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102 DT 119, 1 (2016), pp. 102-134 Esatologia e narrazione.

Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 103

ESCATOLOGIA E NARRAZIONE. persona (dallo strutturalismo degli anni Cinquanta e Sessanta fino
TEMPORALITÀ, ETERNITÀ ED IPSEITÀ
alle diverse correnti della contemporanea Philosophy of Mind elabo-

IN P. RICOEUR E J.-Y. LACOSTE


rata sulla base dello sviluppo delle neuroscienze)2. Evidentemente
questo fenomeno dissolutivo, se presenta aspetti positivi in ordine
ad un ridimensionamento critico del soggetto dopo gli eccessi
della stagione idealistica, non può essere dissociato dalla deriva
MARCO SALVIOLI O.P.* nichilistica che sta portando l’Occidente lontano dalle sue conqui-
ste più luminose e dalle sue radici più feconde.
Far fronte a questa deriva, volessimo anche limitarci alla questione
del sé, è qualcosa che travalica le possibilità di un saggio e sicuramen-
Nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam, te oltrepassa di gran lunga l’orizzonte che può essere circoscritto o
sicut et cognitus sum. dischiuso da queste brevi riflessioni. Esse tuttavia intendono essere
1 Cor 13,12b un esercizio di speranza intelligente, condotto a partire dai contributi
di Paul Ricoeur e di Jean-Yves Lacoste, in direzione della riscoperta di
una nozione non-nichilistica (per eccesso o per difetto) del sé, in ordi-
La cultura occidentale della seconda metà del Novecento, forse ne ad un più complesso ripensamento delle esigenze stesse del pen-
come riflusso delle tragiche vicende connesse alle due Guerre siero. È nostra convinzione che una delle vie più proficue per incam-
mondiali, della secolarizzazione e dell’imporsi della tecnica, ha minarsi verso il raggiungimento di questo obiettivo sia la messa a
assistito ad un indebolimento progressivo nella valorizzazione punto della relazione tra l’essere e il tempo, in termini differenti da
virtuosa del sé. A fronte del diffondersi dell’individualismo narci- quelli presentati da Martin Heidegger. Quanto seguirà costituisce un
sistico, la scoperta e la custodia dell’identità personale è stata tentativo di tenere insieme il compimento (come manifestazione esca-
messa a repentaglio non solo a motivo di un sempre più diffuso tologica dell’essere) e la narrazione (come costitutivo dispiegamento
illanguidimento del sé1, ma anche dall’emergere di fronti teorici temporale nella storia) quanto alla comprensione del sé.
volti a dissolvere la nozione stessa di soggetto, di coscienza o di

1. NARRAZIONE E FENOMENOLOGIA ERMENEUTICA DEL SÉ.


IL CONTRIBUTO DI PAUL RICOEUR
* Docente di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e di
Il narrativismo può essere considerato una componente trasver-
Antropologia filosofica presso lo Studio Domenicano Filosofico (Bologna);
sale della filosofia contemporanea. Se, a partire dalle premesse più
è membro della Scuola di Anagogia (Bologna) e del Centre of Theology and
svariate, differenti filosofie da quasi mezzo secolo hanno ripropo-
Philosophy (Nottingham).
Una versione più breve del presente contributo è stata pubblicata col titolo
Il sé tra narrazione e compimento. Riflessioni a partire da Paul Ricoeur e Jean-Yves
Lacoste, in É. J. CORÁ - C. REICHERT DO NASCIMENTO (edd.), Paul Ricoeur Um
Olhar De Seus Leitores, Editora CRV, Curitiba – Brasil 2014, pp. 119-134. 2 Nel contesto di questo saggio, cfr. P. RICOEUR, La sfida semiologica, a cura di
1 Tra le varie pubblicazioni cui è possibile far riferimento, cfr. C. LASCH,
M. Cristaldi, Armando Editore, Roma 2006; D. PARFIT, Reasons and Persons,
L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti, Feltrinelli, Oxford University Press, Oxford and New York 1984; D. DENNETT, Sweet
Milano 20042. Dreams. Illusioni filosofiche sulla coscienza, Raffaello Cortina, Milano 2006.
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sto il paradigma narrativo come una componente fondamentale quanto molto differente quanto alle coordinate culturali coinvolte,
dell’umana comprensione della realtà, certamente uno dei temi più della più recente riflessione sull’identità narrativa5. Al di là di que-
studiati da questo punto di vista è stata la possibilità di elucidare il sto precedente, risulta comunque convincente quanto afferma
problema del sé e dell’identità personale sulla base delle possibilità Olivier Mongin: «Ricoeur va se présenter d’autant plus aisément
offerte dall’impianto della narrazione3. comme un héritier de la phénoménologie qu’il est parvenu à jeter
Per quanto riguarda Paul Ricoeur, al di là dei luoghi dove egli les bases d’une herméneutique du soi grâce à la thématique de
ha affrontato direttamente tale questione, la relazione tra identità l’identité narrative»6.
personale e narrazione appare come pienamente adeguata alla All’interno dello spazio concesso da quest’intervento considere-
ricerca di un pensatore di formazione fenomenologica ed esisten- remo, da un lato, l’emergere della nozione di identità narrativa come
zialistica, attratto dall’interrogazione fondamentale che concerne la «prima aporia della temporalità» delineata nel terzo volume di
relazione tra verità e storia, così come dall’inquadramento teorico Tempo e Racconto e, dall’altro, il suo sviluppo nel quinto e nel sesto
della persona sul solco della tradizione filosofica “riflessiva”. L’esi- studio di Sé come un altro, intitolati rispettivamente «L’identità perso-
genza di offrire un contributo in quest’area si trova poi in conti- nale e l’identità narrativa» e «Il sé e l’identità narrativa»7. Al termine
nuità con il “ridimensionamento” del soggetto che Ricoeur ha della nostra breve lettura di Ricoeur, tenteremo di ritornare sulle
accettato e teorizzato nel confronto con le tendenze più radicali del altre aporie della temporalità per mostrare come la nozione d’iden-
pensiero del Novecento giungendo, nel confronto serrato con i tità narrativa – pur muovendosi rigorosamente in uno spazio che
maestri del sospetto, ad una nozione, ad un tempo, più realistica e vorremmo definire “kantiano post-hegeliano” e “heideggeriano”
più ricca del soggetto (il Cogito brisée), che non asserisce più la pro- marcato dal primato della temporalità – non escluda la possibilità
pria consistenza in modo auto-referenziale, ma che è chiamato a di pensare il sé nei termini, più teologici, marcati dal tema dell’e-
scoprirsi nel detour dettato dai segni, dagli altri e dal tempo4. In ternità, intesa come l’orizzonte di comprensione di tutti i tempi
questo contesto, si potrebbe leggere la vicenda della coscienza, nell’atto del loro trascendimento.
distesa tra archeologia e teleologia, così come viene descritta nel
confronto con Freud nel senso di una premessa fondamentale, per 1.1. Identità narrativa e temporalità

Procedendo per gradi, abbiamo notato come la nozione d’iden-


tità narrativa emerga in Tempo e racconto III nel contesto delle apo-
3 Cfr., ad es., A. ALLEGRA, Identità e racconto. Forme di ricerca nel pensiero con- rie della temporalità. Avendo costruito la propria fenomenologia
temporaneo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1999.
4 Cfr. D. JERVOLINO, Il cogito e l’ermeneutica. La questione del soggetto in Ricoeur,

