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Maurizio Parola
Maurizio Parola
Patologia Generale ed Elementi di Fisiopatologia - II Ed.
Copyright ©2020, EdiSES Università S.r.l. – Napoli
9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
2024 2023 2022 2021 2020
Fotocomposizione:
EdiSES Università S.r.l. - Napoli
Fotoincisione e stampa:
Tipolitografia Sograte S.r.l.
Zona Ind. Regnano – Città di Castello (PG)
www.edisesuniversita.it
I curatori, l’editore e tutti coloro in qualche modo coinvolti nella preparazione o pubblicazione di quest’opera hanno
posto il massimo impegno per garantire che le informazioni ivi contenute siano corrette, compatibilmente con le cono-
scenze disponibili al momento della stampa; essi, tuttavia, non possono essere ritenuti responsabili dei risultati dell’uti-
lizzo di tali informazioni e restano a disposizione per integrare la citazione delle fonti, qualora incompleta o imprecisa.
Realizzare un libro è un’operazione complessa e nonostante la cura e l’attenzione poste dagli autori e da tutti gli addetti coin-
volti nella lavorazione dei testi, l’esperienza ci insegna che è praticamente impossibile pubblicare un volume privo di impre-
cisioni. Saremo grati ai lettori che vorranno inviarci le loro segnalazioni e/o suggerimenti migliorativi su assistenza.edises.it.
Autori
RICCARDO AUTELLI ERICA NOVO
Università degli Studi di Torino Università degli Studi di Torino
Coordinatore
MAURIZIO PAROLA
Università degli Studi di Torino
Prefazione
La prima edizione di questo testo era stata originariamente ideata al fine di offrire agli studenti dei vari Corsi
di Laurea triennali delle Professioni Sanitarie un agile ed al contempo aggiornato ed adeguato strumento di-
dattico volto a facilitare la comprensione dei tradizionali argomenti che costituiscono il nucleo della disciplina
della Patologia Generale. In questa seconda edizione che vede la luce nel 2020, il testo è stato ulteriormente
aggiornato e completato da nuovi capitoli che trattano gli argomenti principali di Fisiopatologia Generale. Per
tradizione consolidata, nel nostro ordinamento la Patologia Generale è la disciplina che funge da ponte ideale
e cruciale nel collegare le nozioni di base, acquisite al fine di comprendere la normale fisiologia dell’organismo
umano, al determinarsi degli eventi patologici intesi come deviazione dalla norma. La Patologia Generale può
essere in effetti definita come la disciplina che studia le cause, i meccanismi, l’evoluzione e le conseguenze
degli eventi patologici e delle malattie, servendosi a tale scopo di strumenti di indagine che spaziano dall’os-
servazione morfologica all’analisi biochimica e funzionale ed alle moderne tecniche di biologia cellulare e
molecolare.
Al fine di rendere agevole la comprensione degli argomenti fondanti della disciplina a studenti che incon-
trano la Patologia Generale nel primo o nel secondo anno di corso del proprio percorso formativo, sono stati
adottati due criteri generali. In primo luogo si è cercato di fornire allo studente una sintesi, per quanto possi-
bile equilibrata ed aggiornata, di concetti e nozioni, evitando di indulgere sia ad una eccessiva attenzione per
il dettaglio molecolare che ad una altrettanto eccessiva banalizzazione di eventi e processi. Questo primo cri-
terio è dettato dal convincimento che gli studenti di un corso di laurea di livello universitario, volto a formare
importanti figure professionali in ambito sanitario, debbano essere sempre spinti a riflettere, a porsi domande
sulla complessità degli eventi e dei processi dei quali, a vario titolo, si occupano. Nella prima parte del testo, gli
argomenti sono stati presentati sotto forma di un percorso idealmente destinato ad accompagnare lo studente
nella comprensione delle principali cause e dei meccanismi capaci di determinare danno e/o morte cellulare,
nonché nella comprensione degli eventi e dei processi fondamentali che ne possono scaturire (reazione in-
fiammatoria, riparazione delle lesioni, risposta immunitaria, neoplasie). Nella seconda parte del testo sono
stati introdotti i nuovi capitoli, che affrontano i fondamenti di Fisiopatologia Generale, la cui trattazione è
prevista dai programmi dei Corsi di Studio triennali delle Professioni Sanitarie. Sarà ovviamente compito del
singolo docente scegliere, in relazione alla tipologia specifica del Corso di Laurea, gli argomenti da inserire nel
proprio programma e gli eventuali approfondimenti, servendosi ove il caso anche di quelli che vengono offer-
ti on-line (Capitoli 13 e 14) a completamento di questa seconda edizione del testo.
Nel terminare questa breve prefazione alla seconda edizione, devo ringraziare tutti i colleghi ed amici del
settore MED04 (Patologia Generale) che hanno contribuito alla revisione di questo testo e, in particolare, alla
stesura dei nuovi capitoli dedicati alla Fisiopatologia Generale: Riccardo Autelli, Claudia Bocca, Paola Costel-
li, Giuliana Muzio, Erica Novo, Fabio Penna, Elena Tamagno.
Un sentito ringraziamento va anche all’Editore, che ha voluto ed incoraggiato la preparazione della seconda
edizione del testo nella sua nuova veste, ed ai redattori e collaboratori della casa editrice EdiSES Università,
che col loro contributo l’hanno notevolmente facilitata.
Maurizio Parola
Indice generale
PATOLOGIA GENERALE 1.4.4 Pigmentazioni patologiche 26
1.4.4.1 Pigmentazioni patologiche
Capitolo 1 Il punto di partenza: dalla lesione esogene 26
alla morte cellulare 3 1.4.4.2 Pigmentazioni patologiche
1.1 Note introduttive 3 endogene 27
1.2 Cause che determinano risposte adattative 1.5 Transizione del danno cellulare da reversibile
o danno cellulare 3 a irreversibile: morte cellulare di tipo necrotico 30
1.2.1 Danno da agenti fisici 4 1.5.1 Note introduttive 30
1.2.2 Danno da agenti infettivi 5 1.5.2 Principali meccanismi di danno cellulare 31
1.2.3 Danno conseguente a immunità innata 1.5.2.1 Lesione mitocondriale 32
e acquisita 5 1.5.2.2 Deplezione intracellulare di ATP 32
1.2.4 Danno da alterazioni del genoma 5 1.5.2.3 Alterazione dell’omeostasi
1.3 Risposte di tipo adattativo 5 intracellulare del calcio 32
1.3.1 Iperplasie 6 1.5.2.4 Alterazione dell’integrità
delle membrane cellulari 33
1.3.1.1 Iperplasia fisiologica 6
1.5.2.5 Stress ossidativo e specie reattive
1.3.1.2 Iperplasia patologica 7
dell’ossigeno 33
1.3.2 Ipertrofie 7
1.5.2.6 Alterazione dell’omeostasi
1.3.2.1 Ipertrofia fisiologica 7 delle proteine 34
1.3.2.2 Ipertrofia patologica del miocardio 1.5.2.7 Danno a carico del genoma
di lavoro ventricolare 8 cellulare 34
1.3.3 Ipotrofie 8 1.5.3 Alterazioni morfologiche associate al danno
1.3.3.1 Ipotrofia fisiologica 8 cellulare reversibile 35
1.3.3.2 Ipotrofia patologica 9 1.5.3.1 Rigonfiamento cellulare 35
1.3.4 Metaplasie 9 1.5.3.2 Alterazioni subcellulari associate
1.3.5 Risposta adattativa a condizioni di ipossia 10 al danno reversibile 35
1.3.6 Altre tipologie di risposte adattative 1.5.4 Necrosi e morte di tipo necrotico: alterazioni
a condizioni di stress cellulare 10 morfologiche associate al danno cellulare
irreversibile 36
1.3.6.1 Processi di degradazione
delle proteine 10 1.5.4.1 Alterazioni morfologiche associate
alla morte cellulare 36
1.4 Processi regressivi o degenerazioni: accumulo
di molecole biologiche 11 1.5.4.2 Aspetti istopatologici evolutivi
della necrosi 37
1.4.1 Processi regressivi o degenerazioni
intracellulari 11 1.5.4.3 Valutazione degli eventi di morte
cellulare 38
1.4.1.1 Malattie da accumulo nei lisosomi
o malattie lisosomali 11 1.5.5 Necrosi (necroptosi) su base ischemica
o infarto 38
1.4.1.2 Steatosi 13
1.5.5.1 Evoluzione del danno ischemico
1.4.1.3 Glicogenosi 19
e meccanismi di danno coinvolti 39
1.4.1.4 Accumuli intracellulari di proteine 20
