilito a priori, anche se non necessariamente in maniera precisa,
è quello della durata della performance, che può variare da pochi secondi a giornate
intere, l’aspetto che va tenuto in considerazione è come deve avvenire l’alternarsi di fasi
di accrescimento e di rilascio della tensione narrativa, ipotizzando una possibile risposta
dell’audience alla quale fare fronte, anche nel caso di un atteggiamento performativo
volutamente avulso dalla reazione del pubblico.
Ruoli performativi:
- Visual performer: esegue o controlla le parti visive.
- Audio performer: esegue o controlla le parti audio.
- Body performer: usa il corpo in maniera espressiva nella performance.
Progettazione sonora
a cura di Massimiliano Viel
Polilinearità
Modelli funzionali
Melodia
Pattern
Armonia
Texture
La forma
Polilinearità
Modelli funzionali
Se un evento sonoro è composto da strati (o linearità o tracce) ognuna dei quali è composto
da eventi sonori in uno specifico ordine temporale, è possibile individuare una relazione
specifica che ogni strato realizza con gli altri strati che sono presenti simultaneamente.
Nella composizione di canzoni “pop” è normale distinguere tra uno strato costituito dalla
voce del cantante che realizza la melodia del brano e tutti gli altri strati che realizzano
invece il cosiddetto accompagnamento. Siamo di fronte quindi a un paradigma, o modello,
nel quale gli strati sonori possibili vengono caratterizzati da ruoli/funzioni basati sulla
contrapposizione melodia/accompagnamento.
Questo non è l’unico modello possibile. Altri modelli funzionali possono essere più utili
quando si realizzano brani in cui la melodia non è presente oppure quando esistono solo
melodie diverse simultanee e non c’è accompagnamento, come nel caso del cosiddetto
contrappunto.
In questo testo viene presentato sommariamente un modello funzionale che è piuttosto
versatile e permette di affrontare una vasta gamma di problemi compositivi e allo stesso
tempo permette di essere espanso a volontà. Bisogna comunque tenere conto che le
funzioni proposte hanno lo scopo didattico di stimolare l’ascolto e la sperimentazione, più
che quello di dare un criterio assoluto per l’analisi e la composizione.
Secondo questo modello uno strato può assolvere una delle funzioni, che chiamiamo:
melodia, pattern, armonia e texture.
La distribuzione di
funzione negli strati di una
composizione classica:
l’inizio di una sinfonia di
Beethoven.
Melodia
Non è semplice definire cosa è una melodia anche se tutti sappiamo riconoscerla. Ci sono
però casi in cui la melodia sembra imparentata con qualcos’altro così che a stento possiamo
riconoscerla semplicemente come “melodia”; è il caso ad esempio della parte vocale del
“raggamuffin” o del “rap” o di certi “vocalese” jazz.
Sicuramente uno strato, per essere melodia non ha necessariamente bisogno di essere
cantato, dato che può anche essere strumentale, ma richiede quanto meno che esso:
- sia composto di suoni, cioè di eventi sonori in cui sia possibile individuare delle altezze
- che questi suoni siano presenti uno alla volta, cioè che questo strato sia monofonico;
- infine, che questa successione di suoni sia comodamente riproducibile dalla voce umana.
Questi tre requisiti sono estremamente sommari e discutibili, ma forniscono degli ottimi
spunti di discussione per sondare i confini entro i quali definire una melodia.
In un brano ci possono essere più strati che svolgono il ruolo di “melodia”. Può succedere
che la stessa melodia sia presente in perfetto sincrono in due strati, magari cantati due
volte dallo stesso cantante, per rinforzarne la presenza nel brano. Questo modo di far
convivere in un brano due melodie uguali, si chiama, come un termine del tutto generico e
indipendente dal suo uso nel pop, omofonia.
A volte i due strati fanno melodie completamente diverse, che devono coordinarsi tra loro,
ma devono anche apparire quasi in competizione, perché il nostro ascolto non riesce a
seguire con attenzione due elementi diversi allo stesso tempo. Si tratta quindi di “melodie
antagoniste”, che realizzano una polifonia, un uso di melodie simultanee che è alla base di
quella tecnica compositiva che si chiama contrappunto.
In altri casi le due melodie sono diverse eppure così simili tra loro, che è difficile capire
qual è la melodia principale e qual è quella secondaria. Spesso le due melodie hanno ritmi
perfettamente uguali, ma note diverse. Si tratta dell’eterofonia.
Queste tre manifestazioni dello strato “melodia” sono molto utilizzate in misura maggiore o
minore in buona parte delle musiche del mondo, compreso la musica classica, la dance, il
jazz, il pop e buona parte delle musiche di culture extraeuropee.
Come esercizio si può partire da una melodia “a cappella” per sovrapporla a se stessa
iniziando a modificare la copia con leggeri sfasamenti, cambiando l’altezza delle singole
note o creando sovrapposizioni di melodie completamente diverse.
Pattern
Per creare una traccia basata su pattern basta prendere il frammento sonoro e ripeterlo
per quanto si vuole, con un semplice cut&paste sulla timeline. La durata complessiva del
singolo pattern può essere pari a quella della battuta, nel caso si utilizzi un software che
indica una griglia di durate musicali, o a sue frazioni (due quarti, ad esempio, all’interno
di una battuta di 4/4) oppure a multipli (due battute, una battuta e mezzo). Non solo. Gli
elementi all’interno del pattern posso essere fatti corrispondere alle suddivisioni musicali
della battuta (quarti, ottavi, sedicesimi) attraverso un processo di quantizzazione che può
essere realizzato a mano o attraverso software specifici.
La funzione “pattern” può essere presente in un brano in cui gli altri strati hanno funzioni
diverse, tra cui quella della “melodia”, oppure può essere presente in brani che fanno
esclusivamente uso, nei vari strati, della funzione “pattern”. Un brano esclusivamente
basato su pattern è un brano in cui ogni strato svolge la funzione di “pattern”, ognuno con
un diverso pattern, magari tutti di uguale durata, tipicamente una battuta, o comunque di
durate multiple o sottomultiple del valore di riferimento, che è la pulsazione (beat) e la cui
velocità è indicata dal bpm.
Una musica basata su pattern viene organizzata da come i pattern cambiano durante
il suo svolgimento. Alcuni pattern possono durare dall’inizio alla fine. Altri possono
improvvisamente cambiare nel corso del brano. Altri pattern sono così importanti da
definire un genere o uno stile e da gadagnarsi un vero e proprio nome, come il “basso
albertino” nella musica del ‘700, lo “steady beat” della dance, il “martillo” e la “cascara”
nella musica Salsa. Realizzare il brano in un genere specifico, ad esempio il Dub, significa
individuare quei pattern che identificano il genere.
Esistono pattern interamente realizzati da strumenti non intonati e quindi da rumori,
come nel caso delle drum machines o delle percussioni, che chiamiamo semplicemente
“pattern ritmici”, e pattern che si manifestano con ritmi, ma anche con altezze, poiché sono
realizzati da strumenti intonati e che possiamo chiamare “pattern figurali”: è il caso ad
esempio degli arpeggiatori, ma anche di tutti gli strumenti acustici.
Infine, esistono almeno due tipologie di pattern, a seconda del ruolo che occupano nel
flusso di ripetizioni. I pattern del primo tipo servono come substrato di un brano e vengono
ripetuti continuamente, e sono i pattern come normalmente li conosciamo. I pattern del
secondo tipo vengono invece utilizzati per interrompere il flusso di ripetizioni dei pattern
del primo tipo in modo da organizzarle in sezioni. Possiamo chiamare questi pattern del
secondo tipo marcatori. Un esempio notevole e ormai storico di marcatore è il famoso
“Amen break”. SI tratta di un break, cioè di una figurazione ritmica usata dalla batteria per
interrompere il pattern principale che è stato usato in un celebre interpretazione del brano
Rhythm and Blues del 1969 “Amen Brother” dei Winstons, che, una volta campionato,
accelerato e usato come pattern del primo tipo, è diventato forse il pattern più utilizzato
negli anni ’90 e una firma sonora del genere breakbeat.
Armonia
L’armonia è quella disciplina musicale che studia e regolamenta ciò che succede quando in
un brano ci sono note simultanee. Lo studio dell’armonia è lungo e complesso e in generale
mira a ricostruire quelle pratiche musicali che storicamente vanno dal 1600 all’inizio del XX
secolo: il cosiddetto sistema tonale su cui è basato quel periodo musicale che normalmente
viene chiamato, in modo scorretto, “musica classica”.
Oggi il sistema tonale sopravvive, anche se con modifiche che sono state introdotte dal
contatto con il blues, nelle produzioni musicali del pop di massa in gran parte delle sue
manifestazioni, dance compresa, anche quelle più di nicchia, come certo jazz di facile
ascolto.
Gli strati che svolgono la funzione di “armonia” sono realizzati esclusivamente da strumenti
intonati e hanno in genere una velocità ridotta rispetto, ad esempio, a quella dello strato
melodico, così che spesso più note della melodia sono sovrapposte a una sola nota
dell’armonia. In un caso estremo tutta la melodia è “accompagnata” da una sola nota dello
strato armonico: si tratta del drone, chiamato a volte anche con la terminologia più classica
di “bordone” o “pedale”.
Esistono certamente brani realizzati solo con strati che svolgono esclusivamente la
funzione armonica: il genere “drone ambient” ad esempio si basa proprio su questa
caratteristica. Se dunque realizzare uno strato armonico richiede uno studio che questo
testo non può certamente supportare, è comunque possibile sperimentare questa funzione
realizzando brani basati su drone composti da note fisse per tutto il brano o che cambiano
lentamente.
Texture
Una texture è quindi un evento sonoro che viene apprezzato per le sue qualità complessive:
ad esempio la velocità generale o il volume generale degli eventi, la maggiore o minore
melodicità, l’asprezza generale dei timbri usati e molte altre. Gli strati che svolgono il
ruolo di “texture” possono essere realizzati attraverso un cut&paste di eventi che, una
volta mixati tra loro, perdono la loro individualità oppure attraverso software specifici che
creano le texture da zero o le costruiscono a partire da campioni trattati attraverso delay,
granularizzazioni (vedi sintesi granulare) e altri procedimenti.
Gli strati con funzione “texture” possono essere presenti sia insieme a strati che svolgono
altre funzioni, sia in brani composti esclusivamente da texture. Chiaramente, essendo le
texture prive di una melodia, pattern e armonia, così come le si intendono comunemente,
vengono spesso utilizzate in produzioni etichettate come “sperimentali” o che spingono un
o stile riconosciuto al di là delle sue caratteristiche ordinarie, come nella Art-Techno (ad
esempio con gli Autechre) o nel Post-Rock (come per i Tortoise).
La forma
Cosa cambia tra sezioni uguali e tra sezioni diverse? Sezioni uguali possono presentare
cambiamenti nell’organizzazione delle funzioni degli strati di cui sono composti. Oppure
uno strato presente precedentemente può scomparire o può esserne introdotto uno nuovo.
L’importante è che le sezioni con lettere uguali si possano riconoscere come simili e quindi
non ci deve essere grande cambiamento in ciò che presentano i singoli strati.
Sezioni con lettere diverse possono presentare cambiamenti sia nell’organizzazione di strati
e delle loro funzioni, sia nel loro contenuto sonoro.
Dunque è evidente che una sezione non viene considerata in modo troppo diverso da come
abbiamo considerato pattern nella funzione relativa: in fondo una sezione formale è molto
simile a un pattern di strati, magari composti a sua volta da pattern.
Tenendo ben presente questo principio è possibile inventarsi forme scegliendo un ordine di
lettere a piacere, stabilendone la durata in numero di battute e scegliendo per ogni lettera il
numero di strati e le loro funzioni e infine realizzandone il contenuto sonoro. In questo modo
è possibile sperimentare e inventare musiche diversissime, anche partendo dall’ascolto di
musiche preesistenti e dall’individuazione in esse di sezioni formali, funzioni degli strati e
pattern.