Marietti, Milano 19932 e B. STEVENS, L’Apprentissage des Signes. Lecture de


Paul Ricoeur, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht 1991. Cfr. anche 5 Cfr. P. RICOEUR, De l’interpretation. Essais sur Freud, Seuil, Paris 1965; tr. it. di
D. J ERVOLINO , Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003, p. 68: E. Renzi, Dell’interpretazione. Saggio su Freud, Genova, Il Melangolo 1991. Per un
«Le filosofie del soggetto o del cogito, delle quali è paradigmatico il fatto che approfondimento dell’intreccio tra psicanalisi e narrazione, cfr. V. BUSACCHI,
il soggetto sia formulato alla prima persona, sono condannate ad oscillare Entre narration et action. Herméneutique et reconstruction thérapeutique de
tra la sopravvalutazione e la sottovalutazione dell’Io, tra un cogito esaltato a l’identité, in Études Ricoeuriennes / Ricoeur Studies, 1, 1 (2010), pp. 21-33.
livello di prima verità (nella tradizione di pensiero che va da Descartes a 6 O. MONGIN, Paul Ricoeur, Éditions du Seuil, Paris 1994, pp. 126-127.
Husserl) e un cogito spezzato e ridotto a pura illusione di cui l’esempio più 7 P. RICOEUR, Tempo e racconto, III. Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano 1988,
eloquente è in Nietzsche. La fenomenologia ermeneutica del sé si colloca su pp. 372-380 [d’ora in avanti, TR III]; ID., Sé come un altro, Jaca Book, Milano
una strada intermedia e più modesta». 1993, pp. 201-230 e 231-262 [d’ora in avanti, SCA].
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ermeneutica della temporalità sull’intelligenza del racconto, L’identità personale e comunitaria viene così pensata in ordine
Ricoeur conclude il proprio percorso argomentando l’ipotesi che ad una piena storicità, nel momento in cui il succedersi degli eventi
invita «a considerare il racconto come il custode del tempo, nella misura e degli incontri viene portato al livello del senso “dicibile” grazie
in cui non vi sarebbe tempo pensato se non raccontato»8. Conside- all’intervento della narrazione, ossia dell’elemento “finzionale” che
rando poi l’intero sviluppo della triplice mimesis (prefigurazione, offre una struttura di mediazione capace di unificare – senza reifi-
configurazione e rifigurazione) nel contesto della poetica del rac- care – l’altrimenti irriducibile eterogeneità del puro vissuto. Si trat-
conto, lo stesso Ricoeur deve rilevare l’emergere di tre plessi apo- ta, in altre parole, di reperire un piano capace di rendere ragione
retici connessi alla temporalità che testimoniano del tendenziale del senso di un’identità che si dà e si fa nella storia, sfuggendo alla
scivolamento – secondo le categorie prese a prestito da Marcel – trappola surrettiziamente metafisica del pensiero postmoderno che
del problema del tempo nell’ambito del mistero. La nozione scivola continuamente tra l’univocità più rigida e l’eterogeneità più
d’identità narrativa costituisce l’ambito d’emergenza della prima scheggiata. Al fine di oltrepassare questa contrapposizione, alquan-
aporia della temporalità, nel contesto più generale in cui Ricoeur to ingessata tra struttura e sovrastruttura ereditata dalla modernità,
ha mostrato l’efficacia del tempo raccontato quanto al conflitto seco- Ricoeur introduce, da un lato, la dialettica tra idem ed ipse e, dall’al-
lare tra tempo fenomenologico (Agostino) e tempo cosmologico tro, la pone a servizio dello sviluppo dinamico dei grandi generi
(Aristotele), insieme al problema del loro reciproco occultamento platonici del Medesimo e dell’Altro, che hanno guidato il dibattito
(Heidegger), sulla linea dell’incrocio tra storia e finzione. È da que- di gran parte della filosofia francese del Novecento10. In questo
sto plesso che viene al pensiero la questione dell’identità narrativa
primo tentativo d’istituire il plesso della soluzione, Ricoeur propen-
per il singolo, così come per la comunità.
de per il senso dell’identità che coincide con l’ipseità:
Dire l’identità di un individuo o di una comunità, vuol dire
Il dilemma scompare se, all’identità compresa nel senso di
rispondere alla domanda: chi ha fatto questa azione? Chi ne
un medesimo (idem) si sostituisce l’identità compresa nel
è l’agente, l’autore? Anzitutto si è risposto a tale domanda
nominando qualcuno, designandolo con un nome proprio. senso di un se stesso (ipse); la differenza tra idem e ipse non
Ma quale è il supporto della permanenza del nome pro- è altro che la differenza tra una identificazione sostanziale
prio? […] La storia raccontata dice il chi dell’azione. o formale e l’identità narrativa. L’ipseità può sottrarsi al
L’identità del chi è a sua volta una identità narrativa. Senza il dilemma del Medesimo e dell’Altro, nella misura in cui la
soccorso della narrazione, il problema dell’identità perso- sua identità riposa su una struttura temporale conforme al
nale è in effetti votato ad una antinomia senza soluzione: o modello di identità dinamica frutto della composizione
si pone un soggetto identico a se stesso nella diversità dei poetica di un testo narrativo. Il se-stesso può così esser rifi-
suoi stati, oppure si ritiene, seguendo Hume e Nietzsche, gurato dall’applicazione riflessiva delle configurazioni nar-
che questo soggetto identico non è altro che una illusione rative. A differenza dell’identità astratta del Medesimo,
sostanzialista, la cui eliminazione lascia apparire solo un l’identità narrativa, costitutiva dell’ipseità, può includere il
puro diverso di cognizione, di emozioni, di volizioni9. cambiamento, la mutabilità, nella coesione di una vita. […]
la storia di una vita non finisce mai d’essere rifigurata da

8 TR III, p. 369.
10 Cfr. V. DESCOMBES, Le même et l’autre. Quarante-cinq ans de philosophie français
9 TR III, p. 375. (1933-1978), Minuit, Paris 1979.
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tutte le storie veridiche o di finzione che un soggetto rac- soggettività non è né una sequenza incoerente d’eventi, né
conta a proposito di sé. Questa rifigurazione fa della vita una sostanzialità immutabile, inaccessibile al divenire. È
stessa un tessuto di storie raccontate11. proprio quel tipo d’identità che soltanto la composizione
narrativa può creare con il suo dinamismo13.

La struttura riflessiva dell’ipseità fa quindi spazio alla rifigura-


zione sintetizzante del molteplice, secondo il modulo ricoeuriano 1.2. L’identità narrativa come chiave di volta dell’identità
della dialettica a sintesi aggiornata, rendendo conto di una storicità personale
che – senza trascendere la temporalità – raggiunge il livello del
senso, attraverso una riconoscibilità e una permanenza nel cambia- Affrontiamo ora alcuni tratti della riflessione dell’identità nar-
mento. Chiaramente questa versione del sé resiste al narcisismo con- rativa così come emergono dagli studi ad essa dedicati nel contesto
temporaneo, in quanto la dinamica della riflessività che lo costitui- di una riflessione più complessiva in Sé come un altro. Come metto-
sce comprende, insieme alla storicità, le dimensioni inalienabili del- no in luce diversi commentatori, l’importante opera di Ricoeur
l’alterità e della cultura. Nell’intreccio tra il carattere – ossia l’elemen- porta a maturità il progetto della fenomenologia ermeneutica del
to fenomenologicamente emergente quanto all’aspetto della perma- sé di cui il tema di cui qui ci occupiamo non è che un aspetto14.
nenza – e il succedersi dei racconti, si dà così per Ricoeur un esempio Con grande chiarezza e capacità di sintesi Hille Haker, pur ricono-
adeguato e fecondo della triplice mimesis di cui sopra, nella consape- scendo che la questione centrale riguardi il rapporto del sé con la
volezza di una certa fragilità costitutiva dell’identità narrativa che temporalità e quindi col divenire, elenca una serie di tratti che deli-
«si fa e si disfa continuamente»12 nel gioco delle narrazioni che neano la nozione ricoeuriana d’identità personale. L’identità di una
incessantemente configurano e rifigurano lo stesso chi di una vita. persona dipende dall’immediatezza corporea (nel senso del Leib
Come Ricoeur dichiarava già in una conferenza, tenuta a Napoli nel
1984, l’identità narrativa si trova nel mezzo tra «puro cambiamento
e identità assoluta», illustrando chiaramente il passaggio dalla tema-
tica della relazione del tempo e del racconto a quella dell’identità di 13 P. RICOEUR, La vita: un racconto in cerca di un narratore, in ID., Filosofia e lin-
una vita nel corso della sua storia: guaggio, a cura di D. Jervolino, Guerini e Associati, Milano 1994, pp. 168-185,
qui, p. 184.
Applichiamo a noi stessi quest’analisi della concordanza 14 Oltre alle sezioni dedicate al tema nelle principali introduzioni al pensiero

discordante del racconto e della discordanza concordante del Nostro, cfr. A. FORNARI, «Identidad personal, acontecimiento, alteridad
del tempo. Appare chiaro, allora, che la nostra vita, colta desde Paul Ricoeur: la atestacion del si-mismo entre “mediación narrativa”
con un solo sguardo, si mostra come il campo di un’attività y “hermenéutica del testimonio”», in Aquinas 39, 2 (1996), pp. 339-365;
costitutrice, derivata dall’intelligenza narrativa, con cui cer- D. JERVOLINO, «Il “cogito” ferito e l’ontologia problematica dell’ultimo
chiamo di ritrovare, e non semplicemente d’imporre dal di Ricoeur», in Aquinas 39, 2 (1996), pp. 369-380; M. S. MULDOON, «Ricoeur
fuori, l’identità narrativa che ci costituisce. Insisto su questa and Merleau-Ponty on narrative identity», in American Catholic Philosophical
espressione di identità narrativa, poiché ciò che chiamiamo Quarterly 71, 1 (1997), pp. 35-52; H. HAKER, «Racconto e identità morale nel-
l’opera di Paul Ricoeur», in Concilium XXXVI, 2 (2000), pp. 278-290;
M. BOUTIN, «Virtualité et identité: l’identité narrative selon Paul Ricoeur et
ses apories», in Études théologiques et religieuses 83, 3 (2008), pp. 367-376;
11 TR III, pp. 375-376. M. CHIODI, «L’identità narrativa ed etica nell’ontologia ermeneutica di
12 TR III, p. 378. P. Ricoeur», in Teologia XXXIV, 3 (2009), pp. 385-415.
110 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 111

