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rapporto uomo e natura fino a ‘800= uomo a stretto contatto con la natura, non

ancora industrializzata.

GRECO
Teocrito
Teocrito si può a ragione ritenere il creatore della poesia bucolica (da boukòlos, pastore) e
del genere idillico (da eidùllion, bozzetto, breve canto). Tale genere,con lui si eleva a un
certo livello di consapevolezza e dignità letteraria: d'ora in poi gli idilli divengono veri e propri
quadri di vita pastorale al cui centro spicca la figura del boukòlos, il pastore. Gli otto idilli
bucolici del corpus teocriteo si sviluppano attorno ad un medesimo schema le cui parti si
fisseranno nella struttura tipica del carme pastorale. L'ambientazione è campestre: in cui la
natura, perfetta nei suoi particolari e insieme irreale, “arcadica”, diviene il simbolo di un
luogo “altro”, lontano sia nel tempo sia nello spazio. Teocrito raffigura un mondo isolato e
solitario, lontano dallo strepito e dal clamore della polis, lontano dai problemi e dalle
angosce, senza preoccupazioni pratiche, facendosi interprete del desiderio di evasione che
si manifesta in grandi città come Alessandria e si fa strada insieme all'ideale di pace,
tranquillità e distacco dal mondo propugnato dalle nascenti filosofie ellenistiche
(specialmente dai principi dell'atarassìa e del “làthe biòsas!” – ossia “vivi nascosto” – propri
dell'epicureismo). Ricorrente è l'intreccio: due pastori, per caso, si incontrano sullo sfondo di
un paesaggio ameno e danno prova delle loro capacità sfidandosi in una gara musicale; un
terzo pastore presente fa da giudice e consegna al termine della contesa un dono al
vincitore. Altro elemento ricorrente è il canto amebeo: a eccezione delle Talisie, gli idilli
teocritei presentano il momento dello scontro tra i due pastori come un dialogo costituito di
musica e parole e sostenuto dai due contendenti che danno vita ad un canto amebeo (cioè
“botta e risposta”) il cui tema prevalentemente trattato è l'amore.
La lingua usata è quasi sempre il dialetto dorico; alcuni carmi sono tuttavia scritti in ionico
(XII) e altri in eolico (XXVIII-XXX)
LEOPARDI
al centro della riflessione di Leopardi si pone subito un motivo pessimistico, l’infelicità
dell’uomo, la cui prima causa è il piacere, sensibile e materiale.
L’uomo non desidera un piacere, bensì il piacere: aspira cioè ha un piacere che sia infinito,
per estensione per durata. Pertanto, siccome nessuno dei piaceri particolari goduti dall’uomo
può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di insoddisfazione perpetua, un vuoto
incolmabile dell’anima.
L’uomo è dunque, per Leopardi, necessariamente infelice, per la sua stessa costituzione.
Ma la natura, che in questa prima fase è concepita da Leopardi come madre benigna ha
voluto sin dalle origini offrire un rimedio all’uomo: l’immaginazione e le illusioni.
Gli antichi greci e romani, che erano più vicini alla natura e quindi capaci di illudersi ed
immaginare erano felici perché ignoravano la loro reale infelicità. Il progresso ha allontanato
l’uomo da quella condizione privilegiata, ha messo finalmente sotto i suoi occhi il vero e lo
ha reso infelice.
La concezione di natura benigna e provvidenziale entra però in crisi. Leopardi si rende conto
che, più che al bene dei singoli individui, la natura mira alla conservazione della specie, e
per questo fine può anche sacrificare il bene del singolo e generare sofferenza. Capisce che
il male rientra nel piano stesso della natura, in quanto la natura ha messo nell’uomo il
desiderio di felicità infinita, senza dargli i mezzi per soddisfarlo.
Leopardi cerca di uscire da queste contraddizioni attribuendo la responsabilità del male al
fato, proponendo una concezione dualistica, natura benigna contro Fato maligno.

