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Premessa
La legge negli USA prevedeva la tassazione di prodotti manifatturieri, ma permetteva la
libera circolazione delle opere d’arte. Nel 1926 sono sbarcate delle opere di Brancusi a
NY, da qui nacque una disputa sul valore artistico di questi lavori, che nel 1928 vennero
considerati come opera d’arte.
“Uno dei traguardi del moderno è proprio quello di aver definitivamente messo in crisi le
certezze più consolidate”.
3- Vedere e leggere le arti del ventesimo secolo: le “belle arti” discendono dalle arti
visive, le “arti plastiche” sono altra cosa, restano invisibili, o offrono enunciati verbali.
(cultura non solo visiva – H.Rosemberg). Il dibattito e le interpretazioni arricchiscono il
nostro approccio percettivo alle opere.
Picasso stabilisce due modi di guardare l’opera:
A- Guardare senza nulla da capire;
B- opera d’arte che si prolunga nell’indicibile.
Dalle arti primitive al cubismo l’arte rimane sempre legata al mondo visibile.
Platone: la pittura, in quanto imitazione allontana dalla verità
Aristotele: esalta la mimesis e i piaceri che essa procura
L’imitazione è sempre stato un fatto imprescindibile nei secoli, rifiutarne la necessità è
stato un fortissimo elemento di rottura: l’arte astratta si pone in contrasto con l’arte
figurativa.
1- La nascita dell’astrazione. Gli anni ’10 e ’20: varie questioni di precedenza riguardo
la nascita della pittura astratta. Kandinskij vede nell’oscurità la bellezza di un suo quadro
che si fa astrazione. Tra il 1910 e il 1912 con lo “Spirituale nell’arte” viene definito il
concetto di astrazione.
Per Mondrian si ha avuto uno stesso processo progressivo dal 1912, con la
scomparsa dell’oggetto.
“L’astrazione da sola non basta ad escludere il naturale; occorre
anche una composizione delle linee e dei colori diversa da quella naturale”.
Picasso e Braque non hanno mai rotto con la mimesis, si tengono a distanza
dall’astrazione.
B- Apologia della rottura: Malevic ha un posto di primo piano tra gli apologeti della
rottura, processo verso l’astrazione. 1914, si depura dai riferimenti realistici e si riduce a
composizioni suprematiste: spazio vuoto e bianco nel quale fluttuano liberamente forme
piane.
E’ un processo di pittura verso la propria essenza, verità che si rivela gradualmente
attraverso varie rinunce agli attributi inessenziali che l’hanno sempre afflitta.
“Concepire la pittura in termini di mimetismo vuol dire sottostare alla morte”: il suprematismo è la
rivolta
delle forze della vita, potenza generatrice della creazione; “ogni forma è un mondo”, un
volto è una parodia.
Per Du Fresnoy la pittura assomiglia alla poesia. Valutazione del quadro per
Duret: nel quadro viene considerato solo il soggetto. Per Denis il quadro, prima
di essere un qualsiasi soggetto è prima di tutto una superficie piana ricoperta di colori
combinati secondo un certo ordine, egli non mira all’astrazione, ma ad un’entità materiale
organizzata.
Per Kandinskij: la natura che è indipendente dalla natura non ha bisogno di prendere a prestito
forme esteriori, mentre la pittura è legata a forme naturali tratte dalla natura: “compito della
pittura è quello di vagliare le sue forme e i suoi mezzi, di conoscerli , come la musica fa già da
tempo, e di provare a impiegarli in modo puramente pittorico, a scopo creativo.
D- Gli esempi plastici: Léger poneva l’accento su tre grandi quantità plastiche: le linee, le
forme e i colori, tali quantità verranno denominate dagli anni ’20 “elementi plastici”.
Klee: distingue tre elementi plastici: la linea (solo questione di misura, le sue modalità
dipendono da segmenti); le tonalità (chiaroscuro, questioni di fondo); i colori (altre
caratteristiche di equilibrio).
Mondrian sceglie un vocabolario “ascetico”, il Neoplasticismo, in sintonia con l’angolo retto, il nero
, il bianco e i soli colori primari.
Van Doesburg introduce linee oblique nel sistema, rompendo ogni rapporto con Mondrian.
Malevic vuole alleggerire il visibile con il Quadrato nero, poi opere suprematiste con serie di quadri
bianco su bianco (1918).
Kandinskij (svolta spirituale, evoca un nuovo Mosè), Malevic (costruzione del mondo come
azione pura, conoscenza di sé alla perfezione) e Mondrian (forma impalpabile della verità
universale, ma non ha nulla a che vedere con l’arte per l’arte, annuncia la possibilità di un
mondo migliore, liberato dalla subordinazione alla materia) hanno voluto in ogni modo
cambiare il mondo, credono al progresso e allo sviluppo dell’uomo in sé.
F- Costruire le forme nuove della vita: la musica è il partner privilegiato dagli astrattisti;
poi divenne il cinema.
Van Doesburg fonda nel 1917 il “De stijl” con lo scopo di costituire
un nuovo senso estetico, contrappone le arte plastiche con il barocco (confusione) del
moderno.
Poi il “Bauhaus” (casa della costruzione) nasce a Weimar nel 1919 con Gropius,
il fine ultimo di ogni attività creativa è l’architettura, sintesi dell’arte nel segno dei mestieri
che sono i soli che possono riportare a un mondo dove si costruisce: “non c’è differenza
tra artista e artigiano, l’artista è solo un artigiano potenziato.
Si trasferisce a Dessau nel 1925, poi a Berlino con Mies, fino al ’33 in cui chiude.
New Bauhaus fondato nel 1937 negli USA (Chicago) da Moholy-Nagy.
G- Fine della pittura, fine dell’arte?: rapporto tra arte e arti applicate porta alla volontà di
costruire un mondo nuovo.
Malevic nel suprematismo vuole abbandonare la pittura: “non si può parlare di pittura, il pittore è
solo un pregiudizio del passato.
Rodcenko fa nel 1921 tre piccoli quadri dipinti con un solo colore: giallo,
rosso, blu.
Per Tarabukin, l’agonia del quadro divenuto solo oggetto da museo non
determina la morte dell’arte. Si tende a collegare l’arte al lavoro, il lavoro alla produzione e
la produzione alla vita quotidiana.
L’artista è colui che sa mettere forma a un materiale.
L’arte diventa elemento in grado di cambiare la vita.
Per Strzeminski la forma dell’esistenza genera la forma della coscienza; infatti difendeva
l’autonomia dell’arte nel
sociale.