fenomenologico), la riflessività, la continuità nel tempo, l’intersog- concetto di relazione, può essere concepito come identità numerica e
gettività, la contestualità, la singolarità ed infine la narratività15. identità qualitativa, per poi mettere in luce l’aspetto di continuità
Più compatta la suddivisione in quattro aree di senso con cui Dan ininterrotta che risulta fondamentale per garantire l’identità nel
Stiver descrive il sé così come viene concepito da Ricoeur: incarna- corso del tempo, tra le fasi estreme dello sviluppo di un medesimo
to (in riferimento a Husserl, Marcel e Merleau-Ponty), narrativo, individuo. Se il tempo funziona qui come elemento generatore di
etico, interpersonale e sociale. Poiché il sé è vita, la sua compren- differenza, andando a confliggere con la stabilità richiesta dalla
sione non può che darsi come storia e la storia – per essere portata nozione d’identità, al nucleo dell’identità-idem – quanto alla perma-
al linguaggio – necessita della narrazione: nenza nel tempo – opera l’idea di struttura che implica l’organizza-
zione del succedersi degli eventi intorno ad un elemento invariabile
In any context, though, Ricoeur argues that narrative is che assume il ruolo di un sostrato sulla base del quale avvengono i
central to human identity. In Oneself as Another, Ricoeur mutamenti, senza implicare il venir meno dell’identità17.
sharpens just what this means, in ways that go beyond La questione posta da un modello differente d’identità, l’identi-
Freedom and Nature and Time and Narrative. Since he con- tà-ipse, propria della persona a differenza delle cose, fa tutt’uno con
cludes that no final determination can overcome the mys- la domanda seguente: è possibile individuare una modalità di per-
tery of selfhood in the way that it combines the subjective manenza nel tempo che non implichi il dispositivo del sostrato? È
and objective, he approaches or approximates it through possibile cioè pensare la permanenza del chi in modo differente
narrative as a mediator16. dalla permanenza di un che cosa? A partire da quest’indagine di
ascendenza personalista, Ricoeur ricorre agli strumenti dell’antro-
Per sciogliere questo mistero, evidentemente nei termini di pologia fenomenologica per individuare due elementi che attestano
Marcel, e per superare le lacune dell’approccio analitico e, in parte, la problematica dell’identità personale come permanenza del
fenomenologico dominante negli studi precedenti a quelli sull’i- tempo. Si tratta del carattere (in cui l’identità-idem e l’identità-ipse
dentità narrativa, Ricoeur distingue due sensi principali in cui tendono a coincidere) e la parola mantenuta (in cui l’ipseità tende ad
viene compresa la nozione d’identità. Si tratta dell’identità-idem affrancarsi dalla medesimezza):
(medesimezza) e dell’identità-ipse (ipseità). Una distinzione essen-
ziale, poiché molti dei “crampi mentali” dovuti all’uso o all’abuso La mia ipotesi è che la polarità di questi due modelli di per-
della nozione d’identità personale risultano dalla confusione o dal- manenza della persona risulta dal fatto che la permanenza
l’oblio di questa coppia semantica. L’elemento determinante indi- del carattere esprime il ricoprirsi quasi completo della pro-
viduato da Ricoeur consiste nel rapporto dei due sensi d’identità blematica dell’idem e di quella dell’ipse una attraverso
alla questione della permanenza nel tempo. l’altra, mentre la fedeltà a sé nel mantenimento della parola
Avendo impostato l’analisi in termini evidentemente kantiani, il data sottolinea lo scarto estremo fra la permanenza del sé e
filosofo francese analizza dapprima l’identità-idem che, in quanto quella del medesimo, e dunque attesta pienamente l’irridu-
cibilità delle due problematiche l’una all’altra18.

15 Cfr. H. HAKER, «Racconto e identità morale nell’opera di Paul Ricoeur», cit.,


pp. 278-282. 17 Cfr. SCA, pp. 204-207.
16 D. R. STIVER, Theology after Ricoeur. New Directions in Hermeneutical Theology, 18 SCA, p. 207. Ricordiamo che con il termine carattere Ricoeur intende:
Westminster John Knox Press, Louisville-London-Leiden 2001, pp. 160-187, «l’insieme delle note distintive che consentono di reidentificare un indivi-
qui, p. 172. duo umano come il medesimo».
112 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 113

È da questa tensione che Ricoeur fa emergere il carattere pres- integrare la permanenza degli attori insieme all’estrema variabilità
soché solutivo dell’identità narrativa quanto al darsi dell’identità degli eventi. La narrazione come «concordanza discordante» e
personale in quanto forma di mediazione (non sintetica, almeno in come «sintesi dell’eterogeneo» comporta, per altro, una caratteriz-
senso hegeliano) tra il carattere e il mantenersi della parola data. zazione originale dell’evento secondo tre caratteristiche: «l’evento
Tale mediazione è resa possibile dal fatto che, da un lato, il caratte- narrativo è definito per il suo rapporto con l’operazione stessa di
re – costituito sulla base dell’abitudine – ha una “storia” e, dall’al- configurazione; esso partecipa della struttura instabile di concor-
tro, chi mantiene la parola data “resiste” per così dire all’azione del danza discordante caratteristica dell’intreccio stesso; è fonte di
tempo che tende a mutare ogni aspetto che si lascia coinvolgere nel discordanza, in quanto nasce, e fonte di concordanza, in quanto fa
movimento del suo fluire. Per comprendere il proprium della rifles- progredire la storia»21. Data questa capacità generativa dell’evento,
sione ricoeuriana è però importante mettere a fuoco come la resi- considerato all’interno del contesto narrativo, fa sì che il personag-
stenza posta dal mantenimento della parola data può essere eserci- gio che si trova coinvolto in esso o ne è l’agente sia pensato secon-
tata solo da un chi, ossia da un soggetto cosciente, cosa che ne spe- do una dialettica nuova – a sintesi continuamente aggiornata – tra
cifica la qualità rispetto alla mera perseveranza cosale. Detto que- l’identità e la differenza. In particolare, dal peculiare rapporto che
sto, l’identità narrativa viene pensata come “mediazione” sul viene istituito tra il personaggio e l’azione nel contesto del fra-
piano della temporalità che oscilla tra due limiti: «un limite inferio- mework narrativo emerge quella che Ricoeur definisce una «dialet-
re, in cui la permanenza del tempo esprime la confusione dell’idem tica interna al personaggio» che offre lo schema con cui possiamo
e dell’ipse, e un limite superiore, in cui l’ipse pone la questione pensare l’identità personale nel gioco di medesimezza e ipseità:
della sua identità senza il soccorso e l’appoggio dell’idem»19. In
questo modo, Ricoeur intende offrire un modello ragionevole e la dialettica sta in ciò che, secondo la linea di concordanza,
condivisibile per pensare quella peculiare continuità nella disconti- il personaggio trae la propria singolarità dall’unità della
nuità propria dell’identità personale. sua vita considerata come la totalità temporale, essa stessa
Il rapporto tra il sé e l’identità narrativa è tematizzato positiva- singolare, che lo distingue da ogni altro. Secondo la linea di
mente da Ricoeur nel contesto del Sesto studio di Sé come un altro, discordanza, questa totalità temporale è minacciata dall’ef-
dopo aver condotto una profonda decostruzione delle posizioni fetto di rottura provocato dagli eventi imprevedibili che la
diversamente dissolutrici di Locke, di Hume e di Derek Parfit costellano di interpunzioni (incontri, incidenti, ecc.); la sin-
quanto al tema dell’identità personale. Lo studio condensa in sé un tesi concordante-discordante fa sì che la contingenza dell’e-
gesto teorico ed uno teorico-pratico. Poiché la nostra prospettiva vento contribuisca alla necessità in qualche modo retroatti-
prescinde metodologicamente dallo sviluppo proprio della teoria va della storia di una vita, sulla quale si modula l’identità
morale (pur essendo decisivo nel progetto di Ricoeur), ci concen- del personaggio22.
treremo sulla prima parte dello studio che intende «portare al suo
grado più alto la dialettica della medesimezza e dell’ipseità, implicita- Si tratta cioè di pensare l’identità del personaggio, che partecipa
mente contenuta nella nozione di identità narrativa»20. La strategia del dinamismo stesso che costituisce l’identità della storia raccon-
ricoeuriana s’attesta sul ruolo dell’intreccio che, una volta “traspo- tata, nel contesto di quella stessa trama. Si giunge così ad un pecu-
sto” sul piano dell’azione dei personaggi, possiede la capacità di liare dinamismo “a ritroso” che tiene insieme, secondo un disposi-

