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Questa selezione di opere d’arte vuole mettere in evidenza come, già nel Rinascimento,
alcuni artisti hanno avuto il coraggio di rappresentare situazioni di violenza contro persone
di sesso femminile e che hanno condotto lo spettatore a riflettere su questa tematica.
Correggio, Danae.
Danae, nella mitologia greca, era la figlia del re Acrisio, che l’aveva rinchiusa in una torre
del loro castello perché era spaventato dalla predizione dell’oracolo di Delfi, secondo cui il
figlio di lei avrebbe ucciso proprio il nonno. Ma Zeus la desiderava a tal punto da trasformarsi
in pioggia e raggiungerla e metterla incinta contro la sua volontà. Nacque così Perseo, ma
il nonno Acrisio, ancor più spaventato, decise di rinchiudere madre e figlio in una cassa e
gettarli in mare, non volendo ucciderli direttamente. Per fortuna i due riuscirono a salvarsi
approdando sulle rive dell’isola di Serifo. Correggio dipinge qui proprio il momento del
concepimento, quando Zeus/Giove, sotto forma di pioggia d’oro, la raggiunge. Anche qui si
nota una costante del tema della violenza: la donna sottomessa al padre, abusata per il solo
piacere fisico dell’uomo, la condanna a causa di una gravidanza non desiderata.
Tintoretto, Susanna e i vecchioni, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Susanna e i vecchioni circa1555/56
L’episodio di Susanna viene narrato nel capitolo 13 del Libro del profeta Daniele (Antico
Testamento) e riporta la vicenda di questa giovane donna che, mentre sta facendo il bagno
nel suo giardino, viene raggiunta da due vecchi conoscenti del marito e minacciata. Se non
si fosse sottomessa ai loro sporchi desideri, loro l’avrebbero calunniata dicendo di averla
sorpresa copulare con un giovane uomo. Lei rifiutandosi si ritrova accusata di adulterio e
condannata alla lapidazione. Per fortuna Daniele la salva, inducendo a verificare seriamente
sulle parole dei due vecchioni.
Anche questa vicenda racchiude una triste verità di tanti abusi: la minaccia di rovinare la
vita della vittima e di sporcare la sua reputazione, basti pensare a quanto emerse con il Me
Too.
Tintoretto, Tarquinio e Lucrezia, 1610 circa, olio su tela, 187×214,5 cm, Ermitage, San
Pietroburgo
Questo capolavoro assoluto del maestro del Barocco a livello mondiale Bernini rappresenta
un’altra scena di abuso femminile. È questa la triste storia di Proserpina, figlia della dea
Cerere, garante della prosperità della terra. Della fanciulla si innamora il lugubre Plutone, il
dio dei Morti, che regnava al buio sotto la terra e fu ammaliato proprio dall’ilare gioia e voglia
di vita di Proserpina. La rapì brutalmente, con il consenso di Giove, e la porta al di là
dell’Acheronte, condannata per sempre ad un matrimonio da lei non desiderato. La madre
di lei, disperata, smise di curarsi della terra, provocando gravi carestie che dilaniarono la
popolazione. Giove decise allora di trovare un accordo, decidendo del futuro e della vita di
Proserpina: essa sarà tornata sulla terra per sei mesi all’anno, ma poi divento scendere per
i restanti sei nell’oltretomba.