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Successivamente capisce che la natura non è più madre amorosa e provvidente, ma è un
meccanismo cieco, indifferente alla sorte delle sue creature.
E’ una concezione non più finalistica (la natura che ha un fine, il bene per le sue creature)
ma meccanicistica e materialistica (tutta la realtà non è che materia, regolata da leggi
meccaniche).
La colpa dell’infelicità non è più dell’uomo stesso, ma solo della natura.
Viene superato cosi il dualismo che c’era tra natura e il fato : alla natura vengono attribuite le
caratteristiche che prima erano del fato, la malvagità crudele e persecutoria.
Ora l’infelicità è dovuta soprattutto ai mali esterni, a cui nessuno può sfuggire: malattie,
vecchiaia, morte, cataclismi, ecc..

anche se la natura non è ancora industrializzata, già l’avvento delle metropoli (in questo
caso roma), rende l’uomo consapevole della differenza tra la caotica vita di città e la
tranquilla vita di campagna.
MARZIALE
nasce a bilbili nel 38 d.C. e nel 64 d.C. si trasferisce a roma, nel’80 pubblica la sua opera più
famosa: liber de spectaculis”
è famoso per la sua attività da epigrammista, molto variegata e ampia per quanto riguarda i
temi trattati, tra i quali ricrre con discreta frequenza quello della differenza tra la vita in città e
quella in campagna.
La città è emblema del caos, ed è rappresentata realisticamente attraverso gli esempi: ad
esempio nell’epigramma 12,57, scritto a Roma, l’accento è posto sul frastuono che non
smette mai, a causa dei vari mestieri presenti ad ogni ora del giorno e della notte.
la campagna al contempo, è perennemente agognata e vista come n posto idilliaco.
Nell’epigramma 12,18, elogia la vita agreste, vista come rimedio che dà sollievo rispetto alle
preoccupazioni della vita.
DISCORSO DA AMPLIARE!!!!!!!!!

l’avvento dell'industrializzazione cambia notevolmente il rapporto uomo-natura, l’uomo


prende il sopravvento su di essa e si assiste a un notevole cambiamento delle città, e con
esse anche della vita umana, che risente dell’assenza di paesaggi naturali.

STORIA
Negli ultimi decenni del xix secolo l’espansione dell'industria e i miglioramenti tecnologici
danno il via alla cosiddetta Seconda rivoluzione industriale, che vede l’emergere di nuove
potenze come USA e Germania: tale fenomeno è caratterizzato dallo sviluppo di nuovi
settori produttivi, dalla diffusione della produzione di massa standardizzata, da innovazioni
tecnologiche favorite dall'impiego dell'Elettricità e dell'acciaio e da notevoli progressi nel
campo della chimica. Tra le principali innovazioni vi sono il convertitore, il processo Thomas,
il forno Martin-Siemens; L'invenzione di coloranti chimici e fertilizzanti sintetici; l'uso del
petrolio e dell'Elettricità come fonti energetiche, con la creazione di reti elettriche.
La seconda rivoluzione industriale è legata a un periodo di crisi economica noto come
“grande depressione” che va dal 1873 al 1896, provocato da una sovrapproduzione
industriale e agricola che porta a uno “sviluppo diseguale” e alla definitiva affermazione del
capitalismo. La crisi ha inizio con il crollo del prezzo dei cereali e con un crescente squilibrio
tra domanda e offerta di beni di consumo: i grandi quantitativi di merci invendute causano
una diminuzione della produzione e un'ondata di disoccupazione. Per fronteggiare la