19 21 SCA, p. 233.
SCA, p. 214.
20 22 SCA, p. 239.
SCA, p. 231.
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tivo più aperto della sintesi hegeliana, la totalità singolare del perso- Posizione che Stiver legge all’interno di questa “duplice confes-
naggio con l’imprevedibile eterogeneità degli eventi nel contesto sione” di un filosofo credente, che intende pensare fino in fondo i
della stessa storia con gli stessi personaggi. In questo modo, il piano limiti del tempo raccontato, così come la testimonianza dell’eter-
dell’intreccio rende possibile quella dialettica tra “evento” e nità. Nel concludere il terzo volume di Tempo e racconto, Ricoeur
“ipseità” che consente di pensare quella peculiare forma di perma- giunge a sostenere che:
nenza nel tempo non riconducibile alla categoria della sostanza propria
dell’identità narrativa, per cui il sé è intrinsecamente storico e, per- c’è un altro modo per il tempo di avvolgere il racconto, è
tanto, temporale. E la temporalità, per venire al senso e quindi al quello di suscitare dei modi discorsivi altri che quello narrati-
linguaggio, ha bisogno dell’universo del racconto, per cui dirsi è in vo, che ne dicano, in altro modo, il profondo enigma. Viene
fondo raccontarsi. così un momento, in un’opera consacrata al potere che il rac-
conto ha di elevare il tempo al linguaggio, in cui bisogna con-
1.3. L’identità personale a fronte dell’aporia della totalità fessare che il racconto non è tutto e che il tempo si dice an-
e al limite del racconto cora altrimenti, perché, anche per il racconto, resta l’inscru-
tabile. Per parte mia, sono stato reso attento a questi limiti
L’ultimo riferimento ricoeuriano alla “totalità singolare”, che esterni del racconto dall’esegesi biblica. La Bibbia ebraica, in
costituisce il riferimento dell’identità personale per quanto concepita effetti, può essere letta come il testamento del tempo nei suoi
narrativamente, ci consente di riprendere le ultime aporie della tem- rapporti con l’eternità divina (con tutte le riserve evocate in
poralità, analizzate da Ricoeur in Tempo e racconto III, procedendo precedenza circa l’equivocità del termine eternità)24.
con e oltre quanto ha affermato egli stesso. Come rileva perfetta-
mente Dan Stiver, è in questo frangente che viene alla luce – dal L’aporia della totalità viene affrontata soprattutto cercando di
testo ricoeuriano stesso – il punto di vista teologico, faticosamente pensare una continuità che lasci pensare una possibile unità “plu-
tenuto a distanza dallo stile rigidamente votato alla separazione dei rale” del tempo e della storia evitando di cedere alle lusinghe del-
generi “filosofia” e “teologia” come quello praticato da Ricoeur: l’assoluto proprie di Hegel, così come alle secche del ripiegamento
sull’essere-per-la-morte pensato da Heidegger. In questo senso,
Ricoeur further suggests that the very experience of time is avendo abbandonato la prospettiva della «storia ricapitolata nell’e-
not absolute. He virtually moves from philosophy to theology terno presente del sapere assoluto», Ricoeur propone quella ch’egli
at this point, drawing on how Augustine set time within chiama mediazione imperfetta attraverso la triplice dimensione «del-
the context for eternity. At the beginning and end of the l’attesa, della tradizione e della forza del presente» 25. Mutatis
three volumes of Time and Narrative, Ricoeur turns to this mutandis questa triplice dimensione può essere ritrovata anche nel
theme. His point is to relativize human time and thus to rela- caso del sé, rispetto al tentativo – chiaramente imperfetto – di com-
tivize narrative – in this philosophically modest way, he prenderne la totalità della vicenda storica e vitale, senza cadere
opens the door for theological reflection on the eschatological nuovamente nelle lusinghe di un’identità assoluta accessibile dal
relation of time to eternity23. presente vivente illuminato in senso totale su quella che si rivele-
rebbe, in fin dei conti, un’ulteriore figura della sostanza.

24 TR III, pp. 410-411.


23 D. R. STIVER, Theology after Ricoeur, cit., p. 173. 25 TR III, p. 388.
116 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 117

Ciò detto, occorre anche quanto all’ermeneutica del sé – secondo 2. JEAN-YVES LACOSTE: IL SÉ NELLA PROSPETTIVA
il nostro tentativo di ripensare l’identità narrativa alla luce delle DEL COMPIMENTO
aporie della temporalità posta a conclusione di Tempo e racconto III –
prendere atto dell’impossibilità denunciata da Ricoeur di «pensare il Dopo aver mostrato, attraverso la lettura dell’opera ricoueriana,
tempo»26, il quale manifesta anche quanto al racconto una sorta di la fecondità della nozione d’identità narrativa quanto all’ermeneuti-
inscrutabilità. In questo senso, Ricoeur può dire che «è nel modo in cui ca del sé, intendiamo ora mostrare una via per pensare il sé nell’o-
la narratività è portata verso i suoi limiti che risiede il segreto della sua rizzonte del compimento. La nostra attenzione si è pertanto orienta-
replica all’inscrutabilità del tempo»27. La stessa identità narrativa, ta verso la riflessione di Jean-Yves Lacoste sul tema del rapporto tra
rispetto al problema dell’identità personale, può replicare all’inscru- ipseità ed escatologia, così come emerge dalla lettura di Expérience et
tabilità del tempo che la abita dall’interno nel momento in cui si Absolu e soprattutto del più recente La phénoménalité de Dieu30, di cui
avvicina ai suoi limiti. Quali sono i limiti dell’identità personale? considereremo in particolare l’ottavo studio, Du soi à soi, che tocca
Come pensare – al di là del limite immanentistico comportato dal- da vicino la questione che intendiamo affrontare attraverso una
l’essere-per-la-morte – la totalità narrativa del sé? È a questo punto riflessione che spicca per intensità e complessità31.
che – all’insegna non dell’oscurantismo, ma dell’«esigenza di pensa-
2.1. Il sé tra presente vivente e avvenire assoluto:
re di più e di dire altrimenti»28 – il riferimento alla dimensione del-
Du soi à soi
l’eternità, attinta in modi differenti dalla Bibbia e dall’insegnamento
di sant’Agostino29, dice i limiti della narratività e la possibilità di un
discorso altro. Possibilità che ci sembra colta e praticata, almeno nel-
l’intenzione, dalla riflessione (né filosofica, né teologica) praticata da La riflessione di Lacoste si muove, com’è noto, in modo da
Jean-Yves Lacoste quanto alla relazione tra il sé e il compimento smarcarsi fenomenologicamente dai presunti ambiti già costituiti
all’interno di quella prospettiva escatologica che “filosoficamente” denominati “filosofia” e “teologia”. Pur ammettendo l’esistenza di
Ricoeur preferisce considerare ai limiti della narrazione. questioni che interessano, in quanto tali, esclusivamente il filosofo
o il teologo, Lacoste sostiene la felice neutralità della fenomenolo-
gia rispetto a tale distinzione di campi compiuta in modo apriori-

26 TR III, p. 395. 30 J.-Y. LACOSTE, Expérience et Absolu. Questions disputées sur l’humanité de
27 TR III, p. 408. l’homme, PUF, Paris 1994 [d’ora in poi EA]; ID., La phénoménalité de Dieu.
28 TR III, p. 413.
Neuf études, Les Éditions du Cerf, Paris 2008 [d’ora in poi PD]. Per
29 Cfr. TR III, pp. 400-402. Per quanto riguarda gli studi sul rapporto tra il sé e
un’introduzione generale al pensiero di Lacoste, cfr. G. C OSTANTINO ,
la Scrittura, presentati alle Giffords Lectures da cui fu tratto Sé come un Paradosso e gloria: una lettura teologico-liturgica dell’esistenza cristiana. Analisi e
altro, così come per la relazione tra Ricoeur e sant’Agostino, cfr. M. W. confronto con il pensiero di Jean-Yves Lacoste, pref. di J.-Y. Lacoste, postfaz. di
DELASHMUTT, «Paul Ricoeur at the foot of the cross: narrative identity and S. Ubbiali, Cittadella, Assisi 2008; J. SCHRIJVERS, An Introduction to Jean-Yves
the resurrection of the body», in Modern Theology 24, 4 (2009), pp. 589-616, Lacoste, Ashgate, Farnham 2012.
in particolare, p. 603: «Augustine depicts with great clarity the power of 31 Non a torto vi è chi ha descritto l’ottavo studio affermando che è «par excel-
confessional reinterpretation when applied to personal identity. His con- lence la partie la plus difficile du recueil», cfr. J. SCHRIJVERS, Recensione a
fessed self is an example of a narrative identity which anticipates Ricoeur’s La phénoménalité de Dieu, in Revue Philosophique de Louvain 107/4 (2009),
philosophical anthropology at a number of points». pp. 748-754.
118 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 119

