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2/16 aprile 2022


Quindicinale
Anno 173

La Pasqua nella liturgia


L’economia mondiale esce dal Covid
ed entra in guerra
A un mese dall’inizio della guerra in
Ucraina
La Costituzione apostolica sulla
Curia romana
Vescovi e Sindaci del «Mare
nostrum» a Firenze
Il centenario della morte di
Hermann Rorschach
«Sulla riva del mare», del premio
Nobel Abdulrazak Gurnah
«Apples», di Christos Nikou
RIV ISTA INTERNAZIONALE DEI GESUITI

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B E AT U S P OPU LU S , C U I U S D O M I N U S DE U S E I U S
SOMMARIO 4123

2/16 aprile 2022


Quindicinale
Anno 173

3 LA PASQUA NELLA LITURGIA


La Civiltà Cattolica

9 L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA


Fernando de la Iglesia Viguiristi S.I.

23 A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA


Giovanni Sale S.I.

41 LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»


SULLA CURIA ROMANA
Gianfranco Ghirlanda S.I.

57 MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE


Vescovi e Sindaci del «Mare nostrum» a Firenze
Antonio Spadaro S.I. - Luca Geronico

67 IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH


Giovanni Cucci S.I.

79 «SULLA RIVA DEL MARE», DI ABDULRAZAK GURNAH


Nobel per la letteratura 2021
Claudio Zonta S.I.

84 «APPLES», DI CHRISTOS NIKOU


Al «CineFest Miskolc International Film Festival»
Piero Loredan S.I.

92 ABITARE NELLA POSSIBILITÀ

96 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Venticinque anni di grandi firme per “Luoghi dell’Infinito”: Eraldo Affinati, Antonia Arslan, Marc Augé,
Zygmunt Bauman, Enzo Bianchi, Mario Botta, Anna Maria Cànopi, Loris Capovilla, Franco Cardini, Flavio Caroli, Luciano
Chailly, Angelo Comastri, Maria Antonietta Crippa, Philippe Daverio, Erri De Luca, Roger Etchegaray, Cosimo Damiano
Fonseca, Bruno Forte, Carlo Maria Giulini, Stanislaw Grygiel, Dominique Lapierre, Giuseppe Laras, Mario Luzi, Carlo Maria
Martini, Richard Meier, Alda Merini, Roberto Mussapi, Guido Oldani, Ermanno Olmi, Antonio Paolucci, Abbé Pierre, Elena
Pontiggia, Paolo Portoghesi, Giovanni Raboni, Gianfranco Ravasi, Ermes Ronchi, Davide Rondoni, Pierangelo Sequeri,
Vittorio Sgarbi, Tomas Spidlik, Timothy Verdon, Krzysztof Zanussi. Grandi autori anche per la fotografia: Aurelio
Amendola, Nick Brandt, Giovanni Chiaramonte, Elio Ciol, Mimmo Iodice, Steve McCurry, Pepi Merisio, Sebastião Salgado.
SOMMARIO 4123

EDITORIALE
3 LA PASQUA NELLA LITURGIA
La Civiltà Cattolica

I testi orazionali del Messale Romano (ed. 2020) offrono ricchi spunti di riflessione. L’edi-
toriale ne evidenzia alcuni: la Pasqua come rito di passaggio e come rinascita e rinnova-
mento che abbraccia l’umanità intera. Centrale è il tema di Cristo «vero Agnello» immo-
lato per la liberazione dell’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte. La liturgia poi
prega perché la Pasqua sia ricca di frutti spirituali, e in particolare invita a «perseverare
nell’unità e nella pace».

ARTICOLI
9 L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN
GUERRA
Fernando Viguiristi de la Iglesia S.I.

Il Covid-19 è stato un nemico invisibile, che ha causato cinque milioni di morti, con effetti
evidenti e duraturi sull’economia mondiale. Ha modificato l’offerta di lavoro e messo in luce
la fragilità delle catene di approvvigionamento dell’attuale modello ultraliberale di globa-
lizzazione della produzione. Allo stesso tempo si stavano verificando una crisi energetica
e tensioni geopolitiche. Tutto ciò sembrava indicare la necessità di un’alternativa a questo
modello, una versione più regionalizzata, più sicura nel garantire gli approvvigionamenti e
più consapevole delle sue implicazioni etiche. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia
aggrava drammaticamente questo scenario. Avrà gravissime conseguenze economiche e
sembra annunciare un nuovo ordine mondiale.

FOCUS
23 A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA
Giovanni Sale S.I.

A un mese dall’inizio, la «guerra di Putin» contro l’Ucraina procede, purtroppo, senza sosta, osta-
colata soltanto dall’inattesa controffensiva dell’esercito ucraino e dei suoi volontari. Diverse città
ucraine vengono quotidianamente bombardate sia dal cielo sia dal mare. In questi giorni la città
martire di Mariupol è quasi interamente distrutta. Mosca annuncia la prima vittoria strategica,
agognata da giorni: il Donbass è stato unito alla Crimea. Quanto andrà avanti ancora questa
inutile e spaventosa guerra? Difficile dirlo. Intanto è in corso tra le parti una trattativa per un
accordo, ma non si parla ancora di un imminente cessate il fuoco.
SOMMARIO 4123

VITA DELLA CHIESA


41 LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»
SULLA CURIA ROMANA
Gianfranco Ghirlanda S.I.

L’articolo presenta la recente costituzione apostolica Praedicate Evangelium di papa Francesco. Sottoli-
nea la prospettiva fondamentale sotto la quale va letta: quella della missionarietà della Chiesa. Per que-
sto il primo dicastero che viene trattato, dopo la Segreteria di Stato, è quello per l’evangelizzazione, al
quale però sono significativamente connessi quello per la dottrina della fede e quello della carità. Viene
esposta l’applicazione alla Curia romana dei concetti di una «sana decentralizzazione», di partecipazio-
ne e della sinodalità, e vengono presentate tre questioni particolari: il ruolo dei laici nella Curia, la po-
sizione della Pontificia commissione per la tutela dei minori e la funzione degli Organismi economici.
L’Autore è professore emerito di diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

57 MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE


Vescovi e Sindaci del «Mare nostrum» a Firenze
Antonio Spadaro S.I. - Luca Geronico

Una coincidenza imprevedibile ha collocato il doppio forum dei vescovi e dei sindaci del Mediter-
raneo, riuniti a Firenze dal 23 al 27 febbraio 2022, nei giorni in cui è iniziata l’offensiva di Putin
in Ucraina. Una «provocazione» della storia che di fatto consegna a questa iniziativa, di chiara
ispirazione lapiriana, una grande responsabilità, che è anche una grande sfida. Il Mediterraneo è
infatti un paradosso geopolitico: una regione molto frammentata e molto interconnessa, che va
capita e protetta, perché è una cerniera. Le cinque giornate di Firenze sono state un primo passo
significativo per avviare un dibattito su una possibile cittadinanza mediterranea, come pure su una
nuova, più ampia coscienza ecclesiale.

PROFILO
67 IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH
Giovanni Cucci S.I.

Ricorre quest’anno il centenario della morte di Hermann Rorschach, noto soprattutto per l’elabo-
razione del reattivo (le celebri «macchie») che porta il suo nome, uno strumento strutturalmente
informe, che insieme affascina e incuriosisce chiunque s’imbatta in quella strana serie di macchie,
a metà strada tra l’arte contemporanea e l’esperimento scientifico. L’articolo, partendo da alcune
essenziali indicazioni circa la vita e la formazione accademica e professionale di Rorschach, cerca
di mostrare la genesi e il senso di queste tavole, insieme alla domanda circa il loro reale statuto
epistemologico nell’ambito della psicologia clinica, della psichiatria e della psicanalisi.
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18

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RIVISTA DELLA STAMPA


79 «SULLA RIVA DEL MARE», DI ABDULRAZAK GURNAH
Nobel per la letteratura 2021
Claudio Zonta S.I.

Abdulrazak Gurnah è stato insignito del premio Nobel per la letteratura 2021 «per la sua
intransigente e profonda analisi degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato tra
culture e continenti». Nel romanzo Sulla riva del mare, attraverso l’intrecciarsi di storie che
vanno da Zanzibar al Regno Unito, mostra la complessità delle vicende umane, che sono
intaccate da guerre, rivoluzioni, fughe e nuove speranze di rinascita.

ARTE MUSICA SPETTACOLO


84 «APPLES», DI CHRISTOS NIKOU
Al «CineFest Miskolc International Film Festival»
Piero Loredan S.I.

Nell’ultima edizione del CineFest Miskolc International Film Festival, il premio della giuria ecume-
nica è stato assegnato al film Apples del regista greco Christos Nikou. Il protagonista della storia
rappresentata è Aris, un signore di mezza età che si ritrova iscritto a un programma di recupero
progettato per aiutare i pazienti colti da amnesia a costruirsi una nuova identità. L’opera, con uno
stile rigoroso e minimalista, apre orizzonti di riflessione a più livelli sulle relazioni umane, sulla
complessità di ogni persona e sul senso spirituale della vita. Abbiamo incontrato il regista per una
breve conversazione. L’Autore opera presso il Centrul Manresa di Cluj-Napoca (Romania).

92 ABITARE NELLA POSSIBILITÀ

«Il silenzio grande» 92 - «Crossroads» 93 - «Il grido della fata» 94 - Pentimenti: Proust e
Vermeer 95

96 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

Crawford K. 100 - Galliani L. 101 - Godzieba A. J. 96 - Marchetto M. 98 - Monda A. 99 -


Pappalardo M. 101 - Petralia A. 101
ANNO 173 2022
VOLUME SECONDO

QUADERNI
4123 4128

RIV ISTA INTERNAZIONALE DEI GESUITI

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE:
VIA DI PORTA PINCIANA, 1
00187 ROMA

B E AT U S P OPU LU S , C U I U S D O M I N U S DE U S E I U S
PROPR I ETÀ L ET T E R A R I A
LA PASQUA NELLA LITURGIA

Nella liturgia romana, la Pasqua inizia con la solenne Veglia


pasquale nella notte del Sabato Santo e si protrae per i 50 giorni
del tempo pasquale, che si conclude con la Pentecoste. È il tempo
nel quale la Chiesa gioisce con il Cristo risorto, nell’attesa del suo
3
ritorno nella gloria. Noi prenderemo lo spunto dai testi del nuovo
Messale Romano (cfr Conferenza Episcopale Italiana, Messale Ro-
mano, terza edizione, 2020. I numeri tra parentesi si riferiscono alle
pagine di questo Messale).

La Pasqua come rito di passaggio

Uno dei significati della parola «pasqua» è precisamente quello


di «passaggio». Lo era già per gli ebrei, e lo è ora per i cristiani,
come si canta nel preconio pasquale: «Questa è la notte in cui hai
liberato i figli d’Israele, nostri padri, dalla schiavitù dell’Egitto, e li
hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso» (173).
Questo passaggio avviene attraverso l’acqua del battesimo: «O
Dio […], ciò che hai fatto con la tua mano potente per liberare
un solo popolo dall’oppressione del faraone, ora lo compi attraverso
l’acqua del Battesimo» (178). Infatti, il Mar Rosso è «l’immagine
del fonte battesimale, e «il popolo liberato dalla schiavitù» prefigura
«il popolo cristiano», che «mediante la fede» è reso partecipe «del
privilegio dei figli d’Israele», rigenerato «dal dono del tuo Spirito»
(179). Così che, «con il sacramento del Battesimo, l’uomo, fatto a
tua immagine, sia lavato dalla macchia del peccato, e dall’acqua e
dallo Spirito Santo rinasca come nuova creatura» (184), e raggiun-
ga «la libertà perfetta» (197). L’uomo infatti è chiamato a «passare

© La Civiltà Cattolica 2022 II 3-8 | 4123 (2/16 aprile 2022)


EDITORIALE

dalla nativa fragilità alla vita nuova nel Cristo risorto» (206). La
risurrezione di Cristo ci fa «nuove creature per la vita eterna» (207).
Il Signore si è «degnato di rinnovare» il suo popolo «con questi
sacramenti di vita eterna» (210). Dio Padre in questo giorno ci ha
«aperto il passaggio alla vita eterna» (192), ci ha fatti «entrare nella
via della salvezza eterna» (196). Questo passaggio implica che an-
che noi siamo «trasformati in una offerta perenne» a Dio «gradita»
(223). Tutto questo è opera della Trinità, perché il Padre, «con la
glorificazione del suo Figlio e con l’effusione dello Spirito Santo ci
ha aperto il passaggio alla vita eterna» (247).
Già nella liturgia giudaica la Pasqua era celebrata come un rito
di passaggio, come si legge nella Haggadà di Pasqua: «Perciò dob-
biamo proclamare la vittoria di Colui che fece per i nostri padri e
4
per noi tanti e tali prodigi. Egli ci ha condotti dalla schiavitù alla
libertà, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre
alla luce, dalla servitù alla redenzione» (Pesachim X, 5). In una delle
omelie pasquali più antiche risuonano gli stessi accenti: «Egli è colui
che ci ha strappati dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce,
dalla morte alla vita, dalla tirannide al regno eterno» (Melitone di
Sardi [II secolo], Omelia sulla Pasqua 68).
Ai tempi nostri, questa prospettiva è presente soprattutto in co-
loro che ricevono il battesimo nella notte di Pasqua. Come scrive
un antico autore, «chiunque è veramente consapevole che la Pasqua
venne immolata per la sua salvezza […] si affretti a inaugurare una
nuova vita e non ritorni più a quella vecchia e sorpassata. Infatti,
“noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vive-
re nel peccato?” (Rm 6,2)» (Liturgia delle Ore, ufficio delle letture
del lunedì della II settimana di Pasqua, vol. II, 579). Quando una
comunità ha la grazia di accogliere nuovi battezzati, essa si sente
portata, assieme a loro, a rinnovare i propri impegni battesimali, a
rivivere il «passaggio» pasquale.

La Pasqua come rinascita e rinnovamento

Un secondo tema molto presente nei testi liturgici è quello della


«nuova nascita». Per la grazia del mistero pasquale «siamo stati se-
polti insieme con Cristo nel Battesimo, per camminare con lui in
LA PASQUA NELLA LITURGIA

una vita nuova» (186). Infatti, «siamo nati a nuova vita nelle acque
del Battesimo» (199). Con il mistero pasquale, Dio compie «l’opera
dell’umana salvezza», così che «tutto il mondo riconosca e veda che
quanto è distrutto si ricostruisce, quanto è invecchiato si rinnova, e
tutto torna alla sua integrità» (180). Siamo così «rinnovati nel corpo
e nell’anima» (ivi). Chiediamo al Signore che «ci rinnovi interior-
mente» (185), lui che nel lavacro battesimale ha «rinnovato la nostra
umanità peccatrice» (186).
Nella Pasqua, che si attualizza in ogni celebrazione eucari-
stica, la Chiesa «mirabilmente rinasce e si nutre» (192). Il popolo
di Dio esce «rinnovato dai sacramenti pasquali» (194; 201), così
che, «liberi dai fermenti dell’antico peccato», siamo trasforma-
ti «in nuove creature» (198), «a immagine del Signore risorto»
5
(1083). «Liberati dalla corruzione del peccato, ci rinnoviamo
pienamente nel suo Spirito» (248). Infatti, siamo stati rigenerati
nello Spirito (cfr 202). Ciò significa non solo essere ristabiliti
«nella dignità perduta» (206), ma essere innalzati «al di sopra
della dignità delle origini» (221). La Chiesa prega perché il Si-
gnore ci dia «di rinascere a vita nuova per la forza del tuo Spirito
di amore» (215). Infatti, nella «rigenerazione battesimale» Dio
ci ha «comunicato la sua stessa vita» (230), che è «la vita nuova
promessa da lui, Parola di verità» (236).
Questo tema è perfettamente biblico. Il Vangelo di Giovan-
ni parla di una nuova nascita, «dall’acqua e dallo Spirito», come
condizione per entrare nel regno di Dio (cfr Gv 3,5). E Paolo, in
riferimento al battesimo, parla di «un’acqua che rigenera e rinno-
va nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro» (Tt 3,5-6). Bisogna
riconoscere che nella spiritualità cattolica la concezione della vita
cristiana come «nuova nascita» non è molto presente, a differenza,
ad esempio, del protestantesimo evangelicale. Negli Stati Uniti,
ad esempio, si parla di born again Christians, cioè di quelle persone
che hanno fatto esperienza della presenza di Cristo nella loro vita,
passando dal peccato o dalla tiepidezza a un cammino di santità.
Questa specie di conversione è chiamata anche «battesimo nello
Spirito». I cattolici preferiscono parlare di «seconda conversione» o
di «rinnovamento nello Spirito».
EDITORIALE

Il mistero pasquale abbraccia tutti i popoli

L’esperienza pasquale parte dall’esperienza della propria salvez-


za, ma il fatto di sentirsi personalmente amati e salvati da Cristo non
chiude in un narcisismo religioso, ma apre alla Chiesa e al mondo.
Nella Pasqua, la Chiesa vede attuato «il disegno universale di salvez-
za» (179), realizzando così la promessa fatta ad Abramo «di renderlo
padre di tutte le nazioni» (178). Il battesimo infatti è «per la salvezza
di tutti i popoli» (178), e con il battesimo la Chiesa sempre si accre-
sce, «chiamando nuovi figli da tutte le genti» (179). Infatti, Dio nel
mistero pasquale ha «offerto all’umanità il patto della riconciliazione»
(200), e la Chiesa prega perché sia esteso «a tutti i popoli il dono della
fede» (201). Nella solennità della Pasqua, Dio agisce «per la salvezza del
6 mondo» (223). La Chiesa prega perché «con l’accoglienza del Vangelo
si compia in ogni luogo la salvezza acquistata dal sacrificio di Cristo»
(236). Celebrando «il memoriale dell’immenso amore» di Cristo, i fe-
deli pregano «che il frutto della sua opera redentrice, per il ministero
della Chiesa, giovi alla salvezza del mondo intero» (1072), di modo che
«tutti gli uomini possano gustare il frutto della redenzione» (1074) e
siano estese «a tutti gli uomini la libertà e la pace donate sulla croce»
(1076). Dio infatti ha voluto che nel nome del Signore Gesù «ogni
ginocchio si pieghi e ogni uomo trovi la salvezza» (1075), e che «dall’o-
riente all’occidente il suo nome sia glorificato tra le genti» (1088). Sic-
come Cristo è morto per tutti e la Chiesa è, in Cristo, il «sacramento
universale di salvezza» (Lumen gentium, n. 1), il cuore del cristiano non
può non avere le dimensioni del mondo. Questo però non significa
cadere in un globalismo dove tutto viene pianificato e standardizzato,
privando l’uomo del suo dono più prezioso che è la libertà.

Il vero Agnello

Il cuore della Pasqua ebraica non era il passaggio del Mar Rosso,
ma l’immolazione dell’agnello. Nel c. 12 dell’Esodo viene esposto tutto
un rituale estremamente minuzioso sul modo di compiere il rito della
Pasqua: quando prendere l’agnello, come deve essere l’agnello, quando
immolarlo, a che ora, come deve essere cotto, dove deve essere man-
giato e in che modo, che cosa si deve fare degli avanzi, quale tenuta
LA PASQUA NELLA LITURGIA

bisogna avere nel mangiarlo. I Padri della Chiesa si sono sbizzarriti


nel dare un’interpretazione cristologica a tutti questi dettagli, dietro
suggerimento di Paolo, che aveva scritto: «Cristo, la nostra Pasqua, è
stato immolato» (1 Cor 5,7), e soprattutto seguendo il Vangelo di Gio-
vanni, che vede realizzato in Cristo sulla croce ciò che era stato detto
dell’agnello pasquale: «Non gli sarà spezzato alcun osso» (Gv 19,36).
La liturgia si è messa alla scuola dei Padri, quando canta nel prefazio
pasquale: «È lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui
che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita»
(188). Nel sacrificio della Messa, noi offriamo al Padre «l’Agnello senza
macchia», in attesa di «pregustare la gioia della Pasqua eterna» (1075).

I frutti della Pasqua 7

La celebrazione del mistero pasquale non può lasciare il popolo cri-


stiano senza portare frutti. Come ha detto Gesù, «chi rimane in me, e io
in lui, porta molto frutto» (Gv 15,5). Perciò noi, nutriti con i sacramenti
pasquali, chiediamo al Signore di poter crescere «nella comunione del
suo Spirito e nell’amore dei fratelli, fino a raggiungere nella carità ope-
rosa la pienezza del Corpo di Cristo» (1071). I fedeli devono chiedere «il
dono dell’unità e della pace» (1071), di essere «perseveranti nel suo amo-
re» (1086), di «un amore autentico e puro» (1087), e di essere «in mezzo
a tutti gli uomini operatori di quella pace che Cristo ci ha lasciato in
dono» (1078). Essi, che si sono «nutriti di Cristo, pane vivo», devono im-
pegnarsi «perché, con la luce della fede e con la forza della carità, costru-
iscano e allietino la sua Chiesa» (1071). «Saziati con il convito del cielo», i
fedeli chiedono di poter «essere nel mondo lievito di vita e strumento di
salvezza» (1072), in modo che, «vivendo in maniera degna del Vangelo
di Cristo, possano cooperare al suo annuncio nel mondo» (1082). Frutto
della Pasqua è anche «crescere nella libertà e perseverare nell’integrità
della vita cristiana» (1074), ossia crescere «nella perfetta libertà e custodi-
re l’integrità della fede» (1081); è fare in modo che «la parola cresca in noi
e renda fecondi i nostri cuori di frutti spirituali» (1075). Altri frutti sono
«la grazia della santità» e «l’unità della fede» (1077), la grazia di servire il
Signore «sempre più in santità di vita» (1082), in modo da «rispondere
fedelmente all’amore di colui che l’ha generata», cioè Cristo (1084). La
testimonianza della risurrezione deve essere fatta «nella gioia» (1079), «in
EDITORIALE

ogni luogo» e «con la santità della vita» (1085). Per questo i fedeli devono
essere «unanimi nella carità» (1085), «formare tutti, in Cristo, un solo
corpo e un solo spirito» (1088), perché «siano coraggiosi testimoni della
verità del Vangelo» (1085) e rendano nel nostro tempo «sempre presente
e operante la sua Chiesa» (1085).
La Chiesa si aspetta quindi frutti abbondanti dalla partecipazio-
ne al mistero pasquale, come ad esempio, «realizzare la comunione
tra gli uomini» (1080); «crescere nell’amore fraterno» (ivi); «coopera-
re, nella libertà e nella concordia, al suo regno di giustizia e di pace»;
essere «confermati nel suo amore e nella carità vicendevole» (ivi);
essere «riempiti dei doni dello Spirito Santo» (1081), la cui ricchezza
è «inesauribile» (1083), in modo da «ricevere un’effusione sempre
più abbondante dei doni del suo Spirito» (1090); essere spinti «a ser-
8
vire con ardente carità la Chiesa e gli uomini» (1081); «edificare la
Chiesa con la testimonianza della vita» (1083), «con la parola e con
le opere» (1089); «collaborare con tutte le forze all’edificazione del
regno di Dio» (1084) e «perseverare nell’unità e nella pace» (1090).

Conclusione

Di fronte a questi testi così ricchi di spiritualità, ci chiediamo


quale possa essere il loro impatto sui fedeli.
Di fronte ai mali che attanagliano il mondo, anche i credenti
sono tentati di essere presi dallo scoraggiamento e dalla paura, di
non sapere più chi sono, da dove vengono e dove vanno, e così sono
portati a leggere gli avvenimenti della storia con i soli criteri umani.
Avviene come per il servo del profeta Eliseo, il quale, quando vide
la città tutta circondata da cavalli e da carri, esclamò con sgomento:
«Ohimè, mio signore! Come faremo?». Eliseo gli rispose di non
temere, «perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli
che sono con loro». Quindi Eliseo pregò così: «Signore, apri i suoi
occhi perché veda». E il Signore aprì gli occhi del servo, che vide
«il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo» (2 Re
6,15-17). Forse anche noi abbiamo bisogno di qualcuno che preghi
perché i nostri occhi si aprano per vedere, oltre l’orizzonte terreno.

La Civiltà Cattolica
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE
DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

Fernando de la Iglesia Viguiristi S.I.

Attraversiamo un momento di grande incertezza. Da oltre


due anni la pandemia sta scuotendo le fondamenta dell’economia
mondiale. Nessuno avrebbe potuto prevederne e anticiparne le
ricadute sia sulla produzione dei beni intermedi e finali, sia sui
9
trasporti. Inoltre, negli ultimi mesi si sono susseguite continue
tensioni sui mercati dell’energia, che sta attraversando una tran-
sizione difficile e costosa verso la neutralità carbonica, e delle
materie prime, i cui prezzi sono in vertiginoso aumento a causa
di una domanda smodata.
Se tutto ciò stava già provocando una tempesta perfetta, il pa-
norama si fa ancora più drammatico dopo l’invasione dell’esercito
russo in Ucraina e il conflitto armato che ne è seguito. Le sue pri-
me, disastrose conseguenze economiche sono già sotto gli occhi di
tutti, e c’è da aspettarsi che accentuino il processo verso un nuovo
ordine mondiale.
La pandemia ha messo in evidenza i limiti insiti nella globaliz-
zazione ultraliberale, su cui si è basato finora il modello produttivo,
così come il rischio connesso alla forte dipendenza dal colosso ci-
nese. Quest’ultimo, dal canto suo, sta operando per rendersi sem-
pre più autosufficiente, senza perdere il predominio acquisito nei
mercati mondiali. Probabilmente ne verrà come conseguenza uno
sganciamento tra l’economia cinese e quella statunitense. Se le san-
zioni consolideranno l’isolamento economico della Russia, il pano-
rama mondiale cambierà drasticamente. Che ne sarà della «Nuova
via della seta»? Andiamo verso una globalizzazione ridefinita per
blocchi sempre più indipendenti (e quindi regionalizzata), che, ac-
canto alle motivazioni economiche, tiene conto anche di criteri eti-

© La Civiltà Cattolica 2022 II 9-22 | 4123 (2/16 aprile 2022)


ARTICOLI

ci e di sicurezza? In queste pagine cercheremo di riflettere sulla


nuova situazione che stiamo per affrontare.

Il Covid-19 ha messo in crisi la grande catena di distribuzione globale

Sembra indubbio che per un periodo consistente la nostra


crescita economica verrà limitata da problemi sul fronte dell’of-
ferta, a causa delle alterazioni avvenute nelle catene distributive.
Molti osservatori avevano affermato che, dopo la crisi della pan-
demia, l’economia mondiale non avrebbe tardato a riprendersi,
che si trattava di un problema transitorio, di una sorta di con-
valescenza. Ma coloro che prendono parte alle catene distribu-
tive dicono e ripetono che la penuria, i ritardi e gli squilibri tra
10
l’offerta e la domanda persisteranno nei prossimi mesi del 2022 e
forse anche più a lungo.
Noi tutti guardiamo stupiti all’inedita scomodità che ci arreca la
carenza di prodotti intermedi, dalle materie prime ai semicondut-
tori, e dei prodotti finali che ne dipendono. Una vera e propria crisi
distributiva sta provocando ritardi e rincari in quasi tutti i settori. In
un’inchiesta svolta nello scorso agosto da Gallup, negli Stati Uniti, il
60% degli intervistati sottolineava che nei due mesi precedenti non
aveva potuto acquistare un prodotto che desiderava, e il 57% aveva
constatato un considerevole ritardo nella consegna di un articolo
che aveva ordinato1. Toyota, prima casa produttrice mondiale di
automobili, il 10 settembre 2021 ha annunciato che nel corrente
anno fiscale produrrà 300.000 veicoli in meno del previsto (da 9,3 a
9 milioni), per i problemi di approvvigionamento dei componenti
(specie i semiconduttori)2.
Prima che, il 24 febbraio, Vladimir Putin ordinasse al suo
esercito di invadere l’Ucraina, la situazione faceva pensare già

1. Cfr L. Saad, «Most U.S. Consumers Have Felt Supply Chain Problems»,
in Gallup (news.gallup.com/poll/353312/consumers-felt-supply-chain-problems.
aspx), 11 agosto 2021.
2. Cfr Toyota, «Changes to Production Plans for September and October
2021», 10 settembre 2021 (global.toyota/en/newsroom/corporate/36003677.html).
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

a un’economia di guerra 3. Non per nulla il Covid-19 era stato


definito un «nemico invisibile»: aveva scatenato un conflitto che
ha avuto ripercussioni devastanti e durevoli. Se in due anni la
pandemia si è diffusa in tutto il Pianeta e ha causato oltre 250
milioni di contagiati e cinque milioni di morti, malgrado gli
sforzi senza precedenti che sono stati profusi per contenerla, essa
ha anche provocato altri effetti in grande misura sorprenden-
ti, come, per esempio, in campo commerciale, forti alterazioni
dell’offerta e della domanda.
Quando i lockdown hanno paralizzato le attività, milioni di
consumatori hanno limitato i consumi, restando a casa, rinun-
ciando a frequentare ristoranti e spettacoli e a concedersi viaggi
di svago. È nato il fenomeno generalizzato del telelavoro. Si è ge-
11
nerata una domanda – repressa ma ansiosa, e rafforzata dagli aiuti
concessi dagli Stati – di beni finalizzati a migliorare l’ambiente
domestico in cui ora si vive e si lavora. Al tempo stesso, le fabbri-
che sono entrate in letargo o hanno diminuito i ritmi produttivi.
Rimettersi al passo non è stato un fatto immediato, tanto più che
bisognava aumentare la produzione per far fronte all’inattesa e
crescente alluvione di acquisti incanalata negli alvei del commer-
cio elettronico. Proprio in quel frangente, le fabbriche asiatiche, a
causa della propagazione del virus, hanno subìto blocchi obbligati
e pause di forniture energetiche. I fabbricanti di chip non sono
stati in grado di fornire materiali sufficienti all’industria dell’au-
tomobile e a quella elettronica, che peraltro durante la pandemia
avevano evitato di immagazzinare prodotti, data l’incertezza del
momento. La domanda repressa si è liberata prima che il Covid-19
fosse effettivamente sconfitto, e si è scontrata con la discontinua
risposta dell’offerta, in difficoltà per le insidie sanitarie persistenti
nelle fabbriche e nei porti.
In Cina, che è il Paese numero uno al mondo per l’esporta-
zione, le fabbriche hanno ripreso a funzionare nel 2020 dopo le
chiusure forzate a causa della pandemia, ma l’attività manifattu-

3. Cfr M. Spence, «Perché le catene di approvvigionamento sono blocca-


te?», in Project Syndicate (www.project-syndicate.org/commentary/prevent-future-
supply-chain-disruptions-using-ai-models-by-michael-spence-2021-11/italian), 3
novembre 2021.
ARTICOLI

riera nel corso del 2021 si è ridotta. La ripresa industriale ha fatto


passi indietro anche per i tagli energetici indotti dalle restrizio-
ni sull’uso dell’elettricità, anch’essa scarseggiante, perché doveva
attenersi alle limitazioni nell’uso del carbone4. La Cina, inoltre,
con otto scali navali sui dieci più importanti al mondo, è un cen-
tro nevralgico per l’industria del trasporto marittimo. Al fine di
ostacolare i contagi, il porto di Yantian è rimasto semichiuso a
maggio e a giugno 2021, quello di Ningbo ha chiuso i battenti
ad agosto per un breve periodo.

