Sei sulla pagina 1di 11

MT.

22, 1 S -22 321


ne. L'intervento dei sadducei nella controversia serve puramente da in­
termezzo. I vv. 34 s. fanno capire chiaramente che l'evangelista li consi­
dera alleati dei farisei più in vista. Dopo che i sadducei non sanno più che
cosa rispondere a Gesù, i farisei convocano una riunione e mandano a
Gesù un altro provocatore.
I vv. 4 I -46 costituiscono il culmine della sezione. Ora è Gesù che pren­
de l'iniziativa, non più gli avversari. Non più questo o quel delegato, ben­
sì tutti i farisei riuniti vengono sfidati da Gesù e messi a tacere con le spal­
le al muro. Proprio loro, che all'inizio avevano deciso di prendere Gesù
in trappola Èv ÀoyqJ (v. rs), sono presi in trappola e non hanno più paro­
le (Myov) per rispondere a Gesù (v. 46). In questo modo viene preparato
il terreno per l'ultima grande resa dei conti di Gesù con i suoi avversari
farisei nel cap. 23 . In questo capitolo, in verità, essi saranno comparse
mute e solo Gesù avrà la parola. Egli rivelerà quanto siano «ipocriti », co­
me aveva già accennato al v. r8. Tutta la sezione in Matteo dà l'impres­
sione di grande coesione: i lettori si accorgono che tutto si avvicina, ine­
sorabilmente, all'ultimo grande scontro.

3.1. IL TRIBUTO A CESARE (22, 1 5 -22)


P.C. Bori, «Date a Cesare quel che è di Cesare . . . » (Mt. 22,2 I). Linee di storia del­
l'interpretazione antica (CrSt 7), 1 986, 4 5 1 -464; M. Biinker, «Gebt dem Kaiser,
was des Kaisers ist!» - Aber: Was ist des Kaisers?, in L. Schottroff - W. Schottroff
(edd. ), Wer ist unser Gott?, Miinchen 1986, 1 5 3-I72; J.D.M. Derrett, Law in the
New Testament, London 1970, 3 1 3 -3 3 8; C.H. Giblin, «The Things of God» in the
Question Concerning Tribute to Caesar (Lk. 20,25; Mk. 12, 1 7; Mt. 22,2I): CBQ
33 ( 197 1 ) 5 10-5 27; H. Hart, The Coin of «Render unto Caesar . . . ». A Note on
Some Aspects of Mk. I2, IJ-I7; Mt. 22, 15-22; Lk. 20,20-26, in E. Bammel - C.F.D.
Moule (edd.), ]esus and the Politics of His Day, Cambridge 1984, 24 1-248; H.G.
Klemm, De Censu Caesaris: NT 24 ( 1982) 234-254; W. Schrage, Die Christen und
der Staat nach dem Neuen Testament, Giitersloh 1971, 29-39; E. Stauffer, Christus
und die Caesaren, Hamburg 1952, rist. Siebenstern-Taschenbuch 83/84, Miinchen­
Hamburg 1966, 102- 1 2 5 .
Altra bibliografia (b) nella sezione s u M t. 22,1 5-46 (sopra, p . 3 20).
15 Allora i farisei se ne andarono e presero la decisione di incastrarlo con
una sua affermazione. 1 6 E gli mandarono i loro discepoli, insieme agli ero­
diani, e dissero: 1 «Maestro, sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio
in verità, e tu non hai riguardi per nessuno, perché non guardi alla faccia
degli uomini. 17 Dicci, dunque, che ne pensi: è lecito o no pagare il tributo
all'imperatore? » . 1 8 Ma Gesù si accorse della loro malignità e disse: «Per­
ché mi mettete alla prova, voi ipocriti? 19 Mostratemi la moneta del tribu-

r �. B e altri leggono ÀÉyoniXc; riferendo il participio a !J.IX..91J-tac;. Questa lezione è molto


ben attestata, ma è chiaramente una correzione migliorativa.
322 IL TRIBUTO A CESARE
to)) . Ma essi gli porsero un denaro. 20 Allora egli disse loro: «Di chi è que­
sta effigie e di chi questa iscrizione? )) . 21 Essi [gli] 1 dissero: «Dell'imperato­
re» . Allora disse loro: «Date dunque all'imperatore ciò che appartiene al­
l'imperatore e a Dio, ciò che appartiene a Dio )) . 22 E quando essi udirono
ciò, rimasero attoniti, lo lasciarono e se ne andarono via.
Il v. I5 descrive la situazione nella quale si svolgono le controversie narra­
te nella sezione principale (vv. I5-46); quanto al contenuto, esso riprende
la parte finale di Mc. 12.,I3, ma per il resto è totalmente opera redaziona­
le. :t La disputa vera e propria comincia solo col v. I 6.3 Essa è costituita dal­
l'esposizione, da una captatio benevolentiae e dalla domanda decisiva ri­
volta al maestro (vv. I6 s.). La risposta di Gesù è formata da un'accusa in­
troduttiva, la cui funzione è di far capire chiaramente quanto egli sia supe­
riore ai suoi maligni avversari (v. I8); dalla «dimostrazione visiva )) 4 me­
diante la «moneta del tributo )), che smaschera gli avversari (vv. I 9-21a);
infine dal logion conclusivo di Gesù (v. 21h). A partire dal v. I6 Matteo se­
gue piuttosto fedelmente la sua fonte marciana, migliorandola, comunque,
qua e là.s Il versetto conclusivo (v. 22) descrive la reazione degli avversari se­
guendo da vicino la parte finale di Mc. 1 2, I 7. Allo stesso tempo Matteo ti­
ra fuori dal suo «cestino della carta )) una frasetta non utilizzata di Mc. 12,
I 2, 6 in modo da ottenere un passaggio più fluido alla disputa successiva,
alla quale i discepoli dei farisei non partecipano più.