stico, in forza dell’assunto secondo il quale noi siamo «splendide- richiede, per Lacoste, forte delle analisi sulla temporalità di
ment incapables»32 di decidere a priori ciò che può apparirci. Per Agostino e di Husserl, la considerazione della drammaticità, se
non parlare della giurisdizione disciplinare alla quale ciò che appa- non di una certa tragicità, inscritta nel presente così come viene
re dovrebbe afferire o meno. Lo stile di Lacoste, non ritenendo di vissuto nel modo d’essere dell’uomo.
poter individuare dei limiti precisi tra le due discipline, si attesta Ma andiamo per gradi. L’analisi del presente effettivamente
su di una «région frontalière»33, nella quale il pensatore non può esperito esclude, da un lato, che il tempo possa essere pensato come
collocarsi precisamente, ma è chiamato a concentrare la propria un oggetto a fronte della coscienza e, dall’altro, che si dia qualcosa
attenzione sui modi di apparizione. In questo modo, la fenomeno- come un’esperienza atomica dell’istante temporale, una sorta di pre-
logia è praticata – al di là di ogni possibile delimitazione previa – sente as-soluto, ossia sciolto dai legami con il flusso temporale nel
in modo radicale. quale l’esperienza si costituisce. Il presente dell’esperienza, infatti,
La radicalità della descrizione fenomenologica praticata da La- può essere descritto fedelmente solo se si considera il flusso tempo-
coste ben emerge rispetto al problema della costituzione del sé nel rale come «proto-fenomeno» (l’espressione è husserliana) che esclu-
saggio Du soi à soi, in cui il rapporto tra ontologia e temporalità de ogni reale ripetizione34. Struttura, questa, che non funziona al
viene a determinare l’orizzonte della ricerca volta ad offrire una modo del trascendentale e insieme non condanna ad un dualismo
considerazione dell’ipseità capace di sottrarsi sia ad una soluzione che intenderebbe sottrarre la coscienza ad ogni temporalità, fissan-
metafisico-razionalista, sia alla rassegnazione empirista, in forza di dola in un astratto “intemporale” cui verrebbero dati l’apparire e lo
un’apertura insieme fenomenologica ed escatologica, che conduce scomparire dei fenomeni. Piuttosto si tratta per la coscienza di «esse-
Lacoste a pensare in termini tali da mettere tra parentesi la separa- re presa» nel flusso temporale, di modo che «ce qui apparaît et ce
zione tra filosofia e teologia. pour qui il y a apparition ont en commun d’être temporellement. Le
L’apertura del saggio, che tiene conto sia degli esiti della rifles- temps mesure donc le soi et l’autre que soi qui lui apparaît»35. Tale
sione di Husserl sulla fenomenologia del tempo, sia della reimpo- descrizione è rafforzata, secondo Lacoste, dall’esigenza fenomenolo-
stazione del problema ontologico in termini di temporalità com- gica di abbandonare il dualismo cartesiano e di considerare come
piuta da Heidegger, pone la distinzione essenziale tra le cose che si l’io stesso sia consegnato al tempo, in quanto non può che essere
danno come un “in sé”, indifferente al tempo, in quanto esistono al pensato insieme al corpo, in un’unità inscindibile. Il presente dell’io
modo del “per sempre” (ad es., i numeri, le leggi logiche, le opere vivente come soggettività incarnata è il presente vivente dell’espe-
d’arte), e ciò che noi siamo. L’introduzione della quaestio de homine rienza, di cui si ha coscienza nella durata che funge da orizzonte
stesso del sé e di ciò che appare alla coscienza36.

32 PD, p. 9. 34 Cfr. PD, p. 180.


33 PD, p. 10. Nel medesimo volume la questione della collocazione disciplinare 35 PD, pp. 180-181.
viene affrontata più ampiamente nel primo studio dedicato a Kierkegaard 36 Passando dal problema del tempo a quello topologico, centrale per la feno-
e intitolato La frontière absente. Philosophie et/ou théologie dans le Miettes menologia della liturgia offerta da Expérience et Asbolu, si può rilevare
philosophiques, cfr. PD, pp. 15-32. La medesima convinzione era già stata un medesimo gesto di esclusione del dualismo cartesiano, cfr. EA, p. 27:
affermata in Expérience et Absolu, laddove, riferendosi in apertura all’antro- «En englobant en effet la “vie spirituelle”, ou la prière, et les expressions
pologia, Lacoste sottolineava come «philosophique ou théologique, peu topologiques qu’elles reçoivent, la “liturgie” est en effet ce concept qui
importe, on verra que la frontière supposé des deux savoir tend à dispa- nous interdit la dissociation ruineuse de l’intérieure et de l’extérieur,
raître en ces pages consacrées à dresser, ò trop grande échelle peut-être, la du “corps” et de l’“âme”: à penser en termes de liturgie, nous sommes
carte d’une région de confins» (EA, p. 1). toujours contraints de penser aussi en termes de lieu».
120 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 121

Lungi dall’essere vissuta come unità riconciliata in se stessa, do il divenire stesso del sé a manifestazione accidentale di una sostanza
l’esperienza vive di un’intrinseca drammaticità dovuta al darsi stes- permanente ed essenzialmente inscalfibile, viene interpretato da Lacoste
so del flusso, la cui continuità è travagliata dall’atto di recezione e – attento alla dialettica della continuità e della discontinuità propria del-
costituzione di ciò che appare: «la discontinuité des expériences, l’ipseità nella sua datità – come una «stratégie d’immunisation»39 dalla stes-
phénomène primordial, doit toujours compter avec la présence sa drammaticità dell’intreccio di ontologia e temporalità che si dà con il
continuée de celui qui dit “je” maintenant, qui disait “je” hier, et qui sé. Strategia che è destinata ad infrangersi sugli scogli della controfattua-
entend bien qu’il s’agisse ici et là d’un même “je”»37. Tale dramma lità. In ultima analisi, la storia in cui la soggettività si dà a pensare non
dell’identità e della differenza, se così possiamo dire, assume poi può essere interpretata come la pura manifestazione di un decorso acci-
toni di tragicità – sottolinea Lacoste – nel momento in cui l’espe- dentale alla comprensione del sé. Se la strategia metafisica ricorda il pri-
rienza della non coincidenza tra il percepito e il rammemorato, ma- mato dell’identità, della continuità e il principio che l’essere al modo
nifesta un certo primato dello scomparire sull’apparire. Situazione della temporalità non significa essere destinati all’annullamento, tuttavia
che Lacoste non tarda a connettere, oltre alla correlazione intenzio- occorre riservare uno spazio più decisivo a quanto l’esperienza ci offre
nale tra il cogito e i cogitata, con la stessa struttura incarnata del sé, nei termini della discontinuità, della memoria e dell’oblio, dell’opacità
sul cui corpo e la cui carne, uniti in modo indissociabile, il tempo che l’io vive rispetto alla propria ipseità. Da un punto di vista più teoreti-
agisce in modo irreversibile rendendoli altro da sé. Si è quello che si co, si tratta di salvaguardare la differenza tra la sostanza e l’esistenza:
era? Questa domanda fa emergere l’identità tragica dell’uomo,
immerso costitutivamente nel flusso temporale al punto che: si la substance enfin est le secret du soi, il est obvie que
«l’amnésique n’a pas seulement perdu une portion de sa vie, mais nous pouvons lui attribuer l’être, si nous le décidons, mais
une portion de soi. Et plus globalement, l’impossibilité de la répéti- nullement l’existence. L’homme existe, et lui seul. […] Il est
tion exacte force celui qui dit “je suis” à dire aussi “j’ai été”»38. malheureusement certain, à l’encontre de toute théorie de
L’irreversibilità temporale, rispetto ad ogni ritorno delle cose stesse, l’identité substantielle, que c’est d’existence que l’identité
segna uno scarto umanamente irriducibile tra ciò che è e ciò che è du “je” est fait; et qu’un concept physique-métaphysique
stato e, ancor più da vicino, tra ciò che sono e ciò che sono stato. Uno comme celui de substance ne permet de penser qu’un en-
scarto che lascia apparire il proprio del presente vivente e, insieme, deçà de l’existence, ou plûtot un à-côté40.
consente di aprire la domanda sull’essere (o sul non-essere) di ciò
che è stato in quanto tale, dalla cui chiarificazione dipende molto L’intento di Lacoste è quindi quello di pensare in maniera non
della risposta alla domanda sulla continuità nell’identità del sé. metafisica l’ipseità per evitare di mancare fenomenologicamente il
Coerentemente con uno sguardo fenomenologico che ricerca ciò che proprio obiettivo, descrivendo una cosa immutabile che è al modo
si dà come si dà e nei limiti in cui si dà, Lacoste prende le distanze dalla della semplice presenza (come il sé sostanziale della metafisica
soluzione metafisico-razionalistica consistente, in ultima analisi, nell’i- razionalista) invece dell’esistenza in cui ne va’ del sé.
dentificare il sé con la perpetua presenza della sostanza, escludendo così
ogni genesi ed ogni storia dell’ipseità, foss’anche – e qui s’intravvede il 2.2. La nozione di distensio: l’unità della storia del sé
problema escatologico – quella dell’avvenire assoluto aperto dalla riflessio-
ne teologica. Pensare il sé attraverso il ricorso all’espressione formulata La messa a fuoco della relazione tra il tempo e il soggetto passa
da Severino Boezio per l’eternità divina, «tota ac simul possessio», riducen- per Lacoste attraverso la ripresa, fenomenologicamente avvertita,
della nozione agostiniana di distensio, in modo da sottolineare la