Il mare, grande alleato della globalizzazione

Gli oceani e i mari costituiscono il vero sistema circolatorio


12
dell’economia. Il 90% del commercio mondiale se ne avvale tra-
mite mastodontiche portacontainer, petroliere, metaniere, navi da
carico per il grano o dotate di celle frigorifere. Per decenni la
navigazione marittima è stata un silenzioso alleato della globa-
lizzazione. Se mai quest’ultima ha avuto un simbolo, è proprio il
container. Da quando esso è stato introdotto, il trasporto dei cari-
chi si è semplificato, e quindi si sono sostanzialmente ridotti i costi
di spedizione. Di conseguenza, è anche cresciuto a ritmi espo-
nenziali il volume delle merci. Tanti cittadini, che non assistono
ai processi di carico e scarico nei porti, non sono consapevoli del
fatto che se questi giganti del mare, pieni di container, non ci
fossero, avremmo un tenore di vita ben diverso. Essi ci consento-
no l’attuale stile di consumo. Senza di essi, questo sarebbe molto
diverso: più caro e molto meno variegato.
Tutto andava per il meglio, finché due fenomeni hanno sot-
tratto il trasporto marittimo all’invisibilità connaturata al suo buon
funzionamento, facendo sì che quel settore, fino ad allora alleato in-
dispensabile, si trasformasse in un partner problematico. Nel mar-
zo 2021, la gigantesca nave portacontainer Ever Given – tra le più
grandi al mondo, con i suoi 400 metri di lunghezza, 59 di larghezza
e 15,7 di pescaggio – si è incagliata nel canale di Suez, bloccando il

4. Cfr L. de la Cal, «Apagón chino en los radares de la navegación interna-


cional», in El Mundo, 27 novembre 2021.
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

transito per sei giorni in questa arteria da cui passa oltre il 10% del
traffico commerciale mondiale. Il 28 marzo si era formata una coda
di 369 navi in attesa di attraversare il canale. I danni al commercio
sono stati stimati a 9.600 milioni di dollari. Quell’evento ha posto il
mondo davanti a una realtà: un mero incidente marittimo causato
dal maltempo è potenzialmente in grado di mandare a gambe all’a-
ria la catena distributiva.
Il secondo evento è meno spettacolare, ma molto più grave,
perché non episodico: da mesi la ripresa del consumo, la mancanza
di spazio sulle navi e i colli di bottiglia nei porti stanno causando
ampi ritardi e hanno portato alle stelle le tariffe richieste dalle
compagnie di navigazione, consapevoli che in tempi di penuria
e di fretta sono loro a impugnare il coltello dei prezzi dalla parte
13
del manico. I responsabili logistici delle imprese sono precipitati
in un incubo. Poiché non sanno quando arriveranno i loro ordini,
raddoppiano la posta: comprano di più, per fare magazzino e sot-
trarsi allo spettro delle scorte insufficienti, ma questo a sua volta
riduce la capacità delle navi e alimenta una guerra spietata per
accaparrarsi ogni container, che talora si conclude con il fatto che
il prodotto rimane bloccato a terra.
In effetti, dall’estate scorsa le navi da carico sono causa di intasa-
menti dovuti a varie ragioni, che vanno dalla penuria di manodopera
alla mancanza delle attrezzature necessarie per trasportare i contai-
ner, o ancora ai magazzini sovraccarichi. Al tempo stesso, nei porti si
è arrivati al collasso, perché i container scaricati restano in banchina,
in quanto mancano camionisti pronti a caricare le merci. E quando i
container vuoti non rientrano nei tempi previsti, in modo che si pos-
sa riempirli di nuovi prodotti da vendere, le consegne accumulano
ulteriori ritardi. Alcuni porti hanno esaurito lo spazio, e file di navi
restano in attesa, a volte per più di una settimana, prima che abbiamo
la possibilità di attraccare. In questo modo, i rallentamenti stanno
colpendo la catena produttiva e formano un colossale ingorgo. Di
esso alcuni incolpano le compagnie, che ne traggono un enorme be-
neficio, mentre addossano la responsabilità alla travolgente espansio-
ne della domanda, che sembra cresciuta oltre le capacità sistemiche di
carico massimo. Se si vorranno incrementare queste ultime, saranno
necessari investimenti, e soprattutto tempo.
ARTICOLI

Conviene ricordare che l’attuale ecosistema logistico era stato


sviluppato per alimentare «il minotauro del consumo statunitense»,
per usare un’espressione di James K. Galbraith, ripresa da Yanis Va-
roufakis5. Quell’insaziabile minotauro per quarant’anni ha assorbito
i beni di consumo prodotti da Giappone, Corea del Sud, Cina e
altri Paesi. Per sfamarlo, il mondo ha costruito un labirinto globale
di porti, navi, ancora porti, magazzini, moli di stoccaggio, snodi
stradali e linee ferroviarie. In pratica, i problemi distributivi sono
una questione globale da cui nessun Paese è riuscito a svincolarsi. In
un sistema globalizzato come è l’attuale, in cui per assemblare una
semplice lavatrice vanno reperiti componenti da una decina di Pae­
si, qualsiasi difficoltà genera ritardi. La mandria avanza sempre al
ritmo del bufalo più lento, sicché se da Taiwan ritarda anche un solo
14
chip, il prodotto non può essere immesso sul mercato. Il ruolo dei
governi è pertanto marginale, sebbene misure come quelle adottate
negli Usa dal presidente Joe Biden, che ha obbligato porti e imprese
del settore a lavorare per ventiquattr’ore al giorno e per sette giorni
alla settimana, possano contribuire ad alleviare la situazione.
Obbligare a lavorare: è un bel dire, dato che in pratica l’intera
agenda post-pandemia si è basata su politiche che favoriscono la
domanda e scoraggiano il lavoro, rendendo del tutto prevedibili le
restrizioni dal lato dell’offerta. È risaputo che le persone, se hanno
più denaro, lavorano di meno, e che lavorano di più se i compensi
per il lavoro sono più alti. L’estate scorsa, è stato chiaro per tutti che
quelle persone che, da disoccupate, ricevono più sussidi di quanto
guadagnerebbero se lavorassero, non sarebbero tornate nel mercato
del lavoro. Questo problema c’è ancora, e sta peggiorando. Negli
Usa ci sono più di 10 milioni di offerte di lavoro pubblicate, ma
stanno cercando impiego soltanto sei milioni di persone. In totale
il numero di coloro che hanno un posto di lavoro o lo cercano si
è ridotto di tre milioni, ossia si è passati da un 63% costante della
popolazione in età lavorativa a un misero 61,6%6.

5. Cfr J. K. Galbraith, «The Choking of the Global Minotaur», in Project


Syndicate, 11 novembre 2021.
6. Cfr J. Cochrane, «La vendetta dell’offerta», in Project Syndicate (www.
project-syndicate.org/commentar y/supply-shortages-inflation-result-of-
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

La messa in dubbio del modello produttivo neoliberale

Negli ultimi decenni, la frammentazione dei processi produttivi


in localizzazioni differenti ha costituito un aspetto dominante della
globalizzazione7. I colli di bottiglia e gli aumenti repentini dei prezzi
hanno evidenziato i rischi connessi alle catene distributive globa-
li in espansione, che si presumevano costruite secondo il principio
dell’efficienza economica. Ma, oltre a queste difficoltà evidenti, c’è
il fatto che le catene distributive impongono costi sociali addiziona-
li che meritano attenzione8. Fino a pochi mesi fa, esse costituivano
l’ultimo dei problemi per i legislatori, mentre rappresentavano una
preoccupazione soprattutto per gli accademici, che studiavano quali
possibili efficientamenti e quali rischi potenziali andassero associati
a questo aspetto essenziale della globalizzazione. Ora non è più così: 15
le strettoie della catena distributiva odierna stanno creando penuria,
sospingono l’inflazione e preoccupano i legislatori di tutto il mondo.
La reazione dell’amministrazione Biden si è concentrata sul
riconoscimento che le catene distributive sono essenziali per la
futura sicurezza economica. Nel febbraio 2021, il Presidente ha
emanato un ordine esecutivo che prescriveva a varie agenzie fe-
derali una revisione esaustiva delle catene distributive statunitensi
più essenziali, per identificare rischi, sopperire a vulnerabilità e
sviluppare una strategia per incrementare la resilienza. Si è valso
di un vecchio proverbio: «Per mancanza di un chiodo si perde un
ferro di cavallo; per mancanza di un ferro il cavallo si perde un
cavallo». La filastrocca va avanti, finché a perdersi è il regno, rie-
cheggiando il Riccardo III shakespeariano: My kingdom for a horse!
Piccole lacune, anche soltanto in un punto delle catene di produ-
zione, possono mettere a repentaglio la sicurezza, i posti di lavoro,
le famiglie e le comunità degli Stati Uniti.
Nel giugno scorso, la Casa Bianca ha pubblicato un rappor-
to su un arco temporale di 100 giorni in tema di «Creazione di

government-policies-by-john-h-cochrane-2021-10/italian?barrier=accesspaylog),
22 ottobre 2021.
7. Cfr K. Reinert, Introduction to International Economics, Cambridge, Cam-
bridge University Press, 2021, 232-253.
8. Cfr D. Acemoglu, «The Supply Chain Mess», in Project Syndicate, 2
dicembre 2021.
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catene distributive resilienti, rilancio dell’industria statunitense e


incentivi alla crescita su vasta scala»9. Vi si legge: «La pandemia e i
connessi scompensi economici hanno rivelato vulnerabilità strut-
turali delle nostre catene di distribuzione. Le severe ripercussioni
che l’emergenza Covid-19 ha impresso all’andamento della do-
manda di numerosi prodotti medici, compresi i farmaci essen-
ziali, hanno causato danni al sistema sanitario degli Stati Uniti.
Nella misura in cui la popolazione ha dovuto lavorare e studiare
da casa, si è creata una scarsità globale di chip semiconduttori che
ha colpito, fra gli altri, i prodotti dei settori automobilistico, indu-
striale e delle comunicazioni. A febbraio, fenomeni meteorologici
estremi, accentuati dal cambiamento climatico, hanno accresciuto
ulteriormente questa scarsità. Negli ultimi mesi, il forte rimbalzo
16
economico degli Usa e la fase di cambiamento dei modelli della
domanda hanno messo alla prova le catene distributive di altri
prodotti chiave, come il legno, e hanno posto sotto pressione le
reti di trasporto e spedizione degli Stati Uniti».
Tra i contributi significativi di questa valutazione spicca l’osser-
vazione che le catene di distribuzione globali hanno imposto con-
sistenti costi sociali: «L’atteggiamento della nostra politica pubblica
e del settore privato nei confronti della produzione nazionale, che
per anni aveva messo al primo posto l’efficienza e il contenimento
dei costi rispetto alla sicurezza, alla sostenibilità e alla resilienza, ha
comportato rischi nella catena di approvvigionamento». Di con-
seguenza, ci si chiede se in fin dei conti le linee di distribuzione
iperglobalizzate siano la via migliore per l’efficienza economica.
Quanto più una catena distributiva diventa complessa, tanto mag-
giori diventano i rischi economici. La rottura di un qualsiasi anello
può ripercuotersi su tutta la catena e far impennare i prezzi, se crea
l’improvvisa carenza di un bene necessario. Lo scenario peggiore
si verifica quando una situazione critica in una parte della catena
produce un effetto domino, facendo crollare altre imprese e paraliz-
zando l’intero settore. Si tratta ovviamente di una situazione simile

9. «Building Resilient Supply Chains, Revitalizing American Manufactur-


ing, and Fostering Broad-Based Growth. A report by the White House», giugno
2021 (www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2021/06/100-day-supply-chain-
review-report.pdf).
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

a quella che accade nelle reti finanziarie, in cui il crollo di una banca
può portarne altre all’insolvenza e perfino al fallimento, come suc-
cesse nel 2008 dopo il crack di Lehman Brothers.
Dal canto suo, l’Unione Europea ha reagito con l’European
Chips Act. Se ne varrà per fronteggiare la carenza di semicondutto-
ri. Destinerà, fino al 2030, oltre 43 miliardi di euro a investimenti
pubblici e privati per quadruplicarne la produzione10.

ANDIAMO VERSO UNA «SGLOBALIZZAZIONE»? NEGLI


ULTIMI TEMPI IL TERMINE È DIVENTATO DI MODA.

Le catene globali del valore nella nuova globalizzazione 17

Andiamo verso una «sglobalizzazione»? Negli ultimi tempi il


termine è diventato di moda11. Forse è esagerato supporre che que-
sto processo porti l’economia mondiale a una involuzione radicale.
Ma sul versante produttivo qualcosa sta cambiando riguardo ai cri-
teri con cui si compongono le catene del valore. Fino a non mol-
to tempo fa, il discrimine dominante, pressoché unico, era quello
dell’efficienza: si delocalizzava, si trasferiva parte dei processi pro-
duttivi in altri Paesi, al fine di ridurre i costi, specialmente quelli del
lavoro. Questo modello ultraliberale, che ha dato forma alla nostra
realtà economica e che ha fatto della Cina il laboratorio del mondo,
sembra essersi esaurito. La pandemia gli ha inferto un colpo decisi-
vo, come abbiamo detto, evidenziandone la debolezza intrinseca; e
a questo fatto si unisce la traiettoria geopolitica iniziata con la scelta
cinese di rendere la propria produzione indipendente dall’Occiden-
te e, soprattutto, di sganciarsi dall’economia statunitense12.
Ciò vuol dire che la globalizzazione si ridisegna e sceglie un
modello in cui l’obiettivo dell’efficienza si accompagna alla conside-

10. Cfr European Commission, «European Chips Act» (digital-strategy.


ec.europa.eu/en/policies/european-chips-act).
11. Cfr «Slowbalisation. The steam has gone out of globalization», in The
Economist, 24 gennaio 2019.
12. Cfr A. García Herrero, «What is behind China’s Dual Circulation
Strate­g y?», in China Leadership Monitor, 1° settembre 2021.
ARTICOLI

razione di altri elementi: resilienza, sicurezza nel controllo di settori


vitali di un’economia e aspetti etici. I possibili conflitti geo­politici
(la guerra commerciale Cina-Stati Uniti, l’Iran, l’attuale guerra in
Ucraina ecc.) e le catastrofi naturali sono altri elementi che spingo-
no alla ricerca di una maggiore sicurezza negli approvvigionamen-
ti. Il Covid-19 ha evidenziato reciproche dipendenze economiche.
L’Europa oggi ha un bisogno sostanziale delle importazioni cinesi
per i settori farmaceutico, chimico ed elettronico, soprattutto di
componenti prodotti in aree della catena del valore meno sofisticate
sotto il profilo tecnologico. Oggi la Ue, di fatto, soffre di una di-
pendenza strategica critica dalle importazioni cinesi riguardo a 103
categorie di prodotti in campo elettronico, chimico, minerali-me-
talli e prodotti farmaceutici-medici13. Il cambiamento che si profila
18
è il risultato di un’evoluzione insita nella globalizzazione? Oppure
va attribuito al fatto che finalmente i poteri pubblici iniziano a go-
vernarla? Noi crediamo che entrambi i fattori vi contribuiscano,
perché la globalizzazione ultraliberale non era e non è sostenibile.
Non soddisfaceva standard etici elementari.
La Germania ha varato una nuova legge che obbliga le im-
prese a stabilire codici di dovuta diligenza (due diligence) per le
proprie catene distributive. Le grandi imprese devono conoscere
e controllare tali catene, per evitare che si verifichino situazioni di
lavoro minorile, violazione dei diritti umani, condizioni lavorati-
ve abusive. L’Unione Europea sta elaborando per il proprio baci-
no un analogo sistema complessivo di due diligence, avallando un
processo che nei Paesi democratici appare inarrestabile. Gli Stati
Uniti hanno approvato l’Uyghur Forced Labor Prevenction Act, che
proibisce l’importazione di prodotti da Xinjiang, in quanto è ac-
certato che in tale regione viene utilizzato lavoro forzato14. Gio-
vanni Paolo II e Benedetto XVI ci avevano già fatto notare che la

13. Cfr M. J. Zenglein, «Mapping and Recalibrating Europe’s Economic In-


terdependence With China», in Mercator Institute for China Studies (merics.org/en/
report/mapping-and-recalibrating-europes-economic-interdependence-china), 18
novembre 2020.
14. Cfr «H.R.1155 - Uyghur Forced Labor Prevention Act. 117th Congress
(2021-2022)» (www.congress.gov/bill/117th-congress/house-bill/1155/text).
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

globalizzazione sarà ciò che noi stessi ne faremo, esprimendo un


appello urgente a governarla.
Siamo davanti a una modifica obbligata delle catene del valore.
Non sembra che si vada verso una loro eliminazione, ossia a un ri-
torno delle attività produttive nei loro Paesi di origine, ma piuttosto
verso lo sforzo di accorciarle, optando per la produzione in pros-
simità o per la sua regionalizzazione. La ricerca di una maggiore
resilienza sembra condurre a un grado più ampio di diversificazione
nelle forniture e a maggiori livelli di immagazzinamento. Nella
politica delle scorte da parte delle imprese, le strategie del just in
time stanno lasciando il passo a nuove formule. Tutto ciò compor-
terà costi accresciuti, e questo probabilmente ridurrà i vantaggi del
commercio internazionale. In sintesi, ci avviamo verso una globa-
19
lizzazione più equilibrata, nella quale, nelle catene di approvvigio-
namento dei beni e dei servizi (fra i quali il gas e il petrolio) di cui
le imprese hanno bisogno per la loro attività produttiva, accanto
alla considerazione dei benefici dell’efficienza, acquistano peso altri
fattori: geostrategici e di sicurezza, etici e di resilienza.

Crisi anche nell’approvvigionamento dell’energia

Nello scorso novembre si è tenuta a Glasgow la Conferenza delle


Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26). Sebbene nel perio-
do precedente alla riunione molti Paesi avessero annunciato ambiziosi
programmi di riduzione delle emissioni, per lo più questi vengono
collocati in un futuro di là da venire, attorno al 2050 o perfino al
2060. Frattanto i governi in Europa e altrove devono far fronte a una
crisi energetica causata dall’aumento dei prezzi del gas e del petrolio.
Anni di prezzi bassi, combinati alla pressione regolatoria sulle indu-
strie contaminanti, hanno depresso naturalmente l’investimento nei
combustibili fossili. Una ripresa più rapida del previsto dalla recessione
indotta dal Covid-19 e un clima più freddo del consueto nell’emisfero
nord sono bastati a spingere i prezzi al livello più alto del decennio15.

15. Cfr D. Gros, «What Europe’s Energy Crunch Reveals», in Project Syn-
dicate (www.project-syndicate.org/commentary/europe-energy-prices-and-future-
green-transitions-by-daniel-gros-2021-11?barrier=accesspaylog), 5 novembre 2021.
ARTICOLI

Conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina

Prima dell’inizio della guerra in Ucraina, la domanda fonda-


mentale era se l’Occidente fosse in grado di affrontare, nel conte-
sto che abbiamo descritto, le sfide concrete della transizione verde.
Adesso la situazione si è aggravata drammaticamente. La Ue ha ri-
sposto alla guerra, alla sua frontiera orientale, con un accordo, una
determinazione e una rapidità eccezionali. L’invasione dell’Ucraina
è un punto di svolta. Quale che sia la durata della guerra, essa lascerà
un’eredità durevole. Darà forma alle opzioni politiche dell’Europa
per i prossimi anni e decenni.
Innanzitutto, vanno riconosciute le sue importanti conseguen-
ze economiche per la Ue in relazione all’aumento dei prezzi del pe-
20 trolio e del gas; all’esclusione della Russia come fornitore di questi
due beni, a cui oggi essa provvede rispettivamente per il 40% e per
un terzo del fabbisogno europeo; alle costose misure di indipen-
denza energetica; all’interruzione delle forniture di cereali dal gra-
naio del mondo, che innalza i prezzi del frumento, del mais e della
soia, e anche di metalli come alluminio e nichel. Un altro effetto
immediato è il brusco crollo del turismo di origine russa. A tutto
questo va aggiunto il costo dell’afflusso dei rifugiati e l’innalza-
mento delle spese per la difesa. Le implicazioni dirette sul bilancio
nel 2022 potranno toccare l’1,1/4% del Pil16. I Paesi poveri subisco-
no già l’innalzamento dei prezzi dei generi alimentari fino a livelli
per loro proibitivi. Ma c’è il timore che se le terre che alimentano
i granai ucraini non potranno essere coltivate, ci troveremo pre-
sto davanti a crisi umanitarie17. Il funzionario dell’Onu Gabriel
Ferrero de Loma-Osorio rileva che la guerra in Ucraina, grande
produttrice di granaglie e fertilizzanti, ha aggravato la fame nel
mondo, già in crescita in seguito alla pandemia18.

16. Cfr J. P. Ferry, «The economic policy consequences of the war», in Brue-
gel (www.bruegel.org/2022/03/the-economic-policy-consequences-of-the-war), 8
marzo 2022.
17. Cfr Q. Dongyu, New Scenarios on Global Food Security based on Russia-
Ukraine Conflict, Fao, 11 marzo 2022.
18. Cfr «Después de la pandemia, la guerra en Ucrania agrava el hambre
mundial», in Chicago Tribune (www.chicagotribune.com/espanol/sns-es-despues-
L’ECONOMIA MONDIALE ESCE DAL COVID ED ENTRA IN GUERRA

L’entità e la gravità della frenata economica dipenderanno dalla


durata della guerra, ma non soltanto da questo. Se le sanzioni occi-
dentali permarranno alla fine del conflitto, come non è da esclude-
re, l’economia russa ne sarà sconvolta. E con ciò cambierà radical-
mente il panorama mondiale, dato che la Russia rimarrà nell’orbita
economica e geopolitica della Cina, in un mondo sempre più peri-
colosamente bipolare.
È possibile fermare questa contesa insensata e pericolosissima per
tutti? La Cina potrebbe fungere da mediatore? Lo sperano i leader oc-
cidentali, ansiosi di porre fine allo spargimento di sangue in Ucraina.
Xi Jinping ha affermato che il suo Paese è dispiaciuto nel vedere che
le fiamme della guerra si riaccendono in Europa. I tentativi europei di
convincere la Cina a esercitare una mediazione riflettono l’assenza di
21
altre opzioni, ma anche la convinzione che questa sia una possibilità
reale, data la vicinanza della Cina alla Russia19, la sua politica di non
ingerenza, il suo rispetto della sovranità nazionale e la sua necessità di
minimizzare le conseguenze che la investiranno in seguito alle san-
zioni inflitte a Mosca. Peraltro, la guerra sconvolge i piani di Pechino:
ne va di mezzo la scommessa milionaria di Xi Jinping in Ucraina20.
La Cina infatti è il principale partner commerciale dell’Ucraina, che
è, insieme alla Polonia, la porta d’accesso all’Europa della «Nuova via
della seta» e, in quanto tale, è stata destinataria di forti investimenti
nelle infrastrutture, che nel 2018 hanno toccato i 7.000 milioni di
dollari nei porti sul Mar Nero. Nel 2013 la Cina ha acquistato il 9%
del terreno coltivabile del Paese, più di 29.000 chilometri quadrati
nella regione di Dnipropetrovsk. Si tratta dell’identica formula di cui
la Cina si era valsa nei confronti di vari Paesi africani per assicurarsi
la fornitura di grano e di altri generi alimentari, a motivo della sua

de-pandemia-guerra-en-ucrania-agrava-hambre-mundial-20220310-kp7u6srrz-
zem7jgddo6kfogu2q-story.html), 10 marzo 2022.
19. President of Russia, Joint Statement of the Russian Federation and the
People’s Republic of China on the International Relations Entering a New Era and the
Global Sustainable Development, 4 febbraio 2022 (en.kremlin.ru/supplement/5770).
20. Cfr «The Guardian view on China and Russia: enough in common», in
The Guardian (www.theguardian.com/commentisfree/2022/mar/08/the-guardian-
view-on-china-and-russia-enough-in-common), 8 marzo 2022.
ARTICOLI

enorme popolazione. Questo accordo è, per il momento, il più grande


progetto agricolo fuori dalle sue frontiere21.

Un nuovo ordine globale?

Attualmente stanno accadendo contemporaneamente questi


eventi: la crisi del modello ultraliberale delle catene di approvvigio-
namento; la crisi energetica, precedente all’invasione russa dell’U-
craina e da essa aggravata22; le sanzioni occidentali al governo di
Putin, tese a isolarne l’economia, ma foriere di un’evidente ricaduta
negativa sull’Europa, e che propizieranno una crescente dipendenza
di Mosca da Pechino; e la stessa dinamica cinese, che con la stra-
tegia della circolazione duale cerca in realtà di rafforzare la propria
22
autosufficienza in un contesto esterno più ostile; il che provocherà
una tendenziale contrazione delle sue importazioni.
Ovviamente l’ordine mondiale precedente sta saltando per aria.
L’Africa vede aggravarsi i propri problemi; la Cina è in una situa-
zione imbarazzante; e l’India, una volta perduto l’appoggio di Mo-
sca, si vede indebolita nei confronti dei suoi vicini ostili, il Pakistan
e la Cina. La Ue sta ricercando il proprio ruolo nel mondo. Gli Stati
Uniti vanno verso il distacco dalla Cina e puntano a raggiungere
l’autosufficienza e la sicurezza. L’America Latina patisce gli effet-
ti dannosi della depressione mondiale. Giungono tempi duri, con
un’innegabile crisi economica che favorirà una nuova versione della
globalizzazione. Speriamo che le armi tacciano presto e che il futu-
ro ci porti pace e bene.

21. Cfr Á. Moreno, «La guerra trastoca los planes de China: la apuesta millo-
naria de Xi Jinping en Ucrania», in El Economista (www.eleconomista.es/economia/
noticias/11648099/03/22/La-guerra-trastoca-los-planes-de-China-la-apuesta-
millonaria-de-Xi-Jinping-en-Ucrania.html), 4 marzo 2022.
22. Cfr D. Yergin, The New Map: Energy, Climate, and the Clash of Nations,
New York, Kirkus Books, 2020.
A UN MESE DALL’INIZIO
DELLA GUERRA IN UCRAINA

Giovanni Sale S.I.

La guerra in Ucraina va avanti

A un mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la


guerra procede a rilento, ostacolata dall’inattesa controffensiva
dell’esercito ucraino e dalle imboscate dei «guerriglieri», che col- 23
piscono le linee di rifornimento dell’esercito invasore e abbatto-
no con sofisticate armi leggere i blindati russi che avanzano nella
gelata pianura ucraina. Le città, poi, sono difese strenuamente dai
«volontari» e dalla popolazione civile, che si è compattata contro
l’invasore. In queste settimane le forze di Mosca hanno circondato
e pesantemente bombardato città importanti e popolose: Mariu-
pol e Kiev, ma anche Odessa, provocando la morte di molti civili.
Città strategiche sulle quali si gioca la sorte di questa inutile guer-
ra. I diversi round di negoziati tra le parti belligeranti hanno per-
messo che si aprissero alcuni corridoi umanitari, per lo più diretti
verso territori sotto il controllo russo. Per gli ucraini, si tratta di
vere e proprie deportazioni.
La Russia pare abbia fatto ricorso a gran parte delle truppe dispo-
nibili (circa 200.000 uomini), ammassate ai confini prima di dare
inizio alla cosiddetta «operazione militare speciale», tesa alla «de-
nazificazione e smilitarizzazione» dell’Ucraina. L’operazione, nella
concezione di Vladimir Putin, doveva servire a liberare il Paese dal
dominio culturale, militare ed economica degli occidentali, intenzio-
nati a cancellare la «neutralità» dell’Ucraina e a minacciare, con armi
micidiali, le mura del Cremlino. Per continuare l’attacco, la Russia
ha mobilitato corpi paramilitari e milizie irregolari, nonché 16.000
soldati siriani, reduci da guerre terribili e cruente in tutto il Medio
Oriente. Finora non ha mobilitato la riserva interna, soprattutto per

© La Civiltà Cattolica 2022 II 23-40 | 4123 (2/16 aprile 2022)


FOCUS

non creare disagi alla produzione industriale, già colpita dalle sanzio-
ni, e non fomentare scontento tra la popolazione civile, che protesta
come può per la guerra e, soprattutto, per l’alto numero dei soldati
russi morti. Putin, inoltre, difficilmente utilizzerà i soldati presenti
in altri teatri di guerra, come Siria, Libia o Africa, poiché essi sono
necessari per consolidare le posizioni di forza acquisite in questi anni.
Inoltre, nonostante i velivoli ucraini siano stati per lo più abbattuti nel
primo attacco del 24 febbraio, i caccia russi non riescono a prendere
interamente il controllo dello spazio aereo. I russi avrebbero già perso
un alto numero di velivoli e di elicotteri1.
Certamente la resistenza ucraina è stata molto aiutata dal so-
stegno militare offerto da diversi Paesi della Nato. Nonostante i
bombardamenti russi sul confine, con il rischio di allargare peri-
24
colosamente il conflitto, gli Usa e gli europei avrebbero infatti già
consegnato più di 25.000 missili anticarro e 15.000 missili terra-
aria portatili. Zelensky, da parte sua, ha chiesto più volte alla Nato
l’introduzione della no-fly zone sui cieli dell’Ucraina, al fine di evi-
tare che i russi bombardino le città. Tale soluzione era stata adottata
dagli Usa su parti dell’Iraq negli anni Novanta e più tardi dalla Nato
sulla Bosnia e, nel 2011, sulla Libia contro Gheddafi, con risultati
non sempre soddisfacenti2. Putin ha dichiarato che l’adozione di tale
misura equivarrebbe a un vero e proprio atto di guerra e che, in tal
caso, la Nato sarebbe considerata come parte del conflitto in corso.

Una guerra che Putin non può perdere

Secondo un editoriale del Foreign Affairs, Putin avrebbe com-


messo un grosso errore strategico invadendo un Paese esteso qual
è l’Ucraina, grande due volte l’Italia. Un territorio difficile da oc-
cupare interamente, o anche in parte, e impossibile e costoso da

1. Cfr «Mosca avanza a fatica», in Internazionale, 11 marzo 2022, 32.


2. Secondo la rivista The Economist, questa soluzione nella situazione presente
sarebbe poco utile, anzi dannosa: «Per prima cosa farebbe poco o niente per rag-
giungere il suo obiettivo principale, cioè la protezione dei civili. La Russia si affida
principalmente all’artiglieria e ai missili per attaccare le città ucraine». Cfr «Come
aiutare l’Ucraina mentre Putin bombarda le città», in The Economist, 2 marzo 2022.
La posizione di non adottare una no-fly zone è stata più volte ribadita da Jens Stol-
tenberg, segretario generale della Nato.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

tenere. Ha calcolato male il clima politico nel Paese, che certamente


non aspettava di essere «liberato» dai soldati russi. Si è fatto un’idea
sbagliata del rapporto che esiste tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi
della Nato, che hanno agito compattamente, come non mai. Non
meno significativi dell’errore strategico di Mosca sono i fallimenti
tattici del suo esercito. «È sempre difficile valutare le prime fasi di un
conflitto, ma si può con certezza affermare che la pianificazione e la
logistica russa sono state inadeguate e che la mancanza di informa-
zioni ai soldati, persino agli ufficiali di alto rango, è stata devastante
per il morale»3. Secondo la strategia di Putin – il cosiddetto «pia-
no A» –, l’operazione avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni;
allo stesso modo della guerra in Crimea del 2014, con un attacco
fulmineo ad alcuni obiettivi ben determinati per decapitare il go-
25
verno in carica o costringerlo alla resa. Dopodiché Mosca avrebbe
imposto la neutralità dell’Ucraina – facendo modificare la Costitu-
zione, dove si parla di volontà di entrare al più presto nell’Alleanza
atlantica – e stabilito la supremazia russa su buona parte del Paese.
Ciò avrebbe limitato, forse, in parte gli effetti disastrosi delle dure
sanzioni adottate dall’Occidente sull’economia russa. Così non è
stato. Putin è avanzato in ordine sparso, entrando da tre direttrici
(Russia-Bielorussia-Crimea)4, impantanandosi nella vasta pianura
ucraina, e cercando, per ora inutilmente, di prendere grandi città,
come Mariupol, Karkiv, Kiev, Odessa e altre.
In ogni caso, Putin non riuscirà a vincere la guerra nel modo che
immaginava. Rischia di costringere il suo esercito a una costosa e
inutile occupazione del Paese, distruggendo il morale delle truppe,
consumando enormi risorse economiche e militari, e ottenendo in
cambio poco o niente, e questo solo per salvare la faccia davanti alla
sua gente. Potrebbe anche stabilire un certo controllo del Paese, cosa
che ha già ottenuto occupando diversi territori meridionali presso il

3. L. Fix - M. Kimmage, «Cosa succede se la Russia perde», in Internazionale,


11 marzo 2022, 38.
4. Ha cercato di creare un corridoio terrestre che unisse il Donbass con la
Crimea. Ha occupato la grande diga sul fiume Dnepr, non lontana da Mariupol, per
l’approvvigionamento idrico di Sebastopoli e del suo territorio. Ha conquistato gran
parte del territorio confinante con il Donbass, in prevalenza russofono, ma che ha
opposto una dura resistenza all’invasore, considerato, a differenza della propaganda
russa di regime, come un nemico.
FOCUS

Donbass; ma dovrebbe poi contrastare la resistenza della popolazione


ucraina, in particolare quella del centro e della parte occidentale del
Paese, molto ostile ai russi. Inoltre, sul fronte interno, Mosca dovreb-
be affrontare un graduale ma inesorabile declino economico a causa
delle sanzioni, con tutto quello che ciò potrebbe comportare, oltre al
suo isolamento politico tra le grandi potenze occidentali.

