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Moduli

MORENO LONGO
Allenatore Uefa Pro, ha allenato, oltre che nel settore
giovanile del Torino, la Pro Vercelli e il Frosinone,
portandolo dalla Serie B alla A.

PH: ITALYPHOTOPRESS

e/o principi
di gioco?
La “diatriba” tra chi allena per moduli e chi
per princìpi spiegata da Moreno Longo con diverse
immagini per chiarire le varie possibilità. Pro e
contro di entrambe le metodologie.

l calcio è un movimento in continua evoluzione e ciclicamente vengono introdotte e sviluppate

I nuove idee in quello che è uno degli sport che possiede più variabili in assoluto. Nell’ultimo periodo
spesso ci siamo imbattuti in discussioni tra chi tende a far giocare la propria squadra con un modulo
predefinito o chi ha la tendenza a utilizzare come metodologia quella incentrata sui princìpi. Tale
dilemma, apparentemente chiaro a tutti, merita qualche approfondimento perché, di frequente, mi è
capitato di sentire che: “I moduli non esistono più”; “Sono solo numeri”; “Chi utilizza i princìpi fa giocare
meglio la propria squadra” e così via. Ma è davvero così? In questa mia analisi una premessa è d’obbligo:
l’obiettivo che mi sono posto non è quello di giudicare o considerare una soluzione migliore dell’altra, ma
proporre una sintesi per riflettere poiché l’argomento è molto ampio ed è opportuno entrare nei dettagli

Cosa si intende?
delle differenze, con pregi e difetti, delle due scuole di pensiero.

Partiamo dalle definizioni. Con il termine modulo parliamo dell’applicazione dinamica del sistema di
gioco (disposizione statica dei giocatori nelle varie zone di campo) coi compiti e le azioni predefinite che
ogni elemento deve effettuare durante la partita. In pratica: allenare con un modulo significa stimolare un

Essere allenatore significa trasferire


apprendimento meccanico dato dalla ripetitività. Questa crea
automatismi specifici in determinate situazioni.

idee ed emozioni: per farlo dobbiamo


Allenare per princìpi significa farlo con uno o più concetti

essere i primi a percepirle, cercando


che definiscono il pensiero tecnico-tattico dell’allenatore,
mettendo il giocatore nella condizione di leggere, riconoscere

di andare sempre di più nella direzione


e risolvere le varie situazioni tramite la sua creatività e la sua

che mette al centro di tutto il gioco


intuitività. In pratica: allenare per princìpi vuol dire stimolare

del calcio, uno sport che deve


un apprendimento cognitivo in modo tale da abituare il
giocatore a riconoscere e risolvere le varie situazioni tramite

Il modulo appassionare, attrarre, coinvolgere,


un metodo induttivo.

divertire ed emozionare chi lo gioca


e chi lo guarda.
Ultimamente ho sentito spesso la frase “I moduli non esistono
più” oppure che servono solo per identificare con dei numeri
lo schieramento di una squadra sulla carta; a mio parere, è

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Si ringraziano Instat e Sics per i dati e le immagini.
tattica

la sua impostazione di base sia in fase offensiva sia


difensiva, con i giocatori “riconoscibili” nei loro
“ruoli” specifici. Un altro importante aspetto che
contraddistingue chi agisce per moduli è quello di
sviluppare giocate o schemi provati e ripetuti durante
la settimana in funzione della disposizione dell’av-
versario o dettati dalle varie possibilità di azione
dei calciatori dislocati sul campo in base a un’orga-
nizzazione predefinita; infatti, è una situazione che
possiamo ritrovare identica contro squadre e allenatori
che utilizzano un dato modulo.
Nella foto 1, si nota come la Sampdoria, disposta in
campo per la gara contro l’Udinese con un 4-4-2,
sviluppa la manovra mantenendo lo stesso ordine
coi giocatori ben collocabili nei propri ruoli.
Nella foto 2, si osserva allo stesso modo come il 3-
5-2 di base dell’Udinese sia identico anche in fase di
sviluppo del gioco.
Sempre con lo stesso concetto ma con una contrap-
posizione diversa, possiamo vedere come i giocatori
compiano movimenti uguali quando con lo stesso
vero il contrario anche perché, nonostante un cam- modulo si affronta un medesimo sistema di gioco.
biamento di tendenza, molti allenatori si affidano a Nell’immagine 3 si evidenzia come, appena il
questa metodologia. Se consideriamo l’aspetto di- “quinto” viene attaccato dal terzino, la mezzala di
fensivo verificare un modulo diventa più semplice parte gli attacca in automatico le spalle. Si tratta di
soprattutto se si desidera far difendere un calciatore una giocata codificata dell’Inter contro il Barcellona.
nella propria zona di competenza, cosa che è La stessa situazione la troviamo anche nella foto 4
diventata una prerogativa di moltissimi tecnici (Salernitana – Pescara): i campani, schierati 3-5-2
(eccetto i casi in cui le squadre lavorano sul principio come l’Inter, attirano il terzino con il “quinto” e nello
della marcatura a uomo in cui la disposizione è con- spazio lasciato sguarnito si dirigono in profondità
dizionata dal movimento degli avversari). Come con la mezzala. Questo perché è proprio una carat-
detto all’inizio, dalla filosofia del mister dipende la teristica dell’utilizzo di tale modulo richiedere tale
strategia da adottare e, come vedremo, vi sono azione. Come vediamo il vantaggio di questo modo
ancora numerosi tecnici che scelgono di lavorare di agire è creare automatismi durante la settimana,
sviluppando un modulo. Caratteristica primaria di meccanizzando la lettura della situazione così da
chi allena così sta nel fatto che la squadra mantiene riconoscerla immediatamente durante la partita.

