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1.11– Corso EPB.

INTRODUZIONE E QUESITO CLINICO - GIANNOTTI 21 febbraio 2022

CORSO EPB - “QUESITO CLINICO E STRATEGIE DI RICERCA


BIBLIOGRAFICA”
Docente: Jacopo Giannotti
Autori: Alessia Mognoni (S), Lucrezia Gaetani (R)

Nel 2007 il British Medical Journal svolse un’indagine sulle pietre miliari dello sviluppo delle
scienze mediche, stilando una graduatoria di circa 15 categorie tra cui vennero comprese le EBM
mettendole al pari dei vaccini, dell’anestesia, degli antibiotici, ecc. Nonostante questo risultato,
le EBM purtroppo non vengono ancora usate su larga scala, motivo per cui molti operatori sanitari
ignorano le definizioni di EBP e EBM.

Le EBP (Evidence Based Practice) si basano su tre pilastri: le migliori


prove scientifiche in letteratura, le preferenze dei valori e delle abi-
tudini del paziente e le esperienze del clinico/medico/fisioterapista.
- Patient Preferences (aspetto soggettivo del paziente che
abbiamo in studio): sono informazioni che non sono ricavabili
dalla letteratura scientifica di tipo quantitativo.
Esempio: un paziente che ama correre e non il pilates, non
farà probabilmente pilates come compito a casa.
In quanto clinici dobbiamo tener conto delle preferenze del
paziente per scegliere il corretto approccio da utilizzare.
Importante, quindi, porre le giuste domande in sede anam-
nestica, creare empatia e favorire alleanza terapeutica.
- Clinical Expertise: si fonda sul modello bio-psico sociale, e tiene conto sia del Back-
ground sia del nostro ragionamento clinico.
Il background si fonda sulle conoscenze mediche di base (Esempio: laurea triennale in
fisioterapia), sulla formazione successiva (Esempio: master RDM), sulle precedenti ricer-
che cliniche rilevanti fatte su una determinata patologia o su un determinato aspetto e
sull’esperienza clinica rilevante in un determinato ambito (Esempio: un fisioterapista che
vede tutto il giorno LBP e un altro che vede LAS, probabilmente il primo avrà più expertise
in LBP e il secondo in LAS).
Su queste conoscenze di base si instaura il ragionamento clinico con cui si tenta di com-
prendere le condizioni del paziente, giungere ad una diagnosi funzionale e proporre il
giusto trattamento.
- Best Evidence: la letteratura e le prove di efficacia avanzano, si deve, quindi, essere
autonomi nel cercare le migliori evidenze tramite il quesito clinico per garantire il corretto
approccio clinico al paziente. Il quesito clinico è una lacuna della conoscenza, un’igno-
ranza su una patologia a cui si può trovare risposta indagando la letteratura.
Normalmente nella popolazione generale nasce il quesito clinico, mentre nel campione
scientifico si cerca la risposta al quesito. Per questo motivo, si deve scegliere il campione
scientifico il più rappresentativo possibile della popolazione di riferimento, ovvero il pa-
ziente che abbiamo in studio (Esempio: Pz 50aa con LBP, non uso studi con campione
fatto su adolescenti).
Il quesito clinico deve avere una sua rilevanza clinica e ha l’obiettivo di aggiungere qual-
cosa alle info già in nostro possesso, così da garantire il trattamento migliore per il pa-
ziente.

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Sulla base dei 3 elementi chiave dell’EBM, David Sackett e colleghi hanno proposto 5 passaggi
essenziali nella pratica dell’EBM, nominate anche le 5 A:
1. ASK: identificare una lacuna di conoscenza e su di essa creare un quesito clinico a cui
rispondere tramite la ricerca scientifica;
2. ACQUIRE: acquisire info per dare una risposta alla domanda che viene fatta. È necessario
conoscere diversi database da cui poter reperire una determinata informazione, oltre alla
capacità di saper formulare una corretta stringa di ricerca nei database stessi;
3. APPRAISE: valutare criticamente ed interpretare le evidenze scientifiche reperite tramite
il quesito di ricerca;
4. APPLY: capire se tali evidenze siano applicabili al paziente in oggetto che deve essere
coinvolto e ingaggiato;
5. ASSESS: valutare il percorso effettuato e l’esecuzione dei precedenti step e vedere i punti
di forza e debolezza.

Quando ci poniamo delle domande dobbiamo tenere presente che ne esistono di 2 tipi: FORE-
GROUND e BACKGROUND QUESTIONS. Capendo la categoria di appartenenza della domanda
risulta semplice capire dove andare a reperire la corretta risposta adeguata al quesito.
• BACKGROUND QUESTIONS: guardano indietro, sorgono quando è necessario avere
informazioni generali sulle condizioni cliniche del paziente.
Esempio:
- Qual è la presentazione clinica della radicolopatia?
- Qual è la storia naturale del Low Back Pain?
- Cos’è il dolore cronico?
Servono a capire il problema e fungono da spunti per formulare quesiti di FOREGROUND
che devono essere più specifici e più messi a fuoco.
• FOREGROUND QUESTIONS: guardano avanti, sorgono quando si ha bisogno di speci-
fiche conoscenze su cui basare il processo decisionale e capire se adattarlo ad un parti-
colare paziente. Sono domande complesse, richiedono una ricerca molto accurata e allo
stesso modo forniscono un aiuto ben più preciso su un particolare argomento.
Esempio:
- Gli esercizi attivi sono più efficaci delle mobilizzazioni passive per il trattamento del
Neck Pain negli adulti?
- Qual è l’accuratezza diagnostica dei test neurodinamici nei pazienti con dolore radi-
colare?

Oltre alla capacità di reperire gli studi


e alla capacità d’individuare il tipo di
domanda, è fondamentale conoscere
la gerarchia delle evidenze rappre-
sentata come una piramide. Negli ul-
timi anni ci sono state tantissime pub-
blicazioni ed a oggi non è possibile
stare al passo. Quindi è stato formu-
lato il nuovo modello a piramide per
reperire le informazioni in modo age-
vole, trasferendole rapidamente nella
pratica clinica, rimanendo al passo
con le evidenze scientifiche. Il nome
del modello è PIRAMIDE 5.0.

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La PIRAMIDE 5.0 è composta da (dal vertice alla base):


1. SYSTEMS (SISTEMI): sono dei software di supporto decisionale computerizzato. Pur-
troppo, essendo relativamente nuovi non sono utilizzabili per condurre una ricerca biblio-
grafica, ma lo saranno in futuro;
2. SUMMARY TEXT (SOMMARI): si basano sulla valutazione delle prove di efficacia e delle
prove scientifiche, provenienti dai 4 livelli sottostanti della piramide e vengono regolar-
mente aggiornati. Sono ottime fonti d’informazioni per le background questions.
Esempio: su DynaMed si possono reperire informazioni anche sulle specifiche patologie;
3. SYSTEMATIC GUIDELINES (LINEE GUIDA): insieme di informazioni sviluppate siste-
maticamente, redatte per rendere appropriato un comportamento desiderato;
4. SYSTEMATIC REVIEWS (REVISIONI SISTEMATICHE): valutano criticamente le evi-
denze scientifiche su un particolare argomento per presentare una valutazione comples-
siva dei risultati della ricerca. All’interno delle revisioni sistematiche si ritrovano anche le
metanalisi;
5. STUDIES (SINGOLI STUDI): rappresentano il gradino più basso perché non vengono
valutati.

In questa piramide più ci si sposta verso l’alto più sono le evidenze sono state valutate.
Esempio:
- All’interno di una revisione sistematica si trovano i singoli studi che sono stati valutati
dagli autori;
- All’interno delle linee guida si trovano altri studi che sono stati valutati dagli autori della
linea guida.
Il motivo per cui gli studi si trovano nel livello più basso è perché non sono ancora stati valutati.
Questo non significa che siano da scartare.

Il metodo di ricerca può essere parago-


nato ad un’escursione in montagna. Così
come il clinico vuole arrivare a vedere le
migliori prove di efficacia da applicare
alla pratica, anche l’escursionista in mon-
tagna vuole arrivare alla vetta. Pertanto,
ogni escursionista deve stabilire il punto
di partenza considerando determinati
fattori. È chiaro che lo sforzo che dovrà
fare l’escursionista per raggiungere la
vetta muovendo i primi passi da una
bassa quota (Esempio: Singoli studi,
punto 5) sarà molto più gravoso rispetto
a quelli compiuti partendo da una quota
più elevata (Esempio: Sommari, punto 2). Qualora, però, il punto ad alta quota non fosse rag-
giungibile, l’escursionista dovrà salire fino ad un punto più basso.
Possiamo traslare questo concetto nella pratica clinica; infatti, se nei sistemi o nei sommari non
si riesce a trovare l’informazione cercata; allora sarà opportuno scendere nei livelli più bassi
finché non si trova l’informazione ricercata. Ovviamente più in basso ci si trova, più sarà neces-
sario fare ricerca per avere informazioni complete su quel determinato argomento.

Esistono delle banche dati chiamate DATABASE di META-RICERCA che riescono a ricercare su
tutti livelli; in questo modo, lanciando una ricerca si ricevono informazioni su tutti i livelli.

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Esempio: ACCESSSS (www.accessss.org) è un database di meta-ricerca. È in grado di fare ri-


cerca simultanea tenendo in considerazione tutti i livelli della piramide, escludendo solo i sistemi
ad oggi non disponibili.
COME USARLO: registrazione gratuita, si può usare la stringa di ricerca esposta in homepage
oppure si possono mettere dei filtri cliccando su opzioni avanzate, come specialità, popolazione,
tipo di articolo, ecc.
Esempio: cerco LBP e ACCESSSS restituisce risultati provenienti da tutti i livelli.
Il limite è il massimo di 50 risultati per fonte, dando poi il rimando al database di riferimento.

SUMMARY TEXT
Escludendo il primo livello dei SYSTEM ad oggi non disponibili, i SUMMARY TEXT sono costante-
mente aggiornati e ne esistono diversi tipi come DYNAMED (www.dynamed.com).
REGISTRAZIONE:
1. Cliccare su “Omino” in alto a destra
2. Cliccare su “Sign in now” (senza iscriversi)
3. Cliccare su “Personalized OpenAthens & Shibboleth”
4. Cliccare su “Menu a tendina”
5. Selezionare l’unica voce riguardante Italia, spostandoci sulla lettera I
6. Cliccare su “Università di Genova”
7. Accedere con le credenziali di Unige
Esempio: cercando LBP, DYNAMED restituisce un insieme di conoscenze riguardanti l’argomento
che spazia dal background, alla valutazione, al trattamento, ecc.
Cliccando sul menu a tendina a sinistra si può selezionare la voce “diagnosi”, successivamente
compariranno tutti gli elementi della parte dei 4 livelli più in basso della piramide mostrando
tutto ciò che riguarda la diagnosi del LBP. È ovvio che nella parte più alta della piramide si
troveranno le informazioni più generiche, mentre più in basso quelle più specifiche; quindi, se
per esempio si deve sapere quale trattamento sia più efficace è opportuno rimanere nei livelli
più bassi.

SYSTEMATIC GUIDELINES
L’’Istituto Superiore di Sanità (www.snlg.iss.it) si occupa delle LINEE GUIDA.
Esempio: fornisce le linee guida e le pratiche sviluppate in Italia o in altri paesi.

SYSTEMATIC REVIEWS – STUDIES


Ci sono degli elementi utili per avere informazioni nei database riguardanti gli ultimi 2 livelli della
piramide.
1. Tipi di studio;
2. Strategie per formulare il quesito.
Man mano che ci si sposta più in basso nella piramide non è sufficiente una ricerca generale, ma
si deve essere più precisi. (Questo non indica che i 2 livelli siano in qualche modo inferiori.)

TIPI di STUDIO
- PRIMARI: sono tutte le ricerche effettuate sul campo, interagendo con i partecipanti, cioè
i pazienti. Si dividono in sperimentali e osservazionali.
o SPERIMENTALI: i ricercatori manipolano in qualche modo alcuni aspetti, come a
quale gruppo sottoporre un determinato tipo di trattamento piuttosto che un altro.
▪ RCT (Studio Controllato Randomizzato): trial clinici di alto livello, studiano
l’efficacia sperimentale. Paragonano un gruppo di pazienti che ricevono un
trattamento sperimentale con un gruppo di controllo che riceve un altro
trattamento;

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▪ TRIAL NON CONTROLLATI O NON RANDOMIZZATI (di livello inferiore ri-


spetto agli RCT).
o OSSERVAZIONALI: i ricercatori si limitano ad osservare senza effettuare alcuna
manipolazione;
▪ STUDI TRASVERSALI (CROSS-SECTIONAL): fotografano un determinato
momento e raccolgono informazioni relative alla presenza o assenza di una
particolare problematica in un dato momento. Questi studi vengono anche
utilizzati per effettuare studi di diagnosi.
Esempio: è migliore la RM rispetto alla RX?
▪ STUDI di COORTE: si segue un gruppo di persone inizialmente prive del
disturbo per valutare a distanza di tempo se l’esposizione a determinati
fattori di rischio vedo se possa essere correlata allo sviluppo del disturbo.
Esempio: seguo una coorte di fumatori e una coorte di non fumatori tutti
privi di cancro al polmone; dopo alcuni anni faccio un follow up e valuto chi
ha sviluppato il cancro e chi no. Questo mi permette di analizzare se il
cancro si sviluppa di più nei fumatori o nei non fumatori.
▪ CASE CONTROL: va al contrario rispetto agli STUDI di COORTE, si prendono
dei casi cioè dei pazienti che presentano già il disturbo, si prendono dei
controlli cioè dei pazienti che non hanno il disturbo e andando a ritroso,
indietro nel tempo si va a valutare i fattori di rischio sia nei casi sia nei
controlli.
Esempio: prendo pazienti con cancro al polmone e delle persone sane, vado
indietro ad indagare chi di loro ha fumato per tanto tempo, per capire se
questo può rappresentare un fattore di rischio nello sviluppo del cancro.
- SECONDARI: si potrebbero chiamare “gli studi degli studi”, che non vengono effettuati
direttamente sui pazienti, ma mirano a sintetizzare i risultati provenienti dagli studi pri-
mari.
o REVISIONI SISTEMATICHE: sintesi qualitative della letteratura prodotta su un de-
terminato argomento, condotte con dei metodi rigorosi;
o METANALISI: possono accompagnare le REVISIONI SISTEMATICHE e ne forni-
scono un’analisi di tipo quantitativo;
o LINEE GUIDA: insieme di informazioni sviluppate sistematicamente sulla base
d’informazioni che sono continuamente aggiornate.

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Il motivo per cui esistono diversi tipi di studi, con metodiche diverse, è che ciascun tipo di studio
si pone un obiettivo diverso.

Quindi per rispondere a diversi quesiti clinici è necessario selezionare il tipo di studio corretto.

Esempio: si vuole fare un revisione sistematica sull’efficacia di un trattamento.


➔ I più adatti sono RCT, perché riguardano il trattamento.
NO STUDI OSSERVAZIONALI, perché non riguardano il trattamento.

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Esempio: si vuole fare una revisione su alcuni fattori di rischio.


➔ Si devono considerare gli STUDI OSSERVAZIONALI.
NO RCT, perché parlano di trattamento e non di fattori di rischio.

STRATEGIE PER FORMULARE IL QUESITO


Si deve trasformare il quesito clinico così da immetterlo nella stringa di ricerca; si ricorre al
modello PICO(T) e alle sue varianti. Questo deve la sua nascita al fatto che ogni studio si pone
delle domande:
- Quale popolazione studiare? Population;
- Quali interventi indagare e come confrontarli? Intervention e Comparison
- Come misurarli? Outcome
- Quando misurarli? Tempo

DOMANDE
Q: Dato che uno studio trasversale cross-sectional studia il momento e non è prospettico né
retrospettivo, in quale contesto pratico si può usare? Che informazioni si possono ricavare?
A: È uno studio osservazionale, come scattare una fotografia, non si ha un intervento e si “os-
serva” solo cosa succede. Uno degli ambiti in cui è usato maggiormente, è quello di accuratezza
diagnostica, quindi serve a porre la diagnosi.
Esempio: si effettuano dei test per il menisco, si osserva quanto siano efficaci per fare diagnosi
di lesione meniscale e si confrontano con un test di paragone. Importante ricordare che i 2 test
devono essere fatti allo stesso tempo (RM sul momento, non a 3 mesi). Quindi, eseguito il test
si confronta con il gold standard (che in questo caso è l’artroscopia) e si osserva quanto questo
test si possa avvicinare nel fare una diagnosi di lesione meniscale. Non si parla di tempo che
passa, ma sul momento.

MODELLO di STUDIO:

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- Il modello PICO (seconda colonna) è utile per gli studi sul trattamento, quindi di tipo
sperimentale (confronta I e C);
- Il modello PECO (terza colonna) è usato per studi di eziologia e di prognosi. La seconda
riga presenta una diversa voce, ovvero EXPOSURE: fattori di esposizione o di rischio che
possono portare a determinati outcome;
- Il modello PIRO (quarta colonna) viene utilizzato per studi di diagnosi. Si trovano due
voci diverse: l’INDEX TEST e il REFERENCE STANDARD, cioè il metodo con cui si valuta
l’INDEX TEST; esempio dei test meniscali);
- Il modello PO (quinta colonna) per studi che non hanno bisogno di mettere a confronto 2
trattamenti o procedure.

Esempio 1:
MP, 35 anni, impiegato. Attualmente nessun hobbies particolare, sedentario. Fino a 5 anni fa
praticava regolarmente sport, ma improvvisamente ha deciso di smettere per i troppi infortuni
alle ginocchia. Da quel momento in poi ha spesso accusato episodi di LBP ricorrente, tentando
di porre rimedio con applicazione di caldo. Nonostante ciò, il dolore continua ad essere ricorrente
negli anni.
Quesito clinico: Gli ESERCIZI sono utili a ridurre il DOLORE in pazienti con LBP RICORRENTE
rispetto all’applicazione di CALORE?
Da qui si formula il modello PICO, perché si deve valutare il trattamento:
P: LBP RICORRENTE
I: ESERCIZI
C: CALORE
O: DOLORE
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: RCT o revisioni di RCT.

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Questo è quello che deve esser fatto prima di andare ad interagire con una banca dati.

Esempio 2:
Quesito clinico: Gli ESERCIZI ATTIVI sono utili a ridurre la DISABILITÀ in pazienti ADULTI con
LBP CRONICO rispetto alle tecniche di MOBILIZZAZIONE PASSIVA?
Da qui si applica il modello PICO, perché si deve valutare il trattamento:
P: ADULTI CON LBP CRONICO
I: ESERCIZI ATTIVI
C: tecniche di MOBILIZZAZIONE PASSIVA
O: DISABILITÀ
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: RCT o revisioni di RCT

Esempio 3:
Quesito clino: Negli ADULTI, l’assunzione di fumo (SIGARETTA NORMALE ed ELETTRONICA) rap-
presenta un fattore di rischio per l’insorgenza di CANCRO POLMONARE?
Da qui si applica il modello PECO, perché si deve valutare il fattore di rischio “esposizione al
fumo”:
P: ADULTI
E: SIGARETTA NORMALE
C: SIGARETTA ELETTRONICA
O: CANCRO AL POLMONE
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: Studi ci coorte o caso controllo o le loro revisioni.