15-16a. I farisei che avevano assistito alla proclamazione delle para­


bole di Gesù se ne vanno via. Come già avvenuto in 1 2, 1 4, essi decido-

1 Deve restare incerto se athljl sia stato aggiunto secondariamente da D, W, 8, <.lll, f'·'3,

latt, sy•.c.h, co per adeguarsi a Marco oppure se sia stato espunto da � B, syP per ade­
guarsi a Luca.
:z. Secondo vol. 1, introduzione, 4.2, sono matteismi -ton, 7topEu&ic;, aup.(3ouÀ10v ì..ap.[3.iW11,

o1tw<;. 7taytÒEUw è hapax nel N.T., ma ricorre nei LXX.


3 U parallelo in Ev. Thom. log. 100 è un dialogo con i discepoli. Poiché i discepoli che
interrogano Gesù gli mostrano una moneta d'oro, senza che siano chiari né motivo né
scopo del gesto, il logion «risulta praticamente incomprensibile senza la conoscenza
della pericope sinottica della moneta " (Fieger, Thomasevangelium, 2 5 5 ), e quindi se­
condario. Il logion di Tommaso culmina con l'esortazione a dare a Gesù ciò che gli ap­
partiene, cioè con l'incitamento allo gnostico a comportarsi da spirituale.
4 Mell h, 208; qui sono indicati anche paralleli formali rabbinici.
5 Secondo vol. 1, introduzione, 4.2., sono lessico matteano: al v. 1 6: f.!.e-tli + genitivo, ì.!­
ywv (participio); al v. 17: oùv, -ti ao t òoxe:i; al v. 18: yvoU<;, òi, imoxpt� e il tema 7tOVI)p-;
al v. 19: èmòdxvU(J-1 (cf. vol. n, p. 5 5 3 n. 2.), 1rpoa�; al v. n: -ton, Àiyw {presente
storico), oùv; al v. 22: àxoooavnc;. Rispetto a Mc. 1 2,14a-d Matteo riordina la captatio
benevolentiae ottenendo così un pregevole doppio parallelismo delle adulazioni. Matteo
elimina il superfluo Ò!ÌijJ.e:v i) 1'-Ìl Òw!LEV (Mc. 1 2,14).
6 Cf. vol. n, pp. 24 n. 6, 89 n. 3; cf. sopra, p. 2.19 n. 5·
MT. 22, 1 S -22
no di eliminare Gesù, questa volta ricorrendo a un trucco: • strappargli
una dichiarazione o un'opinione ( ),oy�) che si sarebbe trasformata per
lui in un «cappio» . "' All'inizio di tutta la sezione (vv. 1 5-46) fanno dun­
que la loro comparsa «i» farisei - l'espressione o[ W!Xpta!Xtot suggerisce
ai lettori l'idea di un gruppo che si presenta compatto - , i principali ne­
mici di Gesù, che tramano la sua rovina. Essi inviano a Gesù per primi
«i loro discepoli » insieme agli erodiani, una notizia fornita a Matteo
dalla tradizione. All'evangelista non interessa minimamente che i farisei
non abbiano, in realtà, « discepoli» ; egli pensa sicuramente ai discepoli
degli scribi e fa di ogni erba un fascio. Anche il problema, dibattutissi­
mo nella storia dell'interpretazione, di chi siano mai questi «erodiani » 3
e di quale fosse la loro posizione e quella dei farisei circa la questione
del tributo, 4 non preoccupa minimamente il nostro evangelista. Dato
che l'evangelista non interviene affatto sul testo, risulta difficile dire se
per lui e la sua comunità in Siria il problema fosse particolarmente im­
portante. Quali fossero i suoi interessi lo si può arguire soprattutto dal
macrotesto: egli è interessato unicamente a mostrare come, nella loro
perfidia, gli avversari farisaici di Gesù gli preparino una trappola e co­
me il loro piano fallisca. I lettori odierni della pericope desiderano, in­
vece, sapere, innanzitutto, quale significato abbia il testo per il proble­
ma del rapporto della comunità cristiana con lo stato.

