Ogni gruppo dovrà seguire questo processo con un prodotto definito dal gruppo
stesso. Infatti i gruppi devono essere misti, così da un lato si definisce il modello di
business e di marketing mix, e dall’ altro si arriva al prototipo. Ovviamente siamo
responsabili tutti insieme del progetto.
Esistono molti metodi per la progettazione, ognuno a sé stante. Perché si è detto che
se procedo con un’attività di progettazione con questa logica viene fuori un buon
progetto, un altro ha detto facciamo in un altro modo e così via. Quindi non c’è una
strutturazione delle metodologie. Nel corso daremo una catalogazione dei metodi e
1
si proverà a dare una logica di ragionamento per vedere ogni metodo dove può
essere utilizzato. Per ogni metodo esiste almeno un libro.
Modalità d’esame
La maggiore parte dell’esame è relativa al gruppo, ovvero ci saranno:
Presentazioni intermedie (gruppo)
Elevator pitch (gruppo)
Scritto teorico (individuale)
Progetto finale (gruppo)
Il voto che uscirà sarà relativa a gruppo ma poi ci sarà una discriminazione rispetto
ad uno scritto teorico che è individuale e con voto individuale.
Progetto
Per l’esame servirà un elaborato del progetto in word nel quale non bisogna riportare
assolutamente la teoria vista a lezione, ma l’applicazione, come abbiamo applicato
quella metodologia. Deve essere strutturato come un articolo scientifico con abstact
ed introduzione, quindi deve essere piuttosto breve (15 pagine). Deve essere in
inglese. La presentazione può essere fatta in power point o in altro modo a piacere,
e anche qui non dobbiamo riportare la teoria, e avremo 15 minuti per presentare. La
presentazione va fatta tutti insieme indipendentemente poi da quando uno va a fare
lo scritto o meno, che può fare anche da solo. La realizzazione del prototipo serve
per valutare gli altri 3 crediti, che può essere anche un prototipo virtuale. La
valutazione di quei 3 crediti sarà appunto rivolta a come noi riusciamo a passare da
un concept di prodotto ad un progetto di prodotto. In questo caso si parte da un
qualcosa che non esiste in commercio e lo dobbiamo definire completamente noi.
Ciò che si valuta è: l’inventiva, integrazione tra marketing e sviluppo prodotto,
intraprendenza (vedremo delle metodologie ma volendo possiamo usarne anche
altre che non abbiamo visto a lezione cerchiamo di fare qualcosa di diverso),
completezza di analisi (la parte teorica deve essere applicata, e deve essere
completo anche dal punto di vista analitico), presentabilità (la presentazione
dell’elaborato, delle slide, di come parliamo, capacità di presentare del progetto,
dobbiamo essere bravi a comunicare).
Scritto
Ci sono domande a risposta aperta, noi avremo 1 domanda su sviluppo prodotto in
mezz’ora. Potrebbe anche essere che abbiamo un’ora come i gestionali e in più
avremo una domanda sulla parte che facciamo da soli. Dobbiamo inquadrare bene
il problema e contestualizzarlo, oltre che ad avere capacità di sintesi ed essere chiari.
Scritto teorico significa che ci sono domande teoriche, ma si può far riferimento ad
esempi pratici, per cui possiamo fare qualcosa di personale e di elaborato senza fare
gli stessi esempi del libro. Se la domanda è: in questo contesto, per questo tipo di
2
prodotto quale pensiamo sia il metodo migliore da applicare tra i vari metodi di
progettazione, ci deve essere una comparazione tra i vari metodi che conosciamo, il
che vuol dire che non si deve entrare nel dettaglio di un metodo e spiegarlo, ma dire
perché un metodo è migliore, e perché un altro metodo è così così, e perché un altro
metodo è meglio non usarlo proprio. Ci devono essere considerazioni sul problema
che viene posto. Infatti lo scopo non è sapere tutto per bene dei metodi, ma si vuole
vedere la capacità, tipica dell’ingegnere, di capire caso per caso cosa fare, come
procedere e quale metodo applicare. La conoscenza della teoria si valuta proprio con
lo scritto ecco perché non dobbiamo mettere teoria nel progetto.
Elevator Pitch
L’elevator pitch è un discorso da fare nel tempo di salita di un ascensore (2minuti).
È un tipo di presentazione che viene fatta tipicamente quando si fanno contest, gare
di idee, business plan. Si ha così poco tempo perché un potenziale investitore o un
finanziatore si convince in 2 minuti di presentazione, perché questa persona non può
ascoltare decine di progetti per molto tempo e non può entrare nei dettagli di ogni
singolo progetto. Quindi i due minuti servono a presentare il problema e come lo
risolvo, quindi quali sono i potenziali clienti a cui mi rivolgo. Il pitch si fa ad un team
di esperti esterni. Visto che il l’esame lo fa poi chi è pronto (non è detto che si faccia
insieme), questa parte del pitch la devono avere tutti pronta, poi può essere che non
si ha un prototipo o comunque può mancare la parte finale, ma comunque dobbiamo
fare tutti il pitch. Gli esperti possono farci domande e mettere in crisi il progetto, i prof
valuteranno la capacità di reagire a queste provocazioni (oltre a presentazione, …).
Se però loro ci danno l’ok sul progetto l’esame lo possiamo anche se ce lo smontano
gli esperti. Si valuterà il modo di lavorare sull’ idea di partenza e non l’idea finale; è
importante il metodo, anche se gli esperti ci dicono che l’idea non serve a niente ma
il metodo è stato corretto, va bene lo stesso. È una soddisfazione in più il fatto di
avere un’idea innovativa che funzioni. Alla fine è importante per capire se poi si può
effettivamente investire successivamente sulla nostra idea e se questa ha delle
potenzialità extra corso.
Presentazioni intermedie
Sono fatte per andare avanti con il progetto. Si faranno sempre il venerdì:
• Venerdì 13 ottobre: ciascun gruppo dovrà presentare il problema (bisogno
insoddisfatto) che intende risolvere
• Venerdì 20 ottobre: ciascun gruppo dovrà presentare i requisiti funzionali del
problema e il questionario che intende sottoporre al mercato
• Venerdì 3 novembre: ciascun gruppo dovrà presentare almeno 4 concept
alternativi che risolvono il problema scelto
• Venerdì 17 novembre: seminario di ing. Stefano Troncone, esperto di brevetti
ciascun gruppo dovrà presentare il concept «vincitore» all’esperto
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• Venerdì 1 dicembre: seminario di dott. Valerio De Martino, dirigente aziendale
ciascun gruppo dovrà presentare il business model selezionato all’esperto
Ciò che si deve evitare di fare è di pensare “voglio fare un prodotto che faccia
questo”, prima del 17 novembre non dobbiamo proprio pensare a quale sia il
prodotto. Se lo si fa si sbagliano tutte le considerazioni precedenti, perché non si fa
un’analisi oggettiva dei problemi se abbiamo già un’idea del prodotto. Non bisogna
pensare a come risolvere il problema ma si deve pensare bene all’essenza del
problema. Per il 13 ottobre ciascun gruppo in maniera sintetica deve presentare il
problema (non necessariamente con una presentazione power point), possiamo
ancora parlare con i prof del problema, ma il 13 il problema deve essere bloccato. Il
20 ottobre si devono presentare requisiti funzionali e parametri di progetto del
problema che si vuole analizzare e costruire il questionario che i gestionali devono
porre al mercato per capire se il problema che abbiamo pensato è sentito dalle
persone, da chi, che tipo di clienti possiamo soddisfare, … ad esempio se ho il
problema di avere troppe tessere fedeltà nel portafogli da questionario si è dedotto
che le persone avevano il problema di perdere molto tempo alla cassa e che il
portafoglio era ingombrante, quindi i requisiti funzionali sono tempo e spazio. E il
problema tempo lo avevano soprattutto le donne, perché perdevano tempo a trovare
la carta alla cassa ma non avevano problemi di spazio perché hanno borse grandi,
mentre il problema degli uomini era lo spazio perché evidentemente il portafogli
maschile deve essere più compatto. Quindi requisiti e questionario vanno insieme,
perché una volta capito qual è il problema (troppe tessere), il fatto di dire che ci sono
due problemi relativi (tempo e spazio), ha ritrovato una segmentazione di mercato
con il questionario. Si può capire intuitivamente che un prodotto è un oggetto che
svolge una o più funzioni, in realtà non è mai una sola funzione, che è la più
importante, ma ci sono una serie di funzioni che sono ugualmente importanti (un
telefonino deve fare le telefonate, ma fa altre cose). Quindi ci sono sempre una serie
di cose che vanno messe insieme e vanno valutate; il problema sta proprio nel fatto
che voglio soddisfare tutte queste esigenze che stanno all’interno del prodotto senza
danneggiarne altre, e queste scelte cambiano a seconda del mercato a cui mi rivolgo.
Quindi la prima fase è capire il problema e capire cosa deve fare il prodotto che
ancora non conosco, che mercato accontentiamo soddisfacendo alcuni requisiti e
quale mercato accontentiamo se soddisfiamo altri requisiti, …
Per il 3 novembre si devono pensare almeno 4 concept alternativi che risolvano il
problema e ci avviciniamo alla soluzione. Per il 17 novembre c’è un seminario e
dovremo presentare il concept vincitore. Il 1 dicembre dovremo parlare del business
model che abbiamo scelto per arrivare sul mercato col nostro prodotto. È possibile
approfittare dei consigli che ci possono dare queste persone che lavorano sul campo,
per cui cerchiamo di rispettare le date. Il 15 dicembre, alla fine del corso, ci dovranno
essere le rifiniture in vista del pitch. In tutte le date, quando faremo le presentazioni
informali, i prof ci indicheranno se stiamo proseguendo nel modo corretto, cose
alternative, ecc. …
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Pensando al problema delle troppe chiavi da portare in giro devo capire se ci metto
troppo tempo a trovare la chiave giusta o che pesano, sono entrambi problemi e devo
capire a quale voglio dare priorità anche per capire a quale cliente dare importanza,
perché magari c’è un cliente che è disposto a spendere di più.
La riuscita di un’idea innovativa sta anche nel modo in cui si presenta (esempio dello
spinner che è stato presentato dai cinesi come un gioco e non come oggetto
terapeutico), ecco perché ci fanno fare il pitch e le presentazioni.
«Research is turning money into knowledge innovation is turning knowledge back
into money»: la ricerca è ciò che permette di trasformare denaro in conoscenza,
l’innovazione è il processo che permette di trasformare la conoscenza di nuovo in
denaro.
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Lezione 2 28/09/2017
Introduzione
Questo corso si baserà molto sullo user-centered design (progettazione centrata
sull’utente), in cui tutto ciò che si progetta è orientato a ciò che, chi utilizzerà il
prodotto vuole o comunque pensa di volere.
Il problema che non ci si è mai posti è: se metto un progetto a confronto con un altro,
chi deve pagare, quale sceglierà? E perché? In particolare quando si confronta un
progetto con un altro: qual è il migliore? Esiste un migliore?
Se si confronta una Ferrari con una Fiat 500 (sono due concetti completamente
diversi di un oggetto che ha esattamente le stesse funzioni di base) ci si accorge che:
entrambe hanno quattro ruote, un volante, un parabrezza, gli specchietti, …; di base
questi due oggetti hanno la stessa funzione, ma sono completamente diversi.
Ovviamente non tutti possono acquistare Ferrari e in ogni caso non è detto che sia
migliore. Se si abita in centro, dove non si trova parcheggio e si hanno svariati
problemi sul parcheggiare l’auto magari conviene avere una Fiat 500 piuttosto che
una Ferrari. Il valore del prodotto non dipende solo dal fatto che esso abbia
prestazioni eccezionali, ma dal fatto che le prestazioni che esso ha coincidono con
ciò che serve (al di là del discorso economico, che comunque ha un suo peso).
Molti progetti e molte scelte che si fanno non dipendono solo dal fatto che l’oggetto
funziona o meno, ma dipendono anche dal capire cos’è meglio nel caso in esame.
Quindi a partire dalle stesse specifiche vengono fuori prodotti differenti; tutto dipende
dall’equilibrio tra le varie esigenze; è possibile realizzare una vettura più bella o
magari più maneggevole: in generale quando si migliorano determinate
caratteristiche si vanno a peggiorare le altre. Pertanto i metodi di progettazione sono
“multi-criteriali” in quanto bisogna trovare l’equilibrio tra diverse esigenze. Nell’ambito
della meccanica pura si trova l’equilibrio tra: lavorabilità, efficienza energetica,
economicità, peso, …. Nell’ambito della progettazione meccanica si parla spesso di
riduzione dei pesi: il costo dei componenti di una bicicletta in relazione alla riduzione
di peso sale vertiginosamente (essi però sono in grado di fare la differenza). Con
autovetture in alluminio, si riuscirebbe ad alleggerire notevolmente la struttura
avendo minori consumi; d’altro canto se la vettura è troppo leggera ed il motore è
molto potente si rischia di non avere stabilità: per cui è necessario trovare un
compromesso tra leggerezza (per ridurre i consumi) e pesantezza (per aumentare la
stabilità). Esistono dunque molte situazioni di contrasto, ossia esigenze differenti per
le quali è necessario trovare dei compromessi.
Nell’ambito gestionale il compromesso è tra le differenti richieste del mercato. Ogni
persona ha un gusto differente magari nel vestirsi; se si sceglie di vendere solo
maglie bianche, questo accontenta solo parte del mercato; poi ci si deve porre il
problema del tessuto (cotone, lana, …): magari una persona non preferisce le maglie
bianche in cotone, ma se sono in lana sì. Quindi è necessario trovare un
compromesso tra ciò che viene dal mercato.
1
Il compromesso viene trovato anche tra i parametri di progetto. Se si deve realizzare
un contenitore si può scegliere di farlo molto largo e poco profondo o magari di forma
quadrata, in funzione del fatto che esso debba essere messo in uno scaffale piuttosto
che in un armadio, …; quindi magari a parità di volume è possibile dare una diversa
forma all’oggetto; si parla dunque di compromesso sui parametri di progetto o meglio
sulle specifiche tecniche.
Magari per ottenere un compromesso nell’ambito del mercato bisognerà realizzare
un prodotto, quale ad esempio un’autovettura, che: raggiunga almeno 100 /ℎ, non
è lungo più di 3.20 , ci devono essere almeno 4 posti, è necessario un bagagliaio
in cui ci vanno almeno 2 buste della spesa, …; si stanno dunque dando delle
specifiche di compromesso che hanno poi effetto sulla configurazione della vettura.
Per cui le metodologie di progettazione servono per fare delle valutazioni di
compromesso all’interno di specifiche tecniche ben definite.
Il marketing fa sì che si riesca a capire che prodotto si deve realizzare e quali sono
le specifiche tecniche; rispetto alle specifiche tecniche poi è possibile adottare
soluzioni differenti in cui anche in questo caso è necessario trovare un
compromesso.
Si parlerà di ottimizzazione di progetto in termini di compromesso tra le prestazioni
che non incidono sulle specifiche tecniche; le specifiche tecniche vanno a misurare
le prestazioni che si devono ottenere (arrivare almeno a 100 /ℎ, avere un sistema
di sicurezza, …). Quindi bisogna ottimizzare i componenti una volta che si è avuta
un’idea del concept di prodotto: i metodi utilizzati sono gli stessi.
Esiste una mega matrice di contraddizioni tecniche: si vuole per esempio migliorare
la rigidezza senza peggiorare la leggerezza o viceversa si vuole migliorare la
leggerezza senza peggiorare la rigidezza; sembra la stessa cosa, ma in realtà non è
così in quanto l’inversione pone l’evidenza su ciò che già va bene e su ciò che si
deve migliorare; magari si è già raggiunto un livello soddisfacente di rigidezza, ma
l’oggetto non è leggero o anche viceversa; le azioni che è possibile intraprendere per
alleggerire l’oggetto sono certamente differenti da quelle che si può fare per
aumentare la rigidezza. La mega matrice delle contraddizioni suggerisce in qualche
modo come procedere (si parla di metodo triz).
Prototipazione è un termine molto ampio; il prototipo è un qualcosa che serve per
valutare una o più funzioni del progetto. Se si realizza un prototipo in scala di un
generatore eolico, magari non girerà sotto l’azione del vento o se anche gira l’albero
non regge, ma è possibile far girare le eliche in altro modo (con una mano ad
esempio) per vedere se effettivamente il sistema funziona, per capire se c’è uno
sbilanciamento, per vedere se si riesce a montare il tutto, …; per cui il prototipo si
realizza per valutare aspetti tecnici o anche di marketing. Anche il disegno è un
prototipo. A valle di questo poi, c’è una fase di ingegnerizzazione. Nell’ambito
dell’elettronica (per quanto riguarda i cellulari ad esempio) finché non si è sicuri delle
funzioni che si vogliono implementare non si passa alla fase di ingegnerizzazione
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andando a miniaturizzare tutti i componenti, ma si utilizza qualcosa (ad esempio
“Arduino”) in cui si mettono assieme dei pezzi molto grossi (non miniaturizzati) per
capire se il sistema è efficace, se funziona, se serve, …. Nella storia Apple ad
esempio l’iPad è un qualcosa che è nato molti anni fa e veniva utilizzato solo dai
responsabili dei magazzini; sulla base di tutti i commenti che sono venuti fuori il
prodotto è stato chiuso ed è stato messo in commercio (il prodotto era già stato
definito, ma non era pronto per il mercato, almeno per gli standard Apple). Molti
prodotti sono morti prima di essere stati messi in vendita perché magari già dal
prototipo si era capito che alcune cose non andavano bene. Disegnando su
solidworks per esempio si realizzano dei modelli 3-D che sono nient’altro che dei
prototipi virtuali; nel momento in cui si va a movimentare il componente, si vanno a
fare delle simulazioni (con gli elementi finiti) si è di fatto realizzato un prototipo. Quindi
il prototipo potrebbe essere sia virtuale che fisico (oggetto materiale).
La startup è un’azienda giovane che nasce da un’idea particolare; se l’idea è quella
di fare il pasticciere non si apre una startup, ma si apre semplicemente una
pasticceria; tuttavia se si decide di vendere un prodotto che ha delle particolarità che
nessun’altro oggetto ha (ad esempio si vende un nuovo tipo di dolce fatto con degli
ingredienti particolari che nessun altro ha), allora si sta realizzando una startup. Se
in particolare tale idea nuova viene fuori da una ricerca scientifica si può parlare di
startup innovativa; inoltre se questa startup innovativa, viene fuori da una ricerca o
da particolari competenze acquisite all’interno dell’università si può parlare di spin-
off. Lo spin-off deve avere il timbro dell’università: si chiede all’università
l’autorizzazione a utilizzare i risultati della ricerca ottenuti durante una tesi, un
dottorato, … (l’università entra dunque in società con la persona o le persone che
vogliono portare avanti quel progetto innovativo). È un mondo molto particolare in
quanto è quello dei progetti e dei prodotti che hanno qualcosa di nuovo rispetto a tutti
gli altri (oggetti che hanno una caratteristica di innovazione); avere un prototipo da
mostrare e da far toccare quando si realizza qualcosa di innovativo è qualcosa che
incide molto sulla possibilità di essere finanziati da un notevole numero di persone
che cercano idee nuove (se l’idea nuova è valida i finanziatori guadagnano). Questa
cosa in America è molto più diffusa, in quanto si è visto che una ogni dieci startup
sfonda sul mercato portando soldi anche all’università; il guadagno che si ricava in
tal caso è sufficiente a coprire l’investimento sulle altre nove startup che non hanno
successo e a guadagnarci addirittura.
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Lezione 3 FOMPI 29/09/17
Il grafico sopra riportato rappresenta la storia del prodotto, dal punto di vista del
tempo e dal punto di vista dei flussi di cassa. Cosa significa la scritta opportunità?
Significa che ad un certo momento, durante le fasi di un’azienda ecc., è giunto il
momento di creare il prodotto (il mercato chiede questo prodotto); ad esempio, la
diffusione degli smartphone e l’elevato utilizzo degli smartphone nella vita di tutti
giorni ha creato un problema, cioè la batteria si scarica presto. Infatti, c’è stato un
momento nella nostra storia, dove avevamo bisogno di caricare più volte il cellulare
in una giornata attraverso la rete elettrica. Quindi qualcuno ha capito che bisognava
creare un qualcosa che potesse risolvere questo problema, e così furono create le
power bank (è ovvio che ha dovuto studiare e progettare la capacità della power
bank, il tipo di ricarica, uniformità degli attacchi ecc.). questo è per far capire come
può nascere un’idea, e una volta che ho un’idea magari sviluppiamo quel tipo di
prodotto perché siamo convinti che quel prodotto possa avere successo, quindi
dobbiamo avviare l’attività di progettazione. L’attività di progettazione ha un costo,
che può essere anche molto consistente, ovviamente dipende dal prodotto, ma
questo perché? Perché magari dobbiamo pagare la persona che deve fare i disegni
ecc. Supponiamo che noi siamo dei bravi progettisti e affrontiamo tutto il progetto da
soli, dobbiamo comunque pensare che quel lavoro/tempo che noi impieghiamo per
fare il progetto deve essere in qualche modo pagato; ad esempio se noi facciamo i
disegni a mano, dobbiamo comprare i fogli, le matite ecc. se facciamo i disegni in
autocad dobbiamo comprare la licenza. Quindi l’attività di progettazione ha un costo
legato alle persone che fanno il progetto, alle attrezzature che servono per
progettare, creazione dei prototipi ecc.
Ritornando al discorso della power bank, in base a quello che decido, cioè voglio che
la power bank riesca a caricare interamente due telefoni oppure che ne ricarica
mezzo, in base a quello che scelgo cambia la configurazione del prodotto, i costi, il
successo del prodotto, ingombri ecc.
Se voglio che la batteria del mio telefono duri di più, magari la devo fare più grande,
quindi aumenteranno i costi, aumenterà l’ingombro (magari se è troppo grande è
scomoda e non la compreranno) e così via. (bisogna trovare il giusto compromesso)
Una volta che abbiamo deciso come fare il nostro prodotto dobbiamo industrializzare
il nostro progetto; una volta scelto con che tipo di materiali fare il nostro prodotto,
iniziamo a vedere come assemblare tutti i componenti, chi mi produce i componenti
quindi devo affrontare tutti i problemi di realizzazione.
FCA quando progetta l’automobile, progetta anche la linea di produzione e lo
stabilimento dove fare quell’automobile. Tutte queste attività richiedono un certo
tempo e dei costi. una volta che viene realizzato il primo prototipo, e la linea del
grafico inizia a salire, più la salita ha elevata pendenza più il prodotto ha successo.
Se il prodotto ha avuto successo è perché magari chi ha realizzato il prodotto ha fatto
anche una buona pubblicità oltre che un prodotto valido.
La retta diventa orizzontale quando si ha un consumo costante, questo succede ad
esempio col pane, perché ovviamente la quantità di persone è pressoché la stessa
e l’alimentazione è sempre la stessa. Può cambiare però la concorrenza, se abbiamo
qualcuno che si mette in concorrenza con noi, la curva del grafico si può abbassare.
Quindi, dal grafico si vede che quando partiamo con un nuovo prodotto, la prima fase
è sempre legata ai costi e non sapremo come sarà la curva finale, sappiamo solo
che le decisioni che prendiamo nella fase di progettazione sono decisioni che
influenzeranno pesantemente il tempo che avrà la curva di vendita e l’altezza della
curva di vendita. A volte può capitare anche di creare un prodotto, ma di questo
prodotto non si capisce l’utilità e quindi non avrà successo. Perché le aziende sono
interessate ai metodi di progettazione? Sono interessate per due motivi:
1) Si riducono i costi, perché con un metodo di progettazione si è in grado di
andare a gestire e ottimizzare le attività di progettazione, poiché chiunque si
trova a lavorare a quel progetto deve seguire quel sistema, e si avrà in meno
tempo il prodotto. (a volte è capitato che chi ha fatto per prim un prodotto, le
persone si ricorderanno più di me che di altri che hanno fatto successivamente
un prodotto simile; per arrivare prima degli altri magari faccio un prodotto
buono ma non ottimo, perché magari andare a cercare l’ottimo si impiega
troppo tempo)
2) I metodi di progettazione consentono di strutturare la conoscenza, cioè
mettere su carta tutti i concetti di tutte le spiegazioni di perché sono state fatte
delle scelte e perché sono state scartate delle altre. Se un progettista va in
pensione, e ne assumo un altro, il nuovo arrivato non partirà proprio da zero.
A volte però può capitare che quella persona che sa fare bene il suo lavoro,
non rivela tutti i suoi trucchi del mestiere in modo tale da rendersi sempre
indispensabile per quell’azienda.
Progettare non significa fare solo un disegno e delle relazioni tecniche ma significa
soprattutto prendere delle decisioni che avranno effetto sul momento dell’attività di
progettazione ma soprattutto sul futuro, sulla durata del mercato e sull’azienda che
da il lavoro. Lo sviluppo del prodotto prevede la fase di:
Il marketing può anche creare nuove esigenze, ad esempio pubblicità ci può dire che
abbiamo bisogno delle cose ma in realtà non è vero.
Noi in qualche modo dobbiamo tradurre le esigenze in funzioni per poi passare ai
parametri di progetto. Il tutto può essere espresso attraverso questa relazione:
Qui troviamo una matrice in cui tutti i requisiti funzionali sono legati ai parametri di
progetto con delle relazioni non note. La matrice si chiama matrice di progetto. I
requisiti funzionali sono moltiplicati con dei pesi, perché non tutti i requisiti funzionali
pesano allo stesso modo. La matrice descrive la complessità del prodotto; se agisco
sul prodotto al primo membro significa che sto andando a cambiare le esigenze, nel
senso che, posso andare a togliere un requisito funzionale oppure aggiungerlo; per
quanto riguarda il vettore dei parametri di progetto io posso scegliere parametri di
progetto differenti per lo stesso problema, posso scegliere di fare le cose in un modo
piuttosto che in un altro (potrei decidere in qualche modo che piuttosto che
considerare le dimensioni e la densità prendo in considerazione altre cose). Quindi
fare l’elenco dei parametri di progetto non riguarda i valori dei parametri(numeri) ma
capire quali sono le cose che io voglio modificare e scegliere fisicamente (tutto ciò
che metto nel progetto)
Se avessimo uno strumento che ci consente di valutare il soddisfacimento dei
requisiti funzionali, io potrei avere una funzione obiettivo da massimizzare o
minimizzare. Ad esempio la media pesata della misura dei requisiti funzionali deve
essere ottimizzata. Tutti i metodi giocano sul modo con cui si misura il
soddisfacimento dei requisii funzionali, per cui una volta che ho impostato il problema
attraverso la relazione, noi possiamo misurare i requisiti funzionali per ogni ipotesi di
prodotto che noi abbiamo e confrontare i valori nella funzione obiettivo, il migliore, ad
esempio sarà quello che massimizzerà la funzione obiettivo.
{ws}{FRs} = [A]{DPs}
Ottimizzare un progetto significa massimizzare il valore della Funzione Obiettivo
(F.O.)
F.O. = ws m(FRs)
m(FRs) è il livello di soddisfacimento dei Requisiti Funzionali e dipende dalle scelte
fatte sui DPs. I vari metodi differiscono per il modo di calcolare questa misura
I requisiti funzionali si ottengono attraverso l’analisi di mercato.
1) Si fa l’indagine di mercato
2) Si traducono le richieste del cliente in requisiti funzionali
3) Capire quanto è importante quel requisito funzionale
4) Utilizzare metodi comparativi ad esempio AHP
La teoria della progettazione assiomatica è stata sviluppata dal Prof. Nam P. Suh
(MIT) che nel 1990 ha pubblicato un testo che comincia con la frase “there exists a
fundamentals set of principles that determines good design practice”. In tale testo il
Suh sostiene che è possibile un approccio assiomatico alla progettazione, da
affiancare a quello algoritmico.
ASSIOMA: è una definizione che si crede essere universalmente vera, anche nelle
sue applicazioni, ma che non può essere provata.
L’axiomatic design è stato sviluppato ed è stato, negli anni, anche supportato con lo
sviluppo di un software ad hoc.
E’ un metodo di progettazione che si basa sulla costruzione di matrici di relazione
logico/funzionale tra i domini della progettazione.
1
Il passaggio per il prototipo era un qualcosa di oneroso dal punto di vista del tempo
e dal punto di vista dei costi. Con l’avvento del pc faccio il disegno al calcolatore,
faccio simulazioni con analisi numerica, e faccio delle iterazioni che mi risparmiano
una serie di verifiche sul prototipo. Quindi faccio una serie di simulazioni e quando
vanno bene vado sul prototipo, e siccome è tempo computazionale, è tempo di uso
del calcolatore. Le simulazioni si fanno perché danno delle informazioni importanti,
un crash test ad esempio richiede un paio di giorni di analisi per avere i risultati, ma
una volta impostato il tutto posso fare piccole modifiche, infatti in solidworks posso
far cambiare dei dati senza dover cambiare tutto il progetto e velocemente vado al
calcolo, faccio una serie di iterazioni, dopodiché ho un’ipotesi di progetto e faccio il
prototipo fisico. Posso fare simulazioni strutturali, termiche, fluidodinamiche, posso
portarlo in realtà virtuale, verifico l’assemblaggio, … tutto ciò senza avere il prototipo
fisico.
Se sto facendo un prodotto innovativo, mi devo chiedere se sto utilizzando bene i
miei prototipi quelli virtuali e quelli fisici, quindi faccio un minimo di sperimentazione
semplice. Se faccio calcoli agli elementi finiti, inizialmente faccio calcoli con
condizioni note. Verifico che il modello sia corretto e poi metto altre condizioni di
carico. Bisogna sempre essere critici su ciò che è la valutazione di un modello. Più
riesco a passare da iterazioni che richiedono molto tempo ad iterazioni che si
possono fare al calcolatore, tenendo conto che la preparazione di una simulazione
al calcolatore richiede certe competenze ed un certo tempo, allora posso fare un
bilancio di costi tra quelli che sono i costi di prototipazione virtuale e prototipazione
fisica, e se riesco ad ottimizzare questi costi accorcio il tempo per arrivare alla
delibera del progetto. Se ho un modello 3D con il CAM posso usare un software che
mi elabora il part program per fare la lavorazione, così non mi devo mettere a scrivere
un listato di comandi.
Ogni biforcazione dello schema richiede che venga presa una decisione, vado a
destra o a sinistra, cioè delibero il progetto o faccio delle modifiche. Quindi l’attività
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progettuale richiede di prendere delle decisioni, altrimenti si metterebbero delle
persone a fare sempre quello, invece noi siamo chiamati a prendere decisioni per
fare così piuttosto che in altro modo.