Esempio 4:
Quesito clinico: Il TEST di McMURRAY rappresenta un valido strumento clinico per la DIAGNOSI
di LESIONE MENISCALE in persone con DOLORE di GINOCCHIO?
Da qui si applica il modello PIRO, perché devo valutare quando è più adeguato l’index test
rispetto al reference standard:
P: DOLORE di GINOCCHIO
I: McMURRAY TEST
R: ARTROSCOPIA
O: LESIONE MENISCALE
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: cross-sectional

Esempio 5:
Quesito clinico: Qual è la PREVALENZA dei LBP nei BAMBINI?
Da qui si applica il modello PO, perché si deve valutare la prevalenza in questo momento:
P: LBP nei BAMBINI
O: PREVALENZA
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: cross-sectional

DOMANDE
Q: Il reference standard è diverso rispetto al gold standard?
A: Di solito si parla di gold standard, ma è solo una differenza nella tassonomia. È come consi-
derare il gold standard, che, per esempio, indica la miglior strategia per vedere se ci sia una

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lesione di menisco in questo momento. È più adeguato reference come termine ma sono uguali
dal punto di vista concettuale.

Q: Nell’esempio 1, dove si trattava di un pz di 35 anni, utilizzando il modello PICO, nella P è


stato messo solo LBP ricorrente; è meglio partire più specifici mettendo anche l’età del paziente
e stringere poi la ricerca o non serve essere così specifici?
A: Per correttezza, nella P dell’esempio, occorrerebbe mettere LBP RICORRENTE – ADULTI, ma
per preferenza personale è quasi meglio usare una sola voce per campo del PICO. Pur essendo
nello stesso campo di P, sto cercando 2 persone (LBP RICORRENTE AND ADULTI), quindi l’età
andrebbe benissimo metterla. Prima però, sarebbe opportuno considerate cosa possano mettere
gli autori in uno studio; non è sempre detto che venga citata la parola ADULTI. Per questo,
mettendo LBP AND ADULTI, si rischia di perdere alcuni risultati.

Agli ultimi gradini della piramide appartengono anche PUBMED e COCHRANE. Per le revisioni
sistematiche si consiglia COCHRANE, anche se su entrambi si trovano sia singoli studi che revi-
sioni sistematiche.

PUBMED (www.pubmed.ncbi.nlm.nih.gov) è la banca dati dei libri di medicina degli USA.


TIPI di RICERCA:
1. Ricerca semplice: effettuata direttamente dalla stringa della home page di PUBMED, utile
solo se si deve fare una ricerca veloce con poche parole chiave;
2. Ricerca avanzata: meglio per la tesi. Una stringa funziona come un’operazione matema-
tica con parentesi e segni vari. Seguendo i passi giusti, con la ricerca avanzata, le paren-
tesi vengono messe in automatico, cosa che non accade in ricerca semplice.
Si considerino:
- STOPWORDS: lista di parole composte da preposizione, congiunzioni, avverbi, ecc
che non devono essere usate nella stringa di ricerca perché sono termini troppo ge-
nerici per PUBMED, quindi vengono ignorate;
- OPERATORI BOOLEANI: (non ignorate da PUBMED) le parole AND, OR E NOT da scri-
vere maiuscolo.
➔ AND: restringe la ricerca, vengono ricercate entrambe le parole nel testo. Se il
testo contiene anche solo una delle due parole, verrà scartato nella ricerca.
➔ OR: amplia la ricerca, trova entrambe o anche solo una delle due parole.
➔ NOT: restringe la ricerca, trova tutti gli articoli con la prima parola, ma non con
la seconda. Il NOT è poco consigliato.
Esempio: si vuole valutare il trattamento conservativo nei LBP e quindi si scrive
“LBP NOT SURGERY”; in questo modo, anche se l’articolo, parlando di tratta-
mento conservativo, riportasse la parola SURGERY, non verrebbe riportato.
- VIRGOLETTE: strategia per migliorare la ricerca su PUBMED perché va a cercare più
parole come se fossero la stessa parola, come se fossero unite dalla parola AND.
Queste vengono interpretate come un’unica citazione, quando compaiono vicine e
non se sono separate. Utili solo per un’unica citazione composta da più parole come
“pelvic girdle pain”.
- PARENTESI
3. Ricerca dei mesh terms: etichette che PUBMED da ad ogni articolo.
Esempio: studi che parlano di lombalgia sono etichettati con il mesh “LBP”.
All’interno si trovano tutti i termini che consentono di cercare il mesh terms e l’albero
genealogico con l’ordine gerarchico dei mesh terms.

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Esempio: mesh Exercise è contenuto all’interno del mesh Motor Activity che è contenuto
nel mesh Movement.
Questo consente di capire se il mesh ricercato ci interessa o se è necessario spostarsi su
un livello sopra o sotto.
Quando si compone una stringa di ricerca è importante usare sia i termini liberi che i
mesh terms, perché i termini liberi non permettono di vedere tutti i sinonimi di una de-
terminata parola, rischiando di perdere dei risultati. Come LBP o Lumbar Pain, il mesh
prende tutti gli altri risultati. Mentre con la ricerca che ha solo i mesh terms, si perdono
gli ultimi articoli usciti, perché appena vengono pubblicati non hanno subito l’assegna-
zione dei mesh terms.

Esempio:
MP, 35 anni, impiegato. Attualmente nessun hobbies particolare, sedentario. Fino a 5 anni fa
praticava regolarmente sport, ma improvvisamente ha deciso di smettere per i troppi infortuni
alle ginocchia. Da quel momento in poi ha spesso accusato episodi di LBP ricorrente, tentando
di porre rimedio con applicazione di caldo. Vorrebbe iniziare a praticare tai chi, ma non sa se la
sua schiena può trarne beneficio.
Quesito clinico: il Tai Chi è utile nel ridurre il dolore in pazienti con LBP ricorrente?
Da qui si applica il modello PICO, perché si sta parlando di trattamento:
P: LBP RICORRENTE
I: TAI CHI
C: nessuno (non si cercano paragoni, anche se presenti negli studi)
O: DOLORE
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: RCT o revisioni di RCT

VIDEO di PUBMED:
1. Tabella con mesh terms;
2. Su ricerca avanzata scrivere tutto ciò che compare nella “P” uniti con la voce OR;
3. Scrivere LBP nella ricerca dei mesh terms, mettere l’etichetta e aggiungerlo alla stringa;
4. Terminata la P, aggiungerlo alla storia;
5. Cercare il trattamento, la I del modello P, mettere tutti i termini del Tai Chi, anche scritto
in diversi modi;
6. Scrivere Tai Chi nella ricerca dei mesh terms, mettere l’etichetta e aggiungerlo alla
stringa;
7. Terminata la I, aggiungerlo alla storia dove ho gli #;
8. Cercare poi la O, quindi il dolore;
9. Cercare il dolore nei mesh terms, mettere l’etichetta e aggiungerlo alla stringa;
10. Terminata la O, aggiungerlo alla storia;
11. Costruire la stringa aggiungendo la P AND I AND O;
12. Lanciare la ricerca.

NB: Se la parola è singola non ha senso mettere le virgolette, come per la parola Tai Chi.

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Tabella con
mesh terms.

Su ricerca
avanzata scri-
vere tutto ciò
che compare
nella “P” uniti
con la voce
OR.

Scrivere LBP
nella pagina
di ricerca dei
mesh terms,
mettere l’eti-
chetta e ag-
giungerlo alla
stringa.

Terminata la
P, aggiun-
gerlo alla sto-
ria.

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Cercare il
trattamento,
la I del mo-
dello e met-
tere tutti i ter-
mini del Tai
Chi, anche
scritto in di-
versi modi.

Scrivere Tai
Chi nella pa-
gina di ricerca
dei mesh
terms, met-
tere l’eti-
chetta e ag-
giungerlo alla
stringa.

Terminata la
I, aggiungerlo
alla storia
dove ho gli #.

Cercare poi la
O, quindi il
dolore.

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Cercare il do-
lore nei mesh
terms, met-
tere l’eti-
chetta e ag-
giungerlo alla
stringa

Terminata la
O, aggiun-
gerlo alla sto-
ria.

Costruire la
stringa ag-
giungendo la
P AND I AND
O.

Lanciare la ri-
cerca.

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COCHRANE (www.cochranelibrary.com)
Sulla ricerca avanzata abbiamo la RICERCA VELOCE, MESH TERMS e SEARCH MANAGER CON I
TERMINI BOOLEANI.

Esempio:
MP, 35 anni, impiegato. Attualmente nessun hobbies particolare, sedentario. Fino a 5 anni fa
praticava regolarmente sport, ma improvvisamente ha deciso di smettere per i troppi infortuni
alle ginocchia. Da quel momento in poi ha spesso accusato episodi di LBP ricorrente, tentando
di porre rimedio con applicazione di caldo. Vorrebbe iniziare a praticare Tai Chi, ma non sa se la
sua schiena può trarne beneficio.
Quesito clinico: il Tai Chi è utile nel ridurre il dolore in pazienti con LBP ricorrente?
Da qui si applica il modello PICO, perché si sta ricercando il trattamento:
P: LBP RICORRENTE
I: TAI CHI
C: nessuno (non si cercano paragoni, anche se presenti negli studi)
O: DOLORE
T: giorno in cui si lancia la ricerca
Tipologia di studio: RCT o revisioni di RCT

Video di Cochrane: molto simile a pubmed, si possono anche mettere dei filtri, da provare.
1. Ricerca avanzata, dove ci sono le 3 tab (Search, Search manager, Medical terms);
2. Scrivere LBP nei Mesh, vedere albero genealogico, a sinistra tutti i sinonimi utili per la
ricerca libera. Qui si vedono i termini che scrivendo nei mesh conducono a mesh LBP, ci
sono alcune parole libere che non servono nella ricerca. Portano al mesh ma vanno evitate
nella stringa (esempio: “back pain, low”). Si può anche scrivere “postural LBP”, “meccanic
low back pain” or “LBP”, ma, in questo caso, l’ultimo termine non serve perché già è
citato negli altri;
3. Tornare su Search e mettere parole libere, cercare in tutto il testo o in parti diverse e
aggiungerlo al Search Manager;
4. Unire #1 OR #2 ottenendo #3;
5. Eliminare LBP come mesh terms perché ora si deve cercare il Tai Chi. Controllare i mesh;
6. Scrivere in Search le parole libere così da mettere #4 e #5, attenzione alle parole sug-
gerite dal pc;
7. Unire #4 e #5 ottenendo #6;
8. Mettere outcome;
9. Unire i risultati mettendo #3 and #6 così da far cercare LBP e Tai Chi;
10. Vedendo i risultati, sopra compare anche la tipologia di articolo.

Ricerca avanzata,
dove ci sono le 3 tab
(Search, Search ma-
nager, Medical terms)

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1.11– Corso EPB. INTRODUZIONE E QUESITO CLINICO - GIANNOTTI 21 febbraio 2022

Scrivere LBP nei


Mesh, vedere albero
genealogico, a sinistra
tutti i sinonimi utili per
la ricerca libera. Qui si
vedono i termini che
scrivendo nei mesh
conducono a mesh
LBP, ci sono alcune
parole libere che non
servono nella ricerca.
Portano al mesh ma
vanno evitate nella
stringa (esempio:
“back pain, low”). Si
può anche scrivere
“postural LBP”, “mec-
canic low back pain”
or “LBP”, ma, in que-
sto caso, l’ultimo ter-
mine non serve per-
ché già è citato negli
altri.
Tornare su Search e
mettere parole libere,
cercare in tutto il te-
sto o in parti diverse e
aggiungerlo al Search
Manager.

Unire #1 OR #2 otte-
nendo #3.

Eliminare LBP come


mesh terms perché
ora si deve cercare il
Tai Chi. Controllare i
mesh.

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1.11– Corso EPB. INTRODUZIONE E QUESITO CLINICO - GIANNOTTI 21 febbraio 2022

Scrivere in Search le
parole libere così da
mettere #4 e #5, at-
tenzione alle parole
suggerite dal pc;

Unire #4 e #5 otte-
nendo #6.

Mettere outcome.
Unire i risultati met-
tendo #3 and #6 così
da far cercare LBP e
Tai Chi.

Vedendo i risultati,
sopra compare anche
il tipo di articolo.

DOMANDE
Q: La stringa di ricerca va creata fin da subito e va usata per tutto il tempo o può essere cam-
biata?
A: A volte necessita di correzioni, oppure si possono usare più stringhe di ricerca. Se si inizia
male con la stringa si arrivano a verità che non lo sono, ma dipende da caso a caso. Si possono
usare anche più stringhe in base alla domanda che ci si pone, ma risulta essere un problema di
risultati e di tempistiche; quindi, è meglio ripartire.

Q: Invece di usare termini liberi, non si può mettere direttamente LBP come termine mesh?
A: Si, ma se si mettessero solo i termini mesh, si rischierebbe di perdere alcuni degli studi più
recenti. Da un po’ di tempo in alcuni database, alcuni termini mesh contengono anche le parole
libere. Esempio contrario, usando solo termini liberi, si perderebbero i termini usati in un altro
modo.

Q: Le sigle, come LBP sono mesh terms o vanno aggiunte?


A: Quasi sempre nell’articolo si trova la parola completa scritta in esteso, quindi, possiamo ag-
giungerle come parole libere utilizzando gli or.

D: Con ASSESSS trovo più documentazione scientifica rispetto a PUBMED e COCHRANE?


R: Si trovano più linee guida e sommari. ASSESSS è molto completo perché trova risultati di più
livelli della piramide, però ha un limite di 50 articoli.
Per esempio: è utile dei primi livelli, quando si è in studio e un nuovo paziente chiede se questo
è meglio di questo, perché restituisce un’informazione immediata; ma non è utile per la tesi

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1.11– Corso EPB. INTRODUZIONE E QUESITO CLINICO - GIANNOTTI 21 febbraio 2022

perché dà informazioni più precise. Andando nelle linee guida o nei summary e cercando il trat-
tamento, si trovano raccomandazioni veloci. Tipo linea guida NEACE per il LBP. L’informazione
più precisa si trova più in basso; i primi 3 livelli sono scorciatoie, ma non si trova tutto.

D: Se, per esempio, dopo aver fatto una ricerca, si ottengono 300 risultati, è il caso di usare dei
filtri?
R: Meglio fare una buona stringa piuttosto che basare tutto sui filtri, che posso servire ma sono
poco precisi.
Per i 300 risultati, dipende da ciò che ci serve. Tipo Tai Chi sul mal di schiena, 300 risultati sono
tanti, ma, se si cercasse l’efficacia di un esercizio sul mal di schiena, 300 risultati sarebbero
pochi. Il primo passo è capire cosa può servire (ad esempio per la tesi del master 300 risultati
sono troppo pochi).
Se si ha bisogno di una risposta veloce, 300 sono decisamente troppi, quindi per selezionare gli
articoli, si può leggere il titolo e gli abstract e infine articolo intero.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

EBP - ARCHITETTURA DELLA RICERCA CLINICA


Docente: Stefano Salvioli
Autori: Giulia Paoli (S), Michele Bellomo (R)

All’inizio il docente fa un’introduzione in cui spiega cosa faremo nelle lezioni successive e nello
specifico cosa si trova all’interno della “Lezione tesi” (vedere slide).

L'obiettivo della lezione è classificare la ricerca, all’interno della quale si trovano diverse
classificazioni: la prima più generale, poi una distinzione tra ricerca qualitativa e quantitativa,
studi osservazionali descrittivi e analitici ed infine gli studi sperimentali.

CLASSIFICAZIONE DELL’INFORMAZIONE BIOMEDICA


Alla base della piramide c’è la ricerca di base, che nel mondo della biomedicina è sostanzialmente
la ricerca in vitro o su cavie animali. In fisioterapia
possiamo definire questa sezione di base con gli studi
di analisi del movimento o gli studi di valutazione
elettromiografici ecc., i quali non hanno come outcome
dei veri e propri outcome clinici in termini di salute,
bensì outcome che hanno lo scopo di accrescere le
conoscenze all'interno della singola disciplina. Per
definizione si tratta di ricerca di base, quindi non di
evidenze direttamente spendibili in clinica, perciò è
ovvio che uno studio sull'analisi del movimento dà
degli importanti input per la clinica e per la ricerca, ma
non può costituire un'evidenza di per sé da spendere
in clinica.
Sopra la ricerca di base troviamo la ricerca clinica vera e propria, cioè quella che verrà trattata
in questa lezione.
All'apice possiamo inserire l'Health Service Research, cioè la ricerca all'interno dei sistemi
sanitari: le politiche sanitarie, destinazione di risorse ecc. (ne abbiamo avuto tutti esperienza
anche nell'ambito della pandemia con tutte le regole che pian piano ci hanno pervaso).

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Come possiamo classificare la ricerca clinica e gli ambiti di informazione dal punto di vista
biomedico?
Possiamo classificarli in:

• Ricerca primaria: È effettuata direttamente sui pazienti, quindi su soggetti umani.


Alcuni metodologi dicono che genera nuovi dati, o per meglio dire, “nuove
osservazioni”. Si tratta quindi di studi osservazionali, sperimentali, e di ricerca
qualitativa.
La ricerca primaria può poi essere oggetto a sua volta di ricerca secondaria.

• Ricerca secondaria: È costituita da quegli studi di sintesi, se vogliamo così definirli,


che racchiudono e includono la ricerca primaria, quindi hanno come oggetto degli altri
studi e non dei partecipanti: revisioni sistematiche, linee guida, rapporti di HTA,
analisi economiche, analisi decisionali, sintesi di studi qualitativi. Sostanzialmente
ricalcolano delle osservazioni e dei dati che sono già stati acquisiti su partecipanti di
studi primari.
Alcuni metodologi dicono che non generano nuovi dati, ma in realtà sarebbe meglio
dire che non generano nuove osservazioni, perché revisioni sistematiche e linee guida,
in realtà, nuovi dati li generano.

• Fonti tradizionali (ricerca terziaria): Revisioni narrative, editoriali, opinioni di


esperti, opinioni di colleghi, lezioni e libri.
Sono tutte informazioni utili ma non costituiscono evidenze. È chiaro che l'opinione di
un esperto, una lezione del master, una lezione della laurea ecc., non sono
un'evidenza ma una fonte tradizionale.
Ad oggi anche le fonti tradizionali cercano di essere evidence based, cioè fanno una
ricerca della letteratura, ma in genere gli attori adottano e praticano il “Cherry
picking”, che significa andare a raccogliere gli studi, le “ciliegie” degli studi, che più si
avvicinano alla loro idea. In letteratura è presente più o meno tutto e il contrario di
tutto, quindi troverò sempre qualcosa che sostiene la mia idea e che posso inserire
nel mio editoriale, revisione narrativa o lezioni, quindi bisogna avere sempre un
approccio critico di fronte a queste fonti.
A cosa possono essere utili queste fonti? Sicuramente ad uno scopo di background,
per quel professionista che non è esperto di quell'ambito, sia clinico che ricercatore.
Ad esempio, se io non fossi esperto della concussione cerebrale potrei leggermi una
revisione narrativa o il capitolo di un libro in merito a questo argomento per avere
delle prime conoscenze di background, ma non potrei poi fondare il percorso
terapeutico per il mio paziente su questo perché non sono evidenze.

Distorsione dei risultati: Più ci spostiamo dalla ricerca primaria, andando verso la ricerca
secondaria e le fonti tradizionali, più cresce la quantità di bias.
Le revisioni sistematiche e le linee guida, per definizione, si portano dietro i bias degli studi che
hanno incluso, quindi gli studi primari e i bias delle revisioni e delle linee guida, perciò hanno un
doppio livello di bias. Di questo bisogna esserne consapevoli e in questi studi va affrontato questo
aspetto all'interno delle discussioni.