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recessione gli stati adottano politiche volte a difendere la produzione Nazionale
(protezionismo) e a cercare nuovi mercati in cui portare le merci (imperialismo).
Una delle principali trasformazioni di quest'epoca riguarda il sistema finanziario
internazionale, che vede il primato del Regno Unito. Negli ultimi decenni del XIX secolo le
maggiori potenze decidono di aderire, Sul modello inglese, al Gold Standard, che lega il
valore delle diverse valute a quello dell'oro e fa della Sterlina la moneta di riferimento del
mercato mondiale. La grande crescita economica e la sempre maggiore richiesta di capitali
portano alla nascita di banche d'affari, casse di risparmio, società di investimenti e della
Borsa Valori, un mercato azionario internazionale in cui sono quotate le maggiori società
finanziarie.
Si diffonde Inoltre l'uso della cartamoneta, il cui valore viene garantito dalle banche centrali
degli stati in base al principio di convertibilità. La concentrazione dei capitali porta alla
nascita di cartelli e trusts, associazioni di imprese che operano in un regime di concorrenza
ridotta; per evitare il loro dominio, negli Stati Uniti vengono emanate le prime leggi antitrust.
La seconda rivoluzione industriale è caratterizzata da un notevole incremento demografico,
che interessa soprattutto l'Europa e l'America e si collega a una maggiore urbanizzazione e
alla crescita delle città. Legata all'incremento della popolazione è anche l'emigrazione: a
causa del crollo delle rendite agricole milioni di contadini abbandonano l'Europa per cercare
fortuna nelle Americhe.
I decenni finali dell'Ottocento vedono la definitiva affermazione della borghesia. accanto
all'alta borghesia industriale e finanziaria prende vita una classe media composta da
impiegati e funzionari statali. A livello culturale la borghesia trova la sua ideologia di
riferimento nel positivismo, una corrente di pensiero laica che esalta La scienza e il
progresso tecnologico, ed è caratterizzata da una visione ottimistica del futuro. In pochi
decenni si assiste infatti a scoperte e invenzioni rivoluzionarie: onde elettromagnetiche, raggi
x, telefono, Radio e Cinematografo, conservazione industriale degli alimenti e celle
frigorifere; che mutano radicalmente l’orizzonte del pensiero umano.

FISICA
Fino al XVIII secolo, il termine elettricità veniva utilizzato per quei corpi che, strofinandosi tra
loro, si attraevano o si respingevano, ciò che al giorno d’oggi definiamo con il termine di
elettrostatica. Comunque sia, l’attrazione dei corpi luminosi per gli oggetti elettrificati era
nota sin dall’Antichità. La sua scoperta viene attribuita al filosofo greco Talete di Mileto (VI
secolo a.C.), il quale osservò che sfregando energicamente un piccolo pezzo di ambra, esso
acquisiva la capacità di attrarre piccole particelle. Precisamente, la parola elettricità deriva
dal greco “elektron”, che significa “ambra”. Tuttavia, lo studio approfondito sull’energia
elettrica iniziò solo verso la fine del XVI secolo, grazie allo scienziato inglese William Gilbert
(1544-1603), autore del primo trattato degno di nota sull’argomento.
Gli studi di Gilbert furono utilizzati successivamente da uno scienziato tedesco, Otto von
Guericke (1602-1686).
Von Guericke, tra le varie scoperte, inventò anche la prima macchina elettrostatica: si
trattava di un grande pallone di zolfo che lo scienziato elettrificava sfregandolo con le mani.
Questi strumenti rudimentali gli permisero di scoprire il fenomeno della conduzione elettrica,
cioè la capacità di questa misteriosa energia di trasmettersi attraverso determinati corpi,
oltre alle proprietà elettriche che riuscivano a sviluppare gli oggetti appuntiti. Durante il XVIII
secolo gli studi sperimentali aumentarono sempre di più.
Ben presto furono scoperti altri effetti ed emersero nuovi strumenti, ma soprattutto si
stabilirono nuovi concetti base, un processo indispensabile per conoscere a fondo i
fenomeni elettrostatici. L’inglese Stephen Gray (1666-1673) scoprì l’elettrificazione per
influenza, che consisteva nella possibilità di elettrificare un corpo a distanza, senza contatto

