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n.

2 = VEDETE CH’IO SON UN


RIME X, GUIDO CAVALCANTI
1. PARAFRASI
Vedete che io sono uno che piange e dimostra il giudizio d’Amore, e ormai non trovo un cuore
così caritatevole che, guardandomi, sospiri per una volta. È venuta nel mio cuore una nuova
pena, la quale mi fa male e mi fa piangere disperatamente; e spesso avviene che mi (saluti) si
avvicini, troppo presto (di fretta), la Morte angosciosa, la quale istruisce in quel punto le persone
attente, che fra di loro dicono:- Questo prova dolore, e ormai, dato come appare al di fuori,
dovrebbe avere dentro di sé nuovi supplizi.- Questo peso, che è disceso nel cuore, ha già
consumato alcuni spiriti vitali che erano venuti per difendere il cuore dolorante, il quale li aveva
chiamati. Questi lasciarono gli occhi abbandonati quando nella mente passò una voce che diceva:
- All’interno, bellezza, che muore, ma bada che la Pietà non vi si specchi! -

2. ANALISI METRICA
Si tratta di una ballata grande in quado la ripresa è composta da 4 versi di endecasillabi.
Lo schema metrico è il seguente: Myyx -ABABByyx – CDCDDyyx

3. ANALISI LINGUISTICA, STILISTICA, RETORICA


L’autore utilizza diversi termini che rimandano al tema dell’angoscia e della sofferenza
(piangendo, pietoso, doglia, angoscia, martiri…) comunicandoci lo stato d’animo da lui stesso
provato.
Tra le figure retoriche più importanti:
- Personificazioni: “Amore” al v.2, “Morte” al v.8, “core” al v.3 “Biltà” al v.19 e “Pietà” al
v.20;
- Enjambement vari;
- Antitesi: “fore…dentro” vv. 11-12;
- Endiadi: “doler e pianger” v.6;
- Allitterazione: della “i” ai versi 5/6, della “s” ai versi 7/8;
- Anastrofe: “sì pietoso core” v.3, “m’è nel cor venuta”, vv. 7-8, “mi saluta l’angosciosa
Morte”

4. COMMENTO
Per Guido Cavalcanti l’amore è un’emozione ossessiva, che viene esplorata in ogni aspetto,
soprattutto in quello negativo. L’amore è un sentimento che sfugge al dominio della ragione e
finisce per dominare l’anima, diventando una specie di malattia che comporta degli effetti
patologici, quali paura e malinconia. Per descrivere gli effetti che l’innamoramento produce,
Cavalcanti riprende la dottrina di Averroè, che affermava la separazione tra anima sensitiva ed
anima razionale. L’amore andava ad investire l’anima sensitiva, facendole provare un’esperienza
che spesso risultava distruttiva: gli “spiriti” o “spiritelli”, personificazioni ed espressione delle
facoltà vitali e spirituali, sono travolti dalla potenza d’amore, non hanno possibilità di salvezza.
In particolare, in questa ballata Cavalcanti vuole esprimere una richiesta di attenzione, reclamata
in nome di un dolore che è oggettivamente visibile agli occhi degli altri ma che non viene
recepito; infatti, la poesia inizia proprio con il verbo “Vedete”. Nonostante l’evidenza del suo
dolore in nessuno viene suscitata compassione.
In questo caso è come se Cavalcanti cercasse un conforto corale che però non gli viene dato.
Altra novità rispetto a Guinizzelli è la sperimentazione nelle ballate, leggere e malinconiche, il
costante presentimento della morte.

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