Q: Cosa sono le HTA?


A: È l’acronimo di “Health Technology Assessment”, ovvero gli studi che parlano di tecnologie
sanitarie, quindi dispositivi biomedici di tutti i vari settori e discipline della medicina. In
fisioterapia ci interessa relativamente; i due macro-item della ricerca secondaria che

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

affronteremo sono le revisioni sistematiche e le linee guida. Per chi fosse interessato agli studi
qualitativi, nella ricerca secondaria troviamo le revisioni degli studi qualitativi.

RICERCA QUALITATIVA, QUANTITATIVA E METODI MISTI

In ambito sanitario una parte delle domande e dei


problemi trova risposta mediante studi di ricerca
quantitativa ed una parte mediante studi di ricerca
qualitativa, all’interno della ricerca primaria;
Entrambe contribuiscono al percorso di costruzione
delle conoscenze.

Ricerca quantitativa: quanto è grande un fenomeno, individua nessi di causalità…


Ricerca qualitativa: perché avviene un fenomeno…
Quindi si pongono di fronte alla realtà in modo diverso, partendo da 2 paradigmi diversi.

La stragrande maggioranza degli studi disponibili in letteratura è rappresentata dalla ricerca


quantitativa, in cui si usa la statistica, dove c'è un quesito iniziale, test di significatività di vario
tipo, e una risposta quantitativa (in termini numerici).

Ricerca qualitativa
Per ricerca qualitativa si intende una ricerca più recente in ambito della biomedicina, che però
ha una storia altrettanto forte, soprattutto nell'ambito dell'antropologia o delle scienze sociali, in
cui ricercatori si pongono come degli antropologi, degli osservatori della realtà, e studiano quello
che avviene nel setting reale con metodi qualitativi.
Non bisogna confondere gli outcome qualitativi, come ad esempio outcome di qualità della vita
o di soddisfazione del paziente, valutati tutti in genere con delle scale numeriche a punteggio
(per esempio il questionario “Euro Quality of Life, EUROQoL”) con gli studi qualitativi. Questi
sono studi quantitativi che indagano aspetti qualitativi.
Con ricerca qualitativa intendiamo degli studi che utilizzano metodi qualitativi che in genere sono
interviste con domande aperte, semi-strutturate, focus group, dove i partecipanti sono liberi di
parlare e descrivere quello che è stato il loro percorso, in base all’argomento dello studio.
I ricercatori, proprio come degli antropologi, ascoltano, registrano e trascrivono queste
interviste, questi focus group; l’obiettivo sarà quello di trarre degli elementi comuni e di riportarli
in un manoscritto. Anche gli studi qualitativi hanno dei volumi, degli strumenti di conduzione
importanti per la ricerca; non è un disegno di ricerca più facile rispetto alla ricerca quantitativa,
perché anche qua occorre un metodo strutturato, però con meno statistica. Sicuramente per
questi studi occorre tempo; in genere non includono molti partecipanti come gli studi quantitativi,
ma sono altrettanto complessi, soprattutto dal punto di vista metodologico.

Gli studi qualitativi sono importanti perché alle volte ci rendono ragione del perché alcuni
trattamenti nella realtà poi non sono efficaci, anche se negli studi sembrano esserlo.
Ad esempio: è di dominio comune, soprattutto all’interno della cultura italiana, che il paziente a
casa tendenzialmente faccia pochi esercizi tra quelli che gli prescriviamo. Sarebbe interessante
indagare questi aspetti con uno studio qualitativo, cioè “Perché l’esercizio terapeutico, che negli
studi di ricerca è risultato così efficace in tutte e problematiche muscoloscheletriche, poi nella
realtà non dimostra questa efficacia e i pazienti tradizionalmente non lo svolgono?” e la risposta
ci può esser data da uno studio qualitativo. Sarebbe interessante capire anche qual è il percepito
di un paziente nel percorso di riabilitazione, o qual è il vissuto e il percepito avendo ricevuto una

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

certa diagnosi, oppure qual è il modello e l’algoritmo di ragionamento del clinico, del
fisioterapista; anche gli stessi professionisti possono essere partecipanti di studi qualitativi.

Quindi, la ricerca qualitativa:


• Processo di indagine che si basa su distinte tradizioni metodologiche per esplorare
un problema sociale o umano;
• Permette di cogliere i vissuti dei soggetti in studio da diversi punti di vista e con
diverse modalità, ma sempre evitando preconcetti e precomprensioni del
ricercatore;
• I ricercatori costruiscono una fotografia complessa e olistica, analizzano le parole,
riportano dettagliatamente il punto di vista degli informatori e conducono lo studio
in setting reali
• Perché interventi clinici promettenti non funzionano sempre nel mondo reale;
• Come i pazienti vivono l’assistenza;
• Come pensano i professionisti;
• …

In seguito sono elencate le domande aperte fatte che vengono fatte a pazienti che hanno
intrapreso ed effettuato un programma di riabilitazione per dolore cronico. Sono domande che
guidano l’intervista nell’ambito del vissuto del paziente nel percorso di riabilitazione:
1. Please tell me what you remember from the rehabilitation programme?
2. What have been useful from the things you learnt in the rehabilitation programme?
3. Are there thing you have not used that you learnt? Why?
4. Please tell me about the situation at home, at work or in other parts of life after the
programme?
5. And what about your experiences of pain and fatigue?
6. Would you like to tell me about your relationships with family and friends?

(Slide con altri esempi di studi qualitativi)

Anche se l’outcome è qualitativo, non è detto che anche lo studio sia qualitativo. Se sono scale
a punteggio, come ad esempio le scale a punteggio sulla qualità della vita o disabilità o su altre
classificazioni, lo studio è sempre quantitativo. È proprio la metodologia utilizzata ad essere
qualitativa; in genere, ma non esclusivamente, si tratta di interviste o focus group.

Disegni di studio a metodi misti


Ad oggi stanno prendendo piede, soprattutto in ambito assistenziale e riabilitativo, anche disegni
di studio a metodi misti, che portano avanti di pari passo un filone quantitativo e un filone
qualitativo. La parte quantitativa ci dice se l’intervento è efficace oppure no, in termini di indidi
dicotomici, continui ecc., quindi in termini statistici. La parte qualitativa ci dà informazioni sul
vissuto dei partecipanti in merito a quel percorso, a quel vissuto di trattamento.

Ricerca quantitativa
La prima grande distinzione è tra:
• Studi osservazionali: sono studi in cui i ricercatori si limitano ad osservare un fenomeno,
senza intervenire né “manipolare” alcuna variabile. Possono essere prospettici o
retrospettivi.
• Studi sperimentali: caratterizzati dalla “manipolazione” di una variabile, quella
dell’intervento, standardizzato e somministrato ai vari gruppi di partecipanti (trial,
sperimentazioni cliniche, studi interventistici…). Sono sempre prospettici.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Esistono variabili dipendenti e indipendenti. Negli studi osservazionali le variabili non sono
manipolate; negli studi sperimentali è manipolata la variabile indipendente (trattamento),
mentre la variabile dipendente (outcome) no (dice che è una definizione metodologica e non ci
interessa).

Studi osservazionali: Sono necessari per rispondere a molti quesiti tra cui i quesiti di eziologia,
prognosi, accuratezza diagnostica, ma anche efficacia di intervento, anche se vedremo che i
quesiti di efficacia di intervento sono meglio rispondibili con gli studi sperimentali, quindi i trial
clinici.
Possono essere descrittivi o analitici. La definizione deriva dalla statistica che può essere usata.
• Studi osservazionali descrittivi (case report, case series, studi trasversali): in
questi può essere usata solo statistica descrittiva. Si raccolgono delle informazioni e si
descrivono le osservazioni con indici di tendenza centrale (media, mediana, moda) e indici
di dispersione (errore standard, deviazione standard, range inter-quartili, range ecc.) a
seconda dei casi.
Non permettono di fare confronti e ricavare inferenze per la popolazione, quindi danno
esclusivamente informazioni descrittive su quel campione; non permettono di trarre
informazioni dirette, traslate, quindi inferite alla popolazione.
• Studi osservazionali analitici (studi caso-controllo, studi di coorte, studi
trasversali cross-sectional diagnostici): consentono l’utilizzo di statistica analitica,
cioè confronti tra gruppi, test di significatività e inferenza alla popolazione.

All’interno degli studi analitici e dei trial, quali sono i dati che ci interessano per l’inferenza alla
popolazione? I dati numerici da cosa sono indicati per l’inferenza alla popolazione? Dove li
troviamo?
In genere troviamo una stima puntiforme, che è il risultato ottenuto sul campione.
Il dato invece da inferire alla popolazione, o meglio che siamo confidenti (da definizione) al 95%
di trovare nella popolazione, da che valori è dato? Dagli intervalli di confidenza, i quali ci
danno l’informazione rispetto alla popolazione. Si trovano negli studi analitici, mentre nei
descrittivi no; quindi se è calcolato è fatto in modo improprio, perché sono campioni non
rappresentativi, eccetera.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Da un punto di vista metodologico


possiamo mettere in ordine su una
piramide gli studi che abbiamo
elencato: gli studi osservazionali
descrittivi stanno alla base, gli studi
osservazionali analitici (studi di
coorte e caso controllo) stanno a
metà, i trial randomizzati controllati
(RCT) sono in alto e poi all’apice ci
sono le revisioni sistematiche di RCT.

Dire che un trial randomizzato controllato è il miglior disegno di studio, è valido in assoluto per
tutti i casi e per tutti i quesiti? No.
Per ogni quesito, a seconda che sia di epidemiologia, eziologia, prognosi, diagnosi o
trattamento, ci sono degli studi preferenziali. Questo è l’elemento essenziale che bisogna
ricordare.
Se, per esempio, ci troveremo a fare una tesi su un quesito diagnostico come “quali sono i test
più accurati per diagnosticare una lesione del legamento crociato del ginocchio?”, sicuramente
non cercheremo dei trial clinici ma capiremo quali sono gli studi preferenziali.
La piramide appena vista è corretta per domande di efficacia di intervento.

STUDI OSSERVAZIONALI DESCRITTIVI

Già definiti in precedenza, la loro statistica è


descrittiva e non possono generare inferenza alla
popolazione, ma la loro grande utilità è quella di
generare ipotesi. Sono rappresentati soprattutto
da case report, case series e studi trasversali
descrittivi e sono molto utili anche per analizzare
trend.

In ambito di Covid-19 abbiamo visto, e stiamo ancora vedendo, come varia il numero di casi nei
giorni, quindi descrizioni di prevalenza di una problematica; è uno studio osservazionale
descrittivo, analisi di trend.

Quello che ci interessa in questa lezione è invece l'obiettivo di generare ipotesi.


Case report e case series sono particolarmente utili per i clinici al fine di mettere a conoscenza
tutto il mondo della ricerca di particolari osservazioni che si sono avute in clinica. Gli epidemiologi
dicono che gli studi case report e case series sono di dominio dei clinici e non degli epidemiologi
perché sono osservazioni avvenute nella pratica clinica.
Costituiscono delle evidenze? Sì, quando non ci sono degli studi più solidi; in quel caso possiamo
adottare come evidenza un case report o un case series. Questo viene fatto in alcuni casi molto
specifici di problematiche oncologiche, ad esempio tumori e sotto classificazioni molto rare.
Lo stesso GRADE definisce i dati derivanti dagli studi osservazionali descrittivi come un livello di
evidenza molto basso, alla base del livello di evidenza, con una qualità dell'evidenza molto bassa,
ma possono costituire delle evidenze. Ovviamente necessiteranno di maggior spirito critico di chi
legge e lo applica in clinica.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Il messaggio chiave è: “Da clinici vi troverete a scrivere un case report o un case series di fronte
ad una nuova osservazione, cioè un trattamento che ha dato un esito benefico o non benefico
particolare che non vi aspettavate, e che non è mai stato descritto. Scrivere un case report di
una prognosi, una diagnosi o qualsiasi cosa già descritta in letteratura e già a conoscenza di
tutti, non serve a nulla. Aumenta solo il pool degli studi pubblicati ma non serve a niente”.
Ad oggi scrivere un case report è estremamente facile, ci sono delle riviste che pubblicano solo
case report, quindi si possono trovare numerosi case report anche recenti. Prima di leggerli
bisogna chiedersi sempre se aggiungono qualcosa alle conoscenze che si hanno già o sono solo
“sporco” del mondo della ricerca; questo va fatto per tutti i disegni di studio. Visto però che gli
studi osservazionali descrittivi non necessitano né di un protocollo, né di essere preventivamente
registrati su un database, né di comitato etico… è facile farli, scriverli e pubblicarli.
Sono estremamente utili quando sono innovativi e non servono a nulla se descrivono qualcosa
di già presente.

Quindi, gli studi osservazionali descrittivi:


• I ricercatori osservano e descrivono, effettuando unicamente analisi statistiche
descrittive;
• In assenza di un gruppo di confronto, non permettono di valutare inferenze di
causalità;
• Generano ipotesi da confermare successivamente in studi analitici;
• Sono utili ed applicabili a tutti i quesiti clinici, sempre ad un livello base.

Case report e case series


Il docente elenca sulle slide alcune foto di articoli case report e case series che sono stati
pubblicati.
1° esempio: All’inizio della pandemia, alcuni ricercatori hanno riportato i dati e le osservazioni
sulla trasmissione intrauterina del virus SARS-CoV-2. Ancora non si avevano dati, quindi si vede
un case series su decine, centinaia di donne. Si tratta sempre di un case series, ma a quel tempo
era estremamente utile per generare nuove evidenze.
2° esempio: Queste case series di 11 casi di uomini con un sistema immunitario altamente
depresso e con una particolare forma di polmonite da Pneumocystis carinii, che difficilmente
colpisce l'uomo, è stato uno dei primi case series che ha portato alla scoperta negli anni ’80 del
virus dell’HIV. Qui ancora non era definito come il virus dell’HIV, ma questi uomini in realtà
avevano un sistema immunitario a terra in cui non c'erano cellule T.

Questo ci fa capire quanto sono importanti anche case report e case series quando ancora non
si hanno evidenze su un determinato topic.

In seguito sulle slide ci sono altri esempi di articoli in ambito fisioterapico che possono essere
utili per il riconoscimento di particolari Red Flags, per sensibilizzare il gruppo professionale, per
false diagnosi, oppure per trattamenti che hanno dato risultati anomali, in bene o in male.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Il docente riporta questa slide che


troveremo anche nella “lezione tesi”,
perché saremo chiamati, nell'arco del
percorso di master, a scrivere un case
report (con deadline tra ottobre
novembre). Ha riportato questi
strumenti, che sono la linea guida di
reporting del case report, e questo tool
gratuito online che ci guida (basato su
questa linea guida di reporting che
vediamo).
Sostanzialmente ci dà delle caselle precompilate dove si devono scrivere tre o quattro righe per
casella. Se si hanno già le idee chiare, ovviamente in inglese, dice che in un'ora al massimo si
scrive il case report. Ad oggi stanno crescendo tanto questi tool online.
Questo ce l'ha messo perché molti studenti tendono più a scrivere un case study (quelli che
simulano un po’ i casi clinici che vengono proposti, come l'ultima lezione dei seminari pratici).
Non si deve descrivere il singolo caso dalla A alla Z, da quando è entrato nello studio a quando
è uscito, bensì sottolineare, evidenziare e argomentare quell'aspetto particolare che si vuole
evidenziare.
Se è relativo all'intervento bisogna porre più attenzione all'intervento; non ci interessa spiegare
tutti i test clinici che sono stati somministrati, il carico, la capacità di carico… non è un case study
dell'esame. Serve a porre l'accento su una caratteristica particolare diversa dal solito, quindi
devono essere presenti informazioni per capire il caso anche dal punto di vista di inquadramento
anamnestico, diagnostico, ecc., ma non deve essere un case study, bensì un case report.

I case report e i case series possono rispondere a tutti i quesiti che abbiamo
menzionato, non rispondono ad un quesito preferenziale.
I quesiti sono i seguenti:
• Epidemiologia: incidenza e prevalenza di malattia
• Eziologia: riconoscere il ruolo di fattore di rischio di una malattia
• Prognosi: riconoscere il ruolo di fattori prognostici e individuare anche dei modelli
prognostici
• Accuratezza diagnostica: per capire quanto un test clinico, di laboratorio, di imaging…
è accurato nel riconoscere i sani dai malati
• Efficacia di intervento o di trattamento: valutare l’efficacia degli interventi sanitari.

PER UN DETERMINATO QUESITO SERVE UN DETERMINATO STUDIO PREFERENZIALE:

1° Quesito: Epidemiologia à Disegno dello studio: STUDI DESCRITTIVI TRASVERSALI


(PREVALENZA) O LONGITUDINALI (INCIDENZA)
Per quesiti di epidemiologia, quindi di prevalenza e incidenza, occorrono studi descrittivi
trasversali di prevalenza e longitudinali di incidenza, perché ovviamente, per definizione di
incidenza, si deve osservare un certo periodo.

Studi trasversali descrittivi


Gli studi trasversali descrittivi per quesiti di prevalenza, perché sono trasversali?
Perché fanno una fotografia della popolazione in uno stesso momento ed estrapolano una o
più variabili sullo stesso paziente, quindi sono trasversali per questi motivi.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

Com'è configurato uno studio trasversale


descrittivo?
Si prende un pool di pazienti (es:
popolazione di una certa regione,
squadra di calcio, un reparto ospedaliero,
i pazienti che afferiscono al reparto di
riabilitazione, ecc.) e si valuta la
prevalenza, cioè la quantità di soggetti
che hanno una determinata variabile,
una determinata problematica, un
determinato fattore.
Si trae poi una descrizione: “x% dei soggetti presenta, per esempio dolore di spalla”.
Sono studi di prevalenza.

Si possono anche estrapolare più variabili, ad esempio ipotizzare un’esposizione, quindi contare
il numero di soggetti che ha una tendinosi della cuffia dei rotatori. In questo caso viene misurato
il dolore e la tendinosi della cuffia dei rotatori.
Si può dire, con questo disegno di studio, che nei soggetti con dolore di spalla, il dolore sia
causato dalla tendinosi? No, perché questi sono descrittivi che non permettono modelli
associativi causali, ma solo modelli di correlazione, cioè associazioni. Al massimo si può dire che
il dolore di spalla è associato alla tendinosi ma non che il dolore provochi la tendinosi né che la
tendinosi provochi il dolore.
Attenzione a come sono riportati i risultati in questi studi perché a volte gli autori tendono a
sovrastimare ed enfatizzare i risultati, estrapolando in qualche modo dei modelli causali.

Questi studi non descrivono nessi di causalità, ma solo eventualmente associazioni; al


massimo troveremo un indice di correlazione. “Association is not a causation”.
Perché non possono definire un nesso di causalità? Perché manca un “tempo” di
osservazione. Si misurano due variabili ma non si sa quale ha causato l’altra, anche se c’è un
razionale biomedico forte.
Il razionale biomedico, soprattutto in ambito fisioterapico, purtroppo è strutturato post hoc, cioè
dopo aver osservato i risultati.
Un esempio è il metodo McKenzie, di come è stata storicamente individuata la sua efficacia; lui
aveva lasciato il suo paziente prono sul lettino ma questo si era sdraiato prono in modo errato e
McKenzie ha visto che questo era efficace, per cui ha definito un razionale post hoc.
In fisioterapia ne siamo pieni… per cui attenzione, perché anche se hanno un razionale forte,
questi studi non consentono di estrapolare nessi causali.

