Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
MORENO LONGO
Allenatore Uefa Pro, ha allenato, oltre che nel settore
giovanile del Torino, la Pro Vercelli e il Frosinone,
portandolo dalla Serie B alla A.
PH: ITALYPHOTOPRESS
e/o principi
di gioco?
La “diatriba” tra chi allena per moduli e chi
per princìpi spiegata da Moreno Longo con diverse
immagini per chiarire le varie possibilità. Pro e
contro di entrambe le metodologie.
I nuove idee in quello che è uno degli sport che possiede più variabili in assoluto. Nell’ultimo periodo
spesso ci siamo imbattuti in discussioni tra chi tende a far giocare la propria squadra con un modulo
predefinito o chi ha la tendenza a utilizzare come metodologia quella incentrata sui princìpi. Tale
dilemma, apparentemente chiaro a tutti, merita qualche approfondimento perché, di frequente, mi è
capitato di sentire che: “I moduli non esistono più”; “Sono solo numeri”; “Chi utilizza i princìpi fa giocare
meglio la propria squadra” e così via. Ma è davvero così? In questa mia analisi una premessa è d’obbligo:
l’obiettivo che mi sono posto non è quello di giudicare o considerare una soluzione migliore dell’altra, ma
proporre una sintesi per riflettere poiché l’argomento è molto ampio ed è opportuno entrare nei dettagli
Cosa si intende?
delle differenze, con pregi e difetti, delle due scuole di pensiero.
Partiamo dalle definizioni. Con il termine modulo parliamo dell’applicazione dinamica del sistema di
gioco (disposizione statica dei giocatori nelle varie zone di campo) coi compiti e le azioni predefinite che
ogni elemento deve effettuare durante la partita. In pratica: allenare con un modulo significa stimolare un
26
Si ringraziano Instat e Sics per i dati e le immagini.
tattica
27
tattica
Nella foto 5, invece, il “quinto” dell’Udinese viene attaccato da una mezzala o da un mediano; l’interno di
centrocampo di parte quindi riconosce la situazione e si smarca “dentro” il campo alle spalle degli avver-
sari.
Anche nella foto 6, il “quinto” è attaccato da una mezzala (Salernitana – Pescara l’incontro), quindi
I princìpi
l’intermedio di parte “sfila” all’interno.
Le variabili in questo caso sono molteplici e determinate dai princìpi che l’allenatore vuole utilizzare per
creare il suo modello di gioco; sono caratterizzate dai continui mutamenti dell’assetto di base coi
giocatori che non hanno posizioni ben definite nelle due fasi, impegnati a occupare e ricercare gli spazi
che nascono grazie al movimento. Come vedremo vi sono squadre che mutano il loro atteggiamento tra
la fase offensiva e quella difensiva: personalmente, considero questa una situazione borderline tra le due
filosofie. Infatti, diversi undici adottano moduli di gioco “flessibili” nelle due fasi, difendendo e attaccando
con disposizioni differenti, utilizzando per esempio il principio di costruire con tre giocatori piuttosto
che con due e di conseguenza ricercando una superiorità numerica dal basso. Tutto questo rimanendo
molto riconoscibili con due moduli differenti tra loro nelle due fasi, con elementi che agiscono sempre
nelle proprie zone di competenza, interpretando spartiti spesso codificati in allenamento.
Ad esempio, possiamo notare come il Milan, schierato 4-3-3, in fase di sviluppo dell’azione si trasformi in
3+2 / 4+1, con Hernandez che si è alzato, mentre Romagnoli, Musacchio e Conti hanno il compito di
impostare il gioco (foto 7).
Lo stesso vale per il Bologna nella foto 8: scende in campo con un 4-2-3-1 di base, ma muta il suo assetto
tattico in fase di possesso, che diventa 3+2 / 4+1, grazie a Krejci che si è alzato.
Differente e più specifico è lavorare per princìpi dove vi sono giocatori che cambiano posizione
continuamente, occupando gli spazi liberi lasciati da compagni, che a loro volta hanno presidiato
posizioni diverse; di conseguenza, devono interpretare situazioni spesso in zone non propriamente
abituali per loro o comunque non adattissime alle loro caratteristiche.
Un esempio è quello nella foto 9 con la Juventus di Allegri, che si avvicinava molto a tali concetti.
Nell’immagine si notano numerosi cambi di posizione tra i vari giocatori.
Fatta quest’analisi e considerando che oggi una buona percentuale di gol avviene durante le transizioni,
viene spontaneo domandarsi cosa può cambiare quando queste vengono a crearsi e le due “filosofie”
Le transizioni
devono contrapporsi. Insomma, cerchiamo di capire cosa può accadere nei due casi.
Per quanto riguarda le squadre che agiscono “per moduli”, siccome ogni giocatore “agisce” e “mantiene” la
sua posizione in campo, si possono gestire le transizioni in maniera specifica, creando e allenando
l’intesa tra compagni, che spesso e volentieri lavorano nelle proprie posizioni, con una sinergia tra loro
che si può affinare costantemente.
Ad esempio, la Lazio – che agisce a 3 dietro – si contrappone a una transizione del Bologna gestendola con
28
5 Udinese – Parma, movimento “dentro” della mezzala se il “quinto” è contrastato
dalla mezzala avversaria. 6 Salernitana – Pescara, movimento a sfilare della mezzala se il “quinto”
è contrastato dalla mezzala avversaria.
8
di uno o più giocatori;
in altri le transizioni possono essere gestite da
giocatori non di ruolo e con caratteristiche non
propriamente specifiche. Bologna – Lazio, impostazione a tre del Bologna con avanzamento di un esterno.
9
luppo, in questa transizione ha Medel (un centro-
Vantaggi e svantaggi
campista) a gestire la situazione da terzino destro.
29
tattica
11 Sassuolo – Inter, la gestione della transizione con la difesa a tre di base dell’Inter.
Gli svantaggi possono essere:
necessità / dipendenza da giocatori abili ed evoluti cogni-
tivamente;
nelle difficoltà non avere una codifica precisa può diventare
un problema;
la gestione delle transizioni.
12
Nello specifico possiamo dire che entrambe le filosofie
possono funzionare, avendo ciascuna pregi e difetti. Starà a
Milan – Lecce, la gestione della transizione da parte del Milan che è rimasto solo
noi allenatori proporre la filosofia che sentiamo vicina alle
nostre idee e che riteniamo più adatta alla squadra, senza di- con tre uomini dietro.
menticare che alcuni aspetti di una o dell’altra metodologia
possono coesistere. Ricordo poi che i numeri, la tattica e i
princìpi sono fondamentali, ma lo sono ancora di più la
mentalità e l’atteggiamento con cui si interpretano queste
scuole di pensiero. Essere allenatore significa trasferire idee
ed emozioni: per farlo dobbiamo essere i primi a percepirle,
cercando di andare sempre di più nella direzione che mette
al centro di tutto il gioco del calcio, uno sport che deve ap-
passionare, attrarre, coinvolgere, divertire ed emozionare
chi lo gioca e chi lo guarda.
10 Bologna – Lazio, la gestione della transizione con la difesa a tre di base della Lazio. 13 Bologna – Lazio, la gestione della transizione da parte del Bologna che ha Medel
come laterale di destra per compensare all’avanzamento dell’esterno di parte.
30