Decision making
Esistono differenti metodi che permettono di “prendere decisioni” in maniera
ottimale
L’applicazione di queste tecniche dipende da:
Tipologia di progetto e caratteristiche richieste
Conoscenze intuitive a disposizione del progettista (derivate da esperienza)
Conoscenze teoriche (leggi fisiche)
Indagini statistiche
Disponibilità di materiali e/o componenti commerciali
Costi
Possibilità tecnologiche
Nelle prossime lezioni ragioneremo su come fare per prendere decisioni in maniera
ottimale, che da una parte vuol dire imparare ad identificare bene il problema (anche
se non è una cosa che si insegna si deve essere portati), ovvero chiarire quali sono
gli aspetti del problema e poi scegliere la soluzione ottima per quel problema. Su
come chiarire bene gli aspetti del problema faremo degli esercizi e di ragionamenti,
su come prendere la soluzione ottimale vedremo dei metodi. Non esiste un metodo
migliore ma esistono uno o più gruppi adatti ad alcuni tipi di problemi. Quindi in alcuni
casi possiamo basarci su conoscenze teoriche (le tensioni si distribuiscono in un
certo modo e riesco a capire se il materiale cede o non cede e se varia la sezione
cambia la distribuzione delle tensioni e così via), altre decisioni le posso prendere
perché sono esperto e so già cosa succede se prendo un tipo di decisione. Bisogna
cercare di capire bene come funzionano i nostri progetti, perché sappiamo bene
come funziona ma se poi si comporta in maniera diversa dobbiamo chiederci il
perché, e questa diventa la nostra esperienza. Alcune decisioni sono vincoli. Le
nostre decisioni quindi vengono guidate da una serie di fattori che non decidiamo
noi.
3
Spesso si devono confrontare e ottimizzare aspetti non quantificabili
numericamente (es.: la carrozzeria di un’autovettura viene valutata
esteticamente e strutturalmente);
Spesso le caratteristiche richieste non hanno la uguale importanza;
Il problema dell’ottimizzazione nella progettazione è che quasi mai un problema è
disaccoppiato, cioè non capita mai che devo garantire n funzioni al mio prodotto e
ognuna di queste funzioni dipende da un solo fattore che non influenza gli altri. Quindi
leggerezza e robustezza sono correlate e se miglioro una peggioro l’altra. Se erano
indipendenti potevo ottimizzarle singolarmente. Siccome ciò non avviene e i requisiti
sono in qualche modo accoppiati li devo mettere assieme e trovare un equilibrio che
me li soddisfi. In particolare leggerezza e robustezza li posso misurare (ho un modulo
di elasticità o la massima tensione di rottura e ho il peso), ma se devo fare un oggetto
bello, leggerezza, robustezza ed estetica sono difficili da combinare perché l’estetica
è difficile da misurare. Quindi ho bisogno di trovare un equilibrio tra esigenze
confrontando cose che non sempre sono confrontabili. Spesso le caratteristiche
richieste non hanno uguale importanza, questo lo abbiamo accennato nell’equazione
della progettazione. Ognuno di noi assegna allo steso prodotto importanze differenti
a seconda dell’utilizzo che ne deve fare. Se sono un pendolare e devo lasciare la
macchina vicino alla stazione che si trova in paese in cui non rubano le macchine
allora tutto apposto, ma se devo parcheggiare in un posto in cui le rubano cerco di
prendere una macchina vecchia o magari sporca così non la rubano. Stiamo
parlando dello stesso prodotto ma le esigenze sono diverse. Quindi si deve porre il
problema del contesto e lo si deve porre dando una definizione delle esigenze e
dell’importanza relativa che dipende dal contesto.
Metodi di progettazione/ottimizzazione
In tutte le fasi di progettazione, l’ingegnere può far uso di differenti metodi per
“ottimizzare” il progetto:
Ottimizzazione, tra le caratteristiche richieste, di quelle di fondamentale
importanza (Approccio algoritmico)
Riformulazione del problema progettuale in modo che sia scomponibile a
blocchi ottimizzabili individualmente (Approccio assiomatico, TRIZ)
Utilizzo di sistemi di rappresentazione della conoscenza che, con appositi
algoritmi, possano individuare la soluzione ottimale globale (sistemi logici
[Fuzzy, doxastica, ..], algoritmi genetici, Reti neurali, etc.) (Approccio logico o
IA)
Utilizzo di metodi comparativi (AHP, MADM, …)
I metodi di progettazione sulla quale lavoreremo, li abbiamo classificati anche se
bisogna considerare altre cose. Ci sono metodi che hanno un approccio algoritmico
in cui trovo una serie il più possibile esaustiva di ipotesi che valuto sotto certi criteri.
Poi ci sono approcci concettuali (assioma della progettazione) che sono suggerimenti
4
su come affrontare il problema della progettazione senza entrare nel merito, nel
senso che ci suggeriscono come impostare il progetto, non come elaborare la
soluzione ottimale, dando per scontato che se si imposta correttamente il progetto ci
stiamo comunque avvicinando alla soluzione ottimale, perché un problema chiaro e
correttamente impostato rende evidente la soluzione. Ad esempio c’è un metodo che
si chiama Design for Assembly che dice che se progetto qualcosa che sia facilmente
assemblabile in maniera robotizzata allora ho un ottimo progetto, il prodotto
funzionerà bene. Poi ci sono i metodi comparativi secondo i quali non ho una
soluzione ottima per cui ipotizzo una serie di soluzioni e le confronto per vedere qual
è la migliore (vedremo il modello AHP). Il limite grosso dei metodi comparativi, in
alcuni casi anche superabile, è che quando confronto due prodotti fra di loro potrei
dire quale dei due è il migliore ma in realtà posso dire anche quale dei due è il meno
peggio, cioè posso confrontare solo quello che ipotizzo e non posso capire come e
dove migliorarlo. Poi ci sono i metodi di rappresentazione della conoscenza, se
riesco a rappresentare la conoscenza posso mettere a sistema l’esperienza di tutti
quelli che sono venuti prima di me. Questa cosa può essere fatta con la
rappresentazione esplicita della conoscenza con delle logiche (noi vedremo la logica
Fuzzy), oppure con degli algoritmi genetici come le reti neurali. Sistemi come la logica
Fuzzy hanno una rappresentazione esplicita della conoscenza (ho la regola e la
formalizzo), poi ho delle procedure di composizione di tutte le regole per ottenere il
risultato, mentre gli algoritmi genetici come le reti neurali hanno una
rappresentazione implicita della conoscenza, cioè gli diamo il problema alla rete con
un algoritmo genetico ben configurato, otteniamo il risultato ottimale ma non
sappiamo perché è quello ottimale, cioè tutto ciò che viene elaborato dipende da
tutta una serie di esperienza pregresse senza definire una regola o un perché, che è
ciò che facciamo quando diciamo che a sensazione è meglio questo invece che
quest’altro. La Fuzzy approccia in modo simile ma visto che esistono delle leggi, non
le formalizzo ma le approssimo, le reti neurali non fanno nemmeno
quest’approssimazione. Tutti i software di modellazione CAD come Catia hanno un
modulo detto KBE (knowledge based engineering) che consente di scrivere delle
regole di progettazione ed aiutano a non commettere errori che identificano l’azienda,
così scrivo queste regole e il progetto viene fuori quasi in automatico.
Obiettivi da perseguire
L’approccio coi metodi consente da una parte di ridurre gli errori progettazione nella
fase di stesura del progetto e quindi di ottenere una riduzione dei tempi di messa in
produzione del nuovo prodotto, dall’altra di ridurre il numero di prototipi fisici e quindi
di ridurre le spese di prototipazione.
Approccio algoritmico
Progettazione sistematica:
o Pahl and Beitz
o Hubka and Eder
5
o Oshuga
o VDI (Geman Standar Institute)
o Concurrent Engineering
Progettazione robusta:
o Metodo Taguchi
o Metodo 6-sigma
Design for X:
o Design for Assembly
o Design for Manufacturing
o Design for Maintenance
o Design for Environment
Pahl e Beitz hanno fatto la storia dei metodi di progettazione, hanno scritto un libro
in cui hanno cercato di schematizzare un metodo di progettazione meccanica. La
progettazione robusta è qualcosa che serve a rifinire la soluzione ottima che è stata
trovata utilizzano tecniche che sono quelle del controllo qualità. Il metodo Taguchi
serve per risolvere problemi di produzione, e 6-sigma lo stesso, cioè mi dicono come
fare il mio prodotto in maniera tale che più o meno 6 sigma della gaussiana mi dia
prodotti che siano di qualità e quindi devo scartare solo la coda della gaussiana da
un lato e dall’altro. Prima si usava il 3-sigma. Poi c’è una serie di Design for X, in cui
si sono posti il problema di voler ottimizzare l’assemblaggio, la manifattura,
l’ambiente, … adesso più che di design for Environment si parla di green design in
cui non solo si deve ottenere un prodotto verde ma lo si deve lavorare con tecnologia
verde, che non abbia emissioni. Già prima di Pahl e Beitz si usava un approccio
probabilistico per prendere decisioni in certe condizioni.
Il metodo Triz esce un può fuori dagli schemi perché cerca di strutturare secondo
una scelta logica la conoscenza dell’ingegnere meccanico. Le regole scritte nella
teoria Triz sono delle regole fisiche. Nell’ambito architettonico ha preso piede il
Kansei Engineering, in italiano la traduzione letterale è progettazione viscerale, che
sarebbe come dire a pelle mi sembra che va bene.
Alla fine del corso dovremo cercare di capire se vale la pena applicare un metodo di
progettazione nell’attività che stiamo portando avanti e quale metodo conviene
applicare. In ogni caso dovremo renderci conto che non c’è un metodo migliore
6
dell’altro e in alcuni casi vanno un po' mescolati. Infatti esistono delle possibilità di
utilizzo anche integrate.
La progettazione è un qualcosa di molto ampio: si progetta una vacanza, la logistica,
un romanzo. Buona parte di questi metodi possono servire come metodologie a
problemi che non sono necessariamente di natura meccanica. Progettare significa
definire le cose in maniera chiara, chi fa cosa.
Abbiamo visto la scorsa lezione il primo assioma della progettazione:
=
I termini sono i pesi, che stabiliscono quale requisito è più importante e quale è
meno importante per una certa idea di prodotto. sono i requisiti funzionali.
è la matrice che mette in relazione i requisiti funzionali con i parametri di progetto,
che sono . Questi sono tutti i termini che in qualche modo una persona che sta
lavorando ad un progetto deve identificare. I termini , sono quantità che il
progettista deve identificare ma che non dipendono dal progettista. Esistono una
serie di requisiti funzionali, perché devo fare un certo prodotto che serve a qualcuno,
infatti ci sarà qualcuno che ci commissiona un progetto (è difficile che progettiamo
qualcosa per noi stessi), che deve risolvere un’esigenza. L’esigenza non dipende da
noi, ma dobbiamo identificarla correttamente ma i requisiti funzionali e i relativi pesi
rappresentano esigenze. Quindi dobbiamo rappresentare il problema nella maniera
più chiara e corretta possibile, andando ad identificare l’elenco dei requisiti funzionali
e i valori dei pesi dei requisiti funzionali. La matrice e il vettore invece
dipendono da noi. Li dentro c’è tutta la nostra conoscenza e tutta la tecnologia
esistente, perché se ho un problema e penso a varie possibili soluzioni, dal punto di
vista concettuale vuol dire scegliere un certo tipo di parametri di progetto piuttosto
che un altro (se devo arrivare da qua a la, posso decidere di prendere la macchina o
la bici o andare a piedi, e in un caso devo progettare la macchina, in un caso la bici,
in un caso le scarpe e ciò si porta dietro una n-pla di parametri di progetto diversi sia
come lunghezza che come contenuti, ma se devo andare da qua a la i requisiti
funzionali sono gli stessi, perché magari non devo consumare troppa energia che
può essere carburante o energia che ci metto io. Ovviamente la distanza può
influenzare la soluzione perché se devo fare 50 km la soluzione delle scarpe diventa
poco interessante. Quindi ci riferiamo agli stessi requisiti (economicità, sicurezza,
autonomia, comodità, …), ma che avranno importanza differente e risultati in termini
di parametri di progetto diversi. È chiaro che poi posso fare delle scarpe che fanno
50 km con materiali speciali oppure posso mettere un motorino elettrico sulla bici).
Quindi in conclusione faccio certe ipotesi ma poi mi devo chiedere se sono
realizzabili. Più ho conoscenza della matrice A, cioè delle tecnologie e dei materiali
a disposizione, più mi posso permettere di svariare con i requisiti e i parametri di
progetto. Questo dipende dal progresso tecnologico, ma dipende anche dalla nostra
capacità di ragionare su questi aspetti. La matrice A è la matrice delle conoscenze
tecniche: più abbiamo una matrice ampia più ipotesi di progetto possiamo valutare
7
traendo delle risposte convenienti. Noi studiamo per ampliare la nostra matrice A. in
questo discorso rientra tutto ciò che riguarda i brevetti, perché brevettare significa da
una parte tutelare ciò che abbiamo inventato, dall’altra diffondere ciò che abbiamo
inventato. Quindi se brevettiamo qualcosa riempiamo la matrice A ma diamo
un’informazione anche a qualcun altro che può ampliare la sua matrice. Se mi sono
tutelato col brevetto poi chi ha ampliato la sua matrice col mio brevetto mi riconoscerà
qualcosa ogni volta che lo usa (esempio della Coca-Cola che nessuno può copiare
la sua formula e questo prodotto non è stato inserito nella matrice A). Parliamo di
queste cose in modo che impariamo a misurare il soddisfacimento dei requisiti
funzionali ogni volta che scegliamo dei parametri di progetti usando determinate
tecnologie.
Quando diciamo che A è la matrice della nostra conoscenza ci riferiamo al vettore di
tutti i possibili di progetto che rientrano nei possibili requisiti funzionali. Ho una sorta
di enciclopedia che è l’elenco di tutte le leggi che posso mettere un parametro di
progetto con uno o più requisiti funzionali. Le leggi di scienza delle costruzioni o della
fisica tecnica ci dicono che le proprietà di un materiale unite con la forma di una trave,
unite alle dimensioni di una trave, ci dà un comportamento in termini di rigidezza, e
quello è un pezzettino di quella matrice. È chiaro che se ho un problema da risolvere
e scelgo un vettore di parametri di progetto, esso è un piccolo vettore rispetto
all’intera conoscenza e poi elenco il mio problema con una serie di requisiti funzionali,
che è un piccolo elenco di tutti i requisiti che mi posso immaginare. Quindi prenderò
un piccolo pezzetto della matrice e può accadere che alcune parti della matrice non
hanno relazione con alcuna parte dei requisiti funzionali, infatti la matrice non è
completamente finita. Pertanto può capitare che quando ho un problema in teoria la
matrice è pieno, ma poi magari in realtà non so come mettere in relazione DP1 con
FR3 per cui metto zero, poiché è dimostrato che qualsiasi sia DP1, FR3 non cambia.
Per cui mi trovo che la matrice presenta degli zeri. Inoltre se riordino la matrice può
darsi pure che cambia configurazione, e magari potrei riordinare in modo da avere
tutto sulla diagonale (sarebbe perfetto) perché vuol dire che un parametro di progetto
influenza un solo requisito e così posso ottimizzare più facilmente, per ogni X c’è una
legge che ha una sua incognita e se risolvo quell’equazione ho ottenuto il massimo.
8
Quando invece ho una situazione come in figura sotto, ho un’ottimizzazione parziale
perché posso fare così: decido DP1 per ottimizzare FR1, e una volta deciso questo
non cambia più, quindi FR2 dipenderà solo da DP2, lo stesso vale per FR3, perché
ho fissato DP1 e DP2 e dipenderà solo da DP3 e posso ottimizzare. È probabile che
si becca qualche ottimo locale che non è la soluzione ideale.
Nella figura sotto invece si ha la situazione peggiore in cui se cambio DP1 cambia
FR1, FR2, FR3, … questa è una contraddizione tra tutti i requisiti funzionali e per
venirne a capo di devono fare tutte le combinazioni possibili e vedere qual è la
migliore. Quindi se ho n parametri ed m requisiti funzionali, per ognuno degli n
parametri posso vedere un certo numero di soluzioni possibili e vedere cosa
succede.
Quando si guarda la matrice di solito succede che se i requisiti son quelli e i parametri
sono quelli, mi dico che se la matrice è così non posso farsi niente. Ma il primo
assioma dice che devo disaccoppiare, e come posso disaccoppiare? Vediamo come
posso disaccoppiare se ho una matrice piena. Ci sono molti approcci per fare questo
e sono tutti abbastanza logici e lo si può immaginare anche in termini matematici. In
particolare si può agire sul vettore dei requisiti funzionali o sul vettore dei parametri
di progetto o sulla matrice. Se ho un vettore di DP e un vettore di FR potrei inventarmi
dei vincoli. In particolare potrei fare la derivata, perché dei parametri di progetto
avranno un legame dai requisiti funzionali più forte, altri invece avranno una relazione
più debole, quindi se cambio un parametro di progetto un requisito funzionale cambia
del 20% mentre un altro cambierà dello 0.2%. Quel 0.2% fa sì che si può togliere la
9
dipendenza. Ci potrebbe chiedere quali sono le relazioni tra parametri di progetto e
requisiti funzionali per poter dire che quei parametri di progetto hanno una
dipendenza molto bassa su quei requisiti funzionali. Sui requisiti funzionali non
possiamo agire perché non dipendono da noi ma vengono fuori dal mercato, quindi
o chiamiamo l’esperto di marketing per sapere se è sicuro (li nascono trattazioni per
alterare i requisiti funzionali ma non è competenza nostra) o posso vedere se
nell’assegnare i pesi, se essi vengono assegnati in modo tale che la loro somma è
1, ci sono termini che valgono 0.01, 0.05, … cioè ci sono requisiti funzionali che sono
meno importanti allora inizio a vedere se posso trascurarne qualcuno e massimizzo
quelli più importanti, così mi sono semplificato il problema approssimando il
problema. Sui parametri di progetti c’è molta fantasia: non a caso abbiamo visto
l’esempio della macchina o delle scarpe. Quindi posso avere più inventiva perché mi
invento un prodotto che ha le stesse funzioni che però nessuno aveva pensato. Se
cambio i parametri di progetto o cambio la configurazione del mio prodotto (esempio
del rubinetto fatto la lezione scorsa) tutti mettono i rubinetti in parallelo, se solo li
metto in serie cambiava completamente il problema. Quindi ci sono due approcci di
approssimazione ed uno di riconfigurazione (che è più inventivo). Quello di
approssimazione è stato anche “strutturato” in termini gerarchici. Posso provare a
raggruppare alcuni parametri di progetto ed alcuni requisiti funzionali, così ho una
visione diversa del problema. In realtà dovrei fare il contrario perché se ci viene detto
un problema dovrei esploderlo in tanti sotto problemi su più livello. Quando però
faccio questo accorpamento il problema si semplifica e la matrice si diagonalizza il
più delle volte. Per FCA ad esempio si deve vendere quindi si deve fare un buon
prodotto, ma fare un buon prodotto significa fare un’auto che ha maneggevolezza,
abitabilità, capacità del bagagliaio, …. Requisiti funzionali che sono generici, che
posso tradurre in maniera approssimata in dimensione della vettura, numero di
sportelli, capacità del bagagliaio, … quindi descrivo il mio problema in maniera via
via più dettagliata dimenticandomi le interazioni che ci sono, perché sono ad un livello
talmente astratto, che queste interazioni le posso trascurare e procedo
gerarchicamente su problemi più complessi. Se sto parlando delle prestazioni del
motore vuol dire che molto in basso c’è qualcuno che dice che manicotto mettere tra
il radiatore e il motore per portare l’acqua di raffreddamento, questa è una cosa che
influenza tutto perché se metto un altro tipo di manicotto magari più lungo, cambia la
massa, cambia il baricentro, …. In teoria cambiano le prestazioni dell’intera vettura.
Ma poi devo considerare i pesi. Quindi se prima vedo il problema singolo e poi mi
esplodo in vari problemi la cosa si semplifica. Le grosse aziende che fanno prodotti
complessi lavorano in questi termini anche dal punto di vista dell’organizzazione
aziendale. Su prodotti complessi gerarchizziamo i requisiti funzionali e per ognuno di
essi ci immaginiamo una macro parametro di progetto (devo far muovere la macchina
quindi devo progettare un motore). Questo si ripercuote anche sulla struttura del
centro di progettazione.
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Quello che suggerisce l’inventore del primo assioma è un metodo a zigzagging che
è il metodo principe per la scomposizione di problemi semplici, per la
diagonalizzazione della matrice. Parto da ciò che devo fare e mi immagino il prodotto,
scompongo in sotto requisiti del primo livello, mi immagino quali componenti del
prodotto possano soddisfare quei requisiti funzionali, e procedo così. Alla fine
valuterò le interazioni, in fondo all’albero. In questo caso l’approssimazione sta nel
fatto che trascuro le interazioni più deboli tra un componente del prodotto e gli altri
requisiti funzionali.
La prossima volta vedremo esempi di requisiti funzionali perché dobbiamo capire
come applicare la gerarchizzazione e capire cos’è un requisito funzionale.
La prima cosa da fare è capire cosa deve fare il mio prodotto per risolvere il mio
problema quindi devo individuare i requisiti funzionali.
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Lezione 5 5/10/2017
Progettazione sistematica
Il concetto di requisito funzionale è l’aspetto chiave di tutti i processi di progettazione:
si riesce a progettare in maniera decente se si capisce cosa deve fare quel
determinato oggetto. È chiaro che quando si realizza qualcosa per un cliente è
diverso da quando invece ci si rivolge ad un mercato. In effetti quando ci si rivolge
ad un cliente in particolare, ciò che si propone non deve essere fatto per accontentare
differenti opinioni, ma è semplicemente la traduzione di ciò che si pensa voglia il
cliente: in tal caso il dubbio consiste solo nell’accertarsi di aver capito cosa richiede
il cliente. Quando ci si rivolge al mercato invece si devono coniugare opinioni
differenti: le persone hanno gusti differenti, sebbene magari provengano dalla stessa
estrazione sociale e abbiano la stessa età; pertanto un prodotto che va bene per
alcune persone, può non andare bene per altre persone: l’obiettivo è ampliare più
possibile il numero di persone cui il prodotto è rivolto.
Esistono diversi metodi di progettazione, che vengono di seguito riportati (approccio
algoritmo):
Progettazione sistematica:
o Pahl and Beitz
o Hubka and Eder
o Oshuga
o VDI (German Standard Institute)
o Concurrent Engineering
Progettazione robusta:
o Metodo Taguhci
o Metodo 6 −
Design for X:
o Design for Assembly
o Design for Manufacturing
o Design for Maintenance
o Design for Environment
In particolare i primi quattro metodi fanno parte dell’essenza del progettista
meccanico.
Nel Concurrent Engineering si ha un approccio alla progettazione non rivolto al
mercato, ma semplicemente al concetto di progettazione. In pratica si hanno diverse
persone da mettere d’accordo nello sviluppare un progetto e bisogna capire come
metterle d’accordo.
La progettazione sistematica è stata introdotta da Pahl e Beitz, con la pubblicazione
del testo Konstruktionlhere (engineering design) nel 1977, che ha fatto la storia dei
metodi di progettazione.
1
Figura 1
Figura 2
2
In particolare si parte dai bisogni del cliente (customer needs): c’è qualcuno che ha
bisogno di qualcosa; nell’approccio marketing ci si occupa di capire se c’è un
mercato, mentre nell’approccio di progettazione della meccanica pura c’è un cliente
che chiede di sviluppare un prodotto, una linea di produzione, ....
L’idea di prodotto può essere fornita sia dal cliente stesso sia dal progettista. Qui già
sorge il primo dubbio: nei documenti non c’è scritto chi è che ha deciso il prodotto
che si vuole realizzare.
Poi ovviamente c’è la progettazione vera e propria, la sintesi della soluzione, la scelta
delle tecnologie di produzione, la pianificazione del processo produttivo, la
produzione, il controllo qualità, l’immissione prodotto sul mercato, la gestione della
manutenzione, il ritiro dell’usato e il riciclo o la dismissione.
Questo è quello che c’è dietro il ciclo di vita di un prodotto che è stato per la prima
volta catalogato proprio da Pahl e Beitz. C’è quindi uno schema sequenziale: se si
avesse contezza dell’intero ciclo di vita, quando si arriva alla fine si avrà un’idea
chiara su come sviluppare un nuovo prodotto.
La freccia rossa che collega il riciclo o dismissione all’idea di prodotto prima non
esisteva; questo è il motivo per cui sono nati i software PLM: si cercano informazioni
per capire come modificare il prodotto per renderlo migliore (per tale motivo molto
spesso fanno dei sondaggi in cui richiedono il parere del cliente).
Molto spesso le case madri delle automobili richiedono di avere il pezzo rotto
dell’autovettura, per capire il motivo per cui si è rotto (magari non è mai capitato che
si è rotto quel pezzo): in questo modo riescono a migliorare il prodotto nonché a fare
delle statistiche.
Molto spesso il prodotto fallisce quando viene immesso sul mercato: si rischia quindi
di eseguire tutto il percorso fino all’immissione del prodotto sul mercato e poi non si
riesce a vendere il prodotto, nonostante si siano investiti molti soldi per portarne
avanti la produzione. Magari è necessario eseguire delle modifiche e quindi ritornare
all’inizio del ciclo di vita, per sperare poi di recuperare tutti i soldi investiti.
Se è chiaro tutto il percorso che fa il prodotto dall’inizio alla fine è possibile identificare
dove sono i problemi e dove bisogna intervenire. Quindi se c’è un problema all’inizio
e ci si accorge di tale problema al “ritiro dell’usato” non si riesce ad avere traccia di
dove realmente esso si è verificato.
La sintesi progettuale è un qualcosa che porta a stabilire effettivamente cosa fare.
Per decidere cosa fare ci si può avvalere di vari metodi: scegliere uno dei metodi
piuttosto che un altro dipende dalla sensibilità di chi fa la scelta.
L’analisi sequenziale condotta da Pahl e Beitz è stata tradotta nella
concurrent/simultaneous engineering.
3
Figura 3
In realtà da Pahl e Beitz ad oggi è cambiato molto nel mondo della progettazione
meccanica. Pahl e Beitz si sono impegnati per capire che esistevano una serie di
step che portavano alla realizzazione del prodotto, ma oggigiorno si hanno dei
software che consento di gestire milioni di bit di informazioni su ogni step di quel
processo identificato da Pahl e Beitz. All’interno di un PDM si possono inglobare le
informazioni riguardo alla release di quel componente del prodotto nonché la
relazione tecnica in cui si spiega perché il prodotto è stato modificato, nonché magari
degli schizzi: il tutto viene organizzato in un database, con un sistema centralizzato
che memorizza tutte le informazioni riguardo alla rottura dei diversi componenti, …,
cosa che prima non esisteva.
È chiaro che quando si progetta un sistema non è proponibile molto spesso realizzare
un componente come un unico pezzo, ma è necessario prevedere dei collegamenti
tra più componenti (altrimenti si rischia di complicare eccessivamente la lavorazione
e sprecare troppo materiale). Molto spesso per realizzare un prodotto sono
necessarie quindi competenze in diversi ambiti, perché oltre alla progettazione vera
e propria, è necessario fare una stima dei costi, capire la fattibilità nella realizzazione
di un componente attraverso lavorazioni meccaniche, …. Quello che si fa oggigiorno
è creare dei team di progetto che coinvolgono tutti fin dall’inizio, con persone esperte
in diversi ambiti.
Soldiworks ad esempio possiede un PDM che può essere settato; nell’ottica
aziendale si ha un database in cui si va ad inserire tutto il lavoro svolto da ogni singolo
membro del team; se però il progettista vuole la collaborazione del tecnologo per
sviluppare un componente, il progettista non vuole che il tecnologo vada a modificare
le cose in quanto è il progettista ad avere svolto dei calcoli per capire se la struttura
regge o meno; pertanto il progettista vuole che il tecnologo veda il proprio file, ma
che nel contempo non lo possa modificare. Il PDM ha un sistema di condivisione
delle autorizzazione alla visualizzazione e modifica dei file; in sostanza si ha una
piattaforma informatica, che è un server centrale, potendo decidere chi vede cosa e
chi può modificare cosa. È chiaro che per una data parte di un componente non è
4
possibile dare l’autorizzazione alla modifica solo di alcune zone di quel modello: si
può o autorizzare eventualmente solo a modificare l’intera parte.
Si può quindi immaginare di creare un team in cui tutte le persone utili allo sviluppo
di un progetto possono proporre il proprio intervento. Il tecnologo ad esempio dovrà
dare un parere sulla lavorabilità e sulla realizzabilità di alcuni componenti,
condividendo tali informazioni in modo tale che il progettista sa se si sta muovendo
su una direzione sbagliata, intervenendo prima ancora di rilasciare una nuova
versione: in sostanza si rilascia una nuova versione dell’idea dopo aver avuto il
parere del tecnologo. Avere un consiglio da parte di tutti piuttosto che scoprire i
problemi solo alla fine è un buon modo di procedere.
Fin quando ci si muove nell’ambito della progettazione non si parla propriamente di
concurrent engineering; la concurrent enigneering è legata al cercare di capire se gli
step successivi alla progettazione possano risentire in maniera negativa delle
decisioni prese. Banalmente un prodotto ideale da un punto di vista strutturale, da
un punto di vista logistico quell’oggetto, di certe dimensioni, non può essere
movimentato, per cui è necessario realizzarlo in due parti prevedendo dei sistemi di
collegamento. Pertanto la concurrent engineering si pone il problema di coinvolgere
diverse persone per capire se le decisioni prese genereranno problemi
successivamente e se quei problemi possono essere superati. Necessariamente
tenuto conto di tutte queste informazioni il progetto cambia.
Ovviamente se una persona ha le competenze per tenere conto di tutti gli aspetti può
farsi pagare di più; è chiaro che ciò è complicato in quanto un bravo progettista riesce
anche ad immaginare le tecnologie di produzione, con quali macchine il prodotto può
essere realizzato, la pianificazione del processo produttivo, la produzione…, ma già
sul controllo qualità è difficile che riesca in qualche modo ad avere un’idea; risulta
praticamente impossibile da pensare che il progettista sia in grado di arrivare agli
aspetti legati al mercato. In ogni caso più si riesce a tenere conto di diversi aspetti,
più ci si può ritenere autorevoli progettisti; esistono poi gli specialisti che si
focalizzano pesantemente su uno dei task del ciclo di vita del prodotto.
La concurrent engineering quindi si occupa della interazione tra le varie caselle dello
schema visto precedentemente.
I seguenti grafici rappresentano i costi in funzione del tempo (in alto) e il numero di
modifiche in funzione del tempo (in basso), con riferimento ai due approcci di cui si
è discusso fino a questo momento (modello sequenziale (curva in blu), modello
parallelo (curva in rosso)):
5
Figura 4
6
Figura 5
Figura 6
Figura 7
Figura 8
Spiegare un’idea con un disegno è certamente meglio che a parole. In effetti i prodotti
che si realizzano hanno dietro una fisica, sono cioè dei meccanismi, per cui non basta
spiegarlo a parole; quando si va a fare uno schizzo ci si rende conto che magari c’è
qualcosa che non va. Quindi gli schizzi e gli schemi, sebbene magari in formato
digitale, serviranno sempre. È fondamentale quindi fare lo schizzo di un’idea;
dopodiché si può ragionare su se è il caso di fare il disegno 2 − o il modello 3 − :
in un layout di impianto ad esempio si utilizzano i disegni bidimensionali. Il disegno
2 − serve per chiarire alcuni concetti, mentre il disegno 3 − ne chiarisce altri.