1.6 Apoptosi o morte cellulare programmata 40
1.4.2 Processi regressivi o degenerazioni
1.6.1 Principali alterazioni morfologiche in corso
extracellulari 21
di apoptosi 40
1.4.2.1 Amiloidosi 21
1.6.2 Segnali di morte, meccanismi e fasi
1.4.3 Calcificazioni patologiche 25 del processo di apoptosi 41
1.4.3.1 Calcificazioni distrofiche 26 1.6.2.1 Fase di innesco del processo
1.4.3.2 Calcificazioni metastatiche 26 di apoptosi 42
VIII Indice generale
3.2.3 Agenti chimici tossici di origine biologica 82 3.3.5.5 Azione delle radiazioni ionizzanti 115
3.2.3.1 Zootossine o veleni di origine 3.3.5.6 Azione delle radiazioni eccitanti 120
animale 82 3.3.6 Lesioni da esposizione a campi
3.2.3.2 Fitotossine o veleni di origine elettromagnetici 124
vegetale 84
3.2.3.3 Veleni dei funghi e micotossine 84 Capitolo 4 La reazione infiammatoria come
3.2.4 Agenti chimici tossici di origine inorganica naturale conseguenza del danno tessutale 126
o organica e inquinamento ambientale 85
4.1 Note introduttive 126
3.2.4.1 Agenti chimici tossici di origine
4.2 Caratteri generali della risposta infiammatoria 126
inorganica 86
4.3 Cause di infiammazione 128
3.2.4.2 Altri agenti chimici inorganici
e organici capaci di determinare 4.4 Immunità innata e infiammazione 128
inquinamento atmosferico 88 4.4.1 Note introduttive 128
3.2.4.3 Agenti chimici utilizzati in agricoltura 4.4.2 Recettori PRR 129
e loro potenziale tossicità 89 4.4.2.1 Recettori PRR di membrana 129
3.2.4.4 Agenti chimici tossici negli ambienti 4.4.2.2 Recettori PRR solubili 131
domestici 92
4.4.2.3 Recettori PRR intracellulari 132
3.2.4.5 Agenti chimici tossici e/o cancerogeni
4.4.3 La stimolazione dei recettori dell’immunità
negli ambienti di lavoro 93
innata porta all’attivazione di un programma
3.2.5 Agenti chimici tossici da esposizione genico proinfiammatorio 133
voluttuaria 94
4.5 Infiammazione acuta 134
3.2.5.1 Abuso di bevande alcoliche 94
4.5.1 Alterazioni vascolari nella reazione
3.2.5.2 Abuso di sostanze illecite o droghe 98 infiammatoria acuta 134
3.3 Patologia ambientale da agenti fisici 102 4.5.1.1 Segni cardinali dell’infiammazione
3.3.1 Lesioni da cause traumatiche acuta 134
o meccaniche 102 4.5.1.2 Fase delle alterazioni del calibro
3.3.1.1 Lesioni cutanee 102 vasale 134
3.3.1.2 Lesioni a carico di organi interni 103 4.5.1.3 Fase delle alterazioni
3.3.1.3 Lesioni a carico del tessuto osseo 104 del microcircolo 135
3.3.2 Lesioni da esposizione a temperature 4.5.2 Migrazione dei leucociti nell’area
elevate o basse 104 lesionata 138
3.3.2.1 Esposizione a temperature 4.5.2.1 Fase di attivazione delle cellule
elevate 104 endoteliali 139
3.3.2.2 Esposizione a basse temperature 107 4.5.2.2 Fase di rolling dei leucociti
sull’endotelio attivato 139
3.3.3 Patologie da esposizione a variazioni
significative della pressione atmosferica 107 4.5.2.3 Fase di adesione dei leucociti
all’endotelio 139
3.3.3.1 Patologie da aumento della pressione
atmosferica o iperbaropatie 107 4.5.2.4 Fase di migrazione o diapedesi
dei leucociti 140
3.3.3.2 Patologie da diminuzione della
pressione atmosferica 4.5.2.5 Chemiotassi e agenti chemiotattici 140
o ipobaropatie 109 4.5.3 Attivazione dei leucociti 141
3.3.4 Lesioni da esposizione a correnti elettri- 4.5.4 Fagocitosi e meccanismi battericidi
che 110 dipendenti e indipendenti dall’ossigeno 142
3.3.5 Lesioni da esposizione a radiazioni ionizzanti 4.5.4.1 Meccanismi battericidi
ed eccitanti 111 ossigeno-dipendenti 144
3.3.5.1 I diversi tipi di radiazioni 112 4.5.4.2 Meccanismi battericidi
3.3.5.2 Energia delle radiazioni 113 ossigeno-indipendenti 144
3.3.5.3 Potere di penetrazione 4.5.5 Mediatori chimici della reazione
delle radiazioni 113 infiammatoria 145
3.3.5.4 Unità di misura utilizzate nel campo 4.5.5.1 Amine vasoattive 146
delle radiazioni ionizzanti 114 4.5.5.2 Proteine plasmatiche 146
X Indice generale
5.5 Cellule staminali nella guarigione delle lesioni 6.4.2 Presentazione dell’antigene ai linfociti T
tessutali 189 helper da parte delle proteine MHC
5.5.1 Note introduttive 189 di classe II 207
5.5.2 Proprietà e classificazione delle cellule 6.4.3 Presentazione dell’antigene ai linfociti T
staminali 189 citotossici da parte delle proteine MHC
di classe I 208
5.5.2.1 Cellule staminali embrionali (CSE) e
concetti di pluri- e multipotenza 190 6.4.4 TCR: il recettore dei linfociti T 208
5.5.2.2 Cellule staminali adulte (CSA) 190 6.5 Citochine
211
5.5.3 Impiego di cellule staminali in medicina 6.5.1 Interleuchina 2 (IL-2) 211
rigenerativa 191 6.5.2 Interferone γ (IFN-γ) 211
5.5.3.1 Impiego di cellule staminali 6.5.3 Interleuchine 4 e 5 (IL-4 e IL-5) 212
embrionali (CSE) 191 6.5.4 Fattore di crescita trasformante β
5.5.3.2 Impiego di cellule staminali adulte (TGF-β) 212
(CSA) 192 6.6 Meccanismi effettori della risposta acquisita
5.5.3.3 Impiego di cellule differenziate cellulo-mediata 212
opportunamente riprogrammate 193 6.6.1 Risposte effettrici mediate da macrofagi
5.6 Fibrogenesi, fibrosi e aspetti patologici della o neutrofili 212
riparazione 193 6.6.2 Citotossicità mediata dai linfociti T
5.6.1 Fibrogenesi e fibrosi in corso di danno citotossici 213
tessutale cronico 193 6.7 Risposta acquisita umorale 214
5.6.1.1 Cronicizzazione della lesione 194 6.7.1 Anticorpi o immunoglobuline 214
5.6.1.2 Cronicizzazione della reazione 6.7.1.1 Struttura degli anticorpi 214
infiammatoria 195
6.7.2 BCR: il recettore dei linfociti B 216
5.6.1.3 Attivazione delle cellule
6.7.3 Meccanismi effettori dell’immunità
profibrogeniche 195
umorale 217
5.6.2 Aspetti patologici della guarigione
6.8 Malattie da reazioni di ipersensibilità 217
delle ferite 195
6.8.1 Reazioni di ipersensibilità di tipo I
5.6.2.1 Formazione di un eccesso
o immediata 218
di componenti della matrice
extracellulare o eccesso 6.8.2 Reazioni di ipersensibilità di tipo II 220
di proliferazione cellulare 196 6.8.3 Reazioni di ipersensibilità di tipo III 221
5.6.2.2 Anomalie da difetto di formazione 6.8.3.1 Malattie da immunocomplessi
del tessuto di granulazione o della sistemiche 222
cicatrice 196 6.8.3.2 Malattie da immunocomplessi
5.6.2.3 Contrazione eccessiva delle ferite 196 localizzate 222
6.8.4 Reazioni di ipersensibilità di tipo IV
Capitolo 6 Elementi di immunologia o cellulo-mediata 223
e immunopatologia 197 6.8.4.1 Malattie mediate dai linfociti T
6.1 Definizione di immunologia e note introduttive 197 helper 223
6.2 Immunità innata 198 6.8.4.2 Malattie mediate dai linfociti T
citotossici 224
6.3 Introduzione all’immunità acquisita: cellule
e tessuti del sistema immunitario 199 6.9 Autoimmunità e malattie autoimmuni 225
6.3.1 Caratteri generali dei linfociti e della risposta 6.9.1 Tolleranza (o non reattività) verso
acquisita 199 gli antigeni self 225
6.3.2 Cellule accessorie dell’immunità acquisita 202 6.9.1.1 Tolleranza centrale 225
6.3.3 Cellule NK 202 6.9.1.2 Tolleranza periferica 226
6.3.4 Tessuti linfoidi centrali e periferici 203 6.9.2 Meccanismi alla base delle malattie
autoimmuni: rottura della tolleranza 227
6.4 Risposta acquisita: presentazione e riconoscimento
dell’antigene 206 6.9.2.1 Mimetismo molecolare 227
6.4.1 Sistema del complesso maggiore 6.9.2.2 Epitope spreading 227
di istocompatibilità (MHC) 206 6.9.2.3 Mancanza della soppressione 227
XII Indice generale
13.1 Impatto delle malattie anche i paesi a più elevato tenore di vita; i soli dati
relativi agli Stati Uniti indicano come, ancora nel
infettive 2001, due tipologie di malattie infettive relativamente
Le malattie infettive, unitamente alle guerre e alle ca- comuni, quali influenza e polmonite (unitamente alla
restie, hanno rappresentato nei secoli la principale setticemia), rientrassero tra le prime 10 cause di mor-
causa di morte per il genere umano, sino all’avvento te per la popolazione generale.