Progettazione visiva
a cura di Massimiliano Gusmini
Definire la parte visiva di un progetto di performance a/v senza considerare l’audio non è
un approccio percorribile, progettare una performance audiovisiva significa definire una
relazione tra eventi sonori e visivi, indipendentemente dalla poetica del progetto.
Questa relazione, che è la particolarità della performance audiovisiva come forma
artistica, si esprime principalmente in questi rapporti:
Sono rapporti liberamente combinabili tra loro e vanno interpretati come spunti per la
sperimentazione audiovisiva.
Analogica
Per analogia col mondo reale, audio e video stabiliscono un codice di relazioni
riconoscibile nel mondo reale.
Enfatica
Gli eventi audiovisivi sono estremizzati, con contrasti molto marcati.
Parossistica
In questo caso gli abbinamenti audiovisivi sono volutamente invertiti.
Per esempio forme piccole abbinate a suoni gravi, o eventi visivi molto forti
abbinati a suoni delicati.
I movimenti visivi di un elefante e cinguettii sonori di un passerotto.
Indifferente
Audio e visual vanno per conto loro in maniera marcata e insistita.
E’ la più difficile da ottenere senza risultare fastidiosamente casuali.
Arbitraria
La relazione tra suoni e immagini è sperimentale e arbitraria ma stabilisce
una coerenza audiovisiva.
La scena fisica della performance a/v implica il rapporto tra lo spettatore, lo spazio scenico
dove si svolge l’opera e il luogo architettonico che ospita l’evento, sino al punto che il
progetto dovrebbe essere il più possibile site-specific.
In fase di ideazione e progettazione del live è utile definire alcuni semplici schemi
di impostazione dello spazio scenico:
1. Frontale
2. Laterale, destra/sinistra
2. Centrale
3. Attorniante
4. Distribuita
Si tratta del primo aspetto progettuale da considerare e include sia lo spazio fisico della
performance che i visual delle proiezioni.
Considerare il campo visivo implica riflettere sul grado di immersività della scena
complessiva nei confronti dello spettatore. Una scena poco immersiva comporta
l’interazione con elementi visivi che possono essere disturbanti e che in qualche modo
limitano la partecipazione e distraggono l’attenzione dello spettatore.
Una percezione globale e avvolgente è una condizione necessaria.
Riconoscimento
scrittura
Distinzione
colori
170° 170°
Tipologie di visual
Approccio minimale
Per ragioni di metodo consideriamo eliminabili tutti gli elementi non necessari all’idea
del progetto. E’ importante evitare dunque ridondanze ed elementi gratuiti, anche in
termini di set-up tecnico.
Nel nostro stage visivo ideale dovremmo usare solo gli elementi utili al progetto.
In questo processo di sintesi, bisogna saper distinguere quello che è apparentemente
secondario e ciò che è eliminabile. Le soggettività degli elementi apparentemente
secondari sono fondamentali per alternare il focus di una narrazione.
Approccio minimale significa anche evitare differenze ingiustificate tra temi formali
e di segno.
Serendipity
È importante sapere cogliere ciò che le macchine e il caso suggeriscono.
Ciò vale in tutte le modalità tecniche ma in modo particolare per quelle generative, dove
gli algoritmi che determinano le immagini possono essere costantemente manipolati in
real-time, e i risultati visivi spesso sono inaspettati e molto lontani dal prime intenzioni.
Vanno dunque esplorate le varie possibilità offerte dal tool generativo e vanno poi
selezionate le immagini (e i parametri che le determinano) compatibili col layout del
progetto.
Può succedere che l’esplorazione porti a modificare il layout del progetto iniziale,
perché ciò che si trova esplorando i sistemi generativi è a volte più interessante di ciò
che ci si immagina in partenza.
Ma in questo continuo feedback tra l’autore e il tool generativo bisogna anche
sapersi fermare. Una volta trovato ciò che serve al progetto dovremmo sospendere
l’esplorazione, per evitare che questa diventi fine a se stessa, e tornare allo
storyboard della performance a/v per affrontare l’integrazione delle variazioni e la loro
distribuzione lungo la timeline.
Senza una narrazione efficace qualsiasi visual si svilisce e l’attenzione dello spettatore
si perde rapidamente se non coglie una storia o una concatenazione di eventi audiovisivi.
Disporre di belle immagini in partenza non significa affatto un buona riuscita della
performance a/v, occorre saperle mettere in successione e abbinarle alla musica, che si
sviluppa temporalmente.
Possiamo individuare cinque tipiche fasi in una performance a/v di circa 30 minuti:
1. Introduzione
2. Sviluppo del tema
3. Sorpresa
4. Ripresa del tema
5. Chiusura
È importante catturare l’attenzione del pubblico con scorci visivi diversi o mutamenti
di inquadratura, che considerino sempre con attenzione cosa sia coerente e opportuno
svelare nella fase successiva dello svolgimento e sempre in riferimento a ciò che accade
nello sviluppo dell’audio.
Figura e sfondo
Nella scena fisica della performance e negli schermi dobbiamo innanzitutto stabilire una
gerarchia, è fondamentale definire ciò che è figura in primo piano e ciò che è sfondo.
E’ un rapporto che esiste esplicitamente in ambito tridimensionale ma riserva molte
interessanti possibilità creative nella bidimensionalità.
Come sosteneva Arnheim che “non esiste un dipinto assolutamente piatto” e che
“la bidimensionalità come sistema di piani frontali è rappresentata nella forma più
elementare dal rapporto figura sfondo ”.
Questa distinzione permette di concentrarci sugli attributi variabili dello sfondo e
della figura nella loro reciproca interazione e ci permette di controllare la profondità
dell’immagine.
Figura - sfondo
Linea d’orizzonte
Come le immagini si relazionano con gli assi visivi della scena, dipende da quanto
consideriamo la linea d’orizzonte e la simmetria del cono visivo, tutto ciò va considerato
come materia di esplorazione e ricerca per ciò che definiamo impaginazione dei visual.
La posizione degli attori audiovisivi all’interno dello schermo è in costante rapporto col
centro ideale della scena che rappresenta una grande risorsa narrativa: l’attore posizionato
in punti diversi della scena determina variazioni di significato.
Una posizione centrale e simmetrica è più monumentale ma tendenzialmente più statica
rispetto a posizioni asimmetriche. È dunque importante considerare la coerenza tra
inquadratura dei visual e linea d’orizzonte reale dello spettatore.
Spazio fisico e spazio virtuale devono relazionarsi per rendere efficace l’illusione di
annullamento dei loro confini. La creazione e l’impaginazione dei visual da proiettare
devono dunque considerare sin dall’inizio la collocazione dello schermo e l’altezza del punto
di fuga prospettico rispetto all’asse visivo della scena.
Schermo
Scelte cromatiche
La prima considerazione da fare è che partiamo dal nero. Il nero è il silenzio, il buio,
il vuoto, lo schermo spento va usato come elemento scenico e drammaturgico,
ma attenzione ai falsi neri dei proiettori!
Strumenti e interfacce
Sintetizzatori
Drum Machine
MIDI Controller
Mixer audio
Software per produzione, editing e live audio
DAW – Digital Audio Workstation
Esempi di interazione tra suono e visione
Strumenti e interfacce
Di seguito, diamo una breve descrizione dei dispositivi tecnologici che, grazie all’evoluzione
della ricerca in campo informatico, ne hanno reso possibile l’utilizzo a un’ampia fascia
di utenti e sono divenuti, grazie alla loro flessibilità d’uso, gli strumenti che hanno
caratterizzato il sound delle attuali performance audiovisive.
Sintetizzatori
Sintetizzatore Moog
Drum Machine
MIDI Controller
Midi è l’acronimo di Musical Instrument Digital Interface, cioè interfaccia digitale per
strumenti musicali.
La sua nascita si deve principalmente all’esigenza di collegare facilmente tra loro
diversi strumenti musicali elettronici, favorita dalla crescente disponibilità di tecnologie
digitali a basso dei primi anni ‘80.
E’ uno standard riconosciuto in tutto il mondo dai costruttori di strumenti musicali,
computer e apparecchiature audio/video.
Lo scopo del codice MIDI è quello di trasformare in messaggi numerici, ogni azione
compiuta da un musicista nell’eseguire un brano, tanto da poter eventualmente
permetterne una riesecuzione elettronica automatizzata.
Nei cavi MIDI viaggiano sempre e solo informazioni, dati digitali e mai un segnale audio
analogico o digitale che sia.
Uno strumento di controllo detto appunto controller che usa il protocollo MIDI,
permette di gestire molteplici funzioni di un personal computer, andando oltre la
semplice interfaccia di un puntatore mouse, restituendo l’usabilità tipica delle macchine
analogiche dedicate alla produzione musicale.
Mixer audio
Il mixer audio è uno strumento di regia nelle produzioni sonore con uso di molteplici
strumenti utilizzati contemporaneamente. E’ dotato di un numero di ingressi che
variano da un minimo di 2 fino a 32-48 canali e oltre, è il cuore di un set up audio,
attraverso di esso passano tutti i segnali audio che poi vengono inviati all’impianto
di amplificazione e agli altoparlanti. Può essere dotato di uscite e canali specifici di
mandata verso effetti audio che trasformano in maniera più o meno decisa i segnali
in ingresso.
Esistono differenti tipologie di mixer: quello live, la cui caratteristica è di avere la
possibilità di essere trasportabile e facilmente collegabile agli strumenti, il mixer da
studio, del tutto simile a quello precedente ma con una configurazione definita, adatta
alla produzione e registrazione. Di dimensioni ridotte e con un numero minimo di
funzionalità è il mixer da dj che diventa un vero e proprio strumento musicale solista,
che miscela generalmente due fonti sonore in esibizioni live.
Con l’avvento dell’informatica, anche questi dispositivi possono essere controllati
digitalmente via MIDI diventando parte integrante delle digital audio workstation.
Mixer per DJ
Dal punto di vista delle loro origini, le workstation risalgono alla fine degli anni ’70 con
l’arrivo dei primissimi personal computer e processori audio digitali,
per una maggiore diffusione commerciale ed un utilizzo più intuitivo di questi dispositivi
bisognerà arrivare verso la metà degli anni ’80 con i software Soundedit per i Macintosh
della Apple nel 1986 e il predecessore di Pro Tools, Sound Tools sempre per sistemi
operativi Apple nel 1987. Nel 1989 il software con semplici funzionalità MIDI, Cubase, viene
implementato per la registrazione audio e prodotto per le piattaforme Atari. Per i sistemi
operativi Windows di Microsoft, solamente nel 1993 verrà realizzato Samplitude Studio
della Magix, inizialmente concepito per Amiga della Commodore.
Oltre alle diverse tipologie di DAW che necessitano di processori e sistemi operativi basati
su computer, vi sono anche le workstation che svolgono le medesime funzioni in un unico
strumento, sia in versione rack, che con tastiera, come ad esempio nel caso della Korg M1,
oppure in versione registratore multitraccia digitale con funzioni avanzate di editing
come il Tascam DP32.
Ableton Live!
Live! appartiene alla categoria dei sequencer (programmi capaci di gestire la riproduzione
e la registrazione di più tracce contemporaneamente) anche se, al contrario della maggior
parte di questi software, la sua interfaccia è caratterizzata dalla divisione in due finestre
utili sia come strumento usato live nelle performances, che come strumento per comporre,
registrare, missare ed arrangiare brani musicali.
Questo lo rende uno dei software più versatili e più usati tra le DAW (digital audio
workstation). Nella versione base sono già presenti due strumenti (Impulse e Simpler),
mentre altri posso essere acquistati separatamente.
Per quanto riguarda gli strumenti hardware numerosi sono i controller compatibili, tra
questi è bene citare l’ APC40 dell’ Akai un MIDIcontroller pensato per funzionare
esclusivamente con Live!
Dalla versione 8 in poi è inclusa una piattaforma Max/MSP integrata chiamata Max for Live.
www.ableton.com
Cubase
Tra le più vecchie DAW ancora oggi usate Cubase permette di registrare e produrre basi
musicali in formati diversi (MIDI, WAV, AIFF,...).