1 Sampdoria – Udinese, disposizione 4-4-2 della Samp in fase di possesso


come da modulo di base. 2 Udinese – Spal, disposizione 3-5-2 dell’Udinese in fase di possesso
come da modulo di base.

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tattica

Nella foto 5, invece, il “quinto” dell’Udinese viene attaccato da una mezzala o da un mediano; l’interno di
centrocampo di parte quindi riconosce la situazione e si smarca “dentro” il campo alle spalle degli avver-
sari.
Anche nella foto 6, il “quinto” è attaccato da una mezzala (Salernitana – Pescara l’incontro), quindi

I princìpi
l’intermedio di parte “sfila” all’interno.

Le variabili in questo caso sono molteplici e determinate dai princìpi che l’allenatore vuole utilizzare per
creare il suo modello di gioco; sono caratterizzate dai continui mutamenti dell’assetto di base coi
giocatori che non hanno posizioni ben definite nelle due fasi, impegnati a occupare e ricercare gli spazi
che nascono grazie al movimento. Come vedremo vi sono squadre che mutano il loro atteggiamento tra
la fase offensiva e quella difensiva: personalmente, considero questa una situazione borderline tra le due
filosofie. Infatti, diversi undici adottano moduli di gioco “flessibili” nelle due fasi, difendendo e attaccando
con disposizioni differenti, utilizzando per esempio il principio di costruire con tre giocatori piuttosto
che con due e di conseguenza ricercando una superiorità numerica dal basso. Tutto questo rimanendo
molto riconoscibili con due moduli differenti tra loro nelle due fasi, con elementi che agiscono sempre
nelle proprie zone di competenza, interpretando spartiti spesso codificati in allenamento.
Ad esempio, possiamo notare come il Milan, schierato 4-3-3, in fase di sviluppo dell’azione si trasformi in
3+2 / 4+1, con Hernandez che si è alzato, mentre Romagnoli, Musacchio e Conti hanno il compito di
impostare il gioco (foto 7).
Lo stesso vale per il Bologna nella foto 8: scende in campo con un 4-2-3-1 di base, ma muta il suo assetto
tattico in fase di possesso, che diventa 3+2 / 4+1, grazie a Krejci che si è alzato.
Differente e più specifico è lavorare per princìpi dove vi sono giocatori che cambiano posizione
continuamente, occupando gli spazi liberi lasciati da compagni, che a loro volta hanno presidiato
posizioni diverse; di conseguenza, devono interpretare situazioni spesso in zone non propriamente
abituali per loro o comunque non adattissime alle loro caratteristiche.
Un esempio è quello nella foto 9 con la Juventus di Allegri, che si avvicinava molto a tali concetti.
Nell’immagine si notano numerosi cambi di posizione tra i vari giocatori.

Fatta quest’analisi e considerando che oggi una buona percentuale di gol avviene durante le transizioni,
viene spontaneo domandarsi cosa può cambiare quando queste vengono a crearsi e le due “filosofie”

Le transizioni
devono contrapporsi. Insomma, cerchiamo di capire cosa può accadere nei due casi.

Per quanto riguarda le squadre che agiscono “per moduli”, siccome ogni giocatore “agisce” e “mantiene” la
sua posizione in campo, si possono gestire le transizioni in maniera specifica, creando e allenando
l’intesa tra compagni, che spesso e volentieri lavorano nelle proprie posizioni, con una sinergia tra loro
che si può affinare costantemente.
Ad esempio, la Lazio – che agisce a 3 dietro – si contrappone a una transizione del Bologna gestendola con

3 Barcellona – Inter, movimento codificato della mezzala che si inserisce se il “quinto”


ha attratto il terzino. 4 Salernitana – Pescara, movimento codificato della mezzala che si inserisce
se il “quinto” ha attratto il terzino.