37 PD, p. 181. 39 PD, p. 184.


38 PD, p. 182. 40 PD, p. 185.
122 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 123

dissonanza rispetto ad ogni teoria sostanzialistica del sé, tesa a Nel modo d’essere della distensio, il sé viene ad essere colto nel
neutralizzare la dimensione della temporalità e a ridurre all’indif- suo venire a se stesso e, in questo distendersi tra un passato e un
ferenza ogni discontinuità tra il sé e la coscienza. La distensio ago- avvenire, Lacoste può affermare che la soggettività ha una storia42.
stiniana viene così contrapposta alla tota ac simul possessio, di boe-
ziana memoria, attraverso la quale il soggetto viene ad essere inde- 2.3. La ricapitolazione: l’affacciarsi dell’escatologico
bitamente caricato di una consistenza divino-metafisica: in tale al pensiero
immutabile onnipresenza a se stesso risultante dalla via sostanzia-
listica, così come la descrive Lacoste, vengono meno quei tratti che Il concetto di ricapitolazione, di cui viene assunta un’accezione
caratterizzano l’esperienza di sé che fanno l’umanità dell’uomo. più generale rispetto all’origine riconosciuta nella teologia paolina
In questo contesto assume un ruolo decisivo il passaggio dalla (cfr. Rm 13,9 e Ef 1,10), sembra essere introdotto da Lacoste per cir-
considerazione, piuttosto astratta e concettuale, del nunc stans a coscrivere la questione dell’intero, così come può essere pensato
quella fenomenologicamente adeguata del presente vivente per il rispetto ad un’esistenza costitutivamente dispiegantesi temporal-
quale l’esperienza di sé è sempre aperta e, per così dire, abitata mente. Vi è ricapitolazione rispetto alla realtà diveniente del rap-
dall’intrinseca molteplicità, unificata nello stesso distendersi del porto di sé a sé? Si dà, in altre parole, un orizzonte ultimo e insie-
flusso temporale, della ritensione e della memoria, così come della me capace di rammemorare l’intero del sé? Nel saggio di Lacoste è
protensione e dell’attesa. In questo senso, sottolinea Lacoste, con l’introduzione della ricapitolazione, presumibilmente come ulti-
l’esperienza di sé è sempre una coesperienza, per cui l’io presente ma riconduzione all’unità, che l’escatologico si affaccia al pensiero.
si dà insieme all’io passato e all’io a venire, nell’ambito di una Tale affacciarsi, da un lato, determina il ripensamento critico della
durata che testimonia del carattere vivente del sé e, quindi, della stessa assunzione della distensio e, dall’altro, apre al confronto non
sua costitutiva storicità. Il sé che si dà nel presente vivente testimo- meno critico con il modo di pensare il rapporto tra soggettività e
nia di uno svolgersi nel tempo che collima con l’essere nel mondo compimento offerto dalle filosofie di Hegel, Husserl e Heidegger.
e nel suo svolgersi non si dà come un eterno ritorno del medesimo, La distensio riguarda l’esperienza che l’io fa di sé in quanto costi-
ma spesso come un essere profondamente toccati da ciò che siamo tutivamente temporale, ossia nei modi della ritenzione, dell’affezio-
stati e da ciò che saremo, senza consegnarsi, per questo, alla trage- ne e della protensione, così come in quelli della rammemorazione,
dia della disgregazione, in forza dello stesso darsi come distensio. del presente vivente e dell’attesa. Caratterizzate dal flusso e dalla
La presa di distanza dal concetto di sostanza si concretizza con la peculiare dialettica che ne costituisce la dinamica, la distensione per-
comparsa della nozione di evento che viene a definire lo statuto mette all’io di ritrovarsi come il medesimo, escludendo il caso della
ontologico del sé nell’atto del suo percepirsi come vivente: pura ripetizione, in ogni ricorso o in ogni attesa e, tuttavia, sottolinea
Lacoste, «nous avons affaire à des expériences qui mettent toujours
mon identité est de l’ordre de l’événement autant que du le moi en jeu – mais qui ne le mettent jamais intégralement en jeu»43.
«fait», et que c’est sur le mode de l’événement che je m’en sai-
sis ou m’en ressaisis. Si donc ce qui «arrive» à une substance
est de presque peu d’intérêt, parce qu’elle demeure sous tous
ses accidents, le soi, perçu comme «distendu», perçu d’autre 42 Non sembra del tutto marginale segnalare la presenza di assonanze tra il
part dans son expérience de ce qui lui est donné sur un mode modo di pensare la distensio offerta da Lacoste e quanto scrive sul medesi-
temporel, n’est lui-même que temporellement 41. mo tema H. U. VON BALTHASAR, Il tutto nel frammento. Aspetti di teologia della
storia (Opere, sezione settima, Preghiera e mistica, vol. XXVII), Jaca Book,
Milano 1990², pp. 6-9.
41 PD, pp. 188-189. 43 PD, p. 191.
124 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 125

La distensio non consente, per il suo stesso darsi, che ci si possa affi- L’apporto della fenomenologia husserliana, nella prospettiva
dare a qualsiasi teorizzazione che postuli la presenza a se stessi in interpretativa di Lacoste, dando largo spazio all’esperienza del
totalità e, tuttavia, apre ad una concezione del sé che consente il ri- ricominciamento (immer wider), consente di riprendere i momenti
conoscimento attraverso la molteplicità temporale dell’esperienza. del costituirsi del fenomeno e, tuttavia, quest’attenzione genealogi-
Un sé capace di riconoscersi al di là dei limiti posti dalla coscienza ca – che comprende uno dei sensi della ricapitolazione – viene
e dall’io, in quanto capace di intuire che i limiti della coscienza non esercitata a scapito proprio della definitività della ricapitolazione.
sono i limiti dell’esistenza: così come io, ricordandomi di come ero, Il pensiero husserliano conosce una ricapitolazione ricorsiva, a sin-
posso abitare tale ricordo riconoscendomi senza percepirmi come tesi sempre aggiornantesi, ma manca il tratto propriamente escato-
pura ripetizione di quel che ero, così posso riconoscere che vi è logico: «le présent vivant est infiniment vivant, mais cet infini n’a
qualcosa di me che eccede l’io di cui ho coscienza, che il sé ha delle jamais tournure eschatologique»46. Quello che manca sembra esse-
dimensioni inconsce e infine che «ce que “je suis” déborde de fait re la possibilità di pensare insieme le dimensioni della simulta-
sur quoi la conscience a emprise. La conscience peut aussi se neità, della definitività e della totalità, dimensioni costitutive della
“perdre” (“perdre la con science”, s’endormir) sans que nous ces- nozione di ricapitolazione cui Lacoste fa riferimento, quasi a voler
sions d’être»44. In altre parole, sembra che per Lacoste il ricorso assumere per altra via l’orizzonte referenziale intenzionato dalla
alla fenomenologia della distensio, pur permettendo di descrivere tota ac simul possessio di Boezio.
l’esistenza senza cadere nel dualismo astratto in cui si arena la La critica che Lacoste rivolge allo Heidegger di Essere e tempo
metafisica sostanzialista e razionalista, manifesti tutta la propria colloca quest’ultimo accanto ad Hegel, benché sotto un aspetto dif-
inadeguatezza di fronte alla domanda posta dalla ricapitolazione, ferente. Pur riconoscendo la costitutiva storicità del Dasein e il fatto
perché fondata sul punto di vista della coscienza nel quale, come è che ogni storia conosca la propria dimensione escatologica (l’essere-
stato detto, ne va dell’io, ma non del sé nella sua integralità. per-la-morte, ci sembra di capire), tuttavia il fatto che Heidegger
Sull’altro versante, il confronto con le filosofie di Hegel, di scelga la via della «résolution anticipante»47 (l’assunzione dell’esse-
Husserl e di Heidegger consente a Lacoste di confrontarsi con mo- re per la morte nell’autenticità, se comprendiamo bene48) lo priva
di differenti di pensare ciò che lui intende con ricapitolazione, pur della possibilità di pensare la ricapitolazione. E questo, non per
mostrando come l’esito di tali indagini approdi ad una concezione l’ovvia ragione che il soggetto si troverebbe chiuso in una finitezza
ancora fondamentalmente legata alla provvisorietà di questo ingiustificata, quanto perché, secondo Lacoste, Heidegger – tra il
momento tendenzialmente escatologico del pensare.
Il rapporto di Lacoste con Hegel è combattuto: egli riconosce
all’autore della Fenomenologia dello Spirito di aver pensato la ricapitola-
zione nella figura del sapere assoluto, come esperienza insuperabile. 46 Ivi.
Tuttavia, se in Hegel l’escatologico si affaccia al pensiero per quanto 47 PD, p. 194.
riguarda l’ambito del sapere, tuttavia si tratta sempre di una «réca- 48 Per l’interpretazione di questo passaggio del testo di Lacoste abbiamo trovato

pitulation précaire»45: il sapere assoluto può essere perduto, ci con- un buon riscontro in M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Longanesi, Milano 199511,
duce a trascurare le tappe che ne hanno permesso dialetticamente § 53 «Progetto esistenziale di un essere-per-la-morte autentico», in particolare,
l’acquisizione e, infine, il saggio è comunque destinato alla morte. p. 323: «Ciò che caratterizza l’essere-per-la-morte autenticamente progettato
sul piano esistenziale, può essere riassunto così: L’anticipazione svela all’Esserci
la dispersione del si-Stesso e, sottraendolo fino in fondo al prendente cura avente
cura, lo pone innanzi alla possibilità di essere se stesso, in una libertà appassionata,
44 PD, p. 192. affrancata dalle illusioni del Si, effettiva, certa di se stessa e piena di angoscia:
45 PD, p. 193. LA LIBERTÀ PER LA MORTE».
126 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 127