delle pratiche di vaccinazione di massa e della cosid- Nei paesi occidentali, la mortalità da patologie in-
detta “era antibiotica”, quest’ultima inaugurata nel fettive interessa prevalentemente categorie ben defi-
1928 da Alexander Fleming con la sua descrizione nite di individui, quali le persone anziane, i pazienti
dell’azione antibatterica della penicillina. affetti da forme di patologie croniche di varia natura,
Sebbene i tassi di mortalità da malattie infettive si- nonché tutti quei pazienti in cui le difese immunita-
ano calati progressivamente nel secolo scorso, in pa- rie sono compromesse a seguito di trattamenti con
rallelo con il miglioramento delle condizioni igieni- farmaci immunosoppressivi (es. pazienti post-tra-
co-sanitarie in gran parte del mondo civilizzato e con pianto di organo) o perché affetti da sindrome da im-
l’aumentata disponibilità ed efficacia di farmaci anti- munodeficienza acquisita (AIDS).
biotici, è corretto ricordare come le malattie infettive
mietano ancora un numero significativo di vittime
(stime attendibili parlano di circa 10 milioni di vitti- 13.2 Definizioni di base
me ogni anno), principalmente nei paesi non indu- relative alle interazioni
strializzati o in via di sviluppo, particolarmente in età tra microrganismi e ospiti
pediatrica. In tali paesi, un ruolo ausiliario è spesso
giocato non solo da carenti condizioni igienico-sani-
■■13.2.1 Contagio e infezione
tarie, ma anche da concomitanti condizioni di indi-
genza economica e, ancor più rilevante, di iponutri- Il termine contagio indica la presa di contatto tra i
zione, che facilitano l’insorgenza di malattie infettive. microrganismi e i tessuti di un organismo ospite.
Inoltre, è corretto non dimenticare come l’impatto Il termine infezione indica che i microrganismi pe-
clinico delle malattie infettive riguardi, in ogni caso, netrati in un organismo ospite a seguito del contagio
532 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
sono riusciti a moltiplicarsi e, quindi, l’infezione deve to di lesioni o ferite), danno luogo a forme vegetative
essere intesa come una fase successiva a quella del capaci di riprodursi e, soprattutto, di produrre delle
contagio. Una volta che si è verificata un’infezione, tossine che sono le vere responsabili delle malattie.
l’esito della medesima può essere rappresentato dal
l’instaurarsi di forme di simbiosi tra i microrganismi ■■13.2.3 Malattia infettiva
infettanti e l’ospite o dalla comparsa di una vera ma- Una malattia infettiva consiste nelle manifestazioni pa-
lattia infettiva. tologiche (segni e sintomi) che sono conseguenza
È importante ricordare, infatti, come solo pochi dell’infezione dell’organismo ospite da parte di micror-
siano i microrganismi patogeni, cioè quelli in grado ganismi patogeni. Al concetto di malattia infettiva ne
di determinare malattie infettive, a fronte di un nu- sono intimamente correlati altri, descritti di seguito.
mero pressoché sterminato di microrganismi presen- Un’infezione da parte di microrganismi patogeni
ti nell’ambiente o all’interno degli organismi superio- non equivale sempre alla comparsa di una malattia
ri, che di fatto risultano innocui o, in diversi casi, infettiva, per numerose ragioni che rendono non ot-
utili per la specie umana. timale l’ambiente per la replicazione microbica; le
infezioni da patogeni che non esitano in uno stato di
■■13.2.2 Forme di simbiosi malattia vengono spesso definite infezioni asintoma-
Tra i microrganismi infettanti non patogeni e l’ospite tiche. Se il termine di paragone è rappresentato dalle
possono realizzarsi le seguenti forme di relazione capacità difensive dell’organismo ospite (di solito
simbiotica: prettamente individuali e geneticamente determina-
te), possono essere utilizzati i termini suscettibilità e
• parassitismo: la sopravvivenza del microrganismo
resistenza per indicare la maggiore o minore facilità
avviene a scapito dell’ospite, cioè con comparsa di
con cui un’infezione può esitare in una malattia clini-
lesioni tessutali, alterazioni funzionali e/o altre
camente rilevabile.
manifestazioni o sintomi di malattia;
Le malattie infettive possono determinare conta-
• mutualismo: il rapporto tra microrganismi e ospi-
gio in ospiti differenti, in relazione alla capacità dei
te è di mutuo vantaggio, come nel caso della flora
microrganismi di essere trasmessi da un ospite all’al-
batterica intestinale, che ben sopravvive nel lume
tro. In molti casi, soprattutto per i microrganismi pa-
intestinale ed è capace di produrre, ad esempio, vi-
togeni, il contagio è limitato alla sola specie umana e
tamine utili all’organismo ospite;
solo raramente più specie animali possono essere in-
• commensalismo: i microrganismi albergano nel
fettate dallo stesso microrganismo. In termini di ma-
l’ospite, si riproducono, ma non determinano ef-
lattia infettiva, può a questo proposito essere utilizza-
fetti dannosi diretti o effetti utili all’ospite.
to il termine refrattarietà: in molti casi, un’infezione
I microrganismi capaci di instaurare rapporti di da microrganismi può determinare comparsa di ma-
mutualismo o di commensalismo vengono anche indi- lattia in una sola specie animale (es. uomo) o in un
cati come saprofiti e il tipo di rapporto saprofitismo. numero limitato di specie (es. uomo e altre specie di
Sia i microrganismi saprofiti che quelli parassiti danno primati), ma non in altre specie animali, queste ulti-
luogo a interazioni che possono essere di tipo facolta- me da definire refrattarie.
tivo o obbligato, a seconda che siano capaci o meno di Gran parte delle infezioni che riguardano la specie
sopravvivere anche al di fuori dei tessuti dell’ospite. umana può essere di origine esogena, cioè determi-
Nell’ambito della definizione di commensalismo, nata da microrganismi provenienti o trasmessi da in-
meritano un cenno a parte alcuni batteri appartenenti dividui malati nonché da portatori sani, ovvero indi-
al genere Clostridium, quali C. tetani, C. perfringens e vidui che non manifestano segni di malattia, ma
C. septicum: questi batteri (il primo legato alla genesi ospitano al loro interno un particolare microrgani-
della malattia tetanica, gli altri alla genesi della gan- smo, o da portatori convalescenti, cioè persone che
grena gassosa) sono commensali innocui delle vie in- hanno ormai superato la fase acuta della malattia, ma
testinali di varie specie animali, ma liberano nelle feci possono ancora eliminare e/o trasmettere (per via re-
le spore. Queste ultime, capaci di sopravvivere anche spiratoria, fecale o parenterale) microrganismi po-
per lungo tempo a condizioni particolarmente avver- tenzialmente patogeni. In alcuni casi i microrganismi
se, sono strutture di sopravvivenza che, penetrate oc- penetrano nell’individuo umano unitamente a be-
casionalmente nei tessuti umani (tipicamente a segui- vande o a cibi solidi contaminati. Alcune malattie,
13.3 Difese dell’ospite nei confronti delle infezioni: barriere meccaniche e chimiche 533
definite zoonosi, possono essere trasmesse da anima- Il termine si applica soprattutto alle infezioni batteri-
li malati, domestici o meno; in altre malattie, il mi- che da Gram-negativi e Gram-positivi.