PUTIN NON VERRÀ CERTAMENTE SCONFITTO DAL


PUNTO DI VISTA MILITARE, MA CI SONO ALTRI MODI
PER PERDERE LA GUERRA.

Alla luce di queste considerazioni, ci sembra difficile comprendere


26
le motivazioni che hanno spinto Putin – uomo politico pratico, lucido
e di solito lungimirante – a un’operazione bellica così sconsiderata e
rischiosa. Quello che di certo sappiamo è che l’11 marzo egli ha fat-
to mettere agli arresti domiciliari sia il capo del servizio di spionag-
gio estero dell’Fsb, il generale Sergej Beseda, sia il suo vice, Anatolij
Bolyukh. Sono accusati di aver fornito informazioni errate sulla si-
tuazione politica, militare e sociale dell’Ucraina e di aver «distratto» i
fondi destinati ad arruolare agenti e organizzare operazioni sovversive
sul terreno. Una squadra di guerriglieri, o «sicari» ceceni, incaricati da
tale servizio dell’Fsb di uccidere Zelensky, sarebbe stata intercettata ed
eliminata prima di entrare in azione. Putin sarebbe stato furioso per-
ché le notizie inesatte sulla realtà ucraina avrebbero determinato deci-
sioni sbagliate in merito all’attacco. I russi, di fatto, si aspettavano che
in poche ore il Paese invaso sarebbe collassato e che i militari ucraini
non avrebbero reagito. Per questo il leader russo aveva chiesto loro, già
nei primi giorni del conflitto, di operare un colpo di Stato a Kiev, in
modo da poter poi trattare con loro la soluzione della crisi. In fondo,
si dice, i servizi segreti hanno riferito al Presidente quello che voleva
sentirsi dire. Difficilmente avrebbe accolto considerazioni diverse5.
Putin non verrà certamente sconfitto dal punto di vista militare, ma
ci sono altri modi di perdere la guerra. Egli potrebbe sconfiggere sul

5. Cfr F. Dragosei - A. Marinelli, «Purghe al Cremlino: pagano gli 007»,


in Corriere della Sera, 12 marzo 2022.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

terreno l’esercito ucraino, ma non nel breve periodo, raggiungere alcuni


obiettivi che ritiene essenziali e poi tornare in Russia. In tal caso, l’Ucrai-
na nel giro di poco tempo si ribellerebbe e ci sarebbe ancora la guerra.
Oppure, si dice, Putin potrebbe occupare il Pae­se in modo permanente.
In tal caso, però, avrebbe bisogno di circa mezzo milione di soldati, per
tenere la situazione sotto controllo e stroncare le inevitabili rivolte popo-
lari. Un po’ come è accaduto negli anni Ottanta in Afghanistan.
Insomma, anche nell’ipotesi che il leader del Cremlino vinca la
guerra sul campo militare, è possibile che, poi, alla fine perda la vittoria.
Non è da augurarsi la prospettiva di una Russia indebolita e umiliata o
considerata dalla comunità internazionale come uno Stato paria o come
una superpotenza nucleare canaglia, in preda a impulsi revanscisti, si-
mili a quelli che covavano i tedeschi alla fine della Prima guerra mon-
27
diale. Non vanno assecondati i teorici che dicono che una nuova Russia
senza Putin sarebbe una nazione democratica filo-occidentale: questo
non accadrà, se non altro, in tempi brevi. Allora «i Governi occidentali
sbaglierebbero a non sperare in una Russia migliore, che riesca a inte-
grarsi davvero nell’Europa, e dovrebbe fare tutto il possibile per favorire
questo sviluppo, anche mentre si oppongono alla guerra di Putin»6.

Il fronte della guerra

Sul piano tattico militare, secondo gli analisti, nel frattempo si è già
passati al piano C. Quello intermedio, cioè il piano B, ha fatto da ponte
a quello successivo: spinta militare su più assi e intervento dell’aviazio-
ne, bombardamenti mirati e ridotti. Per questo vengono presi di mira
i centri abitati, con cannoneggiamenti robusti: un’offensiva decisa su
più fronti e una massiccia utilizzazione dei razzi7. Questa tattica, pur-
troppo, fa aumentare il numero delle vittime anche tra i civili. I russi
combattono sia per consolidare le posizioni raggiunte, sia per ampliare
il territorio di conquista per poi farlo valere sul tavolo negoziale.
Le riaperture delle trattative tra le parti e lo spiraglio di una
possibile dichiarazione di cessate il fuoco, accompagnata da una

6. L. Fix - M. Kimmage, «Cosa succede se la Russia perde», cit., 40.


7. Cfr A. Marinelli - G. Olimpio, «Gli errori dei russi e gli obiettivi dello
zar. Quando può finire la guerra in Ucraina», in Corriere della Sera, 16 marzo 2022.
FOCUS

bozza di accordo, non hanno fermato i bombardamenti. Non è


una sorpresa: la storia recente insegna che proprio prima della
tregua si possono consumare gli eccidi più feroci: è successo già
in Bosnia e in Libano8.
Pare, però, che l’esercito russo, dopo le prime pesanti sortite, sia a
corto di uomini, di mezzi e di munizioni. Secondo l’intelligence Usa,
inoltre, non sembra che dalla Russia siano in arrivo soccorsi signifi-
cativi. Ciò spiegherebbe anche la richiesta, da parte di Putin, di aiuti
militari alla Cina, di cui si è molto parlato in questi giorni, nonché
il ricorso ai guerriglieri ceceni. I membri della Nato, da parte loro,
hanno inviato all’Ucraina altri missili anti-aereo con portata mag-
giore. Biden ha approvato aiuti per 1 miliardo di dollari, oltre che
l’immediato invio di droni, armi e missili di ultima generazione.
28
La diretta di Zelensky al Congresso degli Stati Uniti del 16 marzo
ha guadagnato alla causa dell’Ucraina – che ogni giorno, ha detto il
Presidente, «sta vivendo il suo 11 settembre» – gran parte del consen-
so del mondo Usa, in ambedue gli schieramenti politici9. Insomma,
gli ucraini stanno vincendo la guerra della propaganda, altrettanto
importante ai nostri giorni di quella che si combatte sui capi di bat-
taglia. Zelensky ha chiesto agli statunitensi l’invio di armi, di velivoli
militari e, ancora una volta, la dichiarazione della no-fly zone sul suo
Paese: «Noi – ha detto – combattiamo per i valori dell’Occidente e
del mondo e sacrifichiamo le nostre vite nel nome del futuro»10.
Anche Putin, lo stesso giorno, per la prima volta dall’inizio del-
la guerra, è andato in Tv per rassicurare il suo popolo e l’elettorato
dell’imminente vittoria. La comparsa delle truppe russe «nei pressi
di Kiev – ha detto il Presidente – e di altre città non vuol dire che
vogliamo occupare l’Ucraina. Non abbiamo un tale obiettivo». Ha
poi continuato in tono deciso: «L’operazione si sta sviluppando con

8. Cfr G. Di Feo, «Ucraina, lo scenario: la scia di sangue che anticipa il ces-


sate il fuoco», in la Repubblica, 17 marzo 2022.
9. Zelensky giorni prima si era collegato in video con la Camera dei Comuni
di Londra, con la piazza di Firenze che manifestava per l’Ucraina con il Bundestag di
Berlino, con la Knesset di Gerusalemme, con il Parlamento italiano e con l’Assem-
blea nazionale francese. Zelensky ha telefonato a papa Francesco per ringraziarlo
per il suo impegno per la pace e lo ha anche invitato a Kiev.
10. V. Zelensky, «Stiamo combattendo anche per l’Europa», in la Repubblica,
16 marzo 2022.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

successo, in stretta conformità con i piani approvati»11. L’operazione


in corso, ha poi sottolineato, era necessaria, perché contro i russi si
stava «operando un vero e proprio genocidio»12. Dalle parole di Putin
si desume che egli ormai si trova a un bivio, dal punto di vista stra-
tegico: o accettare la linea della mediazione e del negoziato, oppure
adottare le tattiche di attacco già sperimentate negli anni passati in
Siria e a Grozny, facendo terra bruciata di tutto ciò che incontra, ci-
vili compresi. Questa seconda opzione, che provocherebbe nel cuore
dell’Europa una vera e propria catastrofe umanitaria, non sembra, al
momento, quella che gli oligarchi e gli uomini vicini al Presidente
preferiscono. Tale operazione farebbe di Putin, agli occhi della co-
munità internazionale, un criminale di guerra e la sua nazione sareb-
be emarginata per anni dalla comunità internazionale13.
29

Il negoziato tra le parti in lotta

Per quanto riguarda i negoziati, essi possono essere divisi in due


categorie. Ci sono i cosiddetti «negoziati orizzontali», ossia quelli
in corso tra le parti belligeranti, che a quanto pare stanno sortendo
qualche risultato; e i cosiddetti «negoziati verticali», dove la trattati-
va o gli incontri tra leader includono, oltre alla Russia e all’Ucraina,
anche le grandi potenze – come è già accaduto –, che si fanno ga-
ranti del processo negoziale. Ambedue sono procedure necessarie
e opportune: spesso, o si integrano a vicenda, o l’una spinge l’altra
a proseguire secondo la direzione desiderata. Gli obiettivi da rag-
giungere in questo caso sarebbero la dichiarazione di un cessate il
fuoco e la messa a punto di un accordo che soddisfi, anche parzial-
mente, le posizioni delle parti belligeranti.
Mercoledì 16 marzo, il Financial Times ha pubblicato una «boz-
za di accordo», messa a punto qualche giorno prima, mentre era in

11. R. Castelletti, «Putin va in televisione: Pogrom contro di noi. Non sia-


mo occupanti», in la Repubblica, 17 marzo 2022.
12. Ivi.
13. Allo stadio di Mosca (18 marzo) Putin ha celebrato l’anniversario dell’annes-
sione della Crimea, evento trasmesso dalla Tv di Stato. «Abbiamo iniziato la nostra
missione in Ucraina – ha dichiarato – per evitare un genocidio nel Donbass», citando
a tale proposito anche la Bibbia, utilizzando così la religione per la sua propaganda di
guerra. Ha poi elogiato le virtù dei soldati russi e l’unità di spirito presente nel Paese.
FOCUS

corso il quarto round negoziale della delegazione russo-ucraina14.


Essa appariva sbilanciata a favore dei russi, tanto che Zelensky ha
immediatamente dichiarato che la bozza contiene soltanto il punto
di vista dei russi e che si è ancora lontani dal raggiungere una so-
luzione accettabile. In ogni caso, la presenza di un testo scritto da
portare sul tavolo delle trattative è, forse, un inizio per una possibile
intesa tra le parti. La bozza prevede il ritiro dell’esercito russo dalle
regioni invase a partire dall’inizio del conflitto (tranne la Crimea
e il Donbass) e il cessate il fuoco, che sarebbe vincolato a una se-
rie di condizioni da determinare. Tra le richieste, innanzitutto, la
rinuncia formale dell’Ucraina a entrare nella Nato e a ospitare basi
militari straniere sul proprio territorio; il riconoscimento della Cri-
mea come territorio russo e quello delle Repubbliche autonome del
30
Donbass. In realtà, circa questo punto irrinunciabile, si tratterebbe
di valutare lo status giuridico da attribuire a tali territori filorussi15.
Secondo Zelensky, la neutralità per l’Ucraina dovrebbe essere pen-
sata e realizzata non in astratto, ma secondo le esigenze strategiche
del Paese. Kiev, da parte sua, non accetterebbe una neutralità senza
particolari garanzie di sicurezza, consapevole che il suo status di Pa-
ese neutrale dal 1991 non ha impedito, nel recente passato, perdite
di territorio e attacchi da est da parte dei russi. La bozza prevede
che l’Ucraina potrebbe contare su garanzie di sicurezza internazio-
nali per difendersi da eventuali minacce: i Paesi garanti sarebbero
gli Usa, la Gran Bretagna e la Turchia. L’Ucraina, a quanto pare,
chiederebbe la garanzia delle cinque potenze con diritto di veto
all’Onu, e in più, della Germania e della Turchia16. In ogni caso,

14. Cfr F. Sforza, «Lo Zar: offerte inaccettabili. La loro è soltanto retorica»,
in La Stampa, 17 marzo 2022.
15. Circa la neutralità dell’Ucraina, secondo il capo delegazione russo Vladi-
mir Medinsky, questa potrebbe essere realizzata o secondo il modello austriaco (im-
pegno perpetuo a rimanere fuori dai conflitti e a non ospitare basi militari straniere
nel proprio territorio) o secondo quello svedese (cosiddetta «neutralità convenziona-
le» e permanente. Le truppe svedesi, però, possono partecipare al battaglione nordi-
co). L’Ucraina inoltre, ha sottolineato il capo delegazione russo, potrebbe avere un
proprio esercito e una propria forza navale. Cfr S. Montefiori, «Una bozza in 15
punti», in Corriere della Sera, 17 marzo 2022.
16. Cfr F. Sforza, «Kiev scommette sull’accordo: la pace tra 10 giorni», in La
Stampa, 18 marzo 2020.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

in molti, anche tra i leader politici, dubitano che questa bozza, sulla
quale è informata la Turchia, possa avere successo17.
Putin però ha bisogno di una vittoria militare riconoscibile, da
«sventolare»18 sia in patria, sia sul piano internazionale, e i lea­der
occidentali dovrebbero a loro volta accettarla. Putin spera al più
presto di ottenerla nella resa definitiva dell’esausta Mariupol, op-
pure della città di Odessa, al centro di una estenuante battaglia di
accerchiamento dal mare e per via terra. Quest’ultima città è mol-
to importante per entrambe le parti. Per Mosca ha un significato
storico e affettivo enorme: è considerata una città sostanzialmente
russa, perché è stata fondata nel Settecento dalla zarina Caterina la
grande. La sua conquista consentirebbe a Mosca di dominare il Mar
Nero – che diventerebbe un lago russo, cosa che però non piacereb-
31
be molto alla Turchia – e di «strozzare» l’Ucraina, impedendole lo
sbocco al mare19. Per Kiev, dal canto suo, Odessa è una città impor-
tante, impossibile da perdere. Da essa, infatti, transitano i due terzi
del commercio nazionale ed è l’unico grande porto del Paese. Senza
Odessa, la nuova Ucraina sarebbe paragonabile all’Afghanistan: un
Paese schiacciato dai propri confini terrestri20.
Le conquiste a sud permetterebbero a Putin di trattare in un
eventuale negoziato da una posizione di forza. Di fatto, l’Ucraina è
già un Paese devastato: «900 missili esplosi sul suo territorio, 3.500

17. Il ministro degli Esteri turco, in un’intervista al giornale Hurriet, assicura


che «Russia e Ucraina sono vicine a un accordo su quattro punti cruciali»; gli osta-
coli maggiori sarebbero il Donbass e la Crimea. Le due delegazioni hanno iniziato
il 5° round del negoziato. Cfr G. Sarcina, «Il mediatore turco: vicini a un’intesa su
4 punti su 6», in Corriere della Sera, 21 marzo 2022.
18. Sarebbe importante elaborare «un messaggio che il Presidente russo possa
sventolare come una vittoria in patria». Ma il fatto stesso che la Nato gli riconosca
questo «indebolisce la capacità dell’Occidente stesso di sventolare la propria vitto-
ria». Cfr T. McTague, «Putin ha bisogno di una via d’uscita», in The Atlantic, 17
marzo 2022.
19. Ciò spiega perché i russi già dai primi giorni di guerra abbiano occupato
l’Isola dei Serpenti, un piccolo isolotto che si trova all’imbocco di Odessa e non
lontano dalla foce del Danubio. Attraverso di essa si potrebbe dominare il mare an-
tistante alla città portuale e bloccare l’ingresso di navi al suo porto. Non è detto che
i russi la lascino tanto facilmente. Cfr P. Figuera, «Odessa, perla ucraina nel mirino
russo», in Limes, 4 marzo 2022, 177.
20. Cfr A. W. Mitchell, «Trasformiamo l’Ucraina nell’Afghanistan di Pu-
tin», in Limes, 4 marzo 2022, 63.
FOCUS

strutture primarie distrutte e una prima conta delle distruzioni bel-


liche già allinea danni per 120 miliardi di dollari»21. Una cifra enor-
me, perfino per l’Unione Europea.

La guerra in Ucraina e la Cina

L’incontro avvenuto a Roma il 15 marzo tra Jake Sullivan, con-


sigliere per la Sicurezza della Casa Bianca, e Yang Jiechi, respon-
sabile degli affari esteri del Comitato centrale comunista cinese, è
stato uno degli eventi più importanti, sul piano diplomatico, del
conflitto in corso in Ucraina. Diverse agenzie di stampa nei giorni
precedenti avevano comunicato che Putin aveva chiesto aiuti mi-
litari alla Cina. Questa, come suo solito, non aveva fatto nessuna
32
dichiarazione a tale riguardo; gli ambienti della diplomazia, però,
erano entrati in fibrillazione, tanto più che il Financial Times, di
solito ben informato, aveva fatto sapere che la Cina avrebbe voluto
concedere questo aiuto. In tal caso il rischio da alto sarebbe diventa-
to altissimo. Se Biden si è deciso a inviare immediatamente Sullivan
a Roma per incontrare un inviato di Xi Jinping, evidentemente la
situazione era seria e meritava un chiarimento. La Casa Bianca in-
tendeva convincere la Cina a non fare un passo che avrebbe potuto
avere conseguenze devastanti per il mondo intero.
Dopo che Putin e Xi Jinping si erano incontrati a Pechino, in
occasione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali,
Mosca e Pechino avevano dichiarato che quella russo-cinese era
«un’alleanza senza limiti». Da ciò era facile dedurre che la Cina
avrebbe aiutato economicamente la Russia, in grande sofferenza
dopo le sanzioni internazionali, e che Putin avrebbe comunque
evitato l’invasione in occasione delle manifestazioni sportive. Altra
cosa era, invece, la richiesta successiva di un aiuto militare sul fron-
te bellico. Ciò avrebbe compromesso quella neutralità che Pechino
aveva assicurato già dai primi giorni della guerra. Mentre aveva
avuto parole di comprensione nei confronti della Russia, Xi aveva
biasimato la politica degli Stati Uniti e il loro modo di agire. Le

21. C. Zunino, «Kiev neutrale. Una bozza di accordo per la tregua», in la


Repubblica, 17 marzo 2022.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

indiscrezioni divulgate dal Financial Times avevano creato, in ogni


caso, incertezza sul fronte occidentale. Se tali notizie fossero state
confermate sarebbe stato difficile comprendere la scelta di Pechino,
«perché sarebbe la fine di quel sistema globale sul quale la Cina ha
fondato il suo sviluppo e sul quale sembrava puntare anche in futuro
con iniziative come la cosiddetta via della seta»22. Infatti, un’alleanza
militare russo-cinese porterebbe il mondo indietro di diversi de-
cenni, cioè alla versione più arcaica della guerra fredda: Occidente
contro Oriente, sullo sfondo di una lotta quasi apocalittica.

UN’ALLEANZA MILITARE RUSSO-CINESE PORTEREBBE


IL MONDO INDIETRO DI DIVERSI DECENNI.
33

Questo scenario aveva preoccupato molto le cancellerie di tut-


to il mondo23. Gli analisti politici hanno valutato la questione sot-
to diversi aspetti24. Innanzitutto, dal punto di vista cinese, i pro di
una tale decisione: questa guerra avrebbe tenuto impegnati gli Usa
sul fronte occidentale, allontanandoli per lungo tempo dal Pacifico
e quindi dall’occuparsi delle questioni cinesi. Per quanto riguarda
Mosca, alcuni ritenevano che una Russia provata militarmente e in-
debolita economicamente sarebbe stata un partner economico ideale
per la Cina, pronto a offrirle gas e petrolio a prezzi vantaggiosi. Più
consistenti e seri sono, però, i contra di una tale decisione. Essi pos-
sono essere sintetizzati in tre punti. Il primo riguarda le conseguen-
ze potenzialmente dirompenti della guerra ucraina sull’economia e
sulla stabilità mondiale. Non va infatti dimenticato che la Cina è il

22. P. Galimberti, «La Cina e l’incubo “escalation”», in la Repubblica, 15 mar-


zo 2022.
23. La Cina è stata molto ambigua nel suo equilibrismo. Il giorno dell’attacco
russo si è rifiutata di definirlo invasione (soltanto molto tempo dopo Xi ha parlato
di guerra); si è poi astenuta all’Onu nei voti di condanna dell’aggressione russa. Xi
ha poi dichiarato: «Sono in pena nel vedere le fiamme della guerra in Europa» e
ha parlato di una possibile collaborazione con gli europei per intraprendere la via
diplomatica per porre fine al conflitto. Pechino ha però avuto sempre parole dure
nei confronti degli statunitensi a motivo «della loro mentalità da guerra fredda e
dell’espansionismo della Nato verso est».
24. Cfr S. Stefanini, «Il poker cinese», in La Stampa, 7 marzo 2022; M. Das-
sù, «Pechino a un bivio», in la Repubblica, 14 marzo 2022.
FOCUS

maggior beneficiario della globalizzazione, per cui ha un interesse


fisiologico alla stabilità internazionale25. Secondo punto: sembra stra-
no che Xi abbia autorizzato Putin a invadere l’Ucraina, mettendo a
rischio la stabilità dell’area. Si deve considerare che la Cina ha interessi
economici consistenti in quella regione e che l’Europa, insieme agli
Usa, sono i partner commerciali più importanti di Pechino. «La Cina
non ha nessun interesse – scrive a questo riguardo Marta Dassù – a
tagliare i ponti con il sistema economico occidentale; e teme l’effetto
di sanzioni secondarie per le proprie imprese»26. Il pericolo atomico,
minacciato ripetutamente da Mosca, avrà in qualche modo turbato
anche Pechino, che non gradisce queste prese di posizioni.
Il terzo motivo riguarda la reazione dell’Occidente: i cinesi non
si aspettavano una risposta così massiccia e corale di questi Paesi
34
all’invasione russa. La loro capacità di assumersi i costi e i sacrifici
di tali decisioni, la difficile scelta di armare gli ucraini e di sfidare
Putin, nonché l’improvviso e imprevisto riavvicinamento tra Lon-
dra e Bruxelles (e tra queste e Washington), avranno certamente im-
pressionato in positivo Xi, politico prudente e realista. Tutte queste
considerazioni insieme renderebbero altamente improbabile un pos-
sibile intervento della Cina nella guerra russa27. La guerra in Ucraina
sembrerebbe contraddire i princìpi fondamentali della politica estera
cinese «sulla sovranità nazionale e sull’integrità territoriale. Seguendo
questi principi la Cina ha rifiutato l’annessione russa della Georgia nel
2008 e della Crimea nel 2014»28. Perché nella situazione dell’Ucraina
i cinesi dovrebbero cambiare indirizzo politico e agire diversamente,
mettendo a rischio la loro posizione nel Tibet, a Hong Kong e nel
Xinjiang? Si sono alzate diverse voci in Europa, tra cui Macron e
Scholz, per invocare una mediazione cinese tra la Russia e l’Ucraina.

25. Cfr I. Brenner, «La Cina cercherà di fermare la Russia?», in Time, 14


marzo 2022, 27. Secondo Brenner, «la Cina, mentre vede l’America e l’Europa come
partner commerciali necessari, in Putin vede un compagno di viaggio» nella lotta
contro l’Occidente.
26. «Pechino non può semplicemente permettere che Mosca, ormai ridotta
ad un paria internazionale, la trascini in una spirale negativa. Sul piano formale
Pechino confermerà la partnership con la Russia; su quello sostanziale, cercherà di
condizionarla» (M. Dassù, «Pechino a un bivio», cit.).
27. Cfr G. Cuscito, «La Cina non morirà per la Russia», in Limes, 4 marzo 2022, 107.
28. «Xi Jinping scommette sulla Russia», in The Economist, 12 marzo 2022.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

In molti pensavano che Xi Jinping avrebbe potuto convincere Putin


a non prendere decisioni estreme.
Tutte queste considerazioni sono state alla base dell’incontro ro-
mano tra Jake Sullivan e Yang Jiechi, dal quale non sono uscite in-
discrezioni. Si è detto soltanto che ambedue i Paesi erano interessati
ad aiutare i belligeranti sulla via del negoziato. Cosa che di fatto è
avvenuta. In tal modo il colloquio romano ha influito senza dubbio
sui negoziati virtuali che le due parti stavano portando avanti. Di
fatto, «solo un accordo tra Stati Uniti e Russia può salvare il con-
flitto tra Russia e Ucraina»29, ha detto di recente Romano Prodi,
parlando alla Fondazione Burzio di Torino.
L’ambasciatore cinese negli Stati Uniti, Qin Gang, in un in-
tervento sul Washington Post, si è pronunciato su alcuni punti della
35
vicenda, affermando che la Cina non sapeva in anticipo che i russi
avrebbero invaso l’Ucraina. Egli ha inoltre dichiarato che Mosca
non ha chiesto assistenza militare alla Cina. «Chi lo afferma – con-
tinua il diplomatico – fa pura disinformazione»30. Ha anche detto
che se la Cina fosse stata informata in anticipo dell’invasione, avreb-
be fatto di tutto per impedirla e che in ogni caso la posizione cinese
sul conflitto è di assoluta imparzialità.

I «vertici verticali»

Venerdì 18 marzo è stata la giornata dei cosiddetti «negoziati ver-


ticali»: alle ore 9 (ora di Washington), il presidente Biden ha chiama-
to in video l’omologo cinese Xi Jinping per trattare della guerra in
Ucraina. Il Presidente statunitense ha subito messo in guardia Xi dalle
«implicazioni e conseguenze, qualora la Cina fornisse supporto ma-
teriale alla Russia». Xi ha prontamente risposto che sia gli Stati Uniti
sia la Cina «devono assumersi la propria responsabilità internazionale
e lavorare per la pace»31. Risposta sibillina e pregna di sottintesi, è stato

29. F. Rigatelli, «A Vyshgorod respinti gli attacchi», in La Stampa, 18 marzo


2022.
30. «La Cina: non sapevamo dei piani russi», in Corriere della Sera, 17 marzo
2022.
31. P. Mastrolilli, «Il vertice Biden e Xi, c’è uno spiraglio di dialogo: il con-
flitto non conviene a nessuno», in la Repubblica, 19 marzo 2022.
FOCUS

notato dagli analisti. Biden, infatti, spera che la responsabilità a cui


fa riferimento Xi significhi l’impegno richiesto a non fornire armi
né mezzi economici a Putin. Il leader cinese, però, ne ha approfittato
per lanciare avvertimenti alla Casa Bianca sulla questione di Taiwan.
Dalla conversazione tra i due leader (che è durata due ore) non si può
arguire se nella mente di Xi «prevalga la convenienza di tenere in
piedi il sistema globale basato sulle regole che hanno consentito al
proprio Paese di prosperare»32 o, al contrario, la volontà di inasprire la
sfida contro l’Occidente, sfruttando la situazione del «vassallo russo».
In ogni caso, il leader cinese ha sottolineato la necessità di continuare
a operare insieme per la fine della guerra, affermando che «il conflitto
non conviene a nessuno». La priorità assoluta, ha detto, «è continuare
il dialogo e i negoziati, evitando vittime civili, prevenire crisi umani-
36
tarie, ottenere il cessate il fuoco e la fine della guerra in Ucraina»33. Pa-
role alte e significative, ma in realtà nessun impegno concreto è stato
preso dalla Cina per fermare l’amico russo34. Anzi, Xi ha sottolineato
la pericolosità della crisi di Taiwan e l’ostinazione di «alcuni» negli Usa
di inviare a Taipei «segnali sbagliati».
Insomma, la Cina si adopererà per aiutare a porre fine alla guerra in
Ucraina? Da questo scambio di vedute tra i due leader mondiali sembra
improbabile che Xi si adoperi in tal senso, «perché la Cina vede la Rus-
sia come un partner nello smantellamento dell’ordine mondiale libera-
le. Le dichiarazioni diplomatiche influenzeranno i calcoli cinesi meno
della determinazione occidentale di far pagare a Putin i suoi crimini»35.
Il leader cinese vorrebbe che l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi,
comunque vada, mostrasse agli occidentali la loro impotenza e li ren-
desse consapevoli che il loro dominio sul mondo è finito.
Nello stesso giorno, Putin ha avuto due comunicazioni telefoniche,
separate, con Macron e Scholz. I due leader, francese e tedesco, hanno

32. Ivi.
33. Ivi.
34. Xi Jinping ha evitato di condannare in modo esplicito l’operato di Putin,
anzi ha sottolineato che «la mentalità da guerra fredda non aiuta e che le nazioni
meritano rispetto». Linguaggio ancora ambiguo e bifrontale. Cfr A. Simoni, «Biden
a Xi: Putin va isolato, ma il leader cinese resiste: no alla nuova guerra fredda», in La
Stampa, 19 marzo 2022.
35. «La guerra in Ucraina determinerà come la Cina vede il mondo», in The
Economist, 19 marzo 2022.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

chiesto all’omologo russo di dichiarare al più presto il cessate il fuoco


e di porre fine all’assedio di Mariupol. Dal canto suo, Putin ha gettato
nuovamente su Kiev la responsabilità di ogni cosa. Macron ha parlato
di una «conversazione difficile e non certo amichevole». La cancelleria
tedesca ha dato comunicazione del colloquio in una nota molto asciutta.
Nei giorni successivi a questi «contatti di vertice», la prospettiva di
un accordo tra le parti, come previsto nella bozza di cui abbiamo par-
lato, ha segnato una battuta di arresto. Eppure, è possibile che i passi
finora fatti in tale direzione non vengano vanificati: il confronto ne-
goziale tra i belligeranti a livello orizzontale continua, e questa è una
buona notizia per tutti. Inoltre, alcuni punti fermi sarebbero già stati
fissati, anche se non ancora consolidati36. Zelensky da tempo chiede
a Putin un vertice bilaterale, in modo da porre fine al conflitto. Il
37
Cremlino gli ha risposto di essere pronto a tale passo soltanto quando
ci sarà un «testo di accordo» pronto. Mosca, a quanto pare, non sembra
intenzionata ad arrivare a un accordo in tempi brevi: intende, infatti,
andare a un negoziato facendo pesare conquiste di rilievo.
A un mese esatto dall’inizio della guerra, Biden è ritornato in Eu-
ropa per partecipare a tre importanti vertici (il summit della Nato, il
G7 e il Consiglio europeo); successivamente si è recato in Polonia per
affrontare il problema dei profughi ucraini37. Lo scopo degli incon-
tri era stato dichiarato dal Presidente già in anticipo: quello cioè di
«evitare la Terza guerra mondiale», nonché di fissare le «linee rosse
invalicabili che provocherebbero tale evento», oltre che tenere insie-
me una «coalizione di per sé litigiosa»38. Il vertice Nato del 24 marzo
è diventato improvvisamente, dopo anni di crisi interna, il modello
di una «nuova costituzione occidentale»39. Stoltenberg ha dichiarato:
«Noi non provocheremo un attacco, ma lo preveniamo», e ha confer-