Storia degli effetti. A questo proposito, una rapida carrellata sulla sto­
ria dell'interpretazione dovrebbe permettere di individuare le principali
interpretazioni possibili.5 Nel complesso sembra si possa dire che il no-

1 Quindi non: «essi tennero consiglio» su come (87tw<;) poter incastrare Gesù (così Bon­

nard, 3 2 1 s.). In Matteo si tratta dell'intenzione e dei fini malvagi degli avversari di Ge­
sù. Il latinismo C7UfLt3ouÀLOv ÀatLf3<iw:tv (consilium capere) in Matteo significa sempre «de­
cidere» (cf. anche 27, 1 .7; 28,1 2). In Matteo 81tw<; ha quasi sempre valore finale (Schenk,
Sprache, 309 s.).
a li raro termine dei LXX xartBtU!o ( «tendere un laccio• ) potrebbe, a differenza del più co­
mune àrpe;OO> (Mc. 1 2, 1 3 ), mettere in risalto la perfidia del modo di agire degli avversari
di Gesù (cf. 1 Sam. 28,9 LXX ) .
3 Sin dai tempi della chiesa antica (Apollin. Laod. In Mt. fr. 1 1 2 [Reuss, 3 8]; cf. Hier. In
Mt. 203 ) circolava la tesi che gli erodiani avessero ritenuto Erode il Grande il messia.
Questa tesi è stata ripresa da A. Schalit, Konig Herodes. Der Mann und sein Werk (SJ
4), 1969, 481. Altre ipotesi antiche considerano gli •erodiani• partigiani di Erode o dei
suoi figli oppure soldati di Erode.
4 Gli erodiani l'avranno presumibilmente pagato; tra i farisei c'era una minoranza zelo­
ta che si rifiutava di pagarlo.
5 Purtroppo manca una storia dell'interpretazione del testo. Per l'interpretazione nella
chiesa antica cf. Boria.
IL TRIBUTO A CESARE
stro testo sia stato meno importante di Rom. 1 3 , 1-7 per una riflessione
approfondita sul rapporto tra chiesa e stato. L'esegesi della chiesa anti­
ca ha messo in rilievo l'importanza fondamentale dell'ubbidienza a Dio.
1 . Nell'esegesi cattolica le riflessioni sul rapporto con lo stato non diven­
nero importanti prima dell'età moderna. 2. Il testo ebbe invece un ruolo
notevole nella tradizione della Riforma. Soprattutto tra i riformati l'ub­
bidienza nei confronti dello stato divenne un punto molto importante
dell'interpretazione del testo. 3 . Nell'interpretazione contemporanea di
lingua tedesca, soprattutto in quella protestante successiva alla seconda
guerra mondiale, predomina invece una lettura sempre più critica nei
confronti dello stato. Il pendolo oscilla nuovamente verso la posizione
della chiesa antica, sul monito di dare a Dio ciò che gli appartiene.
1 . A partire da Tertulliano, nel testo si insinua l'idea dell'uomo immagine
di Dio: la moneta che reca impressa l'immagine dell'imperatore appartiene
all'imperatore; ma tutto l'uomo, che è immagine di Dio, appartiene a Dio.'
Perciò la chiesa antica è stata sempre fondamentalmente convinta che la sot­
tomissione a Dio sia di molto superiore a quella allo stato. Ilario, ad esem­
pio, arriva a dire: a Dio dobbiamo il corpo, l'anima e la volontà, cioè l'intero
uomo. Ma a Cesare, una volta che siamo diventati poverissimi, non dobbia­
mo proprio più nulla." Soltanto a partire dall'età moderna l'interpretazione
cattolica cambia accenti: all'imperatore non appartiene soltanto il denaro,
ma tutti i temporalia senza eccezione; a Dio, invece, appartengono gli spiri­
tualia, ossia il culto e la devozione) In modo non dissimile l'enciclica Im­
mortale Dei ( 1 8 8 5 ) di Leone XIII distingue la competenza dello stato da
quella della chiesa: tutto ciò che ha a che fare con la salute dell'anima e il
culto rientra nella competenza della chiesa; al contrario, tutto ciò che è este­
riorità, « tutto ciò che appartiene alla vita civile e alla politica, è sottoposto
all'autorità civile >> .4 Compito della chiesa è di essere « una diga salvifica con­
tro l'asservimento delle coscienze da parte del potere terreno >> .S I testi che
considerano la sottomissione allo stato l'interesse primario del v. 2 1 sono
ben pochi: il più antico è l'apologia di Giustino indirizzata all'imperatore,
la quale presenta i cristiani contribuenti affidabili in riferimento a Mt. 22,21
(Apol. 1,17).
2. Nell'interpretazione della Riforma Mt. 22,1 5-21 viene letto nell'ottica

r Tertullian. Idol. 1 5,3 s. (CChr.SL 2, 1 1 1 5 s.); Mare. 4,38,3 (CChr.SL 1, 648). Questa

interpretazione è sostenuta oggi da Giblin°, 5 23-525.