crorganismo responsabile viene veicolato da insetti,
definiti vettori di malattia. Dopo questa breve introduzione, le sezioni succes-
Il contagio può avvenire per numerose vie che sive saranno dedicate alla descrizione sintetica delle
consentono la penetrazione dei microrganismi, quali caratteristiche dei principali agenti infettivi patogeni
quella inalatoria (attraverso il superamento delle mu- per la specie umana e, soprattutto, all’analisi dei prin-
cose respiratorie), quella alimentare (microrganismi cipi generali che, per ogni macrocategoria di micror-
presenti negli alimenti e capaci di superare la mucosa ganismi infettivi, risultano determinanti ai fini della
intestinale), quella parenterale o attraverso ferite su- patogenicità.
perficiali o profonde. Il contagio può essere diretto,
con trasmissione dei microrganismi da un soggetto
malato, o indiretto, se avviene per contatto con ma-
13.3 Difese dell’ospite nei
teriale, indumenti o secrezioni provenienti da un confronti delle infezioni:
soggetto malato, per quanto i microrganismi (spore a barriere meccaniche e
parte) possano usualmente sopravvivere per tempi
limitati nell’ambiente esterno. chimiche
Tecnicamente, non sono malattie infettive conta- Ogni organismo superiore, uomo incluso, possiede
giose o trasmissibili quelle determinate dalla produ- adeguati sistemi di difesa nei confronti delle infezioni
zione di tossine e questo vale sia per il caso preceden- da microrganismi provenienti dall’esterno. Questi si-
temente citato (tossine da germinazione di spore) sia stemi di difesa, per semplicità didattica, possono es-
per il caso della tossina botulinica (da C. botulinum), sere raggruppati in tre distinte categorie:
incapace di penetrare autonomamente nell’organi-
smo umano e di operare un contagio così come lo a) barriere naturali di tipo meccanico e chimico,
abbiamo definito; la tossina botulinica può prodursi presenti nelle sedi sensibili o esposte all’ambiente
in derrate alimentari mal sterilizzate e/o conservate esterno, che verranno brevemente descritte in
in condizioni di anaerobiosi che facilitino la riprodu- questa sezione;
zione del C. botulinum. b) fattori dell’immunità naturale e della risposta in-
Quando le infezioni cosiddette esogene determi- fiammatoria, a cui è dedicato l’intero Capitolo 4;
nano la comparsa di segni e sintomi di malattia in c) fattori e cellule dell’immunità specifica, trattati
numerosi soggetti in tempi relativamente limitati e in nel Capitolo 6.
una popolazione relativamente circoscritta (comun- Le difese o barriere naturali, spesso definite barrie-
que entro i confini di una stessa nazione), esse assu- re meccanico-chimiche, sono strategicamente loca-
mono il carattere di epidemia. Se la diffusione della lizzate nelle sedi dell’organismo che risultano a con-
malattia in questione supera i confini nazionali e si tatto diretto o indiretto con l’ambiente esterno.
manifesta in nazioni di uno stesso o di altri continen- I microrganismi presenti nell’ambiente esterno
ti, si parla di pandemia. Il termine endemia viene possono penetrare all’interno dell’organismo attra-
invece utilizzato per indicare la presenza costante di verso la cute o il tessuto sottocutaneo, attraverso le
un numero limitato di casi di una particolare malattia mucose più direttamente a contatto con l’ambiente
infettiva in una popolazione. esterno (mucose degli apparati respiratorio, digeren-
Gran parte delle infezioni più comuni, in partico- te e genito-urinario e congiuntive) o, per embrioni e
lare quelle batteriche, tende a restare relativamente feti, attraverso la placenta.
localizzata nella sede di entrata o in particolari organi Alla penetrazione dei microrganismi si oppongono
o tessuti. In alcuni casi, nei quali le difese dell’ospite in modo molto efficiente diverse barriere meccaniche,
non sono in grado di eliminare i microrganismi in- chimiche o biologiche, trattate nelle sezioni seguenti.
fettanti, questi ultimi possono lasciare la sede origi-
naria e passare in circolo, dando così origine a una
■■13.3.1 Cute
setticemia (letteralmente, presenza di microrganismi
nel sangue), con la possibilità che i microrganismi si La cute rappresenta, se integra, un’eccellente barriera
distribuiscano potenzialmente nell’intero organismo. alla penetrazione di tutti i principali microrganismi,
534 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
patogeni e non. L’efficienza della cute come barriera za di cellule quali linfociti e cellule dendritiche, o di
si deve non solo alla presenza dello strato corneificato Langerhans, che rappresentano gli elementi di con-
più esterno, ma anche alla presenza sulla sua superfi- nessione tra questa prima linea di difesa e i sistemi
cie di una flora batterica saprofitica capace di liberare responsabili dell’immunità innata e della risposta in-
una serie di molecole ad azione battericida, denomi- fiammatoria o dell’immunità specifica. La presenza
nate batteriocidine. nelle secrezioni mucose di immunoglobuline di classe
Un contributo significativo viene anche offerto A (IgA), che sono fattori dell’immunità specifica, è un
dalle secrezioni sebacee e dal sudore, che vengono ri- ulteriore potenziale meccanismo rafforzativo.
lasciati sulla superficie cutanea.
GRAM+
Acido
lipoteicoico
Peptidoglicano
Acido teicoico
Membrana
plasmatica
Poro
(porine)
Membrana
esterna
Lipoproteina
Spazio Proteina che lega
periplasmico un nutriente
Peptidoglicano
Membrana
plasmatica
Proteina
trasportatrice
po. La classificazione dei batteri si basa sulle seguenti ca o ceppo-specifica, rilevante per la virulenza (vedi
caratteristiche distintive principali. oltre). La capsula non è sempre prodotta dai batteri
che ne hanno la capacità, ma solo in relazione alla
• Morfologia. I batteri possono presentarsi come
disponibilità effettiva dei glicidi di cui è composta.
strutture relativamente sferiche, definite cocchi, o
strutture bastoncellari varie, definite genericamen-
te bacilli. I batteri possono poi essere rintracciabili
sotto forma di singole cellule (bacilli) o, come capita
soprattutto per i cocchi, associati in coppie (diplo-
cocchi) o a formare gruppi (stafilococchi) o catenel-
le (streptococchi e streptobacilli) (Figura 13.2). Cocco Bacillo Streptobacillo
• Respirazione. I batteri vengono distinti in aerobi
(la stragrande maggioranza) e anaerobi (es. batteri
del genere Clostridium), a seconda che siano capa-
ci di sopravvivere in ambienti nei quali è presente
o assente l’ossigeno.
• Presenza di una capsula. Alcuni batteri sono dota- Diplococco Stafilococco Streptococco
ti di una capsula, la cui composizione è variabile (di
solito polisaccaridi semplici), spesso specie-specifi- FIGURA 13.2 Morfologia dei batteri.
536 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
• Presenza di strutture accessorie. I batteri possono inclusi, risulti innocua per il genere umano e alcuni
essere tra loro distinti sulla base della capacità o siano persino utili. Questa concezione si applica ai
meno di esprimere specifiche strutture accessorie di numerosi batteri che costituiscono la flora batterica
varia natura, tra le quali si possono ricordare i fla- intestinale e che contribuiscono a rifornire il nostro
gelli (i batteri che li possiedono possono muoversi organismo di vitamine, in particolare quelle del grup-
nell’ambiente), i pili o le fimbrie (strutture proteiche po B. Concetti simili si potrebbero, tuttavia, applicare
di superficie che consentono l’adesione dei batteri anche alla flora batterica, composta prevalentemente
alle cellule dell’ospite o ad altri batteri, fenomeno da saprofiti, che popola tutte quelle aree (cute com-
quest’ultimo alla base della coniugazione batterica, presa) e/o mucose dell’organismo che sono a contat-
mediante la quale può essere trasferito DNA) e le to con l’ambiente esterno. In queste sedi, l’elevata
già citate spore (forme di sopravvivenza che taluni competizione tra le varie specie batteriche saprofiti-
batteri sono capaci di produrre in condizioni avver- che per uno stesso territorio finisce per rappresentare
se, costituite da DNA batterico, poco citoplasma e un limite proliferativo non solo per tali specie, ma
una serie di rivestimenti esterni di composizione anche per i microrganismi, patogeni o meno, in arri-
variabile, in cui sono spesso presenti proteine ricche vo dall’esterno.
di ponti disolfuro a struttura simil-cheratinica, poli- A questo proposito, è bene ricordare come l’uso,
saccaridi e glicopeptidi) (Figura 13.3). non sempre giustificato (per malattie di origine non
batterica) e prolungato nel tempo, di antibiotici a lar-
Alcune delle caratteristiche ora ricordate verranno
go spettro possa determinare l’eliminazione di una
tra poco riprese, in quanto elementi che possono es-
quota rilevante della flora batterica saprofitica ed
sere rilevanti nel determinare la patogenicità e la vi-
esporre il paziente a una potenziale carenza di vita-
rulenza dei batteri.
mine del gruppo B o, cosa ancor più grave, alla com-
parsa di infezioni di tipo opportunistico.