Se esistesse una piattaforma che consentisse di fare tutte le valutazioni sul percorso
visto, magari non si avrebbe bisogno di un team di progetto: attraverso un pulsante
il modello viene analizzato da tutti i punti di vista (assemblabilità, logistica, …). In
sostanza in questo modo, a partire dai requisiti funzionali, attraverso un pulsante,
grazie ad un computer che ha acquisito tutte le conoscenze nell’ambito della
progettazione, si tira fuori il progetto dell’impianto che deve realizzare il prodotto con
i turni di lavoro già stabiliti. Questo chiaramente ancora non lo si riesce a fare.
Esistono dei software CAM (Computer-Aided Manufacturing) che danno vita in
automatico a dei part-program; il CAM è un software che pianifica la lavorazione
riconoscendo le superfici: chiaramente è necessario ancora l’intervento manuale per
alcuni aspetti. Tale software conosce esattamente quali sono gli ingombri della
macchina potendo prevenire eventuali interferenze. Pertanto esistono strumenti
avanzati, sebbene non siano ancora in grado di fare tutto da soli. L’idea è quella di
realizzare un sistema che possa fare tutto in automatico.
Esistono sistemi di simulazione numerica, che funzionano bene, per la resistenza
strutturale, la distribuzione delle temperature, …, ma non sono in grado di fare le
cose da soli; bisogna sempre essere coscienti di come funziona il sistema e di come
si mettono le condizioni al contorno; se le condizioni al contorno sono date in maniera
corretta, allora si possono accettare i risultati della simulazione.
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C’è una differenza sostanziale tra i requisiti funzionali e le specifiche tecniche. Il
requisito funzionale è un’entità concettuale, mentre le specifiche tecniche sono dei
valori ben precisi: se il prodotto deve avere varianti in tre colori, questo rappresenta
una specifica tecnica. Pertanto bisogna distinguere il concetto di funzioni del
prodotto, dal concetto di specifica del prodotto che è un elenco di proprietà che il
prodotto deve avere e non un elenco di funzioni. Le proprietà possono essere dai
dati tecnici o il colore, la tipologia di materiale, ….
Per passare dai requisiti funzionali, ossia da ciò che il prodotto deve fare, alle
specifiche tecniche non è semplice. Quando Pahl e Beitz hanno studiato il problema
hanno supposto di partire dalle specifiche perché magari c’è un mercato che richiede
un prodotto con determinate caratteristiche e ci si chiede come ottenere quelle
determinate caratteristiche; a partire da ciò vengono generate diverse idee a partire
dalle quali poi si va a fare un progetto concettuale, un progetto preliminare, un
progetto definitivo ed infine un progetto esecutivo.
Figura 9
9
massimo a 130 /ℎ, probabilmente le persone sono meno interessate a comprarla.
Quindi la diseguaglianza come specifica tecnica è legata al fatto che se non la si
rispetta non si riesce a vendere il prodotto.
Quindi, le specifiche tecniche dipendono dai customer needs, ossia da ciò che viene
da monte, mentre i limiti tengono sotto controllo quello che succederà a valle di tutto
il ciclo di vita a partire dalla posizione in cui ci si trova in quel momento. Entrambi
possono essere espressi da diseguaglianze e sono dei valori numerici, ma la cosa
fondamentale è che i bisogni del cliente danno le specifiche, mentre ciò che c’è dopo
la casella che si sta occupando dà il limite.
Figura 10
Figura 11
10
chiedere se è già stato fatto qualcosa per superare quel determinato problema o
comunque se è già stato fatto qualcosa per problemi similari.
Esiste un approccio molto particolare che è quello del metodo Triz che parte
dall’analisi di centinaia di migliaia di brevetti, ossia parte proprio dal presupposto di
capire se ci sono soluzioni a problemi similari. Esiste quindi questo metodo di
risoluzione inventiva dei problemi proprio partendo da problemi similari.
Figura 12
Quasi sicuramente quelli che hanno tirato fuori delle metodologie sono persone che
hanno letto Pahl e Beitz, in quanto hanno fatto la storia; tuttavia molti di loro hanno
ragionato su alcuni ambiti del problema della progettazione senza incentrarsi su una
visione complessiva: pertanto essi non sono metodi derivanti da domande poste da
Pahl e Beitz. Quindi sono tutte persone che non hanno trovato risposte adeguate in
metodi già esistenti e ne hanno inventato uno nuovo.
Quello che avveniva fino al 1977 è comunque proseguito fino ad oggi. In particolare
per arrivare al progetto preliminare bisogna seguire i seguenti step:
Figura 13
11
Volendo essere sicuri che un’idea sia buona, bisogna confrontarla con altre idee;
sulla base di questo confronto si possono quindi selezionare le migliori idee
preliminari; in effetti, non avendo sviluppato il progetto, non si conoscono quali sono
i limiti di ognuna delle idee preliminari: c’è qualcuno che a valle pone dei limiti di cui
tenere conto (non bisogna scoprire solo dopo che c’era un limite di cui non si è tenuto
conto); pertanto inizialmente si potrebbe non essere in grado di valutare quale idea
è migliore in quanto non si è in grado ancora di valutarne la lavorabilità, la logistica,
…, per tale motivo si portano avanti più idee.
C’è poi una fase di combinazione delle idee: se ci sono idee preliminari differenti, può
darsi che si possono mettere assieme i punti di forza delle varie idee per ottenere
un’idea migliore di quelle di partenza. Gli algoritmi genetici fanno proprio questo,
ossia mettono assieme gli individui di una popolazione, sperando che ne nasca uno
migliore (ovviamente non è detto che da due persone alte nasca un bambino alto).
Una volta fatto lo schizzo sulla base di un’idea, si può iniziare a fare un disegno un
po’ più preciso per vedere se effettivamente l’oggetto può funzionare. Dopodiché si
iniziano a disegnare i vari componenti partendo dalle misure preliminari riportate sugli
schizzi; a questo punto si utilizzano dei modelli sui quali si possono fare delle
simulazioni per verificare il comportamento strutturale, l’assemblabilità, la
lavorabilità, l’estetica, … ed alla fine si possono selezionare una o più idee vincenti.
Magari si possono portare avanti due idee, ugualmente valide, realizzandole
entrambe e rivolgendosi a segmenti di mercato differenti. Si arriva infine al progetto
preliminare.
Figura 14
Poi c’è la progettazione definitiva che significa definire tutto nel dettaglio per arrivare
poi alla produzione.
12
Figura 15
Figura 16
13
Tutto ciò è possibile grazie al fatto che esistono software che permettono di riprodurre
questi contenuti digitali.
Nonostante tutte queste attenzioni, in ambito automobilistico si ritiene un successo
enorme, se il primo prototipo completo ufficiale di autovettura si riesce a mettere in
moto; in effetti si dà per scontato che esso non funzioni, perché ci sono molte cose
di cui non si riesce a tenere conto, nonostante lavorano un team di esperti; la difficoltà
maggiore è proprio quella di mettere assieme tante competenze: magari si
ottimizzano i diversi componenti a sé stanti, ma quando il tutto viene messo assieme
possono sorgere problemi di interfaccia ai quali nessuno aveva pensato fino a quel
momento.
Nella progettazione definitive si fanno diverse tipologie di analisi:
Figura 17
14
Figura 18
Figura 19
15
Se bisogna realizzare degli oggetti che richiedono lavorazioni meccaniche standard
è possibile rivolgersi ad officine che hanno già quelle macchine in grado di fare quella
lavorazione, per cui l’unica cosa che bisogna fare è pianificare la lavorazione: non è
quindi necessaria la costruzione di un impianto pilota. Ovviamente una volta fatta la
lavorazione, bisogna verificare se le tolleranze sono rispettate e successivamente
proseguire con la messa in produzione.
Le pre-serie possono avere anche un valore dal punto di vista del marketing; la pre-
serie magari viene messa in commercio ad un prezzo più basso per attirare il cliente.
Questo viene fatto spesso con i software con le cosiddette versioni , che
vengono distribuite gratuitamente per vedere dove sono i problemi; quando si vede
che la cosa funziona allora si inizia a vendere il software.
Algida ad esempio realizza delle pre-serie di magnum, che sono le “edizioni limitate”,
che servono per valutare alcuni aspetti e poi portano avanti solo una delle idee, sulla
base di quella che è piaciuta di più al cliente. Questo lo si fa perché la messa in
produzione è costosa.
Progettare un prodotto che viene realizzato con un processo di stampaggio, richiede
che ci sia qualcuno che deve progettare uno stampo il che significa rieseguire
nuovamente tutti i passaggi di cui si è discusso sinora.
Il fattore tempo è comunque un fattore importante: dai cutomer needs al riciclo o
dismissione il filo conduttore è il tempo; ovviamente non tutti i passaggi da una
casella all’altra richiedono lo stesso tempo, ma dipende da cosa c’è dentro ciascuna
casella. Nel passaggio dalla pianificazione del processo produttivo alla produzione,
c’è tutto il tempo che passa affinché qualcuno possa ripetere buona parte del
percorso su un altro ambito: se si decide di produrre un componente per stampaggio,
bisogna fare la progettazione dello stampo, che richiede del tempo. Inoltre c’è da
considerare il fatto che lo stampo non viene prodotto dalla stessa azienda che
realizza l’oggetto progettato; ovviamente chi fa lo stampo avrà bisogno dei propri
tempi per poterlo realizzare. Entrando poi nella parte burocratica della questione, si
comprende come i tempi possano essere veramente molto lunghi. Quindi le
tempistiche in gioco dipendono sia dall’azienda che realizza il prodotto, sia da fattori
esterni.
Uno strumento molto importante per gestire tutto il percorso dall’inizio alla fine è il
diagramma di Gantt che è una sorta di calendario delle attività con la schedulazione
delle risorse: per ogni attività viene stabilito chi fa cosa. In questo modo si stabilisce
chi deve intervenire su un determinato processo e quando deve intervenire.
Per quanto riguarda le automobili ad esempio, a partire dalla data di uscita di una
vettura, si procede a ritroso, stabilendo qual è il tempo necessario per fare le diverse
operazioni.
16
In genere nell’ambito aziendale si parla di conceptual design che significa farsi
un’idea di cosa bisogna sviluppare. Nella figura seguente vengono riportate le quattro
attività principali che si ritrovano in ambito industriale:
Figura 20
17
Figura 21
Figura 22
Figura 23
Nella maggior parte dei casi non si riescono a portare avanti più idee perché le risorse
richieste sarebbero eccessive.
Oshuga, con il suo modello, riprende un po’ l’idea di Pahl e Beitz definendola però in
maniera leggermente differente; in particolare Oshuga introduce degli step intermedi;
18
una volta chiarito il processo da Pahl e Beitz, Oshuga interviene immaginando che
tutto ciò che parte dai customer needs è la sorgente di un fiume che poi prosegue
verso il basso con una serie di salti a cascata: in alcuni punti egli propone dei
momenti di riflessione.
Figura 24
Figura 25
Figura 26
19
Le VDI (Verein Deutscher Ingenieure) rappresentano il primo tentativo di guidare ciò
che avviene nello sviluppo di un prodotto e nascono nel 1884 come linee guida per
la progettazione di una caldaia a vapore. Dare delle linee guida quando non esiste
niente vuol dire in qualche modo creare una logica, ossia stabilire di fare determinate
operazioni in sequenza.
Figura 27
Ovviamente una cosa così dettagliata per fare un prodotto così specifico vuol dire
che o si è trascurato qualcosa per prodotti più complessi o che sono state inserite
cose che su prodotti più semplici non servono. Per cui chi deve progettare una
bicicletta ad esempio deve tagliare alcuni passi, mentre chi progetta un’automobile
deve aggiungerne altri.
Il modello di Hubka-Eder è stato teorizzato molto tempo dopo rispetto a quelli visti
precedentemente (nel 1981), ma non dice niente di nuovo rispetto agli altri.
Figura 28
20
Lezione 6: 06-10-17
Requisiti funzionali e parametri di progetto di uno schiaccianoci
Requisiti funzionali:
1. Resistenza cioè deve essere un elemento robusto capita qualche volta che la noce è
più dura e quindi il concetto di resistenza può essere un po’ ambiguo;
2. Praticità d’uso:
2.1. Deve schiacciare frutti di varie dimensioni;
2.2. Deve raccogliere il guscio;
2.3. Deve mantenere la noce;
2.4. Non deve distruggere il frutto;
2.5. Velocità di esecuzione.
3. Maneggevolezza:
3.1. Deve essere poco ingombrante;
3.1.1. Facilmente conservabile;
3.1.2. Condivisibile;
3.2. Leggerezza.
4. Economicità
5. Sicurezza non devo farmi male quando lo uso!
6. Ergonomicità
In particolare:
La leggerezza è molto collegata alla maneggevolezza e dopo alla praticità d’uso, perché se
non è leggero è un po’ difficile da maneggiare.
Allora è la maneggevolezza che è contenuta nella leggerezza o viceversa ? se un oggetto è
leggero, “quasi” sicuramente è maneggevole e quindi è la maneggevolezza che contiene la
leggerezza il proff ha detto “quasi” perché poi c’è anche un problema di ingombro.
Immaginiamo ad esempio un palloncino con un diametro di 3 metri, è leggerissimo ma non
è molto maneggevole.
Per quanto riguarda la sicurezza, con lo schiaccianoci che ho a casa io posso rischiare lo
stesso di farmi male perché se non faccio attenzione mi posso schiacciare il dito.
La definizione di ergonomia è: “è tale da non provocare patologie nel tempo” quindi
potrebbe rientrare anche nella sicurezza però teniamo separati i 2 concetti, perché:
- la sicurezza è intesa come: “non devo farmi male sul momento”;
- invece la patologia è legata al fatto che: “ho rotto tante di quelle noci, che poi ho
un’infiammazione al muscolo o ad un legamento alla mano o un problema allo stomaco
perché ho mangiato tante noci”.
Si nota che ogni livello dei requisiti funzionali ha dei sottolivelli, in modo tale da specificare le
caratteristiche di quel requisito funzionale.
Lo schiaccianoci serve a rompere il guscio della noce per prendere il frutto, ma poteremmo
pensare anche di usare il coltello per aprire le noci senza rompere il guscio.
1
Dal punto di vista ingegneristico dobbiamo trasformare dell’energia per rompere il guscio, però
facciamo ciò perché non abbiamo altre idee per prendere il frutto dalla noce se non usare un
coltello.
Quindi aldilà dello schiaccianoci classico che conosciamo, noi dobbiamo interrogarci su come
vogliamo prendere il frutto dalla noce e poi vedere quale oggetto devo usare per prendere il frutto
dalla noce.
Ad esempio oggi esistono altri tipi di schiaccianoci che tengono conto di altri requisiti funzionali, di
cui non tiene conto lo schiaccianoci classico.
Quindi visto che non posso aprire la noce con le mani, se no mi faccio male, cerco un sistema di
amplificazione della forza per aprire la noce. Quindi serve energia che deve essere usata per aprire
il guscio senza rompere il frutto.
Quindi ogni volta che siamo di fronte ad un problema non dobbiamo pensare alle soluzioni, perché
perdiamo di vista altre possibili soluzioni.
Dopo che abbiamo messo in ordine le voci dei requisiti funzionali dello schiaccianoci, ci rendiamo
conto che i vari schiaccianoci che ci sono in commercio propongono un mix su questi requisiti che
sono differenti quindi uno schiaccianoci rispetterà meglio la voce “ingombro”, un altro
rispetterà meglio la voce “velocità”, un altro farà più attenzione a non rompere il frutto all’interno
….. l’abbiamo già detto all’inizio del corso: “la progettazione è il compromesso tra i requisiti
funzionali”.
Le diverse soluzioni di schiaccianoci in commercio, sono differenti compromessi allo stesso
problema in alcuni casi. In altri casi sono proposte che seguono lo stesso mercato. Poi ci può
essere un discorso di design o di simpatia per una soluzione piuttosto che per un’altra, però bene
o male lì hai lo stesso mercato a cui ti rivolgi e quindi sono scelte progettuali diverse legate ad una
visione/soluzione diversa del problema con differenti mix di livelli di soddisfacimento dei requisiti
funzionali cioè io posso dire che voglio fare un oggetto sicuro, leggero, maneggevole, però può
succede (considerando tutti i requisiti importanti allo stesso modo) che una soluzione mi da:
- punteggio 0.8 per quanto riguarda la maneggevolezza;
- punteggio 0.6 per quanto riguarda la sicurezza;
- punteggio 0.7 per quanto riguarda l’ingombro;
un’altra soluzione invece mi da:
- punteggio 0.6 per quanto riguarda la maneggevolezza;
- punteggio 0.7 per quanto riguarda la sicurezza;
- punteggio 0.8 per quanto riguarda l’ingombro;
complessivamente (o come somma o come media) per determinare la funzione obbiettivo, il
punteggio è lo stesso.
Quindi sono 2 prodotti che vanno bene, perché hanno un mix che mi da un soddisfacimento
globale del prodotto che è elevato Poi il mercato dirà la sua!
Alla fine quindi abbiamo gerarchizzato i requisiti funzionali in diversi livelli, esplodendo tutte le
caratteristiche che deve avere lo schiaccianoci.
2
Parametri di progetto:
La forma è un parametro di progetto e non un requisito funzionato, quindi se devo fare uno
schiaccianoci devo fare attenzione alla sua forma quindi quando parliamo di forma non stiamo
parlando del problema ma già stiamo pensando allo schiaccianoci fisico, cioè all’oggetto finale.
Quindi per definire il problema non dobbiamo avere un’idea della soluzione, dobbiamo chiarire il
problema senza pensare alla soluzione.
Definizioni
Requisiti funzionali: descrivono cosa il prodotto deve fare e cosa non deve fare, anche se si
preferisce dire cosa deve fare
Specifiche tecniche: sono delle valutazioni di una prestazione, cioè misure di quello che fa
il nostro prodotto. Ad esempio, nel momento in cui ho disegnato lo schiaccianoci, posso
dire che può schiacciare frutti che vanno da un diametro minimo di 5 mm ad un diametro
massimo di 50 mm quindi non poteremmo schiacciare oggetti né troppo grandi, né
troppo piccoli. Quella è una misura di quanto è flessibile nell’utilizzo.
Quindi il requisito funzionale dello schiaccianoci è che deve schiacciare noci di diverse dimensioni,
mentre la specifica tecnica è che deve schiacciare frutti che vanno da un diametro di 5 mm ad un
diametro di 50 mm.
Dopodiché io faccio la mia soluzione che lavora con diametri da 4 mm a 55 mm, quindi abbiamo
ampliato il margine rispetto alle specifiche tecniche. Se questo non pone limiti sul mercato, questo
non è un problema.
Parametri di progetto: sono tutto quello che io decido o posso decidere su come deve
essere fatto il mio prodotto:
1. Forma
2. Dimensioni
3. Materiali
4. Colori
5. Tolleranze
6. Saldature
Tutto ciò che va sul disegno tecnico, ad esempio ci può essere anche il disegno
dell’imballaggio.
Ad esempio se noi mettiamo un vincolo sul peso dell’oggetto, già stiamo pensando all’oggetto
perché il peso è una conseguenza delle dimensioni e del materiale. Quindi quando parliamo di
peso non è un requisito funzionale, ma dobbiamo parlare di leggerezza.
È chiaro che se noi abbiamo scritto che deve pesare poco e non abbiamo scritto leggerezza, ci
rendiamo conto che dobbiamo valutare la leggerezza. Poi vediamo che la leggerezza dipende
dall’utilizzo, mentre il peso è assoluto, è un valore.
Quindi dare un peso, vuol dire dare una misura che è indipendente dell’utilizzo del prodotto.
Siccome noi ancora non conosciamo il prodotto, più riusciamo ad essere astratti sul requisito
funzionale, più ci apriamo la mente a soluzioni innovative.
3
Quindi per chiarire tutti gli aspetti del problema dobbiamo fare una lista dei requisiti funzionali e
poi, avendo le idee chiare sul problema, posso pensare al prodotto.
Quindi non dobbiamo scrivere i requisiti funzionali in base al prodotto finale che vogliamo
realizzare, ma lo dobbiamo fare in base al problema !!
Ad esempio inventando soluzioni assurde, potremmo riconoscere quali sono i problemi presenti
nel tema che sto affrontando.
In particolare non tutti requisiti funzionali poi potranno essere soddisfatti e quindi devo scegliere,
quali soddisfare e quali non soddisfare.
Alla fine possiamo fare un questionario per capire che cos’è importante e che cosa non è
importante, per capire se il mercato è pronto a tale soluzione. Così capiamo cosa è importante e
cosa non è importante in termini di requisiti funzionali.
4
Lezione 7: 9-10-17 (Mecc+Gest)
1
sono un modo per darci delle indicazioni sperando poi che noi interpretiamo correttamente
queste indicazioni per avere una traduzione di un qualcosa che è completamente diverso.
Quindi in generale noi giudichiamo un prodotto in base a delle informazioni relative al prodotto.
Chi compra su internet, prende i dati di targa dell’apparecchiatura elettronica ma non è in grado di
valutare la consistenza del prodotto. Potrebbe essere una cosa che rispetta quelle specifiche, però
dura 1 mese invece che 1 anno.
L’abbigliamento si va a vedere la percentuale di lana o di acrilico, per vedere se conviene
comprarlo ad esempio se è solo lana è più difficile che si restringe quando viene lavato.
Quindi una cosa è quello che il prodotto deve fare, una cosa è i numeri che rappresentano quel
prodotto.
Le specifiche tecniche dovrebbero in qualche modo aiutare a valutare tutto quello che il prodotto
deve fare, non lo fanno, però sono l’elemento di accordo commerciale nel senso che nel
momento in cui ci viene commissionata un’attività quello che troveremo a contratto è: “Si richiede
la progettazione di un oggetto che faccia queste cose e che abbia queste caratteristiche
(dimensioni, potenza, ecc)”. Se ad esempio immaginiamo una macchina che deve fare una certa
attività in un impianto industriale, allora devo lavorare “tot-pezzi” nell’unità di tempo e quindi
dimensioniamo il tutto rispetto a quello.
Molto spesso il problema è: se noi vogliamo fare un buon prodotto, dobbiamo garantire che ci
siano tutte le funzionalità che riteniamo importanti c’è una necessità di mercato, e ci dobbiamo
concentrare in maniera tale da sviluppare il prodotto su queste funzioni, poi dobbiamo usare le
specifiche tecniche come riferimento perché è l’unico modo per confrontarlo con la concorrenza
ad esempio. Quindi come minimo dobbiamo avere dei dati di targa che sono equivalenti.
Quando si fa il confronto con la concorrenza si cerca di capire qual è il prodotto migliore
affrontando una serie di criteri, che non sono tutti requisiti funzionali, sono certi aspetti che
identificano il prodotto nel mercato soprattutto dal punto di vista delle specifiche tecniche.
Ovviamente se ho un prodotto in commercio che costa quanto il nostro e ha specifiche tecniche
migliori, possiamo essere tranquilli che la gente non comprerà il nostro prodotto anche se il nostro
prodotto è migliore perché è difficile spiegare alla gente: “Guarda c’è qualcosa che non posso
misurare e che è tutto ciò che fa il mio prodotto, però lo fa con prestazioni un po’ più basse
rispetto ad un’altra” è impossibile dirglielo, dobbiamo avere almeno in 1 punto una specifica
tecnica che serve al cliente.
Altre volte capita che le specifiche tecniche si confondano con i parametri di progetto. Qui il
discorso è anche complicato.
Ad esempio il peso della bicicletta non è un parametro di progetto, però incide sulle prestazioni,
non incide sulla qualità. Ad esempio se ci dobbiamo portare a spasso 10 kg invece di 100 kg è
chiaro che siamo coscienti del fatto che dovremo sudare molto di più per andare in bicicletta,
quindi per quanto riguarda il peso quella è una specifica tecnica che è conseguenza dei parametri
di progetto e che ci dà un’idea della fatica che faremo e non delle prestazioni che noi otterremo da
quel prodotto che è una cosa diversa. Ad esempio a parità di prestazioni (di affidabilità, di
dimensioni della bicicletta, ecc) potremmo usare materiali diversi è avere pesi diversi.
2
Quindi c’è una specifica tecnica che riguarda come l’utente sarà soddisfatto di utilizzare quel
prodotto e non le funzionalità in se della bicicletta, perché la bicicletta mi deve portare a spasso in
qualche modo.
Il passo (cioè la distanza tra le 2 ruote) è un parametro di progetto, in realtà non lo troviamo nella
scheda tecnica ma lì troviamo il diametro della ruota. Il diametro della ruota è un parametro di
progetto, però viene usato anche come specifica tecnica.
Come ci dobbiamo porre di fronte a questa cosa ? diciamo che la condizione ideale è che se i
requisiti funzionali fossero i parametri di progetto sarebbe perfetto perché io scelgo ogni
parametro di progetto così come mi piace. Quindi in alcuni casi io scelgo delle dimensioni perché
sono le dimensioni che mi vengono richieste e questo sovrappone i requisiti funzionali, le
specifiche tecniche e i parametri di progetto. Però questo è un caso fortunato che può andare
bene qualche volta (non può andare bene sempre), quello a cui dobbiamo fare attenzione noi è
che le specifiche tecniche sono uno strumento di valutazione del nostro prodotto non che faremo
noi ma che faranno altri noi progettiamo qualcosa e gli altri vedranno le specifiche tecniche per
capire come si comporta il prodotto, a meno che non gli diamo un prototipo e quindi
indipendentemente dalla specifiche tecniche può dire se gli piace o meno il prototipo.
Quindi quando progettiamo ricordiamoci:
Da un lato che dobbiamo soddisfare le specifiche tecniche che noi stessi ci daremo in
funzione del confronto con la concorrenza (se c’è la concorrenza).
Dall’altro lato non dobbiamo farci trascinare nell’inganno che noi scegliamo la specifica
tecnica e poi vediamo il resto come viene di conseguenza, perché altrimenti perdiamo
qualche funzionalità.
3
Supponiamo di avere 3 ipotesi di progetto , e per ciascuno dei quali abbiamo 3 requisiti
funzionali ( , , ):
1 2 3
1 , 0,8 0,8
2 0,6 0,5 0,4
3 0,7 0,2 0,4
Quindi abbiamo identificato i requisiti funzionali, abbiamo fatto delle ipotesi progettuali e li
abbiamo valutati con uno strumento che può essere la logica Fuzzy è uno strumento che mi
serve per fare punteggi possibilmente tutti nella stessa strada, immaginiamo di avere punteggi
che vanno da 0 ad 1.
Che probabilità ci sono che il progetto soddisfi il requisito funzionale ? La probabilità . !
Abbiamo queste misure, lo abbiamo fatto per ognuno dei requisiti funzionali e per ognuno dei
progetti.
Ragioniamo a parità di peso dei requisiti funzionali, chi è il migliore tra i 3 progetti?
Uno dei problemi che si pone in questi metodi di valutazione è come mettere insieme le
informazioni. Una volta che noi per ognuno dei requisiti funzionali abbiamo dato una misura che
deve essere necessariamente nella stessa scala e dovrebbe avere lo stesso significato quindi
diciamo che se io questo . lo determino con un processo comparativo, allora deve essere tutto
con processo comparativo per questo lo determino in maniera probabilistica e deve essere tutto in
maniera probabilistica, perché poi i vari metodi propongono delle regole di composizione.
Ci sono diversi approcci, che possiamo sintetizzare in questo modo: la cosa più intuitiva (sia che
siano senza pesi i requisiti funzionali) è che noi facciamo una media dei valori:
",#$",%$",& ,&
: =
4
",'$",($", ,(
: =
",'$",#$",# ,%
: =
Abbiamo fatto una banale media aritmetica che mi ha consentito di creare una graduatoria, quindi
il prodotto migliore è , poi viene e infine .
Mediamente tutti i requisiti devono essere soddisfatti, questa è un’affermazione che ci può stare a
livello di mercato perché mediamente ci sarà qualcuno che è distratto dal mio prodotto, o meglio
se la media è più alta troverò nell’ambito di quel mercato più persone che si riterranno soddisfatte
perché faccio una media. Ovviamente dipende dalle caratteristiche del prodotto e dalla situazione,
perché ci sono delle condizioni in cui noi riteniamo alcuni requisiti funzionali irrinunciabili.
Ad esempio può capitare che se io faccio la media e c’è uno zero, se ho lo zero non me ne accorgo
e non va bene questa cosa. Proviamo ad immaginare lo smartphone di adesso nel quale funziona
tutto benissimo, ma non si può istallare whatsapp per noi sarebbe un problema.
Come si può fare per evitare che la media nasconda le defaillance di una ipotesi rispetto ad
un’altra ? L’approccio più banale è quello di fare una media geometrica, perché essa peggiora il
punteggio in funzione del valore più basso quindi il valore più basso ci porta ad avere una
media più bassa e in particolare se c’è zero in una media geometrica, viene zero perché è un
prodotto. Questo è un modo!
L’altro modo è: se pensiamo quando noi andiamo a comprare qualcosa e scegliamo un prodotto,
una cosa che avviene molto spesso è che non mi interessa che questa cosa la faccio in modo
eccezionale l’importante è che faccia decentemente tutto. Poi ci devono essere delle cose in
particolare, l’importante è che faccia decentemente tutto.
5
( )> ( )
,% .(
Se uso invece il criterio della media, vince perché > .
In teoria non dovremmo fare nessuno di questi 2 ragionamenti perché se uno va in un
negozio, a meno che non c’è un bravo venditore, con l’idea che si serve un oggetto per fare
una determinata cosa e allora tutte le altre funzioni probabilmente non gli interessano e
quindi prende il prodotto che costa di meno.
Economicità
Questo lo diciamo per introdurre un altro aspetto che è complicato, lo abbiamo già visto per
quanto riguarda lo schiaccianoci ed è l’economicità.
Come si valuta l’economicità?
Il confronto tra requisiti funzionali o specifiche, mettono da parte l’economicità. Quindi essa non è
un requisito funzionale ed è una conseguenza di tutte le scelte progettuali, però è una cosa
complicata da considerare come requisito funzionale del progetto è più da considerare come un
vincolo perché noi sappiamo che sul mercato oltre ad un certo prezzo non possiamo andare sia
per confronto con gli altri prodotti simili e sia dalla volontà del mercato di mettere in gioco risorse
economiche per avere un prodotto piuttosto che un altro.
Per cui si considera il rapporto costi-benefici o viceversa ( lo vedremo meglio quando parleremo
dell’AHP). Però diciamo che quando facciamo riferimento ai requisiti funzionali, l’economicità ci
sarà, mentre nel confronto tra i progetti ci conviene tagliarla fermo restante il fatto che in qualche
modo alla fine una valutazione la dobbiamo dare.