Poi si sposta l’attenzione sulla scultura e il suo dispiegarsi nello spazio, mentre il
quadro si ritira solo in se stesso. Lo spazio diventa esigenza, avviene un’unione con lo
spazio attorno alla scultura, ma anche la totalità dello spazio illimitato, uniforme in ogni suo
punto.
Il colore si irradia nello spazio, nelle composizioni spaziali di Kobro, piani colorati
definiscono una versione scultorea dell’Unismo.
L’astrazione fatica trovare un riconoscimento pubblico, malgrado le tematiche spiritualiste
per costruire un mondo migliore. Eppure gli sforzi si moltiplicano in questa direzione.
A- Realismi di stato: Dottrina ufficiale del realismo socialista nell’Unione Sovietica, come
educazione dei lavoratori nello spirito socialista: immagini realiste, popolari, edificanti.
L’arte astratta è giudicata troppo ermetica, e solo borghese.
Hitler fece lo stesso in Germania, espone opere espressioniste alla derisione del popolo, come
aborti della follia
(mostra Entartete Kunst che girò per quattro anni la Germania).
B- New York, nuova partenza: formazione di società per l’arte astratta, sulla base
dell’arte astratta e del surrealismo. Avanguardia USA privilegia la superficie piana perché
distruggono l’illusione e rivelano la verità; nessuno riuscì mai a realizzare questo ideale.
L’artista lavora direttamente senza disegno, vita e pittura sono in rapporto strettissimo, la pittura
risulta inseparabile dalla vita dell’artista, ogni separazione tra arte e vita è tolta.
Greenberg si occupa di “all over” in cui i quadri creano uno spazio in cui prevale l’illusione
di una profondità indefinita, ma limitata; è coinvolto tutto il corpo e non solo la mano del
pittore, generando un labirinto di impronte, una griglia aperta di linee intrecciate; una fitta
maglia che tenta di eludere il modello gerarchico della composizione tradizionale.
All over
significa che tutte le zone del quadro hanno la stessa importanza (contro la tradizione
occidentale, elementi identici si ripetono senza variazioni marcate da una parte all’altra del
dipinto, “allucinante uniformità”.
Greenberg vede le origine nelle Ninfee di Monet.
C- L’espressionismo astratto: anni ’40-’50, USA, nasce “l’abstract expressionism”,
William De Kooning non vuole affidare un nome a questa corrente.
Vari artisti vi possono
appartenere: Action Painting: Pollock e De Kooning (subordinano materia pittorica a
gestualità intensa), Color Field (ampie stesure di colore e meno importanza al gesto):
Rothko (strati di colore sovrapposti con margini sbavati),
Newman (gli Zip, raddoppiano leverticali del quadro, strisce sottili che dividono il quadro grazie al
Masking Tape, quadri che non si fondono con l’ambiente circostante ma conservano la propria
integrità, il margine del dipinto è replicato nel dipinto stesso, sono dei campi), Still puro colore,
scompare ogni profondità (risale a Turner).
Varie rotture: Manet ostenta gli splendori dell’impasto pittorico; i cubisti con ricerca di
illusione volumetrica in piano; Pollock crea grovigli che sono un universo; Newman (Color
Field) elimina ogni disegno degli elementi costitutivi del dipinto.
Abstract Expressionism compare nel 1929 negli USA in uno scritto di Barr su Kandinskij
sul problema del cosa e del come (rimane il problema del come rappresentare l’oggetto
materiale), l’arte diventa comprensibile solo agli artisti.
Per Pollock la tecnica non conta,
conta solo il risultato. Baziotes, Hare, Motherwell, Rothko, Still fondano una scuola “The
subjects of the artist”. L’abstract expressionism non ha la valenza dell’espressione
dell’artista, sono altre forme di espressività che possono riguardare la psiche umana, la
materia, le angosce di un’epoca.
D- In Europa: ricostruzione e battaglie: Europa mutilata dopo la guerra. Dal ’46 a Parigi si
crea un Salon dedicato esclusivamente all’esposizione di opere astratte, non figurative,
svincolate dalla natura; gli artisti non vogliono soddisfare le esigenze del pubblico,
l’invenzione di nuove categorie è sintomo di fervore creativo.
Hartung (opere gestuali) e
Wols (quadri cupi, macchiati e graffiati): astrazione “lirica”, evoca uno stato d’animo più
che disegnare un registro. Creazione come contatto con i materiali (parentela con Action
Painting [1996 Bois e Krauss rilanciano il dibattito sull’informe]. Informe tende a
squalificare l’esigenza che ogni cosa abbia la sua forma; informe equivale a dire che
l’universo è uno ragno o uno sputo. “Tachisme”: visione combattiva per riconciliare
l’astrazione gestuale e l’automatismo surrealista.
Mathieu diffonde una nuova astrazione in Francia: rifiuta di assegnare all’uomo un totale
affrancamento metafisico, dal momento che la libertà è il vuoto, egli si rifiuta di diluire le singole
sensibilità nell’universalità cosmica.
Nel 1956 Mathieu porta in scena “l’estetica dalla velocità” (folgorazione del gesto). L’arte
astratta diventa fenomeno di società.
Nel 1950 Dewasne e Pillet aprono un atelier riservato all’insegnamento dell’astrattismo.
Critica di Robert Ray all’arte astratta che apre la strada a ogni imperizia tecnica, i segni sono
diventati la garanzia del genio.
Ha procedimenti del tutto empirici e può ignorare il saper disegnare o scolpire, etc.
E- Astrazione e libertà: l’accademizzazione vedeva lo sviluppo artistico come un
processo lineare. Gli astrattisti credono nell’estinzione definitiva della creazione figurativa
(Accademismo astratto).
Kandinskij e Mondrian: rottura definitiva; Delunay, Klee, Picabia,
eludono alla divaricazione tra arte figurativa e arte astratta. Pollok nel ’51 fa quadri bianchi
e neri, alcuni figurativi.
“L’arte è una grande zuppiera nella quale basta affondare le mani
per trovare qualcosa per sé”.
Anni’50 crisi dell’arte astratta con rifiuto di quadro
monocromo di Ives Klein (non accettò di aggiungere una macchia di colore al suo quadro
affinché potesse essere accettato. (“un solo colore non basta”).
B- Pura visività: op art (optical art), Agam, Riley, Vasarely; artisti interessati alle
tecniche più disparate, illusionismo e altri giochi ottici, “l’obiettivo non è il cuore ma la
retina, lo spirito diventa soggetto della psicologia sperimentale”.
Agam si rifà alle
distorsioni del XIX secolo. Vasarely, variazioni seriali con ambiguità ottiche.