36. Cfr M. O’Hanlon, «Come porre fine alla guerra», in Time, 28 marzo
2022, 30.
37. In Polonia, Biden ha definito Putin un «macellaio», e ha aggiunto che
non può rimanere al potere. Immediata la reazione del Cremlino: «Non sta a lui
decidere».
38. Cfr «Nonostante tutto il sostegno dell’America nell’aiutare l’Ucraina, ci
attendono tempi difficili», in The Economist, 26 marzo 2022; G. Di Feo, «Ma sugli
armamenti l’Europa è distante», in la Repubblica, 24 marzo 2022.
39. G. Sarcina, «Armi e spese militari: Biden: ridisegnare l’Alleanza», in Cor-
riere della Sera, 25 marzo 2022.
FOCUS

mato il sostegno militare e umanitario all’Ucraina, nel senso che ver-


ranno forniti a questo Paese più sistemi di difesa anticarro, antimissili
e droni, mentre è stata rigettata la proposta – avanzata da Zelensky,
collegato in video – di fornire armi offensive (come tank e jet), che
coinvolgerebbero la Nato in una guerra contro la Russia.
Nel comunicato finale è poi presente, in modo alquanto esplicito,
un invito alla Cina ad abbandonare la sua politica attendista e a impe-
gnarsi per la pace: «Esortiamo tutti gli Stati, inclusa la Repubblica po-
polare cinese – si legge – a rispettare l’ordine internazionale, compresi
i principi di sovranità e integrità sanciti dalla Carta dell’Onu, e ad
astenersi dal sostenere in alcun modo lo sforzo bellico russo e a evitare
qualsiasi azione che aiuterebbe la Russia a eludere le sanzioni»40.
Sull’ipotesi di un uso di armi chimiche da parte degli invasori,
38
Biden, in un’intervista, ha fissato un’importante linea rossa: «Noi –
ha dichiarato – risponderemo, se lui le userà. La natura della rispo-
sta dipenderà dalla natura dell’uso». La Nato, però, non ha disposto
nulla a tale riguardo. Intanto gli Usa hanno stanziato 2 miliardi di
aiuti militari all’Ucraina e un miliardo di aiuti umanitari. Il G7 ha
stabilito inoltre che potrebbero essere applicate ulteriori sanzioni
economiche, ma solo se ritenute necessarie. Intanto si è al lavoro per
mettere a punto un eventuale quinto pacchetto di misure sanziona-
torie. Su questo punto, la Gran Bretagna ha dato l’esempio.
Il vertice dell’Ue, come previsto, è stato più combattivo degli
altri. In concreto, sono stati istituiti quattro battaglioni militari
di difesa da inviare in Romania, Bulgaria, Ungheria e Slovac-
chia. Circa il messaggio da trasmettere al Cremlino, un gruppo di
Pae­si, guidato dalla Polonia e dal Regno Unito, ha proposto una
cosiddetta «strategia di ambiguità costruttiva»41, che consiste nel
dichiarare che la Nato non interviene nella guerra di Putin, ma
che potrebbe cambiare idea qualora il leader russo dovesse scate-
nare un attacco chimico, biologico o nucleare in Ucraina. Questa
posizione però è stata respinta dalla maggioranza dei Paesi – Usa,
Germania e Francia in primis –, perché ritenuta, al momento, non
opportuna. In ogni caso, nel comunicato finale si è dichiarato in

40. Ivi.
41. Ivi.
A UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

modo netto e preciso che, «se la Russia usa le armi di distruzio-


ne di massa, ci saranno serie conseguenze»42 . Tra i Paesi Ue si è
anche parlato di gas e di petrolio. Su tale materia, per ora, non si
sono prese decisioni definitive. Fatto sta che non c’è unanimità di
vedute tra i Paesi membri: attualmente l’Ue utilizza il 30% degli
idrocarburi russi e non è facile sostituirli, sebbene gli Stati Uni-
ti, aumentando la produzione interna, si siano resi disponibili ad
approvvigionare con propri prodotti energetici i Paesi europei43.
Sul fronte di guerra, dopo il primo mese di combattimenti, il 25
marzo il Cremlino ha annunciato di colpo un cambio di strategia e
la fine di una presunta «prima fase» del conflitto, sostenendo di non
aver mai puntato ad altro che «alla totale liberazione del Donbass»44.
A quanto pare, la cosiddetta «fase 2», dovrebbe consistere nel con-
39
solidamento di queste zone acquisite militarmente. Tuttavia resta il
sospetto che Mosca potrebbe riprendere, più in là, i combattimenti
e puntare su Odessa, in modo da chiudere l’accesso al mare agli
ucraini. Sarebbe una guerra spaventosa, sul modello di Mariupol,
devastata, umiliata ma non ancora formalmente arresa45.
La nuova fase arriva, sorprendentemente, dopo il pantano militare
di queste settimane, che ha quasi immobilizzato il grosso dell’esercito
russo, costringendolo, in alcune zone (Kiev), a retrocedere, e che «sta
trasformando l’Ucraina nel Vietnam di Putin»46. Se queste notizie in

42. Ivi.
43. Cfr J.-P. Stroobants - E. Vincent, «Le grand retour des Américaines
en Europe», in Le Monde, 25 marzo 2022; F. Basso, «Usa e Ue: nuove sanzioni.
Attacchi chimici, altolà Nato», in Corriere della Sera, 25 marzo 2022. Gli Alleati la-
vorano per isolare Mosca. Per Biden, la Russia dovrebbe essere rimossa dal G20; egli
ha anche chiesto che vi possa partecipare Kiev. La Cina ha già fatto sapere di non
essere disposta ad accettare tale decisione. Intanto, il 25 marzo l’Onu ha approvato a
larghissima maggioranza (140 Paesi) la risoluzione promossa dagli Occidentali per
l’immediata cessazione delle ostilità da parte della Russia. Anche questa volta la Cina
si è astenuta. Va notato che i Paesi che si sono astenuti sono in totale 38 e rappresen-
tano poco meno di metà della popolazione mondiale.
44. T. Mastrobuoni, «Mosca ora frena sulla guerra: solo nel Donbass e stop a
maggio», in la Repubblica, 26 marzo 2022.
45. Cfr M. Černov, «Venti giorni a Mariupol», in Internazionale, 25 marzo,
2022.
46. Va ricordato che, secondo alcuni analisti, il ritiro dei russi da alcune zone
è stato eccessivamente enfatizzato dalla propaganda ucraina. Cfr «Una prospettiva
incerta in tutta l’Ucraina», in The Economist, 26 marzo 2022.
FOCUS

merito al nuovo corso venissero confermate, cambierebbero di molto


sia gli obiettivi del conflitto sia il suo orizzonte temporale. In questi
giorni le autorità militari hanno fatto sapere che il conflitto dovrebbe
durare fino al 9 maggio, anniversario della fine della Seconda guerra
mondiale e della vittoria dei russi sui nazisti47. Insomma, data emble-
matica per la propaganda della vittoria russa, che proprio in questi
giorni sta cercando di minimizzare il numero dei caduti – 1.351 sol-
dati morti48 – e di dimostrare che gli obiettivi dell’«operazione spe-
ciale» sono già stati raggiunti. Ma un mese di guerra da combattere è
un’infinità di tempo: in concreto, significa nuove distruzioni, nuovi
morti e imprevedibili scenari, anche quelli più spaventosi – dall’utiliz-
zo delle armi chimiche a quello delle armi atomiche – che si potrebbe-
ro aprire. Soltanto l’auspicata via negoziale offre alle parti belligeranti
40
la possibilità di porre fine a questo inutile massacro49.
Alla fine, ci si chiede, a cosa sarà servita questa inutile e disastrosa
guerra, questo «massacro insensato», come lo ha definito papa Fran-
cesco? Ricordiamo anche l’appello del Pontefice («In nome di Dio,
fermatevi!») a intraprendere davvero la via negoziale e la sua richiesta
agli attori della comunità internazionale «perché si impegnino per far
cessare questa guerra ripugnante, disumana e sacrilega»50.
Dopo tanto spargimento di sangue e tanto orrore, una lezione o
un monito per il futuro dobbiamo pur trarlo. Servirà alla Russia, in-
nanzitutto, e anche alle altre grandi potenze, per ricordare che non si
può impunemente violare il diritto internazionale, invadendo un Pae­
se sovrano: chi lo farà, ne pagherà le conseguenze. Servirà anche agli
ucraini, perché rafforzerà la loro identità nazionale. Di fatto, questa
guerra ha in qualche modo fatto emergere il senso di unità della na-
zione ucraina, connotata da diversità etniche, culturali e religiose, che
provengono dalla sua lunga storia.

47. Ivi; cfr C. Martinetti, «Donbass obiettivo principale: la frenata dei gene-
rali di Putin», in La Stampa, 26 marzo 2022.
48. Cfr F. Dragosei, «La nuova fase dei generali russi: limitarsi al Donbass»,
in Corriere della Sera, 26 marzo 2022.
49. I negoziati, però, non potranno avere effetto senza il coinvolgimento di-
retto o indiretto delle grandi potenze (Usa, Cina). Solo con queste, infatti, Putin
intende misurarsi pariteticamente, per costituire un «nuovo ordine europeo» e in-
ternazionale.
50. Francesco, Angelus, 20 marzo 2022.
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA
«PRAEDICATE EVANGELIUM»
SULLA CURIA ROMANA
Gianfranco Ghirlanda S.I.

Evangelizzazione e missionarietà della Chiesa

Il 19 marzo 2022, solennità di san Giuseppe, papa Francesco ha pro-


mulgato la costituzione apostolica Praedicate Evangelium (PE) sulla Curia
romana e il suo servizio alla Chiesa nel mondo di oggi1, che, entrando in 41
vigore il 5 giugno 2022, solennità di Pentecoste, abroga la costituzione
apostolica Pastor bonus (PB) di Giovanni Pao­lo II, del 28 giugno 19882.
Le parole iniziali (incipit) Praedicate Evangelium indicano la pro-
spettiva in cui va letta la costituzione e compresa la Curia romana.
Il Preambolo rivela il proposito di papa Francesco «di meglio ar-
monizzare l’esercizio odierno del servizio della Curia col cammino
di evangelizzazione che la Chiesa, soprattutto in questa stagione,
sta vivendo» (n. 3).
Papa Francesco, riprendendo un’espressione contenuta nel n. 30
della sua esortazione apostolica Evangelii gaudium (EG) del 24 novem-
bre 20133, vede la Chiesa in una «conversione missionaria» che l’impe-
gna a un rinnovamento «secondo l’immagine della missione d’amore
propria di Cristo» e la sollecita a portare agli uomini «il dono sopranna-
turale della fede», come luce che orienta il loro cammino in un tempo
in cui sono particolarmente bisognosi di essa (Preambolo, n. 2).
Quindi papa Francesco concepisce la riforma della Curia romana
all’interno del contesto più ampio della riforma della Chiesa, cioè della
sua conversione alla missionarietà (Preambolo, n. 3). Nel suo discorso

1. Cfr «Costituzione apostolica “Praedicate Evangelium” sulla Curia Romana


e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo», in https//press.vatican.va/content/pubbli-
co/2022/03/19
2. Cfr AAS 80 (1988) 841-912.
3. Cfr AAS 105 (2013) 1019-1137.

© La Civiltà Cattolica 2022 II 41-56 | 4123 (2/16 aprile 2022)


VITA DELLA CHIESA

alla Curia romana del 21 dicembre 20194, egli vede il cuore della riforma
nel «primo e più importante compito della Chiesa: l’evangelizzazione»,
come la sua anima più profonda. Pertanto, ribadisce quanto già affer-
mato nell’Evangelii gaudium, che cioè tutta la vita e ogni struttura della
Chiesa «diventino un canale adeguato all’evangelizzazione del mondo
attuale» e non un mezzo di «autopreservazione» (EG 27). La riforma
delle strutture, continua, consiste nel «fare in modo che esse diventino
tutte più missionarie»; quindi si esige una «conversione pastorale».

OGNI STRUTTURA DELLA CHIESA È CHIAMATA A


DIVENTARE UN CANALE DI EVANGELIZZAZIONE E
NON A ESSERE UN MEZZO DI AUTOPRESERVAZIONE.
42

Nello stesso discorso viene sinteticamente delineata la situazione


attuale del mondo. Mentre prima si poteva chiaramente distinguere
un mondo evangelizzato – quello cristiano – e un mondo da evan-
gelizzare – quello non cristiano –, oggi popolazioni che non hanno
mai ricevuto l’annuncio del Vangelo dimorano dappertutto e si stanno
spostando lì dove finora c’era solo il «mondo cristiano». Papa Francesco
fa notare che ormai «non siamo nella cristianità». Infatti, possiamo dire
che quella che un tempo era la «cristianità» non esiste più, perché la fede
non costituisce più «un presupposto ovvio del vivere comune», anzi
spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». Per cui
dobbiamo prendere atto di una «profonda crisi di fede», a causa di «una
progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del sen-
so di Dio”»5. Tutto questo, allora, è una sfida che sollecita «a trovare i
mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo».
Da questa urgenza di nuova evangelizzazione deriva il fatto che
nella PE il primo dicastero che viene trattato, subito dopo la Segreteria
di Stato, è quello per l’evangelizzazione, che, riunendo la Congrega-
zione per l’evangelizzazione dei popoli e il Pontificio consiglio per
la nuova evangelizzazione, comprende una Sezione per le questioni

4. Cfr Oss. Rom., 22 dicembre 2019, 4 s.


5. Qui papa Francesco si rifà all’omelia di Benedetto XVI del 28 giugno 2010
(cfr Insegnamenti di Benedetto XVI, VI, 2, 2010, Città del Vaticano, Libr. Ed. Vatica-
na, 2011, 987).
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo e un’altra Sezione per


la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari (artt. 53-68).
A questo dicastero segue quello per la dottrina della fede (artt. 69-78).
Sembra che qui si esprima l’idea che solo se si rievangelizzano i popoli
di antica tradizione cristiana e si annuncia il Vangelo ai popoli che
non l’hanno ancora ricevuto, il Dicastero per la dottrina della fede
adempia il suo compito di «aiutare il Romano Pontefice e i vescovi/
eparchi nell’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, promuovendo
e tutelando l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale,
attingendo al deposito della fede e ricercandone anche una sempre
più profonda intelligenza di fronte alle nuove questioni» (art. 69). La
Congregazione per la dottrina della fede nella PB era la prima, imme-
diatamente dopo la Segreteria di Stato.
43
Altra novità da sottolineare è il nuovo Dicastero per il servizio del-
la carità, che, secondo la PB, era un’istituzione collegata con la Santa
Sede (art. 193) e che segue immediatamente il Dicastero per la dottri-
na della fede. Ciò sembra indicare che questi tre dicasteri, con distinte
competenze, formino come un tutt’uno, che esprime la natura missio-
naria della Chiesa, che dà il colore a tutta la Curia.

Comunione e sinodalità. Decentralizzazione

Altro elemento ispiratore della riforma è quello della Chiesa come


comunione, aspetto che è strettamente congiunto a quello della mis-
sione. La comunione «dona alla Chiesa il volto della sinodalità», quel-
lo cioè di una Chiesa dell’ascolto reciproco, in cui sono implicati tutti
i fedeli che, qualunque siano il loro stato di vita e la loro missione,
nella reciprocità camminano insieme (Preambolo, n. 4).
La nota della reciprocità deve avvicinare il più possibile la vita della
Chiesa di oggi «all’esperienza di comunione missionaria» che gli apostoli
vissero insieme al Signore (ivi). Ciò si riflette nel dono che Cristo ha
fatto alla Chiesa: quello dell’unione degli apostoli, con a capo Pietro, e
quello dell’unione dei loro successori, i vescovi, con il Romano Pontefi-
ce, sia come singoli sia riuniti nel Collegio episcopale o in altre forme di
unione (Preambolo, nn. 5-7). La Curia romana, come aiuto del Roma-
no Pontefice nell’esercizio della sua funzione primaziale, non si pone tra
lui e i vescovi, ma piuttosto è «al loro pieno servizio» (Preambolo, n. 9).
VITA DELLA CHIESA

Proprio come organo al servizio del Romano Pontefice, «per-


petuo e visibile principio e fondamento dell’unità dei vescovi e
della moltitudine dei fedeli» (Lumen gentium [LG], n. 23a), quin-
di al servizio anche dei vescovi e delle Conferenze episcopali,
l’agire della Curia si svolge secondo lo spirito di una «sana de-
centralizzazione»: i vescovi devono poter esercitare con senso di
responsabilità le facoltà comprese nell’ufficio di capi delle Chiese
particolari che sono loro affidate, essendo «il visibile principio
e fondamento di unità delle loro Chiese particolari» (LG 23a).
Trova così applicazione «quella corresponsabilità che è frutto ed
espressione di quello specifico mysterium communionis che è la
Chiesa (cfr LG 8)» (Principi, n. 2).
Per diritto divino, il vescovo diocesano nella diocesi affidatagli
44
ha tutta la potestà ordinaria, propria e immediata, che è richiesta
per l’esercizio del suo munus pastorale (can. 381 § 1; LG 27a; Chri-
stus Dominus [CD], n. 8a). Inoltre, come affermava Giovanni Paolo
II nel n. 56 dell’esortazione apostolica Pastores gregis [PG] del 16
ottobre 20036, proprio a causa del realizzarsi pieno della Chiesa di
Cristo e della sua cattolicità nella Chiesa particolare, quest’ultima
ha in sé tutti i mezzi naturali e soprannaturali per adempiere la
missione che Cristo ha affidato all’intera Chiesa. Perciò possiamo
dire che essa gode, per diritto divino, di una sua legittima autono-
mia. Ma l’autonomia, come capacità di governarsi, comprendente
anche quella di annunciare autenticamente le verità di fede (can.
753), è legittima quando è regolata dal principio della comunione,
che è una comunione gerarchica (can. 375 § 2; LG 21b; PG 56).
Di conseguenza, afferma PG 56: «I vincoli della comunione ge-
rarchica che legano i Vescovi alla Sede Apostolica richiedono una
necessaria coordinazione tra la responsabilità del Vescovo diocesa-
no e quella della suprema autorità, che è dettata dalla natura stessa
della Chiesa. È lo stesso diritto divino a porre i limiti dell’esercizio
dell’una e dell’altra». Tale coordinazione si esprime in quella tra il
diritto particolare e il diritto universale o comune, anche attraverso
le riserve stabilite.

6. Cfr AAS 96 (2004) 825-927.


LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

In conclusione, da quanto esposto comprendiamo il perché


la PE parli di «sana decentralizzazione» e non semplicemente di
«decentralizzazione»7.

Partecipazione

Altro principio cui la costituzione fa riferimento è quello della par-


tecipazione in relazione alla comunione (Principi, n. 8). Partecipazione
esprime la relazione di ciò che realizza per natura sua la totalità (parte-
cipato) con ciò che realizza solo una parte della totalità (partecipante).
Questo costituisce nello stesso tempo l’unità e la diversità tra il parteci-
pante e il partecipato, quindi la comunione nella differenziazione. La
partecipazione comporta responsabilità diverse tra i soggetti implicati
45
nel rapporto: uno è investito di una piena responsabilità personale ri-
guardo a un oggetto particolare, e quindi ha la potestà di decidere; gli
altri partecipano parzialmente a tale responsabilità.
La Curia romana, come insieme di dicasteri e uffici, coadiuvando
il Romano Pontefice nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale,
opera per il bene e il servizio della comunione, dell’unità e dell’edi-
ficazione della Chiesa universale (cann. 360; 334; CD 9a; PB 1; PE
art. 1). La funzione della Curia romana, infatti, dev’essere intesa in un
senso non burocratico-amministrativo, ma pastorale, in quanto essa
scaturisce dallo stesso servizio che nella carità il Successore di Pietro,
pastore supremo di tutta la Chiesa, sul modello del Buon pastore, svol-
ge in favore della comunione ecclesiale (PB 1-3; 33; 34; PE art. 3). La
Curia romana, allora, per il suo carattere strumentale e vicario rispet-
to al Romano Pontefice – per cui non agisce per diritto proprio o di
propria iniziativa, ma a nome del Romano Pontefice, dalla cui volontà
dipende tutto il suo operare, con una potestà ordinaria vicaria (Prin-
cipi, n. 5) – è un chiaro organo di partecipazione per il governo della
Chiesa universale8. Poiché, per volontà del Signore, la struttura gerar-

7. Un’attuazione di tale decentralizzazione si è avuta con il «motu proprio»


Assegnare alcune competenze dell’11 febbraio 2022, con il quale viene effettuato il cam-
biamento in tal senso di alcuni canoni del Codice di diritto canonico (CIC): cfr Oss.
Rom., 15 febbraio 2022.
8. La potestà della Curia romana in genere è amministrativa, nel caso dei
dicasteri; o giudiziaria, nel caso dei tribunali (PE art. 31; artt. 177 ss).
VITA DELLA CHIESA

chica della Chiesa è nello stesso tempo collegiale e primaziale (PB 2),
il servizio della Curia romana è in un rapporto organico anche con i
vescovi, in modo tale che, strumento di comunione e di partecipazio-
ne da parte loro alle sollecitudini ecclesiali, è un’attuazione dell’affetto
collegiale (PB 8 e 9; PG 8; Preambolo, n. 9; Principi, nn. 1; 3; 9).
Questa dimensione partecipativa si attua nelle riunioni periodi-
che dei responsabili dei dicasteri, in maniera individuale o congiun-
ta, con il Romano Pontefice (Principi, n. 8; artt. 24; 34; 35), nelle
riunioni interdicasteriali (Principi, n. 9), nella trattazione congiunta
degli affari di competenza mista di più dicasteri (art. 28), nelle ri-
unioni dei membri di un dicastero e negli incontri dei vescovi con
i dicasteri in occasione delle visite ad limina (Principi, n. 4), nella
partecipazione dei laici, dei chierici e dei membri degli Istituti di
46
vita consacrata e delle Società di vita apostolica nel lavoro all’interno
dei singoli dicasteri (Principi, nn. 5; 7).
Tra i dicasteri e gli altri uffici, e all’interno dei singoli dicasteri
e uffici, si deve realizzare la comunione, attraverso la realizzazione
del «principio di convergenza». Ciò sarà possibile se i dicasteri, gli
organismi e gli uffici, che sono da considerare tutti giuridicamente
pari tra loro (art. 12 § 1), agiscono nella coscienza dell’unità della
missione a cui partecipano, che è quella del ministero universale del
Romano Pontefice, e quindi sviluppando una mutua collaborazione
tra loro (art. 9 § 1). Tale principio va attuato anche all’interno di ogni
dicastero, organismo e ufficio, per cui il lavoro di ciascuno, pur nelle
differenze culturali, linguistiche e nazionali, dev’essere svolto nella
collaborazione e nella convergenza verso l’unico fine (art. 9 § 2).
All’interno di ogni dicastero, strumento peculiare di partecipazio-
ne sono le sessioni ordinarie dei membri residenti a Roma, per gli affa-
ri consueti o frequenti, e le sessioni plenarie, per gli affari e le questioni
di maggiore importanza o di principio, che devono essere tenute al-
meno ogni due anni, e alle quali partecipano tutti i membri (art. 26).

Sinodalità
Mentre Giovanni Paolo II identificava collegialità e sinodalità, re-
stringendo la seconda al Collegio episcopale, papa Francesco amplia la
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

nozione di sinodalità a tutta la Chiesa, quindi considera la collegialità


un’espressione eminente della sinodalità, ma non l’unica9.
Tutte le espressioni di partecipazione sopra riportate, nella nuova vi-
sione di papa Francesco, possono essere considerate esempi di sinodalità.
Nella costituzione apostolica Episcopalis communio (EC) del 18 set-
tembre 201810, la sinodalità abbraccia tutta la Chiesa, essendo considerata
sua «dimensione costitutiva» (EC 6)11. La sinodalità «indica lo specifico
modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio, che manifesta e
realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme,
nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi
membri alla sua missione evangelizzatrice»12. La sinodalità, allora, tocca
non solo l’agire della Chiesa, ma il suo essere, perché tocca il suo costi-
tuirsi come comunione a immagine della Trinità e come assemblea che
47
celebra il mistero della salvezza in una prospettiva escatologica13.
Quindi, mentre la sinodalità comporta «il coinvolgimento e la
partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione della
Chiesa»14, la collegialità è una realtà limitata al Corpo episcopale,
perché indica una forma dell’esercizio del ministero episcopale.
Il punto di partenza di papa Francesco è la visione della Chiesa
come popolo di Dio; e, come nella Lumen gentium15, l’episcopato vie-
ne inserito e dev’essere compreso all’interno di tutto il popolo di Dio,
quindi del rapporto di complementarità tra sacerdozio battesimale e sa-
cerdozio ministeriale (cfr LG 10b; PG 10). Infatti, dice EC 5, il vescovo
è «contemporaneamente maestro e discepolo»: da una parte, è autenti-
co dottore e maestro, quando insegna in materia di fede e di morale, e

9. Cfr Commissione Teologica Internazionale, «De Synodalitate in vita


ac munere Ecclesiae», 2 marzo 2018, n. 7, in Communicationes 50 (2018) 180-236.
10. Cfr AAS 110 (2018) 1359-1378.
11. Cfr Francesco, «Discorso nella commemorazione del 50° anniversario
dell’istituzione del Sinodo dei vescovi», 17 ottobre 2015, in AAS 17 (2015) 1141 s.
12. Cfr Commissione Teologica Internazionale, «De Synodalitate…»,
cit., n. 6.
13. Cfr A. Spadaro - C. Galli, «La sinodalità nella vita e nella missione della
Chiesa», in Civ. Catt. 2018 IV 60 s.
14. Cfr Commissione Teologica Internazionale, «De Synodalitate…»,
cit., n. 7.
15. La Lumen gentium, dopo aver trattato del mistero della Chiesa nel cap. I,
tratta della Chiesa come popolo di Dio nel cap. II; quindi nel cap. III della costitu-
zione gerarchica della Chiesa, e in particolare dell’episcopato.
VITA DELLA CHIESA

i fedeli devono aderire con religioso ossequio a tale suo magistero au-
tentico; dall’altra, è discepolo, quando, come ogni altro battezzato, «si
pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero Popolo
di Dio, rendendolo “infallibile in credendo”»16. Da ciò deriva che non si
può fare una separazione rigida tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens17.
Nella Chiesa, allora – secondo la visione di papa Francesco –,
«come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della
base», per cui il termine «ministri», che si applica ai pastori, indica che
essi «sono i più piccoli tra tutti». Proprio servendo il popolo di Dio,
ciascun pastore «diviene vicarius Christi», cioè vicario di quel Cristo
che ha lavato i piedi agli apostoli (cfr Gv 13,1-15); nello stesso modo il
successore di Pietro è servus servorum Dei18. Certamente il vescovo è
oggettivamente, «vicario di Cristo», in virtù del sacramento che rice-
48
ve, ma soggettivamente lo diventa sempre di più per la testimonianza
che dà a tutto il popolo di Dio proprio nel servirlo (PG 11; 31; 43).
La visione della «piramide rovesciata» corrisponde alla visione del-
la comunione sinodale tra «tutti», «alcuni» e «uno»19, che suggerisce
un’immagine di Chiesa – e quindi della comunione ecclesiale – a cer-
chi concentrici. A livello universale, «tutti» sono i battezzati, «alcuni»
sono i vescovi, «uno» è il Romano Pontefice, considerato personal-
mente e anche con il Collegio dei vescovi nella sua unità.
Da questa visione concentrica scaturisce la considerazione che
«ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il
grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizza-
zione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazio-
ne portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele
fosse solamente recettivo delle loro azioni»20. Ciò riconduce a quanto

16. Cfr LG 12a; Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 24


novembre 2013, n. 119, in AAS 105 (2013) 1019-1137; Id., «Discorso per la conclu-
sione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei vescovi», 18 ottobre
2014, in Oss. Rom., 20-21 ottobre 2014, 5.
17. Cfr Id., «Discorso nella commemorazione del 50° anniversario dell’istitu-
zione del Sinodo dei vescovi», cit., 1140.
18. Cfr ivi, 1142.
19. Cfr Commissione Teologica Internazionale, «De Synodalitate…»,
cit., n. 64.
20. Cfr Francesco, «Discorso nella commemorazione del 50° anniversario
dell’istituzione del Sinodo dei vescovi», cit., 1140.
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

abbiamo già detto riguardo al sensus fidei e al fatto che il popolo di


Dio è «infallibile “in credendo”».
Questa visione della Chiesa esprime proprio l’idea di sinodalità – di-
mensione costitutiva della Chiesa – come il camminare insieme di tutto
il popolo di Dio nelle sue svariate componenti, nell’ascolto della parola
di Dio animata dallo Spirito, che accompagna nel discernimento di ciò
che Cristo vuole in un determinato momento storico (EC 5; 7; 8)21.
Questa visione è resa operativa proprio nelle diverse forme di
partecipazione nell’organizzazione e nell’azione della Curia roma-
na, perché fa sì che in qualche modo tutto il popolo di Dio possa
partecipare alle decisioni22.

Struttura della Curia romana 49

Innanzitutto, è da notare che nella PB, sotto il denominatore «di-


casteri» si trovavano la Segreteria di Stato, le Congregazioni, i Tri-
bunali, i Consigli e gli Uffici (PB, art. 2 § 1); invece nella Praedicate
Evangelium troviamo la Segreteria di Stato, i Dicasteri, gli Organismi
e gli Uffici (PE art. 12 § 1). La Segreteria di Stato non è compresa tra
i Dicasteri, e scompare la distinzione tra Congregazioni e Pontifici
consigli, che si trova nella PB, data fondamentalmente dall’esercizio
della potestà di giurisdizione da parte delle prime e non dai secondi,
sebbene il Consiglio per i laici l’esercitasse nell’approvazione degli sta-
tuti delle associazioni, nel commissariamento delle associazioni pub-
bliche, nella dimissione dei moderatori ecc.
Un’altra novità è l’ordine dei dicasteri che, sotto alcuni aspetti,
differisce da quello della PB.
Già abbiamo detto quale ci sembra che sia il significato di aver
posto subito dopo la Segreteria di Stato il Dicastero per l’evangeliz-
zazione, seguito dal Dicastero per la dottrina delle fede, presso cui è
istituita la Pontificia commissione per la tutela dei minori. L’aver po-
sto come terzo il Dicastero per l’esercizio della carità probabilmente

21. Cfr A. Spadaro - C. Galli, «La sinodalità nella vita e nella missione della
Chiesa», cit., 65 s.
22. Per un approfondimento della visione di Chiesa sinodale di papa France-
sco, cfr G. Ghirlanda, «La Costituzione apostolica “Episcopalis communio”: Sino-
do dei Vescovi e sinodalità», in Periodica 108 (209) 621-669.
VITA DELLA CHIESA

vuole richiamare l’attenzione sul fatto che l’annuncio e la retta pro-


fessione di fede devono diventare operativi nella carità. Inoltre, la
centralità dell’evangelizzazione è messa in luce dal fatto che il Dica-
stero per l’evangelizzazione è presieduto direttamente dal Romano
Pontefice, e ciascuna delle due sezioni di cui è composto è retta in
suo nome e per sua autorità da un pro-prefetto (art. 54)23.
Seguono i Dicasteri: per le Chiese orientali; per il culto divino e
la disciplina dei Sacramenti; delle cause dei Santi; per i vescovi; per
il clero; per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita aposto-
lica; per i laici, la famiglia e la vita (in cui convergono le compe-
tenze che erano del Pontificio consiglio per i laici e di quello per la
famiglia e della Pontificia accademia per la vita); per la promozione
dell’unità dei cristiani; per il dialogo interreligioso; per la cultura e
50
l’educazione (in cui si uniscono le competenze del Pontifico con-
siglio per la cultura e quelle della Congregazione per l’educazione
cattolica); per il servizio dello sviluppo umano integrale (che uni-
fica il Pontifico consiglio della giustizia e della pace, «Cor unum»,
quello della pastorale per i migranti e gli itineranti e quello della
pastorale per gli operatori sanitari); per i testi legislativi; e per la
comunicazione. Mentre in PB si avevano 21 tra congregazioni e
dicasteri, ora si hanno 16 dicasteri. Si auspica che l’unificazione in
un unico dicastero delle competenze di più dicasteri porti a una
semplificazione del lavoro.
Sono Organismi di giustizia la Penitenzieria apostolica, il Supremo
tribunale della segnatura apostolica e il Tribunale della Rota romana.
Seguono gli Organismi economici: Consiglio per l’economia; Se-
greteria per l’economia; Amministrazione del patrimonio della Sede
apostolica (Apsa); Ufficio del revisore generale; Commissione di ma-
terie riservate; Comitato per gli investimenti. Mentre in PB gli Orga-
nismi erano 3, ora sono 6.
Gli Uffici sono: la Prefettura della casa pontificia; l’Ufficio delle
celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice; il Camerlengo di Santa

23. Nella costituzione apostolica Sapienti consilio di Pio X, del 29 giugno 1908,
si prevedeva che il Romano Pontefice presiedesse la congregazione del Sant’Uffizio
(I, 1°.1: cfr ASS 41, 1908, 425-490). Ciò venne abolito da Paolo VI con la costitu-
zione apostolica Regimini Ecclesiae Universae del 15 agosto 1967 (cfr AAS 59, 1967,
885-928).
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

romana Chiesa. Mentre in PB gli Uffici erano denominati «Altri Or-


ganismi della Curia Romana» ed erano 2, adesso sono 3, perché tra
essi viene compresa la Camera apostolica.