■■13.4.2 Patogenicità e virulenza
Ricordato brevemente come siano relativamente
dei batteri pochi i batteri patogeni per l’uomo, è possibile intro-
La prima cosa da fare in questa sezione è ricordare durre il significato dei termini patogenicità e virulenza.
nuovamente, come accennato in precedenza, come la Il concetto di patogenicità, cioè la capacità di un
stragrande maggioranza dei microrganismi, batteri microrganismo patogeno di determinare un’infezione
che esiti in uno stato di malattia nell’ospite, dipende categoria i batteri dei generi Salmonella (S. typhii,
dalla carica batterica (cioè dalla numerosità degli ele- però, sopravvive solo nei macrofagi), Brucella, Li-
menti batterici al momento dell’infezione) e da una steria, Legionella, Shigella e alcune specie del ge-
concomitanza di fattori, alcuni dei quali sono diret- nere Yersinia;
tamente riconducibili a particolarità insite nel mi- c) batteri che hanno perduto ogni capacità residua di
crorganismo patogeno stesso (i fattori della virulenza sopravvivere al di fuori di un ospite e sono diventa-
batterica), capaci di far superare le barriere e/o difese ti quindi parassiti intracellulari obbligati; a questa
dell’ospite, mentre altri, egualmente rilevanti, dipen- categoria appartengono di fatto solo micobatteri, in
dono da caratteristiche dell’ospite (suscettibilità all’in- quanto i più tipici parassiti intracellulari obbligati
fezione). sono le rickettsie, le clamidie e i micoplasmi.
I fattori di sucettibilità dell’ospite si possono fa-
Sulla base di questa distinzione, i veri e propri fat-
cilmente sintetizzare, semplificando, in una serie di
tori della virulenza batterica sono rappresentati da
assunti intuitivi. Un ospite è più o meno suscettibile
tutti quei caratteri strutturali e/o meccanismi che
alla comparsa di malattie infettive determinate da
consentono ai batteri con attitudini da parassiti ex-
batteri se:
tracellulari di sfuggire o resistere alla fagocitosi o, per
a) il suo sistema immunitario ha incontrato o meno i batteri con attitudini da parassiti intracellulari, di
in precedenza (stato di malattia o vaccinazione) penetrare all’interno delle cellule dell’ospite.
quel particolare agente patogeno o se la risposta I principali fattori di virulenza (alcuni fattori pos-
immunitaria specifica è ottimale o risulta almeno sono anche essere espressi da altre categorie di micror-
parzialmente compromessa (terapia immunosop- ganismi) che caratterizzano i batteri con attitudini da
pressiva, pazienti affetti da AIDS o da sindromi di parassiti extracellulari sono i seguenti (Figura 13.4).
immunodeficienza di altra natura);
a) Presenza della capsula batterica. All’interno di
b) il suo organismo si trova in condizioni generali
una particolare specie batterica, i ceppi dotati di
ottimali o in condizioni debilitate, il che può indi-
capsula sono solitamente più virulenti, in quanto
care sia un paziente convalescente o affetto da uno
maggiormente resistenti alla fagocitosi (es. preve-
stato concomitante di malattia in atto (localizzata
nendo l’opsonizzazione del batterio, vedi Sezione
in altra sede o sistemica) sia un paziente in condi-
4.4.2) e alla degradazione successiva, in particola-
zioni di iponutrizione;
re se operata da neutrofili o monociti. È questo il
c) è o non è suscettibile o è addirittura refrattario a
caso soprattutto dei ceppi capsulati di patogeni
un determinato agente patogeno, in relazione
capaci di determinare polmoniti (pneumococchi
all’esistenza di particolari condizioni legate al suo
e Klebsiella pneumoniae) o meningiti (Neisseria
background genetico.
meningitidis).
Se invece si vogliono analizzare i fattori di virulen-
za (dove per virulenza si intende il diverso grado con
cui si esprime la patogenicità), riconducibili ai batteri
patogeni, occorre premettere come i batteri patogeni
Capsula
possano essere distinti in tre categorie, sulla base del-
Invasine
la loro capacità di sopravvivenza e della dipendenza
dall’interazione con le cellule dell’ospite:
a) batteri che si comportano come parassiti extra-
cellulari, che possono sopravvivere nell’ambiente
extracellulare (molti patogeni appartengono a
questa categoria);
b) batteri che agiscono come parassiti intracellu-
lari facoltativi che, pur capaci di sopravvivere Adesine
nell’ambiente extracellulare, possono penetrare
all’interno di cellule fagocitiche dell’ospite e ivi
replicarsi, sopravvivendo alla fagocitosi, spesso
all’interno di fagolisosomi; appartengono a questa FIGURA 13.4 Principali fattori di virulenza dei batteri.
538 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
b) Espressione di adesine. Con il termine adesine mente perché le proteine del flagello sono potenti
vengono indicate molecole di varia natura che immunogeni.
consentono ai batteri che le esprimono sulla loro e) Messa in atto di strategie volte a eludere le difese
superficie di prendere contatto con strutture com- immunitarie specifiche o innate. Per quanto
plementari espresse sulla superficie delle cellule queste strategie siano messe in atto soprattutto dai
dell’ospite. Presa di contatto e ancoraggio sono le virus, sono numerosi i batteri che adottano accor-
prime tappe di un processo che può consentire la gimenti volti a ridurre l’efficacia della risposta im-
replicazione dei batteri nella sede di entrata, come munitaria specifica o di quella innata. Alcuni tra
ad esempio le mucose a contatto con l’ambiente gli esempi più interessanti sono i seguenti:
esterno. Esempi di adesine possono essere gli aci-
• alcuni batteri (es. Clostridium difficile a livello
di lipoteicoici, di cui, unitamente alla proteina M
del lume intestinale o Salmonella typhii nella
(quest’ultima capace di inibire la fagocitosi del
colecisti) si riproducono in sedi che non sono
batterio), sono costituite le fibrille del batterio
raggiunte né da immunoglobuline né da linfo-
Gram-positivo Streptococcus pyogenes e che, uni-
citi;
tamente all’adesina non fibrillare detta proteina F,
• alcuni batteri del genere Borrelia perdono o
consentono il legame delle fibrille con la fibronec-
modificano gli antigeni di superficie potenzial-
tina delle cellule epiteliali della mucosa orale. Altri
mente immunogeni; una strategia simile è
esempi di adesine sono i pili o le fimbrie che ven-
messa in atto, oltre che dall’HIV e da molti al-
gono espressi da batteri Gram-negativi e che han-
tri virus, anche dalle cercarie del protozoo
no un ruolo nei fenomeni di emoagglutinazione
Schistosoma mansoni;
batterica.
• alcuni stafilococchi, come Staphylococcus au-
c) Espressione di invasine. Con il termine generico
reus, si rivestono di proteina A, che interagisce
invasine sono indicate molecole batteriche ad atti-
con la porzione Fc delle immunoglobuline e
vità enzimatica che possono facilitare la penetra-
ostacola in questo modo la fagocitosi;
zione dei batteri nei tessuti dell’organismo ospite.
• alcuni batteri dei generi Staphylococcus, Neis-
Esempi di invasine sono enzimi quali: a) la ialuro-
seria e Haemophilus producono proteasi che
nidasi, espressa da vari batteri, in grado di degra-
degradano le immunoglobuline;
dare l’acido ialuronico della sostanza fondamen-
• il batterio Pseudomonas aeruginosa è capace di
tale del tessuto connettivo; b) la collagenasi,
stimolare l’azione dei linfociti T soppressori,
prodotta da Clostridium welchii; c) la neuramini-
che sono i controllori negativi della risposta
dasi, prodotta da vari batteri e anche da alcuni vi-
immunitaria.
rus, che facilita la penetrazione intracellulare dei
microrganismi idrolizzando mucoproteine sulla
■■13.4.3 Tossine batteriche
superficie cellulare; d) la coagulasi, prodotta da
stafilococchi, che provoca l’attivazione del proces- Una parte rilevante dell’azione patogena di molti bat-
so di coagulazione e la formazione di un reticolo teri deve essere attribuita alla capacità di produrre
di fibrina intorno alle cellule batteriche, che pre- tossine. In una definizione estensiva del termine, una
viene il riconoscimento degli antigeni batterici da tossina può essere considerata come qualsiasi moleco-
parte delle immunoglobuline. Vengono indicate la di derivazione batterica che contribuisca all’instau-
come invasine anche alcune componenti struttu- rarsi di una condizione di malattia. In alcuni casi, le
rali di batteri che contribuiscono alla necrosi o tossine sono di fatto le principali responsabili di una
favoriscono il passaggio in circolo (vascolare, lin- patologia, come per tetano, difterite o botulismo. In
fatico) dei microrganismi. Alcune invasine sono altri casi, la presenza delle tossine è comunque spesso
delle tossine batteriche. in grado di aggravare la condizione patologica.
d) Motilità. Alcuni batteri, quali treponemi, borrelie Si riconoscono abitualmente due tipi di tossine
e leptospire, sono dotati di motilità propria, che batteriche: a) endotossine, così definite in quanto si
consente loro di muoversi nei fluidi extracellulari tratta di componenti della cellula batterica, spesso
e, in qualche modo, di poter sfuggire alle cellule della parete cellulare; b) esotossine, le prime a essere
fagocitiche o immunitarie. Queste considerazioni individuate, così definite in quanto rilasciate all’ester-
non si applicano ai batteri flagellati, presumibil- no dai batteri che le producono.