Appartiene alla famiglia dei sequencer e supporta la tecnologia VST, ideata dalla stessa
casa di produzione, che permette di utilizzare i cosidetti plug in, strumenti virtuali in grado
di elaborare tracce audio o MIDI.
www.steinberg.net
FL studio
Sequencer in grado di registrare e mixare dati audio di diversi formati MPEG3,
WAV, OGG, MIDI,ecc.. è disponibile, al momento, solo per il sistema operativo Windows.
E’ considerato una workstation audio digitale tra le più elementari, anche se numerosi
miglioramenti al sequancer nelle ultime versioni lo hanno portato a livelli più professionali.
www.image-line.com/flstudio
ProTools
Tra i software più utilizzati a livello professionale è disponibile in tre versioni: MP, standard
e HD creative. Nel 2011 è stato introdotto il sistema HDX che permette di gestire un elevato
numero di tracce e di plugin rendendo questo software ancora più performante.
Pro Tools è molto usato anche in ambito non strettamente musicale, ad esempio negli
studi televisivi, nel cinema e nei videogames.
www.avid.com/us/products/family/pro-tools
Logic
Tra software più usati, insieme a Reason, dai “ bedroom producers ” consente di lavorare
sia con audio che con MIDI fino a 128 tracce simultanee, inoltre sono disponibili numerosi
plug in compatibili. Dal 2002 è stato acquisito da Apple computer, dunque è disponibile solo
per questo sistema operativo. La decima versione del software, Logic Pro X, include, tra
l’altro, numerose migliorie all’interfaccia.
www.apple.com/it/logic-pro
Reason
Tra i software più usati, insieme a Logic, dai “ bedroom producer ” Reason è sviluppato
dalla casa svedese Propellerhead.
E’ caratterizzato da una interfaccia grafica basata sui rack che è rimasta sostanzialmente
invariata, anche se nelle ultime versioni è stata migliorata la parte sequencer che ora
rappresenta il fulcro del programma.
www.propellerheads.se/products/reason
Max/MSP
Max/MSP è un linguaggio di programmazione visuale scritto originariamente da Miller
Puckette. In questo tipo di linguaggio di programmazione gli attori (“objects”) sono connessi
(“patched”) tra di loro graficamente. E’ utilizzato principalmente per la musica, la
multimedialità ed il software interattivo da musicisti, artisti, compositori ed esecutori.
Può essere, inoltre, usato per elaborare plugin software per i maggiori programmi audio.
E’ diventato man mano più usato nelle perfomance audiovisive.
Il programma ha una integrazione speciale per processare immagini chiamata Jitter.
cycling74.com/products/max
Pure Data
Pure Data è un linguaggio di programmazione visuale open source ideato da Miller
Puckette, stesso programmatore di Max/MSP.
Rappresenta, infatti, una ottima alternativa a Max/MSP pur avendo notevoli differenze con
quest’ultimo. Si possono manipolare elementi sonori ed anche immagini e video.
puredata.info
Bitwig Studio
www.bitwig.com/en/bitwig-studio/overview.html
Cakewalk
www.cakewalk.com
Ardour: ardour.org
Darkwave studio: www.studiotoolz.net/darkwave-studio
Qtraktor (solo per linux): qtractor.sourceforge.net/qtractor-index.html
Audacity: audacity.sourceforge.net
Music editor free: www.music-editor.net
WavePad Audio Editing: www.nch.com.au/wavepad
Interfaccia di Cubase
Interfaccia di Ardour
Interfaccia di Audacity
Interfaccia di ProTools
Quando degli eventi di tipo fisico o virtuale vengono analizzati e trasformati in dati per la
creazione di suoni, stiamo parlando del processo detto di “sonificazione”. Se questa pratica
viene realizzata in “real time”, diventa possibile che la presenza di materiale visivo venga
processato informaticamente e convertito in flusso audio, utilizzando software dotati di
scanner che in tempo reale convertano i segnali visivi in suoni di tipo digitale.
A un livello più “analogico” esistono fotocellule reattive alla luminosità, (fotoresistori),
sensibili al variare della luce, che modificano direttamente i parametri di un oscillatore
di un sintetizzatore, come nel caso del Lumanoise. Simile a questo sistema, è il
funzionamento di apparati dotati di piccoli pannelli solari che trasformano la luce in
corrente elettrica in piccolo voltaggio, utilizzata anche in questo caso per stimolare un
oscillatore. Interessante anche il progetto dei Quiet Ensemble, “The Enlightement” che
utilizza un sensore che percepisce il campo magnetico dei corpi illuminanti.
Quiet Ensemble,
The Enlightement
performance audiovisiva
2014
Con la diffusione sempre più capillare delle piattaforme digitali, lo sviluppo coordinato di
attori virtuali che creano mondi sonori e visivi generati su base informatica, è diventato una
prassi realizzabile anche senza particolari conoscenze dei linguaggi di programmazione.
Abbiamo già parlato degli applicativi basati su user actor, con i quali facilmente si possono
progettare queste effimere presenze sonore.
Una particolare esperienza negli oggetti sonori è quella sperimentata da Otolab nella
performance “Quartetto.swf” con la creazione di una vera e propria tastiera audiovisiva di
animazioni sonore in tempo reale, basata sul software di grafica e motion design “Flash”.
Otolab, Quartetto.swf,
performance audiovisiva, 2003
Link
Sonificazione: ettoregarzia.blogspot.it/2013/09/un-applicazione-della-computer-music-la.html
Oggetti audio-visivi: www.alessiosantini.com/ws/wp-content/uploads/2009/02/alessiosantini-cim08.pdf
Pinuccio Sciola: it.wikipedia.org/wiki/Pinuccio_Sciola
MAX: en.wikipedia.org/wiki/Max_%28software%29
Lumanoise: lumanoise.blogspot.it/p/about-lumanoise.html
Quiet Ensemble: vimeo.com/113527001
Otolab Quartetto.swf: vimeo.com/699872
Autori
Glossario
Interfaccia di Resolume
Interfaccia di VDMX
Interfaccia a nodi
di Isadora
Interfaccia a nodi
di MaxMSP
Interfaccia a nodi
di Pure Data
Autori
Glossario
Interfaccia a nodi
di VVVV
Interfaccia a nodi
di Quartz Composer
Autori
Glossario
Interfaccia di Millumin
6jidg^Y^eZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kZ
VXjgVY^AjXVEZgiZ\Vid
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
6ci^"k_
6ci^K?jcÉZi^X]ZiiVk^h^kVXgZViVYVjc\gjeedY^Vgi^hi^ZjgdeZ^Z^aXj^aVkdgdh^XdcXZcigV
hjaaÉjhdYZaaVajXZegd^ZiiViVZaVhjV^cÓjZcoVhjaaVcdhigVeZgXZo^dcZ#
AdciVc^YVaaZiZXc^X]ZhiVcYVgY!^a\gjeedegZhZciVheZiiVXda^a^kZZ^chiVaaVo^dc^!
egZhZciVcYdVaejWWa^Xdhi^bdaVci^ZheZg^ZcoZVjY^dk^h^kZ#
6ci^K?hiViddg^\^cVg^VbZciZXgZVid^cidgcdVa'%%+YVNVcc^X`?VXfjZi!?dVc^ZAZbZgX^Zg!
Da^k^ZgGVih^ZGdbV^cIVgYn#I]dbVhKVfj^^aXdbedh^idgZbjh^XVaZYZaaVbV\\^dgeVgiZ
YZaaZdeZgZYVa'%%-!aÉVgi^hiVk^h^kdZXdYZgXgZVi^kdH^bdc<Z^a[jhh^jc^idVa\gjeed
cZa'%%.#
m[Xi_j[i
Vci^k_#Xdb
k^bZd#Xdb$Vci^k_
l_Z[e
DDb^Xgdc'%&'/k^bZd#Xdb$)&)-++&.
Hi<ZgkV^h'%&%/k^bZd#Xdb$&-%&&&+,
HDC<9D'%%./k^bZd#Xdb$&%%(''%,
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
7VhKVc@ddal^_`
7VhkVc@ddal^_`ji^a^ooVhjdc^Z^bbV\^c^!VcVad\^X^dY^\^iVa^!XdbZYVi^^ciZgXVbW^VW^a^#
Hk^ajeeVcYdaZegdeg^ZVeea^XVo^dc^]VgYlVgZZhd[ilVgZ!gZVa^ooVXdbedh^o^dc^k^h^kZZ
VXjhi^X]Z^cXj^ZcigVbWZaZiZXcdad\^Z^ciZgV\^hXdcdigVadgd#
AZhjZdeZgZedhhdcdZhhZgZk^hiZXdbZjcViiVXXdVaaÉ^aajh^dcZYZabZoodhiZhhd#
>ciZgk^hiVY^BVgXdBVcXjhdhj9^\^bV\/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%%($^iVa^Vcd"^"Xdadg^"b^c^bVa^"Y^"WVh"kVc"`ddal^_`
m[Xi_j[i
WVhkVc`ddal^_`#Xdb
JBVi^X8daaZXi^kZ/jbVi^X#ca$^c[dTWVh
l_Z[e
HncX]gdcVidg/k^bZd#Xdb$,%(&.,&
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
7gjXZBX8ajgZ
ÆJcVYZaaZXdhZ^ciZgZhhVci^YZ^egd^Ziidg^X]ZjhdX]Z]Vccdjchjdcddii^Xd/Xdc
fjZhidh^hiZbVjcV[dgbVY^ZcZg\^VejZhhZgZXdckZgi^iV^cjcÉVaigV#JcV[dgbVYÉdcYV
gVeegZhZciViVXdbZjckVadgZXVc\^VciZY^ajXZZWj^dhjaaVeZaa^XdaVXdckZgi^idYVjc
[VhX^dY^ajXZZYVjcXVidYd^cjcdjiejiZaZiig^XdVbea^ÒXVidZgZhdjY^W^aZViigVkZghdYZ\a^
VaideVgaVci^#>aegd^ZiidgZ]VjcÉVcVidb^V^ciZ\gViVY^YZh^\c^c\gVYdfj^cY^Y^hdYY^h[VgZ
h^V\a^dXX]^X]ZaZdgZXX]^Z#AVeZaa^XdaVcZaaZb^ZeZg[dgbVXZbVcYVVaaVaVbeVYVYZaaZ
^bbV\^c^ZVahZchdgZYZahjdcdYZ^hZ\cVa^VjY^dX]Zedhhdcdfj^cY^ZhhZgZi^gVi^Zhe^ci^
YVaegd^Zo^dc^hiV$eZg[dgbZg#FjZaadX]ZXZgXdY^[VgZY^[VghjdcVgZfj^cY^aÉdhXjg^i|!
\dYZcYdcZd\c^bdbZcideg^bVX]ZfjVaXjcdVXXZcYVaVajXZ#Ç
>ciZgk^hiVY^BVgXdBVcXjhdZ7ZgigVbC^ZhhZchj9^\^Xjai/AVbViZg^VhXjaidgZVY^7gjXZBX8ajgZ
lll#Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%(,$WgjXZ"bXXajgZh"hXjaeijgVa"bViZg^Va
m[Xi_j[i
di]ZgÒab#dg\$WgjXZ"bXXajgZ
l_Z[e
'*;EH"7gjXZBX8ajgZ/k^bZd#Xdb$&-)...,)
9dcdhi^V'%%,/ndjij#WZ$oNjV]kmH'@B
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
9ZgZ`=daoZg
9ZgZ`=daoZgJH6&.,'jcXdhigjiidgZY^higjbZci^ZVgi^hiVYZahjdcd^Xj^^ciZgZhh^
^cXajYdcdZaZiigdc^XV9>NVcVad\^XV!ÒZaYgZXdgY^c\!VgX]Zdad\^VYZ^bZY^VZ^ejci^Y^
^cXdcigdigVZaZiigdVXjhi^XV!gjbdgZ!^begdkk^hVo^dcZZbjh^XVZhigZbV#
9Va'%%']ViZcjidX^gXV'%%eZg[dgbVcXZhdcdgZheZg^bZciVa^!XgZVidYZX^cZY^higjbZci^
Z]V^chZ\cVid^cdaigZ&(%aVWdgVidg^YZahjdcd^cijiiV:jgdeV!CdgYZHjY6bZg^XVZ
CjdkVOZaVcYV#
m[Xi_j[i
bVXjbW^hiV#cZi
k^bZd#Xdb$bVXjbW^hiV
l_Z[e
IDC:L=::AH/k^bZd#Xdb$,),+'&.