“Opere
cinetiche” alimentano una concezione umanistica e filosofica delle arti plastiche;
integrazione delle arti nell’universo urbano (erede del Bauhaus), sognava un’arte sociale
in grado di soddisfare le naturali aspirazioni dell’uomo al godimento dei sensi. Vasarely
contribuisce nell’esperienza innovatrice con i suoi “multipli”, opere originali, bi o
tridimensionali, il cui principio permette la moltiplicazione di esemplari equivalenti, “la
mano dell’artista non conta nulla”. [Già Moholy-Nagy nel ’25 tiene conto delle potenzialità
industriali del tempo].
Atteggiamento più
distaccato e critico, negli anni ’70 con Robert Ryman: il suo lavoro riguarda la natura della
pittura; sono quadri bianchi, spesso considerati monocromi (lui non accettava la
definizione), ma nel quale egli considera i pigmenti, gli utensili, i supporti, la struttura delle
tele; egli rifiuta ogni confronto circa il contenuto: la questione non è mai che cosa
dipingere, ma solo, come dipingere.
Lavoro: indica insieme l’attività dall’artista e il risultato ottenuto. Si sostituisce l’opera con il lavoro,
sconsacrando la creazione artistica. (Praxis). Marc Devade: estensione a problemi
filosofici e teorici di questa sovversione formale.
Ryman: la pittura appartiene alla sfera delle emozioni, deve essere una sorta di
rivelazione, un sentimento di benessere. Riprende Matisse: “la pittura pittorica apre qui lo
spirito al puro piacere”.
Peter Halley: quadri quadrati con campiture uniformi e colori contrastanti, passano per
astratti; in realtà sono per lui delle prigioni, la geometria diventa internamento;
nel suo pensiero iniziale, la morte di Dio ha comportato la morte dell’arte; poi si ricrede: Dio non è
morto del tutto, ma vive in un’agonia interminabile che prosegue tuttora (l’arte è sempre
nella stessa condizione moribonda, già resuscitata da Preraffaelliti, postimpressionisti,
espressionisti astratti, postminimalisti, ecc. la magia non fa più effetto.
Egli dipinge con il Day-Glo, pitture fluorescenti, la cella è il luogo per eccellenza dove si consuma
un’attesa
interminabile. Gerhard Richter: passa da una “cosa all’altra”, parte da foto, paesaggi,
personaggi, nudi, finestre, tutto chiuso nella geometria di una grata, rappresenta il tutto in
grandi monocromi grigi, senza intenzione di rappresentare o di esprimere alcunché.
L’arte
astratta ha la stessa finalità dell’arte figurativa, entrambe concorrono a conoscere il mondo
creando modelli senza i quali saremmo ancora allo stato animale. L’arte astratta è
destinata a sostituire quella figurativa, rende percepibile una realtà invisibile. L’arte astratta
non ha ripudiato la mimesis, anzi è piuttosto un tentativo di preservare le ambizioni
dell’arte del passato.
PARTE SECONDA
La seduzione del reale
L’astrazione rompe con le arti visive e la rappresentazione del reale. Viene dato il nome di
“non figurativo” o “non oggettivo”, dato che l’arte di Mondrian è ciò che di più concreto
possa esserci, ma anche non figurativo, nei quadri sono dipinti figure, oppure non
oggettivo, l’arte guarda agli oggetti non come semplice mezzo espressivo.
Van Dousburg e altri optano per “l’arte concreta”: manifesto, quadro fatto da elementi
puramente plastici: piani e colori.
Oppure arte concreta fatta dai “papier collé” cubisti o
dai “ready-made”.
Capitolo primo
Rappresentare, presentare
A- Braque e Picasso: “la battaglia è iniziata”: già Turner inseriva dei personaggi
ritagliati nelle proprie tele. Ma divenne famosa la “natura morta con sedia impagliata” di
Picasso, del 1912.
Braque inventa il Papier Collé, poi ripreso da Picasso. Collage che
nasce come pura tecnica; Picasso introduce i pezzi di giornale.
Papier Collé rompono con
l’idea di rappresentazione, le stampe si rappresentano per quello che sono. Un pezzo di
giornale sulla tela rappresenta le forme del mondo, l’opera plastica si elabora a partire
direttamente da frammenti prelevati dalla trama del reale.
Ironia di Picasso che si rifà alla
maieutica socratica, anche se spesso è solo provocazione maliziosa.
Magritte
associa immagini senza un nesso tra loro in una spazio comune. I papier collé hanno una
loro definizione; i collage sono eseguiti con materiali individualizzati, frammenti presi dalla
massa delle cose; implica il caso; amplia l’universo illimitato dei materiali con una infinita
scelta che amplia la libertà dell’artista.
D- Collages di tutti i tipi: molti artisti utilizzano la nuova tecnica: i futuristi, Malevic. Negli
anni ’10 i Dadaisti, manifestano il loro desiderio di rottura, rifiuto dei valori consolidati e
disprezzo per la logica del buon senso.
Il ready-made pone il problema di cosa sia arte. Gioconda, 1919, con pizzetto e
baffi, è un ready-made aided “gli stupidi credono che scherzare non significhi essere seri”
(Valery).
Per la prima volta nel ‘20 sono esposti quadri dada, Picabia li definiva antiarte,
in maniera dissacratoria, slogan provocatorio. Si rimette in questione il
comportamento dell’artista, come gente comune.
Poi divenne Neodadaismo, Movimento Fluxus, fine anni ’50, è un’anti-arte che
appartiene comunque all’arte anche se tenta di scardinarla. Maciunas (Fluxus) dice che
anti-arte è vita, natura e realtà vera, sono artisti che cercano di rompere con le forme
canoniche.
E’ l’incoerenza del tempo.
Man Ray presenta aspetti tipici del ready-made
aided (rettificato), questa arte / anti-arte del montaggio fonde elementi visivi e linguistici
insieme. Fa il Cadeau che è un ferro da stiro con punto sporgenti, scomparso, forse preso
come vero regalo.
Capitolo secondo
Il puro e l’impuro
L’arte occidentale ricorse per un lungo periodo a un numero limitato di materiali, legittimati
dal loro impiego quotidiano. Nel XX secolo c’è stata l’emancipazione dei materiali,
“qualsiasi tipo di materiale”.
Dal ’12 Boccioni utilizza vari materiali, “non esistono materiali
che non possano concorrere all’elaborazione di un’opera. Dalle arti visive (collage, readymade)
si passa ad altri settori, la musica e “l’arte dei rumori” (1913, Modena) con Luigi
Russolo: rumore familiare al nostro orecchio.