13.4 Patologia generale delle infezioni batteriche 539
Endotossine
+ + +
CD14 TLR-4
LBP
Via di trasduzione
Citochine del segnale
proinfiammatorie
Chemochine
FIGURA 13.5 Azione delle
endotossine.
540 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
invece essere ricordati solo alcuni tra gli innumere- Rickettsie e clamidie hanno la caratteristica comu-
voli esempi esistenti. ne di essere dei parassiti intracellulari obbligati, po-
Alcuni batteri, quali Clostridium botulinum e Clo- tendosi riprodurre unicamente all’interno delle cellu-
stridium tetani, sono in grado di rilasciare delle po- le dell’ospite (abitualmente cellule di tipo epiteliale o
tenti neurotossine (pochi nanogrammi sono suffi- endoteliale).
cienti per determinare la morte di individui adulti), Le clamidie sono obbligate a replicarsi all’interno
capaci di bloccare alcune terminazioni presinaptiche di cellule dell’ospite in quanto non sono capaci di sin-
a livello del sistema nervoso centrale. Queste tossine, tetizzare ATP. La più nota tra le clamidie è Chlamydia
pur non essendo direttamente citotossiche per i neu- trachomatis, responsabile di infezioni oculari/con-
roni o altri tipi cellulari, sono in grado di determinare giuntivali capaci di determinare cecità, così come di
morte per insufficienza respiratoria, conseguente a infezioni alle vie genitali femminili.
paralisi dei muscoli respiratori (torace e diaframma) Le rickettsie hanno la caratteristica di necessitare di
in presenza di concentrazioni di pochi nanogrammi. vettori animali, solitamente zecche, acari o pidocchi,
Altri batteri sono capaci di produrre tossine che agi- che consentono loro di penetrare all’interno dell’or-
scono riconoscendo strutture recettoriali nelle cellule ganismo ospite. Le rickettsie sono capaci di lesionare
bersaglio e determinando l’attivazione di vie intracel- tipicamente le cellule endoteliali, provocando vascu-
lulari di trasduzione del segnale. Un esempio tipico è liti emorragiche, o di determinare, a seconda dei casi,
rappresentato dalla tossina colerica (prodotta da Vi- polmoniti, lesioni al sistema nervoso centrale, epatiti
brio cholerae, agente eziologico del colera), che agisce e a volte la morte del soggetto infettato. Malattie da ri-
alterando proteine di regolazione dell’adenilato ciclasi, ckettsie sono la febbre delle montagne rocciose, il tifo
provocando attivazione irreversibile dell’enzima, che epidemico e la febbre fluviale del Giappone.
si traduce in alterazioni della capacità di riassorbimen- I micoplasmi, organismi unicellulari privi di pare-
to di liquidi da parte degli enterociti dei villi intestinali te cellulare, sono tipicamente capaci di attaccare le
e in un aumentato rilascio di ioni sodio e cloruro, cosa cellule epiteliali delle vie aeree, determinando polmo-
che determina la diarrea profusa tipica del colera. niti atipiche.
Altri batteri producono ed espongono in superficie
una serie di molecole enzimatiche ad attività variabile,
potendo produrre, a seconda dei casi, proteasi, colla- 13.6 Patologia generale delle
genasi, ialuronidasi, fibrinolisine e altri enzimi. Clo- infezioni virali
stridium perfringens (agente eziologico della gangrena
gassosa), ad esempio, può produrre collagenasi, ialuro- ■■13.6.1 Caratteristiche generali dei virus
nidasi e DNasi, nonché esotossine ad azione più diret- I virus sono parassiti intracellulari obbligati, in ragio-
ta sulla componente lipidica delle membrane cellulari, ne della loro totale incapacità di replicarsi al di fuori
come le lecitinasi, determinando necrosi ed emolisi. di un ambiente cellulare. La loro struttura, di dimen-
Alcuni batteri, come Staphylococcus aureus, sono sioni comprese tra 20 e 200 nm, è relativamente sem-
poi capaci di produrre una tossina che è stata definita plice, essendo costituita in estrema sintesi dagli ele-
TSST-1 (da Toxic Shock Syndrome Toxin 1), per la menti seguenti (Figura 13.6):
capacità, simile a quella dell’LPS dei Gram-negativi,
di determinare shock settico attraverso la liberazione • un acido nucleico (che può essere DNA o RNA, a
di elevati livelli di citochine in circolo. singola o a doppia elica);
• una struttura proteica definita capside, a confor-
mazione tridimensionale che può essere icosaedri-
13.5 Infezioni da clamidie, ca, elicoidale o complessa; il capside racchiude al
rickettsie e micoplasmi suo interno l’acido nucleico;
• un ulteriore involucro lipoproteico, definito rive-
I microrganismi appartenenti a questi generi hanno stimento pericapsidico, che avvolge il capside in
dimensioni inferiori a quelle dei batteri, si dividono alcuni virus (altri ne sono privi); quando esiste,
come i batteri (per scissione binaria) e sono sensibili questo rivestimento ha una struttura molto simile
agli antibiotici. Presentano, tuttavia, alcune caratteri- a quella delle membrane cellulari, dalle quali in ef-
stiche che li differenziano in modo sensibile dai batteri. fetti deriva;
13.6 Patologia generale delle infezioni virali 541
Capside
Acido icosaedrico Rivestimento
nucleico pericapsidico
Acido
Collo
nucleico
Capside
elicoidale
• varie ulteriori proteine, che possono svolgere dif- del raffreddore comune) o dai virus influenzali
ferenti funzioni, quali: a) attività protettiva nei della famiglia Orthomyxoviridae;
confronti dell’acido nucleico virale; b) attività an- • malattie dell’apparato gastrointestinale, causate
tigenica; c) formazione di legami con strutture re- da virus epatotropi o epatitici, virus della parotite e
cettoriali espresse sulla membrana plasmatica di altri virus che possono causare gastroenteriti o, nei
cellule bersaglio, quando esposte sulla superficie bambini, forme di diarrea;
esterna del rivestimento pericapsidico. • malattie sistemiche esantematiche, cioè malattie
La natura dell’acido nucleico, la forma del capside caratterizzate da eruzioni cutanee o esantemi, tipi-
e la presenza o meno del pericapside sono tutti ele- che dell’infanzia (virus del morbillo, della rosolia,
menti che consentono la classificazione dei virus, della varicella, etc.);
unitamente all’identificazione dello specifico bersa- • malattie del sistema nervoso centrale, quali l’en-
glio cellulare (cioè la tipologia di cellula al cui interno cefalite da arbovirus o la poliomielite da poliovi-
uno specifico virus può penetrare e riprodursi) e del- rus, oggi scomparsa a seguito delle campagne di
la malattia eventualmente determinata. vaccinazione di massa del secolo scorso;
In termini generali, la semplice struttura dei virus, • malattie o disordini emopoietici, causati da vari
che mancano di ogni elemento caratteristico di un’or- virus, quali CMV (citomegalovirus), HIV (respon-
ganizzazione cellulare, ne forza il comportamento sabile dell’AIDS), virus di Epstein-Barr (agente
come parassiti intracellulari obbligati. Non a caso, della mononucleosi infettiva);
perché si possano studiare in laboratorio, i virus de- • malattie da arbovirus ed emorragiche, quali quel-
vono essere coltivati in colture cellulari. Una volta la nota come Ebola, determinata dal virus della
penetrati all’interno della cellula bersaglio, i virus febbre emorragica regionale (in realtà, anch’esso
perdono gli involucri esterni, liberano il proprio aci- definito virus Ebola).