In genere si cerca di capire la differenza tra i punteggi che in questo caso sono:
1. Progetto 1: 1.7/3
2. Progetto 2: 1.5/3
3. Progetto 3: 1.6/3
Proviamo a mettere i costi e diciamo che:
1. Progetto 1: 300 €
2. Progetto 2: 180 €
3. Progetto 3: 250 €
Dal prodotto 1 (1.7/3) al prodotto 3 (1.6/3), scendiamo di 0.1 e ciò ci permette un risparmio di
50 € (300 − 250 = 50 €).
Mentre dal prodotto 1 al prodotto 2 c’è uno 0.2 di differenza, con 120 € di differenza è molto o
è poco ? noi stiamo parlando del fatto che una variazione da 1.5/3 rispetto a 1.7/3, in termini di
percentuale, sarà pari a:
1.7 − 1.5
100 = 12 %
1.7
Abbiamo il 12 % di variazione del soddisfacimento mi fa una variazione sul prezzo che è:
300 − 180
100 = 40 %
300
Se abbiamo fatto bene le nostre valutazioni sui requisiti funzionali, quale che sia il tipo di prodotto,
stiamo dicendo che è un prodotto che mi da un soddisfacimento di 1.7 e costa 300 € e un prodotto
che mi da soddisfacimento 1.5 e costa 180 € la gente sceglie il prodotto 2 !
Ci sono altri aspetti da evidenziare, dal punto di vista logico non c’è paragone perché con queste
condizioni di prezzo la gente sceglie il prodotto 2.
6
È chiaro che molto spesso noi non misuriamo il 0.2, ma ad esempio se a me interessa il requisito
funzionale 3 qui non stiamo più parlando di un 0.2 (1.7 − 1.5) ma stiamo parlando di un 0.5 (0.7 −
0.2) di differenza tra il prodotto 1 e il prodotto 2.
Se invece stiamo considerando il requisito funzionale 1, allora sicuramente andremo a comprare il
prodotto 2 e non il prodotto 1:
( ) = 0.8 > ( ) = 0.4
Quindi l’economicità gioca un ruolo diverso rispetto agli altri requisiti funzionali, perché incide non
sul giudizio ma sul rapporto tra giudizio che diamo e il costo comparato agli altri prodotti e il costo
comparato alle disponibilità perché se nessuno avesse disponibilità io sono costretto a
comprare solo quel prodotto visto che non ha concorrenza.
Il problema è che noi dobbiamo mantenere il prezzo basso a causa del mercato, per tenere il
prezzo basso dobbiamo ridurre il livello di soddisfacimento delle funzioni.
Ad esempio un cellulare che ha una batteria che dura tanto, la batteria è più costosa e quindi
aumenta il prezzo. Dobbiamo trovare un equilibrio tra quella che è una necessità di mantenere
una lunga autonomia nel confronto con gli altri e la possibilità di mantenere un prezzo basso.
Quindi non sempre poi il progetto migliore è quello che vince, dipende dal mercato al quale ci
rivolgiamo e la valutazione economica è un discorso a parte.
Come abbiamo fatto per lo schiaccianoci, abbiamo lavorato su un nuovo prodotto e abbiamo
costruito una gerarchia dei requisiti funzionali:
7
Supponiamo di utilizzare la media, ad esempio faccio la media tra # e # e poi con la media
che ottengo lo uso per fare un’altra media con # che non è la stessa cosa di fare la media di
# , # e # .
Quindi una cosa è fare la media dei 3 valori e una cosa è fare la media della media di 3 valori
quale delle 2 medie devo fare? Qual è la più corretta ?
È chiaro che se io ho gerarchizzato, io devo confrontare giudizi allo stesso livello. Quindi se io uso
la media devo fare:
Prima la media (o il giudizio in generale) tra # e #
E poi devo fare la media tra # e #
E poi proseguo fino ad arrivare fino alla mia funzione obbiettivo 0
Ma devo necessariamente usare la stessa funzione matematica a tutti i livelli? O posso fare
qualcosa di diverso? Proviamo ad immaginare di andare in un negozio perché dobbiamo comprare
qualcosa, se ha un prodotto che ha più funzioni (aldilà dei pesi dei requisiti funzionali) diciamo che
c’è una serie di requisiti che non ci aspettiamo dal nostro prodotto. Ad esempio io voglio che il mio
prodotto abbia la funzione A, B e C e poi magari se ha anche la funzione D sono contento (se non
ce l’ha non fa niente). Quindi ad esempio a me interessa che il prodotto abbia 4 requisiti e se ne ha
anche un 5° di requisito mi fa piacere.
Ad esempio io voglio che il prodotto abbia i requisiti funzionali , ed e poi magari mi fa
piacere se ha anche il requisito # (ma quest’ultimo requisito non è necessario), allora:
, ed vanno mediate;
E se c’è # mi fa piacere e questo corrisponde al massimo dei massimi.
Ciò vuol dire che se io ho la media dei primi 3 requisiti funzionali che è ad esempio 0.6, mentre
# = 0.4 il mio giudizio è 0 = 0.6 perché quello che voglio c’è e vale 0.6.
Se invece # = 0.7, il mio giudizio è 0 = 0.7 perché non solo fa quello che deve fare il mio
prodotto (con punteggio 0.6) ma ha anche una cosa in più.
Quindi noi possiamo comporre le leggi di composizione, fino ad ottenere una funzione obbiettivo
che può avere un livello di complessità notevole. Diciamo che le funzioni di composizione sono
quelle 4 illustrate e in genere la media geometrica la possiamo anche evitare perché serve
soltanto nel caso in cui un requisito non è soddisfatto. Per i requisiti per i quali abbiamo chiesto il
soddisfacimento, potremmo scartare a priori i progetti che non hanno pesi.
Quindi ragionando in termini di media aritmetica (magari anche pesata), allora la funzione
obbiettivo potrebbe essere composta in questo modo:
8
Diciamo che il requisito funzionale # è soddisfatto se è soddisfatto uno dei requisiti tra # e
# , per cui la misura di # è uguale al massimo tra:
( # ) = max( ( # ), ( # ))
Entrambi # e # devono essere soddisfatti, quindi magari io posso chiedere che la misura
di # sia pari a:
( # ) = min( ( # ), ( # ))
9
Quindi avremo:
0 = min( #, 6789( , , ))
Dove:
- # = min( # , max( # , # ))
Quindi i requisiti che noi abbiamo identificato dal nostro progetto, che possono essere combinati
in maniera alquanto complessa e con logiche di associazione dei valori.
Se uso la progettazione probabilistica (quindi calcolo delle probabilità), dobbiamo usare per
combinare le misure dei requisiti funzionali le leggi del calcolo delle probabilità.
Questa vale come risposta generale, ma la matematica reale dipende dal tipo di misura che stiamo
usando.
Diciamo che per i metodi che il proff ci presenta, queste cose dovrebbero andare bene.
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Per il progetto: Dobbiamo presentare i requisiti funzionali del nostro problema che abbiamo
evidenziato.
Ricordiamo che adesso che scegliamo il tema del progetto, non stiamo parlando di prodotto ma
del problema e il problema diciamo che vogliamo risolverlo con un prodotto che ancora non
conosciamo e dobbiamo chiederci:
- “il prodotto che risolverà il problema evidenziato, come verrà giudicato dalle persone?”
- Più riusciamo ad andare in fondo a questa gerarchia meglio è e stiamo parlando dei
requisiti funzionali, per cui niente numeri, niente specifiche tecniche, niente parametri di
progetto, niente idee di progetto ma capire qual è l’essenza del problema.
- Allora il mio prodotto, sarà un buon prodotto e risolverà quel problema se avrà
determinate caratteristiche.
- Non dobbiamo scrivere la funzione obbiettivo dal punto di vista matematico, ma
dobbiamo descrivere il problema in termini di caratteristiche del prodotto finale che deve
risolvere il problema quindi dobbiamo ragionare sul problema e non sul prodotto.
- Prima o poi un giudizio sul nostro progetto lo dobbiamo dare, quindi dobbiamo valutare la
funzione obbiettivo. Nella 1° lezione c’era scritto che nello sviluppo del progetto dobbiamo
confrontare tra loro almeno n-alternative (il proff non si ricorda il numero). Come si
confrontano? Si confrontano con il valore della funzione obbiettivo, cioè per ognuna delle
alternative dobbiamo calcolare che valore di funzione obbiettivo ha e capire qual è
l’alternativa migliore. Potrei farmi anche una valutazione dei costi per capire se
quell’alternativa che è la migliore, vale il prezzo che devo pagarla.
Quindi i passaggi da fare sono:
1. Strutturazione dei requisiti funzionali
2. Gerarchia dei requisiti funzionali
3. Capire l’importanza dei requisiti funzionali con i rispettivi pesi
Il proff nell’esempio non ha messo i pesi dei requisiti funzionali, però è ovvio che se:
- ha peso 0.5
- ha peso 0.3
- ha peso 0.2
per ottenere devo fare una media pesata:
→ 0.5 ∗ ( ) + 0.3 ∗ ( ) + 0.2 ∗ ( )
Non viene chiesto già da adesso mettere i pesi dei requisiti funzionali, quelli escono fuori dal
questionario e da altre valutazioni.
In particolare ad un certo punto del corso il proff spiega l’AHP che è un metodo comparativo. Il
metodo comparativo al proff non piace per giudicare in assoluto per giudicare un prodotto, perché
non mi dice quant’è effettivamente il livello di soddisfacimento dei requisiti funzionali, mi dice solo
che un prodotto è migliore dell’altro. Però è perfetto per fare il confronto, inoltre anche l’AHP è
strutturato gerarchicamente con requisiti e sottorequisiti.
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4. Confronto tra i diversi prodotti.
Ad esempio acquistano un peso molto basso quelle funzioni che vengono prese per scontate. Ad
esempio i primi telefonini avevano il problema della ricezione del segnale, questa cosa ormai è
risolta qualsiasi telefonino non ha problemi di comunicazione e quindi l’importanza della
comunicazione si è abbassata. Quindi nel fare la gerarchia ovviamente ci deve essere come
funzione principale, però se noi stiamo ragionando su un problema che ha già delle alternative
l’importanza di tale funzione principale è secondaria. Se invece stiamo ragionando su un problema
che non ha ancora proposte di mercato significative, oppure standardizzate, l’importanza della
funzione principale è relativamente più alta.
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Lezione 8: 12-10-17 (solo mecc)
Lo schema mostra l’intero ciclo di vita del prodotto e abbiamo detto che i requisiti funzionali
rispetto al’idea di prodotto sono tutto ciò che viene da monte e invece tutto ciò che viene da valle
da questo percorso sono vincoli.
C’è una freccia rossa nella slide che crea problemi.
In realtà fino a pochi anni fa il percorso era quello, più o meno dettagliato a seconda del tipo di
prodotto e a seconda di quanto si era presa coscienza della storia del prodotto, però si partiva dal
“Custumer Needs” e si arrivava al “Riciclo e dismissione”.
Fino a pochi anni fa il concetto di riciclo non c’era, c’era soprattutto il concetto di rifiuto e le cose
duravano anche di più.
Il percorso in rosso confonde un po’ le cose, cioè rende più difficile quella definizione che abbiamo
dato tutto ciò che viene da valle è piccolo. In realtà non è sempre vero, perché se tutto ciò che
arriva da monte dell’idea di prodotto è un requisito funzionale, quando io creo una connessione
tra riciclo e dismissione e idea di prodotto in qualche modo io sto mettendo da monte delle
informazioni cioè io sto dicendo che il modo in cui io produrrò o gestirò il mio prodotto in
qualche modo mi richiede che quel prodotto venga progettato secondo certi criteri.
Esistono dei software di supporto che tengono in considerazione l’intera vita del prodotto, ad
esempio il Product Life Cycle Management (PLM) che è un software che per ognuna di queste
caselle tiene conto di quello che succede in quelle caselle. È un software, quindi esegue delle
azioni e può tenere traccia di una serie di cose che noi non gli diciamo.
Quello che devo pensare prima è che esiste un’esigenza prima ancora del software, dove
l’esigenza è: “se voglio ottimizzare completamente il mio prodotto devo tenere conto di tutto ciò
che succede al mio prodotto”. In alcuni casi questa può essere un’esigenza di legge, poi avrà
coniugazioni diverse a seconda delle situazioni.
Ad esempio se noi compriamo la lampadina, in parte noi paghiamo il contributo Raee perché c’è
una legge europea che impone alle aziende che producono componenti elettronici a preoccuparsi
anche dello smaltimento del prodotto non più funzionante. Tale legge è stata fatta in ambito
ambientale per fare in modo che le aziende facciano prodotti elettronici facilmente riciclabili, cioè
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la legge ha tenuto conto della freccia rossa presente nella slide. Allo stato attuale le aziende di
computer hanno sovvenzionato dei depositi di stoccaggio, cioè c’è una raccolta differenziata che
viene da una parte gestita dalle aziende stesse che producono.
C’è chi ha fatto soldi sul recupero di materia prima tramite il riciclo.
Quindi ci sono alcuni fenomeni che sono legati alle leggi, che sono completamente svincolati dal
prodotto ma dovrebbero influenzare il prodotto.
Ad esempio in Italia si parla molto di sicurezza sul lavoro e allora è chiaro che quando io progetto il
mio prodotto allora io devo fare in modo che venga realizzato senza che ci siano rischi per il
lavoratore. Questa cosa può essere affrontata in diversi modi, uno dei modi è quello di fare un
impianto sicuro per la realizzazione del prodotto (ad esempio robotizzato) per salvaguardare
l’operaio, oppure evitando di utilizzare sostanze tossiche.
Allo stato attuale non esiste un unico modo per tenere conto di queste cose, certo che se io avessi
coscienza nel momento in cui io prendo una decisione progettuale nell’ambito di tutte le altre
caselle la progettazione potrebbe essere ottimizzata per l’intero ciclo. Il problema è capire se sono
vincolato a fare una cosa del genere e se all’azienda interessa seguire un determinato iter, ad
esempio le ultime caselle della slide le posso anche non considerare.
Se noi pensiamo alle automobili, chi le produce ha il suo guadagno soprattutto sulla vendita dei
pezzi di ricambio originali che non fa tra l’altro neanche l’azienda madre. Ci sono alcune aziende
che sono fornitrici dell’azienda che fa automobili e che creano il prodotto per quella macchina
nuova e poi hanno tutta la linea di pezzi di ricambio.
Ad esempio supponiamo che la Renault monta come gomme le Michelin, se noi vogliamo trovare a
listino della Michelin le stesse gomme che noi troviamo sotto la Renault che abbiamo comprato
noi non le troviamo. Quindi c’è l’azienda che fornisce prodotti alla ditta produttrice di automobili e
poi si potrebbe fare la gestione come società a parte per vendere i pezzi di ricambio. Poi la
manutenzione la possono fare le officine autorizzate che non sono proprietà della casa madre, ma
sono persone che ci mettono i propri soldi e ottengono la concessione di quel marchio e vendono
quelle automobili con degli accordi.
Quindi può succedere che l’azienda che produce il prodotto ha interesse a seguire il prodotto
soltanto per una parte della vita e quindi il cortocircuito della linea di prodotto si ferma prima e
non dopo.
Detto questo c’è da dire anche che per ognuna delle caselle della slide ci sono strumenti di
ottimizzazione. Alcuni li abbiamo studiati in alcuni corsi. Quindi ogni casella presenta diversi
metodi di ottimizzazioni. Il proff si interessa delle prime 2 caselle in giallo della slide.
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Slide: Progetto per ….Design for X (DFX)
In genere si parla di “Design for X”, cioè è un design che può essere fatta per ognuna delle attività
delle caselle della slide precedente.
Se io faccio progettazione meccanica devo:
- fare il dimensionamento,
- fare la simulazione dell’ergonomia,
- calcolo agli elementi finiti,
- sistemi multi-body (cioè considerano vari pezzi tra di loro e calcolano le inerzie, le
traiettorie, lo scambio di energia durante gli urti, ecc),
- poi ci sono per stabilire i cicli di lavoro cioè se produrli a lotti piuttosto che in serie.
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Il PLM è una piattaforma che tiene traccia di tutto quello che c’è qui dentro, che nella pratica
attuale per chi non usa il PLM è diviso in 3 grosse categorie:
1. flusso della progettazione
2. flusso dei servizi
3. flusso della produzione
Il flusso della progettazione non è detto che presente unicamente all’interno dell’azienda, perché
io potrei commissionare uno studio di progettazione e sviluppo del progetto e poi mi faccio in
azienda la pianificazione della produzione.
In un’ottica della serpentina che abbiamo visto prima, la progettazione di quel lotto tiene conto di
una serie di aspetti che sono quelli del flusso dei servizi. In realtà in questo grafico mancano
ancora delle frecce che sono:
- il prodotto che va verso la pianificazione e la produzione,
- il prodotto che va verso l’esecuzione,
e viceversa.
Una quantità di dati così impressionante è difficile da tracciare ma soprattutto è difficile da
codificare. Codificare vuol dire trovare un modo di formalizzare queste informazioni in maniera
tale che sia leggibile da altri e che sia utilizzabile in maniera compatta e senza errori. Per questo
non basta il disegno tecnico. Noi sappiamo che quando realizziamo un disegno tecnico abbiamo le
varie viste dei vari sotto-assiemi, le distinte base e quindi abbiamo tante informazioni … se fosse
stato fatto in maniera completa il progetto di grafica e computazione tecnica avremmo avuto
anche le tavole di lavorazione, quindi di un pezzo avremmo fatto una tavola ulteriore per dire dove
dobbiamo fresare, rettificare così diamo informazioni su come viene realizzato il pezzo.
Allora il disegno contiene tante cose, ma non può contenere la pianificazione e la programmazione
della produzione la tavola da disegno di un pezzo non mi dice quante saldature posso fare al
giorno, né con che tipo di macchina lo posso fare perché io non so quante altre parti vengono
saldate con la macchina perché i carichi di lavoro possono essere differenti.
La 1° riga di questo grafico può essere gestita in genere da un sistema che si chiama PDM, che è un
sistema informativo in grado di fornire informazioni tecniche e di gestione a supporto
dell’innovazione (leggi slide).
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In genere è più di supporto all’attività di progettazione, anche se può entrare anche nel merito
tecnico. Il PDM è legato fondamentalmente al progetto del prodotto e non al progetto degli
impianti che servono per realizzare quel prodotto (cioè la linea di produzione).
Quindi io posso:
- arrivare a memorizzare come deve essere realizzato ciascun componente,
- come li devo assemblare,
- ma non posso arrivare a dire quanti ne faccio al giorno perché il PDM non nasce per
questo, ma in alcuni casi si possono aggiungere anche queste informazioni.
In particolare la logica di un sistema PDM è: se esiste un’interazione così forte tra i vari momenti di
vita del prodotto, evidentemente quando io sviluppo il mio prodotto o quando io modifico il mio
prodotto, devo in qualche modo tenere informato chiunque è coinvolto nella vita del prodotto
stesso.
Quindi il PDM mi consente di condividere le informazioni, perché è un sistema di condivisione
delle informazioni.
Nelle versioni di Solidworks esiste il PDM, si potrebbe istallarlo e metterlo in funzione ed ha di
particolare la creazione di utenti e ruoli e la creazione di un database dove mettere tutte le parti e
gli estremi che abbiamo in Solidworks e la possibilità di collegare a questi oggetti degli elementi
aggiuntivi e inoltre di gestire la numerazione delle revisioni dei vari componenti.
Quindi all’interno dei vari software, il PDM è un gestore di database il database è un
contenitore dove noi mettiamo una serie di file, informazioni che sono etichettabili e collegabili tra
di loro. Nello sviluppo di un progetto quello che io posso mettere insieme è com’è fatto il mio
prodotto e quali sono tutte le informazioni relative al mio prodotto, tenendo presente che il
progetto ha una sua storia. Quindi io faccio una 1° ipotesi e poi faccio diverse configurazioni, cioè
io ho un’idea di prodotto che posso coniugare in diversi modi.
Ad esempio se in Solidworks noi facciamo il disegno 3D della chiave inglese, la forma della chiave
inglese è la stessa ma cambiano le dimensioni a secondo del numero della serie dal DN18
cambiano le dimensioni rispetto al DN16, però il modello è quello e allora all’interno di Solidworks
c’è un file e all’interno del file ci sono varie configurazioni che corrispondono a vari prodotti.
Quindi io non posso fare un collegamento diretto tra il file della chiave inglese e quanti chiavi
DN12 ho a magazzino, non posso fare questa connessione se non gestisco anche le configurazioni
all’interno.
Quindi queste cose si gestiscono con i codici prodotto. Ad esempio se si rompe un pezzo della
macchina, la 1° cosa che ci chiede l’officina è il libretto perché lì ci sono i codici dei pezzi della
macchina.
Supponiamo di avere una tavola ufficiale che io ho passato al mio fornitore, in cui c’è scritto H7F7
che è l’accoppiamento e la tolleranza, vado a montare il pezzo e questo non va bene e quindi
decido di farlo H6F6 quindi gli do la stessa tavola con lo stesso codice ma con un numero scritto
diverso, ho cambiato una misura piuttosto che una tolleranza … io come sono sicuro che il mio
fornitore mi produrrà quello sulla base della tavola nuova? Perché ad esempio il fornitore si è fatto
sub fornire da qualcun altro con il quale ha litigato, quindi io avrò un sub fornitore che si è preso
una tavola che io sostituisco con un’altra tavola che ha lo stesso codice che però ha misure
diverse, come faccio a sapere se il prodotto che mi arriva è con la tavola nuova o vecchia? Siccome
io la tavola non posso sostituirla a tutti emetto un nuovo codice, devo seguire tutto il percorso
tenendo presente che alla fine qualcuno mi chiederà un mezzo fatto in quel modo.
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Quindi il PDM mi consente di gestire per ogni singola parte le informazioni sopra le revisioni e ogni
volta che io decido che ci sarà un componente fatto in un certo modo che è differente dal
precedente io devo aggiornare il numero del file con una certa logica, che sarà:
- prodotto n
- assieme x
- sotto-assieme y
- sotto-sotto-assieme z
- componente fatto all’esterno
- codice del componente H6F6
- revisione del componente H7F7
più è complesso il prodotto, più è lunga questa lista.
Io devo gestire questa informazione, devo sapere il pezzo dove sta e devo sapere se sta soltanto lì
o da altre parti perché posso pensare di mettere lo stesso pezzo su 2 auto diverse, con opportune
modifiche.
Quindi devo tenere traccia del componente, quindi:
- dove sta ?
- quante volte l’ho utilizzato ?
Uno degli esempi che possiamo fare è la gestione del magazzino, perché io devo sapere se ho al
suo interno un determinato pezzo e in che quantità.
Il PDM si occupa anche della gestione degli utenti e delle priorità. Su un progetto io dico chi ci
lavora, gli dico se può accedere alla documentazione del progetto e a quale livello. Quindi ad
esempio se io collaboro con Magneti Marelli che si occupa di centraline, gli metto a disposizione
tutti i disegni della parte dove va montato il suo componente non gli faccio vedere tutta
l’automobile. In genere si fa una struttura logica per sotto-assiemi e autorizzo solo i sotto-assiemi
che interessano quella determinata parte.
Quindi devo poter gestire differentemente l’accesso alle varie case e sotto-assiemi per consentire
a chi deve lavorare su quel progetto di vedere lo stato di valutazione del progetto e devo dare
autorizzazioni di tipo diverse.
Ad esempio io disegni un pezzo e faccio una serie di verifiche agli elementi finiti, il tecnologo
potrebbe dire che quel pezzo è difficile da realizzare e quindi ci suggerisce di farlo in modo diverso.
Adesso chi è che deve fare le modifiche? Chi ha disegnato il pezzo o il tecnologo? Se i do
l’autorizzazione ad entrambi di modificare il pezzo, il rischio è che il tecnologo possa modificare il
pezzo e non sapendolo non mi accorgo che è cambiata la massa, il baricentro e quindi devo
modificare qualcosa. Ci cono delle piattaforme che mi permettono di fare delle modifiche in
contemporanea, ma in genere c’è sempre il responsabile del progetto che fa le autorizzazioni.
Ad esempio quando facciamo la messa in tavola in Solidworks, modificando le quote della tavola in
Solidworks si modifica il 3D. Questa funzione su alcuni software in passato doveva essere
esplicitamente attivata, perché la messa in tavola in genere veniva fatta per i periti meccanici che
erano pagati per fare la messa in tavola e non occuparsi della progettazione quindi non
dovevano modificare il 3D.
Ciò nonostante il tecnologo, il commerciante possono esaminare il progetto su richiesta.
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Il PDM è stato il 1° tentativo di creare un sistema che, tenendo presente tutte le necessità di
tracciamento delle singole parti/assiemi e delle revisioni, consentisse di rendere visibile la
documentazione senza permettere che qualcuno possa fare dei danni. A questo si aggiunge che
per ogni componente ho la storia del componente in termini di revisione, ma abbiamo anche la
documentazione aggiuntiva che voglio mettere quindi posso allegare a quel componente un
foglio Excel con tutti i calcoli fatti su di esso, puoi allegare la scansione dello schizzo che hai fatto a
mano sul tovagliolo di carta, quindi puoi allegare delle note in modo tale che su quel componente
non leghi soltanto il disegno ma leghi tutti i motivi che ti hanno costretto ad arrivare a quel
disegno.
Quindi il PDM serve a favorire la comunicazione e la condivisione delle informazioni aziendali con
una minimizzazione dei tempi di esecuzione delle attività che danno valore aggiunto, tramite
ricerca e problem solving. Così sono più reperibili le informazioni relative a quel prodotto, perché
scelgo quel componente per vedere subito com’è stato fatto e come deve essere realizzato.
Quindi nel PDM sono riportati tutti i processi di realizzazione del prodotto, fino all’imballaggio del
prodotto.
Ad esempio dobbiamo lavorare un pezzo con una macchina a controllo numerico, per lavorare un
pezzo sotto una fresa noto il suo 3D bisogna prima progettare le lavorazioni che vengono fatte.
Quindi una volta che conosciamo le lavorazioni che devono essere fatte possiamo saper dove
possiamo bloccare il pezzo, quindi a noi ci arriva il 3D del pezzo ma dobbiamo anche sapere da che
pezzo partiamo. Questo perché in fonderia partono dei pezzi fatti in un certo modo, oppure io
devo chiedere che venga realizzato un pezzo con una forma specifica. Molto spesso capita che si fa
lo stampo in parte in fusione e un’altra in un altro modo.
Poi bisogna tenere fermo il pezzo e lo blocchiamo con una tavola porta pezzi.
Ma dalla tavola porta pezzi al pezzo? C’è tutto un mondo che riguarda il bloccaggio del pezzo.
Per tenere fermo un pezzo ed eseguire la saldatura io devo progettare dei componenti appositi,
devo creare dei piani di riscontro con dei sistemi di blocco e quindi ci sono delle tecniche e quindi
devo progettare degli strumenti di blocco. Così come se l’oggetto deve essere fatto in fusione io
devo progettare lo stampo e lo stampo non è semplicemente integrativo del pezzo perché devo
tenere conto di 2 fattori fondamentali che sono:
- la estraibilità del pezzo dallo stampo;
- il ritiro del materiale perché quando faccio la colata di metallo fuso e poi lascio
raffreddare io parto da un volume e ottengo un volume minore perché passiamo da una
temperatura di fusione di 700°C e arriviamo ad una temperatura di 20°C.
quindi nel fare uno stampo di fusione io devo tener conto della forma del pezzo e delle condizioni
di lavoro per poter progettare correttamente lo stampo.
Però in genere si fanno gli angoli di sfogo affinché possa essere estraibile dallo stampo il pezzo
precedentemente fuso, quindi inclino le facce nella direzione di estrusione. Quindi quando
progetto quel pezzo devo tenere delle accortezze sugli angoli di sfogo e devo vedere se mi va
bene quell’angolo di sfogo se no devo fare una scanalatura/rettifica in quella zona.
A questo punto so com’è fatto il pezzo e so dove lo posso agganciare.
Adesso per agganciare il pezzo in realtà si progetta in qualche modo il tutto.
Quindi più è complesso il prodotto e più devo tenere conto delle varie problematiche relative al
suo posizionamento/bloccaggio. Quindi devo avere dei riferimenti, anche ad esempio quando
faccio il taglio laser.
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Quindi come si blocca il pezzo ha un impatto sulla progettazione del pezzo. È chiaro che se io devo
progettare un pezzo, ci sarà qualcun altro che progetterà gli elementi per tenerlo fermo.
Riassumendo:
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Slide:
Questo grafico ci dà già un idea di alcune cose che esistono, cioè nel PDM c’è:
- CAD serve per la progettazione/ingegnerizzazione dove ci sono anche analisi FEM
- CAE
- CAM
- CAPP
Il CAPE Factory Design è uno strumento informatico equivalente al CAE per la pianificazione
dell’impianto di produzione, dove ci si pone il problema di come fare l’azienda affinché possa
produrre quei componenti. Oppure ad esempio come devo gestire con le mie macchine la
produzione di diversi tipi di prodotti.
C’è un mondo dietro al Factory Design, dove a parte questa funzione non c’è un’interazione con il
prodotto perché il Factory Design è svincolato dall’idea di prodotto.
Ci sono però delle aziende, come ad esempio la Fiat, che fa delle linee per uno specifico prodotto
per cui l’impianto e le parti sono strettamente collegate altrimenti è difficile tener presente
all’interno del PDM l’impianto che realizzerà quei componenti e che poi li assemblerà.
Quindi più la fabbrica è flessibile e più abbiamo possibilità di produzione e più ci svincoliamo dal
prodotto.
Slide:
Il CRM è tutto ciò che si occupa di questa linea che è il mercato, avremo:
9
- la gestione della pubblicità,
- la stampa dei foglietti che vanno messi nella confezione,
- il confezionamento,
- ecc
quindi tutto ciò che si riferisce all’immissione sul mercato del prodotto e la gestione del prodotto
sul mercato è dato dal CRM.
Il CRM può avere una connessione con il PDM perché io devo sapere che cosa vendono, devo
progettare la confezione e quindi le parti mi servono. Però attualmente il CRM è qualcosa che
gestisce da quanti prodotti, come li sto distribuendo, quali sono i problemi di funzionamento, ecc
… ormai qualsiasi cosa compriamo presentano dei dati.
Quindi per un componente per cui devo garantire il suo funzionamento, ne devo conoscere anche
la sua storia di produzione e quindi se mi rendo conto che dopo 5 anni un determinato prodotto
mostra un certo difetto ho 3 cose importanti da fare:
1. La prima cosa importante è intervenire nella maniera tale che la gente non pensi che il mio
prodotto non sia buono, ma il fatto che dopo 5 anni si rompe è perché il mio cliente l’ha
usato tantissimo.
2. La seconda cosa che devo fare è preparare l’innovazione di quel prodotto, perché tra 5
anni mi si apre un mercato se so che tra 5 anni si rompe.