cominciamento assoluto della nascita e l’avvenire assoluto della 2.4. Sostanza e storia: per un’escatologia del sé aperta
morte, occupandosi unicamente del fenomeno della cura – non valo- all’avvenire assoluto
rizzerebbe a sufficienza la storia del sé che si dipana tra questi due
momenti fondamentali. Mancando così la considerazione che questa La via che Lacoste intraprende per aprire ad un pensiero del-
storia è costitutivamente plurale, così com’è convinzione di Lacoste l’autentica ricapitolazione, senza cadere nel fissismo e nel duali-
che «l’événement se laisse communément penser au pluriel»49. smo della sostanzializzazione del sé operata dalla metafisica razio-
Pluralità, quella che accade tra la nostra nascita e la nostra morte, nalista, consiste nel tentativo di pensare insieme sostanza e storia
che nessuna anticipazione potrebbe riportare all’unicità, mentre in modo da aprire ad un pensiero filosofico che attinga alle risorse
sembra essere tale il tentativo heideggeriano, solidale, in questo, escatologiche proprie della tradizione teologica.
con il gesto hegeliano che pensa un solo movimento tra la cono- Il primo passo consiste nel riconoscimento, dovuto all’attraversa-
scenza sensibile e il sapere assoluto. In questo modo, Lacoste ritro- mento della filosofia heideggeriana, della storicità costitutiva del sé.
va anche in Heidegger l’accertamento di una ricapitolazione solo Chi dice “io sono” dice intrinsecamente, ma in modo non esaustivo,
provvisoria, perché incapace di pensare la differenza non riducibi- chi io ero e chi sarò, in quanto il sé si dà a pensare nell’ordine dell’e-
le in cui la storia del sé si dà. Tale constatazione consente di rende- vento e non certamente in quello della cosa di cui propriamente si
re meno assurdo il pensiero di un al di là del sapere assoluto o del- può dire semplicemente che “è”. Il sé sfugge ad ogni pretesa di dirsi
l’essere-per-la-morte, figure “secolarizzate” dell’escatologico: a partire da ciò che è puramente hic et nunc, perché la propria entità
travalica ogni immediatezza e il suo darsi storicamente non consen-
L’idée d’un au-delà du savoir absolu est-elle absurde? te alcuna riduzione del sé all’io sono. Secondo una convinzione
L’idée d’un au-delà de l’être vers la mort l’est-elle aussi? Pas caratteristica di Lacoste, è possibile conoscere quanto il sé consegna
vraiment. Et si aucune philosophie saine ne peut me deman- alla storia di cui possiamo fornire un racconto, ma questa sarà sem-
der de faire l’inventaire intégral de ce que j’ai été ou, si l’on pre parziale in quanto non può comprendere né la preistoria del sé
veut, de ceux que j’ai été, il est au moins certain que toute (la «vie prénatale»51), né il proprio compimento. La provvisorietà di
récapitulation n’est qu’en étant provisoire. Le tout de ce que ogni ricapitolazione, inscritta nella storicità essenziale del sé, porta
nous sommes nous est inaccessible de multiples manières50. Lacoste a recuperare la categoria del “penultimo” cui aveva dato
ampio spazio in Expérience et Absolu: «les “dernières expériences” ne
sont peut-être qu’avant-dernières»52.
49 PD, p. 194. In questo modo, Lacoste può approdare ad una singolare dialet-
50 Ivi. Lacoste aveva già criticato l’impianto hegeliano dell’escatologia realiz- tica in cui il sé trova il proprio compimento in una prospettiva
zata nel presente del saggio detentore del sapere assoluto, in EA, § 45
«Savoir et eschatologie», pp. 139-142 e § 50 «L’eschaton et le présent»,
pp. 156-159. In particolare, ci sembra importante sottolineare come Lacoste
legga nella concezione hegeliana del compimento una sostituzione filosofi- 51 Cfr. PD, p. 192.
ca di un tema teologico classico, cfr. EA, p. 140: «Le savoir en effet absorbe 52 PD, p. 196. Il riferimento è relativo a quella “logica delle cose penultime”
(presque) tout, et représente en fait un substitut de la vision beatifique» e che lascia intravvedere l’umanità dell’uomo, cfr. ad esempio EA, p. 169:
EA, p. 150: «Il n’est rien de plus que l’homme puisse savoir, et il ne porrai «L’avant-dernier, dira-t-on, médiatise l’opposition du provisoire et du défi-
le savoir mieux – la distinction classiquement établie entre la théologie des nitif. N’étant à strictement parler ni l’un ni l’autre, il permet de penser à la
mortels (theologia viatorum) et la théologie des anges ou des bienheureux fois leur distinction et leur conciliation. Sa logique est une tierce logique: ni
(theologia comprehensorum) saute donc, et le savoir absolu est bien, on le celle d’une eschatologie réalisée, ni celle d’une historialité que l’eschaton
disait plus haut, un substitut de la vision béatifique». laisserait inentamée».
128 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 129

escatologica, la cui assunzione ridimensiona la conoscenza di sé La distinction du moi (du «je») et du soi, du coup, nous dit
che si può avere hic et nunc ad un più umile gioco tra affermazione seulement que l’existence excède la conscience. […] Le soi
di sé e nescienza parziale, in quanto proprio la complicità di so- n’est (ou ne serait) pleinement connaissable que sur un
stanza e storia permette di pensare che il sé trascende – in senso mode eschatologique, et nous ne pouvons octroyer à aucu-
fenomenologico53 – ogni atto della conoscenza e della volontà che ne expérience présente le caractère de l’eschatologique54.
si rivolge ad esso posto dall’io. In altre parole, il recupero di quan-
to era custodito dalla nozione di sostanza avviene attraverso il pas- L’esigenza di un escatologico che custodisca il senso del compi-
saggio per l’escatologia, interpretandola come avvenire assoluto e mento del sé proviene anche dall’osservazione, questa volta critica
in questo modo sottraendola al dualismo della metafisica raziona- di Heidegger, rivolta al fatto che, quand’anche l’unico avvenire
lista che l’opponeva come invariante ontologica soggiacente ad assoluto che possa essere pensato nella dimensione dell’esistenza
un’accidentale manifestazione propria del divenire. In ogni atto fosse la morte – essere-nel-mondo equivale ad essere-per-la-morte
dell’io che dice il sé nel flusso temporale si dà insieme e in modo –, tuttavia, osserva Lacoste, non potendovi essere percezione di sé
irriducibile l’adombramento parziale della totalità del sé, del gioco dopo la morte tale da dare un senso compiuto alla ricapitolazione,
profondo della sua continuità e delle sue discontinuità, lungo il l’accettazione della nescienza di sé prevale rispetto ad ogni antici-
darsi della propria storia rispetto al momento presente e oltre que- pazione della propria fine.
sto stesso momento. Il ricorso all’escatologico diviene costitutivo A questo punto, intendendo tenere insieme sostanza, storia ed
nel momento in cui si riconosce fenomenologicamente che esistenza – nel confronto critico soprattutto con Hegel e Heidegger
l’esistenza del sé, sostanzialmente e storicamente data, eccede la –, Lacoste percorre l’ipotesi di una radicale impossibilità di defini-
coscienza di sé che l’io può in ogni presente vivente restituire. La re hic et nunc l’eschaton, gesto che è tutt’uno con l’appello alla teolo-
soggettività recupera così consistenza ontologica rispetto a quanto gia intesa come il «logos proprio» dell’escatologia, in cui sostanza e
di essa si manifesta storicamente, evitando, da un lato, il dualismo avvenire assoluto possano essere pensati coerentemente:
tra sostanza e storia e, dall’altro, di ridurre il sé alla trasparenza di
una coscienza il cui presente realizza hic et nunc ogni possibile Une eschatologie capable d’assurer au moi une identité qui
eschaton. Lacoste, prendendo congedo da Hegel, senza smarrirne i déborde l’être-vers-la-mort, et qui refuse de penser ce
vantaggi, restituisce all’escatologico il proprio carattere di definiti- débordement comme possession définitive de soi nous per-
vità e totalità a venire, ridimensionando la conoscenza di sé che in mettrait d’abord de maintenir le lien de la substance et de
itinere si può conseguire. l’être-en-devenir, en d’autre termes de penser la substance
come détenant essentiellement un avenir 55.

Pensare la sostanza in termini di avvenire comprendendo quin-


di la storicità, significa, procedendo dalla concezione teologica del-
l’eternità come vita e come conoscenza dell’infinito divino, che
«l’avenir absolu n’est pensable que comme histoire éternelle»56.
53 Riteniamo che la dinamica di manifestazione e trascendenza che si dà feno-
menologicamente nella percezione della cosa, istituendo la dialettica tra
visibilità e invisibilità, si possa ritrovare analogicamente, nel caso di
54 PD, p. 196.
Lacoste, considerando la variabile della storicità, nel gioco tra affermazione
55 PD, p. 198.
e nescienza parziale di sé. Lacoste ha fornito la propria interpretazione
56 PD, p. 199.
della trascendenza fenomenologica in PD, pp. 33-39.
130 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 131