do nucleico e, tramite questo, assoggettano l’appara-
to biosintetico della cellula infettata ai propri fini. ■■13.6.3 Vie di penetrazione dei virus
I virus possono penetrare all’interno di un organismo
■■13.6.2 Malattie virali umano attraverso le comuni vie di entrata dei mi-
Le malattie ascrivibili a infezioni virali sono estrema- crorganismi:
mente numerose e possono interessare vari tessuti e
• mucose, che rappresentano la principale via di pe-
apparati, come si evince dai seguenti esempi:
netrazione per virus destinati a infettare gli appa-
• malattie dell’apparato respiratorio, che possono rati respiratorio, digerente e urogenitale o che pos-
essere causate dai comuni rinovirus (responsabili sono penetrare attraverso le congiuntive; nel caso
542 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
della penetrazione attraverso la via digerente, le Come vedremo in seguito, l’infezione virale può poi
IgA prodotte dal tessuto linfoide che abbonda a li- restare localizzata nella sede di entrata o diffondersi
vello intestinale possono esplicare una importante nell’organismo (per via ematica, linfatica, nervosa),
azione difensiva aggiuntiva; così come manifestarsi in vari modi (infezione acuta,
• cute, come nel caso dei papillomavirus; subclinica o inapparente, cronica o persistente, ricor-
• tessuto sottocutaneo, che può essere raggiunto at- rente), in relazione alle caratteristiche del virus, alla via
traverso i morsi di animali infetti o la puntura di di entrata, alla risposta immunitaria dell’ospite e, quin-
insetti che fungano da vettori; di, più in generale, alle interazioni che si instaurano tra
• via ematica, che è utilizzata, ad esempio, dai vi- virus e ospite. Quali che siano la via di entrata, solita-
rus epatitici HBV e HCV e dall’HIV (responsabile mente caratteristica per ciascun tipo di virus, e il desti-
dell’AIDS), che possono essere trasmessi via trasfu- no successivo dell’infezione, è cruciale che nella sede di
sione di sangue infetto o per contatto con sangue penetrazione, o relativamente vicino a essa, siano pre-
infetto attraverso l’uso di siringhe o altri strumenti; senti cellule che consentano la replicazione virale.
• via transplacentare, rilevante in corso di gravi-
danza nel caso di un’infezione virale che interessi ■■13.6.4 Replicazione virale
la madre (caso tipico quello del virus della rosolia,
La replicazione (Figura 13.7) è un momento cruciale
nel caso di prima infezione materna in gravidan-
per i virus e la loro patogenicità è, in effetti, correlata
za), che consente ai virus di penetrare nell’organi-
all’entità della replicazione e agli eventi di morte cel-
smo dell’embrione o del feto.
lulare, che interessano un numero più o meno eleva-
È stata descritta anche la possibilità che alcuni virus to di cellule dei tessuti dell’ospite infettato.
penetrino nei neonati attraverso l’allattamento o siano La replicazione dei virus è forzatamente intracellu-
trasmessi alla progenie attraverso le cellule germinali. lare e quindi il primo ostacolo da superare per il vi-
1 Adsorbimento
Virione
2 Fagocitosi e formazione
5 Nuovi virioni Cellula di un fagosoma
ospite
Lisosoma
Fagosoma
4 Liberazione e replicazione
dell’acido nucleico virale e
sintesi dei componenti Fagolisosoma
del capside
3 Formazione di un
fagolisosoma FIGURA 13.7 Replicazione virale.
13.6 Patologia generale delle infezioni virali 543
rus è la membrana plasmatica della potenziale cellula guentemente, danno tessutale, mettendo in opera
bersaglio. Perché un virus possa penetrare nella cellu- meccanismi di varia natura, che sono spesso intima-
la, il primo momento è rappresentato dal cosiddetto mente legati ad azioni svolte da specifiche proteine
adsorbimento della particella virale, l’interazione tra virali (Figura 13.8).
strutture esposte sulla superficie del virus e strutture di • Induzione di lisi delle cellule bersaglio. È forse il
tipo recettoriale esposte sulla superficie della membra- meccanismo più caratteristico e noto, il primo a
na plasmatica. Questo riconoscimento è indispensabi- essere stato descritto (definito anche ciclo litico),
le e condiziona anche la selettività dell’infezione, che comune a molti virus e direttamente correlato alla
avviene solo nel tipo o nei tipi cellulari dell’ospite che replicazione virale.
presentano recettori appositi. Così si spiega, ad esem- • Inibizione dell’attività biosintetica. I virus sono ca-
pio, il fatto che l’HIV, l’agente eziologico dell’AIDS, paci di inibire sia la sintesi di DNA che la trascrizione
infetti solo un numero limitato di cellule (linfociti T o la traduzione degli mRNA nelle cellule bersaglio,
e poche altre), che esprimono il recettore CD4 e/o il lasciando inalterata la traduzione dei propri mRNA.
recettore CC-R5, che a loro volta interagiscono con la Tali azioni sono svolte da specifiche proteine virali.
proteina gp120 espressa sul capside virale. • Induzione di apoptosi. Alcune proteine virali
Una volta avvenuto il contatto tra virione e struttura possono determinare morte cellulare nelle cellule
recettoriale della cellula bersaglio, la penetrazione bersaglio, meccanismo descritto, ad esempio, per
all’interno della cellula avviene di solito mediante un l’HIV e le sue proteine virali gp120 e TAT.
processo di fagocitosi standard, con formazione di fa- • Induzione di danno diretto alla membrana pla-
gosomi. I fagosomi che contengono le particelle virali smatica. Alcuni virus sono dotati di proteine capa-
vanno incontro a fusione con i lisosomi, formando i ci di interagire direttamente con la membrana pla-
fagolisosomi, all’interno dei quali vengono liberati gli smatica delle cellule infettate, determinandone
enzimi lisosomali, che procedono alla degradazione un’alterazione strutturale irreversibile o causando
delle strutture del capside e degli eventuali altri rivesti- la fusione di cellule bersaglio.
menti. Al termine di questa fase, l’acido nucleico virale • Induzione di morte mediata da linfociti T cito-
risulta libero e può iniziare a prendere il controllo tossici. In determinati casi, l’infezione virale com-
dell’attività biosintetica della cellula infettata, che fi- porta l’espressione di antigeni anomali sulla super-
nisce con l’essere forzata a replicare l’acido nucleico ficie esterna delle cellule infettate; questi antigeni
virale e a sintetizzare i componenti del capside e, suc- vengono riconosciuti come “non-self” e le cellule
cessivamente, ad assemblarli in nuove particelle virali. infettate possono essere selettivamente eliminate
Al termine di questo indispensabile processo di repli- dai linfociti T citotossici. Questa modalità può es-
cazione, i virus neoformati possono dare luogo a infe- sere rilevante e contribuire a incrementare il dan-
zioni di tipo differente: a) un’infezione acuta, caratte- no epatico, ad esempio, nelle epatiti acute da virus
rizzata dal fatto che i nuovi virus possono determinare epatotropi, soprattutto da HBV.
morte cellulare tramite meccanismi differenti; b) • Induzione di morte di cellule difensive nell’orga-
un’infezione latente, nella quale si stabilisce una sorta nismo ospite. Alcuni virus sono capaci di infettare
di equilibrio tra virus e ospite; in tale condizione la re- e indurre selettivamente morte cellulare in cellule
plicazione virale può continuare, ma non si osservano coinvolte nella risposta immunitaria naturale e/o
effetti patologici nell’ospite; c) un’infezione persistente nell’immunità specifica. L’esempio paradigmatico
o cronica, con effetti molto variabili. è quello dell’HIV, che può infettare i linfociti CD4+
In ogni caso, una volta lasciata la cellula bersaglio e anche popolazioni di macrofagi. La distruzione
nella quale si sono replicati, i nuovi virus sono poten- di cellule a carattere difensivo espone l’organismo
zialmente in grado di diffondere l’infezione a cellule li- a infezioni secondarie.
mitrofe del tessuto non ancora infettate o all’intero or-
ganismo (es. sfruttando la via ematica o la via linfatica). ■■13.6.6 Meccanismi delle infezioni virali
Una volta che i virus sono penetrati all’interno del
■■13.6.5 Meccanismi di danno cellulare
l’organismo, l’infezione può andare incontro a un
e/o tessutale
numero limitato di alternative.