GZcXdcigZh>ciZgcVi^dcVaZhYZh6gihBjai^bZY^V/ndjij#WZ$n,9,:NZO""J
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
:Yl^ckVcYZg=Z^YZ
Æ:Yl^ckVcYZg=Z^YZ^aegdidi^edYZabdYZgcdVgi^hiVbjai^bZY^VaZX]Z![ZYZaZVfjZhiV
dgbV^kZijhiVZVWjhViVYZÒc^o^dcZ!e^Y^Vaig^^c\gVYdY^Zheg^bZgZ^ahjdaVkdgdigVb^iZ
Y^[[ZgZci^bZoo^!h^VcdZhh^^ahjdcd!hZbegZjhVidXdbZhigjbZcidY^eZcZigVo^dcZ^c
jcdheVo^dÒh^Xdbjai^[dgbZ!aZajX^Z^aVhZg!bZoodX]ZcZaaZhjZbVc^Y^kZciVd\\Ziid
Y^VcVa^h^bViZbVi^XVZ^bbZgh^dcZegd[dcYVeZg^aejWWa^Xd!^hZchdg^ZaZe^Y^kZghZ
iZXcdad\^ZeZg\VgVci^gZjc^ciZgZhhVciZa^kZaadY^^ciZgVii^k^i|igVjdbdZbVXX]^cV#Ç
>ciZgk^hiVY^BVgXdBVcXjhdhj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%%+$^iVa^Vcd"hdjcY"Vgi"Z"VjY^dk^h^k^"^ciZgVii^k^
m[Xi_j[i
ZkY]#cZi
k^bZd#Xdb$jhZg'()(-*'
l_Z[e
AHE;Zhijc\:]gZcWgZ^ihiZ^c'%&'/k^bZd#Xdb$).('*)*.
9HA:"("'%&'/k^bZd#Xdb$).-+%.**
AHEAVhZg$HdjcYEZg[dgbVcXZ'%%./k^bZd#Xdb$,%-+)''
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
:kZa^cV9dbc^iX]Z9b^ign<Za[VcY
ÆAÉ^bedgiVcoVYZaaVhX^ZcoVcZagVeedgidXdcaÉVgiZV[[gdciViV^ciZgcVo^dcVabZciZZY
VaaVWVhZYZaaZe^^bedgiVci^higjiijgZVXXVYZb^X]ZZY^heZg^bZciVo^dcZ!
X]Zfjdi^Y^VcVbZciZZheadgVcd^XdcÒc^igVVgiZ!bViZbVi^XV!Òh^XV!ZaZiigdc^XV!
X]^b^XV!Vbea^VcYdVY^hb^hjgVaZedhh^W^a^i|Y^XdcdhXZcoVZXgZVi^k^i|!g^ÓZiiZcYdaV
hiZhhVhigjiijgVbjai^[dgbZZhigVi^ÒXViVYZaaVcVijgV#
AVg^XZgXVY^:kZa^cV9dbc^iX]Z9b^ign<Za[VcY!^cfjZhidhZchd!hj\\Zhi^kVZ
XdbeaZhhV0e^dc^Zg^hi^XVcZaaÉVeegdXX^dVaaÉjc^kZghdYZaaZdcYZhdcdgZZajb^cdhZ!
cZaaÉZheadgVo^dcZYZa[ZcdbZcdYZaaVhdcdajb^cZhXZcoV0dg^\^cVaZZ\Zcj^cVbZciZ
Xjg^dhVcZ^Xdc[gdci^YZaaVeZgXZo^dcZZYYZaaVeZgeZijVa^i|YZ^bZY^V#Ç
>ciZgk^hiVY^H^ak^VHXVgVkV\\^hj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%''$VXijVi^c\"XdchX^djhcZhh"d["XnWZgcZi^X"[jijgZ
m[Xi_j[i
edgiVWaZeVaVXZ#Xdb
l_Z[e
=nYgd\Zcn'%&&/ndjij#WZ$F`i7LX*?WZ%
Bjh^X7^ZccVaZ'%&%/ndjij#WZ$[:-om-Ydb9-
&%#%%%EZVXdX`;ZVi]Zgh'%%./k^bZd#Xdb$)%&+'.'
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
<daVcAZk^c
<daVcAZk^cjcVgi^hiV!Xdbedh^idgZ!eZg[dgbZgZ^ckZcidgZ^ciZgZhhVidVaadhk^ajeedY^
Vgi^ÒX^ZYZkZci^^cXj^h^Vedhh^W^aZ^cYV\VgZcjdkZbdYVa^i|Y^ZhegZhh^dcZgZVii^kV#
>ahjdaVkdgd[dcYVidhjaaVegd\ZiiVo^dcZY^h^hiZb^Y^XgZVo^dcZZbVc^edaVo^dcZY^
^bbV\^c^Zhjdc^^ch^bjaiVcZV!XdbZeVgiZY^jcdhijY^dVYVbe^dheZiigdhjaa^c\jV\\^d
[dgbVaZYZaaÉ^ciZgVii^k^i|Zhj^egdidXdaa^Y^Xdbbjc^XVo^dcZcZ^h^hiZb^X^WZgcZi^X^#
m[Xi_j[i
Ódc\#Xdb
l_Z[e
Jghdcd\gVe]n:mXZgeih'%%*/k^bZd#Xdb$'(+***,
HXgVeeaZ7g^Z[9Zbd'%%*/k^bZd#Xdb$'(,.-.%
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
=ZgbVc@da\Zc
Æ###=ZgbVc@da\Zck^kZVBdcigVaFjWZX!8VcVYV#HXjaidgZVjY^dX^cZi^Xd!aVkdgVV
eVgi^gZYVaaVgZaVo^dcZigV^ahjdcdZaÉ^bbV\^cZXgZVcYd!YVaaVadgdXdckZg\ZcoV!deZgZ
egZhZciViZhdiid[dgbVY^^chiVaaVo^dc^!eZg[dgbVcXZ!hXjaijgZhdcdgZ!deZgZk^YZdZ
X^cZbVid\gVÒX]Z###9Va'%%-=ZgbVc@da\Zc]V^cVj\jgVidjceZgXdghd^cY^k^YjVaZ
YÉ^ciZggd\Vo^dcZgVY^XVaZYZ^h^hiZb^VjY^dk^h^k^#>ahjdaVkdgdegdiZ^[dgbZXVgViiZg^ooVid
YVjcVeegdXX^dX]ZedigZbbdYZÒc^gZÆgVY^d\gVÒXdÇVaaVbViZg^VhdcdgVZk^hjVaZ!^cXj^
aZY^bZch^dc^YZaaÉ^ck^h^W^aZZYZaaÉ^cjY^W^aZegZcYdcd[dgbVbVc^[ZhiVcYdh^VaaVeZgXZo^dcZ
YZaadheZiiVidgZ#6iigViidYVaaVY^bZch^dcZdg\Vc^XV!=ZgbVc@da\Zc^he^gVidYVaaV
iZch^dcZ^ciZgcVX]ZVW^iVaVigVh[dgbVo^dcZYZaaVbViZg^V0fjZhidegdXZhhdadedgiVV
XdbedggZdeZgZVaXj^XZcigdedhiVaVcdo^dcZY^IZbed#Ç
>ciZgk^hiVY^:cg^XdE^idoo^hj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%**$gVY^d\gVe]n"d["i]Z"bViiZg"]ZgbVc"`da\Zc"VcY"i]Z"hdjcY"eZgXZei^dc
m[Xi_j[i
`da\Zc#cZi
k^bZd#Xdb$jhZg'(%-,%&
l_Z[e
6[iZgH]dX`'%&*/k^bZd#Xdb$&&*,+,&+&
HZ^hb^`'%&)/k^bZd#Xdb$&%'&*--'-
9jhi'%&&/k^bZd#Xdb$'&'.,*.(
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
@aVjhDWZgbV^Zg
Æ@aVjhDWZgbV^Zg!bjh^X^hiVZaZiigdc^XdZVgi^hiVY^\^iVaZVjhig^VXd!^YZVidgZY^cjbZgdhZ
deZgZbjai^bZY^Va^ZXgdhhbZY^Va^YVaaVk^YZdVgiV^egd\Zii^lZW!YVaaZ^chiVaaVo^dc^
^ciZgVii^kZ!VaaVXdbejiZgbjh^X½=VgZVa^ooVidh^cYV\a^Vcc^DiiVciVdeZgZ^ccdkVi^kZ
cZ^XVbe^YZaaVYVcoV!YZaaVbjh^XV!YZaiZVigd!YZ^cjdk^bZY^V0]VeVgiZX^eVidV^bV\\^dg^
[Zhi^kVa^ciZgcVo^dcVa^6gh:aZXigdc^XVY^A^co!>ciZgbZY^jb$O`B!H^c\VedgZ6gihZ]V
XdaaVWdgVidXdc^YVcoVidg^YZaCZYZgaVcYh9VchI]ZVigZg!8]g^h=Vg^c\!9K-!Xdc\gjee^
bjh^XVa^XdbZ^@gdcdhFjVgiZi!aÉ6gi:chZbWaZd[8]^XV\d!^a7VaVcZhXjFjVgiZi!ZXdc
bjh^X^hi^YZaXVa^WgdY^DgcZiiZ8daZbVc!?d]cHXdÒZaY!EZiZg:gh`^cZ#Ç
>ciZgk^hiVY^6ccVbVg^VBdciZkZgY^hj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%'($`aVjh"dWZgbV^Zg"i]Z"higVc\Z"YVcXZ"d["cZl"bZY^V
m[Xi_j[i
Zm^aZ#Vi
k^bZd#Xdb$k^ZccVZm^aZ
l_Z[e
I]ZXdcXZeid[###'%&)/k^bZd#Xdb$+&%)(%(*
6eeVg^i^dc"hXZcZh'%%)/k^bZd#Xdb$+)+')'((
6eeVg^i^dc"\gVcYÒcVaZ'%%)/k^bZd#Xdb$*-++&-..