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5 Udinese – Parma, movimento “dentro” della mezzala se il “quinto” è contrastato
dalla mezzala avversaria. 6 Salernitana – Pescara, movimento a sfilare della mezzala se il “quinto”
è contrastato dalla mezzala avversaria.

i 3 difensori centrali, che sono già nelle loro posizioni


naturali di partenza (foto 10). Lo stesso avviene per 7 Milan – Lecce, impostazione a tre del Milan con avanzamento di un laterale.

l’Inter, che affronta una ripartenza del Sassuolo


(foto 11) coi tre difensori centrali (Skriniar, De Vrij e
Bastoni) nei loro settori di competenza, oltre ad
avere il sostegno del vertice basso di centrocampo
(Brozovic).

Chi agisce per princìpi, può vedere venir meno la


specificità del ruolo e si può trovare in due situazioni
differenti:
 in alcuni casi, un reparto può rimanere “svuotato”

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di uno o più giocatori;
 in altri le transizioni possono essere gestite da
giocatori non di ruolo e con caratteristiche non
propriamente specifiche. Bologna – Lazio, impostazione a tre del Bologna con avanzamento di un esterno.

Nell’immagine 12 si osserva come in fase di transi-


zione il Milan debba gestire tale situazione senza
l’apporto di Hernandez (che si era alzato); quindi i 3
difensori rimasti devono trovare velocemente gli
adattamenti a tempi e spazi, non perdendo le
distanze e facendosi aiutare, nel caso in foto, da
Biglia davanti alla difesa.
Nella foto 13, invece, il Bologna, che avanzava il
terzino all’altezza dei centrocampisti in fase di svi-

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luppo, in questa transizione ha Medel (un centro-

Vantaggi e svantaggi
campista) a gestire la situazione da terzino destro.

Manchester United – Juventus, l’occupazione dello spazio della Juventus.


Dopo aver riassunto i concetti fondanti delle due fi-
losofie, indichiamo quelli che possono essere pro e
contro. Per i moduli sicuramente i vantaggi sono:
 possibilità di codificare giocate, schemi e situa-
zioni;
 maggior facilità di “specializzazione” da parte
del giocatore;
 la squadra si trova a eseguire uno spartito provato,
studiato e meccanizzato durante la settimana;
 nei momenti di difficoltà avere qualcosa di certo
e conosciuto da seguire può aiutare il calciatore.

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tattica

Tra gli svantaggi annoveriamo:


 il rischio di diventare prevedibili;
 il pericolo di trovarsi in difficoltà davanti a una variazione tattica dell’avversario;
 meno libertà di esprimersi da parte dei giocatori;
 facilitare l’avversario nella preparazione della partita.

Venendo a un calcio fatto di princìpi, sicuramente i vantaggi sono:


 maggior imprevedibilità;
 possibilità di modificare il proprio assetto durante la gara con l’opzione di sfruttare l’elasticità mentale
di chi è abituato a risolvere problemi nei vari contesti;
 giocatori liberi di esprimersi;
 difficoltà da parte dell’avversario nella preparazione della gara.

11 Sassuolo – Inter, la gestione della transizione con la difesa a tre di base dell’Inter.
Gli svantaggi possono essere:
 necessità / dipendenza da giocatori abili ed evoluti cogni-
tivamente;
 nelle difficoltà non avere una codifica precisa può diventare
un problema;
 la gestione delle transizioni.

Avendo cercato di sintetizzare per ragioni di spazio un argo-


mento molto complesso come quello in oggetto, ciò che, a
mio avviso, emerge in maniera più evidente è conferma che
il calcio è in continua evoluzione. Per questo, abbiamo
l’obbligo di continuare a studiare e aggiornarci costantemente.

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Nello specifico possiamo dire che entrambe le filosofie
possono funzionare, avendo ciascuna pregi e difetti. Starà a
Milan – Lecce, la gestione della transizione da parte del Milan che è rimasto solo
noi allenatori proporre la filosofia che sentiamo vicina alle
nostre idee e che riteniamo più adatta alla squadra, senza di- con tre uomini dietro.
menticare che alcuni aspetti di una o dell’altra metodologia
possono coesistere. Ricordo poi che i numeri, la tattica e i
princìpi sono fondamentali, ma lo sono ancora di più la
mentalità e l’atteggiamento con cui si interpretano queste
scuole di pensiero. Essere allenatore significa trasferire idee
ed emozioni: per farlo dobbiamo essere i primi a percepirle,
cercando di andare sempre di più nella direzione che mette
al centro di tutto il gioco del calcio, uno sport che deve ap-
passionare, attrarre, coinvolgere, divertire ed emozionare
chi lo gioca e chi lo guarda. 

10 Bologna – Lazio, la gestione della transizione con la difesa a tre di base della Lazio. 13 Bologna – Lazio, la gestione della transizione da parte del Bologna che ha Medel
come laterale di destra per compensare all’avanzamento dell’esterno di parte.

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