Alcune questioni particolari. Ruolo dei laici e carattere vicario della Curia

Un aspetto innovativo della costituzione è quello del ruolo dei laici


all’interno della Curia romana. Il n. 5 dei Principi afferma: «Ogni Isti-
tuzione curiale compie la propria missione in virtù della potestà rice-
vuta dal Romano Pontefice in nome del quale opera con potestà vicaria
nell’esercizio del suo munus primaziale. Per tale ragione qualunque fe-
dele può presiedere un Dicastero o un Organismo, attesa la peculiare
competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi».
51
Si ribadisce il «carattere vicario» della Curia, già affermato da
PB 8. In virtù della potestà vicaria ricevuta dal Romano Pontefice,
le istituzioni curiali sono abilitate a intervenire in modo autoritativo
per competenza di materia, o su richiesta dei vescovi o di propria
iniziativa, se fosse necessario.
Da ciò consegue l’altra affermazione, effettivamente innovativa, che
qualunque fedele – quindi, anche un laico o una laica – può presiedere
un dicastero o un organismo della Curia, ma «attesa la peculiare compe-
tenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi»24. Si rende chiaro
che chi è preposto a un dicastero o a un altro organismo della Curia non
ha autorità per il grado gerarchico di cui è investito, ma per la potestà
che riceve dal Romano Pontefice ed esercita a suo nome. Se il prefetto
e il segretario di un dicastero sono vescovi, questo non deve far cadere
nell’equivoco che la loro autorità venga dal grado gerarchico ricevuto,
come se agissero con una potestà propria, e non con la potestà vicaria
conferita loro dal Romano Pontefice. La potestà vicaria per svolgere un
ufficio è la stessa, se viene ricevuta da un vescovo, da un presbitero, da
un consacrato o una consacrata, oppure da un laico o una laica.
Inoltre, in PE art. 15 si afferma che membri delle istituzioni cu-
riali, oltre che cardinali, vescovi, presbiteri e diaconi, possono essere

24. È evidente che vi sono dicasteri che per la loro natura e finalità richiedono
che il prefetto sia un vescovo, e il segretario almeno un presbitero; ve ne sono altri,
invece, per i quali è opportuno che tali cariche siano ricoperte da laici o laiche.
VITA DELLA CHIESA

anche «alcuni membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società


di Vita Apostolica ed alcuni fedeli laici», e non si aggiunge quanto si
trovava nel corrispondente art. 7 della PB, che specificava: «ma fermo
restando che gli affari, i quali richiedono l’esercizio della potestà di
governo, devono essere riservati a coloro che sono insigniti dell’or-
dine sacro». Secondo PE art. 15, anche i laici possono svolgere tali
affari, esercitando la potestà ordinaria vicaria di governo ricevuta dal
Romano Pontefice tramite il conferimento dell’ufficio.
Questo conferma che la potestà di governo nella Chiesa non
viene dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica. Ciò
trova innanzitutto il suo fondamento nel can. 129 § 2 del Codi-
ce di diritto canonico del 1983, che afferma: «Nell’esercizio della
medesima potestà [menzionata nel § 1, cioè quella di governo o di
52
giurisdizione alla quale sono abili i chierici] i fedeli laici possono
cooperare a norma del diritto».
Quanto affermato nella PE è di grande importanza, perché la
questione dell’ammissione dei laici all’esercizio della potestà di gover-
no nella Chiesa ne coinvolge una più ampia: se la potestà di governo
è conferita con il sacramento dell’Ordine, i laici non possono ricevere
alcun ufficio nella Chiesa che comporti l’esercizio di essa. Il Concilio
Vaticano II non ha voluto dirimere la questione nel senso dell’origine
dal sacramento dell’Ordine, avendo cambiato l’unico testo della LG –
l’inizio del n. 28 – che era rimasto formulato in tale senso25.
Durante l’iter di riforma del Codice di diritto canonico la que-
stione è stata di nuovo discussa, e alla Congregazione plenaria del-
la commissione allargata, tenutasi nei giorni 20-29 ottobre 1981,
fu chiesto di sopprimere gli attuali cann. 129 § 2 e 1421 § 226 sulla
base dell’affermazione del Concilio Vaticano II che tutta la potestà
di governo nella Chiesa trae origine dal sacramento dell’Ordine. I
due canoni sono rimasti; quindi la Commissione respinse la richiesta,
perché non risultava che il Concilio avesse affermato tale cosa27.
Giovanni Paolo II, nel n. 43 della PG, facendo riferimento al
can. 381 § 1 CIC 1983 e al can. 178 del Codice dei canoni delle

25. Cfr Acta Synodalia III/I, 225; III/VIII, 96 s.


26. Questo canone prevede un giudice laico in un tribunale di tre giudici.
27. Cfr Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis, Con-
gregatio Plenaria diebus 20-29 actobris 1981 habita, Città del Vaticano 1991, 35-38.
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

Chiese orientali (CCEO), ha affermato esplicitamente che il ve-


scovo «è investito, in virtù dell’ufficio che ha ricevuto, di una po-
testà giuridica oggettiva, destinata ad esprimersi in atti potestativi
mediante i quali attuare il ministero di governo (munus pastorale)
ricevuto nel Sacramento»28.
Il fatto, poi, che il can. 1673 § 3 del «motu proprio» Mitis Iudex di
papa Francesco del 15 agosto 201529 ammetta che su un collegio di
tre giudici due possano essere laici, pur disponendo che il presidente
debba essere un chierico, viene a rafforzare la previsione del can. 1421
§ 2 del CIC, perché non si può mettere in dubbio che i laici, esercitan-
do la potestà di governo giudiziale ricevuta con la missione canonica,
determinano la nullità o meno del matrimonio in causa. La PE dirime
la questione della capacità dei laici di ricevere uffici che comportano
53
l’esercizio della potestà di governo nella Chiesa, purché non richiedano
la ricezione dell’Ordine sacro, e indirettamente affermino che la po-
testà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’Ordine,
ma dalla missione canonica; altrimenti, non sarebbe possibile quanto
previsto nella costituzione apostolica stessa.

Pontificia commissione per la tutela dei minori

La Pontificia commissione per la tutela dei minori è stata istitui­


ta da papa Francesco il 22 marzo 201430, con lo scopo di proporre
al Romano Pontefice le iniziative più opportune per la protezione
dei minori e degli adulti vulnerabili e per promuovere, unitamente
alla Congregazione per la dottrina della fede, la responsabilità delle
Chiese particolari in tale ambito. Secondo l’art. 1 § 1 dello Statuto,
essa era un’istituzione autonoma, collegata con la Santa Sede, avente
personalità giuridica pubblica (cfr can. 116).

28. Cfr AAS 96 (2004) 825-927. Sulla stessa linea sono anche i nn. 8 e 9 della
stessa esortazione e i nn. 12, 64 e 159 del direttorio Apostolorum successores del-
la Congregazione per i vescovi, del 22 febbraio 2004: cfr Enchiridion Vaticanum
22/1567-2159. È da notare che i sostenitori dell’origine dal sacramento dell’Ordine
della potestà di governo lo fanno sulla base dell’identificazione tra munus e potestas,
dovuta alla non corretta interpretazione del n. 21b della costituzione dogmatica LG.
29. Cfr AAS 107 (2015) 958-970.
30. Cfr AAS 107 (2015) 562-563.
VITA DELLA CHIESA

Ora, con l’art. 78 della PE, essa viene istituita presso il Dicastero per
la dottrina della fede (§ 1), con la stessa funzione consultiva e le stesse
finalità che aveva (§ 2). In questo modo la Commissione diventa parte
effettiva della Curia romana, pur conservando una certa autonomia,
perché è presieduta da un suo presidente delegato e da un segretario,
nominati per un periodo di cinque anni dal Romano Pontefice (§ 4),
ha i suoi ufficiali e opera secondo norme proprie (§ 5).
Questa integrazione nella Curia romana mostra un’attenzione par-
ticolare alla questione in oggetto e indica quanto la Chiesa stia operan-
do per prevenire che delitti tanto gravi continuino a essere perpetrati.
Un segno chiaro della maturazione della Chiesa riguardo agli abusi
sessuali è stata la riforma del Libro VI del Codice di diritto canonico
sulle sanzioni, voluta da papa Francesco, in quanto la costituzione apo-
54
stolica Pascite gregem Dei, del 23 maggio 202131, nel can. 1398 confi-
gura il delitto degli abusi sessuali ponendolo sotto il titolo VI, che è sui
«delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo», e non sotto il
titolo V sui «delitti contro obblighi speciali» (il celibato ecclesiastico),
come nel caso del can. 1395 CIC 1983. Inoltre, il can. 1398 considera
soggetti di tale delitto non soltanto i chierici – come il can. 1395 CIC
1983 –, ma anche i membri degli Istituti di vita consacrata e delle So-
cietà di vita apostolica e «qualunque fedele che goda di dignità o com-
pie un ufficio o una funzione nella Chiesa».
La nuova costituzione unifica due funzioni: la Pontificia commis-
sione ha il compito di prevenire tali delitti, mentre la Sezione discipli-
nare del dicastero quello di condurre l’azione penale contro di essi.

Organismi economici

Si tratta di organismi che sono stati tutti istituiti da papa France-


sco , eccetto l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica,
32

31. Cfr Oss. Rom., 1° giugno 2021, 2 s.


32. Cfr Francesco, «Motu proprio» Fidelis dispensator et prudens, 24 febbraio
2014, in AAS 106 (2014) 164 s; Id., «Motu proprio» Confermando una tradizione, 8
luglio 2014; Id., «Motu proprio» I beni temporali, 4 luglio 2016, in AAS 108 (2016)
962-965. Gli statuti del Consiglio per l’economia, della Segreteria per l’economia
e dell’Ufficio del revisore generale sono stati approvati da papa Francesco rispetti-
vamente con il «motu proprio» Il Consiglio per l’Economia, del 22 febbraio 2015; il
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA «PRAEDICATE EVANGELIUM»

che però è stata rinnovata da lui33. Essi sono strettamente connessi tra
loro sulla base del criterio della netta distinzione tra le competenze
amministrative e finanziarie e quelle di controllo.
All’Apsa spetta sia l’amministrazione che la gestione finanziaria
dei beni mobili e immobili della Santa Sede e, tramite l’Istituto per le
opere di religione (Ior), degli enti che hanno affidato a quest’ultima
l’amministrazione dei propri beni (art. 219); invece, alla Segreteria
per l’economia, come Segreteria papale, compete, attraverso due aree
funzionali distinte, il controllo e la vigilanza in materia amministra-
tiva e finanziaria su tutte le istituzioni curiali, gli uffici e le istituzioni
collegate con la Santa Sede: quindi, anche sull’Apsa, nonché sull’obolo
di San Pietro e sugli altri fondi papali (artt. 212; 213 § 2). Il Consiglio
per l’economia è organo di vigilanza nello stesso ambito della Segre-
55
teria per l’economia, ma svolge una funzione consultiva, «attenendosi
alle migliori prassi riconosciute a livello internazionale in materia di
pubblica amministrazione, con il fine di una gestione amministra-
tiva e finanziaria etica ed efficiente» (art. 205). Il bilancio preventivo
annuale e quello consuntivo consolidato della Santa Sede sono predi-
sposti dalla Segreteria per l’economia (art. 215.3), ma sono approvati
dal Consiglio per l’economia, che li sottopone al Romano Pontefice
(art. 209 § 1). Inoltre, «la Segreteria per l’economia approva ogni atto
di alienazione, acquisto o di straordinaria amministrazione realizzato
dalle Istituzioni curiali e dagli Uffici e dalle Istituzioni collegate con
la Santa Sede o che fanno riferimento ad essa, la sua approvazione ad
validitatem, in base ai criteri determinati dal Consiglio per l’econo-
mia» (artt. 218 § 1; 208).
Al revisore generale, che agisce in piena autonomia e indipen-
denza (Statuto, art. 2 § 1), compete la revisione del bilancio conso-
lidato della Santa Sede, quindi di tutti i bilanci annuali delle singole
istituzioni e degli uffici curiali, nonché delle istituzioni collegate
con la Santa Sede o che fanno riferimento a essa (artt. 222; 223 § 1).
Inoltre, egli svolge revisioni su «anomalie nell’impiego o nell’attri-
buzione di risorse finanziarie o materiali; irregolarità nella conces-

«motu proprio» La Segreteria per l’Economia, 22 febbraio 2015; e il «motu proprio»


L’Ufficio del Revisore Generale, in Enchiridion Vaticanum 31/153-262.
33. Cfr «motu proprio» Confermando una tradizione, 8 luglio 2014.
VITA DELLA CHIESA

sione di appalti o nello svolgimento di transazioni o alienazioni; atti


di corruzione o frode» (art. 224 § 1).
La Commissione di materie riservate, da una parte, autorizza qual-
siasi atto di natura giuridica, economica o finanziaria che per il mag-
gior bene della Chiesa o delle persone debba essere coperto da segreto
e sottratto anche al controllo e alla vigilanza degli organi competenti;
dall’altra, controlla e vigila sui contratti della Santa Sede che, secondo
la legge, richiedono riservatezza (art. 225). Infine, il Comitato per gli
investimenti è un organo consultivo, a cui «compete di garantire la
natura etica degli investimenti mobiliari della Santa Sede» (art. 227).
Ricordiamo anche che con il «motu proprio» Una migliore organiz-
zazione del 26 dicembre 202034 papa Francesco ha sancito il passaggio
della gestione delle funzioni economiche e finanziarie dalla Segreteria
56
di Stato all’Apsa, affidandone il controllo alla Segreteria per l’economia.

Conclusione

Possiamo concludere con il n. 12, dei Preamboli della costituzione:


«La riforma non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte te-
stimonianza cristiana; per favorire una più efficace evangelizzazione;
per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare
un dialogo più costruttivo con tutti. […] Dovrà perfezionare ancora
di più l’identità della stessa Curia romana, ossia quella di coadiuvare
il Successore di Pietro nell’esercizio del suo supremo Ufficio pastorale
per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particola-
ri. Esercizio col quale si rafforzano l’unità della fede e della comunione
del popolo di Dio e si promuove la missione propria della Chiesa nel
mondo. […] Raggiungere una tale meta […] richiede tempo, deter-
minazione e soprattutto la collaborazione di tutti. […] Dobbiamo in-
nanzitutto affidarci allo Spirito Santo, che è la vera guida della Chiesa,
implorando nella preghiera il dono dell’autentico discernimento»35.

34. Cfr Oss. Rom., 28 dicembre 2020, 11.


35. Questo testo è tratto dal saluto che papa Francesco rivolse ai cardinali riu-
niti per il Concistoro del 12 febbraio 2015: cfr Oss. Rom., 13 febbraio 2015, 8.
MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE
Vescovi e Sindaci del «Mare nostrum» a Firenze

Antonio Spadaro S.I. - Luca Geronico

Alla fine del 2018, in un breve articolo, la nostra rivista scri-


veva di un grande disordine mondiale: «Più che mai il disordi-
ne reclama una solida collocazione internazionale dell’Italia e
un’attiva politica estera, specialmente nel Mediterraneo punto
57
di incontro di Europa, Africa e Asia. Forse occorre evocare un
“nuovo ordine Mediterraneo”»1. Oggi questo è quanto mai vero,
mentre l’Europa rivive, trent’anni dopo la crisi dei Balcani, la
tragedia della guerra al confine dell’Unione Europea.
Una coincidenza imprevedibile ha collocato il doppio forum
dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo, riuniti a Firenze dal
23 al 27 febbraio scorsi, nei giorni in cui ha preso inizio l’offen-
siva di Putin in Ucraina. Una «provocazione» della storia, che ha
reso ancora più drammatica e attuale la riflessione dei 58 vescovi
– provenienti da tre continenti diversi –, riuniti nel convento
domenicano di Santa Maria Novella, e dei 65 sindaci del Medi-
terraneo, riuniti a Palazzo Vecchio.

Vescovi e sindaci

Il convegno di Firenze si è svolto a due anni dal primo incontro


«Mediterraneo frontiera di pace», tenutosi a Bari dal 19 al 23 feb-
braio 20202. Esso ha chiaramente aperto un confronto non soltanto
ecclesiale, ma anche «civico» fra le diverse sponde del Mediterraneo.
L’incontro di Bari fu, infatti, solo tra vescovi del Mediterraneo, e in

1. A. Spadaro, «Tornare a essere popolari. Sette parole per il 2019», in Civ.


Catt. 2019 I 42 s.
2. Cfr P. Bizzeti, «Mediterraneo, frontiera di pace», ivi 2020 II 56-67.

© La Civiltà Cattolica 2022 II 57-66 | 4123 (2/16 aprile 2022)


VITA DELLA CHIESA

seguito la pandemia ha di fatto reso impossibile nel biennio trascorso


gli auspicati incontri e scambi pastorali fra le Chiese del Mare nostrum.
Quest’ultimo confronto fiorentino, anche tra le città del Me-
diterraneo, è nato per intuizione del sindaco di Firenze Dario
Nardella che, su chiara ispirazione lapiriana, ha proposto alla pre-
sidenza della Conferenza episcopale italiana di organizzare una
nuova edizione dei «Colloqui mediterranei», che dal 1958 al 1964
promossero nel capoluogo toscano quattro incontri internazionali
di sindaci. Come noto, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze dal
1951 al 1957, e poi dal 1961 al 1964, aveva già colto in quegli anni
il fondamentale ruolo geopolitico dello «spazio mediterraneo», e
per questo, dopo un incontro nel 1957 con Mohammed V, re del
Marocco, decise di convocare a Firenze – in nome della comune
58
radice culturale e della genesi abramitica dei tre monoteismi –
personalità politiche non ufficiali, e in particolare primi cittadini
del Mediterraneo e del mondo.
Fu quella una sorta di diplomazia informale, capace allora di apri-
re vie di dialogo anche durante crisi internazionali asprissime, come
quella del canale di Suez, e di proseguire – grazie alle relazioni e ai
viaggi compiuti dal «sindaco santo», anche a «Colloqui» ormai con-
clusi – durante le non meno forti tensioni determinatesi a partire dal
1965 con l’escalation della guerra del Vietnam, iniziata 10 anni prima.
All’eredità lapiriana, naturalmente proiettata sul forum dei sin-
daci, si è sovrapposta, per quanto riguarda la riflessione sul forum
ecclesiale, la memoria del Concilio di Firenze, che nel 1439 riunì nel
capoluogo toscano vescovi d’Oriente e d’Occidente, per cercare,
senza effettivamente riuscirci, di ricomporre lo scisma d’Oriente.
Un aspetto, quest’ultimo, sottolineato nella prolusione del cardinale
Gualtiero Bassetti: «Non posso non esprimere la commozione nel
prendere coscienza che dal Concilio di Firenze un numero così co-
spicuo di pastori non si riunisce in questo storico luogo».
Un illustre antecedente storico per un convegno segnato dall’ir-
rompere della crisi ucraina sull’ordine del giorno dei lavori. La cita-
zione di Salvatore Quasimodo, sempre da parte del cardinale Bas-
setti, ha in modo icastico rappresentato la forte emozione giunta
in quei giorni sino a Firenze: «Sei ancora quello della pietra e della
fionda, uomo del mio tempo».
MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE

Un mare di fratture che congiungono

Il Mediterraneo è un mare fatto di fratture che congiungono


mentre dividono, come le giunture. Va da Djerba a Beirut, da Ge-
nova a Barcellona, da Marsiglia al Pireo, includendo quattro «stret-
ti»: quello di Messina, centrale; quello di Gibilterra, a ovest; e poi il
Bosforo, che unisce il Mar Nero al Mare di Marmara e che, con lo
stretto dei Dardanelli, segna il confine meridionale tra il continente
europeo e il continente asiatico. E un canale, quello di Suez, che
unisce e divide Africa e Asia.

IL MEDITERRANEO È UN MARE FATTO DI FRATTURE


CHE CONGIUNGONO MENTRE DIVIDONO, COME LE 59
GIUNTURE.

Il Mediterraneo è un paradosso geopolitico: è una regione mol-


to frammentata e molto interconnessa. Il mare, potremmo dire, si
sta geopoliticamente impossessando di una fetta sempre maggiore
di entroterra, coinvolgendo pienamente il Medio Oriente, il Gol-
fo Persico, i Balcani e quella striscia di terra che dall’Africa occi-
dentale attraversa il Sahel e giunge sino al Golfo di Aden. Le sue
sfide sono enormi: le migrazioni, il terrorismo, la disuguaglianza
economica e climatica, gli equilibri delle influenze, i conflitti ar-
mati, di cui tutti siamo a conoscenza: basti citare Siria e Libia. La
stabilità del Mediterraneo ha un impatto diretto sulla sicurezza
dell’Italia e dell’Europa. Ma questo mare ha assunto anche una
centralità globale: pensiamo anche soltanto alla «Via della seta» e
alle sue implicazioni.
Ma proprio per questo va capito e protetto, perché è una cer-
niera. È un bacino che papa Francesco ha delimitato con i suoi
viaggi in Marocco e in Iraq, confini spaziali di un’area che uni-
sce tre continenti, tre fedi, tre dimensioni quali i monti, le gran-
di pianure e i deserti, riconoscendo in tale cerniera l’unica «for-
za debole perché inclusiva» che può unire ciò che altrimenti si
scontrerebbe o porteremmo a scontrarsi. Il Mediterraneo va di-
feso come cerniera che richiede una sua cittadinanza, quella del
VITA DELLA CHIESA

cammino di Abramo. Essere cittadini del cammino di Abramo


non vuol forse dire esserlo nelle reciproche diversità, nell’incon-
tro di molteplici cittadinanze, unite ma non uniformate? Senza
cerniera tutto si spezza 3.
Durante il viaggio di papa Francesco in Marocco, il re Mo-
hammed VI ha affermato: «Volutamente ci incontriamo qui, tra
Mediterraneo e Atlantico e a poca distanza tra Marocco e Sivi-
glia, perché questo sia un punto di scambio e di comunicazione
spirituale e culturale tra l’Africa e l’Europa»4. Di questo oggi c’è
bisogno nel Mediterraneo: di incontro, scambio e comunicazio-
ne spirituale.
E, se parliamo di «scambio e comunicazione spirituale», è im-
possibile parlare del Mediterraneo senza coinvolgere la riflessio-
60
ne e la spiritualità propria delle tre grandi religioni abramitiche,
come pure tra i cristiani, senza accomunare nella riflessione Roma
e Costantinopoli. La storia, oltre che la geografia, ce lo impedisce:
si deve fare insieme.
Il punto di partenza per la discussione non può che essere
il «Documento sulla fratellanza umana e la convivenza co-
mune», firmato da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar il
4 febbraio 20195. Ad Abu Dhabi il riconoscimento della fra-
tellanza ha cambiato la prospettiva e ha portato direttamente
a riflettere sul significato della «cittadinanza»: tutti siamo fra-
telli, e quindi tutti siamo cittadini con eguali diritti e doveri,
all’ombra dei quali tutti godono della giustizia, hanno scritto
Francesco e al-Tayyeb. La cittadinanza comune, criterio fon-
dante del vivere insieme, indica – in particolare ai Paesi del
Mediterraneo orientale – una via per uscire dalle secche delle
contrapposte visioni.

3. Cfr R. Cristiano, Figli dello stesso mare. Francesco e la nuova alleanza per
il Mediterraneo, Roma, Castelvecchi, 2022.
4. A. Spadaro, «La Chiesa si fa colloquio. Il viaggio apostolico di papa Fran-
cesco in Marocco», in Civ. Catt. 2019 II 159 s.
5. Cfr «“Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”
(Abu Dhabi, 4 febbraio 2019)», ivi 2019 I 391-399. La nostra rivista ha pubblicato
vari approfondimenti di questo documento.
MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE

Una cittadinanza mediterranea

La cittadinanza, seguendo le indicazioni del «Documento sulla


fratellanza umana» di Abu Dhabi, è stato uno dei temi al centro del
dibattito sia dei vescovi sia dei sindaci, anche se ovviamente declinato
con sensibilità diverse. In particolare, per i vescovi delle sponde meri-
dionali del Mediterraneo essa può essere letta come un reale antidoto
alla marginalizzazione e alla persecuzione, persino violenta. Ma nelle
società mediorientali e in contesti culturali a forte maggioranza isla-
mica essa va in gran parte ancora contrattata in termini giuridici e
definita nella prassi sociale ancor prima che in riforme politiche, che
in alcuni Paesi sono solo avviate.
Per questo le cinque giornate di Firenze – seguendo la poetica
suggestione lapiriana di Firenze quale «nuova Gerusalemme sul mon- 61
te» – sono state come un primo passo significativo per avviare un
dibattito su una cittadinanza mediterranea ancora tutta da costruire,
come pure di una possibile nuova coscienza ecclesiale legata al bacino
del Mediterraneo. Un obiettivo culturale, ancor prima che giuridi-
co, che la Chiesa italiana ha voluto inserire nel quadro di quel nuovo
umanesimo cristiano che lo stesso papa Bergoglio ha voluto indicare,
nella sua visita a Firenze il 10 novembre 2015 – nel corso del quinto
convegno della Chiesa italiana –, durante il discorso ai rappresentanti
della Chiesa italiana nella cattedrale di Santa Maria in Fiore6.
Ora quelle tre parole chiave indicate da Bergoglio – umiltà, disin-
teresse, beatitudine – devono caratterizzare la presenza delle comunità
cristiane in tutto il bacino. «Umiltà», ossia – citando l’intervento di
papa Francesco a Firenze nel 2015 – evitare «l’ossessione di preservare
la propria gloria, la propria dignità, la propria influenza». «Disinteres-
se», ossia un’umanità «sempre in uscita», che evita di «rinchiudersi nelle
strutture che ci danno una falsa protezione». «Beatitudine», che è una
«scommessa laboriosa fatta di rinunce, ascolto e apprendimento, e i cui
frutti si raccolgono nel tempo regalandoci una pace incomparabile».
Sul versante civile, il confronto delle delegazioni dei sindaci del
Mediterraneo si è concentrato su migrazioni, ambiente, sicurez-
za sanitaria e cultura, che sono «le quattro gambe del tavolo della

6. Il discorso si può leggere in www.firenze2015.it/ecce-homo


VITA DELLA CHIESA

pace», come ha spiegato il sindaco Dario Nardella, coordinatore del


forum dei sindaci. Evidentemente, data la complessità dei problemi
e la vastità ed eterogeneità dell’area interessata, si è trattato di un
«calcio d’inizio» per un confronto che richiederà, per raggiungere
risultati apprezzabili, tempo e risorse non indifferenti.
Tuttavia, il duplice forum di Firenze ha suggerito un metodo
di lavoro e obiettivi capaci di riunire per una volta le tre sponde del
«lago di Tiberiade» – altra espressione tipica di La Pira – attorno a
un progetto comune, riuscendo a parlare del Mediterraneo senza
dover rincorrere la cronaca della crisi migratoria o della crisi libica,
libanese, siriana come unica chiave di lettura di tutto il bacino.

62
La «Carta di Firenze»

La Carta di Firenze – il documento conclusivo del convegno,


piuttosto schematico nella sua formulazione – auspica che sindaci
e vescovi possano proseguire regolari consultazioni, promuovere
percorsi educativi, rafforzare legami di fraternità e libertà religiosa,
oltre che favorire un’effettiva cooperazione a tutti i livelli.
Ma soprattutto, al di là di importanti e apprezzabili dichiara-
zioni d’intenti, la Carta di Firenze è testimone di uno sforzo signi-
ficativo e in gran parte inedito nel cercare di definire in termini
positivi il ruolo del Mare nostrum come «frontiera» del mondo euro-
nordafricano-mediorientale: uno spazio geografico, ma anche un
incrocio di civiltà – come diceva Fernand Braudel – accatastate le
une sulle altre, e per questa ragione luogo rivelatore, epifenomeno,
termometro della salute delle relazioni religiose, sociali ed econo-
miche di questo spicchio di mondo. Lo scandalo e la tragedia delle
migrazioni e la trasformazione del Mare nostrum nel più grande
cimitero d’Europa sono la cifra di un fallimento di un modello di
sviluppo economico e di un modello culturale.
Il Mediterraneo, frontiera di pace e «lago di Tiberiade» dei figli
di Abramo, può essere però anche «l’archetipo, il modello di mondo
globale dove vivere in unità, integrando nella fraternità persone di
origini e identità diverse», ha dichiarato il cardinale Cristóbal Lopez
Romero, arcivescovo di Rabat (Marocco), intervenendo alla sessione
conclusiva del forum dei vescovi e dei sindaci a Palazzo Vecchio.
MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE

«Oggi usciamo con l’impegno di fare una Chiesa più cattolica e


quindi universale grazie anche ai rapporti di fratellanza nati tra noi
in questi giorni», ha aggiunto il cardinale, che invoca «una Chiesa
incarnata, preoccupata per i cittadini e dei più poveri. Una Chiesa
non racchiusa in una bolla, non autoreferenziale, impegnata a co-
struire un nuovo cielo e una nuova terra. Una Chiesa profetica che
vuole il Mediterraneo come spazio di dialogo e di pace. Una Chiesa
costruttrice di ponti, artefice di dialogo fra le tre fedi abramitiche,
tra credenti e non credenti a servizio della fraternità universale».
Se ancora manca una lettura storico-politica capace di abbrac-
ciare idealmente tutte le sponde del Mediterraneo, compresa quella
mediorientale e quella balcanica, a maggior ragione un «cantiere
mediterraneo» per arrivare a definire l’identità del «lago di Tiberia-
63
de» della fratellanza umana in nome di Abramo può essere una sfi-
da, sia civile sia religiosa, che potrebbe offrire una solida base su cui
far poggiare progetti di dialogo e di partenariato politico eurome-
diterranei. Il tutto dando pari dignità ai cittadini, come, in prospet-
tiva teologica, ai credenti delle diverse sponde del Mediterraneo, in
base a un principio di reciprocità, e avviando un’inedita stagione di
dialogo interreligioso, da non confinare solo ai pur imprescindibili
incontri dei leader religiosi e ai convegni teologici degli specialisti.
La riscoperta della comune discendenza da Abramo – la con-
vivialità tutta da costruire fra le tre fedi monoteistiche, tanto cara
a La Pira e indicata come chiave del dialogo interreligioso dallo
storico viaggio di papa Francesco in Iraq all’inizio di marzo 20217
–, potrebbe essere il fondamento di un nuovo umanesimo medi-
terraneo nell’era della globalizzazione, capace di dare un’anima al
progetto di partenariato euromediterraneo, avviato nel 1995 con
il processo di Barcellona8.
Nell’aprile del 2019 La Civiltà Cattolica aveva organizzato un
seminario con 22 esperti di ogni Paese che si affaccia sul Me-
diterraneo. Frutto di quell’incontro, avvenuto a porte chiuse, è
stato un volume dal titolo Essere mediterranei. Fratelli e cittadini

7. Cfr L. Geronico, Ritorno ad Abramo. In viaggio con Francesco alle radici


della fratellanza, Roma, Castelvecchi, 2021; A. Spadaro, «La fraternità è più forte
del fratricidio. Il viaggio di papa Francesco in Iraq», in Civ. Catt. 2021 I 568-585.
8. Cfr J. Joblin, «Verso un umanesimo mediterraneo», ivi 2002 II 158-164.
VITA DELLA CHIESA

del «Mare Nostro»9, presentato nella sede della nostra rivista dal
cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e dall’allora presidente
del Consiglio Giuseppe Conte. In quel contesto, il cardinale aveva
affermato tra l’altro che, se la prospettiva «è quella di Caino», il
Mediterraneo «non può che trasformarsi in un grande cimitero».
Per spezzare questa logica di morte occorre «riconoscersi e custo-
dirsi gli uni e gli alti come fratelli»10.
È un «cammino di fratellanza», che Francesco aveva evocato sin
dal suo primo saluto del 13 marzo 2013 e poi riconsegnato alla «Di-
chiarazione sulla fratellanza umana» di Abu Dhabi. Quel documen-
to, ha affermato il cardinale Parolin, è stato «l’importante approdo»
di un cammino avviato dalla dichiarazione conciliare Nostra aetate.
La cittadinanza, la «piena cittadinanza», ne è il caposaldo politico:
64
un diritto per i cristiani del Medio Oriente, che non devono «essere
trattati come cittadini o credenti inferiori».