z. Hil. Pict. In Mt. 23,2 (SC 258, 1 54); cf. Tommaso, Lectura, nr. 1788: gli uomini rice­

vono da Cesare gli artefìcialia, tra i quali rientra il denaro, ma da Dio le divitiae natura­
/es. Glossa Ordinaria, 1 5 6: come Cesare vuole gli si renda la sua immagine impressa,
sic et Deus animam lumine sui vultus signatam.
3 Lapide, 4 1 3 ( «cultus, pietas» )-
4 DS16 1 976, nr. J 1 68. 5 B. Haring, Das Gesetz Christi m, Freiburg 1 9 5 1 , 194.
MT. 22, 1 5 -22
della dottrina dei due regni. Secondo Calvino, nel nostro passo Cristo distin­
gue «chiaramente tra potere spirituale e potere politico » e chiarisce che <<nes­
suna sottomissione esteriore può impedire che interiormente la nostra co­
scienza sia libera davanti a Dio » . Il punto saliente dell'interpretazione di
Calvino è che la sottomissione alle autorità civili non va separata dall'ub­
bidienza a Dio: «Chi vuole sovvertire l'ordinamento statale è anche un ri­
belle contro Dio » . 1 L'interpretazione di Zwingli mostra una tendenza ana­
loga e un chiaro orientamento in funzione antianabattista. :z. Lutero ha pre­
dicato frequentemente sopra il nostro testo poiché era il testo previsto per la
predicazione della ventitreesima domenica dopo quella della trinità. Nelle
sue prediche più tarde la discussione del rapporto dei cristiani con le autori­
tà civili occupa uno spazio sempre maggiore.3 Un elemento importante è che
le interpretazioni dei riformatori ampliano con estrema naturalezza il testo:
Mt. 22 non parla solo del problema se si dovesse pagare il tributo all'impe­
ratore romano di allora, bensì si riferisce <<ad omnes magistratus », anzi a
tutti gli «ordines caelestes et terrestres» .4 Anche se non si smette mai di sot­
tolineare con Atti 5 ,29 che si deve ubbidire a Dio più che agli uomini, il mo­
nito a ubbidire alle autorità civili resta comunque un tema dominante. Per
Musculus soprattutto i pastori dovrebbero avere l'obbligo di ubbidire alle
autorità. s D'altra parte, anche gli anabattisti non interpretano il passo in
maniera sostanzialmente diversa: essi sottolineano che l'autorità civile è si­
gnora delle cose esteriori ( «ma non della parola e dello spirito » ) e le si deve
ubbidienza; la differenza principale tra loro e i rappresentanti della corren­
te maggioritaria della Riforma è che gli anabattisti non s'immischiano ne­
gli affari di governo. 6 Nel XIX secolo la tendenza all'interiorizzazione della
dottrina dei due regni contagia anche l'interpretazione del nostro testo:
«Potete e dovete . . . servire con i vostri sentimenti etici e religiosi Dio per
primo, senza confondere con il servizio a lui ciò che appartiene all'autorità
secolare» .7 L'interesse dell'interpretazione di lingua tedesca, soprattutto
protestante, del XIX secolo e, in parte, anche del xx secolo, è molto spesso
imperniata, riduttivamente, sul comandamento di rendere all'imperatore ciò
che gli appartiene, mentre la frasetta conclusiva <<e a Dio ciò che appartie­
ne a Dio» venne piuttosto trascurata, quasi fosse un'ingombrante «appendi­
ce aggiunta a forza » . 8 La «prestazione dei doveri di suddito » non solo è per-

r Calvino, n, :z.o3 s.; cf. Lutero, Evangelien-Auslegung II, 73 5· 737· Per l'interpretazione

successiva alla Riforma è importante il simul ,. (Wolzogen, 3 6 1 ) della sottomissione a Dio


«

e allo stato. :z. Zwingli, 3 6 5 .