A- Assemblaggi e costruzioni: dai papier collé cubisti, dalle sculture di carta che Braque
faceva prima di dipingere (mai arrivate a noi), poi gli assemblaggi di Picasso, fino ai
ready-made. C’è ibridazione tra pittura e volume.
Diventa “costruzione e
assemblaggio”, estrema eterogeneità di materiali, con legami con l’arte negra, aspetto
del primitivismo. Pitture e sculture si compenetrano.
B- La cultura dei materiali: Tatlin incontra Picasso a Parigi nel ’14, quando torna in
Russia espone assemblaggi di materiali. Bottiglia: assemblaggio di Forme, materiali e
colori (ancora figurativo).
In Tatlin è il “controrilievo”: costruzioni avulse dalla struttura
piana; poi “controrilievo d’angolo” con espansione nello spazio, con strutture metalliche
lucenti.
Gan auspica una nuova società comunista che connette attività sociali e
doveri dell’uomo. Il “Byt” accostamento dell’arte alla vita quotidiana, spinto alle estreme
conseguenze da Tatlin con i “controrilievo inutili”.
Soluzione dei “ritmi cinetici”: forme basilari della nostra percezione del
reale.
E- La luce: Insegne luminose nelle città, Moholy-Nagy propone l’utilizzo artistico della luce
reale, fa il “modulatore spazio-luce” (1922) macchinario che produce uno spettacolo
luminoso, reso mobile da un sistema di ruote dentate; la luce è in mano all’artista.
Come nei disegni fotografici di Fox Talbot. Il dadaista Christain Schad, nel ’18 fa le shadografie,
profilature opache e alterazioni luminose prodotte da oggetti diversi.
Man Ray fa le
Rayografie nel ’21, gli oggetti vengono deformati dalla luce nello sviluppo delle foto, i
rayogrammi sono le opere ottenute.
F- L’arte dei detriti: poetica moderna di utilizzare materiali di spazzatura, per Walter
Benjamin, dietro la figura del netturbino compare quella del poeta e il rifiuto della società.
Kurt Schwitters, intitola “Merz” l’insieme dei propri lavori (Merzbild, collage andato
perduto). Il termine dichiara una strategia unificante del suo lavoro.
Merz come
assemblaggio di materiali immaginabili, la Pittura Merz che si occupa di tutti i materiali
visibili, come fossero una tavolozza.
Egli opera con tutti i materiali che gli capitano sotto
mano, anche ciò che non aveva un buon odore (fascinazione per il pattume, il lirismo del
sordido, “l’arte è un mucchio di merda”.
Egli accumulava nelle opere tutto quello che
trovava, la materia non conta, ciò che conta è darle forma.
Costruisce il Merzbau checresce su se stessa negli anni fino a esplodere in tutta la sua casa, è il
work in progress,
egli non mira a una forma definitiva., è l’estetica del non-finito. Negli anni ’50 USA si lavora
con materiali di recupero fino alla formazione della Junk Sculture (rottame), John
Chamberlain (pezzi di auto alla rottamazione).
A- Neodadaismo e Pop Art: dal ’51 si riattualizza il dada, da Duchamp e John Cage, New
Dada; Jasper Johns, opere con humor corrosivo, materia manipolata con la spatola, opere
di oggetti di evidente banalità. Robert Rauschemberg, critica all’estetica espressionista,
chiede un disegno di De Kooning (si presta al gioco) che gli cancellerà, l’altra estremità
della matita è altrettanto buona. L’espressionismo può essere fabbricato a tavolino.
Andy
Warhol, strategie complesse: tela sulla strada per raccogliere i passi delle persone, il vero
è frutto di una registrazione; urinare sulle tele coperte di pittura metallizzata sul pavimento;
fino alle opere che rappresentano immagini pescate da rotocalchi: Campbell’s, Brillo,
Ketchup Heinz.
Utilizzo della serigrafia, somiglianza con ready-made, ma interamente
per il mondo dell’arte.
Esposizione sala decollagiste a Parigi nel ’59 di Hains, La Villegle e Dufrene. Nel ’60
Cesar espone le Compressions, relitti industriali saldati ad arco, carrozzerie pressate.
A- Specific Objects, opere letterali: nell’arte astratta Stella rifiutava ogni simbolismo nei
suoi black paintings del 1958-59, sono solo aggetti che mette in mostra.
Poi fa i shaped
canvas, adotta per le sue cornici le forme più diverse, il dipinto si presenta come un’opera
a tre dimensioni. Per Donald Judd questa collisione tra pittura e scultura non è isolata:
Rauscenberg, Oldenburg, Flavin, Stella, Judd, cercano una via d’uscita alla crisi del
quadro che imponeva una forma piana.
Nasce lo specific objects di Judd: più somiglianti
a sculture che a pitture, sono il tentativo di risolvere i problemi di bidimensionalità del
quadro che si rifiuta di riproporre uno spazio immaginario e che non si accontenta più della
pura monocromia.
Tutti hanno un punto in comune: rifiutano l’opposizione tra l’illusione di
uno spazio fittizio e la realtà dello spazio nella quale l’opera trova posto.
Si elimina il
problema dell’illusionismo e dello spazio letterale; le limitazioni della pittura non esistono
più.
Sono opere che possono assumere qualsiasi forma e materiale, sono come finestre
aperte su spazi immaginari, si dispiegano nello stesso spazio dello spettatore. Robert
Morris gioca sulla varietà delle possibili situazioni, volumi geometrici disposti
differentemente all’interno della stanza.
Richard Wollheim pubblica nel ’65 un articolo sulla Minimal Art, con riferimento ai readymade
duchampiani e ai black painting di Reinhardt, arte dotata di minimo contenuto
artistico.
B- Letteralità o teatralità?: successo delle mostre minimaliste grazie all’abilità degli artisti
nel suscitare interesse e dibattito critico.
Capitolo primo
Una storia dell’arte allargata
La storia dell’arte prestò interesse alle sole opere prodotte dalla cultura occidentale
(etnocentrismo). Con il colonialismo e la conoscenza di culture diverse vennero facilitati i
contatti con culture diverse.
A- Primitivismi: Prima con Gauguin (primitivo è il non occidentale), poi con il cubismo (si
rimanda all’insieme delle arti primitive).
Rivalutazione del primitivismo. Gauguin si sente un
“indiano in esilio”, va a Tahiti, un mondo la cui cultura ancestrale è stata distrutta dal
mondo coloniale.