Quindi, gli studi trasversali descrittivi:


• Sono studi di prevalenza, osservano e contano la prevalenza della problematica nella
popolazione;
• Possono anche verificare la prevalenza dell’esposizione e usare misure di associazione.
Ma questo definisce solo una correlazione, non un nesso di causa-effetto!
• Questo limite risiede nei seguenti elementi:
o In assenza di un “tempo” di osservazione, non permette di comprendere quale
fattore è la causa e quale l’effetto, cioè quale viene prima e quale dopo (è nato prima
l’uovo o la gallina? Il razionale biomedico non sempre chiarisce…)
o In genere considera solo uno o pochi fattori, e usa quindi solo analisi
univariate, per cui non permette di riconoscere eventuali fattori confondenti.

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EBP – Architettura della ricerca clinica – SALVIOLI 09/04/2022

STUDI OSSERVAZIONALI ANALITICI

• I ricercatori non si limitano ad osservare e descrivere, ma analizzano i dati delle


osservazioni;

• Gli studi analitici prevedono sempre almeno 2 pool di misurazioni:


o 2 gruppi di pazienti
o 2 o più misurazioni sullo stesso gruppo

• In presenza di una forte associazione e di circostanze plausibili (razionale


biomedico), verrà sospettata una relazione causa-effetto (!)

Gli studi analitici usano la statistica


analitica e permettono inferenza
alla popolazione.
In questo grafico: dove arrivano le
frecce blu, arrivano gli studi
descrittivi; le frecce rosse invece
permettono l'estrapolazione dei
modelli causali e anche di associazioni,
visto che sono studi osservazionali, e
permettono anche di generalizzare alla
popolazione solo gli studi analitici.

2° Quesito: Eziologia à Disegno dello studio: STUDI DI COORTE CON COORTE PARALLELA,
STUDI CASO-CONTROLLO

Studi di coorte con coorte parallela e studi caso-controllo


I migliori studi per rispondere ai quesiti di eziologia sono gli studi di coorte con coorte parallela
e gli studi caso controllo. Il preferibile in assoluto è il primo, ma in alcuni casi non è fattibile.

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Entrambi i disegni di studio identificano un’esposizione ad un possibile fattore di rischio


ed un outcome (in genere è in termini di insorgenza di patologia o problematica).
Gli studi caso controllo sono sempre retrospettivi, gli studi di coorte hanno un disegno
prospettico, quindi in avanti nel tempo, anche se la registrazione dei dati a volte può essere
retrospettiva.

Esempio in ambito fisioterapico:


Vogliamo capire se il volume di lavoro di training nel runner può essere un determinante di
edema osseo o di microfratture nell’arto inferiore, o nelle ossa del piede.

Come si struttura uno studio caso-controllo?


Si parte dai casi, cioè i soggetti con la patologia e si prende un numero che ha riportato una
microfrattura da stress al piede. Poi si prendono i controlli, cioè soggetti sani che non hanno
riportato una microfrattura, ma si dice “matchati”, cioè paragonabili, sovrapponibili ai casi per
le principali variabili socio-demografiche.
Di entrambi i gruppi di soggetti, guardiamo indietro nel tempo quanti di questi sono stati esposti
ad un elevato training di corsa. Ovviamente definiamo dei cut-off, cosa intendiamo per “elevato
training”, eccetera. Quindi conteremo il numero di esposti e non esposti sia all’interno dei casi
che all’interno dei controlli. Ovviamente non si possono prendere i runner e basta perché sennò
sono già preselezionati (è un bias), invece si devono prendere sia soggetti con microfrattura che
soggetti senza microfrattura.
Se si volesse fare uno studio di coorte sulla stessa relazione, si dovrebbe prendere un certo
numero di soggetti esposti che corre con un alto volume di lavoro, e un gruppo di soggetti non
esposto che non corre, o che comunque non corre con un alto volume di lavoro. Questi poi vanno
seguiti in avanti nel tempo per settimane, mesi o anni per poi guardare quanti nei due gruppi
subiranno la microfrattura.

Già da questa descrizione si può capire che lo studio caso-controllo è sicuramente più breve,
perché ho già preso i soggetti che si presentano alla mia attenzione con microfrattura, e un
numero di soggetti matchati senza microfrattura, li intervisto, chiedo la loro “schedule” di
training e vado a fare i calcoli. Quindi il tempo dello studio è di pochi giorni, poche ore.

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Come si struttura uno studio di coorte?


Per lo studio di coorte si deve prendere un elevatissimo numero di soggetti perché la
microfrattura è comunque un evento raro o quasi raro. Quindi, quanti soggetti bisogna prendere
per contare poi nel tempo un certo numero di microfratture e che si distingue in un gruppo
rispetto all’altro? Centinaia, se non migliaia, di runner e non runner. Bisogna seguirli per
settimane o mesi… quindi più tempo, più soggetti e più risorse economiche.
Lo studio di coorte però ci dà dati più certi, perché viene misurata esattamente l’esposizione, in
questo caso il volume di lavoro, cosa che non succede nel caso controllo, in cui ci si deve
accontentare di interviste di soggetti (questo può quindi essere affetto da recall bias, o interview
bias, ovvero soggetti che hanno ricordi falsati o sovrastimano o sottostimano l’allenamento che
hanno fatto ecc.).

à Gli studi caso controllo sono più brevi, più economici, ci sono meno soggetti ma sono
ricchi di bias.
à Gli studi di coorte sono più lunghi, più dispendiosi economicamente e necessitano di
più soggetti ma danno informazioni più certe, con meno bias.

Quindi, studi di corte VS studi caso-controllo:


• La differenza sostanziale sta nella selezione dei soggetti;
• Negli Studi di Coorte vengono arruolati e seguiti prospetticamente soggetti senza
l’outcome di interesse, in relazione alla loro esposizione al possibile fattore di rischio;
• Negli Studi Caso-Controllo vengono identificati i pazienti sulla base della presenza
(casi) o assenza (controlli) dell’outcome di interesse e viene indagata la loro pregressa
esposizione ad un possibile fattore di rischio.

In questa slide si può notare come gli studi


di coorte possano essere prospettici o
retrospettivi nell’osservazione dei dati, ma
nella loro metodologia sono sempre
prospettici. Vanno sempre dall’esposizione
all’outcome, al contrario degli studi caso-
controllo che vanno dall’outcome verso
l’esposizione.
In alcuni casi, gli studi di coorte possono
iniziare prima dell’esposizione (esempio: i
giocatori di una squadra di calcio che
entrano a far parte di uno studio di coorte
quando iniziano la preparazione di inizio
stagione; in questo caso lo studio inizia nel momento esatto in cui inizia l’esposizione), ma la
maggior parte degli studi inizia quando l’esposizione è già in atto.
Ci sono poi alcuni studi di coorte retrospettivi, ovvero in cui si sono già realizzati sia l’esposizione
che l’outcome; in questo caso sono quindi sempre prospettici come disegno di studio, ma
retrospettivi come reclutamento dei soggetti e osservazione dei dati.

Sostanzialmente, nel mondo della ricerca si cerca di avere qualche dato iniziale facendo un caso-
controllo perché basta raccogliere dati da cartelle cliniche, intervistare soggetti e utilizzare
calcolo statistico per definire una misura di probabilità di rischio.
Invece, se i dati dello studio caso-controllo sono promettenti, si struttura uno studio di coorte,
che metodologicamente è più corretto ma richiede più risorse. In questo modo, coi dati positivi
del caso-controllo, posso sostenere i costi e il tempo necessario per fare lo studio di coorte.

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Riassumendo:
Studi caso controllo
VANTAGGI: Sono adeguati per outcome rari, esposizioni multiple, lunga latenza tra esposizione
ed esito. Sono rapidi, hanno costi limitati, necessitano di piccoli campioni, hanno dati già
disponibili, non c’è problema etico.
LIMITI: Non permettono di calcolare il rischio relativo, sono inadeguati per esposizioni rare, è
difficile determinare una relazione temporale esposizioneàesito.
Hanno un elevato rischio di bias: selezione dei casi (diverse classificazioni diagnostiche, diverse
epoche, casi esposti più controllati…), selezione dei controlli (sovra/sottorappresentazione
dell’esposizione nei controlli rispetto alla popolazione generale), raccolta dei dati relativa alle
esposizioni (interview/information bias, recall bias, meno rilevanti nei nested case-control
studies).
Si può misurare solo l’odds ratio come misura di probabilità.

(Nelle slides ci sono due esempi di articoli di studi caso-controllo).

Studi di coorte
VANTAGGI: Permettono di misurare direttamente l’incidenza dell’evento nel gruppo dei soggetti
esposti e non esposti e il rischio relativo. Sono adeguati per esposizioni rare, è chiara la relazione
temporale tra esposizioneàesito, hanno una minor probabilità di bias di selezione e infine sono
prospettici (outcome non noto).
Si può misurare sia l’odds ratio che il rischio relativo (che i caso-controllo non possono misurare
perché non misurano l’incidenza).

LIMITI: Periodo di latenza, costi più elevati, time-consuming, persi al follow-up, modifica
dell’esposizione (dose, intensità, durata), difficile valutare esposizioni multiple, necessari
campioni molto numerosi, aspetti etici.

(Nelle slides c’è un esempio di articolo di studio a coorte parallela).

Altro limite degli Studi di Coorte: essendo molto protratti nel tempo, soprattutto più in ambito
medico che fisioterapico, alle volte i soggetti in studio vengono seguiti per anni e questo fa sì
che quei fattori di rischio studiati vengono poi definiti nel frattempo anche da altri studi come
fattori di rischio. In quel caso si insinua un problema etico, ovvero ci si chiede se continuare a
seguire i soggetti senza fare loro educazione sanitaria, interrompendo quell’esposizione, oppure
continuare l’esposizione.
Il docente ci propone il Framingham Heart Study: è uno studio prospettico di coorte (quindi sia
eziologico che prognostico) effettuato a Framingham, cittadina degli Stati Uniti, in cui la coorte
originale è stata seguita per 70 anni. È lo studio che oggi ci permette di dire quali sono i principali
fattori di rischio cardiovascolari (l'ipercolesterolemia, l’ipertensione, ecc.).
Ad oggi stanno ancora seguendo delle coorti secondarie, che sono i figli e i nipoti dei primi
soggetti, quindi c'è anche un problema etico alle volte e non sappiamo come l'abbiano gestito in
questo studio negli Stati Uniti.

3° Quesito: Prognosi à Disegno dello studio: STUDI LONGITUDINALI DI COORTE, SENZA


COORTE PARALLELA
È preferibile che sia prospettico perché ciò consente la misurazione dei predittori e degli outcome
in modo istantaneo al loro verificarsi. Sfortunatamente la letteratura è dominata da studi
prognostici retrospettivi.

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Studi longitudinali di coorte senza coorte parallela


Gli studi di prognosi sono rappresentati da studi longitudinali di coorte, a coorte singola. Quindi
c'è un'unica coorte di soggetti che viene definita “inception cohort”, cioè coorte di partenza,
assimilabili tra loro per alcune caratteristiche, quali in genere l'avere una certa problematica (ad
esempio soggetti con mal di schiena da almeno tre mesi).

Qual è l'obiettivo della ricerca prognostica?


Definire quali sono i fattori che hanno un ruolo per la prognosi, quindi sono associati ad una
migliore o peggiore prognosi, per poi definire delle regole predittive per il trattamento.
Nell'ambito della ricerca non è importante una distinzione terminologica tra “fattore
prognostico”, che in genere è relativo alla prognosi naturale del soggetto, e “fattore predittivo”,
che nell'ambito medico predice l'esito di un trattamento; sono sempre, per l'ambito
metodologico, delle variabili misurate che sono associate ad una migliore o peggiore prognosi,
che sia oppure no anche sostenuta da un trattamento. Altro obiettivo è identificare dei modelli
prognostici, cioè un insieme di fattori, di variabili da più punti di vista, che predicono una certa
prognosi.

La coorte di partenza viene seguita in


avanti nel tempo e la più grande sfida
degli studi prognostici è misurare
tutti i fattori presupposti prognostici,
perché ancora non so che sono
prognostici. Devono essere preceduti
da un'approfondita ricerca della
letteratura che vada a raccogliere tutti gli elementi utili e già ipotizzati letteratura per la prognosi
(ad esempio quali sono i fattori che più facilmente portano ad una risoluzione del mal di schiena
acuto) e aggiungere a questi quelli ipotizzati dal nostro studio. Questi poi bisogna misurarli nella
popolazione in modo preciso nel tempo e inserirli all'interno di un'analisi statistica di regressione
multivariata rispetto all'outcome.

Cosa vuol dire regressione? Qual è la differenza tra correlazione e regressione?


La correlazione mi definisce solo quanto due variabili sono associate, cioè si muovono insieme,
ma non ne definisce una dipendente e una indipendente. La regressione invece definisce dei
regressori, cioè delle variabili indipendenti, e una loro influenza sulla variabile dipendente,
ovvero quanto modificano e che peso hanno nella modifica della variabile dipendente, cioè
sull'outcome. Quindi che peso ha l'insieme di fattori rispetto all'outcome.

Esempio: Nella risoluzione del mal di schiena, che peso ha il fatto che il mal di schiena sia acuto,
presente da pochi giorni? Che peso ha l'età del soggetto? Che peso ha l’aver avuto precedenti
episodi?
Tutte queste variabili hanno un peso e deve essere da noi conosciuto e interpretato nella clinica;
ci viene detto proprio da questi studi.

Riassumendo: Si ha un unico gruppo di soggetti, bisogna misurare tutte le variabili prognostiche


e inserirle in analisi di regressione multipla (o multivariata, sono sinonimi), non analisi univariate
che guardano solo due variabili, ma multiple, perché in questo modo possiamo riconoscere i
“confondenti”.

Come variabili prognostiche si considerano: le caratteristiche del soggetto, le caratteristiche


dell’intervento, caratteristiche della patologia ecc. (Caratteristiche demografiche dei pazienti,

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aspetti sociali e/o economici, caratteristiche della patologia di interesse, storia clinica, esame
fisico, risultati di test, trattamenti precedenti).
Tutte le variabili devono essere misurate, i modelli statistici devono essere accettati e le analisi
multivariate.

Elemento d’attenzione è il follow up; ovviamente i soggetti devono essere seguiti tanto a lungo
per l’esplicarsi del problema. Qui ce n’è un esempio:

Seguendo questi soggetti fino a 5 giorni,


sembra che l’avere tre comorbidità sia
peggio, ma averne zero, una o due non
cambi nulla. In realtà, seguendo i soggetti
fino ai 20 giorni o oltre, vediamo che le curve
di mortalità si distanziano. Se si
interrompesse lo studio a 10 giorni si
sbaglierebbe perché non si riconoscerebbe il
valore prognostico di una o due comorbidità.
Quindi in base alla patologia e alla storia
della patologia, gli studi devono andare
abbastanza avanti nel tempo, scegliendo un
follow-up adeguato.

(Slide con esempio in ambito fisioterapico di uno studio a coorte singola per la prognosi di neck
pain e low back pain negli impiegati)

Q: Quando facciamo il case report per il compito del master, dobbiamo prendere pazienti che
già conosciamo con una simile patologia o sintomatologia? Oppure di cui andiamo a fare ricerche?
A: L’esercitazione del master è a scopo didattico, nessuno si aspetta un case report da pubblicare
o particolarmente innovativo, perché non tutti incontriamo casi particolarmente innovativi degni
di poter scrivere un case report.
Case report è un paziente, mentre case series è un insieme di pazienti simili. Noi siamo chiamati
a scrivere un case report in cui dobbiamo enfatizzare, per esempio, un aspetto relativo alla
diagnosi, all’intervento, all’inquadramento diagnostico o alla prognosi; quello che ci sentiamo di
approfondire. È solo un’esercitazione che non ha neanche un voto ma solo un giudizio positivo o
negativo.
L’intento di questa lezione è farvi capire che i case report e i case series costituiscono delle
evidenze quando non ci sono studi di più elevata metodologia, ma devono portare degli elementi
innovativi e non descrivere cose che già tutti sappiamo, altrimenti sono inutili.

4° Quesito: Diagnosi à Disegno dello studio: STUDI TRASVERSALI (CROSS-SECTIONAL) CON


CONFRONTO INDIPENDENTE E CIECO CON LO STANDARD DIAGNOSTICO DI RIFERIMENTO

Studi trasversali cross-sectional diagnostici


Il miglior disegno per rispondere a quesiti di accuratezza diagnostica è il disegno di studio
trasversale (cross sectional) di accuratezza diagnostica, da non confondere con gli studi
trasversali descrittivi di prevalenza visti precedentemente.

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Accuratezza diagnostica è la capacità di un test di riconoscere i sani dai malati, per esempio:
“Quanto il Lachman test riconosce le lesioni di LCA dalle non lesioni?” oppure “Quanto il McMurray
riconosce le lesioni meniscali dalle non lesioni?”.

Gli indici di accuratezza diagnostica sono: sensibilità e specificità, i più conosciuti, i rapporti di
verosimiglianza e i valori predittivi positivo o negativo. Gli indici di accuratezza diagnostica sono
l’outcome di questi studi diagnostici (cross sectional) e si ottengono confrontando un nuovo test
con un reference standard, ottenendo quanto il nuovo test è sensibile, quanto è specifico, quali
sono i suoi valori predittivi e i suoi rapporti di verosimiglianza.

Per quanto riguarda la struttura, si parte con un gruppo di soggetti con sospetto di malattia,
che non ha ancora diagnosi (ad esempio soggetti con ginocchio gonfio che hanno avuto una
distorsione e si presentano in ambulatorio). Questi soggetti vengono sottoposti a dei test in
studio (per esempio un nuovo test clinico che vogliamo validare per accuratezza) e
successivamente, in modo cieco e indipendente, lo standard diagnostico (come standard
diagnostico possiamo assumere la risonanza magnetica, anche se non è il perfetto standard
diagnostico che invece sarebbe l’artroscopia).
Quindi si va vedere quanti soggetti sono positivi o negativi al nuovo test, e poi si va confermare
la negatività o la positività con la risonanza magnetica. Il confronto deve essere cieco e
indipendente: l’esecuzione del secondo test (che in genere viene eseguito come secondo il
reference standard) deve essere indipendente dal risultato del primo, cioè si deve fare la
risonanza sia che il nuovo test sia positivo che negativo. La lettura del secondo test deve essere
in cieco, ovvero chi legge l’imaging della risonanza non deve sapere qual è stato il risultato del
test clinico, perché potrebbe costituire un bias, perché esempio potrebbe essere portato a
giudicare un legamento iperintenso (bello bianco in T2) come leso piuttosto che non leso, di
fronte a un caso dubbio.
I partecipanti devono essere consecutivi e non scelti dal ricercatore, perché l’elemento di
consecutività ci permette una certa rappresentatività; il campione diventa più rappresentativo
della popolazione.

(Scorre slides in cui dice che riporta cose già spiegate)

Lo studio si chiama trasversale perché l’esecuzione del test in studio e dello standard
diagnostico sono idealmente (per definizione) applicati nello stesso momento in modo
trasversale. Nella realtà non sarà esattamente così ma sarà entro un lasso di tempo tale per cui
la situazione non possa cambiare. “Nello stesso momento” dipende dalla situazione clinica.

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Esempio: nel sospetto di una lesione di un legamento può passare anche qualche giorno, perché
di sicuro il legamento non si cicatrizza in due giorni.
Di fronte ad uno shock ipovolemico, crisi emorragica, deve passare meno di secondi, quindi
dipende dalla situazione.

