Così, nacque l’ MMPI, misura tipicamente per adulti atta a stimare la psicopatologia e a
rilevare le diverse strutture di personalità.
Hathaway & McKinley partirono dalla elicitazione di circa mille affermazioni (item)
riguardanti una vasta fetta di psicopatologia, che sottomisero a un gruppo di pazienti con
diversi disturbi clinici, tra cui ipocondria, depressione, isteria, paranoia, ansia, rabbia, etc.,
afferenti all’Ospedale dell’Università del Minnesota, che costituirono il gruppo
sperimentale, e a un gruppo di soggetti appartenenti alla popolazione generale, gruppo di
controllo. Lo scopo era individuare gli item più selettivi e discriminativi della presenza di
psicopatologia.
Si ottenne, in questo modo, una prima versione del test composta da 504 item divisi in 10
sotto-scale cliniche e 3 di validità che permettevano di controllare le risposte attribuite dai
soggetti.
Le risposte sono rilevate attraverso una scala dicotomica del tipo “Vero-Falso” che porta a
ottenere, quantitativamente, dei profili psicopatologici relativi al soggetto che si sottopone
al test. La scelta di questo formato di risposta è dettato dall’esigenza di limitare la presenza
di elementi non quantificabili e oggettivamente rilevabili. Quindi, l’ MMPI consente di
ottenere una descrizione clinica globale del paziente e i punteggi ottenuti possono essere
interpretati in maniera multi-assiale ovvero confrontando più parametri
contemporaneamente. Inoltre, è un test altamente discriminante tra soggetti affetti da
patologia e sani e, chiaramente si tratta di un test standardizzato e con un sistema di
controllo di risposte tra i più accurati.
Messaggio pubblicitario Esistono diverse versioni del test, perché negli anni è stato
revisionato più volte eliminando item vecchi e riformulando altri più adeguati alla cultura
vigente.
Dalla prima versione dell’ MMPI si è passati all’ MMPI-1 costituito da 506 item, poi si
ebbe una versione ridotta (MMPI-1 forma ridotta) a 357 item, fino alla versione
attualmente in uso, l’ MMPI-2 formata da 567 item.
Successivamente, nel 1996 un gruppo di studiosi presieduto da Butcher, dell’università del
Minnesota, revisionarono l’ MMPI, ottenendo una nuova versione. In Italia l’adattamento
e la taratura è stata affidata a Pancheri e Sirigatti e pubblicata da Giunti O.S. nel 1995. Il
campione utilizzato per la standardizzazione italiana è di 1375 soggetti divisi in 403 maschi
e 972 femmine.
La nuova versione del test prese il nome di MMPI-2 e manteneva la struttura di base del
test precedente, 3 scale di validità, risposta dicotomica, e 10 scale di base, a cui si
aggiunsero le scale supplementari e di contenuto. Il numero totale di item che formavano il
test era di 567.
Ci occuperemo di analizzare nel dettaglio solo l’ MMPI-2 perché più completo e mantiene
la struttura di base presente in tutte le versioni precedenti di MMPI, ovvero scale di
contenuto e scale di base.
– scala L, lie, menzogna, costruita per rilevare il tentativo di attribuire risposte fasulle,
ingraziandosi, in qualche modo, lo sperimentatore;
– scala K, correction, permette di riadattare correggendo i punteggi delle altre scale o può
indicare a livello psicopatologico la difesa, evitamento di qualcosa;
– scala F, infrequency, infrequenza, simulazione, è in grado di rilevare la presenza di
risposte atipiche.
Queste scale riguardano la validità del test e, dunque, valori fuori norma indicano
l’inutilizzabilità dei dati presenti nel questionario. Possono, inoltre, avere anche un valore
clinico interpretabile unitamente agli altri parametri presenti all’interno del test (schemi di
diamond o per assi). In questa versione del test sono state introdotte altre tre scale di
controllo:
Back F, VRIN, e TRIN, tutte scale in grado di rilevare risposte non pertinenti, inconsistenti
e incoerenti date al test. Inoltre, è stata inserita anche una scala?, Non so, che indica gli
item a cui non si è data una risposta. Quindi, punteggi elevati in queste scale rendono non
valido il test.
I protocolli con 30 o più elementi omessi devono essere considerati non validi e non
interpretabili.
