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POSTILLE

Francesca Prometea Barone

Una nota a Giovanni Crisostomo, De Davide et Saule II


(PG 54, 690, 18-31)

Le tre omelie De Davide et Saule (CPG 4412), ciclo di predicazioni sull’ira


pronunciate da Giovanni Crisostomo nel 387 ad Antiochia, non risultano a tutt’oggi
edite secondo i criteri della filologia contemporanea, mentre furono pubblicate, fra
il XVII ed il XIX secolo, all’interno degli Opera Omnia del loro autore.1 Al mo-
mento della stesura di questa nota, il textus vulgatus è quello di Migne (PG 54,
675-708), ristampa fedele dell’edizione di Montfaucon; negli ultimi anni ho curato
un testo critico di tali omelie, in corso di pubblicazione nella Series Graeca del
Corpus Christianorum (Brepols).2 In questa sede, vorrei sottoporre all’attenzione di

1 Cfr. l’edizione di Sir Henry SAVILE, curata agli inizi del Seicento: Του` εjν αJγ ιvοις πατρο;ς

ηJµω`ν ∆Ιωαvννου... του` Χρυσοστοvµου τω`ν ευJρισκοµεvνων Τοvµος (1-8). ∆ι∆ εjπιµελειvας και; αjνα−
λωµαvτων ∆Ερριvκου του` Σαβιλιvου εjκ παλαιω`ν αjντιγραvφων εjκδοθειvς, Etonae 1612; l’edizione prodotta
in quegli stessi anni a Parigi da FRONTON DU DUC: Sancti Patris nostri Ioannis Chrysostomi... Opera
omnia nunc primum Graece et Latine coniunctim edita... Fronto Ducaeus... variantes lectiones ex
mnss. codd. erutas selegit..., tt. 1-5, Lutetiae Parisiorum 1609-1616; l’edizione curata nella prima
metà del Settecento, ancora a Parigi, da BERNARD DE M ONTFAUCON : Sancti Patris nostri Ioannis
Chrysostomi... Opera omnia quae exstant... Opera et studio D. Bernardi de Montfaucon... tom. 1-13,
Parisiis 1718-1738; l’edizione di J. P. MIGNE, all’interno della Patrologia Graeca (Patrologiae Cur-
sus Completus. Series Graeca, voll. 47-64, ed. J.-P. Migne, Parisiis 1857-1866). Sull’edizione di Sa-
vile, cfr. il mio studio Sir Henry Savile editore delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Criso-
stomo: i suoi esemplari, il suo testo, in «Sacris Erudiri» 46 (2007).
2 Per un resoconto sui contenuti delle omelie, sui problemi di cronologia e sulla storia della

tradizione si veda il mio Per un’edizione critica delle omelie De Davide et Saule di Giovanni Criso-
stomo, in «Augustinianum» 45 (2005), pp. 231-258.

«Schede medievali» 45 (2007), pp. 215-221


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studiosi interessati all’ecdotica crisostomica un passaggio della seconda omelia,