A volte nell’articolo si trova la dizione “prospettico”, ma questo fa riferimento al reclutamento


dei pazienti.

5° Quesito: Terapiaà Disegno dello studio: RCT

STUDI SPERIMENTALI

Gli studi sperimentali, quindi i Trial Clinici, sono il


miglior disegno di studio per rispondere a quesiti
di efficacia di intervento, quindi alla domanda
“quanto è efficace un trattamento, in termini di
outcome predefiniti?”.

Ci sono 3 categorie di Trial: non controllato, controllato non randomizzato e controllato


randomizzato.

Trial non controllati (NCCTs)


Prevedono di reclutare un campione costituito da un unico gruppo di soggetti che non viene
suddiviso e che viene sottoposto all’intervento in studio. Questo darà degli outcome; si spera
che questi soggetti miglioreranno, e il miglioramento può essere definito in termini percentuali
(ad es. hanno migliorato il loro dolore del 30%).

Qual è il loro limite? Cosa comporta la mancanza di un gruppo di controllo?


Ci possono essere altre variabili non controllate, quindi la modifica in termini di outcome può
essere data sia dal trattamento somministrato, ma anche da queste, tra cui:
• Miglioramento spontaneo e la guarigione naturale in termini di prognosi;
• Regressione verso la media, che molte problematiche in ambito muscoloscheletrico
hanno;
• Caratteristiche prognostiche di quel campione o altre variabili;

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• Effetto Hawthorne: è stato descritto negli stabilimenti Hawthorne ormai a fine ‘800.
Sarebbe l’effetto dei soggetti di essere osservati, presi in carico ai fini di uno studio,
si sentono più sostenuti, quindi entrano in gioco delle aspettative e quindi tendono ad
avere delle performance migliori;
• Effetto placebo e nocebo;
• Aspettative ottimistiche del medico e del paziente.
Sono tutti elementi che non possono essere controllati, quindi facendo uno studio non controllato
assumiamo il rischio che ci sia l’influenza di uno di questi elementi.

Quando studi non controllati possono essere utili?


In alcuni casi sì perché non sempre è necessario un gruppo di controllo. Alcuni esempi:
• Insulina per il diabete
• Trasfusione nello shock emorragico
• Defibrillazione per la fibrillazione ventricolare
• Tracheostomia per ostruzione tracheale
• Saturare ferite estese
• Drenaggio per il dolore associato ad un ascesso

Sono utili quando il contesto è definito “silente”, il che significa che le variabili della patologia e
dell’intervento sono talmente rapide, e la patologia è talmente drammatica in termini di salute
e di prognosi sfavorevole, che è inverosimile che il contesto possa modificarne l’esito.
Esempio: se ho un’ostruzione tracheale, ok l’effetto placebo e le aspettative ottimistiche, ma se
la trachea è otturata bisogna intervenire. Quindi ci sono alcune condizioni in cui non è possibile
fare un gruppo di controllo e non è proprio necessario.
Il ruolo delle NCCTs oggi è limitato a malattie rare e studi di fase II.

Quello che ci interessa è soprattutto la malattia ad esito sfavorevole/fatale con interventi di


drammatica efficacia del trattamento (rapida e immediata), con effetti sfavorevoli
accettabili, assenza di trattamenti alternativi e presupposti fisiopatologici convincenti.
Esempio: particolari sindromi compartimentali dove l’arto non ha più polso, il nervo non ha più
conduzione e occorre un intervento chirurgico per migliorare l’esito. Oppure danno nervoso da
importante radicolopatia o altre problematiche; è chiaro che se non si va a liberare quel nervo,
il resto dei fattori hanno poca influenza.
Avere un gruppo di controllo non sarebbe etico e opportuno, quindi è sufficiente un trial non
controllato.

Il trial non controllato non è da scartare a priori, ma dipende dalla problematica.

“Riporto come ripasso questo studio un po’


sarcastico e ironico apparso su BMJ; questi autori
hanno voluto vagliare l’efficacia del paracadute nel
prevenire traumi e morte dai lanci dall’alto. Hanno
fatto una revisione e hanno visto che non ci sono
studi pubblicati su questo, cioè non ci sono trial
randomizzati controllati. Quindi, a favore e
sostegno dei paladini dell’EBM, propongono di fare
un trial in cui gli stessi paladini dell’EBM facciano da
partecipanti: un gruppo si lancia col paracadute e l’altro gruppo con paracadute placebo e poi
fanno un cross-over, cioè i sopravvissuti si scambiano di gruppo.
Questo vuol far capire che in determinate circostanze non è opportuno fare un gruppo di
controllo”.

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(Slide con alcuni esempi di trial non controllati, più che altro in ambito medico perché prevedono
esiti infausti, però alcuni possono essere assimilati anche ad ambiti fisioterapici)

Precisazione: oggi anche molti studi di Fase II di ricerca farmacologica possiedono un gruppo di
controllo, anche se tradizionalmente questo tipo di studio è fatto su un unico gruppo di soggetti;
è proprio un trial non controllato.

Trial controllati non randomizzati (CCTs)


Si tratta di un campione che è espletato in due o più gruppi, ma senza randomizzazione.
Oppure a volte è preso un gruppo di controllo storico, elemento estremamente debole, perché i
controlli storici in genere vanno peggio. Cosa significa? Le condizioni di salute per fortuna
migliorano negli anni, quindi è più facile che prendano un gruppo di controllo di un altro studio
(pubblicato 5 o 10 anni fa ecc.), oppure soggetti da cartelle cliniche di epoche precedenti, e che
siano soggetti che hanno una performance peggiore perché tutte le condizioni di salute sono
peggiori. Ma lo stesso campione espletato in due o più gruppi, senza randomizzazione, porta ad
un bias, cioè quello di non permettere un corretto controllo dei confondenti, ovvero tutte quelle
variabili prognostiche che hanno un ruolo nel determinare l’outcome, conosciute e non
conosciute; senza randomizzazione queste non sono divise equamente nei due o più gruppi.

Quindi, i CCTs:
• Sono caratterizzati dalla presenza di un gruppo di pazienti di controllo, i cui esiti vengono
confrontati con quelli del gruppo dei pazienti trattati;
• Possono prevedere:
o Controlli paralleli (contemporanei)
o Controlli storici (da cartelle cliniche o banche dati)
• I limiti comuni a tutti i CCTs sono:
o Sbilanciamento dei fattori prognostici tra i due gruppi di pazienti;
o Tendenza ad assegnare al trattamento sperimentale i pazienti a prognosi più
favorevole;
o Sovrastima dell’efficacia del trattamento sperimentale

Ad oggi, i trial controllati non randomizzati non dovrebbero avere più alcuno spazio nella ricerca
biomedica. Trovare un trial controllato, cioè con un gruppo di controllo, ma dove la divisione in
gruppi non ha visto la randomizzazione, è altamente improprio e non dovrebbe più trovare
pubblicazione. Da lettori e da clinici vanno lasciati perdere già a partire dal titolo. Lo dice lo
stesso Consort Statement che vedremo essere la linea guida di reporting dei trial clinici.
(Slide con esempio di Trial controllato non randomizzato)

Trial controllati e randomizzati (RCTs)


Il miglior disegno di studio per quesiti di efficacia di intervento sono i trial controllati con la
randomizzazione (grazie alla loro capacità di minimizzare i bias rispetto ad altri disegni
sperimentali), in cui la divisione in gruppi è avvenuta con randomizzazione, cioè con metodo
casuale. Con metodo casuale intendiamo l’uso di software (alcuni anche disponibili in modalità
free, o a pagamento o agenzie terze per i grandi studi farmacologici) che si occupano di stilare
una lista di randomizzazione e di fare questa assegnazione casuale con un’allocazione nascosta.
La randomizzazione permette di distribuire equamente i vari fattori prognostici conosciuti e non,
ma anche misurati e non, nei due gruppi di soggetti.

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Grazie alla randomizzazione si può dire che i due gruppi sono equi e paragonabili. Senza
randomizzazione posso dividerli a mio piacimento o seguendo degli algoritmi per cercare di
dividere le variabili, ma non raggiungerò mai la “bontà metodologica” della randomizzazione.

(Slide con esempio di RCT)

Riassumendo:
• Trial non controllati possono essere utili in alcuni casi, in cui il contesto non può portare
un effetto, quindi interventi di drammatica efficacia e malattie ad esito infausto.
• Trial controllati senza randomizzazione non devono più trovare spazio, ed è anche uno
spreco di risorse, sia economiche che di salute dei pazienti, perché questi ultimi si sono
dati per la ricerca e i ricercatori hanno fatto un disegno debole, con lo stesso sforzo
economico, di tempo eccetera. La randomizzazione è semplice e gratuita!
• Trial controllati randomizzati sono il miglior disegno di studio perché permettono di
controllare la divisione equa di tutte le variabili.

La piramide delle evidenze è utile ed è fatta così solo per quesiti di efficacia di intervento.
Cosa significa? Che per interventi
innovativi, dove ancora non si hanno dei
trial, ci si può rifare come evidenza agli
studi di coorte, o a studi caso-controllo. Se
mancano anche questi posso rifarmi a dati
di case-series e case-reports. In assenza
di qualunque cosa, ci si può rifare alle
opinioni di esperti, cioè le mie conoscenze
di base, di fisiologia, di anatomia eccetera,
così come studi di base, di laboratorio
eccetera.

Ogni quesito ha la sua piramide!


Il quesito di accuratezza diagnostica in alto ha gli studi cross-sectional diagnostici.
Il quesito di eziologia in alto ha studi di coorte con coorte parallela e sotto gli studi caso controllo.

Questi sono alcuni esempi di varianti di


trial che non vengono approfonditi in
questa lezione. I trial sono un grande
contenitore di studi che possono al loro
interno avere metodologie diverse in base
allo scopo, ma sempre essere trial
randomizzati controllati.

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Per ripassare, il docente dice di consultare:

ESERCITAZIONE:
Nelle slides sono riportati degli esempi di abstract con nascoste le parole chiave. Leggendo
l’abstract e capendo com’è strutturato lo studio, dobbiamo identificare il disegno di studio e il
quesito di ricerca che vi sta sotto. Nella slide successiva c’è la risposta.

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SINTESI DELLA LETTERATURA E
REVISIONI SISTEMATICHE
Docente: Tiziano Innocenti
Autori: Maya Mikhael (S), Simone Calò (R)

Argomenti affrontati in questa lezione:


1. Perché revisionare la letteratura
2. Quali disegni di studio esistono?
3. Differenze tra metodi di sintesi narrativi e sistematici
4. Il processo di produzione di una revisione sistematica
5. Standard metodologici internazionali
6. Altre tipologie di sintesi della letteratura

1. PERCHÉ REVISIONARE LA LETTERATURA


Ogni anno gli studi pubblicati aumentano in modo esponenziale, ci si trova quindi di fronte
ad un vero e proprio sovraccarico informazionale. Non sarebbe questo un problema se il
materiale pubblicato fosse di buona qualità, ma si stima che solo l’8-10% delle
pubblicazioni totali costituiscano evidenze scientifiche.

2. QUALI DISEGNI DI STUDIO ESISTONO?


Questa è una macro-
suddivisione dei format di
ricerca utilizzati e disponibili ad
oggi. La distinzione principale
viene fatta tra le revisioni
narrative e le revisioni
sistematiche, anche se oltre a
quest’ultime esistono altri
metodi di sintesi sistematica
come le scoping reviews, le
rapid reviews, ecc.. che presentano però scopi differenti.

3. DIFFERENZE TRA METODI DI SINTESI NARRATIVI E SISTEMATICI


Revisioni narrative e revisioni sistematiche a confronto:

1
Revisioni narrative
Caratteristiche:
 sintetizzano la letteratura dando una visione panoramica su un determinato argomento
 rispondono a quesiti ampi e generici e mirano a fornire una conoscenza di base
 non seguono un procedimento rigoroso e sistematico e la selezione delle fonti primarie
per la sintesi è scelta in modo arbitrario dall’autore
 sono esposte a rischio di distorsioni (bias)
 la sintesi dei risultati è qualitativa, ovvero non vengono utilizzate strategie di
aggregazione dei risultati (metanalisi); non valutano inoltre il rischio di bias
 fanno parte delle fonti tradizionali (o terziarie) al pari dei libri o dell’opinione degli
esperti
Le revisioni narrative posso essere utili per fornire una panoramica generale rispetto ad
un argomento di cui si ha scarsa conoscenza (quesiti di background), oppure ottenere
spunti (o reference) per approfondimento. Non vanno quindi scartate a prescindere ma
non costituiscono evidenza sulla quale basare o modificare la propria pratica clinica.
Revisioni sistematiche
Caratteristiche:
 utilizzano criteri rigorosi, trasparenti e prestabiliti (++ riproducibilità; -- bias)
 la selezione degli studi è fatta con criteri oggettivi e precisi criteri di inclusione ed
esclusione da più autori in modo indipendente
 la validità interna degli studi viene valutata in modo rigoroso
 i risultati della revisione sistematica sono esplicitati alla luce della qualità metodologica
delle fonti dalle quali provengono le evidenze
 le evidenze provenienti da studi ben condotti hanno un “peso” maggiore rispetto a
quelle derivate da studi ad alto rischio di bias

Classificazione dell’informazione biomedica:

2
4. IL PROCESSO DI PRODUZIONE DI UNA REVISIONE SISTEMATICA

Protocollo
La Cochrane, attraverso questo schema, propone
un processo di produzione di RS ad imbuto il cui
primo step è la realizzazione del protocollo di
produzione, cioè quello strumento che descrive in
modo chiaro tutti gli step metodologici che si
dovrebbero mettere in atto per revisionare la
letteratura. Per condurre uno studio valido è
importante quindi individuare ed analizzare le
seguenti parti:
 Introduzione. Descrive il razionale alla base
della revisione di un determinato argomento
in letteratura
 Quesito. Domanda cardine che deve essere
esplicitata in modo preciso e specifico.
 Metodi completi
o Strategia di ricerca
o Criteri di eleggibilità
o Processo di selezione
o Valutazione del ROB
o Estrazione dei dati
o Sintesi dei dati
o Disseminazione

Esistono delle linee guida che facilitano la creazione del protocollo, il quale è fondamentale
per avere alti standard metodologici. Se tale protocollo è assente si espone la RS ad alto
rischio di bias; questa informazione è data dall’AMSTAR 2 che è il corrispettivo della ROB
2.0 (trial clinici) per le revisioni sistematiche. Questo strumento afferma infatti che la
revisione sistematica che non presenti un protocollo pubblicato risulta di bassa qualità e
conseguentemente ad alto rischio di bias.
La stesura del protocollo consiste nel primo step di consegna per la tesi e deve:
 Essere definito prima di avviare il processo di selezione degli studi
 Contenere: introduzione, quesito clinico, metodi completi
 Essere pubblicato in apposito registro di revisioni sistematiche (es. PROSPERO) - se si
effettua pubblicazione confrontarsi sempre con il relatore.

3
La stesura del protocollo è uno degli aspetti più critici la cui assenza mina la qualità della
RS (AMSTAR2).

Uno dei problemi riguardo la stesura del protocollo è l’assenza in alcuni casi di coerenza
tra il protocollo di revisione e i metodi riportati nella revisione stessa.

Questa incoerenza tra protocollo e RS nel 90% dei casi riguarda i criteri di inclusione che
vengono abbozzati senza precisi criteri per poi subire delle variazioni durante lo sviluppo
dello studio.

È stato condotto uno studio sulle RS


per capire se i protocolli venissero
pubblicati dagli autori e perché in
alcuni casi questo non venisse
specificato: solo il 10% dichiara di
aver pubblicato il protocollo di ogni
RS mentre è emerso che il 44% non
lo ha mai fatto.

Nell'elaborazione del protocollo bisogna tenere conto di 3 macro-punti che si integrano a


vicenda:
 ricerca di backround
 definizione dei metodi
 definizione del quesito di revisione
Il primo passo solitamente è una ricerca di background (soprattutto se non si possiede
sufficiente esperienza in merito all’argomento della RS) che aiuta successivamente a
definire gli altri due punti. Molto spesso però capita che sia necessaria un’ulteriore ricerca
di background per definire meglio il quesito e i metodi di revisione.
Un protocollo ben fatto rappresenta il 70% dello sforzo di un RS e rende agevole il resto
del lavoro

4
Quesito di revisione
Dopo la stesura del protocollo che può
essere identificata come step 0 vi è la
definizione del quesito di revisione, ossia
una domanda di ricerca specifica e
strutturata con framework adeguato (PICO,
PEO...). Il quesito, inoltre, deve identificare
i criteri di inclusione degli studi, considerare
i potenziali affetti avversi degli interventi
sanitari e gli specifici gruppi di popolazione
(>>applicabilità).
Esistono revisioni sistematiche riguardanti:
 studi di efficacia di interventi
 studi eziologici
 studi prognostici
 studi di accuratezza diagnostica
A seconda del quesito verranno identificati determinati criteri di inclusione/esclusione e il
disegno di studio che meglio risponde al quesito (ad esempio nel caso di una RS di studi
di efficacia di interventi verranno considerati i trial clinici, mentre nelle revisioni di
accuratezza diagnostica gli studi cross sectional).

Strategia di ricerca

Una volta identificato il quesito clinico si dovrà progettare la strategia di ricerca. A questo
proposito sarà necessario identificare fonti e strumenti:
 database generali (medline, embase, cochrane central)
 database specialistici: PEDro
 letteratura grigia (google scholar, open grey, conference proceedings, tesi di laurea e
dottorato...)
 check delle voci bibliografiche degli studi inclusi
Bisognerà poi sviluppare la strategia di ricerca in termini di parole chiave, testo libero,
filtri, restrizioni temporali.
Nel protocollo (PRISMA-P) si chiede di riportare la strategia di ricerca completa solo per
un database (quindi nella stesura del protocollo è importante definire quantomeno la
strategia di ricerca di un database, ad esempio per medline), nel manoscritto finale invece
si riportano le strategie per tutte le fonti cercate.

5
Questo è uno studio su come devono essere riportate le strategie di ricerca (utile per la
tesi).

Selezione degli studi

Dopo aver definito i criteri di inclusione ed esclusione ed aver strutturato la strategia di


ricerca si passa alla scelta dei paper da utilizzare. La selezione degli studi prevede 2 step
consequenziali: screening per titolo e abstract (1), selezione per full-text (2). Se nel
protocollo sono stati definiti bene i criteri di inclusione ed esclusione, la selezione degli
studi in base alla loro pertinenza sarà più semplice. Questo processo viene eseguito da
due autori in cieco (utile il web-software rayyan per questo scopo e per la tesi).

Estrazione dei dati

Successivamente alla selezione gli studi si effettua l’estrazione dei dati con appositi form:
generalmente vengono usati dei software online che creano delle griglie, oppure con
tabelle Word/ file Excel preformati. I dati definiscono le caratteristiche principali degli studi
inclusi: caratteristiche del campione, interventi erogati, outcome considerati, follow-up,
misure di efficacia.
La scelta dei dati da estrarre sarà dettata dal quesito di revisione, dagli obiettivi e dai
criteri di inclusione/esclusione. Anche questo step viene eseguito da due autori differenti.