3 G. Heintze, Luthers Predigt von Gesetz und Evangelium (FGLP x/ n ) , 1958, 1 80 s.


4 Bullinger, I 99A (prima citazione); Musculus, 494 (seconda citazione); cf. Zwingli, 39 5;
Calvino, n, 2.04 (doveri verso gli uomini). .s Musculus, 494·
6 G.A. Benrath, Die Lehre ausserhalb der Konfessionskirchen, in HDThG n, 1 980, 6:z.:r s.;
P. Walpot, Das grosse Artikelbuch 45, in QGT XII, 1967, 2.57 (cit.). 7 De Wette, 1 3 2..
8 E. Hirsch, Friihgeschichte des Evangeliums, I. Das Werden des Markusevangeliums, Tii­
bingen 1 94 1 , 1 3 1 .
IL TRIBUTO A CESARE
messa, bensì è comandata; pagare la tassa imperiale è «il debito contributo
del popolo di Dio al mantenimento dell'impero» e «l'adempimento della
volontà divina nel suo aspetto storico secolare» . 1 Un'interpretazione ana­
loga, altrettanto «lealista », s'incontra nella chiesa ortodossa russa per la
quale Mt. 22,21 è «un insegnamento che conferma l'unione tra chiesa e
stato». Mt. 22,2 1a significa che i credenti hanno l'obbligo «di servire lo
zar, pronti a sacrificare la vita per lui, fino all'ultima goccia di sangue » .1
3 · Ma nel xx secolo, nell'esegesi protestante di lingua tedesca, si sono
sentite anche voci diverse. Con il suo approccio escatologico A. Schweitzer
non poteva vedere nel comandamento di pagare il tributo imperiale il tema
principale del testo. Lo stato apparteneva, infatti, alle cose terrene, antidi­
vine, destinate a svanire con la venuta del regno di Dio. Perché mai Gesù
avrebbe dovuto «soffermarsi su cose del genere» ? Schweitzer, e molti sulla
sua scia, interpretano perciò in senso ironico il comandamento di pagare il
tributo all'imperatore.' Per K. Wengst Gesù avrebbe respinto la domanda
al mittente, cioè ai farisei: il problema delle tasse è tutto e solo vostro; esso
non riguarda affatto me, povero predicatore radicale itinerante! 4 Altri ese­
geti sottolineano che il X!Xt che unisce il comandamento di pagare il tributo
al comandamento di dare a Dio ciò che gli appartiene debba avere senso av­
versativo.s Al posto del parallelismo veteroprotestante «servire l'imperato­
re>> e «allo stesso tempo» servire Dio subentra ora una chiara svalutazione,
o addirittura un rifiuto, del servizio all'imperatore. 6 Anche esegeti che par­
tono dalla considerazione che il comandamento di Gesù di dare all'impera­
tore ciò che gli appartiene non vada considerato né una battuta ironica né
una descrizione di ciò che gli avversari di Gesù effettivamente fanno, sotto­
lineano la differenza di peso tra le due metà del v. 2 1 : «davanti alla pretesa
di Dio la pretesa dello stato può avere sempre e solo un diritto limitato e una
importanza relativa » . Il v. 21 «si colloca a metà strada fra la ribellione e la
rivoluzione, da un lato, e la mitizzazione, l'apoteosi e la glorificazione del­
l'imperatore e dell'impero, dall'altro >> .7 Le esperienze fatte col Terzo Reich
I Zahn, 63 3 (prima citazione); Stauffer", uo (seconda citazione).
2.Troickie listki: Tolkovanie na evangelie ot Mat{eja, Moskva 1 994 (!) (rist. dell'ed. del
1896-1 899), 5 50. 5 p . (il libro è il più influente commento a Matteo prodotto dalla chie­
sa russa).
3 A. Schweitzer, Das Messianitiits- und Leidensgeheimnis, in Id., Gesammelte Werke v,
Ziirich s.d., 1.43 ; sulla stessa linea M. Dibelius, Rom und die Christen im ersten ]ahrhun­
dert, in Id., Botschaft u. Geschichte n, Tiibingen 1956, 1 78; G. Bomkamm, Jesus, I I :Z..
4 K. Wengst, Pax Romana. Anspruch und Wirklichkeit, Miinchen 1986, 79 s.
5 Così, ad es., Klemm", 1.46; M. Hengel, Christus und die Macht, Stuttgart 1 974, :z.o.
6 Biinker", 1 7 1 s.: gli avversari farisaici di Gesù dimenticano con grande disinvoltura che
cosa Dio sia; Hare, 1.54: la seconda metà del v. 1.1 «annulla praticamente la prima,.. Per
E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt 1959, 5 8 1 . 1488, il comandamento di Gesù
è espressione del disprezzo nei confronti dello stato che presto tramonterà.
7 Schrage", 39·
MT. 22, I 5 -22
e le aporie della dottrina dei due regni hanno lasciato chiare tracce nell'ese­
gesi protestante di lingua tedesca dell'epoca più recente. In questo modo es­
sa si avvicina all'esegesi cattolica che aveva già da sempre sottolineato il di­
verso peso delle due metà del v. 2 I .
La domanda più importante che s i deve porre alla storia dell'interpre­
tazione in un'ottica esegetica è quella del rapporto fra le due parti del
v. 21 b. Il comandamento di pagare il tributo e il comandamento di da­
re a Dio ciò che gli appartiene stanno su uno stesso piano, così da giusti­
ficare il simul nel senso dell'interpretazione veteroprotestante: proprio
chi dà allo stato ciò che gli deve ubbidisce a Dio ? Oppure il loro rap­
porto reciproco è di subordinazione, così che il comandamento di dare a
Dio ciò che gli appartiene include, supera e limita il comandamento di
versare il tributo ? Oppure il comandamento di pagare tributi all'impe­
ratore non va considerato affatto un comandamento di Gesù in senso
stretto, ma solo una frecciata retorica di Gesù contro i farisei: Gesù ha
smascherato la loro domanda come segno di ipocrisia e ordina loro, iro­
nicamente, di fare ciò che essi comunque già fanno, in quanto prigionie­
ri nel mondo e già legati all'imperatore?

