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1- Breve introduzione storica.

1.1 La nascita della stampa, le reazioni della Santa Sede.

La nascita della stampa a caratteri mobili, tra il 1453 e il 1455, comportò una svolta epocale
nella produzione libraria e nella conseguente diffusione testuale in Europa, con un
ampliamento dei fruitori anche in strati sociali un tempo irraggiungibili.
Il successo di questa innovazione fu inizialmente ben accolto dalla Chiesa Romana, come
testimonia la diffusione della Bibbia, nella traduzione effettuata dal monaco camaldolese
Niccolò Malerbi che, dal 1471 al 1500, ebbe non meno di 9 ristampe.
L'ignoranza del latino, anche tra i membri ecclesiastici, comportò la necessità di traduzione
del testo sacro, incomprensibile nella sua versione originale a gran parte dei fedeli.
Queste traduzioni, tra le quali la più nota,quella eseguita dal Brucioli negli anni '30 del '500,
ebbero una vasta diffusione, documentando una sostanziale acquiscienza della Chiesa di
Roma ai volgarizzamenti, sebbene qualche accusa nei confronti dell'autore di luteranesimo
fosse stata espressa, soprattutto per la ripartizione dei libri dell'Antico e del Nuovo
Testamento di impronta luterana.
Sebbene una censura preventiva della stampa fosse stata affidata ai vescovi con la bolla di
Innocenzo VIII nel 1487 Inter multiplices, questa, come la successiva Iter sollicitudines del
1515, che affiancava gli inquisitori ai vescovi nel controllo della stampa, non ebbero una reale
applicazione, nonostante le pesanti sanzioni comminate agli eventuali trasgressori.
La riforma luterana, diffusa anche tramite le stamperie presenti sul territorio italico,
soprattutto quelle veneziane, fece della stampa una possibile “arma del demonio”.
Nel 1543, con l'editto Animadvertentes, la Congregazione della Santa Inquisizione da poco
creata si abrogava il diritto di controllo librario, con la facoltà dei suoi delegati di farsi
consegnare dalle stamperie, dalle librerie e dai privati opere con contenuti ereticali, vietare a
tipografi e stampatori la pubblicazione delle stesse e il conseguente rogo, pubblico o privato,
delle pubblicazioni rinvenute considerate di natura eretica.
Tuttavia, come riporta Gigliola Fragnito, vi era la necessità di sapere quali opere contenessero
affermazioni ereticali e dovessero essere conseguentemente proibite ed eliminate. In assenza
di un Indice, l'arbitrarietà dei censori poteva compromettere la funzione antiereticale della
censura del' Sant'Uffizio.
Con l'avvento al soglio pontificio nel 1555 del Cardinale Giovanni Pietro Carafa, che assunse
il nome di Paolo IV, si arrivò ad un inasprimento della repressione ereticale che coinvolse
anche i volgarizzamenti biblici, veicoli di possibili interpretazioni eterodosse da parte dei
fruitori delle opere.
Emerse nuovamente la questione sulle opere di natura ereticale o di possibile dubbia moralità
da perseguire.

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