6
Ciò viene fatto per evitare che ci siano esclusioni arbitrarie di alcuni articoli da parte di un
autore.

Valutare la qualità metodologica

Il critical appraisal degli studi inclusi viene effettuato con strumenti validati:
 Risk of bias (ROB 2.0) per gli RCT -> lezione tesi
 QUADAS II per gli studi di accuratezza diagnostica
 QUIPS Tool per gli studi prognostici
 New Castle-Ottawa (NOS) Scale o ROBINS-E per gli studi eziologici
 …

Sintetizzare i risultati

Successivamente devono essere sintetizzati i risultati attraverso una sintesi qualitativa e/o
attraverso una sintesi quantitativa (metanalisi). La prima è sempre obbligatoria mentre la
seconda solo se sussistono le condizioni per eseguirla.
La metanalisi altro non è che una strategia di aggregazione statistica che permette di
prendere i singoli studi inclusi, aggregare i risultati ed avere una stima cumulativa degli
effetti. L'aggregazione dei risultati, definita come “pooling”, consente di valutare in modo
globale e quantitativo gli effetti di un trattamento (o la potenza di un fattore di rischio, a
seconda del quesito di revisione) e ridurre l’incertezza che deriva da una sola analisi
“qualitativa”.
Il risultato viene riportato in un grafico, chiamato Forest Plot. Gli studi devono essere
omogenei in termini di follow-up, outcome e interventi per poter essere aggregati
statisticamente.
ATTENZIONE:
 La metanalisi è uno strumento statistico, che potrebbe essere utilizzato in modo
inappropriato in revisioni narrative, quindi non sistematiche.
 Sintetizzare e aggregare i dati con metanalisi, senza aver prima condotto una revisione
metodologicamente ben condotta della letteratura, è molto ingannevole. I risultati non
saranno veritieri
 Una revisione narrativa con metanalisi è quanto di più disonesto si possa trovare,
poiché il lettore crede di essere davanti a un buon lavoro, con una sintesi cumulativa,
mentre in realtà si tratta di un’aggregazione di dati scelti per valorizzare il punto di
vista dell’autore

La sintesi qualitativa è obbligatoria in tutte le RS, i risultati degli studi inclusi vengono
riassunti e analizzati “qualitativamente”, alla luce del loro rischio di bias e di tutte le altre
dimensioni di critical appraisal

7
Discutere e interpretare i risultati

Una volta che i dati sono stati aggregati sia statisticamente che qualitativamente si dovrà
effettuare l’interpretazione. Nell’interpretazione dei risultati dovrà essere esplicitata la
parte della sintesi qualitativa (sintesi narrativa) e quella di analisi quantitativa
(metanalisi). Inoltre, va tenuto conto del rischio di bias (e di tutte le altre dimensioni del
critical appraisal) e della valutazione della qualità del corpo di evidence effettuata tramite
il metodo GRADE. Questo ci dà informazioni sulla certezza (certainity) nel corpo di
evidence, ovvero l’affidabilità di lettura delle stime dell’effetto ottenute.

Q: Nella rappresentazione forest plot non viene quindi considerato il risk of bias?
A: Nella mera forma del forest plot no. Gli autori però potrebbero condurre delle analisi di
sensibilità eliminando gli studi con rischio di bias maggiore. Non è quindi possibile
comprendere la qualità di un corpo di evidenze da un forest plot, questo si può capire
leggendo l’output finale del Grade chiamato summary of findings. Quest’ultima è una
tabella in cui è riportato sia il risultato della stima aggregata (risultato della metanalisi)
sia la qualità delle evidenze che portano a quel risultato.
Nelle revisioni sistematiche che non utilizzano metodo GRADE questo solitamente viene
fatto in modo discorsivo e deve quindi essere ben esplicitato.

5. STANDARD METODOLOGICI INTERNAZIONALI


Innanzitutto bisogna porre attenzione alle differenze di standard metodologici:
 Standard di produzione
 Standard di reporting
 Standard di critical appraisal

Quando si parla di standard di produzione ci si riferisce agli standard metodologici da


seguire nella pianificazione e conduzione di tutti gli step che caratterizzano una revisione
sistematica.
Quando si parla di reporting ci si riferisce a quegli standard che gli autori devono seguire
NON nel momento di conduzione ma nella fase di scrittura del manoscritto (report).
Aiutano gli autori a scrivere il report finale (o parti di esso), facendo in modo che questo
sia chiaro e trasparente, garantendo riproducibilità alla ricerca.
Quando si parla di critical appraisal ci si riferisce al processo di valutazione della qualità
della RS stessa e degli studi inclusi.

8
Studio che ha condotto il prof sull’utilizzo da parte degli autori dello standard di reporting
e sulla correttezza del suo utilizzo per la scrittura del report finale:

La maggior parte degli autori non menzionava l’utilizzo del reporting standard, mentre un
gran numero di quelli che lo menzionavano lo utilizzavano come strumento di critical
appraisal o strumento di produzione.

Lo standard di produzione per eccellenza di una


RS sull’efficacia degli interventi sanitari è la
Handbook della Cochrane consultabile online in
modo gratuito.
Ci sono delle specifiche linee guida per altri tipi
di revisioni sistematiche, ad esempio per gli
studi eziologici …

Per quanto riguarda lo standard di reporting si utilizza il PRISMA 2020 ed estensioni, il


quale indica ciò che deve essere contenuto all’interno di un report. Attualmente è in corso
di traduzione nella lingua italiana con la fondazione GIMBRE, sarà disponibile fra qualche
mese.

9
La tabella sottostante mostra come viene strutturata una checklist di reporting: sono
descritti gli items che devono essere presenti all’interno di un manoscritto

Quest'anno è stata pubblicata una specifica per


il PRISMA 2020: si tratta di PERSiST,
un’aggiunta per quanto riguarda l’ambito
muscolo-scheletrico (da utilizzare per la tesi! Ci
dovrebbe essere arrivata la mail con la
traduzione in italiano)

Per quanto riguarda il reporting del protocollo, cioè il primo step, esiste il PRISMA-P che
dovremo leggere e studiare per redigere il protocollo della nostra tesi.

10
Standard di critical appraisal: perché è importante fare critical appraisal?
In letteratura parte delle revisioni presenti sono
revisioni sistematiche, un’altra parte riguarda
invece le metanalisi. Il gold standard
ovviamente sono le revisioni sistematiche ben
condotte che sono sintesi di evidenze (RS
propriamente dette) con metanalisi, purtroppo
però in letteratura vi sono anche tante revisioni
condotte male che fanno metanalisi.

Per la valutazione di RS sull'efficacia degli interventi sanitari viene utilizzato AMSTAR 2.

Versione ufficiale italiana:

Per quanto riguarda le RS di studi diagnostici, prognostici ed eziologici si utilizza ROBIS


tool:

11
6. ALTRE TIPOLOGIE DI SINTESI DELLA LETTERATURA

Scoping reviews
Le scoping reviews vengono utilizzate per mappare i concetti chiave alla base di un settore
di ricerca e chiarire definizioni e/o confini concettuali di un argomento.
Obiettivi:
 Mappare la letteratura rispetto ad un topic
 Individuare gaps della ricerca
 Sondare il terreno per fare revisioni sistematiche (studi e quesiti possibili)
 Riassumere e disseminare gli studi disponibili (sensibilizzare)
 Identificare gruppi di ricerca rispetto un topic.

Hanno quindi un obbiettivo più ampio rispetto alle revisioni sistematiche: non hanno
l’obbiettivo di concludere se un intervento è efficace (obbiettivo specifico)
ma hanno l’obbiettivo di mappare dei concetti chiave.

Standard metodologici delle coping review per lo sviluppo ed il reporting del protocollo:

Esiste anche una guida per condurre la stessa scoping review:

Ed esiste un’estensione specifica del PRISMA per scrivere una scoping review: Extension
PRISMA ScR

12
Nella figura sovrastante è riportato un esempio di scoping review il cui è obbiettivo era
capire in ambito di disfunzioni del pavimento pelvico negli atleti cosa fosse presente in
letteratura, quanti studi erano prodotti, di che tipo e su quale sport. L’obbiettivo non era
quindi comprendere quale intervento fosse più valido nella suddetta circostanza ma era
capire se ci fosse letteratura prodotta in tale ambito ed eventualmente cosa mancasse in
merito a questo argomento. È emersa una mancanza di definizione universalmente
accettata del termine atleta e manca una stratificazione del rischio nelle atlete femmine.

Rapid review
Sono delle revisioni sistematiche con un processo di conduzione accelerato. Non esiste una
definizione chiara; sono sintesi delle evidenze dove gli step del processo di revisione
sistematica vengono semplificati, o omessi, al fine di produrre informazioni in modo più
tempestivo. In alcuni casi, la necessità di avere risultati immediati è prioritaria rispetto
alla “solidità” metodologica.

Living review
Sono revisioni sistematiche continuamente aggiornate a seguito della pubblicazione di
nuovi studi. Sono sostenute da un monitoraggio attivo e continuo delle evidenze (es:
ricerche mensili); includono immediatamente ogni evidenza importante identificata (dati,
studi o informazioni); sono supportate da una comunicazione aggiornata sullo stato della
revisione, e su ogni nuova evidenza incorporata.

Umbrella review
Sono revisioni e sintesi di revisioni sistematiche con l’obiettivo di offrire un quadro
complessivo dei risultati includendo solo il livello di evidenze più elevato. Sono utili in
quegli ambiti in cui vi sono già molte RS condotte, spesso con risultati discordanti, che
rischiano di essere più fuorvianti che utili.

13
Qualitative evidence synthesis
Sono delle revisioni sistematiche in cui sono inclusi studi qualitativi per rispondere a
domande mirate su un argomento specifico (es. Esperienze delle persone affette da artrite
reumatoide). Sono spesso indicate con il termine “meta-sintesi” o meta-etnografia, ma
sono termini impropri.

Mixed-method reviews
Revisioni sistematiche che includono sia studi qualitativi che studi quantitativi, che
rispondo a quesiti di ricerca sovrapponibili o complementari. Affrontano topic
multidisciplinari. Vengono utilizzate per determinare l’appropriatezza e l’accettabilità di un
intervento, oltre che il suo effetto; e per fornire spiegazioni all’eterogeneità tra i trials
inclusi.

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06/06/2022

EBP - “LINEE GUIDA E REPORTING DELLA LETTERATURA”


Docente: Tiziano Innocenti
Autori: Ottavia Benatti, Mirko Zanin

LINEE GUIDA

Cosa sono e cosa non sono

Le linee guida (LG) fanno parte della ricerca secondaria, ovvero quel tipo di ricerca che ha
come unità di analisi la ricerca primaria (mentre gli studi primari hanno come unità di analisi il
singolo partecipante), mirando a sintetizzare la ricerca primaria.

Anche le revisioni sistematiche sintetizzano la ricerca primaria ma le LG rappresentano un


processo ulteriore e di fatto all’interno delle linee guida è insito il processo di revisione
sistematica. Le linee guida, quindi, sono composte al loro interno da revisioni sistematiche.

La legge Gelli-Bianco del 8 marzo 2017 ha reso le linee guida l’oggetto principale per il quale
vengono chiamati in causa i professionisti sanitari in caso di contenziosi legali. In particolare,
l’articolo 5 enuncia che i professionisti sanitari devono attenersi alle raccomandazioni previste
dalle linee guida elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società
scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, salvo la
specificità del caso concreto. In caso di contenziosi medico-legali il fisioterapista è tenuto a
dimostrare di essersi attenuto alle linee guida e diventa pertanto importante sapere cosa sono
e cosa ci dicono.

Il termine linea guida è estremamente generico applicato a numerosi campi di studio (es. linee
guida per la qualità dell’aria, linee guida per la vinificazione, linee guida per l’evacuazione in
edifici scolastici) e ciò rappresenta uno dei principali ostacoli alla loro applicazione. Infatti, il
clinico crede erroneamente che la linea guida sia un protocollo.

Diventa dunque importante distinguere questi due termini:

Il protocollo è un termine usato per descrivere una serie di comportamenti standardizzati,


rigidi, da utilizzare in particolari situazioni. In sanità, il protocollo viene definito come uno
schema di comportamento, per attività cliniche o operative, rigido e localmente concordato,
tant’è che un protocollo può variare da un’azienda sanitaria ad un’altra. Per ciò che riguarda la
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06/06/2022

metodologia della ricerca si formula un protocollo di ricerca laddove serve un estremo rigore
procedurale come nei trial clinici o le revisioni sistematiche.

Le linee guida cliniche (Clinical Practice Guideline o CPG) sono invece raccomandazioni di
comportamento clinico (raccomandazioni, non obblighi) formulate attraverso un processo
sistematico, per sostenere medici e pazienti nel decidere la modalità di assistenza più
appropriata nelle specifiche circostanze cliniche.

Non sono dunque strumenti pensati per assistere i soli medici ma anche e soprattutto i
pazienti. Le linee guida, infatti, includono nel loro processo di produzione anche dei
rappresentanti di categoria dei pazienti.

L’institute of medicine nel 2011 sottolinea l’aspetto di assistenza al paziente, definendole come
“Documenti che includono raccomandazioni cliniche per ottimizzare l’assistenza ai pazienti,
informate da una revisione sistematica delle evidenza disponibili e da una valutazione di
benefici e rischi di opzioni clinico-assistenziali alternative”.

Se da un lato la revisione sistematica ci dice come la letteratura si esprime rispetto a un


quesito clinico, le linee guida, a partire dalle revisioni sistematiche, integrano le evidenze
rispetto ad altri fattori come il bilancio tra rischi e benefici, opzioni terapeutiche alternative,
equità, fattibilità dei trattamenti, impiego di risorse ecc.

Se le revisioni sistematiche (se ben condotte) portano agli stessi risultati a prescindere da chi
la conduce (revisioni sistematiche condotte in Italia sono uguali a quelle prodotte in
Inghilterra), le linee guida sono una contestualizzazione locale (le linee guida italiane sono
adattate al contesto italiano per cui saranno diverse da quelle inglesi, adattate al contesto
inglese).

Ad oggi l’istituto superiore della sanità definisce cosa è una linea guida in ambito italiano:

Strumento di supporto decisionale finalizzato a consentire che, fra opzioni alternative, sia
adottata quella che offre un migliore bilancio fra benefici ed effetti indesiderati, tenendo conto
della esplicita e sistematica valutazione delle prove disponibili, commisurandola alle circostanze
peculiari del caso concreto e condividendola, laddove possibile, con il paziente o i caregivers.

Si noti come sia stata ampliata la definizione al fine di evidenziare come la formulazione di LG
sia una pratica clinica basata sulle evidenze, dimostrando come detto prima il processo insito
di revisione sistematica.

Le linee guida cliniche sono prodotte da agenzie governative e società scientifiche e hanno un
connotato nazionale. Un’azienda sanitaria non elabora quindi linee guida proprie, bensì formula
PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali), ovvero documenti che favoriscono
l’implementazione delle raccomandazioni e contestualizzano le LG a livello locale di regione e
azienda.

Le LG contengono dunque raccomandazioni cliniche formulate attraverso un meticoloso


processo di ricerca, selezione e sintesi delle evidenze (oltre a metodi di consenso formale in
assenza di evidenze).

Nel processo della formulazione delle LG si parte dagli outcome: il gruppo di lavoro,
multidisciplinare e multiprofessionale (costituito pertanto anche da rappresentanti della
categoria dei pazienti), definisce gli outcome critici per un determinato target desease,
dopodiché vengono formulate raccomandazioni cliniche in modo che sia clinici che pazienti

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06/06/2022

possano saper quali sono le opzioni terapeutiche alternative, prevedendo perciò processi di
consenso formale anche laddove vi è un’assenza di evidenze.

È comunque importante ribadire come il termine LG in letteratura sia usato in modo


fuorviante: in letteratura troviamo moltissimi documenti chiamati linee guida ma che linee
guida non sono; pertanto, dobbiamo acquisire le competenze necessarie per capire se quello
che stiamo leggendo è una linea guida affidabile.

A cosa servono le linee guida?

• Aumentare efficacia e appropriatezza nella gestione delle situazioni cliniche


• Ridurre la variabilità nei comportamenti clinici, evitando il sovra e sottoutilizzo
inappropriato di prestazioni sanitarie
• Aggiornare e tenere informati tutti i professionisti sanitari e cittadini/pazienti
• Fornire indicatori per valutare l’impatto delle CPG sulla pratica clinica

La formulazione di LG offre un’assistenza sanitaria con i più elevati standard clinici, permette di
capire quali interventi apportano benefici e quali rischi, aumentando l’efficacia e
l’appropriatezza nella gestione delle situazioni cliniche. Se tutti i professionisti le conoscessero
si ridurrebbe quella variabilità di comportamenti clinici che porta a un sovra utilizzo e utilizzo
inappropriato di prestazioni sanitarie.

Le LG rappresentano un ottimo strumento di aggiornamento per il professionista e di


informazione per il paziente, visto il linguaggio comprensibile anche a chi non ha una
formazione di base in ambito medico utilizzato.

Linee guida e Revisioni Sistematiche

Questa immagine schematizza le differenze tra revisioni sistematiche e linee guida e inquadra
il continuum tra studi primari, revisioni sistematiche e linee guida come se fosse una matriosca
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06/06/2022

nei termini di una che include l’altra: gli studi primari forniscono i risultati della ricerca e quindi
cosa succede nel singolo partecipante, le revisioni sistematiche sintetizzano i risultati della
ricerca e le linee guida definiscono raccomandazioni di comportamento clinico sulla base di tale
sintesi.

Linee guida: come aiutano il clinico MSK

Le linee guida possono aiutare il clinico muscolo scheletrico? L’applicazione delle LG può
migliorare l’outcome di salute del paziente? Perché vengono utilizzate così tante risorse per
l’elaborazione di linee guida?

Sono stati pubblicati diversi studi circa l’aderenza del trattamento con le indicazioni delle linee
guida, soprattutto nel mal di schiena, essendo una delle problematiche a più alto burden of
desease.

Ad esempio, lo studio di Fritz indaga la relazione tra un trattamento attivo aderente alle
indicazioni delle linee guida e alcuni outcome clinici nella gestione dei pazienti con mal di
schiena acuto.

Come visibile nella tabella, i pazienti che venivano trattati con modalità aderenti alle linee
guida hanno riportato una riduzione di durata dell’intervento sanitario, minor disabilità e dolore
e quindi miglioramento degli outcome, diminuzione del costo per il SSN e maggior successo
globale del trattamento per come veniva percepito dal paziente.

In un altro studio osservazionale che indagava la correlazione tra fisioterapia erogata in linea
con le linee guida e tre outcome a breve termine (disabilità, dolore e numero di trattamenti
erogati) è stato visto come l’erogazione di un trattamento in linea con le linee guida abbia
portato a riduzione di disabilità e del numero di trattamenti. Questo miglioramento è però
correlato all’aderenza alle indicazioni delle linee guida non tanto nella fase di trattamento ma
nelle fasi di anamnesi ed esame obiettivo. Questo studio è interessante proprio per questo
fatto: all’interno delle linee guida non dobbiamo solo guardare che trattamento è
raccomandato ma anche ciò che è raccomandato per quanto riguarda anamnesi ed esame
obiettivo.
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06/06/2022

I fisioterapisti sono quindi obbligati da un punto di vista legale a seguire le linee guida, ci sono
quindi evidenze che dimostrano come l’aderenza alle linee guida possa migliorare gli outcome
di salute, ma i fisioterapisti seguono veramente le linee guida?

Uno studio del 2002 afferma che i clinici in realtà vogliono LG da seguire perché di fatto è più
semplice attingere a raccomandazioni piuttosto che alla letteratura primaria, ma nella realtà
dei fatti sono più propensi a non seguirle.