Le scale cliniche o di base sono
Fondamentalmente, con l’ MMPI 2 si indagano tre aree: l’area nevrotica formata dalle
scale Hs, D ed Hy, l’area sociopatica, Pd ed Mf, e l’area psicotica composta da Pa, Pt ed Sc.
La 15 Scale supplementari approfondiscono temi propri alle scale di base e sono definite
anche speciali perché in grado di identificare un quadro più specifico utilizzabile al meglio
per l’individuazione del trattamento terapeutico:
Inoltre, sono state introdotte nel tempo ulteriori scale, riferendosi a gruppi di disturbi
specifici. Queste, rivestono particolare importanza nell’interpretazione del profilo e sono le
sottoscale di Harris e Lingoes:
D1 depressione soggettiva
D2 rallentamento psicomotorio
D3 disfunzioni fisiche
D4 inefficienza mentale
D5 rimuginio
Hy1 negazione di ansia sociale
Hy2 bisogno d’affetto
Hy3 stanchezza-malessere
Hy4 disagio somatico
Hy5 inibizione dell’aggressività
Pd1 contrasti familiari
Pd2 problemi con l’autorità
Pd3 imperturbabilità sociale
Pd4 Alienazione sociale
Pd5 autoalienazione
Pa1 idee persecutorie
Pa2 suscettibilità
Pa3 ingenuità
Sc1 alienazione sociale
Sc2 alienazione emozionale
Sc3 perdita controllo dell’Io, cognitiva
Sc4 perdita conativa
Sc5 perdita mancanza d’inibizione
Sc6 esperienze sensoriali bizzarre
Ma1 amoralità
Ma2 accellerazione psicomotoria
Ma3 impertubabilità
Ma4 ipertrofia dell’Io
Generalmente, chi totalizza punteggi alti all’ MMPI mostra la presenza di problemi
psichici; i punteggi medi indicano un adattamento alla patologia considerata e i punteggi
bassi suggeriscono l’assenza di patologia.
Messaggio pubblicitario
Le scale devono essere interpretate in un’ottica multiassile e alla luce dell’ individuazione
di un profilo generale ottenibile dal soggetti, perché considerate singolarmente potrebbero
indurre in false interpretazioni dovute al fatto che le categorie diagnostiche risentono,
ancora in qualche modo, nonostante le molte revisioni, di una visione kraepeliniana di
patologia mentale. Per questo, è preferibile attribuire alle scale cliniche una numerazione
convenzionale senza entrare nello specifico della patologia. Questa modalità di codifica è il
CODE-TYPE che prende spunto dal metodo di Welsh, secondo cui per delineare i tratti
salienti di personalità è sufficiente identificare le scale a cui si sono ottenuti punteggi alti,
rispettando la seguente numerazione:
Hs (1) D (2) Hy (3) Pd (4) Mf (5) Pa (6) Pt (7) Sc(8) Ma (9) Si (0)
Il MMPI- 2 può essere somministrato a soggetti al di sopra dei 16 anni, che abbiano
acquisito un livello culturale tale da permettere loro di rispondere al questionario, e a
soggetti con al massimo 65 anni di età.
Dal totale ottenuto al test si ricava un punteggio grezzo, che deve essere trasformato in
punti T (standardizzati, trasformazione lineare dei dati) per essere interpretato. Esistono
punteggi diversi divisi per sesso, ma in ogni caso il punteggio medio totalizzabile è 50 con
deviazione standard pari a 10. Punteggi T uguali o superiori a 65, che corrispondono al 92°
percentile per scale cliniche e per le scale di contenuto, indicano la presenza di patologia.
Attualmente, esistono sistemi automatizzati per il calcolo del punteggio, tra cui il più noto
è il “Panda” che consente una immediata individuazione del profilo e una pronta
interpretazione dei risultati.
Il test si interpreta tenendo conto dello psicogramma totale ottenuto dal soggetto e non
rispetto alle singole scale. Quindi, è necessario valutare il profilo nel suo insieme,
giungendo a una corretta interpretazione dei risultati solo comparando il valore delle varie
scale cliniche e di controllo.
In ogni caso, esistono molti testi redatti per riuscire a stilare e interpretare i punteggi
ottenuti all’ MMPI. La ricchezza dei contenuti clinici rilevabile rende questo test un ottimo
strumento in grado di rilevare problematiche psicologiche ed effettuare inquadramenti
personologici utilizzabili in diversi ambiti.
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2016/04/mmpi-minnesota-multiphasic-
personality-inventory/