16b-ua. I discepoli dei farisei iniziano con una lunga captatio bene­
volentiae. I lettori sanno che i discepoli dei farisei hanno ragione: Gesù
insegna davvero «la via di Dio in verità» . Ma nella bocca di quelli che i
farisei ostili hanno mandato avanti le parole indirizzate a Gesù suona­
no vuote e false. Essi chiedono al «maestro» • Gesù se Dio permetta di
pagare tasse .. all'imperatore. Dopo che nella loro apostrofe adulatoria
essi hanno sottolineato l'indipendenza di giudizio di Gesù che non guar­
da in faccia a nessuno, la loro domanda suona come un invito velato a
pronunciarsi contro il versamento del tributo. Se Gesù lo fa, essi posso­
no accusarlo davanti al governatore, poiché sin dalla rivolta di Giuda il
Galileo (6 d.C.) il rifiuto di pagare le tasse equivaleva, in pratica, a dare
il segnale dell'insurrezione.3 Ma se, al contrario, Gesù risponde di sì, al­
lora si renderà impopolare con le masse. Gesù affronta i suoi avversari
con grande controllo della situazione e superiorità: egli «riconosce » la
loro macchinazione (cf. 1 2, 1 5 ; 1 6, 8 ) e risponde come si meritano: subi­
to all'inizio, rinforzando l'espressione negativa della fonte marciana, egli
1 Per l'appellativo 8t81Zo-xa� pronunciata da estranei cf. vol. n, p. 42..
l latino xirvo-oc; viene generalmente riferito al testatico, invece che alla tassa fon­
Il prestito
diaria; così, ad es., in Hesych., s.v. XtVO"O<;, e in Mc. 1 2.,14 D, e e altri (È1ttxt<pil.ì..atov).
Ma non è detto che sia necessariamente così.
3 Per il rifiuto di pagare il tributo di Giuda il Galileo cf. Ios. Bel/. 2., n 8 ; Ant. 1 8,4; M.
Hengel, Die Zeloten (AGJU 1 ), 1 1 976, 1 39-1 4 5·
IL TRIBUTO A CESARE
fa notare la «malignità » 1 dei suoi avversari e dice loro in faccia, senza
mezzi termini, che sono «ipocriti » . La loro domanda non è sincera, vo­
gliono soltanto metterlo alla prova . E subito Gesù passa a una «dimo­
strazione >> pratica; chiede ai discepoli dei farisei di mostrargli un dena­
ro romano. Benché, naturalmente, tale moneta non servisse solo a pa­
gare il tributo imperiale, Matteo la chiama << la moneta della tassa » . Per
il fatto stesso di possedere una tale «moneta per la tassa » essi dimostra­
no di pagare essi stessi il tributo e di aver già da tempo deciso come ri­
spondere, personalmente, alla domanda posta a Gesù.
Poi Gesù li interroga circa l'effigie e l'iscrizione sulla moneta. Il denaro
di Tiberio/ che all'epoca circolava in Palestina, mostra sul diritto la te­
sta dell'imperatore, e dietro, in secondo piano, Livia, l'imperatrice ma­
dre, raffigurata quale dea della pace; l'iscrizione recita: Ti( berius) Caesar
Divi Aug(usti) F(ilius) Augustus, e sul rovescio la scritta Pontif(ex) Ma­
xim(us).3 Alla domanda di Gesù gli avversari confermano proprio ciò.
Scopo della dimostrazione non è quello di far vedere che gli avversari so­
no giudei inosservanti della legge perché usano monete con un'immagi­
ne umana - come facevano allora quasi tutti i giudei.4 E neppure che non
hanno rispettato il divieto delle immagini nel tempio stesso: la loro mo­
neta di Tiberio non sarà stata certamente l'unica a entrare nel cortile del
tempio, dove si trovavano i banchi dei cambiavalute.5 Il punto è un al­
tro: mostrando di possedere una moneta che univa in sé i simboli poli­
tici e religiosi del potere dell'imperatore romano, gli avversari dimostra­
no di averne riconosciuto da tempo la pretesa di potere.

2 1b. Quando Gesù intima loro di essere conseguenti (oòv) e di pagare


il tributo, ciò non sorprende affatto. Egli li esorta a fare ciò che essi fan­
no comunque. Gesù non fornisce alcun motivo particolare per tale esor-
1 n:ovlJ� è un termine pregnante. «Maligno» è il diavolo (5,39?; 6, I 3 ?; I 3 ,I9.3 8 ) oppu­
re <<questa generazione» ( I 2,45 ; I 6,4). In quanto opposto di ÒtXtXIO<;, àytX-86.;, ecc. n:ovlj­
poi viene usato nel dualismo escatologico (ad es. 5,4 5 ; 1 2,3 5; I 3 ,49; 22,Io).
2 Per il denaro di Tiberio cf. Hart", 243-248 (con riproduzione). Il tesoro di Isfìa trovato

nel I960 sul Carmelo mostra come tali monete circolassero veramente in Palestina.
3 Le monete imperiali non erano semplicemente oggetti di valore, ma implicavano anche
riconoscimento e rispetto davanti al potere politico e religioso dell'imperatore, come il­
lustra il provvedimento ricordato in Suet. Tib. 5 8, secondo il quale chi portasse con sé
in una latrina o in un lupanare una moneta con l'effigie di Augusto si sarebbe reso perse­
guibile penalmente.
4 Secondo tA.Z. 5,I (Bill., IV, 393) erano consentite immagini su oggetti di scarsa im­
portanza come utensili da cucina, panni, monete, ecc. Giudei molto osservanti avevano
però riserve anche per queste piccole cose d'uso comune. Cf. la documentazione in Der-
rett, 3 3 I n. 1 . 5 Contro Gnilka, Mc. n, I 52.
MT. 22, 1 5 -22
tazione. La formulazione -rà. Kataapcx; suggerisce certo l'idea che la mo­
neta coniata nella zecca imperiale di Lione e recante i simboli del pote­
re imperiale gli appartiene comunque, ma questo aspetto non va oltre
una velata allusione. 1 Qui manca qualsiasi affermazione circa un'origi­
ne divina della sovranità imperiale sul tipo di quella che si legge in Rom.
1 3 , 1 . Manca anche una motivazione biblica dell'obbligo di pagare le
tasse. 1 La prima parte del detto conclusivo di Gesù non ha quindi alcu­
na portata determinante: conferma semplicemente ciò che gli avversari
di Gesù fanno abitualmente.
Ma ciò non significa che l'invito a pagare il tributo all'imperatore non
vada preso sul serio. Gesù non vuole dire né che, personalmente, lui, pre­
dicatore radicale itinerante, evidentemente senza un denaro in tasca, non
abbia il problema dell'obbligo fiscale e che, di conseguenza, la doman­
da dei farisei non lo riguarderebbe affatto,3 né ha usato ironicamente
l'imperativo: poiché i farisei si occupano comunque più degli affari del­
l'imperatore che di quelli di Dio, è giusto che paghino anche le tasse. 4
Ma ciò non significa neppure che con il v. 2 1 b la domanda posta a Gesù
abbia già ricevuto una risposta completa, così che l'aggiunta «non ri­
chiesta » del v. 2.rc sarebbe solo « un'appendice secondaria » . s Gesù non
avrebbe colto la malignità della domanda trappola dei suoi avversari
(cf. v. r8) se avesse dato semplicemente una risposta affermativa. Ciò che
si vuol dire è semplicemente questo: pagate le tasse e non fate domande
così subdole - tanto la moneta del tributo l'avete già pronta in tasca.
Non essendo uno zelota, Gesù si sarà trovato d'accordo con i suoi av-
1 Questo aspetto della «restituzione» viene spesso evidenziato notando che il verbo tbo­

