Dipartimento di Italianistica
Presentato da
Relatrice
Prof.ssa. Dalia Gamal Abou-El-Enin
Professore ordinario di Linguistica italiana presso il Dipartimento d’italianistica
Correlatrici
Dott.ssa Mai Morsy Tawfik
Docente di Linguistica italiana presso il Dipartimento d’italianistica
Dott.ssa Neama Abdelaty Mohamed
Docente di Linguistica italiana presso il Dipartimento d’italianistica
A. A. 2020 – 2021
La mia ricerca “I direttivi tra teoria degli atti linguistici e fenomeni della cortesia in
italiano L2
Studio pragmalinguistico su apprendenti egiziani” è divisa in due capitoli; il primo
è intitolato “l’Apprendimento della Lingua seconda” il cui presupposto essenziale
è: È vero che l’acquisizione della competenza pragmatica in italiano L2 preceda la
competenza grammaticale per gli apprendenti egiziani, o viceversa?
Per poter affermare l’ipotesi o negarla è innanzitutto opportuno identificare il
termine competenza.
La teoria di Krashen è quella che fa una distinzione fra apprendimento e
acquisizione cioè fra acquisition e learning in inglese. Secondo lui l’acquisizione e
l’apprendimento sono due sistemi per sviluppare la competenza di una lingua. Il
primo concetto è quello che succede spontaneamente o in modo inconscio ma
l’apprendimento è lo sviluppo linguistico che succede in modo guidato facendo
molta attenzione alle strutture linguistiche (Cfr. Valenza 2002). Comunque in
questo lavoro tutti i due i termini saranno usati come sinonimi.
Chomsky fa sempre la distinzione fra la competenza e l’esecuzione; la prima è la
conoscenza delle regole grammaticali- ossia il livello fonologico, morfologico,
sintattico e semantico di un apprendente- le quali sono come un sistema astratto
di formale. L’esecuzione è l’uso di queste regole nei contesti concreti.
La competenza linguistica è introdotta da Chomsky ed è tutto quello che un
parlante deve sapere per costruire enunciati ben formati dal punto di vista
linguistico, quindi riferisce all’uso della lingua in quanto sistema- la grammatica, il
lessico, la sintassi e la semantica- (Cfr. Pallotti 2003: 107, Nuzzo & Veddere 2019:
231).
Secondo Hymes nel 1972 si deve dar conto pure alla competenza comunicativa
attraverso la quale un apprendente usa le proprie produzioni linguistiche in
contesi comunicativi (Cfr. Pallotti 2003: 96, 108).
Le strategie comunicative sono dei metodi consapevolmente usati per
raggiungere un certo scopo comunicativo. Ci sono delle competenze comunicative
dei parlanti nativi e anche degli apprendenti: i primi usano il foreigner talk 1 e le
1
È una varietà semplificata della lingua parlata spontanea che si usa quando si rivolge agli stranieri che hanno una
competenza linguistica bassa della L2 (Cfr. Pallotti 2003: 111).
semplificazioni2 ma gli ultimi usano l’elusione3 e le strategie di conseguimento4
(Pallotti 2003: 110- 112, 117).
2
Una lingua semplificata non significa produrre una lingua sgrammatica e tale lingua non consiste nel ridurre o
eliminare degli elementi linguistici, al contrario è una lingua più ridondante dove si usano ripetizioni degli elementi
chiave, parole più generici, si evita l’uso dei termini verbali complessi ed in cui si usano i nomi pieni al posto dei
pronomi, forme non contratte e morfologia esplicita allo scopo di aiutare gli apprendenti a ben capire la lingua che
sta apprendere (Cfr. Pallotti 2003: 114, 116).
3
Con cui l’apprendente riduce la sua interlingua utilizzando forme linguistiche poco analizzate per evitare di
produrre frasi errate (Cfr. Pallotti 2003: 117, 118).
4
La circonlocuzione si usa per conseguire l’obbiettivo di trasmetter il significato voluto ricorrendosi a una parafrasi
per esprimersi scorrevolmente e senza errori mantenendo la propria faccia di fronte agli altri (Cfr. Pallotti 2003:
117).
5
Un atto linguistico è un’azione compiuta mediante il linguaggio. Ogni frase è un’azione cioè quando parliamo
facciamo qualcosa (Cfr. Pallotti 2013: 108- 109). Un atto può essere realizzato in vari modo assumendo poi diversi
valori a seconda di come esso viene contestualizzato. L’atto testa da solo può trasmettere la forza illocutoria e
contiene pure delle proprietà semantiche riconoscibili da un certo gruppo di parlanti come un modo convenzionale
di eseguire un atto (Cfr. Trubnikova 2018 :46).
2) Nella fase successiva sia in tedesco che in italiano:
Le frasi sono costruite secondo schemi fissi senza alcun uso produttivo della
morfologia e inizia l’uso di certi elementi morfologici: come i morfemi che
modificano il genere ed il numero e l’uso del tempo passato in particolare.
Compaiono pure i modificatori come gli avverbi in posizione iniziale della frase:
(Chini 1994 cit. in Pallotti 2003: 87, 89, 90).
4. “Do he live here?” (Do+ S V O)
5. “Today he stay here” (Avv. + S V O).
6. “Two cats”
7. “She played”
8. “Io voglio i miei soldi perché io ho cancellato la prenotazione”
9. “Allora per preparare la pasta…”
8 È una frase molto semplice prodotta da una (SA.2⁰) che riflette la seconda fase
di acquisizione dove l’ordine delle parole è quello canonico e sono presenti i
morfemi del plurale ed il tempo passato e 9 lo (SE.2⁰) usa l’avverbio “allora”.
3) Nella fase più avanzata:
È presente la separazione tra i verbi ausiliari e modali ed i loro verbi di modo non
finito (Pallotti 2003: 84,85,88, 91).
10.“Alle Kinder muss die Pause machen”
(S Mod O V) invece di (S Mod V O).
11.“Have you job?”
(V S O) invece di (S V O).
12.“Non c'è alcun problema studenti miei…”
Il movimento è in posizione saliente cioè succede l’avversione V S.
4) Nella fase più avanzata:
Compare l’accordo fra gli elementi della frase (nome e verbo ed altri elementi
della frase) (Pallotti 2003: 90):
13. “He eats”
14. “She eats too much”
15. “La prenotazione è cara…” (SE.3⁰)
16. “Ragazzi, dovete venire al mio matrimonio la settimana prossima…” (SA.3⁰)
In 15 appaia l’accordo tra il soggetto “la prenotazione” ed il nome del predicato
nominale che è un aggettivo “cara” e in 16 l’accordo è presente fra il soggetto
“ragazzi” ed il predicato verbale “dovete venire”.
5) Alla fine viene acquisita la distinzione tra frasi principali e subordinate ed i verbi
della subordinata vengono messi alla fine dell’enunciato ed in italiano si usa il
congiuntivo:
17. “I wonder where he is.” (Pallotti 2003: 90).
(Frase Princ. Interr. S V).
18. “Ho ricordato che una giacca con lo stesso colore già ce l'ho” (SA.3⁰)
19. “…dubito che piova” (SA.4⁰)
In 18 la studentessa mette il verbo della subordinata alla fine della frase invece di
dire “Ho ricordato che ho una giacca con lo stesso colore”.