Possibili sviluppi

Si potrebbero aprire così, dopo Firenze, nuovi itinerari medi-


terranei da esplorare: la possibilità – istituendo una qualche forma
di coordinamento – di rendere il forum dei vescovi e dei sindaci
itinerante a scadenza biennale nelle diverse Chiese che lo vorranno
ospitare; l’istituzione di un «Erasmus» del Mediterraneo, con l’in-
dividuazione di una ventina di università pilota, in modo da crea-
re una generazione mediterranea; infine, l’idea di un Sinodo per il
Mediterraneo, già suggerito qualche tempo fa dall’arcivescovo di
Marsiglia, Jean Marc Aveline.
Possibili sviluppi, che andrebbero ad ampliare l’«opera segno»
voluta dalla Conferenza episcopale italiana, che promuoverà pro-
getti di riconciliazione, selezionando 12 giovani provenienti dalle
aree di conflitto del Mediterraneo (Algeria, Bosnia-Erzegovina,
Libano, Palestina e Siria), i quali, risiedendo per un anno nello stu-
dentato internazionale di «Rondine Cittadella della Pace» – un’or-

9. A. Spadaro (ed.), Essere mediterranei. Fratelli e cittadini del «Mare Nostro»,


Milano, Ancora, 2020.
10. P. Parolin, «Essere mediterranei. Fratelli e cittadini del “Mare Nostro”»,
in Civ. Catt. 2020 I 368-380.
MEDITERRANEO, FRONTIERA DI PACE

ganizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati


nel mondo –, frequenteranno un master all’università di Siena per
diventare «giovani leader di pace», capaci poi di avviare, una volta
tornati nei Paesi di origine, iniziative educative, di dialogo tra le
fedi e le culture, di aiuto ai più fragili.
Una profezia, quella di La Pira, che dopo il forum di Firen-
ze chiede, per continuare e incarnarsi, di essere messa a confronto
con la nostra storia presente. Come stella polare restano le parole
che egli scrisse nell’aprile del 1977, pochi mesi prima di morire:
«Costruire la tenda della pace è anche il destino del Mediterraneo.
Questi popoli, anche se pieni di lacerazioni e di contrasti, hanno
[…] un fondo storico comune, un destino spirituale e culturale ed
in qualche modo anche politico comune. La loro “unità” è essenzia-
65
le ed è quasi una premessa per l’unità dell’intera famiglia dei popoli».

Tre passaggi da sviluppare

Da Firenze ora occorre ripartire con uno slancio ancora mag-


giore, riprendendo forza dal Documento firmato ad Abu Dhabi.
Segnaliamo, in particolare, tre passaggi di quel testo suscettibili di
un ulteriore, coraggioso approfondimento: «La libertà è un diritto
di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero,
di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di
colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà di-
vina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza
divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla li-
bertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere
la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come
pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano».
Riportiamo anche il passaggio della Carta di Firenze nel quale
si afferma «la necessità di sviluppare maggiori opportunità di dia-
logo e di incontro costruttivo tra le diverse tradizioni culturali e
religiose presenti nelle nostre comunità, al fine di rafforzare i le-
gami di fraternità che esistono nella nostra regione», e si auspica il
«rafforzamento delle relazioni interculturali e interreligiose, al fine
di raggiungere un livello più elevato di comprensione reciproca tra
individui di diversa origine, lingua, cultura e credo religioso».
VITA DELLA CHIESA

Altro punto chiave riguarda il fenomeno migratorio, da tratta-


re con estrema schiettezza, denunciando profeticamente le atrocità,
come pure le scelte errate. La Carta di Firenze sostiene che «le po-
litiche migratorie nel Mediterraneo e alle frontiere devono sempre
rispettare i diritti umani fondamentali», lì dove il Documento sul-
la fratellanza umana aveva uno slancio da recuperare, parlando «in
nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle
loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle
persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella
paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del
mondo, senza distinzione alcuna. In nome dei popoli che hanno
perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vitti-
me delle distruzioni, delle rovine e delle guerre».
66
Il forum ha gettato semi che ora, esercitando in tempi tanto
faticosi come questi la virtù teologale della speranza – quanto mai
cara a Giorgio La Pira –, devono trovare terreno buono in cui ger-
mogliare e acque propizie in cui sperimentare nuove rotte della fra-
tellanza umana, secondo l’insegnamento dell’enciclica Fratelli tutti.
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI
HERMANN RORSCHACH

Giovanni Cucci S.I.

Il Rorschach è uno strumento con cui ogni psicologo clinico


e psichiatra è chiamato a fare i conti, in sede diagnostica o di stu-
dio; uno strumento strutturalmente informe, che insieme affascina
e incuriosisce chiunque s’imbatta in quella strana serie di macchie,
67
a metà strada tra l’arte contemporanea e l’esperimento scientifico.
Da qui la domanda sul senso di queste tavole, sulla loro storia e
soprattutto sulle motivazioni che hanno portato il suo inventore
a conferire loro l’attuale assetto, insieme alla domanda, altrettanto
rilevante, circa il loro reale statuto epistemologico nell’ambito della
psicologia clinica, della psichiatria e della psicanalisi.

La vita e il percorso di studi

Hermann Rorschach nacque a Zurigo l’8 novembre 1884. Il pa-


dre era pittore e trasmise al figlio la passione per le raffigurazioni
e l’arte, interessi che influirono non poco sulla futura elaborazione
delle tavole. Non si hanno invece informazioni sulla madre. L’ado-
lescenza di Hermann fu segnata, a 12 anni, dalla morte della madre
e, a 18 anni, da quella del padre. Egli riuscì a studiare grazie a sov-
venzioni bancarie del paese, dove il padre era conosciuto e stimato.
Un dato curioso è che al liceo venne soprannominato Klex (mac-
chia), forse per la sua abilità a disegnare con l’inchiostro. In seguito
frequentò corsi di geologia e botanica all’Accademia di Neuchâtel,
per poi iscriversi alla facoltà di medicina a Zurigo, laureandosi nel
1911 in psichiatria con una tesi sulle allucinazioni riflesse. All’uni-
versità conobbe la futura moglie, Olga Stempelin, russa, che aveva 6

© La Civiltà Cattolica 2022 II 67-78 | 4123 (2/16 aprile 2022)


PROFILO

anni più di lui; si sposarono nel 1910 ed ebbero due figli: Elisabeth,
nel 1917, e Wadin nel 1919.
Zurigo era considerata a quel tempo la capitale svizzera della
psichiatria. Rorschach fece il suo praticantato nella celebre clinica
Burghölzli, dove entrò in contatto con importanti esponenti della
disciplina e della nuova corrente della psicologia, la psicanalisi: in
particolare Ludwig Biswanger, Carl Gustav Jung ed Eugen Bleuler,
che fu anche il suo direttore di tesi ed ebbe un influsso profondo sui
suoi interessi professionali.

Verso un nuovo corso della psichiatria

Le ricerche di Bleuler vertevano soprattutto sulla eziologia della


68
malattia mentale, in particolare la dementia praecox. Chi era affetto da
questa malattia precipitava in una sorta di gabbia allucinatoria. Erano
state formulate diverse ipotesi sull’origine e le caratteristiche di questa
patologia, soprattutto a livello psicanalitico. Per Freud essa era il risul-
tato del tentativo disperato del paziente di accedere alla realtà: questo
sforzo straziante lo portava a essere sommerso dall’ansia e a precipitare
in uno stato catatonico. Anche Jung, solitamente in opposizione al
maestro, sembrava pensarla allo stesso modo. Secondo questa linea di
lettura si trattava di una misteriosa resa dell’Io, fino al collasso totale
della personalità, che escludeva qualunque possibilità di cura1.
Bleuler invece notò che i pazienti affetti da questa malattia non
erano da considerarsi «dementi»: essi manifestavano piuttosto una
grave carenza cognitiva, alla quale si accompagnava una spiccata
sensibilità intuitiva e artistica che, se valorizzata, poteva comportare
una prognosi favorevole. Questo differente spettro comportamen-
tale vanificava l’idea di una rigida separazione tra squilibrio mentale
e normalità: non si trattava infatti di un’irreversibile degenerazione
biologica (come riteneva gran parte della psichiatria e psicanalisi del
tempo), ma di un’ambivalenza che apriva alla speranza di un mi-

1. Cfr S. Freud, «Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (de-


mentia paranoides) descritto autobiograficamente (Caso clinico del presidente Sch-
reber)», in Id., Opere, Torino, Boringhieri, 1974, vol. VI, 401 s; C. G. Jung, «Psico-
genesi della schizofrenia», in Id., Opere, ivi, 1971, vol. III, 250.
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH

glioramento. Per questi motivi Bleuler decise di eliminare nelle sue


diagnosi il termine dementia praecox (coniato da Emil Kraepelin)
per sostituirlo con quello, divenuto celebre, di «schizofrenia», più
rispettoso della loro effettiva situazione2.
Difatti la semplice possibilità di disegnare o svolgere mansio-
ni pratiche consentiva ai pazienti di stabilire un buon legame con il
personale medico, e incoraggiava il desiderio di prendere iniziative,
ridestandoli dalla catatonia nella quale erano precipitati: «[Bleuer] fu
un pioniere dell’uso del lavoro e di altre “mansioni votate alla real-
tà” – spaccare la legna, prendersi cura di altri pazienti affetti da tifo
– come terapia riabilitativa nei casi cronici che per molto tempo era-
no considerati irrecuperabili, con risultati che parvero poco meno che
miracolosi»3. Da qui l’idea di mettere a punto dei reattivi che mostras-
69
sero aspetti pittorici e artistici capaci di stimolare le abilità dei pazienti
e poter in qualche modo accedere al loro mondo interiore in maniera
molto più efficace del colloquio verbale.

LE FAMOSE «MACCHIE» NASCONO PER STIMOLARE


L’IMMAGINAZIONE DEI PAZIENTI E ACCEDERE
MEGLIO AL LORO MONDO INTERIORE.

A partire dal 1915, quando divenne direttore della clinica di


Herisau, Rorschach, sulla scorta delle ricerche di Bleuler, scelse di
seguire l’approccio relazionale e artistico alla malattia mentale.

Le clecsografie

Un altro aspetto che influì sulla messa a punto delle macchie a


livello diagnostico sono le clecsografie, i disegni che si ottengono

2. Cfr E. Bleuler, Dementia praecox o il gruppo delle schizofrenie, Roma, Nis,


1985. Il pesante e ingiusto giudizio negativo di Jung sul lavoro di Bleuler lo condan-
nò alla pratica dimenticanza nella storia della psichiatria: cfr C. G. Jung, «Critica a
Bleuler. Teoria del negativismo schizofrenico», in Id., Opere, Torino, Boringhieri,
1971, vol. III, 201-208. Cfr D. Bair, Jung. A Biography, Boston, Little Brown &
Company, 2003, 98.
3. D. Searls, Macchie di inchiostro. Storia di Hermann Rorschach e del suo test,
Milano, il Saggiatore, 2018, 64.
PROFILO

facendo cadere una macchia d’inchiostro su un foglio e ripiegan-


dolo diverse volte, ottenendo figure bizzarre. Il termine viene da
un’opera scritta da un medico e poeta tedesco, Justinus Kerner
(1786-1862), Klecksographie, che ne diffuse la pratica. Kerner era
anche interessato alla parapsicologia e allo spiritismo: la sua opera
più famosa, La veggente di Prevorst – descrizione del caso clinico
di una sensitiva che asseriva di comunicare con gli spiriti –, in-
fluenzò profondamente Jung4. Kerner aveva ricavato disegni tratti
da macchie di inchiostro come illustrazioni che accompagnavano
poesie e racconti macabri; durante la preparazione aveva notato
che, pur piegate in modo casuale, le macchie davano origine a
forme bizzarre che potevano rassomigliare a incroci di animali,
esseri umani e cose. Notò anche che quando si piegava il foglio al
70
centro della macchia, esso dava origine a due figure simmetriche.
Ben presto la clecsografia divenne una moda e un gioco molto
diffuso tra i bambini, che imbrattavano di inchiostro banchi e
vestiti, con grande sconforto di insegnanti e genitori5.
Da facezia, le macchie cominciarono a essere utilizzate anche in
sede diagnostica. Kerner stesso si era accorto che alcuni pazienti, di
fronte a esse, riuscivano a parlare di sé in una maniera molto più ricca
e vivace rispetto ai metodi tradizionali. Fu uno psichiatra francese,
Alfred Binet, a utilizzarle per la prima volta alla fine dell’800: egli
sottopose alcune macchie a persone di età e cultura differente, e in
base al numero delle risposte verificava la loro capacità immagina-
tiva. Ben presto tale approccio fu usato da diversi psicologi non solo
per misurare l’immaginazione, ma come più generale studio della
personalità6. Tra questi va ricordato in particolare George Van Ness
Dearborn (1869-1938), uno psicologo statunitense che insegnava a
Boston. Egli mise a punto un test basato sulle macchie d’inchiostro
(Inkblot Test) per valutare lo stile di personalità e le possibili proble-
matiche cognitive sulla base di precisi criteri: la varietà e il tempo

4. Cfr R. Gramantier, «Carl Gustav Jung e La Veggente di Prevorst», in


Studi Junghiani, n. 50, 2019, 37-53.
5. Cfr L. Maresca, Storia del Rorschach. I contributi scientifici che hanno dato
forma ai diversi metodi, Roma, LAS, 2010, 13 s.
6. Cfr E. Cicciola, «Alfred Binet e il suo contesto. La nascita del primo test
d’intelligenza», in Giornale di storia contemporanea 12 (2009/1) 86-90.
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH

di risposta, la capacità di dare una forma verosimile e di descrivere


in dettaglio ciò che si è visto. Le tavole assomigliavano molto, nella
modalità di preparazione, a quanto approntato da Kerner.
Da questa pur sommaria presentazione si può capire come Ror-
schach non inventò propriamente il test delle macchie e nemmeno
fu il primo a utilizzarlo in sede diagnostica. Egli piuttosto riprese
ricerche e applicazioni nell’alveo di una lunga scia di colleghi, riela-
borandole fino a darvi un assetto compiuto.

Il contributo di Rorschach

A differenza della maggior parte dei suoi colleghi, Rorschach


non intendeva misurare la capacità immaginativa dei pazienti: le
71
macchie, proprio perché informi, erano per lui uno strumento par-
ticolarmente adeguato per valutare il loro approccio percettivo, la
maniera cioè con la quale essi tendevano a plasmare e a conferire
identità a ciò che si presentava come informe.
Sensibile al lato artistico delle cose e al valore della relazione
personale, anch’egli aveva notato come i pazienti catatonici e au-
tistici fossero motivati più dalle raffigurazioni che dai discorsi. Un
episodio occorso nel reparto può risultare esemplare al riguardo.
Avendo saputo che un paziente, prima di essere ricoverato, dise-
gnava con passione, Rorschach decise di lasciare sul suo letto matite
colorate, carta e una foglia con un piccolo insetto vivo, fissato con
un nastro adesivo. Il paziente, che fino a quel momento giaceva im-
mobile, non solo realizzò uno splendido disegno a colori, ma chiese
di fare pratica di pittura e in breve tempo fu dimesso dall’ospeda-
le. Anche la frequentazione dei surrealisti contribuì a convincere
Rorschach del potere delle immagini come importante chiave di
accesso introspettiva7.
Incoraggiato da questi riscontri, e appassionato lui stesso di di-
segno, decise perciò di sottoporre una serie di macchie di inchiostro
a categorie diverse di pazienti, affetti da deficienze organiche (come
il morbo di Alzheimer), da psicosi di tipo funzionale-adattativo (la
schizofrenia) e a un gruppo di controllo, formato cioè da persone

7. Cfr D. Searls, Macchie di inchiostro…, cit., 140 s.


PROFILO

che non presentavano anomalie. Tra i volontari vi furono anche


centinaia di bambini e adolescenti.
Rorschach notò la notevole differenza nelle risposte date dai
vari gruppi, legata per lo più all’età e allo stato di salute menta-
le: una differenza riscontrabile nei contenuti delle risposte, nella
modalità di associazione e nella possibile «storia» che si dipanava
attraverso la somministrazione delle tavole, riconoscendo un pos-
sibile legame tra le affermazioni, la capacità percettiva e la più
generale situazione psicodinamica, in particolare la ricchezza o la
povertà interiore del soggetto. Comprese soprattutto che l’imma-
ginazione risultava tanto più stimolata quanto più la forma delle
macchie si presentava vaga e incerta: dato che le tavole potevano
raffigurare qualunque cosa, esse davano luogo a una sorta di libera
72
associazione, che mostrava le caratteristiche peculiari della per-
sonalità. Conoscendo la sospettosità dei paranoidi, egli decise di
escludere ogni possibile riferimento che facesse pensare a un test
di valutazione. Eliminò soprattutto parole, nomi e numeri, perché
avrebbero distolto l’attenzione dalle figure. Alla fine le tavole si
ponevano al limite tra finzione e realtà, ma proprio questa strana
mistura finì per conferire loro un misterioso fascino. Il tutto do-
veva essere presentato come una sorta di gioco, vincendo possibili
resistenze e favorendo la partecipazione.
Altri dettagli importanti, suggeriti dalle risposte, furono di dare
uno sfondo bianco alle raffigurazioni, lasciando all’osservatore il
compito di integrarle, e di introdurre il colore, un espediente mai
usato prima, fortemente legato alle emozioni: il rosso colpisce l’at-
tenzione e può mostrare il rapporto con l’aggressività, il blu e il
verde favoriscono invece la presa di distanza. Le persone più stabili
non davano mai risposte di colore puro, ma tendevano a integrarlo
con la forma della macchia.
Infine decise che tutte le tavole fossero simmetriche, a differen-
za delle macchie di Binet, di Whipple e di Rybakov che avevano
utilizzato quell’espediente prima di lui8.

8. Come ebbe a notare, «la simmetria delle immagini presenta lo svantaggio


che la gente tenderà a vedere moltissime farfalle e quant’altro, ma i vantaggi sono
molti di più dei punti a sfavore. La simmetria rende la forma più gradevole all’oc-
chio, e il paziente quindi è più propenso a sottoporsi alla prova» (ivi, 165; cfr 164).
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH

Come detto, Rorschach non considerò il suo lavoro come una mi-
surazione dell’immaginazione, ma piuttosto dell’approccio percettivo
alla realtà: lasciando la macchia informe, il soggetto ci mette del suo
per plasmarla e rappresentarsela. Per lui era importante capire come le
persone elaboravano quel vago disegno. Di fronte all’obiezione dei
colleghi che in fondo si trattasse solo di macchie, egli scuoteva il capo
con decisione; dalle ripetute somministrazioni aveva infatti constata-
to che, se la grafica del disegno è ben curata, dice sempre altro rispet-
to a quanto raffigurato: «Persone diverse vedono in modo differente,
e in questa differenza sta l’aspetto più illuminante […]. Rorschach
capì che nessuno guardava una macchia e cercava di vedervi qualcosa
che non c’era; tutti provavano a “trovare la risposta che più si avvici-
nasse alla realtà dell’immagine”»9. Perciò, quando porgeva le tavole,
73
non chiedeva mai alle persone cosa potessero immaginare, ma cosa
potessero essere; un’avvertenza che è poi stata fatta propria da tutti i
manuali per la somministrazione del reattivo.
Un altro fatto che confermò Rorschach nella sua intuizione di
prediligere l’approccio percettivo fu il legame tra l’accuratezza della
descrizione e le abilità intellettive presenti e, d’altra parte, tra la len-
tezza e difficoltà nelle risposte e i conflitti interiori. Le tavole pote-
vano in tal modo suggerire anche indicazioni interessanti sulla pre-
senza di possibili disturbi mentali: «Un paziente maniaco depressivo
non avrebbe fornito risposte di Movimento o Colore, non avrebbe
individuato forme umane […]. Le persone affette da depressione
schizofrenica, d’altro canto, avrebbero rifiutato di rispondere a più
di una tavola e in qualche occasione avrebbero fornito risposte Co-
lore, molto spesso avrebbero dato risposte di Movimento e avreb-
bero visto una percentuale molto inferiore di figure animali e una
sensibilmente maggiore di forme cattive»10.

La «Psicodiagnostica»

Analizzando in modo sempre più metodico le risposte e la mo-


dalità di interazione, Rorschach cominciò a stendere un manuale

9. Ivi, 170; cfr H. Rorschach, Psicodiagnostica, Roma, Kappa, 1981, 72 s.


10. D. Searls, Macchie d’inchiostro…, cit., 177.
PROFILO

di istruzioni come guida all’interpretazione, da pubblicare su una


rivista specializzata o in un libro. Egli identificò soprattutto cin-
que criteri di riferimento fondamentali per lo scoring: 1) il numero
di risposte (e se qualche tavola fosse stata rifiutata); 2) il tipo di
risposta, se cioè riguardava l’intera macchia o/e dei dettagli; 3) la
forma indicata, se coerente o meno con la realtà; 4) il colore e il
suo rapporto con gli aspetti della macchia; 5) la possibile menzio-
ne del movimento11.
Questi criteri furono messi in relazione tra loro e codificati in
apposite sigle. Man mano che il reattivo veniva somministrato, la
varietà di sottotipi per la classificazione aumentava sempre più, dan-
do vita a un corposo manuale di istruzioni. Uno dei problemi che
si pose subito erano i criteri con i quali valutare il contenuto delle
74
risposte, se potevano essere classificate come comuni o bizzarre e
come utilizzarlo in sede diagnostica. Un problema che, come ve-
dremo, darà luogo a dibattiti roventi da parte della critica successiva.
Le macchie di Rorschach sono un misto di opera d’arte e approc-
cio psichiatrico; la loro indefinibilità è all’origine del fascino che le
ha rese celebri e che si è ben presto rivelato un potente strumento
di indagine della maniera con la quale la persona si approccia alla
realtà. In esse era soprattutto rilevante la capacità di lasciar emergere
libere associazioni, consentendo un’introspezione che non si sareb-
be potuta avere con una spiegazione logica: «Siccome esiste una
naturale disposizione, da parte degli esseri umani, a cercare sem-
pre e comunque (o quasi) un qualche senso, per qualsiasi cosa essi
incontrino: questi stimoli, apparentemente senza significato, ven-
gono resi significativi dalla persona stessa, che ne trae spunto per
ritrovare dei propri significati potenziali, i quali erano già in attesa
di esprimersi, appena ne avessero avuta l’occasione, emergendo dal
profondo della sua stessa anima»12.
Rorschach non considerò mai il reattivo sganciato dall’anam-
nesi del soggetto e dalla sua storia clinica; inoltre, per verificarne
l’attendibilità, ricorse alle cosiddette «diagnosi cieche», una sorta

11. Cfr H. Rorschach, Psicodiagnostica, cit., 23-66.


12. F. Perussia, «Presentazione», in J. Kerner, Kleksographien. Macchie d’in-
chiostro Kerner Dearborn Rorschach e le psicotecniche proiettive, Createspace Indepen-
dent Publishing Platform, vol. 2, 2012, 111.
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH

di gruppo di controllo: incaricava amici e collaboratori di sot-


toporre le tavole a persone di cui si conoscevano la diagnosi e la
situazione sanitaria; in seguito Rorschach, leggendo i protocolli
siglati, forniva una sua diagnosi, che veniva confrontata con i dati
a disposizione. In tal modo le macchie ebbero nel giro di 3-4 anni
centinaia di validazioni.
Il numero finale delle tavole ha una ragione prettamente econo-
mica. Dopo aver cercato inutilmente per due anni di pubblicare il
suo manuale corredato di tavole, Rorschach riuscì finalmente a tro-
vare un editore, Ernst Bircher, grazie alla mediazione di un collega,
Walter Morgenthaler, che pubblicava con la Bircher le sue opere.
Bircher però pose come condizione inderogabile di limitare a 10 il
numero delle tavole, considerati i costi rilevanti, soprattutto delle
75
tavole a colori, e i tempi di produzione di allora13. Rorschach alla
fine, a malincuore, dovette adattarsi.
Purtroppo i suoi diari e appunti personali non consentono
di stabilire per quale motivo egli scelse proprio quelle 10 tavole,
scartandone altre. È presumibile che si sia riferito all’esperienza
personale e alla peculiarità di alcune risposte nei confronti di
una precisa tavola.
Il libro, sempre su suggerimento di Morgenthaler, ebbe come
titolo Psicodiagnostica, una parola che compariva per la prima vol-
ta in un trattato scientifico; con essa si intendeva l’organizzazione
generale di significato della personalità, la possibile presenza di pa-
tologie e una eventuale prognosi. L’opera venne pubblicata nel giu-
gno 1921, ed era divisa in due parti: il libro e il raccoglitore con le
tavole. Furono queste ultime a dare popolarità a Rorschach, mentre
il libro venne ben presto sostituito da una nutrita serie di manuali,
volti a perfezionare la modalità di somministrazione delle tavole e
l’interpretazione del protocollo.
La Psicodiagnostica fu, di fatto, anche il testamento intellettuale
di Rorschach: egli morì 10 mesi più tardi, il 2 aprile 1922, per una

13. «Due mesi dopo Bircher disse che nel libro di Rorschach vi erano così tante
“F” maiuscole da aver esaurito i caratteri a disposizione (la “F” è poco comune in
tedesco). La prima sezione del libro di Rorschach sarebbe stata stampata per ultima
per quest’unica ragione: liberare i caratteri tipografici» (D. Searls, Macchie di in-
chiostro…, cit., 202).
PROFILO

peritonite non rilevata. Aveva 37 anni. Prima di morire, chiese alla


moglie: «Che genere di persona sono stato? Sai, quando sei occupa-
to a vivere la vita non pensi molto all’anima, a te stesso. Ma quando
muori è solo questo che vuoi sapere»14.

Il lento successo delle macchie e i problemi irrisolti

Il libro e le relative tavole ebbero una fredda accoglienza da par-


te del mondo psichiatrico tedesco, che vedeva con scetticismo la
possibilità di accedere alla personalità e ai suoi disturbi mediante la
somministrazione di macchie informi. Oltretutto la versione stam-
pata delle tavole era pessima: «Nelle macchie originali l’inchiostro
era distribuito in modo uniforme, mentre in quelle di stampa risul-
76
tò non compatto: le macchie nere uscirono sfumate in tonalità di
grigio, più chiaro e più scuro, e quelle colorate con delle sfumature
di intensità diverse. Quindi, non erano più utilizzabili, dato che
gli indici calcolati si riferivano a stimoli diversi»15. L’anno seguente
l’editore fallì, contribuendo ulteriormente all’oblio delle 1.200 copie
presenti nel magazzino.
Il libro viene ripubblicato nel 1932, sempre grazie a Morgen-
thaler, da un altro editore; ne esce un’edizione molto più curata e
conforme alle modifiche che Rorschach ha attuato per ovviare alle
numerose imprecisioni rilevate. Sei anni dopo la Psicodiagnostica fa
la sua comparsa negli Usa, dove viene sempre più utilizzata a livel-
lo psicoanalitico e psichiatrico, diffondendosi in maniera lenta ma
inarrestabile in tutto il mondo. Anche in sede interpretativa, si mol-
tiplicano interpreti e proposte di classificazioni delle possibili voci
sempre più accurate16. Il suo successo tuttavia fu dovuto non tanto

14. Lettera di Olga Rorschach-Stempelin a Paul Rorschach [fratello di Her-


mann], 8 aprile 1922.
15. L. Maresca, Storia del Rorschach..., cit., 17. Cfr H. Ellenberger, «The life
and work of Hermann Rorschach (1884–1922)», in Bulletin of the Menninger Clinic
18 (1954/5) 225 s.
16. Tra i molti manuali per la codificazione, ricordiamo soprattutto: S. J. Beck,
Introduction to the Rorschach method: A manual of personality study, New York, Ame-
rican Orthopsychiatric Association, 1937; M. Hertz, «Scoring on the Rorschach
Ink-Blot Test», in Journal of Genetic Psychology 52 (1938) 15-64; D. Rapaport - M.
Gill - R. Schafer, Diagnostic psychological testing, Chicago, Year Book, 1946; Z.
IL CENTENARIO DELLA MORTE DI HERMANN RORSCHACH

alla ricerca psichiatrica, ma agli eventi bellici: soprattutto negli Usa


il reattivo venne impiegato su larga scala nelle file dell’esercito: una
modalità utilizzata ben presto in altre parti del mondo. Dall’esercito
fece successivamente la sua comparsa nelle questioni e negli ambiti
più diversi: cause giudiziarie, perizie psichiatriche in caso di violen-
ze e omicidi, contese di carattere legale, cause di affidamento.
Ma la crescente popolarità delle macchie evidenziava un’altret-
tanto rilevante mole di problematiche irrisolte. La morte improvvi-
sa di Rorschach, infatti, impedì una più precisa rielaborazione delle
modalità di somministrazione e soprattutto di interpretazione di
questo strumento, alla cui base mancava soprattutto una teoria: cosa
si voleva effettivamente ottenere con la somministrazione di queste
macchie? Se si voleva determinare la possibile sanità cognitiva della
77
persona, con quali criteri essa doveva essere definita, e come classi-
ficare e interpretare a questo scopo le associazioni dei pazienti? In
base a quale criterio stabilire che una risposta è «deviante» o «con-
fabulatoria»? Oppure le tavole costituivano, come si afferma in sede
psicanalitica, una via di accesso all’inconscio?
Di fronte a questi interrogativi, il tempo successivo mostrò una no-
tevole differenza tra il contesto europeo – che riprese per lo più il Ror-
schach in sede psicanalitica – e quello statunitense, dove invece si accese
un dibattito rovente sullo statuto effettivo di tali macchie: esse possono
essere considerate un test, secondo i criteri di scientificità che lo carat-
terizzano (oggettività, validità, fedeltà, standardizzazione), da inserire
dunque in sede psicometrica e capaci di fornire una misurazione dell’at-
tività psichica? Oppure si tratta di uno strumento, un Rim (Rorschach
Inkblot Method) che fornisce informazioni generali circa la capacità di
associazione, problem solving, fantasia, interessi, simbolizzazione, oltre a
rilevare possibili difficoltà nell’ambito cognitivo e affettivo?
Il dibattito non ha trovato sinora elementi decisivi, in grado di
propendere per l’una o per l’altra ipotesi a proposito di questo singo-
lare strumento, capace di includere due approcci alla psiche umana

Piotrowski, «A Rorschach compendium», in Psychiatric Quarterly 21 (1947) 79-


101; B. Klopfer - H. Davidson, The Rorschach Technique, New York, Harcourt
Brace, 1962; J. Exner, The Rorschach: A comprehensive system, 3 voll. New York,
Wiley, 1982-1993; G. J. Meyer et Al., Performance Assessment System, Milano,
Cortina, 2015.
PROFILO

così differenti tra loro come l’arte e la nomotetica17. La psicologia


clinica ha preferito limitarsi a usare il nome dell’autore, classifican-
dolo semplicemente come «il Rorschach», senza azzardarsi a intro-
durre modifiche: nonostante l’enorme varietà di interpretazioni e
classificazioni in tutto il mondo, nel corso di un secolo le macchie
sono rimaste identiche, nel numero e nella veste tipografica, a quel-
le dell’edizione Huber, che le rilevò dopo il fallimento dell’editore
Bircher e ne detiene ancora oggi i diritti.
Difficilmente comunque si potrà arrivare a dirimere tali molte-
plici questioni. In quelle 10 macchie si annidano, infatti, problema-
tiche affascinanti, ma estremamente complesse, non solo sul sen-
so della misurazione e verifica in psicologia, ma anche a proposito
dell’antropologia, della salute mentale, dell’epistemologia, della filo-
78
sofia (specialmente ermeneutica) e infine della genialità dell’artista.
Rorschach ha infatti «brevettato» la sua scoperta ispirandosi al
gioco e alla pittura, senza timore di operare uno sconfinamento di
campo una scoperta che si è rivelata estremamente feconda per la
ricerca e la pratica successive18.

17. Se ne veda l’accurata ricostruzione presente in L. Maresca, Storia del Ror-


schach…, cit., 41-173.
18. Come nota ancora Searls: «Con nient’altro che intuizioni, abilità artistiche,
prove ed errori e qualche teoria sul potere della simmetria, Hermann Rorschach ha
creato una serie di immagini organizzata in modo coerente ma pur sempre flessi-
bile […]. In questo senso è difficile immaginare di migliorarle […]. Le macchie di
inchiostro di Rorschach sono come l’atto del vedere […], tutti guardiamo alle stesse
cose, e tutti le vediamo in modo differente» (Macchie di inchiostro…, cit., 389 s).
«SULLA RIVA DEL MARE», DI ABDULRAZAK GURNAH
Nobel per la letteratura 2021
Claudio Zonta S.I.