ò(Ò!JJ(J. t (come l'equivalente latino reddere) può significare anche «restituire» . È vero che
tÌ1toòiòw!J-t viene usato sovente come termine tecnico per il pagamento di una somma do­
vuta (ad es. un debito o una retribuzione; cf. LSJ, s.v., r; Mt. 5,26; r 8,25·34; 20,8), ma
è anche vero che il verbo non significa soltanto «restituire» . L'interpretazione di tÌ7tOÒtòO­
vl1t come «restituire» un bene che spetta legittimamente all'imperatore ha avuto un ruo­
lo di rilievo nell'esegesi protestante, che insisteva sulla lealtà verso lo stato quale dovere
morale e teologico. Cf. già Brenz, 683: è scritto reddite e non date perché nessuno venga
a dire: «pecunia autem & alia quae possidemus nostra sunt, & non Caesaris».
2. Nel suo dotto studio Derrettd propone di interpretare il v. 2. 1 alla luce di Ecci. 8,2..

3 Così Wengst (v. sopra, p. 3 26 n. 4), 78 s. Inoltre a p. So egli suppone che l'intimazio­
ne di Gesù a «restituire tutti i denari all'imperatore indichi un rifiuto generale delle mo­
nete e del sistema monetario,. . Ma il commento più esagerato è quello di P. Lapide, Er
predigte in Ihren Synagogen. ]udische Evangelienauslegung ( GTB 1400 ), Giitersloh 3 r 98 2,
4 1 s.: «Restituite all'imperatore, signore della moneta, il suo argento maledetto . . . rifiu­
tatevi di accettare le sue monete, che sono contro la Bibbia! » . Gesù avrebbe esortato a
una rottura senza compromessi con l'ordine esistente, e chi non ci crede «reca a Gesù un
insulto che confina con la calunnia mortale se non con l'antiebraismo» (sic!).
5 Hirsch (v. sopra, p. 3 25 n. 8), I J I .
4 Dibelius (v. sopra, p. 32.6 n. 3), 178.
330 IL TRIBUTO A CESARE
versari che si dovessero pagare i tributi dovuti all'imperatore - ma non
è questa la questione determinante. Perciò egli non dà un fondamento
teologico al comandamento di pagare le tasse, bensì fa riferimento uni­
camente alla «moneta del tributo» . La risposta vera e propria alla do­
manda degli avversari arriva solo col v. l. IC.

2IC. Gesù aggiunge l'intimazione di dare a Dio ciò che gli appartiene
senza che alcuno glielo avesse chiesto. È questo comandamento, dunque,
che costituisce la vera sorpresa del testo per gli ascoltatori originari e
per i primi lettori della storia. L'esortazione imperiosa si trova alla fine
dell'episodio e ne costituisce, quindi, il vero fine. In questo testo, dun­
que, non si tratta affatto di una norma che regola il rapporto di Gesù o
dei suoi seguaci con lo stato. Perciò quello che ha costituito l'interesse
primario della storia dell'interpretazione per quanto riguarda questo te­
sto non ne ha colto il messaggio centrale. Il richiamo a dare a Dio il suo è
laconico; si tratta, per così dire, di uno spazio vuoto che i lettori devo­
no riempire con quanto ricavano dalla Bibbia e dalla tradizione giudai­
ca: Dio è colui «che abbatte le nazioni davanti a sé e rovescia i re » (ls.
4 I ,2); 1 A lui appartiene «la terra e ciò che la riempie, il mondo e tutto
ciò che vi abita » (Sal. 24, I ) . A Dio appartiene tutto: cielo e terra, tutti
gli uomini e, naturalmente, anche tutti i regni e tutti gli imperatori. Co­
sì diventa chiaro il senso di quello spazio vuoto: per Gesù non si tratta
di aggiungere al comandamento di pagare il tributo un altro comanda­
mento, ad esempio religioso. Il comandamento dei comandamenti, quel­
lo che include, sostiene e supera tutti gli altri, è il comandamento dell'ub­
bidienza a Dio. Dio rivendica un diritto illimitato sugli uomini, una pre­
tesa che abbraccia ogni aspetto della vita. Davanti a questo diritto di Dio,
il comandamento della lealtà fiscale si colloca su un livello penultimo,
totalmente diverso. Non ci sono affatto indizi linguistici che giustifichi­
no un senso della congiunzione xa.( diverso dal suo significato più nor­
male e diffuso: «e». Ma semanticamente xa.( non è semplicemente una
congiunzione additiva copulativa, perché essa congiunge due rivendica­
zioni che nella sostanza sono totalmente incomrnensurabili.

