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Luoghi antropologici e nonluoghi

Luogo antropologico (o luogo comune): luogo che conserva gli elementi culturali della
comunità che vi risiede, e che conferisce un’identità per le persone che lo vivono
intensamente e che tramite esso entrano in relazione tra di loro e con il luogo stesso,
dando vita ad un processo di simbolizzazione. Esso risulta dunque una costruzione
simbolica e concreta dello spazio, ed è allo stesso tempo un principio di senso per chi lo
abita ed un principio di intelligibilità per chi lo osserva. Per essere tali, i luoghi
antropologici devono essere:

• Identitari: poiché costitutivi e portatori di un’identità, in quanto il luogo di nascita è


costitutivo dell’identità sia come individui che come membri di una comunità. Lo spazio
è ciò che esprime l’identità del gruppo e che lo caratterizza;

• Relazionali: poiché gli individui possono leggervi la relazione che li unisce gli uni con
gli altri e l’identità condivisa che conferisce loro l’occupazione di uno stesso luogo
comune;

• Storici: poiché deve ricordare all’individuo le proprie radici storiche attraverso


riferimenti a lui comprensibili e quindi conservare e rappresentare la memoria storica.

Nel luogo antropologico, ogni azione sociale è riconducibile allo spazio in cui essa
avviene. Il luogo, dunque, è una realtà spaziale in cui l’identità, le relazioni e la storia di
coloro che vi abitano sono impresse. Il luogo antropologico è anche geometrico, ed è
possibile affermare ciò partendo da tre forme spaziali semplici che costituiscono lo spazio
sociale:

• Linea: ovvero gli itinerari tracciati dall’uomo che conducono da un punto ad un altro;

• Intersezione delle linee: ovvero i crocevia in cui gli uomini si incontrano e si


riuniscono;

• Punto di intersezione: ovvero centri più o meno monumentali, politici o religiosi che
definiscono spazi e delimitati da frontiere.

Queste forme spaziali non sono indipendenti, poiché possono anche sovrapporsi nel
momento in cui un itinerario passa attraverso diversi punti che costituiscono anche luoghi
d’incontro. Sono inoltre caratterizzate dai concetti di identità e relazione, e la cui realtà è
storica, poiché esistono solo nel tempo.

Nonluoghi: sono gli spazi dell’anonimato sempre più numerosi e frequentati da individui
simili ma soli, che si incrociano senza però entrare in relazione l’uno con l’altro. Essi sono
luoghi di transito depersonalizzati, privi di identità e lontani dalla storia, come ad esempio
le infrastrutture per la circolazione rapida di persone o merci, mezzi di trasporto o grandi
centri commerciali. Augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici,
e dunque sono tutti quegli spazi che non sono identitari, relazionali e storici. Essi sono
incentrati unicamente sul presente, e sono rappresentativi della nostra epoca,
caratterizzata da precarietà, provvisorietà, transito ed individualismo. La distinzione
tra luoghi antropologici e nonluoghi può però risultare ambigua, poiché essi sono
altamente interlegati, e dunque risulta difficile distinguerli: raramente esistono in forma
pura, poiché non sono semplicemente opposti, ma vi possono essere diverse sfumature
tra di essi. Nonostante l’omogeneizzazione, i nonluoghi possono avere una valenza
positiva per chi ne usufruisce, poiché diviene possibile ritrovare in ogni parte del globo gli
stessi prodotti o servizi che si trovano nei propri nonluoghi. Da ciò scaturisce uno dei
paradossi dei nonluoghi: il viaggiatore disperso in un paese estraneo ritrova se stesso
nell’anonimato tipico dei nonluoghi.

All’interno di essi, l’individuo perde tutte le sue caratteristiche ed i ruoli personali per
continuare ad esistere solo come fruitore o cliente, ruolo attribuito da un “contratto”
firmato al loro ingresso, ed il rapporto tra utente e nonluogo avviene solitamente tramite
simboli. L’uso dei nonluoghi è destinato all’utente medio, senza alcuna distinzione, al
patto di accettarne le regole scritte e non. Non vi è dunque il riconoscimento di un gruppo
sociale, come invece avviene nei luoghi antropologici, e si viene quindi socializzati,
identificati e localizzati solo in occasione dell’ingresso, dell’uscita e di altre interazione
con e nel nonluogo. Anche il concetto di viaggio è cambiato, poiché ormai molti
nonluoghi possono rivestire la stessa valenza attrattiva per i turisti tipica di alcuni
monumenti o luoghi storici. I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità,
incapace di integrare a sé i luoghi storici riducendoli a mere attrazioni turistiche o
curiosità. Augé definisce la surmodernità come evoluzione del post-modernismo, che fa
riferimento ai fenomeni sociali, culturali ed economici tipici delle società complesse di fine
XX secolo. La surmodernità risulta dunque essere strettamente connessa al fenomeno
della globalizzazione, ed è caratterizzata da tre figure dell’eccesso, causate dalle
trasformazioni accelerate del mondo contemporaneo:

• Eccesso di tempo: deriva dalla sovrabbondanza di avvenimenti del mondo


contemporaneo che rendono difficile la comprensione del presente e non lasciano
spazio alla programmazione di un futuro a lungo termine;

• Eccesso di spazio: dovuto al restringimento dello spazio disponibile sul pianeta e che
comporta da un lato maggiore sviluppo nei mezzi di trasporto e di comunicazione,
collegando zone molto distanti tra loro, dall’altro grandi mutamenti di scala,
concentrazioni urbane, aumento dei riferimenti, nonché nascita e proliferazione dei
nonluoghi stessi;

• Eccesso di ego (individualismo): si manifesta nel momento in cui l’individuo,


specialmente nelle società occidentali, si considera un universo a sé a causa
dell’aumento spropositato dei riferimenti spaziali e temporali, che porta ad
un’individualizzazione degli stessi che l’individuo si propone di interpretare da e per sé
stesso tramite le informazioni che gli vengono fornite.

I nonluoghi risultano dunque essere i nodi e le reti di un mondo sempre più i globalizzato
e privo di confini, risultando dal punto di vista strutturale sempre più identici in qualsiasi
parte del globo.

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