Perché questo? La letteratura riporta tra le maggiori barriere:

• la lunghezza delle CPG


• l’inerzia alla “standard care” (quanto più passa il tempo tanto più il clinico è portato
a lavorare come ha sempre fatto, la difficoltà della modifica dei comportamenti clinici è
uno degli scogli maggiori all’adesione alle linee guida)
• CPG spesso viste come troppo restrittive e standardizzate, binari rigidi che limitano la
libertà professionale
• poca conoscenza e confidenza circa il loro utilizzo da parte dei fisioterapisti. La
maggior parte dei fisioterapisti non ha ben chiaro cosa sia una linea guida e cosa
contenga al suo interno.

Ma soprattutto una scarsa conoscenza e preparazione teorica dei professionisti sanitari.

Linee guida: dove reperirle

Le CPG si trovano su risorse definite specifiche (si differenziano dalle risorse generiche),
ovvero siti di agenzie governative che producono linee guida di alta qualità.

Tra queste:

• SNLG – Sistema Nazionale Linee Guida


• CMA - Canadian Medical Association Infobase, Canada
• NICE – National Institute for Health and Care Excellence, UK
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06/06/2022

• NCGC - National Clinical Guideline Center, UK


• SIGN - Scottish Intercollegiate Guidelines Network, Scotland
• CPGP - Clinical Practice Guidelines Portal, Australia
• NZGG - New Zealand Guidelines Group, New Zealand

Il database di risorse specifiche dell’Istituto Superiore di Sanità è il SNLG. Al suo interno si


trovano linee guida sviluppate da associazioni tecnico scientifiche e agenzie governative in
ambito italiano. Questo sarà il primo database su cui andare a fare la nostra ricerca, nel caso
la linea guida riguardante ciò che vogliamo trovare non sia presente passeremo agli altri siti di
agenzie governative.

Benché le risorse specifiche costituiscano il primo approccio nella ricerca delle linee guida, è
possibile consultare anche risorse generiche tra cui:

• Medline,
• CINHAL, Science Direct
• PEDro
• Summary database e evidence-based textbooks: Dynamed, UpToDate

Linee guida: come valutarle

Come definire se una linea guida è di alta qualità oppure no? Quale strumento abbiamo per
capire se una LG è ben condotta?

Quanti strumenti di critical appraisal esistono per valutare le LG e quali hanno proprietà
migliori? Una revisione sistematica che ha considerato diversi strumenti di critical appraisal ha
concluso che lo strumento migliore è l’AGREE II.

L’AGREE II è una checklist tradotta in italiano che aiuta a valutare la qualità di una LG. È
costruita su 23 item raggruppati in 6 dimensioni:

1. Obiettivi e ambiti di applicazione.


2. Coinvolgimento dei soggetti portatori di interesse.
3. Rigore metodologico.
4. Chiarezza espositiva.
5. Applicabilità.
6. Indipendenza editoriale.

+ 2 item per la valutazione complessiva delle LG.

IL REPORTING DELLA LETTERATURA

Il reporting è fondamentale: le evidenze vengono applicate solo se quest’ultime sono


trasparenti e scritte in modo tale da poterle applicare.

Strumenti di reporting: cosa sono e cosa non sono

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06/06/2022

Gli strumenti o linee guida di reporting sono degli standard che i ricercatori devono seguire
nella fase di stesura del manoscritto (report), contengono istruzioni su cosa deve essere scritto
e dove. Per diverse tipologie di studio esistono diversi strumenti di reporting.

Gli strumenti di reporting aiutano gli autori a scrivere il report finale (o parti di esso come la
PRISMA for Abstract o la Prisma-P per i protocolli), garantendo chiarezza, trasparenza e
riproducibilità della ricerca.

Non sono strumenti di produzione (conducting) e dunque non ci aiutano a capire come
condurre la nostra revisione sistematica (per quello si utilizza l’Handbook della Cochrane); né
ci aiutano nel critical appraisal (per quello c’è l’AMSTAR 2 o il ROB 2).

Tra gli strumenti di reporting più conosciuti:

• CONSORT Statement: la linea guida di reporting per i trial clinici.


• PRISMA 2020 Statement: la linea guida per le revisioni sistematiche.

La PRISMA 2020 è strutturata come una checklist, comprende più items, e una colonna finale
all’interno della quale dovrà essere indicato il numero di pagina e di paragrafo dove è
contenuta l’informazione di quell’item nel manoscritto. (Il PRISMA 2020 dovrà essere allegato
alle appendici nel il processo di stesura della tesi).

L’EQATOR Network è il database di linee guida di reporting, associazione inglese che si occupa
di raccogliere tutte le linee guida di reporting e di promuoverne l’adattamento in varie lingue.
Ad esempio, ora si sta traducendo la prisma 2020 in italiano.

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06/06/2022

Come il reporting influenza la ricerca scientifica e la sua applicabilità clinica?

Per comprenderlo bisogna parlare dell’Ecosistema delle evidenze.

L’ecosistema delle evidenze come un qualsiasi altro ecosistema, affinché sopravviva,


l’ecosistema delle evidenze deve avere pilastri su cui si basa che devono essere mutuamente
alimentati. Questi pilastri sono la generazione delle evidenze, la sintesi delle evidenze e la
traslazione delle evidenze (la traduzione nella pratica clinica).

In che relazioni sono questi tre pilastri?

Innanzitutto, serve la generazione, ovvero il ricercatore che produce le evidenze e dunque


letteratura primaria. Dal momento che districarsi tra la letteratura primaria è un processo
difficile e dispendioso, queste evidenze vengono sintetizzate per metterne alla luce la qualità e
quindi pregi e difetti.

Ma come la generazione delle evidenze alimenta la sintesi delle evidenze è anche vero il
contrario: una nuova generazione di evidenze dovrebbe essere prodotta solamente qualora vi
sia un reale knowledge gap e una mancata conoscenza di evidenze.

Pertanto, se gli output di questi processi (articoli scientifici) non sono scritti bene e dunque il
reporting è fallace questo equilibrio viene a perdersi.

Generazione di evidenze e sintesi di evidenze devono poi essere tradotte nella pratica clinica,
per aiutare le decisioni cliniche e informare il paziente.

La ricerca senza interconnessione tra i pilastri dell’ecosistema rappresenta uno spreco. Se il


reporting e i risultati della ricerca non sono accurati, sarà difficile sintetizzare i risultati della

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06/06/2022

ricerca primaria e difficilmente la ricerca primaria potrà basarsi su una buona sintesi delle
evidenze. Ne consegue che questo processo non verrà mai traslato nella pratica clinica.

La pratica clinica stessa ha come obiettivo quello di individuare ulteriori knowledge gap che
dovrebbero giustificare una nuova generazione di evidenze. Il tutto con il fine di migliorare
outcome di salute, investimento di risorse e l’esperienza del paziente.

Se non vi è chiarezza e riproducibilità questo ecosistema tende a morire.

L’importanza del reporting

Il reporting influenza dunque tutti gli aspetti nell’ambito della ricerca, la sua funzione è quella
di:

• comunicare il disegno e gli strumenti metodologici utilizzati


• comunicare i risultati ottenuti
• garantire riproducibilità e trasparenza della ricerca
• incrementare la rilevanza per molti stakeholder

A dimostrazione dell’importanza del reporting in campo della metodologia della ricerca, nel
2014 la rivista The Lancet ha pubblicato una serie di 5 paper intitolati “Increasing value,
reducing waste”, documentando come per aumentare il ritorno degli investimenti economici in
ambito di ricerca è necessario migliorare alcuni aspetti nella conduzione del reporting e nella
pubblicazione degli studi.

La rivista ha inoltre lanciato una campagna, la LANCET-reward 2014, per sensibilizzare la


ricerca, fornendo raccomandazioni e indici sul monitoraggio di 5 aree potenziali di sprechi della
ricerca: rilevanza, metodologia, regolamentazione, accessibilità e usabilità.

Il reporting influenza in modo importante l’accessibilità dei dati e l’usabilità dei report, proprio
perché noi utilizziamo ciò che viene scritto. In realtà, anche la metodologia è influenzata dal
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06/06/2022

reporting: la metodologia riportata dagli autori nei paper, dovrebbe corrispondere a ciò che gli
autori stessi hanno fatto, ma se questa viene ripotata con delle mancanze o in maniera non
adeguata, è chiaro che ciò influenza negativamente la metodologia.

Vista l’enorme importanza del reporting nella


ricerca scientifica viene da chiedersi se nella
realtà vengono effettivamente seguiti gli
standard di reporting.

In uno studio del 2021 è stato rilevato che tra


gli autori delle principali riviste in ambito
riabilitativo l’80% di questi non menziona le linee guida di reporting nei loro report e che oltre
il 50% di chi le menziona lo fa per uno scopo errato (ad esempio come strumenti di critical
appraisal).

Per via di questi dati preoccupanti, uno studio successivo si è chiesto se la mancanza di utilizzo
di linee guida di reporting influenzasse effettivamente il rischio di bias degli studi. Dallo studio
è emerso che il reporting influenza il rischio di bias di uno studio (gli studi con più alto rischio
di bias sono anche quelli peggio riportati) e inoltre aspetti collegati al “non-reporting bias” (es.
mancata pubblicazione di protocolli) contribuiscono allo spreco di investimenti e ad una
ricerca al di sotto degli standard in riabilitazione.

È stato quindi evidenziato come mancata pubblicazione di protocolli e scarso reporting sono le
problematiche che più affliggono la ricerca in ambito medico sanitario, contribuendo a sprechi,
a mancata trasparenza e alla poca utilità della ricerca in svariati ambiti. Ciò non vale solo per
l’ambito riabilitativo ma per tutte le scienze biomediche.

In definitiva, per scrivere un articolo scientifico (o una tesi!!!):

• Esistono linee guida su come effettuare il reporting di uno studio


• Per ogni tipologia di studio ne esiste una (se non per rarissime eccezioni)
• Esistono linee guida sia per studi di ricerca quantitativa che qualitativa
• Alcune sono tradotte in italiano (molte a cura della fondazione GIMBE)
• Possono essere utili anche in fase di redazione del protocollo dello studio
• Esistono anche linee guida specifiche per la redazione del protocollo dello studio (RCT e
revisioni sistematiche – vedere lezione 4 metodologia)
• Tutte sono reperibili nel sito dell’EQUATOR Network

EQUATOR Network fornisce anche una sorta di algoritmo che aiuta a capire quali sono le linee
guida di reporting più adatte al nostro tipo di studio.

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06/06/2022

Concludendo: ci sono tanti margini di miglioramento per ciò che riguarda il reporting e i
ricercatori dovrebbero mostrare maggiore attenzione a questo aspetto. I peer reviewer (coloro
che valutano gli studi) dovrebbero essere adeguatamente formati e considerare l’aspetto
reporting nella loro valutazione. Gli editor delle riviste dovrebbero incentivare l’utilizzo delle
linee guida di ricerca e le riviste stesse dovrebbero implementare strategie volte a migliorare il
reporting.

DOMANDE

Q: Per quanto riguarda AGREE II per valutare le linee guida, è uno strumento ad uso del clinico
o esistono studi che valutano linee guida?

A: AGREE II è uno strumento per fare valutazione critica di una linea guida quindi l’evidence
user che legge una LG può applicare AGREE II, esistono però anche revisioni sistematiche che
valutano la qualità delle linee guida.

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METODOLOGIA DELLA RICERCA
CLINICA

Docente: Stefano Salvioli


Autori: Maya Mikhael (S), Simone Calò (R)

TRIAL CLINICI: BIAS E STRUMENTI DI CRITICAL APPRAISAL

CRITICAL APPRAISAL

Il critical appraisal è un processo di valutazione critica di studi primari e secondari come i


trial clinici, le revisioni sistematiche, le linee guida ecc...

Ogni anno vengono aggiunte circa 1.000.000 di


nuove citazioni a MEDLINE (un valore, tra l'altro,
crescente di anno in anno), ma quanti realmente
di questi studi sono "best evidence”?

Si stima che solo il 5-7% di questi studi impatti e modifichi la pratica clinica quotidiana;
tale percentuale fa riferimento agli studi che, successivamente alla valutazione, superano
i vari livelli del critical appraisal, ossia:
 validità (offrire risultati affidabili)
 rilevanza (risultati degni di nota)
 applicabilità (le condizioni dello studio
devono essere sovrapponibili alla pratica
clinica)
Vanno esclusi dalla valutazione tutti gli studi
preliminari, cioè la ricerca di laboratorio in
quanto preclinica.
I quattro domini del critical appraisal sono
quindi:
 Validità interna
 Rilevanza clinica
 Applicabilità
 Consistenza

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Validità interna

È il valore che fa riferimento al rigore metodologico seguito dai ricercatori sia in fase di
pianificazione e conduzione dello studio che nella fase di analisi statistica dei risultati. Tale
parametro ha l’obiettivo di minimizzare i bias che possono “distorcere” la veridicità della
ricerca. I criteri metodologici di validità interna per minimizzare i bias sono diversi in base
ai quesiti di ricerca e al disegno di studio.

Gli elementi principali da valutare negli studi interventistici (trial clinici) sono:
 Randomizzazione (selection bias)
 Cecità (performance bias, detection bias)
 Intention to treat analysis (performance bias, attrition bias)
 Gestione dei due gruppi (performance baias)
 Disponibilità del protocollo (outcome reporting bias, performance bias)

Rilevanza clinica

Successivamente alla valutazione della validità interna si passa ad analizzare la rilevanza


clinica, si cerca ossia di capire se il risultato è rilevante sia per il paziente che per il clinico.
Questo parametro misura, oltre alla significatività statistica, anche l’entità e la precisione
dei risultati dello studio. Gli elementi che influenzano la rilevanza clinica sono diversi per
gli studi:
 Terapeutici
 Accuratezza diagnostica
 Eziologia
 Prognosi
Non esistono scale specifiche per misurarla in modo esplicito, ma la valutazione si basa
sui seguenti aspetti:
 Rilevanza clinica dell’end-point (surrogato vs hard), i risultati devono essere
hard e quindi rilevanti per il paziente, se l’outcome subisce una modifica ma non
porta beneficio al paziente allora si tratta di surrogati (es. Modifica della postura)
 NNT/NNH (outcome dicotomici o continui diucotomizzati)
 Valori oltre la MCID o MID (minimal clinically important difference) (outcome di
tipo continuo) che definiscono il minimo miglioramento davvero significativo dal
punto di vista clinico per il paziente
 Ampiezza degli intervalli (limiti) di confidenza. Non bisogna considerare la
stima puntiforme del trial (cioè il risultato di quel singolo campione) poiché non
fornisce indicazioni rilevanti riguardo l’applicabilità clinica, ma bisogna fare
riferimento agli intervalli di confidenza in quanto si riferiscono al 95% della
popolazione.

Applicabilità

L’applicabilità è quel dominio che permette di capire se i risultati e le condizioni dello studio
sono applicabili e generalizzabili alla pratica clinica di tutti i giorni. Tale parametro è
condizionato da:
 Criteri di selezione dei pazienti: inclusione, esclusione (se i pazienti dello studio
sono sovrapponibili ai nostri)
 Setting assistenziale: aspetti strutturali-organizzativi, tecnologie, competenze
professionali (se il clinico ha le competenze e gli strumenti necessari)

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 Descrizione accurata e completa della modalità di erogazione degli interventi
sanitari (TIDIER per interventi non farmacologici , CERT per esercizio
terapeutico, ...)
 Sinonimi: validità esterna, generalizzabilità

Consistenza

Permette di comprendere se i risultati del trial in questione sono coerenti con i risultati
ottenuti da altri trial (riproducibiltà). La consistenza si valuta nelle revisioni sistematiche
con metanalisi di più studi. Il bias di pubblicazione (omettere trial con risultati negativi e
di scarsa efficacia), oltre a sovrastimare l’efficacia dei trattamenti, influenza la consistenza
perché si avrà la presenza di trial con risultati positivi.

Di fronte a uno studio bisogna chiedersi se la


metodologia utilizzata è valida e affidabile,
se i risultati sono rilevanti clinicamente e di
conseguenza se sono applicabili nella clinica.
Se si ottiene una risposta negativa a una di
queste domande allora ci si troverà di fronte
a uno studio che aumenta solamente il
numero di citazioni pubblicate annualmente
ma di fatto non aggiunge nulla alla pratica
clinica.

Integrità

Negli ultimi 4-5 anni si è cominciato a parlare di una nuova dimensione del critical appraisal
che è quella dell’integrità: si tratta dell’influenza della presenza di conflitti di interesse
che possono affliggere tutti gli altri livelli della critical appraisal. Ad oggi non si hanno
strumenti affidabili che aiutano nella valutazione dell’integrità. Consistenti evidenze
dimostrano l’influenza delle fonti di finanziamento e dei conflitti di interesse dei ricercatori
nel distorcere la qualità delle evidenze con varie modalità:
 Mancata pubblicazione di dati negativi (pubblication bias)
 Pubblicazione multiple di studi con dati positivi (stesso studio, diversi reports)
 Outcome reporting bias (outcome che vengono dichiarati in un modo nel protocollo
sono poi modificati nel manoscritto finale)
 Switching outcome (outcome primari che diventano secondari)
 …

Tale problema può essere risolto con la pubblicazione del protocollo (se manca il protocollo
o non è consistente con il manoscritto facilmente ci sono dei conflitti di interesse)

In assenza di strumenti standardizzati per valutare l’integrità della ricerca, è necessario


prendere in considerazione gli elementi che potrebbero determinare una distorsione dei
risultati:
 Fonti di finanziamento
 Conflitti di interesse dichiarati dai ricercatori
 Proprietà dei dati da parte dello sponsor
 Mancata registrazione dello studio
 Aggiudicazione dell’outcome
 …

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Questa revisione
Cochrane ci dice che gli
studi finanziati
dall’industria (sia
farmacologica che non
farmacologica) danno più
spesso risultati di
efficacia, ma non esplicita
il perché.
Qual'e la spiegazione? Da
un lato si potrebbe
pensare che siano studi esplicativi, cioè l'esperimento si avvale di una metodologia di
qualità superiore vista la sovvenzione degli sponsor mente da un altro si potrebbe pensare
a dei conflitti di interesse. Ad oggi non si ha una risposta definitiva, ma si sa che più spesso
una ricerca indipendente restituisce risultati meno efficaci rispetto ad una ricerca
sponsorizzata.
Ad oggi esiste un tool ancora in fase di sviluppo per la valutazione dei COI nei trial clinici.

RISK OF BIAS NEI TRIAL CLINICI

Con il termine bias si va ad indicare quello che


è un errore sistematico, cioè che
sistematicamente si ripresenta in ogni
situazione e su ogni dato che è stato raccolto
perché dato da una metodologia fallace. Tale
valore è diverso rispetto ad un errore random,
cioè un errore dovuto al caso che non è
riconoscibile ma prevenibile da un campione di
elevate dimensioni perché aumenta la
rappresentatività della popolazione. Mentre
l’errore casuale non sempre è riconoscibile
l’errore sistematico è valutabile con strumenti metodologici o con una lettura critica.
Il nostro scopo sarà quello di riuscire a valutare criticamente la metodologia di un trial o
di un qualsiasi studio. Ogni disegno di studio ha uno o più strumenti di critical appraisal
specifici che valutano la validità interna (risk of bais). In termini assoluti non c’è uno
strumento migliore di altri, ma in termini relativi sì. Lo strumento di valutazione più adatto
dipende infatti dallo scopo. Si può affermare che:
 a scopo di revisione sistematica è fortemente consigliato l’utilizzo di strumenti
raccomandati come la ROB 2.0 della Cochrane.
 A scopo di tesi, se la ROB 2.0 è complicata rispetto alle nostre competenze ci sono
diversi strumenti di valutazione critica più semplici (CAPS tools, JBI tools...).
 A scopo di EBP e quindi di lettura di uno studio per l’applicazione su un paziente
che si ha davanti non è necessaria la valutazione con una ROB 2.0 ma è sufficiente
una lettura critica
Perché si valuta il risk of bias (RoB) nei trial clinici?
 Per valutare il rigore metodologico seguito dai ricercatori nelle fasi di pianificazione,
conduzione ed analisi dei risultati degli studi inclusi
 Step obbligatorio nella conduzione di una revisione sistematica
 Impatta in modo importante nella qualità delle evidenze (GRADE)

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Per ogni quesito che ci si pone esiste quindi un disegno di studio volto a rispondere alla
domanda presentatasi.