3. La terza cosa è non farlo sapere alla concorrenza.
Quindi io posso prendere la storia dei prodotti vecchi per sapere come devo fare le cose, cioè è
nato per gestire la manutenzione però l’impatto sui requisiti funzionali dei nuovi prodotti è
importante.
Slide:
Le tecniche CRM sono tese a gestire i due aspetti fondamentali della “vita” del prodotto:
1) La Supply chain è tutto ciò che serve per l’approvvigionamento dei materiali da produrre
2) L’After market il dopo vendita. Se io mi sto ponendo il dopo vendita della coca-cola non
c’è il ritiro del prodotto, al massimo ci può essere il ritiro delle bottiglie di plastica per
l’inquinamento.
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Slide:
L’ERP consente la pianificazione di tutte le attività dell’azienda, quindi non lavora sul prodotto ma
sull’azienda.
I sistemi ERP sono gli unici che parlano di soldi tra i sistemi appena visti, perché sono gli unici che
tengono la contabilità perché alla fine l’azienda è una scatola nera nella quale entrano materiali,
idee, soldi, ecc.
Quindi è una scatola nera che chiede in immissione materiali, denaro, energia e tira fuori prodotti,
soldi indipendentemente da tutto quello che c’è all’interno e questo flusso deve essere positivo
nel senso che faccio entrare quel materiale e quel materiale deve uscire come prodotto finito
riducendo gli scarti.
Quindi il delta di soldi tra i soldi che entrano e che escono deve essere positivo cioè devo avere
un utile.
Slide:
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Ci sono 3 definizioni del PLM nella slide, la “DEFINIZIONE N.2” è quella più vicina al nostro corso,
cioè è una definizione rivolta agli ingegneri.
Quindi la definizione 2 tiene conto che chi sviluppa nuovi prodotti è l’elemento cardine per poter
fare business, l’azienda guadagna se ci sono prodotti che valgono in termini di utile.
Indipendentemente da tutti i ragionamenti, si fa sempre quello che dice il capo.
Slide:
Il PLM è la digitalizzazione di tutto ciò che avviene non solo nella vita del prodotto, ma nella vita di
un prodotto inserito in un sistema di produzione e distribuzione e quindi poi all’interno del
mercato.
Pensiamo ad esempio ad un’azienda che ha 3 prodotti, è chiaro che i 3 prodotti sono collegati dal
fatto che vengono realizzati nella stessa azienda con le stesse macchine. Quindi se io ho un PLM
non considero solo la vita del prodotto, ma considero la storia dell’azienda con tutti i suoi prodotti.
Infatti le aziende per tenere traccia di tutti i prodotti gli assegnano dei codici, pensiamo ad
esempio alle aziende farmaceutiche.
Se io ho trovato uno standard di digitalizzazione delle informazioni, dal quale posso ricavare in
maniera informatica le informazioni, io posso pensare di implementare delle automatizzazioni di
processi decisionali.
Esistono logiche, ad MRP, che sono degli approcci che ci dicono cosa produrre e quando produrre
nell’ottica che l’azienda tiene sotto occhio gli ordini e le scorte a magazzino e decide di produrre
una cosa piuttosto che un’altra.
Quindi ci sono delle logiche di produzione, che sul sistema PLM sono già implementate. Quindi in
base agli ordini e alle scorte a magazzino, grazie alle logiche implementate nel PLM, il sistema in
automatico prende delle decisioni.
Ciò implica che e’ necessario lavorare su un database costituito da prototipi virtuali (Modelli CAD)
associati ad informazioni di tipo tecnico/tecnologico/etc. (Modelli CAD/Caxx) e gestiti a livello
aziendale con un sistema hardware/software appropriato (PDM).
Un esempio è Solidworks su cui posso fare delle simulazioni e stampare la documentazione per
quanto riguarda l’assemblaggio.
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Slide:
Adesso se io devo realizzare un tele comando ad esempio, ma perché devo realizzarlo in maniera
tale che sia facile da assemblare? Il telecomando sarà buono se trovo facilmente i pulsanti.
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Slide:
Si cerca sempre di realizzare prodotti in modo green affinché si riduca l’impatto sull’ambiente,
quindi anche nel DFE esistono delle linee guida per il lavoro del progettista:
Verificare l’impatto sull’ambiente delle materie prime utilizzate (materiali ed energia);
Progettare in modo da rendere più semplice il disassemblaggio;
Progettare i componenti che non possono essere riutilizzati in modo da poterli riciclare.
Quindi se voglio produrre in modo green devo usare prodotti green!
All’interno di un oggetto complesso posso avere sottocomponenti che durano più dell’oggetto
complessivo, quindi potremmo riutilizzarli. Quindi fare un oggetto che sia facilmente disasseblabile
vuol dire che è facilmente mantenibile oppure è tale che i componenti sono facilmente riutilizzati
e questo è sicuramente green perché riduce le quantità dei componenti da produrre.
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Slide:
Se vogliamo fare un ottimo progetto dobbiamo tenere conto dell’intero ciclo di vita del prodotto.
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Lezione 9: 16-10-17 (Mecc+Gest)
Slide:
Il processo e sviluppo prodotto è un processo che richiede una serie di step, tant’è che nel
calendario datoci dal proff ci sono presenti una o più delle caselle della slide perché identificare i
bisogni del cliente è ciò che avverrà venerdì con la presentazione dei requisiti funzionali. Perché
ora noi conosciamo l’argomento del nostro progetto e stiamo cercando di capire che vuol dire, in
realtà già qui c’è un passaggio fondamentale perché il proff ci ha sollecitato a parlare di affrontare
un problema. Per andare ad identificare i bisogni del cliente, noi ci siamo resi conto che questo
problema è un problema che tormenta un certo gruppo di persone più o meno ampio e se io trovo
una soluzione, quella soluzione diventa un prodotto e se quella soluzione diventa un prodotto,
quelle persone che hanno quel problema diventano clienti. Quindi se chiudiamo questo percorso
che è sintetizzato nella direzione di innovazione, innovare vuol dire trasformare un problema in
una soluzione … io ho trovato finalmente i miei clienti. Quindi abbiamo identificato un problema,
non abbiamo identificato dei clienti, adesso dovremo fare i questionari per capire chi è il nostro
cliente e quel cliente cosa vuole? Perché se poi noi ci fermiamo al nostro modulo, che è quello
degli studenti universitari di ingegneria, che hanno una confidenza sulla tecnologia e dobbiamo
affrontare 2 problemi fondamentali per vendere un prodotto:
- Il 1° è quello dei Costi;
- Il 2° (che è anche più importante) è quello: “perché una persona anche se se lo può
permettere dovrebbe affrontare delle difficoltà di capire come funziona una nuova
tecnologia che non ha mai utilizzato?”
Sembra una banalità però non lo è, ad esempio prima non c’era un telecomando per
cambiare i canali e quindi dovevamo alzarci e andare verso la tv ogni volta per accendere e
cambiare i canali.
Quindi il senso del questionario è capire il mondo al quale ci rivolgiamo che modo è e solo così
possiamo identificare veramente un cliente, perché il cliente non è quello che si convince che
abbiamo fatto una cosa buona, ma il cliente vede solo se il prodotto risolve il suo problema.
Quindi dobbiamo buttarci nelle esigenze degli altri per capire i problemi.
La Mission Statement che è a monte è quello che hanno fatto i proff, cioè dobbiamo ragionare per
fare qualcosa per loro. Quindi i proff ci hanno dato un incarico che un domani potrà essere
assimilato all’incarico che il nostro datore di lavoro o un committente ci darà per entrare in un
determinato mercato (ad esempio quello delle valige). Quindi il committente ci assegnerà un
progetto che dovrà avere determinate specifiche tecniche e requisiti funzionali, che si rivolge ad
un determinato mercato.
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Nel caso del nostro progetto, noi abbiamo scelto un problema e stiamo cercando il mercato. In
altri casi invece ci diranno:”questo è il mercato, che possiamo fare?” facciamo un questionario e
vediamo quali sono le cose interessanti.
Quindi la Mission Statement definisce l’incarico e i vincoli o le particolarità dell’incarico, la
descrizione di ciò che vogliamo fare quindi la descrizione del problema che abbiamo identificato
e magari il mercato al quale ci vogliamo rivolgere. Ad esempio quando facciamo il questionario mi
devo rivolgere ad un determinato mercato, ad esempio alle casalinghe se devo risolvere un
problema rivolto alle sole casalinghe.
Indentify custumer needs si può definire se ho un determinato tipo di clientela.
Stabilire le specifiche target trovare un modo di confrontare le nostre idee con la concorrenza,
dobbiamo darci un target in termini numerici e non concettuali. Quindi se voglio un determinato
target, cioè voglio un prodotto con questa specifica, si tratta di specifiche tecniche. Nel momento
in cui io ho deciso che la cosa ideale è l’automobile a 4 posti, che consuma 16 km al litro poco ho
messo un target in termini numerici, però in realtà ho già tradotto i miei requisiti funzionali in
qualcosa di tecnico.
Notiamo che anche nello schema proposto dal libro, la definizione delle cose che io voglio valutare
come risultato della mia attività di progetto viene messa prima della definizione di concept, cioè
cerchiamo di capire prima che cosa vogliamo fare e poi ci chiediamo come farlo. Infatti noi
dobbiamo analizzare prima il problema e non la soluzione, perché se no non riusciamo ad
analizzare per bene il problema.
2
- ecc
È chiaro che questo concetto è applicabile facilmente per una grossa azienda che fa dello sviluppo
prodotto un’attività fondamentale perché un’azienda che ha l’obbiettivo di mantenersi all’impiedi
per lungo tempo, deve continuare a proporre nuovi prodotti per mantenersi allineata con la
concorrenza, deve valutare le nuove tecnologie e capire se quelle nuove tecnologie possono
migliorare il prodotto.
Ci sono invece aziende che hanno necessità sviluppo prodotto in maniera singolare. Naturalmente
per fare un nuovo prodotto ho bisogno di un team di progetto e tale team non mi serve sempre, a
meno che io non faccia sempre nuove tipologie di prodotto sempre.
La composizione del nucleo base e la composizione del nucleo stretto, in generale è fatta di più
persone con alcuni interni e alcuni esterni, ma questa suddivisione di ruoli non è così netta,
dipende dall’azienda e dalla complessità dei prodotti che si sviluppano.
Quindi ci sono dei casi in cui il nucleo base è 1 sola persona esperta di una serie di cose e porta
avanti il suo progetto e non c’è bisogno di coinvolgere altre persone, magari perché non ha una
discreta conoscenza o perché non conosce la parte elettrica.
Ovviamente se il gruppo è di 1 persona, c’è un team leader che è leader di se stesso e non ci
saranno contrasti all’interno.
Dove ci sono almeno 2 persone c’è bisogno di un leader, cioè qualcuno che si prenda la
responsabilità di prendere le decisioni perché le decisioni non sempre sono condivise. Tra l’altro
essendo in 2, in genere quando sono 2 persone è un pareggio.
Per cui diciamo che i prodotti di media-grossa complessità, noi avremo:
- un responsabile di progetto;
- uno o più esperti per ognuna delle aree di interesse per quel progetto se è
un’apparecchiatura avrà un’ingegnere meccanico, un elettronico, un tecnologo, ecc
Nel gruppo esteso vediamo altre figure, perché quando progettiamo qualcosa quel qualcosa deve
essere realizzato, distribuito, trasportato, venduto, fatto di componenti che devono essere
acquistati. Ogni volta che noi prendiamo delle decisioni sul progetto, coinvolgiamo uno degli
aspetti di tutta l’azienda e di tutta la filiera che va dall’approvvigionamento delle materie prime
fino alla vendita.
Non sappiamo tutto, per esempio nel caso dei farmaci prima che ci vengono riconosciuto un
nuovo farmaco deve passare per un iter lungo.
Il project leader è qualcuno che capisce di tecnologia, di ingegneria meccanica, di ingegneria
elettronica … magari non è detto, se il progetto è complesso non è che deve essere un esperto che
3
è in grado di fare complicatissimi calcoli agli elementi finiti, ma deve essere uno che sa gestire le
persone. In genere chi fa carriera è colui che sa gestire le persone. Ovviamente se deve gestire
persone che devono affrontare problemi tecnici devi essere almeno in grado di individuare il
problema tecnico sul quale devi discutere, quindi deve prendersi anche le responsabilità della
scelta tecnica. Questa è la figura per la quale noi siamo candidati. Quindi le aziende vedono anche
chi riesce a creare più coesione in un gruppo.
Non posso far guidare il progetto da un fornitore, cioè i fornitori non possono decidere per noi,
quindi non ha senso fare un nucleo base che comprende tutti anche perché per fare mettere
d’accordo molte persone ci vuole elevato tempo e costo di sviluppo. Tutte queste persone sono
stipendiate dall’azienda e sono chiamate per risolvere un problema oppure sono consulenti
esterni. Anche sulla consulenza esterna c’è possibilità di lavoro, ad esempio l’Accenture vende
consulenza alle aziende per sviluppare un progetto e poi se ne vanno.
All’interno del team di progetto dobbiamo trovare un compromesso tra tutte le possibili idee,
soluzioni, problemi, ecc tenendo conto dell’evoluzione del mercato e dell’evoluzione
tecnologica senza perdere troppo tempo. Quindi il compromesso va trovato velocemente, se no
perdiamo troppo tempo e non realizziamo il prodotto.
La percezione di qualità del prodotto dipende dal modo con cui la persona interagisce con il
prodotto. Per cui se noi facciamo una televisione che ha un display spettacolare e poi ci mettiamo
un pulsante di accensione che si muove o che sta per rompersi, vuol dire che il prodotto non ha
buona qualità anche se la funzione principale è fatta nella maniera migliore possibile di questo
mondo.
Il tutto va fatto in tempi rapidi perché uno deve tenere il passo del mercato, cioè dobbiamo
vendere qualcosa che abbia un prezzo accettabile e il nostro margine sta nel risparmio che noi
facciamo nel sviluppare il prodotto quindi minore è il costo di produzione del prodotto,
maggiori sono i margini e più l’azienda è contenta e ci fa lavorare.
L’innovazione dell’azienda è legata alla necessità che una certa azienda decide di innovare ad un
certo punto:
- o perché si aspetta che il mercato cambi,
- o perché si è fatto i conti e vuole cambiare approccio e decide di proporre prodotti in
modo diverso, che è una delle cose più difficili. Ad esempio la Fiat fino a pochi anni fa era
considerata come l’auto nazionale che costava di meno perché valeva di meno … noi
sappiamo che se ad esempio facciamo gli oggetti meccanici dell’autovetture con tolleranze
più spinte questo mi può dar vita ad un maggior movimento relativo, quindi maggiori
vibrazioni però questa cosa consente di fare prodotti ad un costo più basso e questo
tipo di approccio è stato utilizzato dalla Fiat.
5
Quindi se un’azienda vuole innovarsi non deve cambiare in se il prodotto, ma deve
cambiare il modo in cui l’azienda vuole realizzare il prodotto, perché ad esempio deve
rendere il processo tecnologico più ecologico.
Riposizionamento su altri segmenti è un prodotto che abbiamo fatto bene e ci rendiamo conto
che si può estendere quel concetto di prodotto ad un segmento di tipo diverso. Ad esempio ho
venduto il prodotto ai trentenni ora vediamo se lo riesco a vendere ai quarantenni, però per
venderlo ai quarantenni devo fare i questionari e devo indagare il mercato per vedere se lo posso
vendere ai quarantenni e se devo fare delle modifiche per venderglielo in base alle loro esigenze.
Quindi se ad esempio prima ho venduto un prodotto ai giovani, poi posso pensare di riposizionarlo
sul mercato verso le persone anziane.
Ad esempio le linee di produzione Fiat delle autovetture, oltre al mercato europeo, venivano
trasferite in Brasile o in India per continuare a produrre le autovetture Fiat su mercati
completamente diversi perché le esigenze erano completamente diverse.
L’evoluzione del prodotto io devo cambiare il prodotto perché devo inserire nuove tecnologie,
quindi c’è il cosi detto know how del prodotto.
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Slide: Pianificazione dei prodotti
La Mission Statement identifica solo uno dei passi di sviluppo dell’azienda nel tempo, che invece
deve pianificare il suo portfolio di prodotti.
Qualora non seguo l’iter stabilito dalla Mission Statement si rischia di avere:
1. Prodotti poco competitivi perché non sono stati fatti ad hoc per il mercato;
2. Tempistica errata è una cosa che capita spesso, cioè si vende qualcosa e non interessa a
nessuno … poi dopo 2 anni lo stesso prodotto fatto da un’altra azienda ha un successo
enorme, ciò perché il mercato non era ancora pronto.
3. Distribuzione errata delle risorse è un problema interno. Avere risorse per sviluppare un
prodotto vuol dire fare in modo che l’esperto meccanico, elettronico del team abbiano la
possibilità di fare il loro lavoro quindi avere i software, fare indagini di mercato, ecc.
Se io risparmio soldi sull’indagine di mercato perché devo acquistare un nuovo software,
posso rischiare di avere una visione distorta della realtà.
4. Avvio e cancellazione di prodotti mal concepiti se distribuisco male le risorse posso
ottenere un prodotto poco competitivo, quindi lo metto in produzione e poi lo chiudo.
5. Cattiva gestione
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Statement, tutte molto simili in maniera tale che poi gli stampi per la carrozzeria, del telaio, ecc
sono gli stessi perché se fossero prodotti completamente diversi mi costerebbe molto produrli.
Ad esempio se devo fare la versione cabrio di una autovettura non è una cosa semplice, perché
un’auto non ha una torsione elevata perché ha il tettuccio quindi nella versione cabrio
dell’autovettura noi dobbiamo irrigidirla in qualche modo e quindi se gli aggiungiamo dei
componenti sul tettuccio della cabrio questa modifica va bene. Quindi se noi pensiamo di fare per
il nostro problema una piattaforma di prodotto che deve essere un qualcosa che accontenta più
segmenti di mercato diversi, allora dobbiamo sviluppare il nuovo prodotto tenendo conto delle
diversità tra i vari segmenti di mercato e quindi le diversità dei vari componenti che ci dobbiamo
mettere e garantire la riconfigurabilità.
Derivazione da piattaforme esistenti è simile come concetto, cioè io ho già una piattaforma
esistente e ad un certo punto si decide che per una delle autovetture si può fare la versione ibrida
o elettrica. Devo partire dalla versione esistente e devo adattare la versione esistente in maniera
tale da aggiungere delle cose e toglierne altre, se riesco a farlo posso fare una derivazione della
piattaforma esistente.
Prodotti totalmente nuovi quello che facciamo noi gruppi, perché noi non faremo piattaforme
di prodotti ma prodotti completamente nuovi. Potremmo ricadere anche in una piattaforma di
prodotti facendo ad esempio 3 schiaccianoci diversi, dove uno lo uso per le nocciole, uno per le
noci e un altro per le mandorle.
Il grafico standard è:
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1. Pianificazione e sviluppo del Concept
2. Progettazione sistemica
3. Progettazione del dettaglio
4. Progettazione e miglioramento del parco prodotti
Come si nota lo schema è leggermente diverso per le 3 tipologie di prodotti con diversi cicli di
iterazione, perché io lavoro con il mio team per arrivare a definire un’idea che è quella che ritengo
sia la migliore e poi comincio a fare la progettazione del dettaglio perché nel mio team ho le
competenze per fare questo.
In alcuni casi quando il prodotto è complesso (Figura c) per ognuno dei sottogruppi avrò:
- Progettazione e test (Design-Test);
- Integrazione e test (Integrate and test).
Questo nucleo (Design-Test) con una serie di competenze, è un qualcosa che va bene in un caso
generico. Quando noi abbiamo un prodotto complesso, ognuno di questi nuclei riguarda una di
quelle linee Progettazione-Test non possiamo pensare su un progetto complesso di mettere
insieme tutte le competenze in un'unica stanza, il team deve avere una flessibilità tale per cui non
deve essere numeroso perché se no non riusciamo a mettere d’accordo le diverse persone.
Quindi ad esempio nell’ambito delle autovetture il “Design-Test” (Figura c) saranno:
- Team sviluppo del motore
- Team sviluppo della meccanica (ad esempio le sospensioni)
- Team sviluppo telaio e carrozzeria
- Team sviluppo abitacolo
Quindi nell’azienda ci sarà bisogno di tanti team leder e poi di tanti piccoli team e poi ci sarà
bisogno di qualcuno che farà “Applicazione e Test”, cioè a partire dal progetto generato noi
dobbiamo mettere tutto insieme e ci sarà qualcuno che dovrà coordinare i vari sottogruppi. Quindi
il team è un concetto che va coniugato in maniera omogenea al prodotto che stiamo considerando
e il più delle volte il team è fatto di sottogruppi.
Noi stiamo lavorando alla definizione di un questionario per capire quali sono le esigenze vere
relative al problema che abbiamo evidenziato e quindi identificare i requisiti funzionali. Quello che
faremo sarà la costruzione del questionario, però non è l’unico modo perché ci sono altri approcci
in funzione della complessità del problema.
La 1° cosa che dovremmo fare è l’osservazione dell’utilizzo del prodotto, dove si intende non il
prodotto che dobbiamo sviluppare (perché noi dobbiamo fare qualcosa di nuovo), ma come si fa
adesso quindi chi deve occuparsi della raccolta delle briciole del pane deve guardare la
mamma, la zia, ecc che stanno affettando il pane per vedere qual è il modo di comportarsi.
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Poi dobbiamo vedere chi affetta molto spesso il pane? Ad esempio un addetto al ristorante, più
che il salumiere. Quindi coinvolgere persone che fanno questo più di frequentemente per farsi
un’idea più ampia del problema.
Infatti in un’azienda si cerca di prendere spunto anche dai suggerimenti degli operai. Ad esempio
se un’azienda produce frullatori, l’operaio può riscontrare delle problematiche nell’eseguire delle
operazioni di assemblaggio e allora può suggerire all’azienda delle proposte per risolvere tale
problema così riduce i tempi di realizzazione del prodotto.
Dobbiamo vedere anche prodotti simili a quelli che noi vogliamo realizzare, per trovarne pregi e
difetti.
10
Lezione 12 23 ottobre 2017
Nell’ambito ingegneristico abbiamo a che fare con l’uso di concetti espressi che alle
volte non sono misurabili alle volte anche se misurabili non sono chiari. Il mercato è
fatto da persone diverse per cui ciò che è apprezzabile per uno potrebbe non essere
apprezzabile per un altro. Nell’approccio ingegneristico descriviamo la realtà così
com’è (dicendo ad esempio che ho una massa si 100 kg che si muove ad una velocità
di 10 m/s verso la tua testa), ottenendo delle informazioni ma non è ciò che vogliamo
dire in realtà, ma dovremo dire direttamente la conseguenza che sarebbe togliti da
là che ti sta cadendo una cosa in testa. Ovvero si mette in evidenza l’unica cosa
sostanziale che è “via da lì”.
Logica Fuzzy
Fuzzy significa di per sé nebbioso, sfocato, sfumato. È un sistema all’interno del
quale si rappresentano delle informazioni in un certo modo e si danno delle regole
per comporre queste informazioni per fare dei ragionamenti.
Questi approcci logici sono piuttosto recenti che hanno avuto un ampio successo non
tanto nell’ambito della progettazione quanto nell’ambito dei controlli. Per cui si
trovano degli elettrodomestici pubblicizzati che ragionano in logica fuzzy, che hanno
dei sensori che misurano certe condizioni e decidono in maniera non scientifica quali
sono i parametri di funzionamento.
Nel 1965 viene definito per la prima volta un fuzzy set. Il fuzzy set è un insieme in cui
non è chiaro se l’elemento appartiene all’insieme oppure no. In realtà per esprimere
l’appartenenza si usa un numero compreso tra 0 e 1, che si chiama grado di
appartenenza.
Il concetto di alto è un concetto che dipende dal contesto oppure dipende dalla
media, quindi dall’universo del discorso che include tutte le persone (in particolare i
ragionamenti su statura e peso vengono fatte nazione per nazione oppure per
popolazioni orientali, americane, causasiche, ispaniche, …). Si fanno quindi delle
ripartizioni e si fa una misura media, e in base a questa misura media si parla di
percentile. Il 90-esimo percentile vuole dire che il 90% delle persone è meno alta.
Fatte queste misure ad esempio sulla popolazione italiana, abbiamo stabilito il valore
medio e per ogni persona abbiamo il percentile, per cui conosciamo la curva di
distribuzione delle altezze. Assumendo che l’altezza media del popolo italiano è di
1.78 m, si ha al di sopra di questo valore le persone sono più alte della media mentre
al di sotto sono più basse.
1.78
Il termina ( ) è scritto come se fosse una funzione ma in realtà per ogni elemento
dell’insieme di deve assegnare un grado di appartenenza che è un numero non è
una funzione. Se però sono in grado di costruire una funzione che rappresenta la
mia idea di quel concetto posso utilizzare una misura dell’elemento per calcolare il
grado di appartenenza rispetto a quella funzione.
( )
( )≡ ( )
Quindi se scelgo la logica fuzzy come sistema di scelta ottimale non posso dire che
è un sistema di ottimizzazione, a meno che non metto funzioni esprimibili
matematicamente, perché non posso creare un sistema matematico ottimale che
individua la soluzione ottimale, cioè la scelta di tutti i parametri di progetto ottimali.
Posso fare una serie di ipotesi progettuali e vedere qual è la soluzione migliore
misurando la sua bontà con una funzione di appartenenza fuzzy data dall’unione di
tutte le funzioni di appartenenza una per ogni requisito, che è data dall’unione di tutti
i sotto-requisiti con funzione di appartenenza fuzzy. Il vero vantaggio è che posso
misurare con le funzioni di appartenenza in maniera approssimata tutto, compresa
la sicurezza, l’estetica, riesco a definire una misura che ha la stessa unità di misura
per tutti i requisiti.
Se vediamo dal punto di vista tecnico per ogni requisito ci sarà una norma, un criterio,
che mi darà il rispetto dei requisiti rispetto all’ergonomia, rispetto alla sicurezza che
hanno scale da 1 a 10 e magari li devo confrontare con la rumorisità che viene
misurata in decibell e ho tra livelli alto, medio e basso e sono tre valori nemmeno
equidistanti e non posso confrontarli. Per cui con la logica fuzzy posso ottenere tutte
le valutazioni dei requisiti comprese tra 0 e 1, che è il grado di appartenenza e poi
devo usare le regole di composizione della logica fuzzy.
Lezione 13: 26-10-17 BREVETTI
Attualmente per entrare nell’ufficio brevetti Europeo bisogna conoscere 3 lingue:
- Inglese
- Francese
- Tedesco
Ha senso parlare di brevetto Europeo perché quello italiano dovrebbe allinearsi a quello Europeo.
C’è un po’ di storia dell’EPO, che sarebbe l’ufficio per brevetti. L’EPO è un’organizzazione privata,
non è un’organizzazione della comunità Europea che tramite una serie di accordi tra i vari Stati
cerca di tutelare la proprietà intellettuale dove per proprietà intellettuale si intende tutto ciò che
noi abbiamo pensato/inventato dal punto di vista mentale prima di altri. Non basta averlo fatto
prima di altri, ma bisogna in qualche modo fare qualcosa che non tutti sono in grado di fare.
L’ufficio Europeo Brevetti è una struttura che definita una regolamentazione si occupa di gestire il
rispetto di questa documentazione all’interno di una serie di Stati che hanno fatto questo accordo.
Nel 1973 ha avuto luogo la Conferenza diplomatica di Monaco per l'istituzione di un sistema
europeo per la concessione di brevetti e la convenzione è stata quindi firmata a Monaco (la
convenzione è talvolta denominata convenzione di Monaco). L’Italia si è unita nel 1978.
1
How IP relates to business
2
In che modo l'IP è rilevante per la nostra vita quotidiana?
Ogni prodotto o servizio che utilizziamo nella nostra vita quotidiana è il risultato di una lunga
catena di innovazioni grandi o piccole, come nuovi progetti o miglioramenti che rendono un
prodotto aspetto o funzione migliore.
- Un brevetto è un diritto esclusivo concesso dallo Stato per un'invenzione, che può essere
un prodotto o un processo che fornisce un nuovo modo di fare qualcosa o offre una nuova
soluzione tecnica a un problema.
- Un brevetto conferisce al proprietario il diritto esclusivo di impedire o impedire ad altri di
produrre, utilizzare, offrire in vendita, vendere o importare l'invenzione brevettata senza il
permesso del proprietario.
- Un brevetto è concesso dall'ufficio brevetti nazionale o regionale. È valido per un periodo
di tempo limitato, generalmente per 20 anni dalla data di deposito della domanda di
brevetto (o prima data di priorità), a condizione che la tassa di rinnovo (o manutenzione)
prescritta sia pagata in tempo.
- Un brevetto è un diritto territoriale e non ha alcun effetto oltre i confini nazionali del paese
o della regione (gruppo di paesi) per il quale è stato concesso. In cambio dei diritti esclusivi,
l'inventore è tenuto a divulgare la propria invenzione al pubblico descrivendo in dettaglio
l'invenzione nella domanda di brevetto, che è pubblicata in una rivista ufficiale o in una
gazzetta ufficiale.
Per il mantenimento della tutela del brevetto dobbiamo pagare una quota fissa ogni anno.
3
Altra cosa che può essere tutelata è il modello di utilità:
1. Meno rigoroso (non è richiesto alcun passo inventivo)
2. Più veloce (passaggio di novità e inventiva non esaminato)
3. Più economico
4. Domande depositate presso l'IP Office nazionale.
Il modello di utilità è un modo per usare invenzioni esistenti, non è di per se un’invenzione ma un
modo nuovo di usare quello che già esiste.
Ad esempio un modello di utilità si ha quando si fanno oggetti con una stampante 3D.
Il copyright:
1. Tutela invenzioni originali nel dominio letterario (incluso il software), musicale e artistico,
indipendentemente dalla modalità o forma di espressione.
2. Periodo di valenza del copyright: Lungo termine (50-70 anni).
3. Gratuito (automatico dopo che il lavoro è stato presentato al pubblico).
4. Diritti economici: il diritto di fare copie, riproduzioni, traduzioni dell'opera e guadagnare un
profitto.
5. Diritti morali: protegge l'autore da modifiche non autorizzate dell'espressione artistica.
4
Si può chiedere anche la registrazione/tutela del design, come ad esempio quello delle
autovetture:
5
Sui marchi c’è anche una battaglia perché hanno un valore economico notevole.
In particolare:
- Qualsiasi parola distintiva, lettere, numeri, disegni, immagini, forme, colori, logotipi,
etichette o combinazioni utilizzate per distinguere prodotti o servizi può essere considerata
un marchio.
Come notiamo il marchio della coca-cola ci fa capire che ci stiamo riferendo a lei senza capire la
scritta, proprio perché solo la coca-cola può usare questo sfondo rosso con quest’onda.
6
Il segreto commerciale è fondamentale in un business, pensiamo ad esempio alla Formula 1 dove
molto spesso ci può essere il fenomeno dello spionaggio, soprattutto su oggetti già brevettati.
Il nostro progetto non è brevettabile perché noi la presentiamo il giorno dell’esame e quindi non è
più un’invenzione innovativa.