2.2.. I lettori conoscono i farisei e sanno che la loro giustizia è insuffi­


ciente ( 5 ,2.0) e che fin qui essi non hanno fatto altro che augurare e fare
del male a Gesù. Alle loro orecchie le parole finali di Gesù ai farisei,
che lo hanno interrogato solo sull'imperatore e non su Dio, hanno una
sfumatura minacciosa. Matteo registra, senza alcun commento, il loro
stupore. Gesù li ha smascherati e battuti: lo si capisce da come abbando­
r Cf. inoltre Is. 44,2.8; 45,1; Dan. 2.,2.1 ; Hen. aeth. 48,8-10 ecc.
331
nano il campo e «lasciano » Gesù, come già era stato costretto a fare, pri­
ma di loro, il tentatore satanico (4, u ) . Con questo commento conclusi­
vo (v. 22) Matteo non costruisce soltanto un raccordo con la pericope se­
guente, ma soprattutto allude alla vittoria di Gesù sui suoi nemici che
non sono riusciti a trovare niente contro di lui.

Sia chiaro: Gesù non dice che una metà dell'uomo appartiene all'im­
peratore, cioè la meta materiale o culturale o esteriore che ha a che fare
col «regno del mondo », e l'altra metà a Dio, ad esempio la metà spiri­
tuale, personale o interiore. Gesù non intende neppure sottolineare che
il pagamento delle tasse o addirittura la sottomissione allo stato sono
oggetto di uno specifico comandamento divino. Egli vuole piuttosto di­
re: «I soldi potete darli all'imperatore - questa è la sua sfera - ma Dio è
il Signore » . ' Una teologia cristiana dello stato non ha alcun fondamen­
to in Mt. 22, 1 6-2 1 . La lettura protestante tradizionale del nostro testo
alla luce di Rom. 1 3 , 1-7 porta fuori strada.1 Più vicina al testo è l'in­
terpretazione cattolica che pone l'ubbidienza a Dio chiaramente al di
sopra di quella allo stato. Taie interpretazione diventa problematica so­
lo quando alla preminenza di Dio subentra quella della chiesa)

3.2. LA RISURREZIONE DEI MORTI (22,2 3- 33 )


F.Dreyfus, L'argument scripturaire de jésus en faveur de la résurrection des morts
(Mc. u,26-27): RB 66 ( 19 5 9 ) :z.I 3-22·H O. Schwankl, Die Sadduzaerfrage (Mk.
I2,18-27 parr.) (BBB 66), 1987.
Altra bibliografia (b) nella sezione su Mt 22,1 5-46 (sopra, p. 3 20).
.

23 Quello stesso giorno vennero a lui alcuni sadducei: dicevano 4 che non
c'è alcuna risurrezione e gli posero una domanda 24 e dissero: «Maestro,
Mosè ha detto: 'Se uno muore senza figli, suo fratello deve consumare con
1 L. Ragaz, Die Bibel. Eine Deutung, v. jesus, Ziirich 1 949, 1 6.
2. Per la storia degli effetti di Rom. 13,1-7 nel protestantesimo cf. l'esauriente esposizio­

ne in U. Wilckens, Rom. 111 (EKK VI/3 ), 1982, 49-65. Enneneuticamente la lettura pro­
testante si potrebbe quindi giustificare tutt'al più come lettura «canonica» alla luce del­
l'intero N.T., ma non per quel che riguarda Mt. 2.2.,1 6-21 parr. Ma anche questa «cano­
nicità• è esclusa, perché da un lato nel N.T. sono presenti altri modi di vedere lo stato
che non sono in linea con Rom. 1 3 , ad es. in Apoc. 1 3 , e dall'altro proprio le affermazioni
teologiche di Rom. 1 3 , 1 sono in larga misura concezioni tradizionali del giudaismo el-
lenistico. Cf. Wilckens, op. cit., 3 3 ; Schrage", 2.3-27. 3 Cf. sopra, p. 3 2.4 n. 4·
4 Alcuni testimoni testuali, però tutti poco importanti, leggono o! davanti a ÀÉyov-.tc; (K,
L, fil, lat, sy h.pal, bo e altri). Per questi testimoni la frase che non ci sarebbe alcuna ri­
surrezione è, come per Marco e Luca, una esposizione della credenza dei sadducei, men­
tre nel testo originario i sadducei esprimono la loro convinzione di fondo direttamente
davanti a Gesù.

Potrebbero piacerti anche