I bias nei trial clinici un tempo erano definiti in questo modo (ROB 1.0):
 Selection bias
 Performance bias
 Detection bias
 Attrition bias
 Outcome reporting bias
Ad oggi è stata variata la nomenclatura anche se di fatto i parametri sono rimasti i
medesimi(ROB 2.0); si è preferito quindi assegnare il nome degli strumenti metodologici
che servono a prevenirli:
 Bias nel processo di randomizzazione
 Bias dovuti a deviazioni rispetto agli interventi previsti
 Bias dovuti a missing data
 Bias nella rilevazione dell’outcome
 Bias nella selezione dei risultati riportati

Bias nel processo di randomizzazione


Nella risk of bias 2.0 della Cochrane il primo punto consiste nel verificare se:
1. La sequenza di assegnazione dei partecipanti ai gruppi era casuale
(randomizzazione) per distribuire in modo equo nei due o più gruppi i fattori
prognostici noti e non (fattori misurati nel campione ma anche quelli non conosciuti
nel mondo della medicina) -> gruppi omogenei.
2. La sequenza di allocazione è stata adeguatamente occultata (allocazione
nascosta), cioè chi valuta i criteri di inclusione nello studio non deve sapere in che
gruppo finirà il soggetto altrimenti la randomizzazione è considerata nulla/minata.
3. Omogeneità al baseline delle caratteristiche tra i due gruppi, non tanto in modo
assoluto ma verificare se ci sono differenze date da problemi nella randomizzazione
(non vale per delle variabili irrilevanti per l’outcome considerato).

1. Il processo di randomizzazione può essere:


 Semplice
 Con restrizioni (a blocchi fissi o permutati, stratificata, cluster...)
 Minimizzazione (citata ma non approfondita nella lezione)

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Randomizzazione semplice: alla fine della lista di randomizzazione, supponendo di
reclutare 100 soggetti, vengono associati 50 al gruppo di controllo e 50 al gruppo di
intervento. Questa lista di randomizzazione potrebbe assegnare i primi 50 al gruppo di
intervento e i secondi 50 a quello di controllo per puro caso, oppure l’assegnazione può
non avvenire contemporaneamente nei due gruppi e bilanciarsi solo alla fine dello studio
con un rapporto 1:1 nei due gruppi. Il problema è che se il trial dovesse terminare prima
dei tempi previsti (perché lo sponsor finisce i fondi o qualsiasi altra motivazione …) si avrà
un problema nell’analizzare i dati dei due campioni in quanto non saranno equilibrati in
termini di numerosità. Svantaggio: i due gruppi potrebbero non procedere parallelamente,
per questo spesso si predilige la randomizzazione a blocchi.

Randomizzazione a blocchi fissi: ogni piccola quantità di partecipanti sarà distribuita


equamente tra gruppo A e gruppo B; così facendo se lo studio dovesse essere stoppato in
qualunque momento si avranno dati equilibrati in termini di numerosità da analizzare.
L'arruolamento procede parallelamente ma se i blocchi sono troppo piccoli potrebbero
minare la randomizzazione e si perderebbe l’imprevedibilità (se ho gruppi di 4 e i primi 2
vanno al gruppo A è ovvio che gli altri 2 andranno al gruppo B), per questo è sconsigliato
l’uso di blocchi inferiori al 16.

Randomizzazione a blocchi permutati: si possono utilizzare blocchi di numerosità


diverse, ad esempio uno da 10, uno da 16, uno da 20 ecc..
Perciò se si considerano blocchi fissi con numerosità inferiore al 16 si va incontro ad un
bias, non lo sarà se invece i blocchi sono permutati.

Randomizzazione stratificata: metodologia che si avvale di più variabili per stratificare


la randomizzazione, cioè viene fatta una lista di randomizzazione per ogni fattore
prognostico ritenuto clinicamente importante al fine di migliorare il bilanciamento nei due
gruppi. Ad esempio in un trial sul mal di schiena verrà stilata un’ulteriore lista di
randomizzazione per il fattore prognostico “fumo”, in modo da avere il numero di fumatori
e dei non fumatori equilibrati nei due gruppi. Il problema è che all’aumentare dei fattori
prognostici si avrà un aumento esponenziale delle liste di randomizzazione (2 fattori= 4
liste, 3 fattori= 8 liste), e se il campione inziale dello studio era poco numeroso (es. 3
soggetti) nelle liste finali si avranno pochi soggetti e non sarà più una randomizzazione
ma una semplice distribuzione in base alle variabili. La randomizzazione stratificata è
consigliata per gli studi multicentrici, perché ogni centro potrebbe avere delle
caratteristiche diverse per cui si vuole essere certi che non influiscano sull’outcome.

Randomizzazione a cluster: l’unità di randomizzazione non è più il soggetto ma un


cluster, cioè gruppi di individui come una classe scolastica, un reparto ospedaliero,
ospedali diversi, ambulatori... Viene utilizzata per evitare il contamination bias, cioè
l’influenza che può avere un soggetto del gruppo di controllo su uno del gruppo di
intervento, e viceversa, qualora ci entrasse a contato.

2. Occultamento della lista di randomizzazione (allocation concealment): i


professionisti che arruolano i pazienti non devono sapere a quale gruppo sarà
assegnato il paziente successivo. I metodi maggiormente utilizzati per fare ciò sono:
 Affidarne la gestione ad un centro esterno
 Utilizzare un software apposito
 Predisporre buste opache e sigillate, numerate all’esterno secondo l’ordine stabilito
dalla sequenza di allocazione, con all’interno l’indicazione del braccio di
appartenenza

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3. Omogeneità al baseline: capire se ci sono differenze nei gruppi che possono minare
la randomizzazione. Quasi sempre nei trial clinici la ‘TABELLA 1’ corrisponde alle misure
di significatività statistica (p value) che spesso sono utilizzate in modo non proprio
perché spesso danno informazioni superflue.

Ad esempio, un test di
significatività statistica tra la
variabile “genere” nel
gruppo di intervento e nel
gruppo di controllo serve a
dire che quei numeri sono
diversi per una casualità, ma
è un’informazione già nota in
quanto è stata la
randomizzazione ad
assegnarli in modo casuale.

Ci sono studi che ci dicono che fare test di significatività statistica nella tabella 1 non è
sbagliato ma è superfluo e può indurre in errore (ad esempio giudicare il campione non
adeguato o la randomizzazione non adeguata quando non è così).
Bisogna sempre ragionare e capire se una certa differenza ed eterogeneità è rilevante e
può davvero aver minato la randomizzazione.

Bias dovuti a deviazioni rispetto agli interventi previsti


Nel secondo dominio del RoB 2.0 verifichiamo se:
 I partecipanti erano consapevoli del gruppo a cui sono stati assegnati o
l’assegnazione era in cieco (blinding dei partecipanti)
 Chi somministra gli interventi era a conoscenza del trattamento erogato (blinding
degli operatori)

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 Si sono verificate deviazioni dall’intervento previsto a causa del contesto
sperimentale nel caso in cui l’assegnazione non sia stata fatta in cieco (ad esempio
soggetti che hanno cambiato gruppo, operatori che hanno enfatizzato l’intervento,
ecc..). Se la randomizzazione è stata fatta in cieco tale bias non sussiste.
 L'analisi dei dati è appropriata.
L’analisi raccomandata è l’intention-to-treat analysis, in quanto è una modalità di
valutazione che rispetta quella che era a priori l’intenzione di trattamento. In questo
tipo di analisi tutti i pazienti randomizzati devono essere inclusi nella valutazione
alla fine dello studio, inclusi i pazienti sottoposti ad un trattamento crossover, quelli
persi al follow up e withdrawals (coloro i quali hanno lasciato lo studio) di cui si
hanno i dati.
La Rob 2.0 accetta anche la modified intention-to-treat, cioè l’analisi che non
comprende i pazienti di cui non si hanno i dati, anche se il clinico dovrebbe cercare
il più possibile di reperire i dati.
E’ importante inoltre che ciascun paziente sia analizzato nel gruppo originale di
randomizzazione, anche se poi ha ricevuto il trattamento dell’altro braccio
(crossover).
L’intention to treat analysis è quindi l’analisi più conservativa che deve essere
effettuata in tutti i trial clinici in quanto non enfatizza l’efficacia di un trattamento.
Altri tipi di analisi definiti per protocol analysis (detta anche intention-to-treatment
analysis) sono opzionali e mai alternativi, in quanto devono essere fatti in
associazione all’intention-to-treat analysis ma non sostituirla in quanto la per
protocol analysis è lontana dalla clinica (ci dice se i soggetti che hanno davvero
fatto l’intervento fino alla fine hanno avuto un’efficacia oppure no, ma nella pratica
clinica vanno considerati i pazienti che abbandonano lo studio e non ricevono più il
trattamento, oppure quelli che non fanno gli esercizi a casa ecc...)

Bias dovuti a missing data


Il domino tre del RoB 2.0 valuta i bias dovuti a dati mancanti a causa di:
 Soggetti persi al follow up (lost to follow up)
 Soggetti che sospendono il trattamento (withdrawal)
 Soggetti che passano che all’altro gruppo (crossover)
Questi spesso vengono definiti con un termine aspecifico (drop-out) che somma i persi al
follow up con i withdrawals, non dovrebbe più essere utilizzato.
Il RoB 2.0 rispetto a questo dominio chiede di verificare se:
 I dati di esito erano disponibili per tutti i partecipanti randomizzati (per dati continui
si considera un cut-off del 95% dei dati disponibili in quanto se ci si trovasse al di
sotto del 95% potrebbe esserci un bias; per outcome dicotomici non c’è un cut-off
ma va rapportato il numero di dati mancanti all’incidenza degli eventi)
 Se l’esito è influenzato dalla mancanza di dati, vengono utilizzate strategie per
tenere in considerazione i dati mancanti, oppure viene fatta un’analisi di sensibilità
per dimostrare che i dati mancanti non costituiscono bias anche se solo più del 5%
(prova del fatto che i dati mancanti non hanno minato i risultati dello studio)
 L'analisi ITT non risponde a questo terzo dominio (bensì al dominio precedente),
ma ne costituisce un punto preliminare (ovvero l’analisi ITT deve contenere tutti i
partecipanti di cui si hanno dati - modified-ITT)

Cosa fanno gli RCT in presenza di missing-data, per le analisi di sensibilità?


 Usano metodi statistici di assimilazione dei dati mancanti al valore medio
 Assumono il dato mancante (evento sì/evento no) da altre informazioni inerenti
all’individuo, ma possibile solo con “criteri di assunzione forte” (vedi CONSORT).
Per esempio, se rispetto alla natura della patologia analizzata un individuo dimostra

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un miglioramento importante al primo follow-up e sappiamo che nel lungo termine
questo miglioramento viene mantenuto, al secondo follow-up tengo in
considerazione quel valore.
 Fanno un’ipotesi di scenario al meglio e al peggio dei dati mancanti cioè
immaginando che tutti i soggetti abbiano oppure no raggiunto l’outcome andando
a comparare quindi l’analisi primaria con queste analisi di sensibilità in modo da
dimostrare che il risultato finale non è stato influenzato da i soggetti che non sono
arrivati a conclusione dello studio.

Bais nella rilevazione dell’outcome


Il quarto dominio riguarda la misurazione dell’outcome e chiede di verificare se:
 Il metodo di misurazione dell’outcome è appropriato (scala di misurazione validata
e utile per l’outcome considerato)
 Vi sono differenze nella rilevazione/misurazione dell’outcome tra i due gruppi
 I valutatori fossero a conoscenza dell’intervento ricevuto dai partecipanti allo studio
(blinding degli outcome assessors)
 Fosse probabile che la misurazione dell’outcome fosse influenzata dalla conoscenza
dell’intervento ricevuto (in relazione al tipo di outcome, che può essere oggettivo
o soggettivo). Se l’outcome è oggettivo è inutile che ci sia il cieco di chi lo rileva
ATTENZIONE! Se l’outcome è self-reported bisogna prestare attenzione alla cecità dei
pazienti, mentre non mi importa quella del professionista. L'analisi del rischio di bias è
sempre da eseguire per ogni outcome di interesse (questo è il dominio più influenzato
dall’outcome valutato). Purtroppo spesso in fisioterapia il blinding non è possibile e questo
bias può essere presente.

Riguardo al blinding, ad oggi


definire in singolo, doppio o triplo
cieco uno studio non è più
adeguato. Bisogna riportare
esattamente all’interno dello studio
chi era in ceco e come è stato
garantito, perché il doppio cieco
non è interpretato in maniera omogenea. Ad oggi sono stati individuati fino a 7 attori che
possono essere in ceco, alcuni principali mentre altri secondari:
o Partecipanti, soggetti randomizzati
o Healthcare providers, medici e altri professionisti sanitari che assistono i
partecipanti e/o somministrano l’intervento
o Data collectors: soggetti che raccolgono i dati (segni, sintomi, questionari...)
possono identificarsi con gli healthcare providers e/o con gli outcome assessors
o Outcome assessors, hanno il compito di definire se il partecipante ha raggiunto, o
meno, l’outcome di interesse
o Data analyisis, statistici che analizzano i dati
o Data safety and monitoring committee, comitato che rivede i dati sulla sicurezza-
efficacia dei trattamenti
o Writers, autori del manoscritto

Bias nella selezione dei risultati riportati


Il quinto ed ultimo dominio permette di verificare se:
 Le analisi dei risultati sono specificate in un protocollo pubblicato a priori (vi sono
deviazioni, o gli outcome sono gli stessi del protocollo, se vi sono perché?)

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 I risultati sono selezionati da misure multiple dell’outcome (diverse scale, diverse
modalità statistiche – outcome dicotomizzato, continuo...)
 I risultati sono selezionati da analisi multiple dei dati (analisi per sottogruppi, analisi
di sensibilità, ....)

Q: Nella randomizzazione stratificata i diversi gruppi devono essere composti dalla stesso
numero di soggetti o non è necessario?
A: La maggior parte degli studi clinici ha un rapporto di allocazione 1:1 (35 soggetti nel
gruppo attivo e 35 nel gruppo di controllo ad es.). Può succedere per vari motivi che in
alcuni studi ci possano essere piccole differenze (35 gruppo attivo, 37 gruppo di controllo)
ma queste differenze non sono rilevanti ed il rapporto di allocazione viene comunque
considerato 1:1. In rari casi ci possono essere rapporti di allocazione diversi (1:2, 1:3,
1:4) cioè con un numero multiplo di pazienti nel gruppo di controllo. Tale metodologia
viene utilizzata solitamente in quegli studi che presentino un elevato discomfort o nel caso
in cui si abbiano pochi dati in modo da avere un'elevata potenza statistica e non avere
particolari conseguenze in termini di eventi avversi sui soggetti del gruppo di controllo.

COCHRANE RISK OF BIAS TOOL (ROB 2.0)


Premessa: l’applicazione di questo strumento richiede delle conoscenze avanzate, in più
esaminatori diversi potrebbero dare risposte diverse, per questo la valutazione va sempre
effettuata in duplice e in cieco.
La valutazione di risk of bias deve essere outcome dipendente; quindi, se si hanno più
outcome bisogna valutare il RoB per ognuna delle scale utilizzate.

Per ogni dominio di bias lo strumento prevede:


 Una serie di domande guida (signalling questions)
 Un algoritmo che mappa le risposte alle domande di segnalazione
 Un giudizio sul rischio di bias per il dominio (high, low, some concerns)
 Caselle di testo libero per giustificare le risposte alle domande di segnalazione e ai
giudizi
 Un'opzione per prevedere (e spiegare) la probabile direzione del bias (rispetto ad
uno dei due interventi)
Ogni dominio di bias avrà un rischio:
 Basso (low risk of bias)
 Dubbio (some concerns)
 Alto (high risk of bias)
Infine, si può dare un overall risk of bias, cioè un giudizio complessivo dell’outcome
analizzato, ma è poco indicativo in quanto dà un giudizio unico di tutti i domini.

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Come si presenta lo strumento:

Esempi di domande per il dominio 1: bias nel processo di randomizzazione

Domanda 1

Nell’esempio sovrastante viene chiesto se la sequenza di allocazione è random e guida


l’utente nel rispondere ‘YES’, ‘NO’ oppure ‘NO INFORMATION’. Nel caso di risposta
positiva questa compare in verde sottolineata mentre in caso di risposta negativa appare
di colore rosso. Le modalità di risposta sono analoghe anche nella domanda 2 e 3.

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Domanda 2

Domanda 3

Algoritmo per il secondo punto del primo dominio (allocazione)

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Una volta eseguita l’analisi del ROB, questa dovrà essere riportata in modalità grafica
nell’elaborato finale:
 Tramite creazione del ROB summary (attraverso il ROBvis tool) (fig. 1)
oppure
 Direttamente nel forest plot di metanalisi (RevMan) (fig. 2)

Fig. 1

Fig. 2

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È richiesto anche di riportare
nelle appendici un supporto al
giudizio (perché per i vari domini
è stato assegnato un high, low o
some concerns risk of bias).
Di fronte alla presenza di
conflitti di interesse e di bias
metodologici si può essere più
severi nel giudizio, perché
possono aver influenzato la
progettazione, la conduzione,
l’analisi e il reporting dello
studio. Esistono COI finanziari
ma anche intellettuali. Questi possono essere tenuti in considerazione quando viene
eseguita l’analisi del risk of bias, giustificandone il loro ruolo rispetto ai bias individuati. Se
invece ci sono COI probabili ma la metodologia è perfetta allora i conflitti di interesse non
sono presenti. Il messaggio è: se ci sono deficit metodologici bisogna essere più severi in
presenza di conflitti di interesse.
Infatti la ROB 2 permette anche di definire la direzione del bias per ogni dominio (ad es.
Bias a favore dell’intervento sperimentale) anche alla luce dei conflitti di interesse.
Bisogna diffidare degli strumenti di valutazione a punteggio (PEDro scale, jadad
scale...), la ROB 2 è uno strumento basato su domini con un giudizio qualitativo. Assegnare
un punteggio ad un trial è scarsamente informativo, anche perché la presenza o assenza
di determinati strumenti metodologici è relativa all’outcome considerato e non assoluta.
Inoltre, i domini valutati non hanno lo stesso “peso”. Se per la tesi la ROB 2.0 ci risulta
troppo complessa da utilizzare, piuttosto che adoperare scale a punteggio dobbiamo
ricorrere a scale qualitative più semplici ma sempre a dominio, come il casp tool.
Link per il risk of bias summary e graph:

Altri strumenti per altri disegni di studio: non è stato spiegato ma il prof ci ha fornito del
materiale con alcuni link in base a ciò che vogliamo valutare

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Casp tool

All'interno della sezione tesi i prof ci hanno lasciato un’altra serie di strumenti di critical
appraisal per diversi disegni di studio, aggiornato a qualche mese fa.

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