Il premio Nobel 2021 per la egli stesso in un articolo apparso


letteratura è stato assegnato allo in The Guardian: «Sono arrivato
scrittore di origini tanzaniane in Gran Bretagna all’incirca nello
Abdulrazak Gurnah, il quale, at- stesso periodo, sebbene non fossi
traverso la sua prosa narrativa e asiatico. Venivo da Zanzibar, una 79
storie che fanno eco alla sua espe- piccola isola al largo dell’Africa, che
rienza esistenziale, si confronta con nel 1964 era stata spettatrice di una
le dinamiche tensioni dei processi violenta rivolta che portò a scon-
migratori derivati dalle politiche volgimenti catastrofici. Migliaia di
coloniali. La motivazione dell’Ac- persone vennero massacrate, intere
cademia di Svezia, infatti, sottoli- comunità espulse e molte centinaia
nea proprio questo aspetto: «per la imprigionate. Nel caos e nelle per-
sua intransigente e profonda analisi secuzioni che seguirono, un terro-
degli effetti del colonialismo e del re vendicativo governava le nostre
destino del rifugiato tra culture e vite. A 18 anni, l’anno dopo aver
continenti». finito la scuola, fuggii. Molti altri
Abdulrazak Gurnah, che ora fecero lo stesso; alcuni furono cat-
vive a Canterbury ed è stato profes- turati e scomparvero, la maggior
sore di letteratura inglese e postco- parte riuscì a mettersi in salvo»1.
loniale presso l’Università del Kent, Sono gli anni degli aspri e vio-
all’età di 18 anni si vide costretto a lenti scontri dopo l’indipendenza
fuggire in Inghilterra, come narra di Zanzibar dal Regno Unito, sot-

1. A. Gurnah, «Fear and loathing», in The Guardian (https://www.theguardian.


com/uk/2001/may/22/immigration.immigrationandpublicservices5), 22 maggio 2001: «I
arrived in Britain at around the same time, although I wasn’t Asian. I came from Zanzibar,
a small island off Africa which in 1964 had seen a violent uprising that led to catastrophic
upheaval. Thousands were slaughtered, whole communities were expelled and many hun-
dreds imprisoned. In the shambles and persecutions that followed, a vindictive terror ruled
our lives. At 18, the year after I finished school, I escaped. Many others did the same; some
were captured and disappeared, most got safely away.»

© La Civiltà Cattolica 2022 II 79-83 | 4123 (2/16 aprile 2022)


RIVISTA DELLA STAMPA

to la presidenza di Abeid Karume, editrice «La nave di Teseo»2. Già


e per lo scrittore la città diventerà nelle prime pagine il protagonista
sempre luogo di memoria, di de- mostra la profonda ferita esisten-
siderio di ritorno, ma anche una ziale di chi è costretto a fuggire:
ferita aperta difficilmente sanabi- «Voglio dire che non sono a co-
le. Così nei romanzi di Gurnah si noscenza di una grande verità che
sente costantemente viva la ten- muoio dalla voglia di insegnare, né
sione irriducibile causata dal co- ho vissuto un’esperienza esemplare
lonialismo e dalle successive per- che illuminerà le nostre condizioni
secuzioni. Queste avvennero in o i nostri tempi. Ma ho vissuto, ho
nome di una libertà e un’autono- vissuto. È così diverso qui che sem-
mia che provocarono ingiustizie e bra che una vita sia finita e adesso
violenze, con lo scopo di acquisire ne stia vivendo un’altra. Forse per
80
sempre più un potere politico ed questo dovrei dire di me che una
economico. L’eco di tali dinami- volta ho vissuto un’altra vita da una
che è spesso presente mediante i parte, ma adesso è finita» (14 s).
personaggi dei suoi romanzi: in La ripetizione nel testo del verbo
Yusuf, il giovane protagonista del «ho vissuto, ho vissuto» è introdotta
romanzo di formazione Paradiso, dalla congiunzione avversativa «ma»,
venduto come schiavo, che cono- che indica proprio uno scarto rispetto
scerà le criticità di un continente alle vicende avverse che il protago-
– quello africano – soffocato dal nista ha dovuto affrontare e che solo
colonialismo, o in Rashid ne Il di- apparentemente possono essere con-
sertore, che diventerà rifugiato in siderate totali naufragi esistenziali.
Inghilterra dopo la Rivoluzione di Infatti, la ripetizione dell’esclamazio-
Zanzibar. ne sottolinea la forza con cui il pro-
tagonista, nonostante i viaggi verso
«Sulla riva del mare» una personale «terra promessa» in cui
affermare il proprio diritto di vita,
Sulla riva del mare (By the Sea), nonostante gli ostacoli, i dinieghi,
edito nel 2001, selezionato per il rimane legato alle proprie decisioni,
Booker Prize e finalista al Los An- che si concretizzano in un cammi-
geles Times Book Award, è stato no estremo: egli parte da Zanzibar e
pubblicato in italiano dalla casa raggiunge l’Inghilterra con un visto
2. Cfr A. Gurnah, Sulla riva del mare, Milano, La nave di Teseo, 2021. Le citazioni
riportate nell’articolo sono tratte da questo testo; viene indicato tra parentesi il numero
delle pagine.
«SULLA RIVA DEL MARE», DI ABDULRAZAK GURNAH

non valido. Questo aspetto della non L’atteggiamento di Shaaban si


validità del documento mostra anche fa sempre più guardingo e silen-
il senso della forte cesura all’interno zioso, avendo appreso come du-
della sua esistenza: il visto pone il si- rante l’interrogatorio sia meglio il
gillo sulla prima parte della sua vita silenzio – fingendo di non parlare
e ne condizionerà fortemente quella inglese –, per evitare «il pericolo
successiva. delle parole» (31). Infatti, all’inter-
Il diniego, come spesso accade, ha no dell’aeroporto, luogo di parten-
una forza tragica. Così, infatti, l’ad- ze e di arrivi ma non di soste, come
detto alla sicurezza Kevin Edelman sta accadendo al protagonista, tutto
si esprime nel comunicare al prota- può divenire oggetto di sospetto.
gonista l’impossibilità di continua- Anche i suoi pochi bagagli vengo-
re il viaggio: «Lei non è in possesso no sottoposti ad attenta indagine,
81
di un visto valido, non ha i soldi e e viene sequestrata una scatoletta
non ha nessuno che possa garantire con un incenso di oud-al-qamari,
per lei» (25). L’avverbio di negazione il profumo che arrivava da lontano,
«non» possiede l’asperità della roccia acquistato da un mercante persia-
e costringe il protagonista a chiede- no di nome Hussein, giunto con i
re asilo, a dichiararsi rifugiato. L’e- venti monsonici. È un profumo ot-
spressione è seguita da una lapidaria tenuto da una resina «che produce-
descrizione dell’azione dei due perso- vano solo le piante di aloe infettate
naggi: «Lui alzò gli occhi e io abbassai dai funghi» (33): un profumo che
i miei» (25), immagine che esprime nasce da un’infezione, immagine
simbolicamente la condizione sotto- simbolicamente molto evocativa,
messa di chi chiede asilo – come una che si addice a chi viaggia, si con-
colpa –, rinnegando la propria patria tamina, porta con sé differenti cul-
di origine e accogliendo uno stigma ture in cui si perdono cammini di
che si porterà impresso per sempre. popoli antichi.
L’inizio del romanzo così è già in me- Il romanzo è costruito attraver-
dias res, con Rajab Shaaban, mercante so una molteplicità di storie, che
di mobili, il cui nome si rivelerà pre- hanno relazione con il protago-
so a prestito da un altro personaggio nista e che a volte vengono intro-
entrato nella vita del protagonista: dotte proprio dalla presenza di un
«Sono un rifugiato, uno che cerca oggetto significativo: una mappa,
asilo. Queste non sono parole facili, un tavolino d’ebano o, come si è
anche se l’abitudine di sentirle le fa detto, una scatola d’incenso. At-
sembrare tali» (18). traverso questi oggetti si dipanano
RIVISTA DELLA STAMPA

numerose storie, che comprendono personaggi, le situazioni familiari,


non solo la narrazione delle esisten- i viaggi, le relazioni complesse e le
ze dei personaggi interessati, ma speranze di capovolgere il destino.
anche le dinamiche coloniali dei E tra lo svolgersi di queste esisten-
Pae­si europei che invasero le terre ze, la narrazione dà spazio agli av-
africane: rotte antiche di sangue e venimenti politici, come l’interes-
commercio, senza scrupoli, che de- se del presidente degli Stati Uniti
predarono non soltanto il suolo, ma John Kennedy, sottolineato dalla
anche l’umanità degli abitanti au- creazione, presso l’ambasciata, di
toctoni, costringendoli spesse volte una copiosa biblioteca di volumi di
a fuggire e a emigrare. autori – tra cui Melville e Poe –,
che si potevano leggere accompa-
Latif Mahmud e Saleh Omar gnati dall’innovativa musica jazz.
82
Ma presto gli Stati Uniti si ritirano,
L’intreccio narrativo ha il suo lasciando il posto alle mire politi-
inizio nel momento in cui il prota- che della Repubblica popolare ci-
gonista si incontra con l’interprete nese, in unione con la Repubblica
Latif Mahmud, originario anch’e- sovietica e con quella democrati-
gli di Zanzibar, il cui padre si chia- ca tedesca. Di conseguenza, an-
mava proprio Rajab Shaaban. Tra che le letture cambiano: Michail
l’interprete Latif Mahmud e Saleh Šolochov, Anton Čechov ecc. Così
Omar – il vero nome del protago- Latif Mahmud stesso parte per an-
nista Rajab Shaaban – esiste una dare a formarsi professionalmente
questione antica importante, che è nella Germania dell’Est.
causa ancora di profonda sofferen- Gurnah, con la sua prosa preci-
za: «Fu allora che vidi Saleh Omar sa, che alterna momenti di pacatezza
camminare in mezzo ai frammen- e di delicatezza narrativa a momenti
ti e alle rovine della nostra vita» di durezza e drammaticità, è capace
(163). Si scopre, infatti, che a cau- di raccontare le storie dei suoi prota-
sa di un affare non andato a buon gonisti e dei personaggi legati a essi.
fine la casa ipotecata della famiglia Tutti sono accomunati da eventi do-
di Latif Mahmud era stata rilevata lorosi: alcuni causati dalle situazioni
proprio da Saleh Omar. naturali, come malattie, morti; altri,
Il confronto dialettico dei due invece, connessi con le situazioni di
protagonisti diventa un viaggio nel oppressione politica ed economica. Il
passato, durante il quale vengono potere economico, la spietatezza delle
raccontate e svelate le tante vite dei banche e delle strutture politiche go-
«SULLA RIVA DEL MARE», DI ABDULRAZAK GURNAH

vernative, che non hanno alcun ri-


nerazione. Gli infiniti dolori che
spetto per la dignità e i diritti umani,
si perpetrano nelle tante esistenze
opprimono con le loro regole il ceto
dei protagonisti, che sono umili
più povero, causando violenze, fughe
eroi in quanto sopravvissuti alle
e prigionie, faide, che vengono sem-
ferite di un male che sembra non
pre portate alle estreme conseguenze.
dare tregua, non sono sufficienti
Saleh Omar e Latif Mahmud a sommergere quel «ma ho vissu-
sono i superstiti di una lunga faida
to», espresso all’inizio del roman-
che ha segnato con il sangue le sto-
zo. E tutto questo peregrinare
rie delle rispettive famiglie. La fuga
e cadere mette in moto anche
per entrambi è stata la salvezza, e ora
quella pietas che è epica e decisa-
i rispettivi racconti, le confessioni
mente umana: «A volte vedo foto
particolareggiate delle loro esistenze
di persone in difficoltà e l’imma-
83
diventano un luogo di incontro, an-
gine della loro infelicità e del loro
ziché di scontro. dolore riecheggia nel mio corpo e
mi fa soffrire con loro. E la stessa
Conclusione immagine mi spinge a reprimere
il ricordo della mia oppressione,
Per Gurnah il dialogo è l’u- perché dopotutto io sono qui e
nica alternativa all’odio che si sto bene mentre Dio solo sa dove
tramanda di generazione in ge- sono alcuni di loro» (359).
ARTE MUSICA SPETTACOLO

«APPLES», DI CHRISTOS NIKOU


Al «CineFest Miskolc International Film Festival»
Piero Loredan S.I.

Il CineFest Miskolc International «Apples», il miglior film a Miskolc


Film Festival – giunto quest’anno alla
17a edizione – è il principale festival Nell’ultima edizione, il pre-
cinematografico d’Ungheria. Ogni mio della giuria ecumenica è
84 anno, a settembre, pubblico e profes- stato assegnato ad Apples, film
sionisti – ungheresi e internaziona- del greco Christos Nikou. Classe
li – si incontrano per otto giorni di 1984, Nikou è stato aiuto regista
grande cinema a Miskolc, cittadina in Dogtooth di Yorgos Lanthimos,
nel nord-est del Paese. L’ultima edi- uno dei principali esponenti del
zione si è svolta tra il 10 e il 18 set- cinema greco contemporaneo.
tembre 2021. E in tale occasione, per Questa la motivazione del pre-
la nona volta, Interfilm (International mio: «Il film Apples – descrivendo
Interchurch Film Organisation) e Signis una situazione che rispecchia i tempi
(World Catholic Association for Com- difficili della pandemia in cui vivia-
munication) hanno nominato una mo – presenta un percorso possibile
giuria ecumenica di quattro membri, per affrontare il dolore della perdita
di cui due ungheresi e due provenien- e per ritrovare il senso della propria
ti da Danimarca e Romania1. vita. Con uno stile rigoroso e mi-

1. Interfilm e Signis collaborano al coordinamento di giurie ecumeniche in nume-


rosi Festival del cinema. I membri della giuria – di diverse culture e Paesi europei – pos-
sono essere giornalisti cinematografici, critici, teologi, persone consacrate, ricercatori o
insegnanti. Di solito provenienti dalla Chiesa cattolica, protestante o ortodossa, essi sono
aperti al dialogo interculturale e interreligioso. I membri – completamente indipendenti
– durante il Festival si incontrano per analizzare e commentare i film, con l’obiettivo di
scegliere un vincitore. Tuttavia la giuria ecumenica, rispetto alle altre giurie presenti al
festival, fa una valutazione particolare dei film in concorso: assegna i suoi premi ai registi
che mostrano uno spiccato talento artistico-creativo e sono capaci di descrivere l’essere
umano ed esperienze di vita in armonia con il Vangelo. Premia quelle opere di qualità che
toccano la dimensione spirituale della nostra esistenza, capaci di sensibilizzare lo spettatore
ai valori di giustizia, dignità umana, rispetto per l’ambiente, pace e solidarietà.

© La Civiltà Cattolica 2022 II 84-91 | 4123 (2/16 aprile 2022)


«APPLES», DI CHRISTOS NIKOU

nimalista, il film ci porta a riflettere drammaticità della situazione vie-


sul potere salvifico dell’amore per il ne resa efficacemente in una delle
prossimo e sulla necessità di vivere prime scene: le persone vittime di
una vita autentica al di là del rischio amnesia sono accolte in un ospe-
dell’isolamento tipico della nostra dale e «catalogate» come oggetti
società iperconnessa. Inoltre, Apples di serie. A ognuna viene attribuito
apre orizzonti di discussione e rifles- un numero. Senza memoria, sen-
sioni a più livelli sulle relazioni uma- za nome, il loro vissuto scompa-
ne, sulla complessità di ogni persona re, così come la loro identità: sono
e sul senso spirituale della vita». solo dei numeri.
A poco a poco, però, il focus
La trama del film passa dal potenziale impatto so-
ciale di una tale minaccia all’e-
85
Siamo nel bel mezzo di una sperienza individuale del prota-
pandemia, che provoca un’improv- gonista e ai suoi vari tentativi di
visa amnesia. Aris, un signore di ricostruirsi una nuova identità.
mezza età, si ritrova iscritto a un La regia, con uno stile accurato,
programma di recupero progettato alterna momenti di smarrimen-
per aiutare i pazienti – colti in modo to – ben interpretati, con una
inaspettato da amnesia e non aiutati recitazione sempre contenuta e
da nessun parente – a costruire una incisiva – a situazioni che si di-
nuova identità. Il programma new stinguono per una vena di sottile
identity prevede attività quotidiane comicità.
che essi devono svolgere, rigorosa- In una scena molto efficace,
mente prescritte su cassette a loro Aris è chiamato a un test di memo-
disposizione, con l’obiettivo di crea­ ria: deve associare un’immagine a
re nuovi ricordi da documentare una melodia conosciuta. Quando
grazie a una vecchia Polaroid. Aris è il momento del tema principale
scivola lentamente di nuovo nella de Il lago dei cigni, il protagonista
vita ordinaria e incontra Anna, una sceglie l’immagine di un messicano
donna anche lei inserita nello stesso con il sombrero: il contrasto e l’as-
programma di recupero. surdità dell’associazione presentano
Il film inizia con un’ambien- una raffinata comicità.
tazione da dramma distopico, in Significativo è anche il mo-
cui la diffusione di una pandemia mento in cui il protagonista, nel
di amnesia pone seri interrogati- cuore di una serata in un locale, in
vi per il futuro dell’umanità. La modo del tutto inaspettato, incu-
ARTE MUSICA SPETTACOLO

rante di tutto e di tutti, si lancia sembrano alludere a una situazione


solitario in un bellissimo twist sen- irraggiungibile per Aris.
za controllo, vivendo forse un atti- Epica, nella semplicità della ve-
mo di vera libertà oltre la memoria rità, è la scena in cui il protagoni-
e il tempo. Humour e bellezza a sta è vicino a un paziente in fin di
volte vanno a braccetto. vita. Una tenerezza senza clamore,
Un’altra scena interessante ri- apparentemente inutile, e tuttavia
guarda lo svolgimento di una delle centrale nello svolgimento del rac-
attività richieste dal programma di conto. La solidarietà nella sofferen-
new identity: l’invito a partecipare za può essere davvero un punto di
a una festa in maschera per incon- svolta nella vita di tutti?
trare altre persone. Il travestimen- Il rigore narrativo del film è
to scelto è quello di un astronauta, sottolineato dalle mele del titolo.
86
con equipaggiamento completo Alimento preferito dal protagoni-
(con tanto di casco). La possibilità sta e – come si verrà a scoprire a
di vedere altre persone è pertanto un certo punto – efficace cura per
vanificata di proposito dalla scelta la memoria, esse sono sempre pre-
di un costume pensato proprio per senti negli snodi principali della
mantenere un alto livello di distan- narrazione. È un’altra delle scelte
ziamento sociale. felici di questo film, che garantisce
Allo stesso modo, non funzio- unità e comprensione a un’opera
na il tentativo di vivere un’espe- bella e riuscita a più livelli.
rienza di intimità forzata, con una
ballerina di lap dance. Al ritorno Una conversazione col regista Nikou
dall’esperienza, Aris si ferma con
sguardo malinconico a guardare, Per andare oltre nella comprensio-
dalla vetrina di un negozio chiuso, ne del film e dietro le quinte di que-
le scene – su un televisore in bian- sta opera d’arte, a Miskolc abbiamo
co e nero – di alcuni momenti di incontrato il regista, Christos Nikou.
tenerezza di una coppia. È una ca- Abbiamo potuto così parlare della sua
rezza affettuosa, il sorriso autentico esperienza personale con il cinema, di
di un partner quello di cui sembra Apples e dei suoi progetti futuri.
avere davvero bisogno. Colpisce la
percezione di quanto sia remota per Com’è nata la tua passione per il
il protagonista questa possibilità: il cinema? Come sei diventato regista?
film in bianco e nero e il negozio Da quando ero ragazzo, ho
chiuso da una pesante saracinesca sempre visto molti film. Avevo l’a-
«APPLES», DI CHRISTOS NIKOU

bitudine di andare in videoteca e te e tutto è analogico. Una società


noleggiare 2-3 film al giorno. È di persone sole, dove l’amnesia si sta
così che ho creato il mio rapporto diffondendo come un virus. Questa
con il cinema: quando ho scoperto pandemia di origini sconosciute è
il «mondo del cinema», ho capi- un noto topos letterario, da La peste
to che quello era il mondo in cui di Camus a Cecità di Saramago. Si
avrei voluto vivere. E poi a 16 anni tratta di storie, come in Apples, nelle
ho iniziato a scrivere le mie prime quali la malattia non è importante in
sceneggiature. sé, nemmeno per quanto riguarda il
suo impatto sulla società: è sempli-
Com’è nata l’idea di questo film? cemente un espediente per parlare
Mi piace sempre vedere film di quella che potrebbe essere defi-
che creano i propri mondi e cam- nita la condizione umana a livello
87
biano le regole della nostra società. individuale. Volevo anche esplorare
In modo allegorico, ovviamente, l’impatto delle emozioni sulla nostra
in quanto preferisco storie concet- memoria e come al giorno d’oggi
tuali che sono verosimili e non fu- questa sia molto influenzata dal-
turistiche. È ciò che abbiamo fatto la tecnologia, che rende fin troppo
anche in Apples, dove l’amnesia facile registrare e memorizzare le
è una nuova forma di pandemia. informazioni. Può darsi che tutti
Inoltre, si tratta di una storia molto questi progressi tecnologici abbiano
personale: ho avuto l’idea del film reso il nostro cervello «più pigro», e
quando stavo affrontando la perdi- per questo ricordiamo sempre meno
ta di mio padre e stavo cercando di eventi, sempre meno emozioni. Far
capire quanto sia selettiva la nostra girare la tua vita intorno a obiettivi
memoria e come possiamo cancel- e traguardi fissati per te da un’auto-
lare qualcosa che ci ferisce senza proclamata autorità esterna è al cen-
perdere la nostra identità. tro dell’uso dei social media, sia che
si tratti di campagne Instagram sia
Nel film sono completamente as- di sfide di TikTok. Abbiamo sot-
senti dispositivi digitali; le foto sono tomesso i nostri ricordi e le nostre
scattate da vecchie Polaroid. Qual è il emozioni a queste autorità? Potreb-
motivo di questa scelta? be essere che abbiamo finito per vi-
La mia intenzione, con Apples, vere «meno»?
era di creare un mondo familiare in
un passato recente, in una società in In effetti, il procedimento, presente
cui la tecnologia non è così presen- nel film, di creare un album di fotogra-
ARTE MUSICA SPETTACOLO

fie che possa costituire il senso di una nato» e non esita a fermarsi a dare un
vita richiama gli album fotografici di- soldo a un cantautore per strada. Si
gitali dei vari social. Come suggerivi, potrebbe parlare, a proposito di questo
da Facebook a Instagram il rischio è di film, di una riflessione sul valore tera-
vivere in funzione delle foto che si rea­ peutico dell’arte?
lizzano (e dei rispettivi «likes» conse- In Apples sperimentiamo l’esi-
guiti) e di perdere di vista la verità della stenza surreale, triste, a volte comi-
vita vissuta «offline» e la pienezza di ca del personaggio principale. Ho
quegli attimi che non si possono rac- sempre cercato di collocarlo in un
chiudere in una foto. C’è una relazione mondo pieno di drammatica ironia
tra il processo di costruzione della nuo- e di doppi sensi. Anche se questa
va identità del protagonista mediante la non è una commedia, diverse sce-
realizzazione del suo album fotografi- ne surrealmente comiche rompono
88
co e la situazione di oggi? quella che altrimenti potrebbe essere
Penso che le persone abbiano una visione molto deprimente della
sempre più difficoltà a connettersi condizione umana. La performance
tra loro e che i social media ne siano dell’attore principale è stata un fat-
una delle cause principali. Possia- tore chiave nel mettere insieme tutti
mo avere 10.000 amici e «Mi pia- questi elementi tonali. Il misurato
ce» sul nostro profilo Instagram o contegno della sua performance è
Facebook e non comprendere mai esaltato nelle poche scene in cui fa
quanto siamo soli, perché è tutto qualcosa di imprevisto: per esem-
falso. Il nostro mondo digitale in pio, la serata piuttosto triste in cui il
qualche modo ha creato relazioni protagonista inizia a ballare il twist.
false o estraniate, ed è bene fare un In quei momenti la sua fisicità lascia
passo indietro da esse. Guardando intravedere una persona che rimane
alla pandemia e all’anno che noi sfuggente e lo aiuta a riprendersi.
tutti abbiamo vissuto lontani l’uno
dall’altro, credo che, come conse- Come accennato precedentemente,
guenza, questo effetto sia aumen- sono molti i momenti emozionanti
tato ancora di più. del film. C’è una scena a cui sei parti-
colarmente affezionato? Perché?
Il protagonista nel suo percorso Una delle mie scene preferite
di rinascita è accompagnato dall’arte, è proprio quando il protagonista
soprattutto dalla musica: si rianima inizia a ballare il twist. Penso che
all’improvviso cantando una canzone questo sia il momento in cui egli
in macchina, danzando un twist «sfre- dimentica tutto per davvero e si
«APPLES», DI CHRISTOS NIKOU

sente semplicemente «invisibi- La sfida più grande che ab-


le». Oltre a ciò, mi piace sempre biamo dovuto affrontare durante
guardare scene di ballo nei film, l’intera produzione del film è stata
soprattutto quando arrivano sul- certamente il budget, davvero ri-
lo schermo in modo inaspettato. dotto. Occorre essere sempre mol-
Forse è per questo che uno dei to creativi e trovare soluzioni per
miei prossimi progetti è dirigere non mostrare i limiti del budget sul
un musical. Non in modo classi- grande schermo.
co. Più assurdo e diverso.
Il film, grazie anche a questa
Vedendo il film, si ha la sen- ricercatezza artistica, è pervaso da
sazione di una straordinaria cura: una grande sacralità: ogni momen-
ogni singolo episodio, dialogo e in- to assume un’importanza che non si
89
quadratura presenta grande bellez- può esaurire nelle singole situazioni
za e forza espressiva. L’ impressione descritte e vissute dal protagonista.
– condivisa dai membri della giuria Con pochi dialoghi e inquadrature,
ecumenica a Miskolc – è quella di e grazie alla magistrale interpreta-
un film frutto di un processo crea- zione dell’attore principale, lo spet-
tivo estremamente rigoroso. È dav- tatore può seguire il protagonista
vero così? Quali aspetti e tematiche nel suo itinerario spirituale inte-
nella produzione del film sono stati riore. Cosa c’è alla base del «senso
per te più stimolanti? religioso» di questo film?
Apples, pur iniziando con la Apples è una commedia dram-
descrizione di un ambiente disto- matica di tipo allegorico. Al centro
pico, si sposta molto presto su un di essa c’è uno sforzo per esplorare
approccio più antropocentrico. Lo come funziona la nostra memoria.
stile visivo mi ha permesso di con- Come una riflessione sull’identità
centrarmi sull’isolamento fisico ed e sulla sua perdita, sulla memoria
esistenziale del personaggio prin- e sul dolore, Apples esplora anche
cipale. Per seguire le sue emozio- cosa – e chi – ti rende la persona
ni da vicino, abbiamo utilizzato che sei, quanto di quello che sei è
il formato 4:3, che peraltro funge autenticamente tuo e quanto inve-
da riferimento diretto a un recente ce è imposto o creato dagli altri. È
passato chiaramente legato alle foto emozionante, e in un certo senso
Polaroid, e questo, come dicevo assurdo, constatare quanto veloce-
prima, è un elemento molto signi- mente passi il tempo dal momen-
ficativo della storia. to in cui entriamo nell’età adulta,
ARTE MUSICA SPETTACOLO

quanto velocemente dimentichia- La giuria ecumenica presenta una


mo gli eventi o le persone più im- connotazione inusuale nell’universo
portanti della nostra vita, quando culturale, dove a volte si respira una
allo stesso tempo potremmo ricor- certa diffidenza nei confronti dei va-
dare molto chiaramente dettagli e lori religiosi. Qual è stato il tuo primo
sensazioni insignificanti. La cosa pensiero quando hai saputo di aver ri-
più importante per me è che il cevuto il premio della giuria ecumeni-
pubblico attraversi le emozioni che ca? Ti sei ritrovato nella motivazione
Aris vive nel corso di tutto il film. che lo ha accompagnato?
E che senta e capisca il suo viaggio. Sono stato più che felice di ri-
Ci sono sicuramente molti diversi cevere questo premio, perché è
livelli di interpretazione del film, molto importante sapere che il
ma in generale il suo messaggio film è stato apprezzato da una giu-
90
principale è legato a chi siamo, se ria di quattro persone che condivi-
siamo i nostri ricordi, e come pos- dono la stessa passione per la loro
siamo accettare anche quelli più religione e per il cinema. Il film ha
tristi e andare avanti. un approccio molto pacifico e de-
licato, e ho sentito che questo ha
Certo, possiamo dire che noi siamo funzionato per la giuria; inoltre, la
la nostra memoria. Tuttavia, in alcu- motivazione è molto allineata con
ne situazioni il ricordo di fatti spia- gli elementi umanistici che abbia-
cevoli ci può accompagnare come un mo cercato di evidenziare durante
peso con risvolti negativi, traumatici tutto il film.
sulla nostra identità. Se da una parte
è necessario ricordare per continuare La realizzazione di un film è un
a essere se stessi, dall’altra può esse- progetto ciclopico, quanto a idee svi-
re importante dimenticare per soffrire luppate, persone coinvolte e situazioni
meno. Dunque, è meglio ricordare o vissute, di cui il risultato finale è solo
dimenticare? la punta dell’«iceberg». C’è un aneddoto
Ovviamente, è meglio ricor- particolare che vorresti condividere in re-
dare. Anche se soffriamo molto, lazione alla produzione di questo film?
questo è l’unico modo per andare Vorrei condividere un momen-
avanti. Anche se il nostro ricordare to che è stato al tempo stesso molto
è in relazione con un dolore. Per- stressante, un po’ divertente e cer-
ché la nostra memoria è il mondo tamente inaspettato. Nella scena
più perfetto dell’universo. Ridà vita dell’incidente d’auto, l’attrice ha fat-
a quelli che non esistono più. to schiantare la macchina durante
«APPLES», DI CHRISTOS NIKOU

le prove, e l’auto ha smesso di fun- lore della storia e del viaggio emo-
zionare. Allora stavamo provando tivo del personaggio principale.
a pensare come rea­lizzare la scena
dell’incidente d’auto e fare gli scatti Quali sono i tuoi prossimi progetti?
di cui avevamo bisogno, perché non Il mio prossimo progetto si chia-
c’era la possibilità di girare quella ma Fingernails, e sarà il mio debutto
scena un altro giorno. Siamo arri- in inglese. Mi propongo di girarlo a
vati a questa soluzione: quattro per- metà 2022. È scritto da me, Sam Stei-
sone, me compreso, che spingono ner e Stavros Raptis. E sarà prodotto
l’auto da dietro per dare una velocità da Dirty Films, la casa di produzione
normale e completare il nostro pia- di Cate Blanchett, Coco Francini e
no di ripresa. Andrew Upton. È un film molto vi-
cino a Apples, e sarà come l’altra fac-
91
«Apples» offre spunti di riflessione cia della stessa medaglia. E di nuovo
a più livelli; qual è stata la sua re- creiamo un mondo diverso, in cui le
cezione a livello internazionale? A persone stanno lottando per ritrovare
livello personale, quali le reazioni o l’amore nella loro vita.
i commenti che più ti hanno colpito?
L’accoglienza internazionale è ***
stata più che positiva e sicuramente
un po’ inaspettata. Il film è stato ac- Saluto Christos, ringraziandolo
colto molto bene dalla critica e dal per il tempo che mi ha dedicato e
pubblico e ci ha dato la possibilità con la promessa di non lasciarmi
di partecipare a più di 80 festival sfuggire la visione della sua pros-
internazionali, di vincere numerosi sima pellicola. Date le premesse, ci
premi ed essere presenti in più di 70 aspettiamo un altro bel film, una
Paesi. Sento che tutte le rea­zioni, tappa significativa per il cammino
buone o cattive, non hanno prezzo, artistico di Christos e un evento da
in quanto mi aiutano a capire il va- non perdere per tutti i cinefili.
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ
Cinema maggiore de Il silenzio
FILM grande sta nell’uso magi-
strale della parola. Tutto è
«IL SILENZIO calibrato alla perfezione e
vibra ancora più potente
GRANDE» grazie alle interpretazioni
di cinque attori straor-
di Mariano Iacobellis S.I.
dinari. Su tutti la coppia
composta da Massimilia-