che suscita, a mio avviso, non poche difficoltà.
A titolo di premessa, sarà utile precisare che la tradizione manoscritta delle
omelie De Davide et Saule (41 i testimoni recensiti) si presenta piuttosto omogenea
– se numerosi sono gli errori che alcuni codici apportano all’insieme, esigui sono
quelli che invece interessano diversi testimoni – per quanto, o perché, contaminata
a più livelli: all’interno dei raggruppamenti; tra singoli codici e raggruppamenti di-
versi da quelli di appartenenza; tra raggruppamenti. Ancora, tra le omelie della se-
rie, la seconda si caratterizza in generale per una marca di oralità più forte rispetto
alle altre due. Lo stile è colloquiale mentre il testo risente, più che nelle altre ome-
lie, di una storia della tradizione complessa, non più ricostruibile, che ha prodotto
recensioni diverse, interpolazioni, riscritture.
All’interno di un siffatto contesto, esaminerò, come detto, un passaggio che
suscita qualche difficoltà di pertinenza rispetto al luogo in cui è inserito.
Le parole che vanno da πω'ς η\ν ειjκοvς ad αjλλ∆ ωJς αjγ γεvλω/ προσει'χον (PG 54,
690, 18-31) sono trádite da tutti i codici in maniera concorde in questo luogo
dell’omelia. Tuttavia, la loro pertinenza rispetto al contesto è a mio avviso più che
dubbia. La sezione, infatti, non appartiene al contesto argomentativo di questa parte
della De Davide et Saule II, come risulta evidente da una sintesi dei contenuti
espressi nelle sequenze contigue. Il passaggio qui esaminato ha, infatti, per oggetto
i soldati di Davide, i quali, benché ostili a Saul, accettano di non procedere alla
vendetta per benevolenza nei confronti del loro generale. Essi, del resto, avendo
appreso dai fatti la bontà di Davide, sono disposti a dare la vita per lui; ancora, certi
del sostegno di Dio, sono pronti a combattere contro i nemici.
La sequenza sui soldati, tuttavia, appare a questo punto del discorso criso-
stomico del tutto fuori luogo. Dei soldati, infatti, nel corso dell’omelia, si parla
soltanto a PG 54, 687, 58-688, 29. In quella sede il Crisostomo, richiamando
quanto già commentato nel primo sermone, sottolinea il coraggio di Davide nel ri-
sparmiare il nemico nonostante la presenza dei soldati, come pure la sua capacità di
convincerli a desistere dalla vendetta. Quindi attribuisce il merito di un siffatto ri-
sultato alla Grazia, che, abitando nelle labbra del profeta, aveva garantito persua-
sione alle sue parole, riconoscendo comunque anche il contributo di Davide a che
tutto questo fosse possibile. Conclusa la sezione sui soldati, questi gli argomenti
che seguono:
– Celebrazione della vittoria di Davide sull’ira, superiore a quella che lo
stesso Davide aveva ottenuto su Golia, e paragonabile per grandezza a quella dei
tre giovani sul fuoco della fornace e a quella di Daniele sui leoni (688, 41-690, 3);
– Risparmiare il nemico è più sicuro del farsi vendetta. Ed infatti Saul cade
nelle mani di Davide, senza che quest’ultimo abbia macchinato nulla (690, 3-12);
– Davide, così comportandosi, ottiene la benevolenza di Dio (690, 12-13);
– Davide merita ammirazione non solo perché Saul cadde nelle sue mani –
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effetto della potenza divina – ma soprattuto perché, pur potendo procedere alla
vendetta, lo risparmiò (690, 14-18);
– Riferimento ai soldati (passo qui in esame): «In che modo sarebbe poi stato
naturale che i soldati gli obbedissero? Che fossero disposti nei suoi confronti con
una tale benevolenza? Se infatti avessero avuto innumerevoli vite, non le avrebbero
date prontamente tutte per il capo, avendo appreso dai fatti, nella sollecitudine ver-
so il nemico, la benevolenza nei confronti degli amici? Colui che infatti è mite e
mansueto nei confronti di coloro che gli hanno arrecato sofferenza, molto di più
doveva essere disposto in questo modo nei confronti di coloro che erano benevoli
con lui; e questa era per lui la più grande garanzia di salvezza. E non solo erano
molto benevoli, ma anche molto arditi contro i nemici, sapendo che avevano Dio
che combatteva per loro, il Quale era sempre vicino al capo, e agevolava sempre
tutte le imprese. E a Davide prestavano attenzione, non dunque come ad un uomo,
ma come ad un angelo» (690, 18-31);
– Prima ancora di godere della ricompensa di Dio, Davide ebbe molti van-
taggi sulla terra, avendo risparmiato il nemico (690, 31-36);
– Parenesi conclusiva: imitiamo Davide, perché risparmiare il nemico è più
vantaggioso del farsi vendetta da sé (690, 36-49);
– Nuova pericope biblica e relativo commento (690, 49 sqq.).
Gli argomenti di sopra indicati sono tutti fra loro coerenti, eccezion fatta per
la digressione sui soldati. Che potrebbe essere un’interpolazione penetrata nel testo
già in età antica (lo stile è crisostomico, in perfetta coerenza con il dettato delle tre
omelie), o, meglio, potrebbe appartenere ad un altro luogo di questa, o di un’altra
omelia.
A mio avviso, la sezione potrebbe appartenere al paragrafo α (687, 9-688,
40) di questa omelia, laddove il Crisostomo, come già visto, parla dei soldati. Per le
seguenti ragioni:

1. Innanzitutto, la seconda parte del paragrafo α (687, 54 sqq.) è l’unica,


all’interno della seconda omelia, in cui argomento del discorso crisostomico siano i
soldati, ed in cui dunque queste parole possono trovare un contesto adeguato.
2. Fatta eccezione per brevi allusioni al loro tentativo di persuadere Davide
alla vendetta, o alla paura che avrebbero dovuto provocare nel loro generale, nel
corso delle omelie De Davide et Saule il Crisostomo parla dei soldati soltanto in
un’estesa sezione della prima omelia (cfr. De Davide et Saule I, PG 54, 682, 42-
683, 53). In quell’occasione, i soldati sono ritratti nel loro folle desiderio di ven-
detta, e l’immagine che ne risulta è espressa in maniera esemplare dal passaggio
683, 23-31: Μεvγ α µε;ν γα;ρ το; και; αυjτοvν τινα τω'ν οιjκειvων περιγενεvσθαι παθω'ν:
πολυ; δε; µει'ζον το; και; εJτεvρους δυνηθη'ναι πει'σαι, τη;ν αυjτη;ν αυjτω'/ κτηvσασθαι
γνωvµην: και; εJτεvρους, ουjκ εjπιεικει'ς αjνθρωvπους και; µετριvους, αjλλα; στρατιωvτας
και; πολεµει'ν µεµαθηκοvτας, και; τοι'ς πολλοι'ς αjπεγνωκοvτας ποvνοις, και; µικρο;ν
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αjναπνευ'σαι εjπιθυµου'ντας, και; ειjδοvτας ο{τι τω'ν κακω'ν ηJ λυvσις πα'σα εjν τη'/
του' πολεµιvου σφαγη'/ τοvτε ε[κειτο («grande cosa, infatti, che qualcuno abbia vinto
le proprie passioni; molto più grande, però, riuscire a convincere anche altri ad ave-
re la propria stessa opinione; e altri, che non erano uomini benigni e misurati, ma
soldati abituati a combattere, e disperati per le molte fatiche, e desiderosi di un po’
di sollievo, e ben consapevoli che ogni possibile fine dei mali risiedeva allora
nell’uccisione del nemico»). Nessun riferimento, dunque, alla buona disposizione
dei soldati nei confronti di Davide, né alla loro sicurezza in guerra fondata sulla
consapevolezza della protezione divina. L’unico luogo delle omelie De Davide et
Saule in cui il Crisostomo parla dei soldati in termini positivi, è la seconda parte
del paragrafo α della seconda omelia. Soltanto in questo passaggio, infatti, egli fa
riferimento alla loro buona disposizione: δια; του'το εjν τω'/ καιρω'/ τω'ν αjγ ωvνων
παρεσκευασµεvνους ευ|ρε και; ει[κοντας (688, 23-25).
3. Proprio dopo le parole παρεσκευασµεvνους ευ|ρε και; ει[κοντας , e dunque a
De Davide et Saule II, 688, 25, mi pare che la sezione 690, 18-31 potrebbe avere
una sua giustificazione logica. Il testo che ne risulterebbe è il seguente: (688, 15-
25) Και; γα;ρ κατηγοvρουν µε;ν εjκει'νοι, κατηγορει'το δε; οJ καθευvδων, αjπελογει'το
δε; οJ πολεvµιος, εjδιvκαζε δε; οJ Θεοvς, και; τη;ν του' ∆αυι÷δ ψη'φον εjκυvρωσεν. Ουj γα;ρ
α[νευ τη'ς του' Θεου' ρJοπη'ς ι[σχυσεν α]ν τω'ν µαινοµεvνων εjκειvνων περιγενεvσθαι:
αjλλ∆ ηJ του' Θεου' χαvρις η\ν ηJ τοι'ς χειvλεσιν εjγ καθηµεvνη του' προφηvτου, και;
πειθωv τινα διδου'σα τοι'ς ρJηvµασιν εjκειvνοις. Ουj µικρο;ν δε; και; οJ ∆αυι÷δ συνε−
βαvλετο: εjπειδη; γα;ρ αυjτου;ς το;ν ε[µπροσθεν χροvνον ου{τως εjπαιvδευε, δια; του'το
εjν τω'/ καιρω'/ τω'ν αjγ ωvνων παρεσκευασµεvνους ευ|ρε και; ει[κοντας. (690, 18-31)
Πω'ς η\ν ειjκο;ς λοιπο;ν του;ς στρατιωvτας εjκειvνω/ προσεvχειν… µεθ∆ ο{σης ευjνοιvας
διακει'σθαι προ;ς αυjτοvν… Ειj γα;ρ µυριvας ει\χον ψυχαvς, ουjκ α]ν εJτοιvµως αJπαvσας
εjπεvδωκαν υJπε;ρ του' στρατηγου', ε[ργω/ µαθοvντες εjν τη'/ του' πολεµιvου κηδεµονιvα/
τη;ν περι; του;ς οιjκειvους ευ[νοιαν… ÔΟ γα;ρ περι; του;ς λελυπηκοvτας πρα'ος και;
η{µερος ω[ν, πολλω'/ µα'λλον περι; του;ς ευjνοι>κω'ς διακειµεvνους ου{τως ε[µελλε δια−
κει'σθαι: ο} δη; µεvγ ιστον εjνεvχυρον αjσφαλειvας η\ν αυjτω'/. Ουjκ ευjνουvστεροι δε;
µοvνον, αjλλα; και; προθυµοvτεροι περι; του;ς πολεµιvους η\σαν, ειjδοvτες ο{τι το;ν
Θεο;ν ε[χουσιν υJπε;ρ αυjτω'ν πολεµου'ντα, το;ν αjει; παροvντα τω'/ στρατηγω'/, και; τα;
πραvγ µατα α{παντα εjξευµαριvζοντα. Και; τω'/ ∆αυι÷δ δεv, ουjχ ωJς αjνθρωvπω/ λοιποvν,
αjλλ∆ ωJς αjγ γεvλω/ προσει'χον. (688, 25-27) Ουj γα;ρ ωJς στρατηγο;ς στρατιωτω'ν,
αjλλ∆ ωJς ιJερευvς, ου{τως αυjτω'ν προειστηvκει, και; η\ν εjκκλησιvα το; σπηvλαιον εj−
κει'νο λοιποvν. In questo luogo, acquista senso la domanda retorica con cui la sezio-
ne si apre: «Come sarebbe stato naturale che...?», in ragione del riferimento ad una
precedente educazione di Davide che aveva reso possibile la buona disposizione
dei soldati. Il Crisostomo, insomma, che ha sempre parlato male dei soldati per
sottolineare, nel contrasto, il coraggio e la bontà di Davide, adesso muta il suo at-
teggiamento e ne parla in termini positivi, per celebrare in questo modo la sua ca-
pacità nell’educarli.
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4. La seconda parte del paragrafo α presenta alcune difficoltà di carattere lo-