Un brevetto è un titolo giuridico che garantisce al suo detentore il mezzo per impedire ad altri, tra
l'altro, di fabbricare, utilizzare o vendere un'invenzione senza autorizzazione entro un'area
geografica e un periodo di tempo limitati.
Per essere brevettabili, un'invenzione deve avere un contenuto tecnico.
Ad esempio, può essere un prodotto, un prodotto, un processo o un apparecchio.
I tre criteri per la brevettabilità sono:
1. Novità
2. Passo inventivo
3. Applicabilità industriale
La ricerca per i brevetti non è una cosa banale, infatti non basta una parola chiave per trovare i
brevetti simili alla nostra idea.
Quindi abbiamo avuto un’idea che rispetta i 3 criteri citati, dobbiamo porci il problema di
preparare la domanda e sottometterla.
Chi può sottomettere questa idea?
Qualsiasi persona fisica / giuridica indipendentemente dalla nazionalità e dal luogo di residenza o
affari una persona legale può essere pure un’azienda/società!
Gli stati per i quali la domanda di brevetto può essere fatta sono 32(+1) e questo è importante sia
per la tutela che per i costi. In questo modo lo estendiamo a tutta l’Europa.
8
I linguaggi ufficiali per fare domanda di brevetto sono l’inglese, francese e il tedesco e quindi se
vogliamo fare domanda per il brevetto europeo dobbiamo scriverla in una delle 3 lingue citate
oppure la scriviamo in italiano ma poi dobbiamo pagare un traduttore ufficiale. La traduzione ha
costi notevoli.
Poi dobbiamo pagare anche i costi di ricerca.
Dobbiamo designare l’inventore, cioè chi fa la domanda non è necessariamente l’inventore ma
potremmo trovare uno sponsor. Nel caso del proff, potrebbe essere l’università di Salerno che fa
la domanda e dice che l’inventore è il professore Cappetti.
Oppure un’azienda può farci domanda di brevetto sponsorizzandoci, dicendo che sono l’inventore
però c’è una differenza:
- La proprietà del brevetto è di chi fa la domanda, cioè l’azienda.
- Il diritto di invenzione o meglio la patente di invenzione ci arriva a noi e per ogni
sfruttamento economico di quella invenzione ci spetta una piccola percentuale in termini
di inventore.
Quindi bisogna cercare di inventare cose o che hanno un elevato valore aggiunto o che hanno un
elevato mercato.
Ci vuole un rappresentante che sia reperibile in tutta Europa, perché una volta fatta la domanda
bisogna vedere se lui ha dubbi sul fatto che la nostra idea rispetti i 3 criteri citati.
Si può fare domanda elettronica o cartacea o per via fax. È fondamentale stabilire la data di
quando faccio la domanda di brevetto perché in base a quella posso stabilire se sono il primo a
presentare quell’idea o c’è qualcuno che il giorno presenta un’idea simile alla mia.
In particolare:
- Dobbiamo fare una richiesta con una descrizione di ciò che abbiamo pensato, una o più
rivendicazioni,
- qualsiasi disegno che può essere esplicativo della descrizione che stiamo facendo,
- l’abstract,
- dobbiamo pagare il costo di sottomissione e ricerca,
- dobbiamo soddisfare le condizioni presenti nell’ufficio legale europeo brevetti.
9
Se viene accettata la domanda di brevetto, il brevetto vale dal giorno in cui abbiamo presentato
domanda.
Se la domanda viene approvata, viene approvata con data di sottomissioni/file, dopo 18 mesi la
domanda diventa pubblica. Quindi l’ufficio brevetti si prende tempo tale per cui diventerà
pubblico il mio brevetto prima che io sappia se è stata approvata oppure no la mia domanda, per
cui troviamo scritto patent pending vuol dire che su quell’oggetto c’è la domanda di brevetto.
Nel frattempo che viene approvata la domanda di brevetto io sfrutto l’idea, quindi posso vendere
il mio oggetto in quei 2 anni anche se non mi è stata approvata ancora la domanda di brevetto a
meno che la mia idea è molto simile ad un’altra.
Quindi c’è un tempo di tutela della mia domanda che è 18 mesi, ma c’è un tempo di concessione
del brevetto che è maggiore di 18 mesi.
10
Noi abbiamo presentato la domanda in inglese, nel momento in cui viene approvata come
domanda di brevetto europeo deve essere tradotta almeno nelle altre 2 lingue ufficiali.
Opposition procedure
Filing
Search
A notice of opposition must be filed within 9 months
Examination of the publication of the patent (Article 99 EPC)
Opposition
L’opposizione è legata al fatto che qualcuno non potrebbe essere d’accordo con la decisione
pressa dall’ufficio europeo brevetti, ciò perché potrebbe essere sfuggito qualcosa all’esaminatore.
Un atto di opposizione deve essere presentato entro 9 mesi dalla pubblicazione del brevetto
(articolo 99 EPC).
Nell’ottica della segretezza ad esempio se voglio fare una tesi alla Fiat devo togliere dalla tesi tutti i
numeri o tutte le immagini che possono essere oggetti/idee che possono essere rubate.
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Descrizione e rivendicazioni della domanda di brevetto europeo
Art. 78 EPC
an abstract
description
Title
12
The description (Rule 27 EPC)
La descrizione deve:
1. Specificare il campo tecnico
2. Indicare lo stato dell’arte
3. Spiegare perché la nostra invenzione è una soluzione al problema tecnico
4. Descrivere le figure
5. Descrivere nel dettaglio come funziona la nostra invenzione e dimostrare che c’è uno step
inventivo (cioè devo dimostrare che è una novità che mi serve un problema)
In questo modo si convince l’inventore dello step inventivo e dell’applicabilità industriale.
Preamble
Characterising portion
Tutto quello che non rivendichiamo della nostra invenzione, gli altri lo possono usare. Quindi
dobbiamo proteggere la nostra idea in tutti i modi, quindi non è facile scrivere un brevetto perché
lo dobbiamo rendere generico ma non troppo se no pendiamo l’applicabilità industriale.
13
But...
exclusions from patentability
• Discoveries, scientific theories and mathematical methods;
(Article 52(2)(a) EPC)
Negli Stati Uniti si voleva brevettare il genoma umano perché era presente tutte le combinazioni
dei cromosomi, non è stato fatto perché concettualmente non possiamo brevettare una scoperta
scientifica ma della scoperta scientifica ne abbiamo il merito. Tutto ciò perché le leggi della
chimica, fisica esistono già dal big bang. Quindi le scoperte scientifiche non si possono brevettare
perché non c’è uno step inventivo, c’è semplicemente una nostra capacità di analisi.
14
Lezione 15 30/10
Le considerazioni fatte oggi si trovano ampliate nel capitolo 7 del libro “sviluppo
prodotto”. questa è la parte relativa alla generazione dei concept.
L’approccio ottimista invece prevede che scelgo il massimo dei massimi e non mi
interessa come va su tutto il complesso dei requisiti ma deve fare almeno una cosa
per bene. Questo approccio è un po' strano perché sembra inutile valutare più
requisiti quando poi ne basta uno solo, quindi definisco una struttura complessa
quando poi sono contento se fa una sola cosa.
In linea di principio le nostre scelte non sono mai su massimo dei massimi o massimo
dei minimi, ma sono una via di mezzo. Questa via di mezzo può essere formalizzata
trovando un compromesso tra le due relazioni che si ottiene moltiplicando il massimo
dei minimi per e il massimo dei massimi per 1 , per cui si tratta di scegliere
quanto vale .
Tutti i metodi multicriterio soffrono per un aspetto fondamentale: supponiamo di fare
la normalizzazione a 1, la normalizzazione avviene tra le alternative identificate per
quel problema, quindi ad esempio prendo i consumi della vettura e li confronto con
tutte le alternative che hanno come consumi 10 / , 11 / e 12 / , dove
12 / è un consumo importante. Ma se valuto l’alternativa che 12 / rispetto ai
consumi avrà punteggio 1 perché sarà quella migliore e prenderà il massimo dei voti.
Ma nella realtà in valore assoluto non è un valore soddisfacente. Il problema vero
delle comparazioni fatte in questo modo è che non scelgono la soluzione ottimale ma
scelgono la soluzione ottima tra quelle identificate, ovvero scelgo la meno peggio.
Se poi nel frattempo qualcuno tira fuori una nuova soluzione i calcoli vanno fatti da
capo perché non abbiamo fatto una classificazione sulla base delle conoscenze
assolute ma sulla base dei prodotti che abbiamo identificato. Quindi il fatto che quella
sia la soluzione migliore tra quelle proposte non vuol dire che va bene, ma si deve
valutare un livello minimo di soddisfacimento assoluto, ovvero se la soluzione
proposta è la 3 non so dire se va bene. Quindi un sistema di comparazione ha
necessità di verifiche ulteriori dopo, perché non posso dire che quella migliore va
bene e investo tutto su quell’ idea. Se uso il metodo AHP poi devo sempre chiedermi
se la soluzione migliore risolve effettivamente il problema perché potrebbe non
essere così.
Ci sarebbe un modo per limitare i danni. Ci sono due approcci: posso fare una
normalizzazione non all’interno della valutazione delle soluzioni ma la faccio rispetto
ad un valore assoluto, ad esempio un valore di mercato (per una vettura sportiva
sono disposto a fare 10 / , chi compra la vettura sportiva è contento se faccio
10 / quindi non normalizzo rispetto al massimo che per esempio è 8 / ma
normalizzo rispetto al valore di mercato), quindi se metto come elemento di
normalizzazione la situazione del mercato piuttosto che la soluzione migliore tra le
alternative le cose migliorano; posso mettere valori teorici, ad esempio in base a
valori della fisica o in base alle leggi per valutare la rumorosità e il limite di tollerabilità
in condizioni normali è 60 quindi faccio la normalizzazione rispetto a questo valore
per valutare la prestazione rispetto alla rumorosità.
Vediamo in particolare il metodo AHP. Si presenta come una struttura gerarchica
(che è quella dei requisiti funzionali che conosciamo), e questo metodo è stato una
novità dal punto di vista dei metodi di confronto perché i metodi che c’erano non
erano mai arrivati nel dettaglio di fare dei sotto-criteri. Lo schema è sempre lo stesso
perché per ogni criterio valuto tutte le possibili alternative.
Altro aspetto particolare dell’AHP è la logica con cui assegnare i punteggi che è un
po' più elaborata, ma cerca di mettere assieme le necessità di esprimere dei giudizi
che sono complessivi con la necessità di tirar fuori dei numeri che sono oggettivi tra
di loro. Lo studioso che ha inventato questo metodo ha fatto studi psicologici e ha
visto che la nostra capacità media di esprimere dei giudizi è su 5 livelli, ovvero come
essere umani non riusciamo a percepire differenze maggiori di 5 livelli:
Queste cinque etichette sono associate ad un punteggio pari ad un numero intero
dispari compreso tra 1 e 9. Se per caso su un certo argomento abbiamo un po' di
sensibilità in più possiamo anche essere indecisi tra due etichette, e in questo caso
è consentito l’utilizzo dei numeri pari. Posso vedere anche il problema al contrario,
cioè posso mettere, al posto di molto importante, poco importante e arrivare ad
assolutamente poco importante. In questo caso si propone di utilizzare i reciproci dei
numeri quindi non 3 ma 1/3, e così via, lo stesso vale per i numeri pari.
In alcuni casi si trovano i numeri razionali per 2 motivi: si forza la consistenza (poi lo
vediamo) o utilizziamo valori disponibili, ovvero si fa quello che abbiamo detto prima
sui metodi comparativi, cioè se ho i consumi posso fare una scala da 1 a 9 con il
rapporto delle misure dei consumi.
Esempio di un acquisto di un’automobile: confrontiamo estetica, affidabilità (non ci
deve lasciare a piedi) e i consumi.
Supponiamo di voler valutare l’estetica per alcune soluzioni di auto. Visto che ogni
auto ha la sua particolarità diventa complicato assegnare un giudizio su quale mi
piace di più. Quindi posso pensare di confrontarle a 2 a 2 così è più facile dare un
giudizio. Allora posso confrontare la Civic rispetto alla Civic ed è chiaro che sono
equivalenti, ma se confronto la Civic con la Saturn vedo che c’è ¼. Questo giudizio
non deve essere secco ma posso dire che la Saturn mi piaci un poco in più della
Civic, cioè do un giudizio molto approssimato che mi consente di dare un punteggio
da 1 a 9. Se confronto la Civic con le altre ottengo i punteggi che stanno sulla prima
riga, ad esempio la Clio è 6 volte più bella della Civic ed ero indeciso tra 5 e 7. Posso
fare lo stesso discorso con tutte le altre cioè posso confrontare anche Saturn, Escort
e Clio con tutte le altre. Si ottiene così una matrice 4 4, in cui devo avere
necessariamente che se la Clio è 5 volte più bella della Escort allora la Escort è 5
volte più brutta della Clio. In questo caso confronto macchine simili perché ho
identificato queste alternative che risolvono il mio problema, ma posso confrontare
anche vetture molto differenti anche se poi se non risolvono il mio problema non ha
senso. È ovvio che posso confrontare tutte le alternative che ritengo valide per quel
problema ma se non sono valide è inutile che le confronto.
La prima cosa da fare se vogliamo usare il metodo AHP è riempire questo schema
definendo obiettivo, criteri e alternative infatti finora abbiamo riempito questa tabella.
Nella realtà non vince la Clio ma la Civic perché rispondiamo alla domanda perché
l’economicità è un requisito funzionale ma poi non lo valutiamo come requisito
funzionale? Perché è un discorso talmente trasversale che non si riesce a tenerne
conto in maniera seria nei requisiti funzionali. Una delle possibili soluzioni è
considerare il rapporto $ ' // 0 $ , dove i benefici sono misurati in termini di
punteggio ottenuto nel confronto. Quindi praticamente faccio la normalizzazione dei
costi e divido i risultati ottenuti prima con questi pesi. Pertanto inserendo un’ipotesi
di costo può cambiare la situazione. I consumi sono un aspetto di economicità ma
non economicità di prodotto ma economicità di gestione del prodotto che è una cosa
a valle dell’acquisto ed ha senso tenerlo come requisito funzionale, mentre il costo
del prodotto è troppo complicato.
Lezione 18 9/11/2017
Le reti neurali
Le reti neurali e gli algoritmi genetici sono tecniche di intelligenza artificiale. Ormai le
tecniche di intelligenza artificiale nell’ambito elettronico ed informatico nonché nella
meccanica e nella progettazione sono molto presenti.
La scienza cognitiva è quella scienza che in qualche modo cerca di capire quali sono
le regole sulla base delle quali funziona l’acquisizione della conoscenza da parte
dell’uomo. La logica Fuzzy è un esempio di approssimazione di queste regole, ma
nella realtà nessun uomo ha un controllore Fuzzy nel proprio cervello, ma è dotato
di un sistema fatto di impulsi e di connessioni più o meno sviluppate. Le connessioni
dipendono da quello che hanno acquisito i genitori, o più in generale gli avi, in
funzione del contesto e delle esperienze che hanno vissuto (e della società in cui
erano immersi). Le scienze cognitive cercano quindi di tener conto di tutto ciò per
arrivare a capire perché ad esempio quando molte persone parlano gesticolano in
un certo modo (che è un modo di fare tipicamente italiano).
Figura 1
Il cervello umano è fatto di neuroni che hanno delle connessioni ed un asse portante
del segnale. I neuroni raccolgono il segnale elettrico e tale segnale viene distribuito,
dopo averlo elaborato, alle le varie connessioni, in maniera differente: non viene
inviato lo stesso segnale a tutti, ma a seconda della connessione il segnale cambia.
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Gli elementi sono connessi variamente tra loro e al loro interno accadono
determinate cose. Nello schema precedente ogni cella ha una connessione con altre
celle (ci sono un certo numero di connessioni) e ciascun elemento viene detto
neurone artificiale. Ciascun neurone può attivarsi oppure no: essi entrano in funzione
solo se il segnale che arriva è superiore ad una certa soglia, pertanto la prima cosa
da fare è proprio definire un valore soglia. Bisogna poi capire qualora un neurone si
attivi qual è la sua funzione. Il calcolo dell’input non è una proprietà propria del
2
neurone, nel senso che l’attività del neurone è connessa al fatto che gli arrivano degli
input che vengono letti dal neurone.
I neuroni centrali nello schema precedente hanno tre connessioni in ingresso e due
in uscita; è chiaro che non si è in grado di riprodurre esattamente le connessioni del
cervello umano, in quanto si dovrebbe essere a conoscenza di quante diramazioni
hanno i diversi neuroni e quante connessioni hanno, cosa che varia da cervello a
cervello. Bisognerebbe capire quindi se ad esempio ciascun neurone si connette a
tutti i neuroni vicini entro una certa distanza, se c’è una connessione di ritorno con
dei loop chiusi oppure no, ….
Il primo modello funzionante fu quello proposto da McCullock e Pitts:
Figura 5
In particolare, in questo caso, il segnale di input deve essere moltiplicato per il peso
della connessione attraverso cui arriva al neurone; il risultato delle moltiplicazioni
viene sommato e se la somma supera una certa soglia il neurone si attiva, attivando
la sua uscita.
Figura 6
3
Bisogna quindi conoscere ciascun neurone con quanti altri neuroni è collegato e se
ci sono dei loop oppure no. Nella rappresentazione informatica di una rete neurale
artificiale si procede per layer, ossia per livelli; in sostanza esistono dei neuroni di
input (per cui ci sono dei segnali in ingresso), dei neuroni di output (per cui ci sono
dei segnali in uscita) e vari strati di neuroni interni (hidden units):
Figura 7
Per cui da un punto di vista del software si deve decidere quanti strati di neuroni
intermedi bisogna mettere: in linea di principio, a meno di casi particolari, ogni strato
è connesso a quello precedente e a quello successivo; per cui, ogni neurone di uno
strato, si connette a tutti i neuroni dello strato precedente e a tutti quelli dello strato
successivo. Se il problema da risolvere è complesso è necessario avere a
disposizione molti neuroni: volendo creare una rete in cui ciascun neurone è
connesso a tutti gli altri, il tempo computazionale esploderebbe all’infinito, in quanto
ogni neurone aggiunto comporta l’aggiunta di un numero di connessioni pari al
numero di neuroni già presenti (ogni volta che si aggiunge un neurone il tempo
computazione aumenta in maniera esponenziale). Per questo motivo, per filtrare i
segnali, si preferisce ragionare su più strati.
Lo strato di input e quello di output sono visibili, mentre la parte interna, che è
nascosta, può essere fatta di uno o più strati; in particolare, la parte interna è quella
che fa l’elaborazione vera e propria. Esistono delle teorie grazie alle quali è possibile
scegliere il numero di strati intermedi in funzione del numero di neuroni di input e
output.
In ogni caso queste reti possono essere anche molto complesse e coinvolgere
migliaia di neuroni e decine di migliaia di connessioni: si parla perciò di architetture
neuronali.
Di seguito vengono riportati due esempi di neuroni artificiali:
4
Figura 8
I neuroni del primo tipo (a sinistra) si eccitano per punti che sono situati sopra il piano
di separazione, dove si annulla l’attivazione, e si inibiscono per punti situati al di sotto.
Le unità del secondo tipo (a destra) si eccitano per punti contigui al centro (wia, wib,
wic) e si inibiscono quando ci si allontana, con una velocità commisurata al parametro
radiale . L’architettura di una rete è definita dalle funzioni di trasferimento e
apprendimento, dai pattern di connessioni e dal numero di unità.
Se la somma di tutti i segnali che arrivano si trova su valori bassi il neurone non si
attiva, mentre se si trova su valori alti si attiva. È possibile però definire delle funzioni
di soglia che non sono per forza del tipo maggiore o minore (come nel caso a
sinistra), ma è possibile anche definire un intervallo (come nel caso a destra).
Il problema fondamentale di una rete neurale è legato al fatto che per ognuna delle
connessioni va stabilito il peso e per ognuno di neuroni va stabilito il tipo di funzione
di soglia nonché qual è la regola di elaborazione del segnale. In sostanza si va a
creare una sorta di database in cui, stabilito il numero di neuroni, per ognuno di essi
si elencano i neuroni a cui è collegato e per ogni connessione si associa un certo
valore di peso: queste sono tutte variabili che bisogna riempire.
Per quanto riguarda i pesi ad esempio si potrebbe associare inizialmente a tutte le
connessioni un valore unitario e decidere ad esempio un valore soglia che può
essere di 0.5 (ossia 50 %); le tipologie di funzioni di taglio e di elaborazione del
segnale devono essere decise a priori. Una volta stabiliti i valori di prova, la rete
neurale va addestrata per tarare correttamente tutti i parametri. L’addestramento è il
processo mediante il quale la rete impara a riconoscere la relazione incognita che
lega le variabili di ingresso a quelle di uscita. Esistono diverse regole di
apprendimento tra cui:
Regola di Hebb
Regola generalizzata
Back propagation
Le regole di apprendimento sono sostanzialmente le regole in base alle quali si
decide, sulla base di un esempio dato, di cambiare valori ai pesi per ottenere un certo
risultato: fornito un certo input e un certo output, la rete deve tarare tutti i coefficienti
in maniera tale che a partire dall’input viene fuori esattamente quel determinato
5
output. I modi per decidere quali sono i parametri sono differenti in quanto il problema
non è univocamente determinato (non è un problema chiuso): è possibile aumentare
il peso da una parte e diminuirlo da un’altra ottenendo lo stesso risultato; per tale
motivo esistono varie regole per tirar fuori dei coefficienti a partire dall’input e
dall’output.
Ovviamente non basta dare un dato input e un dato output per un solo caso, perché
se il sistema ha tanti gradi di libertà, per ottenere un risultato soddisfacente è
necessario sottoporre alla rete neurale più casi (e quindi diversi dati). Ogni volta che
si applica ad esempio l’algoritmo di back propagation su uno dei risultati viene fuori
una distribuzione dei pesi e dei livelli di soglia differente: il problema è capire se
andare a mediare i risultati o utilizzare magari un algoritmo in base al quale a
seconda del caso si vanno a modificare i diversi valori senza però alterarli troppo
(con delle regole che tengono conto del caso precedente).
Si individuano tre diverse modalità di apprendimento (metodi per garantire
l’apprendimento) a seconda del ruolo esercitato dal supervisore del concetto:
L’apprendimento con supervisione
L’apprendimento con rinforzo
L’apprendimento senza supervisione
In particolare, nell’algoritmo di back propagation si va ad effettuare una
minimizzazione dell’errore; in effetti, non è detto che con la rete scelta si ottengono
esattamente quegli output da determinati input; per cui può darsi che la rete costruita
se fornisce un risultato esatto per il caso 1, non può dare un risultato esatto per il
caso 2 (non si trova un equilibrio tra i pesi per le diverse condizioni): in quest’ottica
ha senso fare una minimizzazione dell’errore; pertanto se si sottopongono alla rete
10 casi ad esempio, si va a scegliere l’insieme dei pesi delle connessioni e dei valori
soglia, in modo tale che la differenza tra quello che elabora la rete neurale e quello
che invece si dovrebbe ottenere sia bassa (ovviamente questo deve essere
sommato su tutti i casi).
Figura 9
Figura 10
8
In particolare in questo caso l’immagine viene elaborata per riconoscere le lettere
della targa; sulla base delle diverse foto, non si ha una regola geometrica su come
sono costruite le diverse lettere, ma con un serie di bit, del tipo acceso/spento
(bianco/nero), in maniera ordinata secondo l’immagine, si riesce a capire di che
lettera si tratta. La rete chiaramente va addestrata fornendo alla stessa diverse
tipologie di targhe.
Gli algoritmi genetici
Un altro approccio è quello legato agli algoritmi genetici: esso è sempre un approccio
di tipo informatico e cerca comunque di riprodurre quello che accade in natura in
maniera non ben chiara. In questo caso si parla di evoluzione della specie. Gli
algoritmi genetici lavorano con una popolazione di individui ciascuno dei quali
rappresenta una possibile soluzione al problema posto.
Si supponga di avere a disposizione un certo numero di alternative dalle quali
bisogna scegliere la migliore; potrebbe però capitare che la migliore alternativa non
è tra queste; magari esistono due alternative che sono diverse tra di loro, ma che
messe assieme tirano fuori qualcosa di buono: si dice in questo caso che la specie
si evolve; in effetti le diverse generazioni, nel tempo, sono diventate più alte, più
intelligenti, …. L’evoluzione dipende dal fatto che le conoscenze acquisite in passato
fanno sì che, nel presente, è possibile andare più a fondo: la genetica funziona
proprio in questo modo.
Figura 11
Dal punto di vista biologico ogni volta che avviene la riproduzione ci sono i cromosomi
dei due genitori che si mescolano in qualche modo e l’individuo che ne viene fuori ha
metà delle caratteristiche dell’uomo e metà delle caratteristiche della donna. Il DNA,
ossia i cromosomi, sono quelli che poi caratterizzano la persona: una persona risulta
più alta di un’altra perché ha un insieme di cromosomi che hanno permesso di
svilupparsi di più in altezza, …; lo stesso discorso può essere fatto sulle capacità che
ciascuna persona possiede: le capacità di una persona sono legate in parte
all’apprendimento e in parte a delle attitudini naturali, dovute alle cellule di cui è
composto.
9
Quindi l’individuo deve essere rappresentato da una serie di cose: riuscendo a
riprodurre questa cosa artificialmente, unendo una serie di informazioni con un certo
codice, si può immaginare di accoppiare delle alternative per vedere cosa ne viene
fuori. In effetti una delle soluzioni suggerite per migliorare dei concept è proprio
cercare di capire se gli aspetti positivi di un determinato concept possono essere
combinati con quelli positivi di un altro concept. Una volta risolte le contraddizioni
tecniche derivanti dal fatto che i due concept sono stati messi assieme, si ottiene
verosimilmente un concept migliorato.
La combinazione non garantisce il fatto che l’individuo che è stato generato sia
migliore dei due di partenza: non c’è garanzia cioè che il figlio sia migliore dei genitori.
Ci sono quindi delle attitudini che vengono fuori in maniera casuale e che dipendono
dalla combinazione che si ottiene dai due individui di partenza. Pertanto piuttosto che
generare un solo figlio si va a generare una popolazione, sperando che nella
combinazione che c’è stata uno dei figli abbia delle caratteristiche migliori dell’intero
gruppo di individui della generazione precedente; per capire questo, c’è bisogno di
una funzione di fitness, ossia di una funzione che consente di valutare l’individuo per
capire se è migliore o peggiore di quelli che l’hanno generato.
Siccome la generazione veramente non è controllabile, in quanto non c’è una regola,
non è detto che dopo 10 − 20 − 50 − ⋯ generazioni si ottenga la soluzione ottimale:
il tutto dipende anche dalla popolazione di partenza. Certamente c’è un numero tale
di campioni di individui per cui è possibile trovare un individuo che ha delle buone
caratteristiche in tempi abbastanza rapidi una volta costruito l’algoritmo. Quindi lo
schema da seguire è più o meno il seguente:
Figura 12
Quindi una volta valutato il fitness della nuova generazione che è stata ottenuta,
eventualmente si provvede all’ottenimento di una nuova generazione, per cui è un
processo iterativo.
Poiché gli algoritmi genetici sono una procedura informatica si ragiona in termini di
bit: si avranno un certo numero di geni che possono assumere valori che sono 0 o 1
(in modo da garantire se un individuo ha una determinata caratteristica oppure no).
Si tenga presente che il fatto di avere tutti i geni attivi (valore 1) non vuol dire che
10
quell’individuo sia migliore: magari uno è bravissimo a fare i palleggi, ma non è detto
che sia bravo a giocare a calcio; alcuni geni possono dipendere da com’è fatta la
funzione di fitness.
Figura 13
Figura 14
11
Se l’algoritmo genetico è correttamente implementato, la popolazione evolverà in
molte generazioni in modo che il fitness del miglior individuo e la media in ogni
generazione cresca verso l’ottimo globale. La convergenza è la progressione verso
la crescente uniformità.
Figura 15
Figura 16
12
Esiste poi un’altra tecnica di crossover in cui ciascun gene nei figli è creato tramite
una copia del corrispondente gene da uno dei due genitori, scelto in accordo a una
“maschera di crossover” creata in maniera casuale.
Figura 17
In effetti prendere un gene piuttosto che l’altro da uno dei due genitori è soltanto un
problema algoritmico.
In realtà facendo un crossover tradizionale l’inconveniente è che la prima parte e
l’ultima parte dell’individuo che nasce non saranno mai cambiate se non per effetti di
mutazioni genetiche e quindi saranno sempre fortemente dipendenti dalle soluzioni
iniziali proposte (sono quindi meno innovative); utilizzando invece la seconda tecnica
di crossover vengono fuori degli individui che sono veramente molto diversi l’uno
dall’altro.
Gli algoritmi genetici possono essere utilizzati per massimizzare una funzione del
tipo = , con che può variare tra 0 e 31. I valori tra 0 e 31 non sono stati scelti
a caso, in quanto con 5 bit si hanno 32 possibili combinazioni tra gli 0 e gli 1 di ciascun
bit (00000 = 0 e 11111 = 31). Quindi ogni individuo è identificato da 5 bit.
Figura 18
13
A questo punto viene generata una piccola popolazione composta di sole quattro
stringhe genetiche prese a caso, per esempio: 01101 = 13, 11000 = 24, 01000 = 8
e 10011 = 19.
Per cui:
169
%# & & " à # %# ( )* ) ! 1= = 0.14
1170
576
%# & & " à # %# ( )* ) ! 2= = 0.49
1170
64
%# & & " à # %# ( )* ) ! 3= = 0.06
1170
361
%# & & " à # %# ( )* ) ! 4= = 0.31
1170
Per cui il numero di figli di ciascun individuo sarà:
) *# +" ) ! 1 = 0.58
) *# +" ) ! 2 = 1.97
) *# +" ) ! 3 = 0.22
) *# +" ) ! 4 = 1.23
) *# +" * * ! ) ! 1 = 0.58 → 1
) *# +" * * ! ) ! 2 = 1.97 → 2
) *# +" * * ! ) ! 3 = 0.22 → 0
) *# +" * * ! ) ! 4 = 1.23 → 1
14
Per cui l’individuo 2 si accoppierà una volta con l’individuo 1 e una volta con
l’individuo 4 e con ognuno di essi genererà dei figli.
Figura 19
Dopodiché viene applicato il crossover e come è possibile notare ci sono dei punti
esclamativi in ciascuna coppia con crossover. In particolare l’individuo 2 si accoppia
con l’individuo 1 con un crossover all’ultima cifra e si accoppia con l’individuo 4 con
un crossover alla terza cifra. Si inserisce inoltre anche una mutazione con probabilità
di un millesimo e la nuova popolazione ottenuta non risulta mutata. Andando a
decodificare i valori ottenuti si ottengono: 12, 25, 27 e 16; tali valori vengono elevati
nuovamente al quadrato ottenendo: 144, 625, 729 e 256. Com’è possibile si è passati
da 576 come valore massimo a 729. Se l’algoritmo genetico è scritto bene, quando
la variazione del fitness tra una generazione e la precedente è molto piccola è
possibile fermarsi: è quindi necessario decidere soltanto il Δ oltre il quale non ci si
vuole spingere.