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diretto; così come la distinzione tra corpi conduttori, i quali permettevano la diffusione
dell’elettricità, e corpi isolanti, che ne inibivano la trasmissione.
Nel 1733, il fisico e chimico francese Charles du Fay (1698-1739) apportò un contributo
fondamentale alla storia dell’elettricità. Egli scoprì che esistevano due tipi di elettricità (ciò
che oggi definiamo cariche elettriche): un primo tipo ottenuto dallo sfregamento del vetro, da
lui chiamata elettricità vetrosa, e un secondo tipo ottenuto strofinando corpi resinosi,
chiamata elettricità resinosa. Due corpi con la stessa carica elettrica si respingono l’uno con
l’altro, mentre quelli con una carica elettrica diversa si attraggono. Grazie a questa scoperta,
anni dopo Benjamin Franklin adottò i concetti di elettricità positiva e negativa.
La vera rivoluzione, però, si ebbe grazie al lavoro di un anatomista italiano, Luigi Galvani
(1737-1798), il quale analizzò i muscoli delle zampe di rana. Nel 1791, scoprì che questi
muscoli mostravano curiose proprietà elettriche non appena entravano in contatto con due
metalli di natura diversa.
Qualche anno più tardi, il fisico italiano Alessandro Volta (1745-1827) utilizzò le scoperte
fatte dal suo connazionale e dimostrò che la rana in realtà svolgeva solo un ruolo
secondario: l’effetto elettrico derivava infatti dal contatto di due metalli di diversa natura
attraverso un panno bagnato. Ispirato da questa conclusione, nel 1800 sviluppò la prima
batteria elettrica, che consisteva in una batteria (da cui prende il nome) di dischi di rame e
zinco, tra i quali erano interconnessi dei tessuti imbevuti di acido.
Questa invenzione rivoluzionò il concetto di elettricità: a differenza delle macchine
elettrostatiche che dovevano essere caricate per attrito (le quali avevano una durata molto
breve), la batteria Volta produceva una sorta di scarica elettrica continua che il fisico
francese André-Marie Ampère (1775-1836) battezzò nel 1820 come corrente elettrica.
Questo concetto si riferisce allo spostamento di cariche all’interno di un conduttore. In
omaggio ad Ampère, l’unità internazionale di intensità di corrente elettrica, ovvero il numero
di cariche elettriche che passano attraverso un conduttore per unità di tempo, si chiama
ampere. In omaggio a Volta, è stato coniato il termine tensione, cioè la capacità di una
batteria di produrre una corrente elettrica e la sua unità di misura si esprime in volt.
Un’altra tappa importante nella storia dell’elettricità fu la scoperta dell’elettrolisi, che consiste
nella decomposizione di una sostanza nei ioni dei suoi elementi costitutivi, tramite l’utilizzo di
corrente elettrica. Il processo si ottenne utilizzando due barre solide collegate ai morsetti di
una batteria (due elettrodi, come furono chiamati da Michael Faraday qualche anno più
tardi).
Infine, l’ultima grande scoperta: nel 1841, l’inglese James Prescott Joule (1818-1899)
osservò che il passaggio della corrente elettrica in un conduttore metallico provocava un
rilascio di calore. Si trattava dell’effetto Joule, un fenomeno secondo cui, se una corrente
elettrica circola in un conduttore, parte dell’energia cinetica degli elettroni si trasforma in
calore.
Questa scoperta permise una seconda rivoluzione che si propagò principalmente nel Nord
Europa. Nel 1820, Hans Christian Ørsted (1777-1851), professore di fisica all’Università di
Copenaghen, osservò che un filo che conduceva corrente poteva deviare un ago magnetico
posto nelle vicinanze. Questo esperimento, oltre a rivelare per la prima volta l’esistenza degli
effetti magnetici dell’elettricità, inaugurò lo studio delle interazioni tra campi magnetici e cavi
attraversati dalla corrente.
Questo studio ebbe notevoli sviluppi teorici. Ad esempio, si mostrò che un magnete poteva
muovere un filo che era attraversato dalla corrente. Utilizzando questa speciale caratteristica
per avviare un circuito elettrico, Michael Faraday realizzò, nel 1821, quello che può essere
considerato il primo antenato del motore elettrico.
D’altra parte, l’esperienza di Ørsted aveva dimostrato l’esistenza di legami tra elettricità e
magnetismo. I due campi furono unificati dallo scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879)
nel 1864, dando origine all’elettromagnetismo.
La seconda metà del XIX secolo fu caratterizzata da un incredibile sviluppo dell’elettricità
industriale (o elettrotecnica). La batteria Volta fu presto sostituita da batterie più efficienti,
come la batteria Daniell (1836), la batteria Bunsen (1841) o la batteria Leclanché (1864). Nel