Avendo conseguito la possibilità di escludere che la morte L’être-dans, ici comme dans la logique de l’existence, est un
possa essere pensata come l’evento definitivo, Lacoste può proce- être-vers et un être-en-avant-de-soi. Mais face à l’Absolu, le
dere a delineare l’ipotesi della postesistenza in cui il sé, sciolto dal «je» ou ce qui se substitue à lui ne peut être pensé que
modo d’essere dell’esistenza e pertanto dell’essere-nel-mondo, si comme dans une situation de passivité plus grande que
darebbe al modo di un «événement éternel»57 capace di esprimere toute activité. Dieu se donne, et la réceptivité surplombe
compiutamente la ricapitolazione di ciò che è esistito, senza nécessairement toute spontanéité […]. Mieux encore, si
l’inquietudine di ciò che non è più, in quanto fondato non sulla nous laissons de côte le concept de con science, un moi défi-
progettualità del soggetto, quanto su di una continuità propria del ni comme «ouverture», et totalement ouvert à Dieu, permet
disegno divino. In tale ipotesi il compimento escatologico della que Dieu s’empare de lui à sa convenance. On «voit» donc
soggettività viene a darsi attraverso la partecipazione dell’io finito ce qu’il laisse «voir», tel qu’il se laisse «voir», sans que notre
all’eterna donazione dell’Infinito che, in quanto tale, è beatificante. «voir» laisse intervenir ses intérêts ou ses choix59.
Prossimo alla concezione classica della visio beatifica, Lacoste se ne
differenzia tramite il riconoscimento anche all’io escatologico di L’io escatologico, nel modo d’essere della postesistenza, oltre-
una dimensione storica, costitutiva del sé, al di là del modo d’esse- passa anche i contorni della soggettività così come la esperiamo
re dell’esistenza e, quindi, dell’essere-nel-mondo: «le définit ne se
per lasciarsi pensare come apertura in cui ad un divenire eterno
laisse pas seulement penser comme – jouissance – de la présence
corrisponde una ricapitolazione eterna, in quanto l’accesso a sé
divine, mais comme réception de la toujours plus grande présence
de l’infini au fini. L’événement pour le coup est sans fin»58. Anche avviene attraverso l’esclusivo interessamento all’altro da sé. Quasi
l’eschaton si trova così a conoscere una relazione dinamica in cui a dire, che l’ipseità è escatologicamente custodita come tale
l’esaudimento del desiderio naturale di vedere Dio viene a compiersi dall’Altro da sé nel perpetuo accesso a sé reso possibile dall’evento
in una storia eterna, in cui trova il proprio senso ultimo la menzio- dell’incontro con Dio. Il pensiero della ricapitolazione costituito
ne stessa di un avvenire assoluto. teologicamente ed escatologicamente sull’avvenire assoluto con-
Procedendo dalla riflessione sulle apparizioni del Cristo risorto, sente così a Lacoste di pensare insieme sostanza e storia, evitando
Lacoste mostra come è possibile pensare la destinazione escatolo- la reificazione metafisico-razionalistica del sé e le sue aporie, così
gica della soggettività in quanto coscienza che viva al di là dell’esi- come le derive di chi ne afferma l’illusorietà.
stenza, in quanto essere-nel-mondo. A tale dimensione ontologica
viene sostituito un nuovo modo d’essere, l’essere-in-Dio, in cui il 2.5. Oltrepassare, in modo non nichilistico, la sostanzialità
soggetto, vivendo in un rapporto di postesistenza rispetto all’Asso- del sé con Ricoeur e Lacoste
luto, conosce la fine di ogni rapporto a sé così come l’ha conosciuto
esistendo, in primis quello determinato dall’essere-per-la-morte e Se la riflessione di Lacoste si pone esplicitamente al di là della
dalla sua anticipazione. L’essere-in-Dio apre ad un’autentica rica- rigida divisione – moderna, troppo moderna! – tra generi “filosofi-
pitolazione di sé nella linea del dono inesauribile, che costituisce co” e “teologico”, su di un piano di aperta (e feconda) contaminazio-
l’ipseità come lasciar essere e lasciarsi donare, in cui si dà ne, Ricoeur è sempre stato molto attento a separare quelli ch’egli
l’incontro dell’infinito e del finito, senza che quest’ultimo si chiuda chiamava la “critica” (argomentazione filosofica) e la “convinzione”
autoreferenzialmente su se stesso:

57 PD, p. 200.
Ivi.
58 59 PD, p. 202.
132 M. SALVIOLI Esatologia e narrazione. Temporalità, eternità ed ipseità in Ricoeur e Lacoste 133

(riflessione, latu sensu, teologica)60. Ricoeur è sempre stato così fer- sione ricoeuriana impostata sulla base dell’identità narrativa per
reo nell’esercitare questo stile? Non possiamo ancora dirlo, eppure rapporto ad una più ampia fenomenologia ermeneutica del sé.
siamo persuasi della correttezza di una posizione ermeneutica Tale prosecuzione, resa possibile dalla considerazione di alcune
come quella avanzata da Stiver, che legittima la comparazione che prospettive propriamente teologiche, apre ad una rilettura della
abbiamo istituito nel corso del presente contributo: stessa opera di Ricoeur capace di tenere insieme le riflessioni filo-
sofiche e le meditazioni scritturistiche62. In questo senso, il tentati-
Ricoeur’s entire philosophical project can be regarded as an vo qui condotto di accostare le riflessioni sul sé di Ricoeur e di
anthropology. It represents a truly postmodern view of the Lacoste vuole mostrare la fecondità, da un lato, dell’apertura
self, rich in range and nuance. What is striking is the con- intrinseca del pensiero ricoeuriano ad un compimento di carattere
fluence of the philosophical themes with movements in teologico e, dall’altro, la capacità critica di un pensiero creativa-
theology. Theologians have largely rejected, too, the dualis- mente ispirato alla tradizione teologica nell’oltrepassare le aporie
tic and individualistic self of modernity, cut off from its del pensiero moderno, senza rinunciare alle acquisizioni della più
rootedness in the world. They see in this shift a recovery of acuta riflessione filosofica contemporanea. Appartiene certamente
a more biblical, Hebraic sense of the self as inherently a quest’orizzonte il profilo di un sé unitario, senza cadere nelle sec-
embodied, interpersonal, and social 61. che della reificazione sostanzialistica, aperto ad una destinazione
che abbia il sapore dell’eternità partecipata nella forma di un
L’identità narrativa è chiaramente da aggiungere alle note ca- “avvenire assoluto” da intendersi come espressione paradossale
ratteristiche che rendono “più biblica” l’interpretazione del sé dell’eterna ricapitolazione anagogica che – lungi dall’annullare la
offerta da Ricoeur. I limiti della narrazione riconosciuti, quanto storia – le conferisce unità e senso.
all’aporia della totalità della storia e dall’inscrutabilità ultima del
tempo, si possono ritrovare anche in relazione a quella “totalità
singolare” che è la vita del sé, la sua storia. Quanto Ricoeur non
dice, o non può dire per i limiti “kantiani” imposti al proprio
discorso filosofico, ci sembra possa essere illustrato in modo con-
vincente – ossia senza rinunciare a quanto la nozione d’identità
narrativa ha acquisito – dal discorso di Lacoste sulla relazione tra il 62 Su questa linea si muove, attraverso un’interpretazione consapevolmente
sé e il compimento nel contesto della sua storia proiettata nell’eter- teologica, il lavoro di M. W. DELASHMUTT, «Paul Ricoeur at the foot of the
no. Se entrambi i pensatori criticano la riduzione del sé a sostanza cross: narrative identity and the resurrection of the body», cit., p. 610: «The
– Ricoeur rispetto alla tradizione empiristica, Lacoste con riferi- Ricoeurian hermeneutic and phenomenological anthropology discussed
mento alla vicenda metafisico-razionalistica – come portato della above offers to Christian theological anthropology a self which is fallible,
modernità, il secondo sembra offrire gli strumenti, almeno in sede but not unredeemably so; finite, yet not confined to finitude; incomplete in
programmatica, per proseguire fino alle questioni ultime la rifles- its knowledge of self and other, but always narrating itself through a
reflexive process of prefiguration, configuration and refiguration. For
Ricoeur, “selfhood [is] a task to be performed, not a given that awaits pas-
sive reception by the subject.” The task of creating the self may never truly
be complete, but this failure to attain to a true image of the self opens up
60 Cfr. P. RICOEUR, La critica e la convinzione. A colloquio con François Azouvi e the self to the power of imagination expressed by religious hope and
Marc de Launay, Jaca Book, Milano 1997. symbol, and in the symbol of the Resurrection (the symbol par excellence)
61 D. R. STIVER, Theology after Ricoeur, p. 185. durable hope may be found».
134 M. SALVIOLI

RIASSUNTO
Il pensiero di Paul Ricoeur e di Jean-Yves Lacoste viene qui
accostato, sulla base di una profonda continuità motivata dalla
condivisione del metodo fenomenologico, per mostrare come vi sia
la possibilità di tenere insieme una concezione narrativa del sé ed
una sua ricapitolazione escatologica. Prendendo le distanze da
un’interpretazione sostanzialistica del sé, si rilegge la classica rela-
zione tra temporalità ed eternità, in modo da oltrepassare l’attuale
nichilismo del sé e salvarne il senso all’interno della ricapitolazio-
ne anagogica.

ABSTRACT
Based on the recognition of a deep continuity motivated by
sharing of the phenomenological method, the essay approaches
Paul Ricoeur’s and Jean-Yves Lacoste’s thought in order to show
the possibility to held together a narrative conception of the Self
and its eschatological recapitulation. Distancing its position from
a substantialist interpretation of the Self, the essay rereads the
classical relationship between temporality and eternity, to
overcome the current nihilism of the Self and save it within the
anagogical recapitulation.

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