Si immagini di avere una struttura incastrata con due forze applicate all’estremità:
Figura 20
15
È possibile fare ottimizzazione strutturale alleggerendo la struttura precedente,
proprio grazie ad un algoritmo genetico. I punti di applicazione delle forze non
possono variare per cui bisogna chiedersi dove togliere il materiale per poter
alleggerire la struttura.
Figura 21
1111 … 1
Quello che interessa è capire quanto vale la funzione di fitness. In tal caso il discorso
è più complesso in quanto si hanno due esigenze: bisogna verificare che la struttura
regga nonché verificare quant’è il carico sulla struttura. Pertanto da una parte la
funzione di fitness sarà legata necessariamente alla /01 , mentre dall’altra parte sarà
legata al peso 2: bisogna quindi capire quale delle due scegliere. Il problema è
capire se la struttura funziona oppure no e se è efficiente, nel senso che arrivati alla
soluzione, effettivamente non è più possibile togliere ulteriore materiale. Si supponga
inoltre di aver fissato il materiale e quindi di conoscere la tensione di rottura 3 . Si
supponga inoltre che la trave sia cilindrica e soggetta a trazione e che, per tale trave:
1
/01 = ∙ 3
10
16
Ciò vuol dire che la trave è praticamente sovradimensionata, con un coefficiente di
sicurezza pari a 10. È possibile alleggerire la struttura cosicché costa di meno, fino
a portare il coefficiente di sicurezza al valore 2 ad esempio.
C’è quindi un legame tra la /01 calcolata e la 3 alla quale si può arrivare; questo
legame, nel caso di una trave cilindrica soggetta a trazione, dipende dal fatto che le
tensioni punto per punto sono le stesse: la struttura è uniformemente caricata. Quindi
supposto che la struttura sia uniformemente caricata, si può parlare proprio di
minimizzazione del coefficiente di sicurezza come funzione di fitness. Nella realtà
però questo non accade, poiché, quando si inizia a togliere del materiale, viene fuori
una distribuzione di carico che non è possibile prevedere; in realtà ciò che interessa
è che il carico sia il più possibile uniforme e il più vicino possibile alla 3 , in modo da
avere un basso coefficiente di sicurezza (se il coefficiente di sicurezza deve essere
pari a 2 la /01 deve essere la metà della 3 ). Infatti se si ha un materiale che può
reggere fino a metà della 3 e invece la tensione massima /01 nell’elemento è 1/4
della tensione di rottura 3 si sta praticamente sprecando del materiale. Quindi,
tenuto conto della 3 e del coefficiente di sicurezza 6, ciò che serve massimizzare è
il seguente rapporto:
/;
max : <
6∙ 3
Se la / ; aumenta, facendo però attenzione al fatto che essa deve essere minore
di 3 , si sta praticamente sfruttando meglio il materiale. Banalmente si potrebbe
anche puntare a massimizzare semplicemente la / ; , andando comunque a tagliare
tutti gli individui la cui / ; supera la 3 . Sfruttare bene il materiale significa quindi
portarlo al limite della sua capacità di resistenza; generando i diversi individui si
possono ottenere soluzioni differenti, come ad esempio la seguente (con la è
contrassegnata la casella in cui c’è il materiale):
Figura 22
È evidente che, data quella distribuzione di carico, il materiale deve essere presente
comunque in determinati punti, affinché la struttura resista.
17
Ovviamente si deve andare a costruire una distribuzione di probabilità di
accoppiamento.
In effetti in una struttura del genere quello che si fa spesso sono dei fori di scarico,
ossia la struttura viene svuotata in certe parti proprio per alleggerirla.
Verosimilmente verrà fuori una struttura di questo tipo (una struttura in diagonale,
con qualche nervatura):
Figura 23
L’algoritmo genetico consente quindi di fare tutto ciò: alla fine ci si ritroverà con una
sequenza di 0 e 1 che rappresentano in qualche modo lo schema della struttura
alleggerita. Ovviamente ci saranno delle approssimazioni, per cui magari dovrà
essere fatto qualche calcolo in più di verifica: il tutto dipende anche dalle dimensioni
della casella scelta. Se anziché avere 98 caselle, si costruisce una struttura a più
caselle la precisione aumenta: il tutto dipende dalle esigenze. Se si sta costruendo
un telaio della Formula 1 esso deve essere alleggerito il più possibile per garantire
performance elevate: pertanto è necessario avere molte caselle per ottenere una
precisione maggiore.
Anche la rete neurale può essere utilizzata per fare questo; essa darà in output 98
valori che rappresentano la struttura ottenuta. La rete neurale andrà addestrata in
funzione di diverse situazioni: si danno magari le forze alla struttura singolarmente
nonché la struttura che viene fuori in quei casi e la rete neurale capisce che allo
spostarsi della forza la distribuzione della struttura cambia. Quindi si potrebbe
prendere tutta una serie di strutture già realizzate, per far capire alla rete come
rispondere seguendo una certa logica.
18
Una delle applicazioni di algoritmi di questo tipo può essere quella in cui si ha una
lastra sulla quale bisogna ritagliare una serie di sagome; in questo caso l’obiettivo è
stabilire qual è il modo migliore di ritagliare per ridurre lo sfrido (ossia lo scarto di
materiale).
Figura 24
Esistono molti esempi in letteratura che fanno riferimento proprio all’utilizzo di reti
neurali e di algoritmi genetici, in diversi ambiti.
19
Lezione 19 10 novembre 2017
Chiarimenti metodo AHP
L’ AHP è un sistema di confronto tra soluzioni alternative e rientra nell’ambito degli
approcci multi criterio alla decisione. Richiede che ci sia come punto di base una
struttura in cui abbiamo un obiettivo che è quello di trovare la soluzione ottimale in
base ad una serie di criteri che dobbiamo valutare, quindi l’idea è quella di giungere
all’obiettivo attraverso la valutazione di una serie di criteri e confrontando tra loro le
varie alternative. Quindi in base alle alternative devo scegliere quale alternativa è
migliore rispetto ad ognuno dei criteri per poi comporre tutti i giudizi che sono stati
dati. Ovviamente visto che abbiamo una struttura gerarchica più complessa per
quanto riguarda i nostri requisiti funzionali (i criteri che ci sono nell’immagine sotto
possono essere considerati i nostri requisiti funzionali), non abbiamo semplicemente
le caselle con i criteri ma abbiamo anche i sotto-criteri e si pone il problema di come
gestire questa cosa. In realtà il problema è annidato nel senso che se devo stabilire
rispetto al criterio 1 qual è l’alternativa più conveniente avrò una gerarchia di sotto
criteri rispetto ai quali dovrò confrontare le altre alternative e così via. Questa
considerazione si può replicare in ognuna di queste caselle.
In particolare col metodo delle potenze accade che rimescoliamo un po' tutto, perché
è come se facessimo una sorta di media della media della media della media della
media … che un po' assesta ed equilibra tutti i giudizi. Il metodo AHP è un modo utile
per non litigare perché ognuno dice la sua e poi c’è una regola asettica che dice
come mescolare le cose accontentando tutti. Ciò non toglie che bisogna essere più
corretti possibili nell’assegnare i giudizi perché ogni volta che mettiamo un numero
non coerente alteriamo il peso. È vero che così si sminuisce un eventuale errore, si
lima l’influenza di quell’ errore ma comunque c’è e si ha l’influenza di quell’errore.
Questo vuol dire che quando confrontiamo alternative che hanno un punteggio molto
simile non dobbiamo dire questa è meglio di quella ma devo dire che sono equivalenti
lasciando un margine per equilibrare.
Cambia molto se per caso introduco una nuova alternativa o un nuovo criterio nel
confronto perché devo rifare la distribuzione di tutte le risorse, non cambia niente
solo se aggiungo un’alternative che ha un valore medio rispetto ai valori delle altre.
Inoltre se ho quattro macchine tutte uguali tra loro ho un punteggio di 0.25 se ne
aggiungo una quinta il punteggio sarà 0.2 quindi il punteggio cambia. Il problema dei
metodi comparativi è che una volta che lo utilizzato per una struttura va bene, ma se
aggiungo un’alternativa o un criterio devo ricalcolare tutto perché è un sistema di
confronto. Un altro limite se i criteri sono effettivamente soddisfatti oppure no, nel
senso che diciamo quale tra quelle alternative è la migliore ma potrebbero essere
tutte poco efficienti.
L’economicità è un qualcosa talmente trasversale che viene elaborato in un altro
momento. Questo è un discorso che possiamo fare indipendentemente dal metodo
AHP. I prof. ci hanno sempre detto che l’economicità è un requisito ma nel confronto
non riusciamo a considerarla quindi tutte le valutazioni con qualsiasi metodo vengono
fatte (AHP, Fuzzy, …) conviene valutare il rapporto costi benefici, dove il costo
rappresenta una misura dell’economicità del nostro prodotto e i benefici sono i giudizi
della funzione obiettivo. I benefici sono tutti i requisiti funzionali che abbiamo
soddisfatto. Quindi se acquisto un prodotto ad un certo prezzo perché ha determinati
requisiti funzionali, soddisfatti con una certa misura, la misura del soddisfacimento
dei requisiti funzionali sono tutti i benefici per i quali sono disposto a spendere un
certo prezzo e la misura tra i requisiti funzionali e il prezzo speso mi dà un valore che
può cambiare le cose. Nell’esempio si vede che si era ottenuto un punteggio per le
tre vetture in cui la Clio era vincente, però questa ha un costo più elevato rispetto alla
seconda soluzione migliore per cui per ottenere quel poco di soddisfacimento in più
dei requisiti funzionali devo sostenere una spesa decisamente maggiore.
Per valutare l’economicità sul prodotto che vince in qualche modo dobbiamo stabilire
un prezzo di vendita per quanto riguarda la parte di marketing (su questo chiedere
alla Michelino), con la stessa logica potremo ragionare in termini di tutte le altre
alternative valutando in maniera grossolana il fatto che ho una soluzione più costosa
di un’altra, se dovessi fare una valutazione nel dettaglio dovrei valutare i costi di ogni
alternativa. Avendo un’idea di come è fatto il prodotto possiamo dire quali sono i costi
di produzione.
Un altro aspetto che complica le cose è che il prezzo di vendita non è collegato al
costo, l’utilità di chi produce questa cosa è legata al margine tra prezzo di vendita e
costo, quindi posso decidere di avere un prezzo di vendita che è lo stesso con un
costo più elevato confidando su un maggior numero di persone che posso acquistano
il prodotto, quindi riduco i margini cercando di ampliare il mercato. Pertanto il rapporto
potrebbe essere fatto non sul prezzo di vendita ma sul costo facendo attenzione al
fatto che il mercato poi potrebbe cambiare.
Esempio Applicazione Metodo AHP (file excel: “Copia_di_esempio_ahp”)
Abbiamo più volte fatto l’esempio del cellulare in cui la funzione principale vale 4%
perché ci sono altre funzioni che deve comunque avere. Il livello zero è quello del
telefonino migliore e ha risorsa pari a 1. Il primo livello dei requisiti funzionali è quello
che abbiamo visto anche noi, forse c’è giusto qualcosa di diverso come la
multifunzionalità ma quando è stato fatto l’esempio si intendevano le cose in più che
doveva fare il telefono ma ora non sono cose in più, quindi vanno messe in
funzionalità.
Andando a fare il confronto dei requisiti vedo che la multifunzionalità guadagna 0.255
di quell’ 1 iniziale e deve essere suddiviso tra svago, capacità di comunicare,
georeferenziazione, gestione informazioni personali per cui c’è una sotto matrice che
misura, dato 1 alla multifunzionalità, la proporzione. Se poi moltiplico ognuno di
questi pesi per il peso che la funzionalità so quanto vale l’1 iniziale per la singola
voce ad esempio georeferenziazione, stessa cosa per maneggevolezza ed
ergonomia. Per cui scompare la multi funzionalità e ci sono tutti i nodi terminali dei
requisiti e dei sotto requisiti ognuno col suo peso perché ogni alternativa va
confrontata rispetto ad ognuno di questi criteri, cioè se voglio valutare la capacità di
comunicare devo chiedermi quanto un’alternativa è migliore di un’altra rispetto alla
comunicazione voce, comunicazione testo, … mettere tutto assieme e risalire a
monte del grafico. Ovviamente più è complicato il grafico maggiore è il numero di
matrici da fare. Ma una volta fatta la lista di tutte lo voci terminali e abbiamo calcolato
i pesi per ognuno è fatta perché abbiamo tutti i punteggi datti all’alternativa 1 per i
pesi dei requisiti ci danno il valore complessivo. Per ognuna delle voci dei requisiti
funzionali ho una matrice. Le celle di colore diverso sono le uniche celle dove inserire
i valori perché l’esempio è stato forzato per semplicità.
Vediamo come si collega questa struttura con il questionario che abbiamo fatto.
Abbiamo una struttura gerarchica con standard di primo livello che valgono per tutti
e a seconda dell’ambito ogni requisito avrà un peso diverso ma non è una cosa che
si riesce a tirar fuori da questionario per due motivi: il primo è che le persone alle
quali rivolgiamo il questionario non sono abituate a ragionare in termini di requisiti
funzionali ed è difficile pesare una cosa rispetto ad un’altra, il secondo è che se
rivolgiamo il questionario al mercato abbiamo solo il punto di vista del mercato ma
questi requisiti sono qualcosa che vale in maniera diversa se ragioniamo come
produttori o come acquirenti o come utilizzatori o come venditori. La distribuzione dei
pesi cambia un poco perché ci può essere qualcosa legato alla facilità di
realizzazione del prodotto che qui non abbiamo considerato (trasporto, imballaggio,
…) fino ad arrivare al punto in cui esiste una differenza tra chi compra e chi utilizza
(usiamo le sedie che sono state acquistate da altri). Per cui è evidente che ci sono
logiche diverse tra acquirente, produttore e consumatore. Dovremo cercare noi di
mediare tra tutte queste esigenze per dare il giusto peso ai requisiti funzionali di
primo livello ed è la responsabilità che ci prendiamo come persone che stiamo
approcciando al problema. Ove mai ci fosse un giudizio che viene fuori dal
questionario possiamo utilizzarlo: abbiamo un grafo con voci terminali che sono
riportate al primo livello, per cui ad esempio dal questionario se facciamo una
domanda sull’accessibilità ai comandi viene fuori un punteggio che possiamo usare
e magari confrontarlo con la visibilità. Se nell’ambito dei requisiti funzionali abbiamo
messo a confronto visibilità e accessibilità, che sono figli di ergonomia, quello che
non so è quanto l’ergonomia conta nella sua generazione per cui devo prendermi la
responsabilità di pesare i nodi che non vengono fuori dal questionario. Quindi
partiamo a monte, distribuiamo le risorse sulla prima generazione, sulla seconda e
sulla terza e se c’è un’informazione che viene dal questionario possiamo utilizzarla
per distribuire le risorse, altrimenti ci prendiamo noi la responsabilità altrimenti
cerchiamo di perdere di oggettività. I risultati del questionario li usiamo per trovare i
pesi dei requisiti funzionali poi andiamo nella valutazione delle alternative rispetto ai
vari requisiti funzionali e lì diamo noi dei giudizi o ci rivolgiamo da un esperto,
chiedendo un confronto delle alternative (ad esempio rispetto alla gestione delle
informazioni), per ogni requisito terminale potremo rivolgerci ad un esperto per
chiedere un confronto tra le varia alternative.
Lezione 20: 13-11-17 (mecc+gest)
Metodo TRIZ
A questo punto della fase dell’attività progettuale stiamo valutando i nostri Concept e stiamo
evidenziando degli aspetti dei nostri Concept che devono essere migliorati oppure che per poter
funzionare devono essere funzionanti.
Se siamo stati oggettivi con l’analisi questo capiterà anche con il nostro concept preferito, quello
che dall’inizio avevamo pensato fosse il migliore e invece ha dei problemi.
Come si può evolvere, o meglio come si fa a farsi venire altre idee? Il processo creativo in genere
non è sistematizzato, però in certi ambiti può essere migliorato.
In Italia ha preso piede questo metodo TRIZ che è una teoria per risolvere i problemi in maniera
inventiva.
Intanto non è uno strumento he ci da delle risposte esatte, ma ci organizza il ragionamento e ci
fornisce dei suggerimenti. Quindi è una teoria quantitativa, però quantitativa fino ad un certo
punto.
1
La teoria TRIZ è stata sviluppata in Russia a partire dal 1946 dallo studioso Genrich Altshuller.
Facciamo un esempio:
qual è la similitudine tra questi 3 oggetti? Non c’è niente che accomuna la nocciolina al peperone
o al diamante però dal nostro punto di vista li dobbiamo trattare.
Ad esempio:
- Nel 1945 si ha un brevetto per denocciolare i peperoni attraverso una brusca riduzione di
pressione.
- Dopo 5 anni, nel 1950 si ha un brevetto per sbucciare arachidi che si basa sullo stesso
principio del brevetto del 1945.
- Nel 1972, fu presentato un brevetto per dividere in parti pure i diamanti con difetti con lo
stesso principio del brevetto del 1945.
Quindi esiste tutta una categoria di invenzioni brevettate che si basano su un principio fisico, che è
la brusca riduzione di pressione.
3
- Formazione ingegneristica tradizionale esiste un manuale dell’ingegnere, che è quel
libro dove c’è scritto tutto quello che deve fare l’ingegnere. Quindi l’ingegneria di base
funziona grazie a manuali, questo fa si che molto spesso se uno deve innovare non riesce a
vedere le soluzioni perché non ci sono soluzioni ma metodi standard e riusciamo ad andare
aldilà dei metodi standard solo quando ci pongono problemi non contemplati nei manuali.
- Inerzia Psicologica questa è indipendente dalla formazione ingegneristica, il concetto di
inerzia è fare qualcosa di diverso rispetto alle soluzioni tradizionali.
- Creatività VS età l’età è un fattore che combatte l’inventiva. I bambini non avendo
conoscenza delle leggi della fisica, immaginano le soluzioni più incredibili che si possano
fare. Su questo ci sono anche degli studi scientifici e si sono ipotizzati degli andamenti
grafici:
Si nota che secondo Altshuller la creatività raggiunge un picco a 14 anni e poi decresce.
È interessante la curva tratteggiata di Zlatin (1980) che dice che nel momento di maggiore
formazione noi abbiamo il minimo della creatività (circa 21 anni) perché siamo nell’età in
cui la gente ci dice che quella cosa si deve fare in un certo modo, quindi ci tappano la
creatività.
4
- Abbiamo un problema, che è quello che ci siamo scelti da soli e dobbiamo trovare una
soluzione innovativa. C’è una barriera relativo alla creatività dovuta anche alla nostra
formazione ingegneristica, che fanno si che arrivati alla soluzione specifica può essere
difficile trovare la soluzione perché il problema è troppo chiuso, poco analizzato e c’è
questa barriera.
- Allora quello che dice Altshuller è che si può prendere il problema specifico, analizzarlo e
astrarlo più siamo in grado di fare questa operazione di astrazione e più ci allontaniamo
dalla barriera che ferma l’innovazione.
- Quando riusciamo ad astrarre al massimo livello il nostro problema siamo in grado di
trovare una soluzione generica e la vera difficoltà è solo tradurre la soluzione generica in
una soluzione specifica per quel problema.
Astrarre il problema cioè non guardiamo il prodotto ma prima il problema. Infatti nel 1°
assioma della progettazione abbiamo detto che dobbiamo prima definire per bene il problema.
L’essenza del problema può essere che devo separare l’oggetto in tante sottoparti, quindi se
immaginiamo all’estrazione del problema la 1° cosa che pensiamo è la separazione delle parti.
Come si fa a separare le parti?
Per definire meglio il metodo Triz ci saranno una serie di voci che ci permetteranno di non andare
in contraddizione, questi sono tutti una serie di aspetti che analizzeremo che aiutano in qualche
modo a tirare fuori il modello generale del problema.
Qui stiamo parlando non tanto di come trovare le soluzioni ma come realizzare il problema e
quindi è qualcosa che è indipendente dal fatto che noi utilizziamo il metodo Triz nel senso che è
una parte di considerazione che valgono in generale quale che sia il metodo che andiamo ad
utilizzare.
In particolare si parla di interfaccia spazio tempo:
5
In pratica se io devo astrarre il problema per definire bene qual è l’essenza del problema che io sto
affrontando, devo analizzarlo da più punti di vista possibili e la rappresentazione viene fatta con
uno schema logico che è quello di:
- Sottosistema, Sistema, Sovrasistema
- Passato, Presente, Futuro
Che è una serie di blocchi in cui al centro c’è il nostro problema o il nostro prodotto da
schematizzare per capire come può operare.
Esempio:
Al centro ho una penna, che cosa vuol dire usare una penna?
Molti di noi abbiamo scoperto che la penna scrive sui banchi, però è ovvio che è scomodo portarsi
da casa ogni volta un banco nuovo. Quindi il prodotto penna esiste se esiste il fondo o se esiste il
quaderno la penna funziona se esiste la carta. Io la penna la posso vendere perché ci sono le
cartolerie, la posso vendere perché c’è qualcuno che mi vende gli stampi per realizzarla.
6
Il proff sta pensando alla penna bic ma ci sono anche le penne ricaricabili.
Allora per capire l’essenza del problema: “devo progettare una penna che sia innovativa oppure
no” io devo pensare che:
- Deve essere prodotta e per essere prodotta devono essere prodotti tutti i suoi componenti
- Deve essere venduta insieme a tutti gli accessori
- Ecc
Come notiamo questo schema mi permette di capire quali sono gli attori coinvolti per un
determinato prodotto. Quindi intorno al prodotto c’è tutto quello che serve per realizzarlo.
È uno schema che può essere ripetuto, ad esempio per la gomma da cancellare che uso per la
penna cancellabile posso avere altri sottogruppi.
Risorsa è qualsiasi cosa all’interno del sistema che non sia impiegata al massimo delle sue
potenzialità questo lo possiamo vedere sia per gli oggetti già realizzati che per i nostri concept.
Cioè noi possiamo migliorare il nostro concept, come? La ricerca di tali risorse rivela nuove
opportunità attraverso le quali migliorare il sistema esaminato.
Dunque, sfruttare le risorse significa aumentare le UF e quindi aumentare l’idealità del sistema.
ESEMPIO
Le bottiglie dell’acqua minerale frizzante usano la pressione della CO2 come risorsa per aumentare
la rigidezza del sistema (infatti rispetto a quelle dell’acqua naturale hanno uno spessore inferiore
ed una geometria più semplice).
7
Se vogliamo avere un’idea di quanto spingere oltre il nostro concept, dobbiamo chiederci quante
funzioni utili ci sono rispetto ai costi che dobbiamo sostenere e ai danni che vengono prodotti.
Tutti noi abbiamo valutato sempre i danni economici, anche se alcuni ad esempio non si
preoccupano dello smaltimento della plastica. Oggi giorno fortunatamente ci sono i materiali
biodegradabili per tener conto di ciò, cioè io posso riutilizzare lo stesso oggetto di plastica che
butto recuperando il materiale biodegradabile per realizzare un altro oggetto.
Un prodotto ideale è quello che ha tutte le funzioni che deve avere, a meno dei costi e senza
danni. Finché non raggiungiamo l’idealità abbiamo delle risorse che non sono utilizzate e quindi
facendoci un po’ di conti possiamo vedere come usare queste risorse inutilizzate. Il solo fatto di
evidenziare che c’è una risorsa non sfruttata ci spinge all’innovazione.
Esempi non molto lontani dalle nostre conoscenze sono tutti i sistemi di cogenerazione e
rigenerazione.
8
L’idealità non viene fuori dall’inizio o meglio possiamo essere certi che nel momento in cui noi
pensiamo al nostro concept, è al minimo dell’idealità ed evolverà secondo un certo schema.
La curva rossa è una curva che mostra come variano concettualmente i sistemi nel tempo:
- Concepimento
- Nascita
- Infanzia/crescita il valore di crescita varia poco rispetto al tempo perché stiamo
cercando di capire tutti i problemi per formare un’idea;
- Maturità è una fase di apprendimento notevole
- Obsolescenza oltre ad un certo è punto il prodotto non può evolvere, ci sono giusto
delle rifiniture e quindi l’idealità cresce molto-molto piano cioè è asintotica anche per i
nostri prodotti sarà così.
Tale curva vale sia per le macchine che per le persone.
Quello che è simpatico è che la “S” ha una sistematicità per lo meno per quanto riguarda i
prodotti, che può essere rappresentata da questo schema:
si può vedere dall’immagine qual è stato il concetto di evoluzione nel tempo della porta, cioè si è
cercato nel tempo di migliorarla.
Anche per i freni sterzi come possiamo notare c’è stata una evoluzione, quindi nel tempo sono
state fatte delle innovazioni sul prodotto. Quindi si parte dall’idea del blocco unico, fino a
segmentare il problema utilizzando o sistemi elettrici o sistemi idraulici per la realizzazione di
freni.
9
I nostri concept sono tutti alla 1° colonna perché noi dobbiamo capire l’essenza del problema per
poi trovare ulteriori idealità.
Fino ad ora abbiamo ragionato sul problema e sul prodotto che possa risolvere quel problema, ma
come faccio a passare dal problema specifico alla soluzione specifica? Qual è l’essenza del
metodo?
L’essenza del metodo sta nel concetto di contraddizione.
- Una contraddizione è letteralmente una proposizione che asserisce qualcosa di opposto o
incompatibile con un’altra noi l’abbiamo raccontato in termini di contrapposizione tra i
requisiti funzionali, cioè se io miglioro un requisito funzionale ne peggioro un altro. Questa
è una contraddizione nell’ambito del mio progetto.
Allora il punto di partenza è che problemi di natura diversi, a livello astratto potrebbero avere lo
stesso tipo di contraddizione.
Proviamo a ragionare dal punto di vista strutturale. Una cosa evidente, indipendentemente dal
fatto che stiamo parlando di una trave, di un pilastro, ecc è che se io aumento la resistenza in
genere aumento la massa quindi non posso aumentate contemporaneamente la resistenza e la
massa questa è una contraddizione e devo trovare un compromesso per risolverla. Però
sappiamo che a seconda delle tipologie di sollecitazioni io posso usare sezioni di tipo diverse, ad
esempio le travi a T o a I servono per massimizzare il momento flettente riducendo la sezione e
questo fa si che possa mettere dei carichi di taglio tanto c’è poca trazione o compressione
posso ragionare su questo per migliorare la massa se no devo fare un pezzo pieno e così avrei un
problema di sostentamento della struttura.
10
La 1° contraddizione che definiamo è la contraddizione tecnica.
La contraddizione tecnica si ha quando un’azione è simultaneamente utile e dannosa e in genere
rappresenta un conflitto tra 2 sottosistemi.
Infatti tra i rapporti dei vari riquadri del seguente schema si gestisce l’arte delle contraddizioni:
11
Qual è la logica?
La matrice delle contraddizioni è fatta di:
- 9 parametri ingegneristici;
- 40 principi inventivi.
Abbiamo 39 righe e 39 colonne.
Ogni casella di questa matrice ha da 0 a 4 numeri, dove questi numeri vanno da 1 a 40.
12
questa suddivisione per commi (1. , 2. , 3.) può essere anche messa in discussione … in realtà noi
abbiamo un elenco di 39 voci.
Allora astrarre un problema, soprattutto se noi vogliamo avere dei suggerimenti, può essere una
cosa da una parte difficile da fare, dall’altra parte può generare confusione perché ognuno di noi
potrebbe astrarre usando termini diversi e concetti diversi. Se noi facciamo riferimento ad un
unico elenco diventa più semplice, perché ci leggiamo i 39 parametri ingegneristici e vedo quali
parametri ha il mio concept.
In particolare alcuni di questi parametri ingegneristici andranno in contraddizione.
Se io ho un problema derivante dal mio concept potrei vedere come posso astrarre il problema.
Ad esempio il mio problema è legato al fatto che l’affidabilità va in contraddizione con semplicità,
cioè ho pensato ad un oggetto che deve essere affidabile ma anche semplice da realizzare.
La matrice che abbiamo visto ci dice che:
13
I PRINCIPI INVENTIVI (fonte 1)
Ci sono 40 principi inventivi che sono i suggerimenti astratti per risolvere delle contraddizioni.
Quindi se nella matrice delle contraddizioni viene suggerito il principio inventivo 1, devo trovare il
modo di segmentare cioè devo dividere il problema in più sezioni da separa.
14
Se per caso ci viene suggerito il principio 2, quando il sistema svolge più funzioni tra cui alcune che
in certe condizioni non sono richieste, il sistema assegna le funzioni solo a ciò che ci serve.
Queste sono frasi che possono essere applicate a qualsiasi tipo di prodotto.
Da dove nascono queste frasi e da dove nasce la matrice?
Altshuller si è letto, prima di formulare la sua teoria, qualcosa come 100 mila brevetti dopodiché si
è fatto un’dea dei parametri ingegneristici che fossero coinvolti in questi 100 mila brevetti e a
livello astratto ne ha identificato 32 che sono quelli che per qualsiasi brevetto che ha letto in realtà
risolve 1 contraddizioni tra 2 di questi parametri ingegneristici, non ce ne sono altri. Come li
risolve? Utilizzando un principio inventivo. Ne ha identificati 40, quindi sono 40 principi inventivi
che mi servono a risolvere le contraddizioni tra 39 parametri ingegneristici all’interno di più di 100
mila brevetti.
Questo giustifica quell’affermazione iniziale, cioè che il 98% delle invenzioni si basano sugli stessi
principi inventivi. Questo brevetto funziona perché nella contraddizione tra questi 2 parametri
ingegneristici, con cui io ho astratto il problema, ha applicato un certo principio inventivo.
15
Altshuller ha lavorato soprattutto sui parametri ingegneristici meccanici e sulla risoluzione dei
problemi meccanici:
- leggerezza VS resistenza
- spreco di energia
- problemi di lavorazione
- ecc
Qualcuno parlava di costruire tabelle analoghe a queste, cioè generare una matrice delle
contraddizioni anche in ambito gestionale.
Di tutti i principi inventivi, alcuni spingono verso un procedimento che sono legati alle
contraddizioni fisiche, che sono:
1. separazione spazio
2. separazione tempo
3. separazione sotto condizione
perché c’è un altro tipo di approccio cioè i principi inventivi servono a risolvere contraddizioni
tra sottosistemi del nostro prodotto.
Quando non sono contraddizioni di quel tipo bisogna operare in un altro modo.
16
In questo esempio viene riportata il problema che i piedi dei bambini crescono molto
rapidamente, per cui bisogna tenere conto del problema dell’acquisto delle scarpe.
Se ci fosse una scarpa che in qualche modo si potesse adattare ai piedi del bambino noi non
avremmo il problema di acquistare sempre nuove scarpe.