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1859, il francese Gaston Planté (1834-1889) sviluppò la prima batteria ricaricabile o
accumulatore. Anche i generatori conobbero un boom simile: l’invenzione della dinamo negli
anni Settanta del XIX secolo da parte di Zénobe Gramme (1826-1901) permirse la comparsa
dei primi generatori o alternatori di corrente alternata, in particolare grazie all’opera
dell’ingegnere croato Nikola Tesla (1856-1943). Questi dispositivi, azionati dalle enormi
turbine delle centrali elettriche, sono l’elemento centrale nella produzione di energia elettrica.
Ovviamente, lo sviluppo dei generatori fu accompagnato da quello dei dispositivi inversi,
meglio conosciuti come motori elettrici.
Grazie allo sviluppo dei trasformatori elettrici negli anni Ottanta del XIX secolo e agli alti
voltaggi che essi permettevano, fu possibile trasportare l’elettricità dal luogo in cui si
produceva fino al cuore delle città, avviando una vera e propria rivoluzione urbana. Questo
ha permesso anche la nascita delle insegne luminose, le quali hanno segnato una svolta
nella storia della pubblicità.

FILOSOFIA
L'opera chiave della scuola di Francoforte è “la dialettica dell'illuminismo” (1947), scritta da
horkheimer insieme con Adorno. In quest'opera il concetto di illuminismo subisce un
evidente ampliamento di significato, in quanto cessa di identificarsi con ciò che gli storici
della cultura intendono in genere con tale termine, per divenire una categoria tipico-ideale
atta ad alludere a quella linea del pensiero “Borghese” moderno. pur trovando la propria
espressione teorica in determinati sistemi filosofici, l'Illuminismo di cui parlano horkheimer e
Adorno, non si riduce a una semplice linea di pensiero ma si identifica con la “logica del
dominio” che sta alla base della prassi dell'Occidente, ossia con quel complesso di
atteggiamenti che, dalla realizzazione dei primi utensili a quella della centrale atomica, ha
perseguito l'ideale di una razionalizzazione del mondo tesa a renderlo plasmabile e
soggiogabile da parte dell'uomo. L'apice dell’ illuminismo è rappresentato dalla moderna
società industriale. l'Illuminismo, e quindi l'intera civiltà occidentale, risultano Tuttavia
segnati da un interna dialettica autodistruttiva, poiché la pretesa di accrescere sempre di più
il potere sulla natura tende a rovesciarsi in un progressivo dominio dell'uomo sull'uomo e in
un generale asservimento dell'individuo al sistema sociale. Il prezzo di questo processo di
decadimento e di imbarbarimento, non è soltanto la libertà ma anche la felicità.
Il destino dell' Occidente, Infatti, è simbolicamente racchiuso nel racconto omerico
dell'incontro di Ulisse con le sirene.
Il mito rispecchia perfettamente la situazione della società di classe nella quale freschi e
concentrati, i lavoratori devono guardare in avanti e lasciare stare tutto ciò che è al lato,
ossia i richiami del piacere, mentre Ulisse, Il signore che fa lavorare gli altri, pur potendo
accogliere gli inviti alla felicità, è parimenti chiuso nel suo alienante ruolo sociale. Ulisse
Infatti Ascolta il canto. Tutto questo fa sì che l’odissea, secondo Horkheimer e adorno,
costituisca uno dei primissimi documenti rappresentativi della civiltà Borghese occidentale.
La polemica contro l'Illuminismo e contro la società industriale e capitalistica si accompagna
alla critica della Scienza moderna di tipo fisico matematico, vista come inevitabile alleata del
rovinoso progetto che ha portato all'odierna tecnicizzazione del mondo.

ARTE
NEOMEDIEVALISMO
Benché il Romanticismo propriamente inteso avesse compiuto la sua parabola già intorno il 1845,
alcuni fenomeni artistico di metà Ottocento continuarono ad operare in quell'ambito culturale per

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almeno altri 20 anni. Della cultura romantica sopravvisse, in particolare, l'interesse e la passione per il
Medioevo. Per questo si parla di Neomedievalismo.