Per Picasso il senso della pittura sta in un processo estetico, come una
forma di magia che si interpone in universo a noi oscuro: un modo di impossessarsi del
potere imponendo una forma ai nostri terrori come ai nostri desideri; “il giorno in cui
compresi questo, seppi di aver trovato la mia strada”. (per Derain, Matisse o Braque le
maschere sono sculture come le altre).
Bambini e selvaggi hanno in comune il non aver subito alcuna forma di acculturazione.
I Nabis e Maurice Denis regrediscono all’infanzia,
giocano all’ignoranza “in quel momento era la cosa più intelligente da fare”.
Nel ’44 Dubuffet adotta uno stile ispirato ai graffiti, in cui tiene conto dei valori della
naturalità: istinto, passione, violenza, delirio. Nei ’50 Asger Jorn fonda la Cobra (istituto
scandinavo vandalismo comparato), per rispondere alle accuse di vandalismo.
Legittimazione dei graffiti dopo la seconda guerra mondiale; opere di Cy Twombly, Tapies,
Joan Mirò, Roland Barthes. Gérerd Zlotykamien salda una frattura considerata impossibile
con i suoi Ephemeres che sorgono sui muri delle città d’Europa, sono ombre leggere, ma
persistenti, pone un ponte tra l’universo urbano e l’arte, li espone alle intemperie e anche
nelle gallerie; le autorità lo citano in giudizio.
Sviluppo della Street Art con una serie di artisti che opera in
atelier e in strada, senza committenti a loro rischio e pericolo. Richard Ambleton disegna i
suoi personaggi sui muri più sordidi.
C- L’art brut: dalla fine del XIX sec. si raccolgono le produzioni degli alienati, l’arte dei folli
da parte dei medici, per illuminare i meccanismi del genio, come per i bambini; cercano di
individuarne l’idea.
Nuovo atteggiamento nei confronti della follia, si trova un parallelo nelle
mostre del Blaue Reiter.
Nasce lo studio dell’Art Brut, analisi di Jean Dubuffet (la sua arte
non può appartenere all’art brut data la sua cultura): opere eseguite da persone prive di
cultura artistica, il mimetismo non ha alcuna importanza, gli autori attingono da loro stessi
e non dagli stereotipi dell’arte e delle moda.
Essa si fonda sullo statuto del creatore e non sui criteri stilistici delle sue
opere.
D- Il museo immaginario: dal Rinascimento in poi si raccolgono gli elementi visivi di una
cultura artistica universale; le illustrazioni diventano un museo portatile.
Nozione di “museo
immaginario” proposta da Malraux, le opere acquisiscono un dono di ubiquità, immagini su
cd-rom, ciccabili e visibili in ogni momento (come i cd per la musica).
La riproducibilità
delle opere porta alle conseguenza descritte da Benjamin sulla perdita dell’aura (fluido
sottile che si ritiene emani da un corpo), è ciò che appartiene propriamente ad una storia
sedimentatasi nel tempo, è l’apparizione unica di una lontananza.
Per Jean Bazaine è la confusione tra immagine e quadro; tante buone intenzioni
minacciano la pittura nella sua stessa essenza.
A- La casualità: Casualità nel processo creativo indica la perdita del controllo nel proprio
mestiere; nasce con l’inizio del XX sec. con i dada che ne celebrano le virtù. Nel ’16 Arp
strappa un disegno e sparge i brandelli sul pavimento rincollandoli su un nuovo supporto,
nell’ordine voluto dal caso.
L’abbandonarsi all’inconscio è il creare la vita allo stato puro.
Anche Duchamp ne è interprete con “erratum musicale” (1913): tre persone cantano
contemporaneamente su note estratte caso da un cappello, John Cage.
La nozione di
gioco entra in relazione con quella di caso. Anche i surrealisti sono cultori della “casualità
oggettiva”, fanno il “cadavere exquis”: un foglio piegato su cui ciascuno scrive qualcosa
senza vedere il resto dei contenuti, la prima frase scaturita ne diede il nome “le cadavere
exquis boira le vin nouveu”.
Breton assegna un posto decisivo all’automatismo psichico
nell’ambito del surrealismo, non si identifica con la casualità, ma concorre con la casualità
a modificare l’atteggiamento nei confronti della padronanza operativa dell’artista.
Anche
Dalì che dipingeva “accademicamente” dava grande importanza al caso.
Usa un metodo
“paranoico-critico” fondato sull’associazione sistematica propria dei fenomeni deliranti.
La casualità bandisce ogni razionalismo, è legata al gioco e alla fortuna.
Per Dubuffet è
inadeguato parlare di caso, dato che l’uomo dà questa definizione a tutto ciò che non
conosce, si può parlare piuttosto di velleità e aspirazioni di un determinato materiale che fa
resistenza. (dripping controllato da Pollock).
B- L’effimero: gli artisti hanno sempre desiderato che le loro opere sfidassero il tempo.
Hanno lavorato su materiali e supporti preparati con cura.
Le maggior parte delle cose è
andato perduto. Si distingue tra desiderio di eternità e culto della conservazione. Alois
Riegl e la nozione di patrimonio artistico.
Nel dopoguerra si lavora con materiali organici che deperiscono dopo breve tempo. Dieter
Roth si rallegrava della scomparsa delle sue opere. Beyus modella burro, cera d’api con
oggetti fragili o panno modellabile: l’insieme si modificava ininterrottamente, quando
l’opera è finita la assicura per due milioni di franchi, in un preciso momento l’opera è
diventata eterna (quindi la sua è una visione tradizionale).
D- Fallimento: per Alberto Giacometti l’apice della gloria era la propria incapacità
nell’eseguire una scultura, “provo e falisco senza fine, se ci riuscissi, smetterei”.
Fallimenti
testimonianza di una tensione nata con il romanticismo.
Samuel Backett scrive del suo fallimento e della difficoltà della sua impresa. I
fallimenti di Manet rifiutato al Salon e lo scandalo del Salon des Refusés, artisti che
capiscono che bisogna diffidare dagli insuccessi che diventano fondamentali per i grandi
successi.
Gerard
Gariowski dipinge le Croutes, la loro grossolanità ne fanno delle vere croste.
Allan
Kaprow accredita all’happening tutto quanto è effimero, cangiante,, naturale, compresa
l’accettazione del fallimento.
Jacques Lizène prende posizione nell’arte senza talento, accompagna le sue opere con
dei deprezzamenti piuttosto che apprezzamenti, nel ’70 crea l’istituto d’arte stupida, a lui si
aggiungono altri membri. Egli ha il desiderio di diventare il proprio tubetto di colore, infatti
non esita a dipingere con i propri escrementi.