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
@jgi=ZcihX]a~\Zg
Æ>deZghdcVabZciZ\jVgYdV^bZY^VXdbZVjcÉZhiZch^dcZYZacdhigdXdged!dbZ\a^dYZ^
cdhig^hZch^ZYZ^cdhig^dg\Vc^Y^Xdbjc^XVo^dcZ#Ed^X]X^X]^VgdX]Zh^VbdhigZiiVbZciZ
XdccZhh^VYZhh^Vjca^kZaadbdaidegd[dcYd!h^VbdY^XdchZ\jZcoVXd^ckdai^Zbdi^kVbZciZ
ZX^g^heZXX]^VbdZhiZhVbZciZ^cZhh^#>ab^daVkdgdfj^cY^hdiiZhdVfjZhiVgZaVo^dcZ!^c
eVgi^XdaVgZVa[ZZYWVX`addeegdkdXVidcZaaVeVgiZe^^ciZgcVY^cd^!ZhhZcYdcd^h^VXgZVidg^
X]ZXdchjbVidg^Y^iZXcdad\^VZbZY^V#Ç
>ciZgk^hiVY^BVgXdBVcXjhdhj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%'+$[ZZY"k^h^WaZ"heVXZ"XdaaVehZ
m[Xi_j[i
`jgi]ZcihX]aV\Zg#Xdb
l_Z[e
O::";jijgZEZg[ZXi'%%-/ndjij#WZ$;9Xd+>bO=,6
O::'%%-/ndjij#WZ$Wo"'f\;Mfn`
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
I]ZA^\]iHjg\Zdc
ÆI]ZA^\]iHjg\ZdchdcdjcdYZ\a^ZhZbe^e^^aajb^cVi^Y^eda^ZYg^X^i|ZaZiigdc^XV!Xdc
hdaY^WVh^iZdg^X]ZZ\gVcYZ^cij^idhjaaZedhh^W^a^i|Xdbjc^XVi^kZd[[ZgiZYVaaÉjhdcVggVi^kdZ
X^cZbVid\gVÒXdYZaaZ^bbV\^c^!hdegViijiidhZ^ciZ\gViZXdchjdc^!eVgdaZ!kdX^Zbjh^X]Z#
###8]g^h6aaZcZ6cYn;anl]ZZah^hdcdhZbegZY^hi^ci^cdchdadeZgaVadgdXVeVX^i|Y^
heVo^VgZigViZXc^X]ZZiZXcdad\^Z!bVVcX]ZZhdegViijiideZgaÉjhdbVijgdZXdchVeZkdaZ
YZaaVegdeg^VXgZVi^k^i|VjY^dk^h^kV####I]ZA^\]iHjg\ZdcjhVcd^bbV\^c^Xdc[dgiZ^beViid
eda^i^XdZhdX^VaZ!Y^YZcjcX^V!XdhVcdcXZgidXdbjcZeZgaVbV\\^dgeVgiZYZ\a^Vgi^hi^
VjY^dk^h^k^#Ç
>ciZgk^hiVY^BVgXdBVcXjhdhj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%%)$^iVa^Vcd"^"b^mZY"bZY^V"YZ^"a^\]i"hjg\Zdc
m[Xi_j[i
i]Za^\]ihjg\Zdch#Xd#j`
k^bZd#Xdb$a^\]ihjg\Zdch
l_Z[e
IgjZ;^Xi^dch'%&)/k^bZd#Xdb$&%*(,&(%'
Ajb^cdjh'%&)/ndjij#WZ$`TGBVYW8)i%
6aaEd^cih7ZilZZc'%%,/ndjij#WZ$nMmBA,>hhLd
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
BVgXd9dccVgjbbV
BVgXd9dccVgjbbV&.-)jceZg[dgbZg!hdjcYVgi^hiZhXg^iidgZ#
=VhjdcVidbjh^XV^ciZgVii^kVVbea^ÒXVcYd^hjdc^egdYdii^YVahjdXdged!]V^cYdiidVhiVi^
eZgXZii^k^VaiZgVi^^k^h^iVidg^Va^bZciVcYdhjdc^YV^adgdXdge^!YV^XgVc^ZYVaaZdhhV!
]V^bbZghd^aejWWa^XdcZahjdcdbjai^XVcVaZZcZak^YZdegdYdii^YVaaViZch^dcZYZ^hjd^
bjhXda^X]Zi^gVcd*%`\Y^e^ZigZ!Z]V^cigdYdiidk^gjhY^\^iVa^cZaXdged#
m[Xi_j[i
bVgXdYdccVgjbbV#Xdb
k^bZd#Xdb$bVgXdYdccVgjbbV
l_Z[e
C^\gZYd'%&)/k^bZd#Xdb$+.,)(),+
=ned8]gnhdh'%&'/k^bZd#Xdb$(,.'&(,(
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
BZiVb`^cZ
ÆAV8ZaajaZYÉ>ciZgkZci^dcBZiVb`^cZjcVhigjiijgVV\ZdbZig^VkVg^VW^aZX]ZgV\\gjeeV
bjh^X^hi^ZX^cZVhi^!g^XZgXVidg^YZaaVgZaVo^dcZigVhjdcdZ^bbV\^cZ#9Va&.-,egZhZciVcd
^aadgdaVkdgd^cY^kZgh^[Zhi^kVa!X^cZbV!\VaaZg^ZZheVo^^cY^eZcYZci^!^c;gVcX^V!:jgdeV!
8VcVYV!HiVi^Jc^i^Z<^VeedcZ0cjbZgdhZaZXdaaVWdgVo^dc^Xdc\gjee^egdkZc^Zci^YV
Y^kZghZeVgi^YZabdcYd#6iigVkZghdaVbV\^VYZ\a^heZXX]^!aZbjai^egd^Zo^dc^ZjcV
Y^hadXVo^dcZ^c\Z\cdhVYjgVciZaZZh^W^o^dc^YVak^kd!^BZiVb`^cZ^cd\c^eZg[dgbVcXZ
egdYjXdcdZY^g^\dcdjccjdkdÒab!g^kZghVcYdhe^gVa^Y^Y^hZ\c^Z[did^begdkk^hViZ!
VXXdbeV\cViZYVak^kdYVjcVigVXX^VVjY^dY^[gVbbZci^Y^cVhigdZhjdc^Y^Vci^X]^
h^ciZi^ooVidg^#>a\gjeedXdbedhidYV?gdbZCdZi^c\ZgY^hedh^i^k^ZaZiigdVXjhi^X^!
8]g^hide]Z6j\ZgZMVk^ZgFjZgaZaVWdgVo^dc^^bbV\^c^#Ç
>ciZgk^hiVY^9dbZc^XdHX^V_cdhj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%&%$bZiVb`^cZ"add`"Vi"jh"a^kZ"^mZb"%*
m[Xi_j[i
bZiVb`^cZ#[gZZ#[g
l_Z[e
8ZaajaZYÉ>ciZgkZci^dcBZiVb`^cZ'%&&/k^bZd#Xdb$)&.%+(*+
9j[dcYYZaÉVWg^&'%&%/k^bZd#Xdb$&%-+++,*
9j[dcYYZaÉVWg^''%&%/k^bZd#Xdb$&%--.*%-
BZiVb`^cZ/AV8ZaajaZYÉ>ciZgkZci^dc'%%./k^bZd#Xdb$+.+&'-'
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
B^`db^`dcV
ÆB^`db^`dcVjcYjdWZga^cZhZXdbedhidYV6cYgZVh:WZgaZ^cZ7^g\^iHX]cZ^YZg#
AZadgdeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kZ!^begdciViZkZghdjc[dgiZg^\dgZZhiZi^Xdb^c^bVa^hiV!
hdcdYZaaZkZgZZegdeg^ZhZhh^dchY^aVWdgVidg^dheZg^bZciVaZYjgVciZaZfjVa^^aYjd
h^XdcXZcigVhjaaZigVh[dgbVo^dc^Òh^X]ZYZahjdcd^c^bbV\^cZZk^XZkZghV#
HeZg^bZciVa^hbdÆhe^cidÇ!a^kZcZhhZ[dgiZ^beViidhXZc^XdhdcdaZXVgViiZg^hi^X]ZhVa^Zci^
YZ^adgdaVkdg^!egd\ZiiVi^^cW^a^XdigVVeegd[dcY^iVXdchVeZkdaZooViZdg^XVZg^XZgXV
iZXcdad\^XV#<a^higjbZci^X]Zji^a^ooVcdYVak^kdedhhdcdZhhZgZaVkV\cZajb^cdhZ
YdiViZY^Y^hedh^i^k^VcVad\^X^VjidXdhigj^i^X]ZaZ\\dcdZigVh[dgbVcd^chZ\cVa^VjY^daZ
higVi^ÒXVo^dc^Y^aVnZgdei^XVahj^[d\a^ajX^Y^!deejgZhigVcZbVXX]^cVo^dc^Xdc^&+bb#
D\c^adgdheZiiVXdadaVhjbbVY^jceZgXdghdY^VgX]Zad\^VYZ^bZY^VX]ZgVgVbZciZh^
dhhZgkVcZaXVbedYZaaVheZg^bZciVo^dcZZaZiigdc^XVVjY^dk^h^kV#Ç
>ciZgk^hiVY^7ZgigVbC^ZhhZchj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%%.$b^`db^`dcV"bZY^V"VgX]Zdad\n
m[Xi_j[i
ojk^Za#ik$b^`db^`dcV#]iba
l_Z[e
B^`db^`dcVViH]^[i[Zhi^kVa7VhZa'%%,/ndjij#WZ$HAInM@M,\<>
B^`db^`dcVViHdcVg[Zhi^kVa7VgXZadcV'%%*/ndjij#WZ$8dd=^m?AI?J
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
Bna^Xdc$:c
ÆBna^Xdc$:cjcYjdXdbedhidYV9Vc^ZaV8Vii^kZaa^VjY^dZA^cd<gZXdk^YZd#
AVadgdVii^k^i|[dghZe^XdcdhX^jiVVaaÉZhiZgdX]Zcdc>iVa^VP###R8]^]VVkjidaVedhh^W^a^i|
Y^kZYZga^YVak^kdcdcejXdbjcfjZXdc[dcYZga^cZabV\bVVjY^dk^h^kdYZ^[Zhi^kVa
ZYZ\a^Vgi^hi^Y^fjZhi^jai^b^Vcc^#
JcV[dgiZiZch^dcZeZg[dgbVi^kVViigVkZghVd\c^adgdVeeVg^o^dcZ/A^cdbVc^edaV^cegZhV
Y^gZiiVbViZg^Va^Vhhdgi^i^!bZhXdaVa^fj^Y^!XdbW^cVedakZg^cZZbViZg^Va^cdc^YZci^ÒXVi^0
g^egZcYZhX]Zgb^iZaZk^h^k^higVi^ÒXVcYdeZaa^XdaZZaVhigZ!^cjcVXdci^cjVVYY^o^dcZZ
hdiigVo^dcZY^ajXZ#CZa[gViiZbed9Vc^ZaVXVbe^dcVaZdeZgVo^dc^Y^A^cdZaZigViiVYVa
k^kd!XgZVcYdjcVXdbeaZhhVhigjiijgVY^\a^iX]ZhZYVhigVo^dc^hdcdgZ#>aadgdaVkdgdjc
eZgXdghdXdci^cjdY^VcYViVZg^idgcdigV^abdcYdY^\^iVaZZfjZaadbViZg^VaZ#JcaVkdgdX]Z!
\gVo^ZVaaVhjVÒh^X^i|!]VaVeZXja^Vg^i|Y^gZcYZgZ^ciZgZhhVci^!VcX]ZeZgjcejWWa^Xdcdc
VYYZiidV^aVkdg^!ZhiZi^X]ZZYVibdh[ZgZYZX^hVbZciZ[jdg^YVaXdbjcZZYVigVii^Y^[ÒX^a^#Ç
>ciZgk^hiVY^7ZgigVbC^ZhhZchj9^\^Xjai/
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%%+$^iVa^Vcd"bna^XdcZc"igV"XVbe^dc^"Z"bViZg^V
m[Xi_j[i
bna^XdcZc#^i$bnZc
k^bZd#Xdb$bna^XdcZc
l_Z[e
HdaYYdlci]Zg^kZg'%&%/k^bZd#Xdb$&'*),*'*
9Vg`HiVg'%%./k^bZd#Xdb$*'(,',.