Nel 1848, a Londra, un gruppo di giovani pittori e poeti fondò la Confraternita Preraffaellita. Questo
movimento, permeato di religiosità e di tendenze spiritualistiche, ambì a recuperare gli ideali
cavallereschi del Medioevo e fece propria la poetica stilnovistica dell'idealizzazione della donna. i
Preraffaelliti, pur opponendosi all'accademismo della cultura ufficiale, vollero ispirarsi ai cosiddetti
pittori primitivi, ossia gli artisti precedenti a Raffaello (da cui deriva il nome dal movimento), di cui
ammirano la semplicità dello stile.
Anche in architettura si assiste a un ritorno dell’interesse verso il medioevo, alimentando l’interesse
per le opere architettoniche di quel periodo.
emerge il sentimento di stupore per le grandi cattedrali del passato, costruite grazie ad ardite
sperimentazioni, conoscenze tecnologiche e tentativi empirici. Ciò è di stimolo per i teorici e gli
architetti dell’Ottocento.
Soprattutto il gotico era sentito come un gusto, uno stile, una corrente che incarna quel carattere di
unità storico territoriale che si andava affermando come bisogno sociale nel corso del XIX secolo.
Uno dei più grandi teorici del neomedievalismo è sicuramente August. Pugin, che nei “contrasts”
teorizza i canoni di questo movimento.
Con i “contrasts” egli confrontava la civiltà medievale permeata di religiosità dove la comunità si
esprimeva in chiese e campanili, con la civiltà industriale, dove gli edifici rappresentativi della società
erano le fabbriche con le ciminiere e il carcere, posto in primo piano nella più famosa illustrazione del
libro.
Pugin, convertito dal protestantesimo al cattolicesimo, esaltava il gotici come vera architettura
religiosa, e si poneva in aperta critica nei confronti della società industriale, che aveva modificato il
paesaggio, rovinando campagne e paesaggi naturali per far sorgere, al loro posto fabbriche e
ciminiere.
Con la rovina del paesaggio, c’è anche una rovina dei valori morali dell'uomo, un abbruttimento della
civiltà intera.(contrasts, confronto città medievale con la città industriale)

INGLESE
CITTA’ INDUSTRIALE IN HARD TIMES
The phenomenon of industrial production, the spread of factories, the birth of a new social
class of workers, the workers, becomes known through the definition OF INDUSTRIAL
REVOLUTION. Revolution, in the history and evolution of thought, politics and society is a
complex of events that changes the reality so much that nothing will be the same as before.
Describing the city also represents the effects of the new system of industrial life on man.
The description of the city suggests in fact, that the new urban and social structures are
initiating an epochal change.
Coketown, the coal town, has something of a wild place (praticamente riprende elementi
della vita selvaggia, della foresta e li adatta alla città, quasi a cercare in quel caos di fumo
nero e industrie, elementi del paesaggio prima dell’avveno della potenza industriale), made
of red bricks blackened by the smoke of tall chimneys and dust, with dirty canals and rows of
palaces. There are some passages that refer to the world of the forest.
In one of them the smoke of a fireplace is similar to a long snake. In another, the movement
of the steam engine pistons that makes the factory run to the head of an elephant beating its
forehead because it is struck by melancholy madness. The monotonous process of
machines has something disturbing, which seems to accelerate nervous imbalances and the
prospect of a suffocating and boredom-filled life.
The comparison between the industrial city and the jungle, or primitive life, makes us
understand how great the contrast between industry and natural life is. In addition, the

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industrial city is a dangerous place, like the jungle. Some repetitions emphasize the
monotony of the streets, sounds and men and their lives all the same. The public markings
are all written in heavy black characters.
The palaces are all the same too, to the point that the prison could be the infirmary and vice
versa, the town hall could be both or none.

come le persone affrontano questo cambiamento, attraverso i punti di vista degli


autori a cavallo tra ‘800 e ‘900.