Parte quarta
Dalle belle arti alle arti plastiche
“Lo sputo d’artista è arte” (Schwitters, 1925): ciò autorizza l’artista a presentare tutto ciò
che vuole sotto il nome di arte. (metafora dello scaracchio appartiene agi impressionisti).
Per Schwitters poco importa il parere del pubblico che finirà per adattarsi. La natura
dell’arte si fa incerta, ambigua, non si sa più che cosa sia.
Ad Petersen rivela la grande
varietà dei mezzi ai quali gli artisti ricorrono da quando hanno violato lo statuto delle belle
arti. Si amplia sempre più la gamma di materiali e metodi
Capitolo primo
Artisti senza atelier
Gli artisti sono sempre stati rappresentati nel loro atelier, o sul posto in cui lavoravano;
nuova concezione da fine ‘700 che stacca le opere (affreschi) dal muro per portarle nei
musei; interi monumenti demoliti per essere disposti in spazi ad hoc. Brancusi crea oggetti
trasportabili; Buren rivendica l’assenza di un atelier.
A- Lontano dai musei: legami evidenti tra minimalist e land artist: entrambi inventano
dai ’60 un’arte che non dipende dal disegno o da pitture, architettura, non si può nemmeno
parlare di sculture.
Mostra con Andre, Morris, Le Witt, De Maria, Heizer (dissipate, 5 tagli
sul fondo di un lago asciutto; una graduale dissipazione dell’opera agli attacchi climatici),
Oppenheim, Smithson; “earthworks” (NY, 1968).
Mostra a Berna del ’69. Beyus modella nell’angolo di una stanza un cumulo di
grasso facendo scandalo, nel ’69. Heizer sventra una parte di marciapiede di fronte
all’esposizione grazie a un’impresa di demolizioni. Buren venne arrestato la notte per
un’affissione selvaggia nel centro urbano. Serra riattualizza un’opera dell’anno prima, una
saldatura in piombo che congiunge muro e pavimento.
D- Opere senza forma fissa: mostra “art in process”, 1966 NY, la process art,
movimento polimorfo che non si incarna in una forma definita e durevole.
Morris interviene
ogni giorno su porzioni di terra, bidoni, lampadine; egli scrive di “anti form” (1968) nel
quale attacca i principi della tradizione occidentale: la preservazione della forma è una
sorta di idealismo funzionale.
Nell’opera in cui forma e pensiero sono indissolubili, la forma
è l’unica cosa che ne garantisca la possibilità di esistere. Dall’action painting, si passa ai
work in progress di Schwitters, Morris si batte per l’antiforma, gli happening e le
performance.
E- L’invisibile è reale: le belle arti sono le opere dello sguardo, “l’arte è qualcosa che si
guarda” per Judd.
Lo stesso per
Kandinskij, la delimitazione esteriore è utile quando si fa risaltare il contenuto interiore
della forma.
Logica simbolista che chiede di incarnare all’opera un fondo di invisibilità che
la trascende. La creazione dell’artista deve essere a un livello immateriale, quello
dell’intelletto.
Walter De
Maria fa un monumento immaginato nel ’70 a Monaco, un pozzo sotto un disco di bronzo
profondo 120 metri, invisibile, sulla collina fatta dai detriti della guerra.
Oppure un’opera
irrealizzata, un buco di un km di profondità con un barra di ottone che affiora di qualche
millimetro dalla terra: invisibilità del nucleo, grandi mezzi utilizzati.
Anche Claudio
Parmiggiani si chiede se fosse indispensabile offrire l’arte ala vista, fa “terra”, una scultura
sepolta, nell’89: rifiuta il suo destino pubblico,accettando solo quello spirituale.
Capitolo secondo
L’arte e le parole
B- Vedere e leggere: i testi assumono importanza nei ready-made quando non solo
spiegano, ma introducono un fattore di turbamento e sconcerto, fino agli anni’60 in cui la
parola diventa l’unica componente dell’opera.
Poi diventa humor,derisione e parodia,
come linguaggio del “witz”, Erik Dietman risponde con del pane vero a quello dipinto di
Man Ray. Polke occupa solo un angolo di una tela del colore nero, come fosse una
volontà superiore che glielo ha imposto.
Jenny Holzer
si interroga sulla natura del proprio lavoro, i suoi “truismi” sollecitano la riflessione dei
passanti, enunciati stampati su manifestini o su t-shirts; vicino agli artisti di strada e alla
street art.
On Kawara: date
paintings; ogni giorno dipinge la data del giorno, nel caso non sia ultimato viene distrutto;
e Roman Opalka: scrive i numeri da uno all’infinito. Entrambi rimettono in discussione le
frontiere delle belle arti, non rappresentano il mondo, ma promuovono la scrittura.
D- Le parole al lavoro: riflessione sulla natura dell’arte scinde ogni connessione tra
significato e interesse dell’opera e la persona privata del suo creatore.
Progetto “art by
telephone” (idea di Moholy-Nagy) ripresa da 40 artisti.
hanno tutte il medesimo valore, la scelta deve esser fatta dall’acquirente. Si fanno mostre
in cui esiste solo il catalogo; conferenza sull’arte senza spazio.
Per ”Prospect ‘69” Barry
manda una sola lettera sulla validità del pezzo da mostrare che diventa la stessa lettera.
Poi c’è l’importanza dl libro che diventa “libro-oggetto” che Broodthaers illustra.
Gli artisti
concettuali si oppongono all’oggetti, ma i loro stessi lavori diventano oggetti di mercato.
Kosuth scinde l’arte dall’esistenza fisica degli oggetti (fa una lastra qualsiasi appoggiata ad
un muro qualsiasi. Il linguaggio diviene materiale legittimo a condizione che non abbia
rapporto con la poesia; obiettivo è il valore dell’arte in sé “l’arte è un sistema di relazioni
irriducibile al solo piacere visivo, l’arte esiste solo per se stessa”.
Si rifà a Reinhardt “art as
art” e “art as idea as idea”. L’arte concettuale è indirizzata ai soli artisti per essere “seria”,
come scienza e filosofia che non hanno più pubblico. Rauschenberg quando usa una certa
parola vuole solo significare quella determinata parola. L’arte può essere interessante e
divertente.
Baldessarri “non farò più arte noiosa” (tipico dei bambini). Le arti plastiche sono
divenute leggibili nel senso che la parola vi partecipa di diritto.
Capitolo terzo
Altre immagini
Nascita e sviluppo dell’arte astratta, legate all’avanguardia, ha contribuito alla creazione di
una storia dell’arte in cui ogni innovazione era vista come una conquista definitiva, nella
lunga marcia del progresso.