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
8VghiZcC^XdaV^$6akVCdid
Æ8VghiZcC^XdaV^dkkZgd6akVCdiddhZbea^XZbZciZCdidcZaaZhjZeg^bZegdYjo^dc^
ZaZiigdc^X]Z!Y^hiVcoVV7Zga^cd!jcbjh^X^hiV"Vgi^hiVXdciZbedgVcZd!VcX]ZhZYÉ^hi^cid
kZggZWWZkd\a^VY^YZÒc^gadhX^Zco^VidYZahjdcd#6hjdhiZhhdY^gZÆAVhX^ZcoVXdci^cjVV
ZhhZgZjcVYZaaZbV\\^dg^[dci^YÉ^he^gVo^dcZeZg^ab^daVkdgd#CdcXgZYdijiiVk^VX]ZaÉVgiZ
V^ji^VbZ\a^dXdbegZcYZgZaVhX^ZcoVP½R#E^jiidhidY^gZ^X]ZVgiZZhX^ZcoVaVkdgVcdhj
jce^VcdXdbjcZ#H^VaVhX^ZcoVX]ZaÉVgiZdeZgVcd^c[Vii^^cVgZZVcXdgVgZaVi^kVbZciZ
^cZheadgViZYVaaÉ^ciZaa^\ZcoVjbVcVÇ#IgViidYVK#HVciVgXVc\Zad!AV\g^\a^VYZ\a^ZkZci^#Ç
>ciZgk^hiVY^BVjg^o^dCVgX^hdhj:cZg\^Z./
g^k^hiV#ZcZg\^Z.#dg\$Wad\$'%&&$&&$*+&)
>ciZgk^hiVY^K^cXZcodHVciVgXVc\Zadhj6gh@ZnBV\Vo^cZ/
iZ`cZbZY^V#cZi$bV\Vo^cZTYZiV^a#]iba4b>Y2+-&,
m[Xi_j[i
XVghiZcc^XdaV^#YZ
VakVcdid#Xdb
l_Z[e
Jc^Y^heaVn!=Vc\Vg7^XdXXV'%&'/k^bZd#Xdb$*,*-+)%(
jc^imi$jc^kgh9Zg^kVi^kZKZgh^dc!6gh:aZXigdc^XV'%&%/k^bZd#Xdb$'&(&,('*
6akVCdidGnj^X]^HV`Vbdid'%%+/k^bZd#Xdb$'(,-,-+,
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
C^XdaVh7Zgc^Zg
ÆC^XdaVhjcVgi^hiVYZahjdcdX]ZaVkdgVXdchigjbZci^bZXXVc^X^ZY^\^iVa^#
AZY^Xdidb^ZhZbWgVcdYZhXg^kZgZVabZ\a^daVhjVegdYjo^dcZVgi^hi^XV/Y^\^iVaZ$dg\Vc^Xd!
igVY^o^dcZ$heZg^bZciVo^dcZ!XZgZWgVaZ$hZchdg^VaZ!bZXXVc^Xd$ZaZiigdc^Xd#
AZhjZXgZVo^dc^Vgi^hi^X]ZZXdaaVWdgVo^dc^hdcdkVg^Z0VcX]ZbZbWgdY^EZgiZYZH^\cVa!
jcXdaaZii^kdZXZcigdY^g^XZgXVhjaaZVgi^bjai^bZY^Va^h^ijVidVBdcigZVaÇ
>ciZgk^hiVY^9dcViVBVgaZiiVhj9^\^Xjai/
lll#Y^\^Xjai#^i$^i$cZlh$Vgh"ZaZXigdc^XV"eg^oZ"l^ccZgh"c^XdaVh"WZgc^Zg"WZilZZc"[gZfjZcX^Zh"VcY"Y^X]didb^Zh
m[Xi_j[i
c^XdaVhWZgc^Zg#Xdb
eZgiZ"YZ"h^\cVa#dg\
k^bZd#Xdb$c^XdaVhWZgc^Zg
l_Z[e
[gZfjZcX^ZhV/k^bZd#Xdb$)-).(')'
[gZfjZcX^Zha^\]ifjVciV/k^bZd#Xdb$&%),)*('&
aVX]VbWgZYZhbVX]^cZh/k^bZd#Xdb$--&+)%(
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
D\^cd@cVjhh
D\^cd@cVjhhjcXdaaZii^kdVii^kdYVa&..*#CVidXdbZaVWdgVidg^dY^X^cZbVbjiVciZ!
V\^hXZcZaXdghdYZ\a^Vcc^XdbZjcVYZg^kVXdhiVciZViigVkZghda^c\jV\\^VjY^dk^h^k^Z
egVi^X]ZY^Xdbjc^XVo^dcZ#<a^ZheZg^bZci^YZa\gjeedXdcaZiZXc^X]ZYZak_^c\hdcdk^hi^
XdbZeVgi^XdaVgZ[dgbVY^cVggVi^kVVeZgiV!^cXdcigVhidXdcaViZcYZcoVYdb^cVciZcZa
XgZVgZk^YZdVgVoo^VYdgcVbZcidYZabjh^X^hiV#>aXdaaZii^kdhk^ajeeVaVhjVVo^dcZcZaejcid
Y^^cXgdX^digVaÉZheadgVo^dcZYZ\a^heVo^ZiZgdide^X^ZaVY^kja\Vo^dcZYZaaZegVi^X]ZXdc^
Y^hedh^i^k^VjY^dk^h^k^!XdcYjXZcYdjcÉZheadgVo^dcZXdhiVciZY^cjdk^XdciZhi^heVo^Va^Z
XgZVi^k^!XdbZXZcig^XjaijgVa^!heVo^ejWWa^X^!odcZiZbedgVcZVbZciZdXXjeViZ!
\VaaZg^ZYÉVgiZ![Zhi^kVa!e^hiZYVWVaad#
m[Xi_j[i
d\^cd`cVjhh#dg\
k^bZd#Xdb$d\^cd`cVjhh
l_Z[e
JgWVch`^c!8^bVi^Xh[Zhi^kVa'%%,/k^bZd#Xdb$&&,*&&()'
Ig^ea^X^in!CdkZcV7^ZcVaYZaV=VWVcV'%%+/k^bZd#Xdb$,-()-++&
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
Dei^XVaBVX]^cZh
ÆH=>;IY^Dei^XVaBVX]^cZjcVeZg[dgbVcXZa^kZX]Z!ViigVkZghdeVgi^XdaVg^
VeeVgZXX]^VijgZVcVad\^X]Z!ZaVWdgVZXdhigj^hXZjc\^dXdVhigViidY^ajXZ^chigZiiV
XdccZhh^dcZXdcaVhigjiijgVYZaaVXdadccVhdcdgV#8dbZ^cjcVhdgiVY^bdYZgcdkVhdY^
EVcYdgV!adheZiiVXdada^WZgVZg^aVhX^VXdci^cj^bdYZaa^Y^^ciZg[ZgZcoVVc^bViVVjY^dk^h^kV
X]Zh^hjhhZ\jdcd^cjcVgV[ÒcViV\^jhiVeedh^o^dcZ^ecdi^XVY^ZaVWdgVo^dc^k^h^kZ
\ZdbZig^Xd"Y^cVb^X]ZZ[gZfjZcoZg^ib^Xd"hdcdgZ#
Ijiidk^ZcZZaVWdgVidZbVc^edaVidYVak^kdViigVkZghd^c\Z\cdhZÆbVXX]^cZdii^X]ZÇ
egd^Zii^kZk^h^W^a^VaadheZiiVidgZ!X]ZXdbW^cVcYdaVbeVYZ!aZci^!h^ciZi^ooVidg^VcVad\^X^
ZbVXX]^cZ[did\gVÒX]Z!bZhXdaVcYdZ[[Zii^k^h^k^Zhdcdg^^cXdci^cjV^ciZgVo^dcZ#Ç
BVgXdBVcXjhd!9^\^Xjai
m[Xi_j[i
dei^XVabVX]^cZh#ca
VgiZ[VXih#ca
l_Z[e
H=>;I!@dcigVhiZ[Zhi^kVa'%&'/k^bZd#Xdb$*&()+(-.
H=>;I!EVcdgVb^XV[Zhi^kVa'%&&/k^bZd#Xdb$(,+&%+,)
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
DidaVW
DidaVWcVhXZcZa'%%&VB^aVcdYVjc\gjeedY^V[Òc^iVÉX]ZkZYZbjh^X^hi^!Y_!k_!
k^YZdVgi^hi^!k^YZdbV`Zg!lZWYZh^\cZg!\gVÒX^ZVgX]^iZii^jc^gh^cZaaÉV[[gdciVgZjc
eZgXdghdXdbjcZcZaaÉVbW^idYZaaVbjh^XVZaZiigdc^XVZYZaaVg^XZgXVVjY^dk^h^kV#
>egd\Zii^kZc\dcdhk^ajeeVi^ViigVkZghd^aaVkdgdY^aVWdgVidg^d!^hZb^cVg^ZaZa^kZ
eZg[dgbVcXZ!hZXdcYdeg^cX^e^Y^bjijdXdc[gdcidZhdhiZ\cd!Y^a^WZgVX^gXdaVo^dcZYZ^
hVeZg^ZY^heZg^bZciVo^dcZ#
AVegdYjo^dcZh^XdbedcZY^egd\Zii^XdaaZii^k^Z^cY^k^YjVa^eZg^fjVa^kZc\dcd
ji^a^ooVi^a^c\jV\\^X]ZkVccdYVaaÉZaZiigdc^XVheZg^bZciVaZVaaViZX]cd!YVaYjWVaaZhdcdg^i|
^cYjhig^Va^!hZbegZVaaVg^XZgXVY^jcgVeedgidh^bW^di^XdXdcaÉ^bbV\^cZZ^ak^YZd#
DidaVWjcÉVhhdX^Vo^dcZXjaijgVaZX]ZegdYjXZa^kZbZY^V!egd\Zii^VjY^dk^h^k^!
^chiVaaVo^dc^!hZb^cVg^Zldg`h]de#
>ciZgk^hiVY^8aVjY^V9É6adcodhj9^\^Xjai/
lll#Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%)&$didaVW"bZi]dY
>ciZgk^hiVY^BViiZdBZYVhjDcYVGdX`/
dcYVgdX`#^i$heZX^Va^$didaVW#]ib
m[Xi_j[i
didaVW#cZi
k^bZd#Xdb$k^bZd
l_Z[e
8^gXd>ecdi^Xd'%&(/k^bZd#Xdb$-,--*',(
7aZZY^c\'%&'/k^bZd#Xdb$)*,-%.%&
BZ\VihjcVb^!H^bjaiVc[Zhi^kVa'%&&/k^bZd#Xdb$(+'&',.,
De,'%%,/k^bZd#Xdb$+.)%-,
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
EVjaEgjYZcXZ
ÆEVjaEgjYZcXZ!gZVa"i^bZk^hjVaeZg[dgbZg!aVkdgVXdch^hiZb^egdXZYjgVa^ZheadgVcYd
higjiijgV!ediZco^Va^i|\gVÒX]ZZ\ZcZgVi^kZYZ^h^hiZb^VjY^d"k^h^k^#
:É^begZhh^dcVciZcZahjdaVkdgd!Xdaid!^ciZaa^\ZciZ!VeZgid!aVXVeVX^i|Y^hiVgZ^ce^
bdcY^XdciZbedgVcZVbZciZ!YVaa^kZ"WVhZYbZY^VVaaV\gVÒXVYÉVgiZ!bVciZcZcYdhZbegZ
jcÉViiZco^dcZVaaV[dgbVZYVag^\dgZXdbedh^i^kdcdcYV[VX^aZg^hXdcigVgZVaaÉ^ciZgcdYZa
bVgZbV\cjbYZaaVXgZVi^k^i|Y^\^iVaZ#:ÉjcVY^fjZaaZÒ\jgZ^Wg^YZVXVkVaadigVVgiZZ
YZh^\cX]Zh^hiVccdg^kda\ZcYdVaaVk^hjVa^ooVo^dcZYZ^YVi^eZg^ciZgegZiVgZVaaÉ^cXgdX^digV
VgiZZY^Va\dg^ib^^aY^ajk^dY^^c[dgbVo^dc^X]ZX^X^gXdcYV!heZhhdXdcg^hjaiVi^^cVheZiiVi^#Ç
>ciZgk^hiVY^EVhfjVaZCVeda^iVcdhj9^\^Xjai/
lll#Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%+&$VjY^dk^hjVa"eVgVbZiZgh"eVja"egjYZcXZh
m[Xi_j[i
eVjaegjYZcXZ#Xdb
YViV^hcVijgZ#Xdb
k^bZd#Xdb$eVjaegjYZcXZ
igVche]dgbZi^X#Xdb
Ó^X`g#Xdb$e]didh$igVche]dgbZi^X
l_Z[e
FjVciV'%&)/k^bZd#Xdb$.-(,+**'
8]gdbde]dgZPm8d6mkZgh^dcR'%&)/k^bZd#Xdb$&&('&+'&)
8nXadidcZ!6gX;Zhi^kVa'%&(/k^bZd#Xdb$,&.''-+&
He]VZgVZ#6Xdjhi^X#HijYn!6gh:aZXigdc^XV'%&(/k^bZd#Xdb$-(+,,&&&
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
)#6jidg^
Gnd_^>`ZYV
8dbedh^idgZZaZiigdc^XdZYVgi^hiVk^h^kd\^VeedcZhZ!Gnd_^>`ZYVXdcXZcigV^ahjdaVkdgd
hjaaZXVgViiZg^hi^X]ZZhhZco^Va^YZahjdcd!ZYZaaVajXZ!cZak^YZd!ViigVkZghdjcVZhiZi^XV
bViZbVi^XV#JcdYZ^edX]^Vgi^hi^^ciZgcVo^dcVa^X]ZaVkdgVcd^cbdYdXdZgZciZhj^
hjeedgi^k^h^k^Zhdcdg^!dgX]ZhigVcYdhjdc^!^bbV\^c^!bViZg^Va^![ZcdbZc^Òh^X^Zcdo^dc^
bViZbVi^X]Z^cXd^ckda\Zci^a^kZeZg[dgbVcXZZY^chiVaaVo^dc^#
m[Xi_j[i
gnd_^^`ZYV#Xdb
k^bZd#Xdb$jhZg&%,*.)(%
l_Z[e
HjeZgedh^i^dc'%&)/k^bZd#Xdb$).-,(&+,
HjeZgXdYZm'%&(/k^bZd#Xdb$-,%.,'.)
