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Veniamo alla inclinazione dell’uomo all’infinito. Indipendentemente dal desiderio del piacere, esiste
nell’uomo una facoltà immaginativa, la quale può concepire le cose che non sono, e in un modo in
cui le cose reali non sono. Considerando la tendenza innata dell’uomo al piacere, è naturale che la
facoltà immaginativa faccia una delle sue principali occupazioni della immaginazione del piacere. E
stante la detta proprietà di questa forza immaginativa, ella può figurarsi dei piaceri che non esistano,
e figurarseli infiniti 1. in numero, 2. in durata, 3. e in estensione. Il piacere infinito che non si può
trovare nella realtà, si trova così nella immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni
ec. Perciò non è maraviglia 1. che la speranza sia sempre maggior del bene, 2. che la felicità umana
non possa consistere se non se nella immaginazione e nelle illusioni. Quindi bisogna considerare la
gran misericordia e il gran magistero della natura, che da una parte non potendo spogliar l’uomo e
nessun essere vivente, dell’amor del piacere che è una conseguenza immediata e quasi tutt’uno
coll’amor proprio e della propria conservazione necessario alla sussistenza delle cose, dall’altra
parte non potendo fornirli di piaceri reali infiniti, ha voluto supplire 1. colle illusioni, e di queste è
stata loro liberalissima, e bisogna considerarle come cose arbitrarie in natura, la quale poteva ben
farcene senza, 2. coll’immensa varietà