Una volta penetrati all’interno della cellula bersaglio, Nella maggioranza dei casi, le difese dell’organi-
i virus possono determinare danno cellulare e, conse- smo, sia quelle meccanico-chimiche che quelle relati-
544 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
Nucleo Nucleo
Nucleo
Macrofago
Linfocita
Nucleo
Antigeni
anomali
Linfocita T
citotossico
ve all’intervento di fattori e cellule legati all’immunità tale sede, come l’infezione (infezione localizzata).
innata e a quella specifica, possono essere capaci di Spesso l’infezione, in queste fasi iniziali, può passare
bloccare in modo efficiente l’infezione, portando a inosservata, perché non determina segni o sintomi di
una completa eliminazione dei virus; questa situazio- rilevanza clinica. In altri casi, l’infezione, pur se loca-
ne favorevole rappresenta la norma quando l’organi- lizzata nella specifica sede di entrata nell’organismo,
smo umano è stato precedentemente immunizzato può manifestarsi con segni e sintomi tipici della sede
nei confronti di quel particolare agente virale. interessata, come nel caso dei comunissimi rinovirus,
Se invece l’azione delle difese è inefficiente, anche responsabili del raffreddore comune.
solo parzialmente, un numero variabile di virus può Al di là di quelle che possono essere le differenti
venire a contatto con cellule permissive nella sede di modalità di evoluzione della specifica infezione vira-
infezione o in aree limitrofe. L’adsorbimento della le (vedi sezione successiva), è chiaro che, se i virus
particella virale sulla superficie esterna della mem- non vengono eliminati efficientemente, la loro per-
brana plasmatica e l’interazione tra strutture protei- manenza e numerose condizioni, legate sia a caratte-
che virali e strutture recettoriali cellulari consentono, ristiche dei virus che allo stato dell’ospite (intuitivo
in questo caso, la penetrazione del virus all’interno quanto può accadere in individui immunosoppressi),
delle cellule bersaglio. A questo segue la replicazio- possono far sì che si assista a fasi successive di repli-
ne virale (focolaio primario di infezione), che può cazione virale e di rilascio di nuovi virus, con possi-
tipicamente dare luogo a una reazione infiammato- bile diffusione dell’infezione per contiguità o in altre
ria che rimane, almeno inizialmente, localizzata in sedi poste a distanza dal focolaio primario, di solito
13.6 Patologia generale delle infezioni virali 545
sfruttando la via ematica o quella linfatica (infezioni minore virulenza di un ceppo virale rispetto a un altro
disseminate). si basa su una o più delle seguenti caratteristiche:
Quando i virus neoformati vengono rilasciati dalle
• capacità di adsorbimento/interazione con specifi-
cellule originariamente infettate, possono passare nei
che cellule bersaglio;
liquidi interstiziali, che vengono a loro volta drenati
• attività replicativa nelle cellule infettate;
per via linfatica ai linfonodi, che possono rappresen-
• capacità di interferire con l’attività biosintetica
tare potenziali focolai secondari di replicazione vira-
delle cellule infettate, inibendola;
le. Inoltre, sempre tramite la via linfatica, i nuovi vi-
• capacità di determinare effetti citopatici;
rus possono raggiungere il dotto toracico e, da qui,
• capacità di replicarsi all’interno di cellule macrofa-
essere riversati nel circolo sanguigno, dando luogo
giche.
alla viremia primaria. In realtà, in questo stadio, le
infezioni sono ancora in stato subclinico (cioè nel co- Premesso che la maggior parte delle infezioni vira-
siddetto periodo di incubazione). Di solito, i virus in li si presenta in forma asintomatica, le infezioni sin-
circolo sono presenti in quantità relativamente mo- tomatiche dovute all’azione di virus caratterizzati da
desta, ma tale da consentire la diffusione ad altre sedi, significativa virulenza possono dare luogo a una serie
incluse cellule endoteliali dei piccoli vasi e ulteriori di evoluzioni distinte.
stazioni linfonodali; in queste sedi, è possibile che si • Infezioni acute. Sono le infezioni virali più comuni,
verifichi una ulteriore replicazione virale, che può caratterizzate spesso (non sempre) da periodi di
dare luogo a ondate successive di diffusione viremica incubazione relativamente brevi e da un’evoluzio-
(viremia secondaria). È in queste ondate viremiche ne altrettanto breve, che può determinare rara-
che i virus possono raggiungere l’organo o il tessuto mente la morte del soggetto o, più comunemente,
bersaglio dell’infezione virale, dando luogo alle carat- essere seguita da guarigione. Queste infezioni sono
teristiche manifestazioni di malattia. a volte definite anche infezioni transitorie e provo-
cano abitualmente un’efficiente risposta immuni-
■■13.6.7 Evoluzione delle infezioni virali taria, che può dare luogo a uno stato di immuniz-
In termini generali, la penetrazione dei virus all’in- zazione permanente (valido per tutta la vita del
terno dell’organismo umano attraverso una delle vie soggetto) o di durata variabile. Esempi di infezioni
descritte e la prima fase di replicazione virale in cellu- di questo tipo sono quelle da virus influenzali, da
le localizzate nelle sedi di entrata o in aree limitrofe virus delle malattie esantematiche dell’infanzia (es.
rappresentano eventi comuni alla maggioranza delle virus del morbillo e della rosolia), da virus paroti-
condizioni note di infezione virale. L’evoluzione suc- tico, da virus della poliomielite e da virus delle feb-
cessiva delle infezioni virali, al di là delle considera- bri emorragiche virali.
zioni descritte nella sezione precedente, può variare • Infezioni subcliniche o inapparenti. Si tratta di infe-
in relazione alla maggiore o minore patogenicità e zioni in cui la sintomatologia e le manifestazioni,
virulenza dei virus, all’efficienza delle risposte messe pur presenti, sono di così modesta entità da passa-
in atto dal sistema immunitario nonché alle partico- re spesso inosservate, tanto che esse vengono iden-
lari interazioni che si vengono a creare tra virus e tificate casualmente a posteriori da analisi di labo-
ospite. A questo proposito, è opportuno ricordare ratorio che mostrano, ad esempio, la presenza, in
che, per i virus, il termine patogenicità ha acquisito un campione di sangue di un individuo, di anticor-
un significato di attributo di specie, in relazione alla pi diretti contro un particolare virus.
gravità delle manifestazioni patologiche della malat- • Infezioni croniche latenti. Si tratta di infezioni pro-
tia; questo significa che virus a elevata letalità (es. vi- vocate, in particolare, dagli herpesvirus a DNA,
rus Ebola) o caratterizzati da effetti devastanti (es. quali le due forme di Herpes simplex (tipi 1 e 2,
virus poliomielitico) sono più patogeni di virus mol- anche indicati con gli acronimi HSV1 e HSV2), il
to più comuni e dalle conseguenze limitate (es. virus citomegalovirus (CMV) e il virus varicella-zoster.
influenzali, virus erpetici). Questi virus sono capaci di determinare un’infezio-
Il termine virulenza, che viene utilizzato per indica- ne iniziale acuta, seguita da un’apparente guarigio-
re la capacità di un virus di indurre infezioni sintomati- ne clinica, che in realtà nasconde una condizione
che, è invece solitamente riferito a ceppi virali differen- nella quale i microrganismi permangono nell’or-
ti all’interno di una stessa specie di virus; la maggiore o ganismo, anche dopo la guarigione clinica, in uno
546 CAPITOLO 13 Patologia generale delle malattie infettive
stato di latenza riproduttiva e possono andare in- zione virale è facilitata dall’alto tasso di mutazioni
contro a una riattivazione occasionale o recidiva a carico del genoma di questi virus.
in presenza di opportune condizioni. Un esempio • Infezioni da virus lenti. Si tratta di infezioni in cui
tipico è l’Herpes simplex labiale, che può dare luogo gli agenti eziologici sono tra loro molto eterogenei,
alla ricomparsa di manifestazioni tra loro identiche ma hanno in comune tempi di incubazione (tem-
e nelle stesse sedi in occasione di esposizione a ra- po che intercorre tra il momento del contagio e
diazioni ultraviolette o a temperature molto rigide. l’inizio della sintomatologia e delle manifestazioni
• Infezioni croniche persistenti. Si tratta di infezioni cliniche) molto lunghi.
nelle quali il sistema immunitario può non essere • Infezioni da virus capaci di determinare trasforma-
in grado di eliminare un particolare tipo di virus zione neoplastica. A questa categoria appartengono
che, dopo aver determinato un’infezione acuta virus che sono ritenuti coinvolti nella comparsa di
(qualche volta anche subclinica), può permanere particolari neoplasie umane, quali il virus di Ep-
nell’organismo annidato in cellule ove la replica- stein-Barr (associato a due neoplasie distinte, qua-
zione persiste, determinando condizioni di vire- li il linfoma di Burkitt e il carcinoma nasofaringeo)
mia persistenti e, nel caso dei virus epatotropi e i papillomavirus (HPV, alcuni associati a neopla-
HBV (a DNA) e HCV (a RNA), una forma di epa- sie cutanee quali papillomi, verruche e altre neo-
tite cronica a evoluzione fibrosclerotica verso lo plasie benigne della cute, altri associati al carcino-
stadio di cirrosi epatica. La persistenza dell’infe- ma squamoso della cervice uterina).