9ViVbVi^XhPegdidineZ"kZg#'#%R'%%+"%-/k^bZd#Xdb$+'')'',-
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
<adhhVg^d
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
AjbVcd^hZ
AjbVcd^hZk#&jca^\]i"hnci]egd\ZiiVideZghjdcVgZXdcaVajXZ#
8dci^ZcZYjZdhX^aaVidg^!jcdVdcYVfjVYgVZjcdVYZciZY^hZ\V!XdcigdaaVi^YVYjZ
ediZco^dbZig^eZggZ\daVgcZ^akdajbZ!YjZ^ciZggjiidg^]^\]QadleZggZ\daVgcZ^agVc\Z!
ZjcÒaigdeVhhVWVhhdg^hdcVciZV&'YW#
>ae^iX]YZ\a^dhX^aaVidg^k^ZcZXdcigdaaVidYVjcV[didgZh^hiZcoVhZch^W^aZVaaÉ^ciZch^i|
ajb^cdhV!ji^a^ooVcYdajX^^ciZgb^iiZci^dhigdWdhXde^X]Zh^edhhdcddiiZcZgZ^ciZgZhhVci^
Z[[Zii^g^ib^X^Zh^cZhiZh^X^#
B_da
ajbVcd^hZ#Wad\hedi#^i
AjbVcd^hZk&
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
8Vbe^dcVbZcid
ÆJchZ\cVaZVjY^dejZhhZgZgZ\^higVidh^V^cbdYdVcVad\^Xd!igVh[ZgZcYdcZaV
bdYjaVo^dcZY^Vbe^ZooVhjjchjeedgidbV\cZi^Xd!h^V^cbdYdY^\^iVaZViigVkZghd
^aegdXZhhdY^XVbe^dcVbZcidX]ZXdchZciZY^XdckZgi^gZjchZ\cVaZVcVad\^Xd
^cjchZ\cVaZY^\^iVaZ#
FjZhidegdXZhhdXdch^hiZcZab^hjgVgZZgZ\^higVgZ!^cegZX^h^^hiVci^Y^iZbed
^hiVci^Y^XVbe^dcVbZcid^akVadgZ^hiVciVcZdYZahZ\cVaZVcVad\^Xd^cZhVbZ#
AVhZfjZcoVY^iVa^kVadg^!YZii^XVbe^dc^!Xdhi^ij^hXZ^ahZ\cVaZY^\^iVaZ#
HZaV[gZfjZcoVY^XVbe^dcVbZcidhj[ÒX^ZciZbZciZZaZkViV'kdaiZaV[gZfjZcoV
YVXVbe^dcVgZeZgjch^hiZbVW^cVg^d!^ahZ\cVaZVjY^dejZhhZgZXdhigVh[Zg^id
cZaaVbZbdg^VY^jcZaVWdgVidgZZhjXXZhh^kVbZciZg^egdYdiid!egdXZYZcYdVaaVhjV
g^\ZcZgVo^dcZ^ck^VcYd!XdckZadX^i|gZ\daVgZ!^kVadg^b^hjgVi^VYjc968XdckZgi^idgZ
Y^\^iVaZ"VcVad\^Xd!X]ZegdkkZYZg|V[dgc^gZjcViZch^dcZVcVad\^XV^cjhX^iV!
YZhi^cViVVYZhhZgZVbea^ÒXViVZYVhXdaiViV#
GZVa^ooVcYdjcgZ\^higVidgZY^\^iVaZY^fjZhidi^ed!edhh^W^aZdiiZcZgZjcV
g^egdYjo^dcZZXXZo^dcVabZciZgZVa^hi^XVYZ^hjdc^XdcVbe^ZooVXdhiVciZZh#dg\Vcd!
higjbZci^VÒVid!VgX]^!jcedÉe^XdbeaZhhV^ckZXZaVg^egdYjo^dcZYZ^hjdc^Xdcjc
VcYVbZcidkVg^VW^aZcZaiZbed!XdbZcZaXVhdYZae^Vcd[dgiZ!YZ\a^higjbZci^VXdgYZ
e^oo^XViZZYZaaZeZgXjhh^dc^#
JcXVbe^dcVidgZ^c^c\aZhZHVbeaZg!fj^cY^!YZkZcZXZhhVg^VbZciZ[dgc^gZaZ
deedgijcZedhh^W^a^i|Y^V\^gZhjahZ\cVaZXVbe^dcVid!bdY^ÒXVcYdcZaVY^hig^Wjo^dcZ
YZaaZVgbdc^X]ZZYZaaÉVbe^ZooVcZaiZbed!^cbdYdYVgZhi^ij^g\a^fjZaaVcVijgVaZooV
Xdgg^hedcYZciZVaadhigjbZciddg^\^cVg^d#Ç
lll#Y^o^dcVg^d^c[dgbVi^Xd#Xdb
8Vbe^dcVidgZ6`V^
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
8^gXj^iWZcY^c\
>a8^gXj^iWZcY^c\aÉVgiZY^bdY^ÒXVgZVeeVgZXX]^ZaZiigdc^X^Y^kVg^di^edXdbZ
\^dXViida^!Z[[Zii^eZgX]^iVggVdWViiZg^ZZaZiigdc^X]Z!eZgegdYjgcZhigjbZci^^c\gVYd
\ZcZgVgZhjdc^!ajX^dVcX]Zk^YZd#
Æ<ZcZgVabZciZaVeViZgc^i|YZa8^gXj^i7ZcY^c\k^ZcZVhhZ\cViVVae^dc^ZgZGZZY
<]VoVaVX]ZcZ\a^Vcc^hZhhVciVh^VXXdghZX]Z^aX^gXj^idY^jc\^dXViidadVigVch^hidg
kZcjidXVhjVabZciZVXdciViidXdcd\\Zii^bZiVaa^X^!egdYjXZkVhigVc^Zcjdk^hjdc^#
9VfjZaaVeg^bVXVhjVaZheZg^bZciVo^dcZGZZY<]VoVaV]VegdYdiidkVg^higjbZci^
bjh^XVa^^ccdkVi^k^g^XVkVcYdcZjcVkZgVZegdeg^VÒadhdÒVY^k^iV#
>ahjdiZhid8^gXj^i"7ZcY^c\/7j^aYNdjgDlc6a^Zc>chigjbZcihXdch^YZgVidjcdii^bd
higjbZcidYÉ^c\gZhhdcZabdcYdYZa8^gXj^iWZcY^c\#Ç
^i#l^`^eZY^V#dg\$l^`^$8^gXj^iTWZcY^c\
B_da
Vci^"i]Zdgn#Xdb$hdjcYVgi
XVheZgZaZXigdc^Xh#Xdb
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
8dcigdaaZg
>aXdcigdaaZgjcY^hedh^i^kdX]ZeZgbZiiZY^^ciZgV\^gZÒh^XVbZciZdk^gijVabZciZ
hjjcÉ^ciZg[VXX^Vhd[ilVgZbdY^ÒXVcYdcZ^eVgVbZig^ViigVkZghdegdidXdaa^
Y^\^iVa^XdbZB>9>deejgZDH8#
^i#l^`^eZY^V#dg\$l^`^$8dcigdaaZg
B_da
`dg\#Xdb
V`V^egd#Xdb$XViZ\dgn$eVY"XdcigdaaZgh
8dcigdaaZgB>9>
CVcdHZg^Zh@dg\
8dcigdaaZgB>9>
6@6>"6E8)%
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
9gdcZ7dgYdcZ
>aYgdcZWdgYdcZdeZYVaZhZXdcYdaVigVY^o^dcVaZiZgb^cdad\^VXaVhh^XVjcVcdiV
deejgZjchjdcd$VXXdgYddVcXdgVjcViZmijgZXdbeaZhhVX]Zh^egZhZciVcdhZcoV
ejahVo^dcZg^ib^XVZhiVi^X^dX]Zh^ZkdakdcdbdaidaZciVbZciZ#FjZhidejXdhi^ij^gZ
jcdhigVidY^jcWgVcdbjh^XVaZVcX]ZhdadeZgjcVhjVeVgiZdeejgZXd^cX^YZgZXdc
aÉ^ciZgdWgVcd!XdbZheZhhdVkk^ZcZcZaaZigVXXZVeeVgiZcZci^Va\ZcZgZbjh^XVaZ
9gdcZVbW^Zci#
>aYgdcZegZcYZ^acdbZYVaXVgViiZg^hi^Xdgdco^dXdci^cjdegdYdiidYVabVhX]^d
YZaaÉVeZYdbZhi^XV!^c^c\aZhZYgdcZVeejcid!Z[VeVgiZYZ^Xdh^YYZii^jc^kZghVa^
bjh^XVa^!X^dh^g^igdkVheZhhd^cXjaijgZbjh^XVa^bdaidY^hiVci^igVadgdh^VcZa
iZbedX]ZcZaadheVo^d#CZaaVbjh^XVigVY^o^dcVaZ^cY^VcVVYZhZbe^dk^ZcZ
i^e^XVbZciZgZVa^ooVidYVjcdhigjbZcidXdcXZe^idVeedh^iVbZciZeZgfjZhid/
aViVcejgVdiVbWdjgV#JcVaigdXVhdfjZaadYZagZeZgidg^deZgXdgcVbjhZ!cZaaZ
fjVa^VaXjcZXVccZhdcdXdhigj^iZeZgZbZiiZgZhdadjcVcdiVeZgijiiVaVYjgViV
YZaWgVcd!fj^cY^/jcWdgYdcZ#
CZaaVigVY^o^dcZXaVhh^XVdXX^YZciVaZh^edhhdcdigdkVgZ^WdgYdc^ZhhZco^VabZciZ
cZ^gZeZgidg^e^Vci^X]^dg\VcVbZY^dZkVa^YZaaÉM>hZXdaddcZaaZigVY^o^dc^ededaVg^
Vci^X]^hh^bZde^gZXZci^!eZgaZfjVa^hdcdhiVi^Xdhigj^i^VcX]ZhigjbZci^XdcXZe^i^
eZghjdcVgZWdgYdc^!XdbZaV\]^gdcYV#9jgVciZ^aeZg^dYdYZaaVbjh^XVidcVaZ!X^d
YVaHZ^XZcidVYd\\^!^aWdgYdcZk^ZcZji^a^ooVidbdaidgVgVbZciZZhdadeZgZ[[Zii^
eVgi^XdaVg^<#BV]aZg!H^c[dc^Vc#&!G#LV\cZg!DgdYZaGZcddeZgZkdXVgZhdcdg^i|
ededaVgZhX]Z7ZZi]dkZc!H^c[dc^Vc#+#
7^hd\cZg|VheZiiVgZYVeeg^bV\a^Vcc^É,%YZaCdkZXZcidXdcaÉVkkZcidYZa
B^c^bVa^hbdY^^he^gVo^dcZdg^ZciVaZ\\^VciZIZggnG^aZn!AVBdciZNdjc\!