gico-contenutistico, nella misura in cui alcuni riferimenti rimangono poco perspi-
cui. In questo contesto, la sezione 690, 18-31 non solo riceverebbe un senso, ma ne
darebbe a sua volta. Nell’ ε[ργω/ µαθοvντες di 690, 21-22 troverebbe infatti un refe-
rente cataforico, e dunque un contenuto, l’ου{τως εjπαιvδευε di 688, 23, che, nello
stato attuale del testo, risulta gratuito e privo di un significato concreto, giacché
mai prima d’ora il Crisostomo aveva fatto riferimento ad un’educazione impartita
da Davide ai soldati. «Li educava così», e cioè come? Nel testo che risulta dallo
spostamento della sezione 690, 18-31, invece, il Crisostomo parlerebbe di un tem-
po precedente in cui Davide aveva educato i suoi soldati – ed il tempo al quale ci si
riferisce può essere tanto un indistinto periodo lontano, quanto il più recente pas-
sato, quello precedente all’apologia formulata a difesa di Saul, quello in cui il pro-
feta aveva continuato a servire il suo re nonostante i sospetti e le macchinazioni su-
bite, ed in cui alla fine, non trovando altro rimedio, aveva scelto di allontanarsi
dalla città andando mendico in esilio – ed essi, ε[ργω/ µαθοvντες la sua bontà, sono
oramai ben disposti nei suoi confronti, e pronti ad obbedirgli, anche se questo si-
gnifica risparmiare un nemico pericoloso. Infine, il rispetto sacerdotale che Davide
ispira ai suoi soldati (688, 25-26: Ουj γα;ρ ωJς στρατηγο;ς στρατιωτω'ν, αjλλ∆ ωJς
ιJερευvς, ου{τως αυjτω'ν προειστηvκει) trova la sua giustificazione logica nella consa-
pevolezza dei soldati stessi, espressa a 690, 28-30, della protezione e del favore di-
vino accordato al profeta (ειjδοvτες ο{τι το;ν Θεο;ν ε[χουσιν υJπε;ρ αυjτω'ν πολεµου'ν−
τα, το;ν αjει; παροvντα τω'/ στρατηγω'/, και; τα; πραvγ µατα α{παντα εjξευµαριvζοντα).
5. Un ulteriore indizio a favore non solo della convenienza dello spostamento
ipotizzato, ma anche della legittimità dell’inserimento della sezione a questo punto
della seconda omelia, proviene dalla tradizione indiretta. L’ecloga 29, infatti, tra-
manda, da PG 63, 780, 17 a PG 63, 782, 39, excerpta dalla De Davide et Saule II,3
in modo sempre coerente con la loro disposizione nel contesto di appartenenza: la
ripresa comincia infatti dalla colonna 687 della Patrologia (63, 780, 17 = 54, 687,
61) e, nonostante parafrasi, sintesi ed omissioni, procede in maniera progressiva
fino all’inizio della colonna 693 (63, 782, 2-5 riprendono 54, 692, 57-693, 3). Due
le eccezioni all’ordine degli estratti di volta in volta riprodotti: il periodo a 63, 780,
39-44, che è costruito mediante l’intreccio di frazioni di linee fra loro distanti, e
cioè 54, 692, 52-53 + 54, 689, 42-43 + 54, 688, 4-6; quindi, l’excerptum trádito a
63, 780, 44-52, che corrisponde a 54, 690, 18-25 ed è dunque estratto dalla colonna
3 La tradizione indiretta delle omelie De Davide et Saule si articola in tre rami, costituiti, il