ITALIANO
PASCOLI- ingorare il cambiamento e continuare a vivere l’idillio della natura (illusione)
La natura è la protagonista delle opere più liriche di Giovanni Pascoli: Mirycae e i Canti di
Castelvecchio. La rappresentazione della natura in Pascoli va al di là dell’idillio o della
georgica: è una grande metafora di un mondo invisibile che il poeta riesce a portare alla
luce.
Altro aspetto della natura pascoliana è quello rasserenante, con i suoi cicli stagionali, il
lavoro agreste che si ripete come un rito liturgico, la sua serenità e semplicità. È, insomma,
un mondo protetto dalla storia e dalla società.
Il motivo naturalistico spesso si innesta su quello dei lutti familiari e ne diviene simbolo.
Nella descrizione dei particolari della natura, caricati di un valore simbolico, Pascoli impiega
una tecnica che in pittura è definita “puntinistica”, vale a dire riporta nei suoi testi una serie
non gerarchica di particolari oggettivi che rimandano a impressioni soggettive e che quindi
non possono essere assemblati in una visione unitaria. Se a una prima lettura si potrebbero
ricondurre le poesie di Pascoli alla tecnica del bozzetto naturalistico, a un più attento esame
non sfugge che i particolari della natura sono impiegati sempre come rimandi a impressioni
soggettive.
Quindi la natura per l’autore non è un semplice scenario, ma un organismo vitale e dinamico
da cui scaturisce simultaneamente la poesia che si trova nella realtà stessa, senza
aggiungere ad essa delle costruzioni immaginarie.
La poesia, infatti, non è invenzione, ma scoperta, intuizione, emozione del poeta-fanciullo:
tutte le cose della natura e della realtà meritano l’attenzione del poeta-fanciullo.
per rappresentare la natura si ispira ai modelli classici: → Virglio e Orazio, più che ad un’analisi
storica, in quanto Pascoli non riproduce la realtà di miseria e abbrutimento delle campagne emiliane
del XIX secolo; non accenna alla tristi condizioni di vita dei contadini, all’analfabetismo, al cattivo
nutrimento. Tutto ciò, infatti, viene rimosso perché “impoetico”, artisticamente brutto.
Sulla base di queste premesse, il suo essere socialista, in assenza di una qualunque riflessione sociale
sulle masse e sul mondo del lavoro contadino, è più di cuore che di mente → è socialismo umanitario,
più che presa di posizione politica, → è l’utopico desiderio di una conciliazione fraterna dell’umanità
e dell’abolizione delle classi sociali.

D’ANNUNZIO- (recuperare l’attaccamento alla natura diventando parte di essa.


Il Panismo (detto anche sentimento panico della natura) è una percezione molto profonda
del mondo esterno (soprattutto paesaggi naturali) che crea una fusione tra l'elemento
naturale e quello più specificatamente umano. E' la tensione a identificarsi con le forze
naturali e a fondersi con esse istintivamente.
Quello di D'Annunzio consiste nel considerare la natura come un'entità viva e movimento
continuo.

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Con questa entità l'uomo deve fondersi e stabilire un contatto intenso, fino ad immergersi nel
suo ritmo vitale; uomo e mondo si uniscono e entrano direttamente in contatto.
Egli cerca una fusione dei sensi e dell'animo con le forze della vita, accogliendo in sé e
rivivendo l'esistenza molteplice della natura, con piena adesione fisica, prima ancora che
spirituale. E' questo il "panismo dannunziano", quel sentimento di unione con il tutto, che
ritroviamo in tutte le poesie più belle di D'Annunzio, in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e
con tutta la sua vitalità alla natura, s'immerge in essa e si confonde con questa stessa.
Esempio classico di metamorfosi panica: "la pioggia nel pineto" in cui si compie la completa
fusione della donna (Ermione) con la natura.

MONTALE- DISARMONIA CON LA NATURA


OSSI DI SEPPIA
L’edizione definitiva della raccolta di liriche è del 1928. La raccolta si apre con la poesia in
limine e si conclude con Riviere. Le quattro sezioni collocate fra questi due componimenti si
chiamano: Movimenti, Ossi di seppia, Mediterraneo e Meriggi.
Tutta l’opera ha come sfondo il paesaggio della Liguria e il contrasto fra il mare, che ci
ricorda l’armonia con la natura e la terra che, essendo arsa e rovente per il sole cocente, è il
simbolo dell'esistenza umana, fatta di tanta sofferenza. Con la natura non è possibile una
fusione, come invece avviene con D’Annunzio (cfr, concetto di panismo in cu il poeta si
identifica e si compenetra con la natura fino ad arrivare ad una completa metamorfosi).
Invece, con Montale, il poeta si trova in una posizione di completa disarmonia con la natura.
La natura è arida e soffocante come l’intimo di ogni essere vivente è arido e sofferente.
Tuttavia, esiste una possibilità per uscire da una simile situazione; infatti può succedere
che,per miracolo, si crei un varco in modo da rompere il sistema deterministico di causa
effetto che domina la realtà in modo tale da poter permettere al poeta di arrivare a
comprendere il mistero che si nasconde dietro la realtà visibile.

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