YZaaÉ6bW^ZciBjh^X7g^Vc:cdZYZaaÉ>cYjhig^VaGdX`:^hijgoZcYZCZjWVjiZcZed^
\a^Vcc^É-%$É.%XdcaV9gdcZ6bW^ZciGdWZgiG^X]!K^YcVDWbVcVZHiZkZGdVX]Z
aÉ:aZiigdc^XVHeZg^bZciVaZY^YZg^kVo^dcZIZX]cd6e]ZmIl^c!DkVa!BjgXd[!HXVccZg
igV^iVci^!eZgg^igdkVgZjcjhde^^ciZchdYZaYgdcZXdbZiZXc^XVeZgXdhigj^gZaV
[dgbVYZ^WgVc^ZXVgViiZg^ooVga^^cbdYd^ecdi^XdZ^bbZgh^kd#
B_da
9gdcZ^c6bZg^XVcB^c^bVa^hiBjh^X/
YgVbdca^cZ#dg\$Wad\$bdci]an"eaVna^hih$),(,(.
>ciZgZhhVciZVgi^XdadhjjcVhidg^VYZaYgdcZ/
bjh^XVYY^Xi^dc#^i$bjh^X"a^WgVgn$bjh^fjZ"YZhhV^$ZhiVh^"Ygdc^XV"aV"hidg^V"YZa"YgdcZ
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
;ZZYWVX`
>a[ZZYWVX`d:[[ZiidAVghZc!gZigdVo^dcZ^c^iVa^VcdaVXVeVX^i|Y^jch^hiZbV!VjY^d
dk^YZd!Y^ji^a^ooVgZhjdc^d^bbV\^c^!^cjhX^iVYVah^hiZbVhiZhhd!XdbZ^c\gZhhdeZg
bdY^ÒXVgcZ^g^hjaiVi^ÒcVa^#
CZaaÉVjY^d^ai^e^XdZ[[ZiidY^[ZZYWVX`hdcdgdVkk^ZcZfjVcYdh^Vkk^X^cVjcb^Xgd[dcd!
d^ae^X`"jeY^jcVX]^iVggVZaZiig^XV!VjcY^[[jhdgZVjY^d#:Éedhh^W^aZg^XgZVgZaÉZ[[Ziid
VcX]ZXdcjcb^mZgVjY^d/XdaaZ\VcYdjcÉjhX^iVVjY^deZgZhZbe^dfjZaaVYZaaZXj[ÒZ
Vjc^c\gZhhdYZab^mZghiZhhd!ZgZ\daVcYdcZ^akdajbZY^jhX^iVedhh^VbdXdcigdaaVgZ
aVfjVci^i|Y^Z[[Ziidkdajid#
CZak^YZdaÉZ[[ZiidY^[ZZYWVX`k^h^kdh^ejdiiZcZgZ^cfjVYgVcYdXdcjcVk^YZdXVbZgV
adhX]ZgbdY^jcbdc^idgVafjVaZXdaaZ\ViVaVk^YZdXVbZgVhiZhhV#
:Éedhh^W^aZXgZVgZaÉZ[[Ziidk^h^kdVcX]ZXdcjck^YZdb^mZg/XdaaZ\VcYdjcÉjhX^iVVjc
^c\gZhhdZgZ\daVcYdaVb^hXZaVo^dcZeZgXdcigdaaVgcZaVfjVci^i|#
B_da
^i#l^`^eZY^V#dg\$l^`^$GZigdVo^dcZ
^i#l^`^eZY^V#dg\$l^`^$:[[ZiidTAVghZc
:hZbe^Y^k^YZd[ZZYWVX`/
ndjij#WZ$DTE-B*:b`(F
ndjij#WZ$\+_`9WWFVWJ
:hZbe^dY^k^YZd"[ZZYWVX`
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
*#<adhhVg^d
;a^X`Zg^c\
Æ>aÈÓ^X`ZgÉjcViZXc^XVVeea^XViV^cbdaiZ[dgbZYÉVgiZ!X^cZbVheZg^bZciVaZhj
eZaa^XdaV!VbW^Zci^ZY^chiVaaVo^dc^Y^ajX^!k^YZdVcVad\^XdZVjY^dk^h^kdY^\^iVaZ#
IVaZiZXc^XVh^WVhVhjjcdheZX^ÒXd[ZcdbZcdeZgXZii^kd#AVcdgbVaZeZgXZo^dcZ
YZaaÉ^bbV\^cZ^cbdk^bZcidVkk^ZcZXdcjcV[gZfjZcoVY^')[did\gVbb^VahZXdcYd#
9^b^cjZcYdfjZhiV[gZfjZcoVigV^+ZY^&-[ih!h^XgZVjcdh[Vg[Vaa^dk^h^kdX]Z
Xdgg^hedcYZVYjcVhi^bdaVo^dcZY^gZiiVYZacZgkddii^Xd!VYjcVegdid"k^h^dcZcZaaV
fjVaZ^g^ibdk^h^kdh^h^cXgdc^ooVY^gZiiVbZciZXdcaZcdhigZdcYZXZaZWgVa^#
>aÓ^X`Zgg^ZcigV^cfjZaaVXViZ\dg^VX]Z:YbjcY=jhhZgaYZÒc^hXZXdbZVbW^\j^i|
eZgXZii^kV!^cfjVcidd[[gZaVedhh^W^a^i|Y^igVkVa^XVgZaZXdckZco^dc^YZaXdcdhXZgZ
VW^ijVaZeZgXdbegZcYZgZZgVeedgiVgh^VagZVaZViigVkZghdcjdkZedhh^W^a^i|!YViZYVaaV
YZhiVW^a^ooVo^dcZÄ^cfjZhidXVhdk^daZciV!VkdaiZigVjbVi^XVÄY^VW^ijY^c^eZgXZii^kZ
VhhjZ[ViiZZVjidbVi^ooViZ#<a^Vgi^hi^heZg^bZciVcdViigVkZghd^aÓ^X`Zgh^Vjce^Vcd
[ZcdbZcdad\^Xd!fjZaadYZaaVhi^bdaVo^dcZVcdbVaVYZacdhigdVeeVgVideZgXZii^kd!X]Z
jcÉVcVa^h^higjiijgVaZYZ^XdY^X^YZaaÉ^bbV\^cZ^cbdk^bZcid#Ç
9VaiZhidY^egZhZciVo^dcZYZaaVbdhigV/FjVcYdaÉdXX]^digZbV#>aÓ^X`ZgigVX^cZbV!
k^YZdZY^\^iVaZ#
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
+#7^Wa^d\gVÒV
7^Wa^d\gVÒV
CZibV\Z
E^XXdaVZcX^XadeZY^VYZaaÉ^bbV\^cVg^diZXcdad\^Xd#
A^c`Egd_ZXi
6gcdaYdBdcYVYdg^:Y^idgZ!'%%%
AZVgi^bjai^bZY^Va^Y^\^iVa^
6cYgZV7VaodaV!6ccVBVg^VBdciZkZgY^
<VgoVci^!'%%)
;^cdVaaVÒcZYZaX^cZbV
AjXV7VgWZc^
8ajZW!'%&%
:meVcYZY8^cZbV
<ZcZNdjc\WaddY
8ajZW!'%&(
AÉVjY^dk^h^dcZ
HjdcdZ^bbV\^cZcZaX^cZbV#
B^X]Za8]^dc
A^cYVj!'%%&
AjXZ8dadgZK^h^dcZ
EZgX]h^kZYZX^X]Zh^kZYZ#
6cYgZV;gdkV
G^ooda^!7JGHX^ZcoV!'%&'
:cZg\n;aVh]
K^V\\^dcZaaVXjaijgVGVkZ#
H^bdcGZncdaYh
6gXVcV!'%&%
GZigdbVc^V
Bjh^XV!XjaijgVedeZaVcdhigVdhhZhh^dcZeZg^aeVhhVid#
H^bdcGZncdaYh
>hWc:Y^o^dc^!'%&&
B^aaZhjdc^
9ZaZjoZ!<jViiVg^ZaVbjh^XVZaZiigdc^XV#
8dm!;gVcX`!=^cVci!B^aaZg!Bjge]n!EVX^9Va!Fj^co!HoZeVch`^
:Y^o^dc^8gdcde^d!'%%+
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
+#7^Wa^d\gVÒV
HXjaidg^Y^hjdcd
EZgXdgh^cZaaVheZg^bZciVo^dcZbjh^XVaZXdciZbedgVcZV#
9Vc^ZaV8VhXZaaV
IjiiaZ:Y^o^dc^!'%%*
AÉVhXdaidXdbZY^bZch^dcZVii^kV
CjdkZegdheZii^kZcZaaVhdX^dad\^VYZaaVbjh^XV8Ve(Z)#
7ZgigVbC^ZhhZc
'%%(
>cYjhig^VaPgRZkdaji^dc
Hidg^VZYZkdajo^dcZYZaaVbjh^XV^cYjhig^VaZ#
<^dkVcc^Gdhh^
IhjcVb^:Y^o^dc^!'%&&
BVcjVaZY^XjaijgV^cYjhig^VaZ
HdX^d"eVidad\^Vbjh^XVaZYV\a^Vcc^hZiiVciVVakZcijcZh^bdhZXdad#
6XjgVY^EVdad7VcYZgV
H]V`Z:Y^o^dc^!'%&&
EV^ciZgan>ciZg[VXZh[dg6jY^dk^hjVaEZg[dgbVcXZ
IZh^Y^aVjgZVY^<daVcAZk^c
'%%%
B89qBjh^fjZhXjaijgZhY^\^iVaZh
A^kZ6$KeZg[dgbVcXZhVjY^dk^hjZaaZh#
B89!=dghHg^Z%)!'%&%
HdjcY^c\>bV\ZhVcY>bV\^c\HdjcYh
6jY^dk^hjVa>ciZgVXi^k^in^cEZg[dgbVcXZ#
@Vi]aZZcBVadcZn
'%%*
;dgb 8dYZ^c9Zh^\c!6gi!VcY6gX]^iZXijgZ
8VhZnGZVh!8]VcYaZgBXL^aa^VbAJHI
'%&%
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%
,#H^id\gVÒV
>ciZgk^hiZZVgi^Xda^hjaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV
>cjdk^eVZhV\\^YZak^YZdbVee^c\(Y
;VW^dKdae^ZGdhVg^iV8g^hVÒ
9dee^doZgd!'%&(
Ydee^doZgd#Xdb$bViZg^Va^$[VXZd[[$^"cjdk^"eVZhV\\^"YZa"k^YZd"bVee^c\"(Y
AVbVXX]^cVX]Z[VaÉVgiZ#;dgb 8dYZ^cVgiZ!YZh^\cZVgX]^iZiijgV
HVW^cV7VgXjXX^Z7ZgigVbC^ZhhZc
9^\^Xjai!'%&%
Y^\^Xjai#^i$^i$Y^\^bV\$^hhjZ"%+%$i]Z"bVX]^cZ"i]Vi"bV`Zh"Vgi"[dgbXdYZ"^c"Vgi"YZh^\c"
VcY"VgX]^iZXijgZ
8KB8ZciZg[dgK^hjVaBjh^X
CdcegdÒiÒabVgX]^kZYZY^XViZYidk^hjVabjh^X!ZmeZg^bZciVaVc^bVi^dc
VcYVWhigVXibZY^V#
XZciZg[dgk^hjVabjh^X#dg\
ejebWX\j^YVVaaVegd\ZiiVo^dcZYZaaVeZg[dgbVcXZVjY^dk^h^kV %%