primo da un’omelia pseudocrisostomica Contra theatra (CPG 4563), pubblicata in PG 56, che ripro-
duce la sezione proemiale della De Davide et Saule III; il secondo da alcune Eclogae pseudo-
crisostomiche che contengono excerpta da tutte e tre le omelie; il terzo da una versione copta della
terza omelia, trádita da un papiro conservato presso il Museo Egizio di Torino. Sulla tradizione indi-
retta delle omelie De Davide et Saule, cfr. il mio Per un’edizione…, cit., pp. 250-253. Sulle ecloghe in
senso specifico rimando al mio studio Le omelie De Davide et Saule di Giovanni Crisostomo nelle
Eclogae di Teodoro Daphnopate, in «Orpheus» 28 n.s. (2007).
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690 di Migne, e non dalla 688 come i passi contigui. A partire dall’excerptum suc-
cessivo, il testo ricomincia a fluire nell’ordine “crisostomico”. Il primo dei due ca-
si, come si vede, è di fatto la combinazione di frammenti di frasi più che un ex-
cerptum vero e proprio. Il secondo caso, invece, è il passo che ho sin qui preso in
esame, o, meglio, una sua parte, PG 54, 690, 18-25 πω'ς η\ν ειjκο;ς λοιποvν … ου{τως
ε[µελλε διακει'σθαι . Il luogo in cui proporrei di inserire questa sezione, è, come si è
visto, PG 688, 25, dopo le parole ευ|ρε και; ει[κοντας . Accettando questa colloca-
zione del passo, verrebbe meno l’eccezione all’ordine progressivo che gli excerpta
dell’omelia conservano nell’ecloga: l’estratto precedente è infatti 54, 687, 61-688,
21, mentre il successivo è 54, 688, 41-56.