A- L’arruolamento della televisione: Tv nel mondo dell’arte come aspirazione a
un’opera d’arte totale e all’innovazione delle tecniche.
Per Prampolini e i futuristi il
dinamismo plastico della vita si realizza nel teatro, un “teatro totale” per Marinetti, in cui
gli spettatori possono circolare entro scenari.
Dan
Graham, nel ’74 fa opera a fini ludici, il visitatore si vede in tempo reale in uno specchio,
poi c’è una telecamera, ma l’immagine compare leggermente in differita, uno scarto di 8
secondi che provoca atteggiamenti ludici, l’opera è più complessa perché viene registrata
anche l’immagine del monitor nello specchio.
Joel
Bartolomeo si riferisce al cinema in chiave parodia, incanta il pubblico con scene di vita
quotidiana familiare, scene che chiunque avrebbe potuto filmare.
Bus (1984), passeggeri di fronte a schermi che sono le finestre del bus, si può
schiacciare il pulsante e visitare il posto in cui ci si trova,di Boisser. Ikam fa “l’autre”
(1992) incontro con un’immagine virtuale tridimensionale. Graumann mostra un pittore in
uno schermo che cerca l’ispirazione, a un certo punto lascia la stanza e viene stampata la
tela, sempre diversa, con migliaia di soluzioni.
D- Fotografia come arte plastica: fotografia si è imposta lentamente nel mondo dell’arte,
anni ’60-’70, come documento per opere o eventi che non potevano essere esposti
direttamente, come le “azioni effimere” o gli interventi sulla natura.
Rousse
delinea i suoi calchi in funzione della ripresa fotografica. Negli anni ’80 la fotografia entra
direttamente nelle gallerie con immagini considerate opere d’arte e non solo più
documenti. Quindi si apre una dicotomia tra coloro che documentano le opere con la
fotografia (fotografia creativa) e i “fotografi puri”.
Fotomontaggi, fotografia
surrealista, fotogrammi, si distinguono dalle istantanee del fotogiornalismo. Non più
arte sacro, ma arte plastica.
Il postmodern
prende come bersaglio il valore dell’originalità, l’innovazione creativa; è il
“Simulazionismo”: pratica del “remake”. Mike Bidlo dipinge copie con registro burlesco.
Sherrie Levine fa opere all’insegna dell’after (in inglese sia “dopo” che “da”), orinatoio in
bronzo dorato “after Marcel Duchamp), o copia dipinti moderni; “il mondo ha apposto il suo
marchio di ogni pietra, ogni immagine è affittata o ipotecata, possiamo soltanto
immaginare un gesto che è sempre anteriore, mai originale”.
Adrian Piper nel ’91 fa una colonna con quattro tv su cui c’è un uomo
di colore che contravviene ai clichè più abituali “non sono pigro”, “non sono in calore”.
Allais si mette in scena con un vestito di carne. Koons si mette in scena con Cicciolina.
Hal
Foster distingue due posizioni antitetiche del postmodern: 1- si oppone al moderno,
ridotto al suo aspetto peggior, formalista (per Ottinger, può esser rappresentato dalla
transavanguardia italiana di Sandro Chia); 2- critica alla rappresentazione
(poststrutturalista, Hans Haacke).
Parte quinta
L’artista e il suo pubblico
Con le arti plastiche si trasformano le forme proposte e il gusto del pubblico, con nuovi
mezzi espressivi, il pubblico ha duttilità di giudizio. Per Duchamp non esiste più solo l’atto
creativo dell’artista, ma un contatto con il mondo esterno che fa parte del processo
creativo. L’artista è un giorno legittimato dall’intervento dello spettatore. Il polo di chi
guarda ha la stessa importanza di chi fa.
Capitolo primo
Guardare, agire
Klee opponeva la forma che è “fine, morte”, alla formazione che in grado di rivelare la
vita; identità dell’opera e del processo di elaborazione; lo spettatore esplora la superficie
del quadro come un animale pascola nella prateria; entra in sintonia con il processo
creativo. Rivelazione degli artisti del loro metodo di produzione (Pollock e il dripping), il
pubblico è invitato ad assistere alla creazione.
A- Lo spettacolo dell’arte: artisti salgono sul palco per incontrare direttamente il pubblico.
Dadaisti e futuristi organizzano delle manifestazioni. Improvvisazioni di carattere teatrale,
effimere.
Mathieu dipinge grandi quadri in presenza di amici, organizza un evento davanti
a 2000 persone; completare un quadro da 4X12 in 30 minuti, mentre lo racconta come un
telecronista.
James Mcneill chiede cento ghinee per aver gettato del colore in testa al
pubblico. Improvvisazioni dell’arte giapponese, Mathieu va e lavora in pubblico (1957),
abbigliato con il kimono.
Shiraga fa “lottare nel fango”, si misura con il fango e lo manipola; fa anche le “pitture
con i piedi, che suscitano scandalo nella loro regressione.
Klein in Giappone sperimenta il
“pennello vivente”, un modello nudo striscia su un foglio di carta sul pavimento,
diventeranno “antropometrie”; Klein in smoking tiene le distanze rispetto alla pittura, si
estranea dall’action painting, dato che lui non fa alcun lavoro manuale durante la
creazione, egli dà solo gli ordini.
Gruppo BMPT (Buren, Mosset, Parmentier, Toroni) lavorano in presenza del pubblico, nel
’67, mentre un altoparlante dice che gli artisti consigliano di diventare intelligenti.
B- Si prega di toccare: lo spettatore, oltre che vedere la creazione nel suo farsi, vuole
toccare l’opera che però si deturpa a lungo andare, diventa “vietato toccare”.
Il gruppo
Gutai propone percorsi da vivere con tutto il corpo, opere da attraversare, da calpestare.
Spoerri fa due sale, una immersa nel buio con diverse superfici tesaurizzate, con calore,
suoni e odori; la seconda espone opere fin de siecle, ma tutto è ruotato di 90 gradi, si
cammina sulle pareti.
Nei penetrables gli spettatori diventano una delle componenti, “l’opera è davvero
completa solo quando la persona ne fa realmente parte”. Warhol lavora su quadri di “pittori
della domenica” che integra con colori.
Collage_assemblage_environment_
Happening che è un environment esaltato dalla partecipazione degli spettatori. Egli lo
distingue dal teatro, partecipa al processo di trasformazione da “belle arti” ad arti plastiche.