I
l silenzio grande no Gallo e Marina Con-
narra della famiglia falone, che insieme dan-
Primic, che vive in no vita a un duetto fatto
una bella villa con vista di risate e commozione.
su Capri. Ci sono Vale- Lei guida popolana e
92 rio, professore-scrittore saggia, lui intellettuale e
(Massimiliano Gallo), uomo perso.
sempre chiuso nel suo Raffinato, ironico e
studio, alle prese con commovente, Il silenzio
l’ispirazione per il suo grande è soprattutto una
nuovo libro; la moglie riflessione sui legami,
Rose (Margherita Buy), sulla paura del confronto,
preoccupata per i debiti sulla noia e sull’immobi-
e dedita all’alcool; e i loro lità che a volte avvolge
due figli, Massimiliano e l’uomo, senza che egli se
Adele, in contrasto col ne renda conto: mentre
padre, reo di essere poco il silenzio del protago-
presente negli affetti. nista è la sua coperta di
Solo la domestica Bet- Linus, il silenzio della
tina (Maria Confalone) sua famiglia è un grido
cerca di far aprire gli oc- disperato. La domestica
chi al professore, che ha Bettina, a cui sono affi-
un’enorme «immagina- dati i momenti onirici e
zione incontinente», ma più goliardici con Vale-
i cui piccoli silenzi crea­ rio, usa le parole in modo
no un silenzio grande. tagliente, è l’unica che gli
Per ovviare alle difficoltà dice a chiare lettere che il
economiche, Rose, con silenzio è una brutta ma-
l’appoggio dei due figli, lattia. Un’opera riuscita,
mette in vendita la villa. un modo per riavvicinare
Non facciamo altri due mondi – teatro e ci-
accenni alla trama per nema – che erroneamen-
sottolineare che il pregio te si tende a separare.
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ

Facciamo un’osserva- Natale del 1971 e la Pa- crisi quando altre persone
zione conclusiva sullo stato squa del 1974. Al centro si affacceranno nelle loro
di grazia del cinema ita- vi sono le vicende della vite. Il ruolo della fede e
liano dell’ultimo periodo, famiglia Hildebrandt: della religione nelle ri-
dove Napoli gioca un ruo- il padre Russ, pastore di spettive vite sarà unità
lo assolutamente primario. una comunità protestante di misura di crescenti
Una città che non smette di di New Prospect, Chica- distacchi per Clem, ateo
ispirare, emozionare e av- go; la moglie Marion; il razionalista e arrabbiato;
volgere con le sue infinite primogenito Clem; Be- per Becky, invece, occa-
anime. Da È stata la mano cky, la figlia prediletta e sione di comunione e ar-
di Dio di Sorrentino a Qui più brillante; Perry, ado- monia con gli altri e con
rido io di Martone, da Il lescente problematico e se stessa. L’epilogo finale,
bambino nascosto di Rober- geniale; e Judson, il più nella Pasqua di tre anni
to Andò ad Ariaferma del piccolo dei fratelli. dopo, lascia molte ferite
regista ischitano Leonardo È una famiglia, ma è e molte domande aperte. 93
di Costanzo, solo per cita- anche il ritratto di cin- Se Russ e Marion hanno
re gli ultimi film made in que solitudini e cinque ritrovato nel dramma del
Naples. Il silenzio grande è mondi che corrono pa- figlio pazzo e tossico-
l’ultima chicca, che ci porta ralleli. Per Russ si tratta mane le ragioni di una
a dire come, oggi più che dell’attrazione per una nuova unione e intesa,
mai, il cinema sia un nea- giovane vedova della molto più problematico e
politan job. parrocchia, una quaran- incerto appare il cammi-
tenne brillante che attira no di riconciliazione tra i
lo sguardo del pastore e fratelli.
che sembra essere il bal- È un romanzo nel
Letteratura samo per un’umiliazione quale le domande re-
ROMANZO subita in comunità. ligiose e di fede sono
Segreto e mai ri- continue. Che cosa dà
«CROSSROADS» velato è il passato della salvezza? Qual è il volto
moglie Marion, che na- di Dio? Che ruolo deve
di Diego Mattei S.I. sconde ferite profonde di avere la fede nella vita di
malattie familiari, suicidi una persona? Nel corso
e ossessioni. del romanzo vengono

J
onathan Franzen Poi c’è Perry, ragazzo presentate le prospettive
torna a meravigliare geniale, che cerca requie del mondo cristiano, le-
con il suo sesto ro- agli incubi ricorrendo alle gate ora all’intransigenza
manzo Crossroads (Ei- droghe. Infine, ci sono affascinante dei menno-
naudi, 2021), ambientato gli altri figli, Clem e Be- niti e degli anabattisti,
nel Midwest de Le corre- cky, che, se inizialmen- ora al cristianesimo libe-
zioni del 2002. La storia te hanno un rapporto di rale ed etico, impegnato
si svolge nelle ore che profonda intesa, succes- nelle lotte sociali, delle
precedono la vigilia del sivamente entreranno in comunità protestanti, ora
al cattolicesimo, che por- dove risplende la bellezza propri del nostro tempo.
ta con sé la domanda sul fatta di stracci e spose dei La «scimmia grigia» è sim-
peccato e sul male a un li- vicoli di Genova. bolo dell’eccesso comuni-
vello molto più profondo Max Manfredi ha una cativo e della conseguente
rispetto alle altre confes- scrittura poetica che pro- solitudine causata dall’ec-
sioni. Che legame c’è tra cede per sovrapposizione cedenza di informazioni,
colpa, espiazione, peccato di immagini, costruita che colpisce, in maniera
e salvezza? Qual è il ruolo attraverso una ricchezza e differente, giovani e anzia-
del perdono? La domanda ricercatezza lessicale co- ni: «E mi sussurra le noti-
sulla bontà è particolar- stante, un labor limae che zie fresche sui treni lungo
mente insistente: come si scolpisce la parola, poli- l’Appennino / prima che
fa a essere più buoni? Che semica, sempre evoca- salgano le scolaresche /
valore ha la bontà nella tiva, che indica ma non tutti con il loro telefonino
vita di una persona? definisce. E così ogni sua / Ed anche i vecchi con i
94 canzone è un concentrato telefonini / generazioni
di giochi di parole, meta- prese nelle reti / ognuno
fore, nonsense, allitterazio- con la scimmia vicino /
Musica ni, sinestesie, che creano qualcuno forse la vede / e
CANTAUTORI spazi onirici in cui è facile gli studenti viaggiano in
perdersi per ritrovare un balia dei mille mondi che
«IL GRIDO senso personale. Manfredi, tengono stretti».
nocchiero dalla voce grave, Forti sono le imma-
DELLA FATA» conduce l’ascoltatore a tra- gini delle generazioni più
dire il significato, a errare, anziane, che vengono col-
di Claudio Zonta S.I.
sia nel senso di commettere te anch’esse con lo sguar-
un errore di interpretazio- do fisso sul cellulare, con

I
l Grido della fata è ne, sia in quello di vagare un verbo usato al passivo,
l’ultimo album, per per strade appena segnate. «prese» come pesci, attirate
l’etichetta discogra- Nella canzone «Scim- come nelle reti. Fa da con-
fica «Maremmano Re- mia grigia», che dà avvio traltare l’altra immagine,
cords», pubblicato da Max all’album, il cantautore quella dei giovani studen-
Manfredi, cantautore ge- riprende l’immagine del ti che invece sono «in ba-
novese, che ha alle spalle treno, già ampiamente uti- lia» – siamo sempre in un
incontri sufficienti come lizzata nella canzone folk campo semantico marina-
lettera di presentazione: da Bob Dylan e da Fran- resco –, ossia non hanno
Amilcare Rambaldi lo cesco De Gregori. Lo stes- direzione, rispetto ai mil-
invitò, infatti, al Premio so Manfredi ha scritto un le mondi che essi tentano
Tenco nel 1985, mentre brano intitolato «Il treno inutilmente di compren-
Fabrizio De André incise per Kukuwok». Qui egli dere. Manfredi osserva una
alcune strofe di una sua utilizza l’immagine del situazione ordinaria e quo-
stupenda canzone, «La treno per descrivere pro- tidiana e la restituisce poe­
fiera della Maddalena», cessi di incomunicabilità ticamente, aprendo spazi e
ABITARE NELLA POSSIBILITÀ

tempi dal sapore fantastico morte, e la pittura di Jo- o dai movimenti di una
e fiabesco, cosicché le tan- hannes Vermeer (1632- cinepresa che, rallentando,
te suonerie dei cellulari 1675) ci mette, invece, aggrandisce i piani più re-
trasformano il vagone in davanti a una comple- moti. Il quadro di Vermeer
una foresta incantata: «E mentarità in grado di ca- ha riportato lo scrittore ol-
il vagone come per magia povolgere quello che sape- tre il rigido confinamento
/ si popola di fischietti. / vamo dell’uno e dell’altro. scenico, al limite tra il reale
Qualche mago del lontano Lo scrittore francese e l’illusorio. Negli ultimi
oriente deve avercela in- conosceva bene il pittore tempi della vita di Proust, la
ventata / questa magia che olandese, a differenza di pittura di Vermeer è diven-
trasforma il treno in una quel suo personaggio di tata per lui qualcosa di es-
foresta incantata». Alla ricerca del tempo perdu- senziale, uno specchio che
Il Grido della fata è un to, il quale, dopo aver visi- non inganna e che permet-
album non da comprende- tato L’Aia, quando gli viene te di vedere chiaro: «È così
re, ma da ascoltare, lascian- chiesto se aveva notato Ver- che avrei dovuto scrivere, 95
do fluire le tante immagini meer all’interno del museo, pensava. I miei ultimi libri
che cambiano a seconda di risponde orgogliosamente: sono troppo secchi, avrei
come il vento spira nell’a- «Se si fosse trattato di ve- dovuto stendere più strati di
nimo dell’ascoltatore. derlo, l’ho visto». Sebbene colore, rendere la mia fra-
tanti di noi, visitando un’e- se più preziosa in sé, come
sposizione, ci soffermiamo quella piccola falda di muro
davanti agli «imperdibili», giallo».
A rte questo esercizio non ci ga- Da dove invece vie-
PITTURA rantisce in alcun modo l’ac- ne la forza dei quadri di
cesso ai misteriosi universi Vermeer? André Lhote ha
PENTIMEN- di creazione. notato che essi sono stati
Dopo molti anni, realizzati con una serie in-
TI: PROUST E quando Proust ha rivisto in finita di pentimenti: «È so-
VERMEER una mostra parigina quel- prattutto cancellando che
lo che lui chiamava «il più questo grande pittore rie-
di Lucian Lechintan S.I. bel quadro del mondo», la sce a rendere meno pesanti
Veduta di Delft di Vermeer, le sue figure, liberandole

I
l ritrovarsi in un con- «ha notato per la prima vol- dalla ricchezza eccessiva
nubio tra scrittura e ta – per voce di un altro dei particolari». Il conti-
pittura è un fatto as- personaggio dello stesso ro- nuo ripensare il modo di
sai raro, perché in genere manzo – alcuni piccoli per- lavorare di Vermeer trova
le due arti sono sempre sonaggi in blu; che la sabbia una corrispondenza in un
soggette a venti contrari. era rosa; e infine la preziosa atteggiamento simile da
L’incontro tra lo scritto- materia di quella falda di parte di Proust: entrambi
re Marcel Proust (1871- muro giallo». È come se ci dimostrano che i penti-
1922), di cui quest’anno lo scrittore fosse stato rag- menti sono spesso l’inizio
ricorre il centenario della giunto da un effetto lente di un nuovo cammino.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

ANTHONY J. GODZIEBA
96

P ER UNA TEOLOGIA DELLA PRESENZA


E DELL’ASSENZA DI DIO
Brescia, Queriniana, 2021, 304, € 37,00.

Il libro offre un percorso di riflessione teologica sull’esperienza contempora-


nea di Dio, in particolare sull’esperienza della rivelazione, utilizzando la categoria
interpretativa – che l’A. chiama anche «metafora» – della presenza-assenza di Dio,
riassuntiva di altre categorie dialettiche ben più note, come conoscenza-mistero,
accessibilità-incontrollabilità e immanenza-trascendenza. Nella storia della sal-
vezza Dio è stato percepito come presente e operante, ma nello stesso tempo an-
che come Altro e Mistero; il concetto di «assenza» non si riferisce pertanto alla
non-esistenza di Dio, ma a «quegli aspetti della realtà di Dio che superano le cate-
gorie della comprensione umana e sfuggono al nostro lessico» (p. 39). In tal modo
l’esperienza religiosa può essere compresa come esperienza di rivelazione, in cui
gli elementi della presenza di Dio contengono un’apertura ulteriore, una dimen-
sione che può essere il punto di accesso alla pienezza della rivelazione cristiana.
Anthony Godzieba, docente emerito di teologia fondamentale presso
l’Università di Villanova (Pennsylvania, Usa), oltre agli studi specifici di teo­
logia, ha approfondito anche la dimensione religiosa dell’arte, nella pittura,
architettura e musica, in quanto ritiene che «le arti hanno sempre utilizza-
to vari mezzi materiali per suscitare sentimenti particolari, con lo scopo di
portare l’osservatore o l’ascoltatore a un’esperienza che trascende i limiti dei
sensi» (p. 255), e quindi a un contatto con il mistero di Dio.
Il libro si articola in tre grandi parti: la presentazione del problema di
Dio nella cultura occidentale (capp. 1-2); le risposte della teologia naturale
cristiana (cap. 3); il contributo della teologia della Trinità (cap. 4). Si conclude
con una breve fenomenologia della rivelazione e l’esemplificazione della sua
presenza in opere di Caravaggio e Georges de La Tour (cap. 5).

© La Civiltà Cattolica 2022 II 96-102 | 4123 (2/16 aprile 2022)


RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

L’A. prende spunto dalla situazione di privatizzazione della fede reli-


giosa e di marginalizzazione della teologia nella società occidentale e dal-
le domande di senso e di conoscenza delle realtà ultime che vi emergono.
Riferendosi al Proslogion di sant’Anselmo, ritiene che l’attuale anelito alla
trascendenza esprima in realtà il desiderio di Dio all’interno del contesto
secolare, e che quel desiderio contenga già una conoscenza della realtà di
Dio: «Il desiderio umano di Dio può essere di per sé un indicatore della
presenza di Dio, che parla direttamente a quel desiderio» (p. 16). Citando le
analisi di Bryan Turner e di Leszek Kołakowski sulla postmodernità e sul
ruolo dei valori religiosi, l’A. mostra che la visione religiosa del mondo è la
più realistica e la più emancipante e incontra il desiderio di trasformazione
dell’uomo contemporaneo. L’arte e il simbolismo religioso stimolano infatti
l’immaginazione umana, la quale da poetica può diventare sacramentale, nel
senso che può cogliere la grazia di Dio che opera la salvezza; tuttavia, «per-
ché il sacro si possa conoscere, esso deve abitare lo stesso spazio del profano
97
e parlare il suo linguaggio, mantenendosi sacro» (p. 32).
Questa concezione dialettica della presenza di Dio nel mondo, che segue
la logica dell’incarnazione, ha trovato però nella storia della cultura occi-
dentale anche uno sviluppo diverso, che ha dato origine a una concezione
di Dio che l’A. chiama «estrinsecistica». Con competenza e precisione, egli
ripercorre l’itinerario che va dal nominalismo medievale all’autonomia mo-
derna della soggettività, dai valori universali dell’Illuminismo ai maestri del
sospetto dell’Ottocento, e propone una nuova teologia naturale cristiana,
che «deve articolarsi in modo da poter esprimere l’intersezione del mistero
di Dio con l’esperienza umana e fornire categorie adeguate per riflettere su
questa intersezione» (p. 91).
Il percorso di Godzieba si sviluppa con una corretta integrazione tra
fede e ragione, in cui la rivelazione divina si realizza in una relazione re-
ciprocamente coinvolgente con chi la interpreta e l’accoglie nella fede.
Vengono presentati i contributi classici di sant’Anselmo e san Tommaso e
quelli contemporanei di Hans Küng e Walter Kasper. La teologia di Ka-
sper sorregge l’intera riflessione dell’A.: nel momento in cui egli espone la
storia delle definizioni dogmatiche trinitarie e il loro significato per l’uo-
mo contemporaneo, sono le posizioni kasperiane a prevalere e a guidare la
riflessione sull’autocomunicazione di Dio. Al termine del percorso viene
presentato l’importante concetto di discrezione divina, e la struttura della
rivelazione appare come dono di sé, possibilità offerta all’uomo di realizza-
re la propria identità in pienezza.

Lorenzo M. Gilardi
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

MICHELE MARCHETTO

S COPRIRE DIO CON HUSSERL


Brescia, Scholé, 2022, 256, € 18,00.

Pensatore di rara complessità, Edmund Husserl (1859-1938) occupa un po-


sto molto importante nella storia della filosofia contemporanea, della quale ha
fortemente condizionato gli sviluppi. Passato alla storia come il padre della fe-
nomenologia, fu un autore assai prolifico, come testimoniano le numerose, va-
ste opere pubblicate in vita e la grande quantità di inediti lasciati alla sua morte.
All’interno di tale ampio materiale trova posto anche un’interessante trat-
tazione del problema religioso, affrontato in modo sicuramente profondo e
originale, come attesta questo libro di Michele Marchetto, docente di filosofia
presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, che intende accompagnare
e guidare il lettore alla scoperta del non facile percorso «teologico» husserliano.
Che in Husserl il termine «teologia» assuma un’accezione del tutto particolare è
98
messo bene in luce dall’A., che scrive: «Dalla testimonianza di Suor Adelgundis
Jaegerschmid ci è noto che Husserl si sente “profondamente legato a Dio e cri-
stiano nel profondo del cuore”, un uomo che avverte che la vita “non è altro che
un cammino verso Dio”. Nel contempo, da fenomenologo, non da “filosofo
cristiano”, intende “raggiungere Dio senza Dio”» (p. 191).
Peraltro sappiamo che il pensatore moravo, nato in una famiglia di ebrei
non praticanti, ricevette il battesimo a 27 anni nella chiesa evangelica di Vien-
na, dopo che la lettura del Nuovo Testamento la aveva affascinato, suscitando in
lui una viva attrazione per la persona di Gesù Cristo. In qualità di filosofo, egli
ritiene che la fenomenologia possa aiutare ad avvicinarsi a Dio proprio coloro
che ignorano la via della fede. A tale riguardo, Marchetto afferma che, secondo
Husserl, «Dio, dunque, è nella vocazione dell’uomo: un Dio logicizzato, non
confessionale, razionalità assoluta, Idea, che dalla descrizione dell’uomo e del
suo mondo la fenomenologia fa emergere come forma teleologica segnata dalla
necessità e dalla universalità dell’essenza, necessità ultima e originaria, che si
traduce nella vocazione etica e religiosa dell’uomo e nel riconoscimento di Dio
in interiore homine» (p. 194).
L’A. sostiene che il rigore proprio dell’indagine fenomenologica spinge
Husserl verso l’assoluto e la trascendenza, ma non gli permette, , di entrarvi:
pertanto egli «resta, per così dire, sulla soglia, un “filosofo della soglia”». Colto
in questa prospettiva, Husserl si presenta come un pensatore che «intende aprire
la via verso Dio a chi non conosce la fede, ma non da filosofo cristiano» (p. 221),
ritagliando per sé il ruolo di Mosè, che indica la Terra promessa.

Maurizio Schoepflin
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

ANDREA MONDA

J OHN RONALD REUEL TOLKIEN.


L’IMPREVEDIBILITÀ DEL BENE
Milano, Ares, 2021, 168, € 13,50.

Nato in Sudafrica nel 1892, morto nel Regno Unito nel 1973, John Ronal
Reuel Tolkien è stato linguista, studioso di letterature antiche e moderne, filolo-
go e scrittore. Morti i genitori, si forma nelle scuole dell’Ordine degli oratoriani.
Sulla scia dell’insegnamento materno, nutre un grande amore per le lingue e
per le fiabe e i miti; la mamma Mabel influisce anche sulla sua conversione
dall’anglicanesimo al cattolicesimo. Partecipa alla Prima guerra mondiale come
sottotenente, consegue il Master of Arts e insegna nell’Università di Oxford.
Tolkien, creatore del fantasy – un genere «dove epico e fantastico si uni-
scono» (p. 39) –, è tradotto in quasi tutto il mondo, letto, apprezzato e amato.
Le sue opere, alcune approdate nel cinema e nell’audiovisivo, come Il Signore
99
degli Anelli, Lo Hobbit, Il Silmarillion, appassionano lettori di ogni età e di
ogni formazione culturale.
Ma non è facile capire lo scrittore Tolkien. In Italia ne diffondono il mes-
saggio la Società Tolkieniana Italiana e tanti giornalisti e intellettuali, tra i
quali Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano. «Nella primavera del
2017 fui invitato – scrive l’A. – da don Fabio Rosini a parlare, presso la chiesa
delle Stimmate a Roma, del capolavoro di Tolkien Il Signore degli Anelli» (p.
17). Quattro serate straordinarie, ascoltatori attenti e incuriositi, una conver-
sazione vivace. Monda dopo non poco tempo rilegge i testi, li riscrive. Ed
ecco il libro, pubblicato dalle edizioni Ares.
Il libro conserva la freschezza dell’oralità, e il lettore, anche chi non ha fami-
liarità con Tolkien, se ne nutre, ne rilegge capitoli e pagine, spinto dal desiderio
di esplorare un mondo «magico», abitato da creature che suscitano simpatia,
interrogativi, desiderio di ricerca e di profondità spirituale. Personaggi in appa-
renza non comuni parlano un linguaggio che attrae, che diventa discorso sulla
vita e sulla storia, e sui valori di cui la vita e la storia si sostanziano. Un discorso
che è profondamente umano e religioso, metafisico e aperto alla trascendenza.
Religioso in senso cattolico, anche se i temi del cattolicesimo non sono mai di-
rettamente affrontati; ma nomi e verbi, parole e immagini – osserva don Fabio
nel suo saggio introduttivo – conducono alla Bibbia.
Lo si rileva da alcuni spunti del testo: una lettera scritta all’A. dal gesuita
Robert Murray, che definisce il romanzo molto bello e «in perfetta armonia
con la dottrina della Grazia» (p. 25); e una lettera dello stesso Tolkien, che
si dice infastidito dai tanti critici «che cercano di leggere ne Il Signore degli
anelli, partendo dalla mia vita, dalla mia esperienza, dalla mia biografia, tutti
questi dettagli. Solo l’Angelo Custode o Dio stesso conosce il misterioso rap-
porto tra un artista e la sua opera» (p. 26).
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

Monda racconta vita, opere e critici di Tolkien con grande passione. Rac-
conta Tolkien e racconta se stesso. Il romanzo di Tolkien lo accompagna da
una vita, da quando era dodicenne… La sua tesi di laurea alla Gregoriana è
stata su questo autore, al quale nel corso degli anni egli ha dedicato saggi, ar-
ticoli e interventi. Il suo interesse per Tolkien nasce da una passione infinita,
da un senso profondo di «amicizia», che è «la parola chiave» per capire il libro
e per accostarsi alla letteratura.
Il discorso dell’A. è una lezione viva: vi si possono cogliere tratti di una
pedagogia della lettura e di un’ermeneutica della letteratura, di cui si avverte
un grande bisogno soprattutto tra i giovani.

Francesco Pistoia

100

KATE CRAWFORD

N É INTELLIGENTE NÉ ARTIFICIALE.
IL LATO OSCURO DELL’IA
Bologna, il Mulino, 2021, 320, € 20,00.

Il volume di Kate Crawford, docente australiana all’Università di Berke-


ley, cofondatrice dell’ AI Now Institute presso la New York University, ricer-
catrice presso la Microsoft Research, propone al lettore di investigare il feno-
meno dell’intelligenza artificiale (IA) con metodo scientifico, nei suoi aspetti
di estrema concretezza materiale. Un percorso originale, per certi versi dis-
sacrante rispetto alle opinioni più diffuse e consolidate in tema di IA e che
invita a una riflessione certamente inusuale e, forse, scomoda rispetto agli
standard delle convinzioni finora acquisite, oscillanti tra un irrefrenabile en-
tusiasmo e un malcelato timore reverenziale.
Il libro, articolato in sei capitoli, preceduti da un’introduzione e seguiti
da un epilogo e da ulteriori pagine dedicate ai viaggi nello Spazio da parte di
magnati imprenditori, è completato da precise note esplicative e da una vasta
bibliografia. Il lettore si troverà quindi a essere introdotto in aspetti inusuali
in tema di descrizione dell’IA: aspetti accertati personalmente dalla stessa A.,
quali, per esempio, il depauperamento di vaste zone del nostro Pianeta per
l’estrazione massiva di minerali rari e sostanze utilizzate nei processi di IA e
le forme di lavoro umano a essi associate, con l’applicazione di meccanismi di
brutale sfruttamento delle risorse umane.
Nei successivi tre capitoli, dedicati ai dati, alla loro classificazione e all’in-
casellamento delle emozioni umane, la Crawford fa toccare con mano quan-
to siano discutibili e controversi molti degli aspetti che ruotano attorno ai
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

temi dell’acquisizione dei dati, delle immagini e della rappresentazione delle


emozioni umane, e come risultino scarsamente difendibili sul piano etico le
costruzioni teoriche che vengono addotte a loro sostegno.
La parte conclusiva del libro illustra il ruolo cruciale svolto dagli Stati e
dalle grandi organizzazioni tecnologiche private, nel segno di un esercizio
del potere decisamente fuori controllo e, spesso, prevaricante i diritti dei sin-
goli cittadini, tenendo in scarsa considerazione i canoni fondamentali dell’e-
tica e della giustizia.
Il monito finale di «scrollarsi di dosso gli incantesimi del soluzionismo
tecnologico e abbracciare solidarietà alternative» (p. 258) è il viatico per riaf-
fermare la necessità di un cambio di rotta nel progresso umano in uno scena-
rio che dovrebbe essere dominato dalla ferma convinzione che «vi sono beni
comuni che vale la pena di mantenere, mondi al di là del mercato e modi di
vivere al di là delle pratiche di ottimizzazione brutali» (p. 259). Forse, un ma-
nifesto ideologico; sicuramente, un richiamo pressante a ripensare gli schemi
101
consolidati di sviluppo del nostro mondo, per scongiurare il disastro verso cui
potrebbe essere ormai irreparabilmente orientato.

Filippo Cucuccio

MARCO PAPPALARDO - LORENZO GALLIANI -


ALFREDO PETRALIA

T ESTIMONIATE IL VANGELO
CON LA VOSTRA VITA: ANDATE IN RETE
Milano, Paoline, 2021, 144, € 10,00.

Lo scoppio della pandemia, all’inizio del 2019, dopo settimane caratteriz-


zate dal dramma e da un clima di sospensione e comprensibile immobilismo,
ha avuto come effetto dirompente, dovuto al lockdown, la crescita in modo
esponenziale, e mai visto prima, dell’utilizzo delle tecnologie, del web, dei
social. È da questo cambiamento di prospettiva che sono partiti gli AA. di
questo libro, con l’obiettivo di far fare, soprattutto a chi si occupa di pastorale
giovanile, un passo in più in questo senso. Un vecchio adagio recita: «Fare di
necessità virtù». Si potrebbe sintetizzare così il senso di questo libro.
Marco Pappalardo, Lorenzo Galliani e Alfredo Petralia portano nelle pa-
gine da loro scritte tutta la professionalità e l’esperienza di cui sono carichi:
tutti e tre, infatti, si sono occupati, e si occupano tuttora, di formazione,
pastorale, insegnamento, catechesi, new e social media. Nel libro risuona forte
l’appello di don Bosco: «Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA

ciò che amate voi». È lo stesso appello che i tre AA. rivolgono ai destinatari
delle loro pagine: catechisti, animatori, formatori, ma anche parroci, religiosi
e insegnanti di religione.
Il libro passa in rassegna i principali ambiti e spazi del digitale, ne mette
in luce le specifiche potenzialità e offre idee concrete per utilizzarli al meglio
in ambito pastorale. Un suo aspetto interessante è la capacità di entrare nel
dettaglio del mondo del digitale molto complesso, e variegato, sapendo dare
indicazioni specifiche per ogni ambito ed evitando così il rischio di fare un
discorso univoco e poco concreto. E molto concrete sono anche le proposte e
le idee che fanno seguito alle riflessioni.
Interessante è anche la visione ampia degli AA., più ampia dello stesso
obiettivo che si sono posti. Se l’ambito dentro cui il libro si muove è quello
della pastorale giovanile, le riflessioni e le proposte risultano adatte anche per
altri settori, a partire da quello educativo-scolastico.
È significativa, infine, l’inclusione di alcuni territori digitali che solo
102
apparentemente sembrano inadeguati quali strumenti e luoghi per un’ef-
ficace pastorale giovanile: per citarne due, i videogames e le serie tv. An-
che in essi gli AA. riescono a evidenziare grandi potenzialità, in termini
sia di formazione sia di socializzazione. Parola-chiave, quest’ultima, per
rendere ciò che ha in sé il rischio evidente dell’isolamento in uno stru-
mento di relazione positiva con gli altri. Per tornare a don Bosco, la rete
può veramente diventare una piazza virtuale, un «cortile digitale» in cui
essere presenti e da animare.
Romano Cappelletto
OPERE PERVENUTE

BIOGRAFIE GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie sul


vangelo di Giovanni, vol. 1, ivi, 2021, 312, € 30,00.
CARELLO R., Il padre del futuro. Don ID., Omelie sul vangelo di Giovanni, vol. 2,
Alberione e la sfida del cambiamento, Cinisello ivi, 2021, 304, € 30,00.
Balsamo (Mi), San Paolo, 2021, 176, € 16,00. PRODI M., Regno di Dio e mondo nel De
CAYUELA A., Carmen Hernández. Note Civitate Dei. Una parola attuale per il cambiamento
biografiche, Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo, d’epoca, Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2021, 168,
2021, 408, € 28,00. € 20,00.
PALINI A., Juan Gerardi. Nunca más - Mai
più, Roma, Ave, 2021, 250, € 18,00.
Qui c’è il dito di Dio. Breviario dei temi trattati RELIGIONI
negli scritti di Maria Valtorta (G. PALLADINO),
BÉRARD B., Introduzione a una metafisica
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RATERIO DI VERONA, Le lettere (D.
FERRAROTTI F., Cristo prima di Cristo. La
CERVATO), Verona, Mazziana, 2021, 248, € 26,00.
parola poetica e il Cristianesimo naturale, Chieti,
Solfanelli, 2021, 184, € 13,00.
ECCLESIOLOGIA FRANZ E., Umiliazione. Storia della
mortificazione nella mistica cristiana del Medioevo ai
COCCOPALMERIO F., Sinodalità ecclesiale. giorni nostri, Moggio Udinese, Audax, 2021, 416,
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MASTANTUONO A., Fraternità. La nuova Moraele dei Cinesi. The Political and Moral Views of
frontiera del cristianesimo, Bologna, EDB, 2020, the Chinese (R. LOKAJ - A. TOSCO), Palermo,
104, € 9,00. Fondazione Federico II, 2021, 192, € 45,00.
ZUPPI M. M. - CUGINI P., Quale Chiesa?,
Reggio Emilia, San Lorenzo, 2021, 120, € 13,50.
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FILOSOFIA CATANANTI C., La scomunica ai comunisti.
FAZIO D., In difesa dell’umano. La filosofia di Protagonisti e retroscena nelle carte desecretate del
Karol Wojtyła, Crotone, D’Ettoris, 2021, 260, Sant’Offizio, Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo,
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LASCH-QUINN E., Ars Vitae. The Fate of IANNIELLO A. - ROMANO A. S., (edd.),
Inwardness and the Return of the Ancient Arts of Il diavolo in tasca. Cristiani, Chiesa e corruzione
Living, Parigi, University of Notre Dame, 2020, nella storia (Secoli XVI-XXI), Trapani, Il Pozzo di
XXII-338, € 39,00. Giacobbe, 2021, 208, € 22,00.
Storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Le fonti. III. Il magistero della Chiesa per l’Univer-
PATRISTICA sità Cattolica del Sacro Cuore (C. GIULIODORI),
Milano, Vita e Pensiero, 2021, 998, € 50,00.
BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni
per l’anno liturgico, vol. 2, Roma, Città Nuova,
2021, 952, € 110,00. VARIE
Credo (Il) commentato dai Padri, vol. 5 (E.
ALBANO), Roma, Città Nuova, 2021, 430, MUGNAINI M., Onu: una storia glo­-
€ 55,00. bale, Milano, FrancoAngeli, 2021, 246, € 28,00.

NOTA. Non è possibile dar conto delle molte opere che ci pervengono. Ne diamo intanto un annuncio
sommario, che non comporta alcun giudizio, e ci riserviamo di tornarvi sopra secondo le possibilità e lo
spazio disponibile.
BEATUS POPULUS, CUIUS DOMINUS DEUS EIUS

RIV ISTA INTERNAZIONALE DEI GESUITI

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LINGUA SPAGNOLA
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