Lo spostamento della sezione nel luogo da me proposto, tuttavia, non è


esente da difficoltà, motivo per cui, pur ritenendo lo stato attuale del testo poco at-
tendibile, non ho proceduto a modificare la disposizione delle sequenze nel mio te-
sto critico. In primo luogo, infatti, lo spostamento della sezione, per quanto a mio
avviso migliori il testo, non è necessario in maniera assoluta. Per la ragione che, in
un contesto di oralità, non è impossibile che i discorsi si susseguano in ordine non
troppo stringente (del resto, il λοιποvν col quale si apre la sezione crea un rapporto
abbastanza libero con il periodo che immediatamente precede), specie in
un’omelia, come la seconda, in cui il Crisostomo moltiplica i commenti a quanto
già esaminato nella prima omelia, senza troppo procedere oltre. Ancora, non è dif-
ficile trovare collegamenti fra le frasi che compongono questa sezione ed i periodi
vicini. Cosicché l’intera sezione potrebbe trovare una qualche giustificazione nel
riferimento alla φιλοσοφιvα di Davide (690, 18), causa di quel comportamento che
rivelò ai soldati la bontà del loro capo (690, 21 sqq.: ε[ργω/ µαθοvντες εjν τη'/ του' πο−
λεµιvου κηδεµονιvα/ τη;ν περι; του;ς οιjκειvους ευ[νοιαν …), e, ancora, causa della tra-
sformazione dei soldati da uomini ουjκ εjπιεικει'ς … και; µετριvοι (cfr. De Davide et
Saule I, 683, 26 sqq.) a uomini capaci di estrema benevolenza, ευjνουvστεροι (690,
26). Inoltre, la frase ο} δη; µεvγ ιστον εjνεvχυρον αjσφαλειvας η\ν αυjτω'/ (690, 25-26)
potrebbe richiamare il διδαvσκων δια; τω'ν ε[ργων ο{τι ουjδε;ν αjσφαλεvστερον του'
φειvδεσθαι τω'ν εjχθρω'ν … di 690, 3 sqq.
È necessario inoltre riconoscere che lo spostamento proposto produce un te-
sto non fluido. La difficoltà più evidente è la successione di due frasi troppo simili
per occorrere in successione, e troppo diverse però per costituire una ridondanza:
Και; τω'/ ∆αυι÷δ δεv, ουjχ ωJς αjνθρωvπω/ λοιποvν, αjλλ∆ ωJς αjγ γεvλω/ προσει'χον. Ουj γα;ρ
ωJς στρατηγο;ς στρατιωτω'ν, αjλλ∆ ωJς ιJερευvς, ου{τως αυjτω'ν προειστηvκει, και; η\ν
εjκκλησιvα το; σπηvλαιον εjκει'νο λοιποvν . D’altro canto, entrambe le frasi occupano
sensatamente la loro posizione. Infatti, se la frase και; τω'/ ∆αυι?δ δεv, ουjχ ωJς
αjνθρωvπω/ λοιποvν, αjλλ∆ ωJς αjγ γεvλω/ προσει'χον risulta, da un punto di vista conte-
nutistico, piuttosto gratuita e comunque talmente generica da potere occupare altri
luoghi del testo, da un punto di vista retorico, invece, corrisponde, col suo προ−
Una nota a Giovanni Crisostomo, De Davide et Saule II (PG 54, 690, 18-31) 221
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σει`χον, al προσεvχειν di inizio sequenza, per cui a buon diritto conclude la sezione.
A ciò si aggiunga che l’intera tradizione manoscritta concorda nel leggere la frase a
fine sequenza. La frase Ουj γα;ρ ωJς στρατηγο;ς στρατιωτω'ν, αjλλ∆ ωJς ιJερευvς,
ου{τως αυjτω'ν προειστηvκει, και; η\ν εjκκλησιvα το; σπηvλαιον εjκει'νο λοιποvν , a sua
volta, non può che occupare il luogo in cui si trova, giacché punto di collegamento
con l’immagine che nell’omelia segue, in cui il Crisostomo traduce l’accaduto in
termini liturgici: Davide, qui sacerdote nella sua chiesa, diventa vescovo nello svi-
luppo della metafora, i soldati sono i fedeli, e il suo discorso è ormai un’omelia,
conclusa la quale egli celebra un sacrificio, in cui la vittima è l’ira (688, 28 sqq.).
Va osservato, del resto, che se la sezione è stata davvero inserita in un conte-
sto diverso da quello di appartenenza, ciò può aver provocato una stratificazione di
interpolazioni oggi non più ricostruibili. Per le ragioni sin qui esaminate, non ho
ritenuto prudente, nel mio testo critico, modificare il dettato del testo trádito per via
diretta in maniera concorde da tutti i testimoni. Nonostante le perplessità esposte.

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