Happening si diffondono negli USA con Kaprow, Jin Dine, Oldenburg, Whitman, Red
Grooms; in Francia con Lebel; poi in tutta Europa e oltre, negli anni ’60. Cage nei suoi
“pieces” da delle istruzioni alle sequenze temporali. Rauschenberg proietta diapositive.
Tinguely espone davanti al Duomo un fallo dorato che si autodistrugge con un fuoco
d’artificio.
Abraovic e Ulai, uno di fronte all’altro, nudi, riducono al minimo lo spazio entro cui
passare, dobbiamo per forza infilarci tra i loro corpi (leben, 1974).
Capitolo secondo
L’artista espone il suo corpo
Prestando il suo corpo il pittore trasforma il mondo in pittura. Le filosofie del soggetto sono
messe in dubbio, nei ’60, dallo strutturalismo, decostruttivismo e arte minimalista.
Artisti della “body art” espongono la propria persona; sconvolgono i valori tradizionali del
rapporto tra uomo e pubblico; anche se il pubblico ha accesso ad esse tramite una
mediazione documentaria. L’opera e il corpo dell’artista sono un tutt’uno.
A- Ai confini con il teatro: strategie per rendere più labile il confine tra arte e vita che
porta alla separatezza delle arti. Si esibisce il corpo e la propria sessualità.
Happening e
“event” (Cunningham e Event Fluxus – Muciunas) si riferiscono al retroterra USA,
performance e azioni hanno significati diversi a seconda del momento storico. Successo
fulmineo di queste tecniche. Rauschenberg prepara uno scenario, come pièce teatrali a
cui il pubblico può partecipare attivamente; realizza “quadri viventi”.
Sono gli “azionisti” viennesi che arrivano alla violenza più insostenibile.
Brus realizza la sua “follia pura” (1968) urina e defeca in pubblico, si incide con un rasoio,
il corpo stesso diventa medium. In un’altra beve la sua urina, si produce tagli ai fianchi, si
insozza con i propri escrementi, si sdraia e canta l’inno masturbandosi.
Muhl abbandona l’attività artistica;
C- Corpo utensile, corpo supporto: artisti prediligono situazioni con il corpo deturpato.
Burden ama le esperienze estreme; si fa rinchiudere 5 giorni in un armadio, alimentato
solo con bottiglie d’acqua.
Sviluppo del museo immaginario che influisce i musei reali, il pubblico deve modificare le
proprie attese; anche la mostra è un fenomeno recente, svolta del “Salon des refusés”
nel 1863; nuova figura del curatore della mostra.
A- L’arte moderna valorizzata e isolata: musei per l’arte moderna, il primo è il MOMA di
NY, 1929, nello stesso anno a Lodz, in Polonia. Nascono diverse forme del museo d’arte
moderna.
Si creano opere concepite per il museo stesso; un nuovo pubblico; e mostre
temporanee.
Buren critica il museo:
1- Estetica: il museo è la cornice in cui si scrive
l’opera;
2- Economica: conferisce a quanto espone un valore di mercato;
3- Mistica:
accredita come arte ciò che viene esposto. I musei delle “belle arti”: conservano i
capolavori; edificano il pubblico e insegnano i contenuti.
Il museo d’arte contemporanea
milita e promuove, non vuole insegnare; isolano le opere che presentano, le emancipano
dalla tradizione.
Anche Burden utilizzò la tv per mandare in onda i suoi clip, realizza uno spot
pubblicitario con la sua firma, ironico, come marchio di certificazione.
Ci si pone il
problema di come stimolare la riflessione del pubblico, utilizza i giornali con asserzioni in
bianco da compilare da parte del lettore e rispedire la risposta all’artista (Fred Forest),
propone anche l’esposizione in tv di una medium, simbolo della cultura di massa.
Poi
Forest aveva acquistato un terreno in Svizzera (20mq vicino alla frontiera) che voleva
rivendere in unità catastali come un investimento di prestigio, con un certificato di
autenticità del metro quadro, firmato da Restany, critico d’arte.
C- Ai confini con il museo: opere esterne al museo, land art, oppure in prossimità di
esso. L’utilizzo dei muri della città non era solo per i graffitisti, Buren, nel ’69 pone dei
fogli di carta a righe sui manifesti pubblicitari (cosa notata da pochi).
Le serigrafie di
Pignon-Ernst attirano l’attenzione.
Sculture che hanno preso vita nelle strade, Simonds fa Little People,
folletti della città per cui preparava rifugi provvisori in miniatura (200 a NY, anni ’70).
Matta-Clark utilizza tecniche violente a NY, fa a pezzi i pavimenti degli alloggi non più
abitabili. Wodicko a Cracovia nel ’96 invita la gente davanti al Municipio sul quale proietta
immagini di mani che giocano con oggetti banali e ci sono voci che raccontano di vite
mancate.
Proiezioni che fa dagli ’80, rivendica la possibilità di una comunicazione
democratico all’interno di spazi pubblici. Altre azioni sono svolte sulla strada, con la
nozione di soglia tra spazio pubblico e privato (Gina Pane a Bruges, costituisce una sorta
di doppio pubblico, invitati e addetti ai lavori e i curiosi presenti per caso).
Asher
interpreta alla rovescia il luogo comune secondo il quale le sculture urbane sono radicate
nel luogo in cui si trovano.
D- Finzioni e musei personali: gli artisti hanno spesso provveduto in prima persona
all’organizzazione delle loro mostre.
Per Boltanski i musei d’oggi vogliono avere un Mondrian, che è simile alle
reliquie che si volevano nel medioevo. Vari artisti si sono espressi a favore della
scomparsa dell’autore e delle sue prerogative: Duchamp firma oggetti che non ha
realizzato, Moholy-Nagy delega la sue opere alla fabbrica.
Morellet rimane l’unico dei GRAV a voler abbandonare ogni segno distintivo. Buren, Mosset e
Toroni si scambiano il segno pittorico, ognuno realizzo a proprio nome la pittura degli altri.
Broodthaers, Yoon Ja e Devautour (diventano operatori artistici, considerano l’arte un gioco in cui
il fine
sarebbe solo quello di modificarne le regole, è inutile proporre il proprio piccolo oggetto
brevettato su un terreno che ne è già pieno, la formidabile elasticità dell’arte non ha più
bisogno di dimostrazioni) hanno sostituito una figura nuova, quella dell’artistacollezionista-
presentatore. Menard abbandona l’attività artistica per quella di
collezionista.
L’elasticià del concetto d’arte è stata ininterrottamente messa alla prova da moderno e
postmoderno; e nulla ci fa ritenere che questa avventura sia finita.