Quindi abbiamo un prodotto che viene usato poco nel tempo, quindi bisogna migliorare
l’adattabilità però devo vedere se poi diventa brutta la scarpa e così avrò una contraddizione
tecnica.
Vediamo che cosa ci suggerisce la TRIZ, ho che:
- l’adattabilità è il parametro ingegneristico 35
- la forma è il parametro ingegneristico 12
- la facilità operazioni è il parametro ingegneristico 33
18
19
Quindi se noi riusciamo ad astrarre il problema e identifichiamo le contraddizioni a livello astratto
avremo dei suggerimenti su dove cercare le soluzioni, non ci da la soluzione ma ci da la legge delle
fisica cioè il modello ingegneristico per trovare le soluzioni.
20
Lezione 21: 20-11-17 Triz (continuo)
Se noi abbiamo un problema e vogliamo trovare una soluzione specifica a quel problema, abbiamo
una enorme difficoltà (che viene descritta come una barriera) a vedere delle soluzioni innovative.
Altshuller ha immaginato che per poter arrivare ad una soluzione specifica per un problema
specifico ed essere innovativi, bisogna cercare di dimenticare lo specifico della soluzione e andare
in una condizione di astrazione quindi cercare di andare all’essenza del problema per vedere
che in realtà è molto simile ad altri problemi e trovare delle soluzioni simili a quelle già trovate per
altri problemi.
Le difficoltà sono:
- La 1° di astrazione l’analisi di astrazione richiede allenamento
- Il passaggio dal modello generale alla soluzione generica dipende da tutta la storia delle
invenzioni pregresse fatte in tutto il mondo;
- Il 3° passaggio è quello dalla soluzione generica alla soluzione specifica.
Il metodo Triz ci propone una guida all’analisi dell’astrazione e una guida per passare dal modello
generico del problema alla soluzione generica.
Come si fa ad astrarre?
Altshuller ha proposto nell’ambito della meccanica pura 39 parametri ingegneristici e 40 inventivi.
1
I 39 parametri ingegneristici servono per astrarre il problema perché mi dicono quale che sia il mio
problema specifico, alla fine si tratta di agire su un elenco di parametri che è noto.
Quindi quale che sia il nostro problema specifico si tratta di fare delle scelte per definire i
parametri fisici comuni come lunghezza, superficie, volume, ecc.
Se noi abbiamo un problema specifico, nella progettazione il problema specifico è legato al fatto
che quando noi abbiamo una serie di parametri ingegneristici spesso vanno in contrapposizione
cioè il fatto di voler migliorare un parametro specifico porta al peggioramento di un altro
parametro.
La cosa non è perfettamente simmetrica, perché se io vi dico che voglio migliorare il parametro A
senza peggiorare il parametro B sto ponendo l’evidenza sul fatto che per me è importante il
parametro A. Se io dico il contrario sto ponendo l’evidenza che è importante il parametro B, quindi
quando vado a prendere la matrice simmetrica ho le soluzioni proposte in maniera diverse perché
non noto la stessa importanza.
Cmq ho una serie di parametri chiedersi il mio problema quali parametri coinvolge e quali sono
le contraddizioni tra i parametri, vuol dire astrarre il problema perché nel momento in cui io dico
che ho un problema di contraddizione tra luminosità e potenza io non so più di cosa sto parlando.
Ho fatto la mia astrazione e quindi ho completamente dimenticato quella che è l’applicazione
specifica evidenziando i problemi che ci sono nell’applicazione specifica.
Quindi avere un elenco dei parametri ingegneristici astratti fa si che io riesco a muovermi dalla
casella problema specifico alla casella problema astratto.
Una volta che ho fatto questo, devo avere in salvo le contraddizioni del problema astratto e quello
che posso fare è usare un principio inventivo.
Sono principi inventivi che fanno in modo di risolvere le contraddizioni tra parametri ingegneristici,
sono una guida ad una risoluzione astratta del problema.
In realtà più che una guida è proprio la soluzione perché Altshuller ha fornito una mega matrice
39x39 per cui ogni riga e ogni colonna rappresentano i parametri ingegneristici per cui non solo
ci dice che le contraddizioni tra i 39 parametri ingegneristici sono stati risolti con i 40 principi
inventivi, ma mi dice anche quali sono le soluzioni più ricorrenti.
Quindi la contraddizione tra il parametro ingegneristico 6 e il parametro ingegneristico 10, i
principi inventivi che possiamo applicare sono: 1, 18, 35, 36
2
Ora quello che ci manca è passare da una soluzione astratta ad una concreta.
Quindi se siamo progettisti che siamo in grado di risolvere problemi particolari, la cosa più
ragionevole è quella di riuscire ad arrivare questo punto cioè dobbiamo identificare la casella.
Le contraddizioni tecniche sono conflitti tra sottosistemi, oppure conflitti tra presente passato e
futuro.
Se il conflitto è all’interno dello stesso sottosistema nel tempo, le contraddizioni tecniche non le
possiamo risolvere con questa matrice.
3
Per affrontare le contraddizioni fisiche Altshuller propone come strumento il Principio di
separazione che sono dei consigli di ragionamento o delle logiche di ragionamento, sono molto
generali non vanno così nel dettaglio come la matrice delle contraddizioni.
4
5
Lezione 22 24/11/2017
Robust Design (metodo Taguchi)
Dal punto di vista di tutto il percorso di sviluppo di un progetto ottimizzato, manca
solo il concetto di robust design. È sempre opportuno chiedersi quanto un progetto
sia robusto. Il robust design può essere tradotto in italiano con la parola “stabile”,
ossia qualcosa che funzioni indipendentemente dal contorno (non proprio in tutte le
condizioni ovviamente). In effetti il prodotto viene tarato su un particolare campione,
ma quando esso viene venduto al mercato nella realtà le condizioni che si presentano
sono diverse: esistono delle condizioni tali per cui la persona a cui ci si riferisce in
quel periodo può essere nervosa ad esempio e quindi non recepisce esattamente
ciò che si vuole trasmettere con la vendita del prodotto; è importante capire quindi
se in queste circostanze il prodotto funziona.
Quando si fa una graduatoria tra progetti, poiché si utilizzano strumenti di valutazione
di per sé non precisi, è sempre necessario capire che punteggio hanno avuto le altre
alternative, per capire se c’è un’idea che è assolutamente migliore delle altre o ne
esistono altre che potrebbero comunque essere interessanti anche non avendo
raggiunto il massimo punteggio; se per esempio due progetti hanno un punteggio
molto vicino, per capire quale dei due è effettivamente migliore è possibile seguire
un approccio differente da quelli visti finora.
Una volta che si è selezionata l’idea migliore è necessario andarne a verificare la
stabilità; la stabilità può cambiare totalmente il successo del prodotto sul mercato.
Si immagini di rappresentare l’andamento del grado di soddisfacimento di un
prodotto in funzione di un particolare parametro di progetto (o in funzione di una
particolare condizione di equilibrio):
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Nelle istruzioni delle batterie (pile stilo) viene riportato che esse non devono essere
utilizzare al di sotto di una certa temperatura. Quello che avviene all’interno della
batteria è una reazione chimica che produce energia; questa reazione chimica
avviene in certe condizioni, ma non avviene al di sotto dei 4 ° ; in realtà, al di sotto
dei 4 ° non è che non avviene, ma avviene molto meno. A 5 ° ad esempio, la
reazione avviene in maniera sufficiente da garantire una certa tensione, ma non è
particolarmente performante, per cui la pila magari si scarica subito, dovendo
compensare prima di tutto la temperatura per poi erogare la corrente. Quindi la
stessa pila in certe condizioni funziona e in altre condizioni no.
Pertanto se si utilizza una pila Duracell, che è un’ottima batteria, in inverno, quando
fa particolarmente freddo, può essere che questa pila si scarichi subito, facendo
credere che non sia buona. Al contrario acquistando una pila scadente durante la
stagione estiva, magari essa presenterà una durata maggiore rispetto a quella
Duracell utilizzata in inverno. Il giudizio può quindi essere alterato da condizioni che
non possono essere controllate. È evidente che è impossibile stabilire che la pila può
funzionare solo a 23 ° , altrimenti no. In ogni caso, tutto quello che viene acquisito,
presenta un foglietto di accompagnamento, che spiega le modalità di utilizzo, i rischi,
…. Il problema è che molto spesso questi foglietti non vengono letti dagli utenti finali.
3
Per cui le istruzioni garantiscono che il prodotto esibisca le performance migliori in
quelle date condizioni che però molto spesso, per necessità, per disattenzione o per
trascuratezza, non sono rispettate. In ogni caso questo incide sul concetto di qualità
del prodotto.
A parità di autovettura ad esempio, ci può essere una persona che si è trovata bene
e un’altra che si è trovata male: ognuno di loro avrà un concetto diverso di quel
prodotto, che dipende però da fattori esterni; in effetti ciascun prodotto può essere
utilizzato in diverso modo a seconda della persona, ma anche una sola persona può
usarlo in maniera diversa a seconda delle circostanze.
Il principio fondamentale della metodologia del Robust Design è quello di migliorare
la qualità di un prodotto minimizzando gli effetti negativi senza eliminarne le cause.
Pertanto tenuto conto che ci possono essere degli inconvenienti durante l’utilizzo di
un prodotto è necessario non alterare l’idea di prodotto, ma di limitarne gli effetti.
In realtà il metodo Triz fa un qualcosa di simile, ossia anch’esso cerca di limitare gli
inconvenienti individuando delle contraddizioni: si vanno ad eliminare gli effetti
negativi, senza modificare, ossia senza perdere, gli effetti positivi.
Figura 4
Se al variare della misura ottenuta, ossia del prodotto ottenuto, si rappresenta qual
è il costo che l’azienda sostiene come scarto, esso avrà un certo valore al di fuori
delle tolleranze e ha valore nullo all’interno delle tolleranze:
Figura 5
4
La prima ipotesi invece alla base del metodo Taguchi è legata al fatto che, in
condizioni ideali ( ) il costo è zero, avendo fatto un prodotto perfetto; tuttavia
allontanandosi anche di poco dalla condizione ideale c’è un costo da sostenere
(essendo non rispettata la condizione ideale). Taguchi ipotizza che la relazione tra la
variazione del prodotto e il costo che l’azienda deve sostenere (costo di qualità) è di
tipo quadratico (andamento parabolico):
Figura 6
Figura 7
! = ∙ −
Δ
Dove:
= %&'(& )*+,- '%./(-
Δ = (&,,*/. 0.
Figura 8
La gaussiana seguente rappresenta quello che si riesce a fare, ossia detto il valore
ideale, non si riuscirà ma ad ottenere esattamente tale valore, ma si otterranno valori
intorno ad esso, secondo una distribuzione statistica:
Figura 9
7
Il costo dipende chiaramente dalla parabola in funzione di quanti prodotti si
producono sotto la parabola stessa. Quindi un 5 % costerà un certo valore, un 7 %
costerà un altro valore, …, bisogna quindi eseguire una sorta di integrale, andando
a sommare il tutto, tenendo conto che ognuno dei valori che dà un costo diverso
ricorre con maggiore o minore frequenza.
Dal punto di vista concettuale ci si trova nella seguente situazione:
Figura 10
Figura 11
8
Su valori bassi, una piccola rotazione della manopola (input, ) dà una grande
variazione del segnale in uscita (output); su valori alti, al contrario, una grande
variazione della manopola ( ) dà una minore variazione in uscita. Volendo rendere
il sistema più preciso è necessario spostarsi sulla parte alta della curva: in tal modo,
indipendentemente dalla sensibilità del sistema e dal tremore della mano, si riesce a
stabilire bene il valore in uscita; se invece si lavora sulla parte bassa della curva, pur
essendo molto precisi nella rotazione, non si conosce esattamente qual è il segnale
in uscita. La sensazione che si ha quando si va a regolare un sistema di questo tipo
è quella della bassa qualità se si lavora nella parte bassa del diagramma, poiché non
si riesce ad ottenere ciò che si vuole. Quindi a parità di componente e di progetto, le
condizioni di funzionamento possono alterare la qualità percepita.
La media della funzione di perdita di qualità si calcola con l’espressione seguente:
! =#∙ −
La media 5 (perdita di qualità) è data da:
#
5= ∙6 − + − + ⋯+ − 8
Per cui:
5A.,-( − ,&'' = 5 = # ∙ 6 1 − −: 8
# = %&*BB-%-* (* )*,,. C./.D&,.
1= *)-. &((* A(.
= E.,&/* -)*.,*
: = E./-. 0.
L’obiettivo è avvicinare 1 ad e ridurre la varianza : .
9
Figura 12
Figura 13
10
Ci può anche essere un concetto di asimmetria in cui, rispetto al valore ideale, le
tolleranze hanno a destra un valore e a sinistra un altro.
Figura 14
Figura 15
Si sta andando verso una procedura che consente di capire qual è la condizione
ideale, ossia come è possibile configurare il prodotto in maniera tale che sia stabile
nei confronti delle alterazioni.
In linea di principio, un prodotto, un processo o un sistema, funzionano perché al loro
interno entra un segnale, c’è eventualmente un qualcosa da configurare tra i fattori
11
di controllo, e si ha un’uscita. Questo è lo schema che si è sempre immaginato, ossia
uno schema di tipo black-box per poter generare dei concept. Nella realtà in tutto ciò
c’è un altro ingresso che altera la risposta: questi fattori sono denominati noise
factors, ossia fattori di disturbo.
Nel caso del termostato per il riscaldamento, esso è tarato in maniera tale che in
funzione di un certo ambiente si va a regolare la temperatura; il termostato,
misurando la temperatura, decide di aumentare la potenza dell’impianto o di ridurla
a seconda dei casi. Il sensore che misura la temperatura si trova in una posizione
ben determinata. Avere una risposta efficiente da un sistema di questo tipo significa
considerare anche fattori che non si possono controllare; ad esempio, all’ingresso
dell’ambiente andrebbe messo un conta persone, per sapere quanta gente c’è
all’interno della stanza: in effetti lo stesso riscaldamento prevede magari che quando
c’è molta gente fa troppo caldo e quando ce n’è poca fa troppo freddo. Quindi il
risultato del sistema dipende da fattori che non sono controllabili.
È necessario quindi trovare un qualcosa che in qualche modo misura l’efficacia del
fatto che si sta riducendo la varianza : o che ci si sta avvicinando di più alla media.
Figura 16
Figura 17
12
Migliorando il valore della media 1 e riducendo la varianza : si massimizza il valore
di F (rapporto segnale/rumore). Ovviamente 1 e : sono valori statistici, per cui è
necessario fare degli esperimenti. Nel fare degli esperimenti tuttavia ci possono
essere delle interazioni: variando una variabile per volta magari si ha una bassa
alterazione, ma variandone due per volta ad esempio, l’alterazione, ossia la varianza,
potrebbe amplificarsi in maniera non lineare. Pertanto la composizione di ciò che
accade diventa molto complessa.
Volendo capire quanto il progetto sia robusto è necessario avviare una fase
sperimentale per stabilire quali sono, rispetto alle condizioni ideali, le condizioni che
garantiscono un giudizio sempre soddisfacente, alterando tutti i parametri. Avendo
due parametri, la sperimentazione è abbastanza semplice; se si è riusciti a scrivere
delle funzioni matematiche è possibile fare un’elaborazione analitica; in tutti gli altri
casi è necessario fare una sperimentazione: l’entità di tale sperimentazione cresce
in maniera vertiginosa all’aumentare del numero di parametri che si vogliono
valutare.
Se, rispetto al valore ideale del parametro, ci si vuole mettere anche un po’ prima e
un po’ dopo, per ognuno di essi è necessario considerare tre valori; pertanto
ragionando su due parametri si hanno nove possibili combinazioni (3K3), mentre con
tre parametri si arriva a ventisette (3K3K3) e così via. Un aiuto viene fornito dagli
array ortogonali.
Fisher si pose il problema di fare degli esperimenti per valutare il comportamento in
differenti condizioni di tre tipi di frumento, al variare della tipologia del terreno. In
particolare, bisognava evitare che ci fossero influenze tra un tipo di frumento e l’altro
ed evitare che le valutazioni dipendessero dalle condizioni climatiche relative ai vari
tipi di terreno sperimentati. Per cui bisognava giustificare che il comportamento di
quel frumento su quel terreno era dato proprio dal fatto che quel frumento era stato
coltivato sul quel terreno e non dal fatto che in quel periodo c’era stata molta pioggia.
Per dimostrare questo era talmente complicata la sperimentazione che non era
proponibile (le combinazioni possibili sono 3L = 19683. Egli doveva ragionare in
maniera tale da evitare le interferenze disponendo le combinazioni terreno-frumento
in maniera ragionata. Fisher sviluppò la tecnica dei quadrati latini e greco-latini.
Figura 18
13
In particolare, per ridurre l’influenza fra particelle contigue Fisher propose di eliminare
la semina della stessa varietà in modo contiguo dalle righe e dalle colonne. Così
facendo gli esperimenti si ridussero a 12 senza che gli essi perdessero di validità. In
tal modo nella stessa riga non è possibile mettere più volte lo stesso elemento, così
come nella stessa colonna:
Figura 19
Figura 20
Il livello ideale è il livello 2; per esempio un serbatoio deve avere la capacità di 500 ,
(livello 2): si vuole capire cosa accade ad esempio se il serbatoio ha una capienza di
450 , (livello 1) o di 550 , (livello 3). Quindi i livelli rappresentano i tre valori identificati
per ciascun fattore di controllo; ovviamente si potrebbero avere anche meno livelli (2
ad esempio) o più livelli (5 livelli ad esempio).
Nella tabella precedente il metodo seguito è quello di cambiare un fattore alla volta
(one factor at a time); in particolare, a partire dal valore medio (livello 2) per i quattro
fattori di controllo ( , 4, , P) che vengono scelti nel primo esperimento, si va ad
alterare un fattore per volta: prima si altera al valore 1 nel secondo esperimento e
14
al valore 3 nel terzo esperimento, mantenendo fissi gli altri fattori di controllo (ossia
4, , P) e poi si procede in questo modo anche per i restanti tre fattori di controllo. Si
va quindi a fare una sorta di analisi di sensibilità in cui si vanno a variare tutti i
parametri uno per volta. Se le variabili sono 4 sono necessari 9 esperimenti, in quanto
si deve verificare la condizione ideale più due alterazioni per ognuno dei fattori di
controllo. In tal modo però non si riesce mai a valutare che succede ad esempio,
alterando al livello 3 il fattore di controllo P, quando è alterato al livello 1 il fattore di
controllo : su tale combinazione si perdono quindi delle informazioni.
Impostando gli array ortogonali invece, la situazione cambia:
Figura 21
In questo caso gli stessi nove esperimenti sono gestiti in maniera differente. Ciascun
fattore di controllo ( , 4, , P) viene sperimentato comunque su tre livelli (1, 2, 3).
Inoltre, con riferimento ai fattori di controllo e 4 ad esempio, essi sono stati
sperimentati anche quando entrambi hanno il valore 1, il valore 2 e il valore 3; inoltre
si hanno anche condizioni tali per cui vale 1 e 4 vale 2 e viceversa, vale 2 e 4
vale 3 e viceversa, vale 2 e 4 vale 3 e viceversa. Lo stesso vale per il confronto tra
e , tra e P, tra 4 e , tra 4 e P e tra e P. Quindi confrontando i fattori di
controllo a due a due si hanno tutte le possibili combinazioni: con 9 esperimenti si
riescono a sperimentare tutte le possibili combinazioni tra le coppie di valori. Questa
sperimentazione è certamente più interessante di quella precedente. Ovviamente in
nessun esperimento tutti quanti i fattori di controllo avranno il valore 2 o il valore 3.
In effetti con 4 variabili a 3 livelli, per contemplare tutti i casi, sarebbero necessari 3Q
esperimenti. Chiaramente se si vuole essere molto dettagliati è necessario
contemplare tutti i casi, ma se si accetta un po’ di approssimazione è possibile anche
ritenere soddisfacente una sperimentazione del genere.
15
Figura 22
Figura 23
17
Figura 24
18
Figura 25
19
Il modo di procedere è molto semplice; Sostanzialmente, il valore del rapporto
segnale/rumore relativo ad al livello 1 è dato dalla media dei rapporti
segnale/rumore F , F ed FV , ossia è dato dalla media dei rapporti segnale/rumore
per tutti gli esperimenti con al livello 1:
F + F + FV
FWX =
3
Lo stesso discorso vale ad esempio per il rapporto segnale/rumore con al livello 2:
in tal caso si fa la media tra FQ , FY ed FZ . Lo stesso discorso vale per al livello 3 e
per tutte le altre variabili di processo (4, , P).
Figura 26
20
Figura 27
In particolare sono rappresentate quattro spezzate a tre punti: la prima è relativa alla
temperatura, la seconda alla pressione, la terza al tempo di deposizione e la quarta
al metodo di pulizia (i tre punti indicano i tre livelli di ciascuna variabile).
Con riferimento al metodo di pulizia, si comprende che usare un metodo piuttosto
che un altro non cambia assolutamente niente in quanto mediamente si ha lo stesso
rapporto segnale/rumore, che però migliora leggermente qualora si proceda con una
pulizia piuttosto di non farla affatto (P e PV sono uguali e sono maggiori di P ). Quindi
utilizzare un metodo di pulizia piuttosto che un altro non influenza la qualità finale del
prodotto.
Un elemento molto delicato è il tempo di deposizione, in quanto da ( a ( + 8 minuti
si ha un grosso aumento del rapporto segnale/rumore; passando però a ( + 16
minuti il rapporto segnale/rumore peggiora. Se si ipotizza una dipendenza
quadratica, magari un tempo di ( + 6 minuti fornisce proprio il massimo della curva.
L’aumento della temperatura è invece catastrofico: più aumenta la temperatura
peggio vanno le cose in maniera molto considerevole. Quindi indipendentemente da
tutto il resto, abbassando di poco la temperatura si riducono di molto i difetti.
Ovviamente, come condizione ideale si era prevista una temperatura pari a R e
quindi non verrà esattamente quell’elemento che si era immaginato, ma si produce
con molti meno scarti.
Discorso simile vale per quanto riguarda la pressione: passando da una pressione
più bassa ad una più elevata si ha un radicale peggioramento.
ANOVA indica l’analisi della varianza (Analysis of Variance); attraverso l’analisi della
varianza è possibile valutare il trend e dunque fare considerazioni più dettagliate.
21
Figura 28
Figura 29
I frigoriferi che troviamo nei supermercati raramente sono a sportello ma con la porta
scorrevole. Qual è il vantaggio? È che il calore tende a salire quindi se i prodotti stanno in
basso si risparmia di più. Il cambio di configurazione ha permesso di risolvere un problema
legato a dei fattori esterni.
Per i frigoriferi in generale non solo devo refrigerare ma devo anche isolare bene. Devo
trovare un equilibrio tra i consumi. Nel tempo ci sono usure delle guarnizioni, perdita di
potenza del compressore, perdita del liquido refrigerante ec… e quindi il sistema perde
performance.
Nel caso dell’automobile:
i fattori esterni possono essere: asfalto bagnato/asciutto, tipo di strada, numero di
passeggeri (se guidiamo da soli il comportamento dell’auto cambia rispetto a quando la
macchina è piena cambia la frenata, cambia la spinta ecc.)
Per quanto riguarda i freni c’è un mix tra deterioramento e fattori esterni (fattore esterno
capacità di fare manutenzione alla macchina). Motivo per cui le auto vengono dotate di
sensori, esistono pasticche con dei sensori che avvertono il conducente quando la pasticca
si è consumata. Questa cosa che costa un po’ in più, in realtà rientra nell’ottica di ridurre il
costo di qualità percepita dalle persone, che non è un costo sostenuto dall’azienda per
colpa dell’azienda ma è un costo sostenuta dall’azienda per colpa della incuria del
proprietario dell’auto il quale prima porta al consumo le pasticche poi le deve cambiare e
portare a fare la rettifica dei dischi e poi dice: l’auto non mi piace perché da problemi.
Quindi alcune funzioni servono proprio per aumentare la qualità percepita. Quindi per
quanto riguarda il consumo delle pasticche non si può dire se effettivamente dipende da
deterioramento o dai fattori esterni ma si combinano le cose.
Ci sono fattori esterni al processo (non parliamo più di fattori esterni in generale).
Noi abbiamo creato dei concept, abbiamo studiato il problema, abbiamo indicato i requisiti
funzionali, tramite l’analisi di mercato sappiamo cosa la gente si aspetta da noi, abbiamo
confrontato le varie alternative e abbiamo scelto poi il concept migliore. È robusta la
nostra soluzione? Nell’ambito della sua produzione e nello scorrere del tempo il nostro
prodotto manterrà le caratteristiche per risolvere quel problema? Quali sono i fattori
esterni nell’utilizzo del nostro problema? Quali sono i fattori unit to unit variation?
Io ho deciso di fare un oggetto che ha certe dimensioni ma con quelle dimensioni non riesco
a farlo; magari la tecnologia non mi consente di produrlo e questo fa si che in realtà il costo
raddoppio e quindi non posso garantire quel prezzo di mercato.
Quali sono gli utilizzi anomali che le persone possono fare del nostro prodotto? cioè le
persone possono utilizzare il nostro prodotto nelle condizioni che non abbiamo previsto,
oppure le persone possono utilizzare il nostro prodotto per altro.
È ovvio che se facciamo un prodotto con alcuni componenti non standard il costo aumenta.
Se facciamo un prodotto usa e getta siamo coscienti del deterioramento durante l’utilizzo.
Magari il concept che è arrivato secondo potrebbe essere più robusto di quello che abbiamo
scelto.
Come poter utilizzare la progettazione robusta nell’ambito del concept sviluppato?
Il metodo Taguchi può essere utilizzato anche come configuratore:
noi ci siamo fatti un’idea del fatto che il nostro prodotto deve avere determinate
dimensioni e determinate caratteristiche, ad esempio i ragazzi che stanno sviluppando il
concept per risolvere il problema del cibo da strada, hanno delle dimensioni che sono da
una parte legate al cibo che devono portare e da una parte legata al fatto che l’oggetto
deve essere impugnato (la maniglia deve avere determinate dimensioni e ovviamente se
faccio un oggetto con elevate dimensioni della maniglia porterò meno cibo); bisogna fare
delle valutazioni e decidere che la parte per reggere tutto l’oggetto è un cilindro o cono
che ha un diametro caratteristico pari a 50mm, un’altezza pari a 90mm e una capacità di
contenere il cibo di 0.5 l e capacità di contenere bevande di 0.5l. potrebbe avere un senso
dire che se faccio un diametro del 5% in meno o del 5% in più che cosa cambia?
Rispondere a questa domanda non è banale perché le persone che utilizzeranno questo
prodotto saranno tutte persone diverse e quindi di altezza e corporatura diversa: ci sarà il
bambino, una persona anziana un adulto ecc. quindi avranno forza nelle braccia diversa e
dimensioni della mano diversa. Noi dobbiamo fare un prodotto universale e trovare un
giusto compromesso tra le dimensioni in modo tale da consentire a tutti il facile utilizzo.
Se noi per sviluppare un concept ci siamo basati su una certa misura (parametro di
progetto), se uso un certo parametro di progetto ho questa soluzione (in termini di
funzione obiettivo) e se ne uso un altro ho un altro risultato:
È chiaro che quando vado a fare la valutazione sceglierò quel parametro identificato in
figura (funzione obiettivo più alta).
Semmai esistesse una curva numerica che unisce tutto (valutazione punto per punto) io
non sarò in grado di dire se la curva è fatta in un certo modo piuttosto che un altro. Per cui
se mi metto su x e mi chiedo cosa succede se mi sposto un poco verso destra oppure un
poco verso sinistra: per quanto riguarda la curva blu se mi sposto verso destra si abbassa la
funzione obiettivo mentre se mi sposto verso sinistra aumenta il valore della funzione
obiettivo. Rispetto a quello che mi sono immaginato posso andare a raffinare le cose. Noi
possiamo fare degli esperimenti cioè possiamo fare tutte le possibili combinazioni dei
parametri di progetto per vedere come cambiano le cose. Possiamo fare 3 prodotti con
certe dimensioni e li facciamo provare a più persone in tal modo avremo una media ed una
varianza, ma a livello di progetto non ho la varianza e la deviazione standard sarà uguale
alla funzione obiettivo e quindi dobbiamo confrontare direttamente le funzioni obiettivo.
BELIEF
Università degli studi di Salerno
Corso di Fondamenti e Metodi Della Progettazione
1
Università degli studi di Salerno
Corso di Fondamenti e Metodi Della Progettazione
Belief
Università degli studi di Salerno
Corso di Fondamenti e Metodi Della Progettazione
Dove:
- è la Belief (= convinzione) di “A”;
- ~ è la Belief (= convinzione) di “non A”.
Supponiamo che “A” sia un evento, ad esempio noi siamo 40 studenti e il proff ha ragione di
pensare che:
- Almeno 5-6 sarebbero stati presenti alla sua lezione perché hanno incontrato il proff e gli
hanno detto che sarebbero stati a lezione;
- Almeno 3 non verranno perché di solito non vengono a lezione;
quindi l’incertezza che vengono o meno gli alunni è la zona “Uncerta int y”.
Quindi su 40 persone che dovevano essere in aula, l’incertezza del proff va da 5 a 37, cioè:
2
- 5 sono quelli di cui il proff è certo che vengono;
- a 40 3 37 che sono gli alunni che non sono certi.
Tutto quello che c’è in mezzo io non posso capirlo.
ESEMPIO 1:
ESEMPIO 2:
Supponiamo di avere 3 possibili soluzioni alternative:
- A
3
- B
- C
e devo sceglierne una tra queste 3. Quale scelgo?
Diciamo che, non più in termini di probabilità, ma semplicemente di convinzioni, a me potrebbe
capitare di dire che:
- credo vada bene la soluzione “A”
- credo vada bene la soluzione “B”
- credo vada bene la soluzione “C”
se devo scegliere io dico: ”o A, o B oppure C”.
In realtà quando noi chiediamo un parere ad un esperto, potrebbe dire che:
- A e B sono equivalenti (AB) uno dei 2 tra A e B va bene;
- Oppure uno tra A e C può essere equivalente (AC);
- Oppure uno tra B e C può essere equivalente (BC);
- O addirittura uno tra A, B e C può essere equivalente (ABC);
non è detto che la risposta sia univoca, soprattutto se noi non ci avvaliamo di numeri o meglio
anche se ci avvaliamo di numeri alla fine … è un po’ quando il proff ci dice che il progetto che vince
non è detto mai che sia poi effettivamente il vincitore, deve considerare che le cose potrebbero
andare bene anche per gli altri concept … può darsi che chi ci esprime un giudizio, non esprime un
giudizio sulle singole alternative, ma possa esprimere anche un giudizio di equivalenza o di
similitudine tra alternative perché potrebbe prendere:
- La coppia AB
- La coppia BC
- La coppia AC
- La coppia ABC
Quando abbiamo fatto l’esame di grafica computazionale abbiamo scelto un motore elettrico o un
cuscinetto nel dimensionamento, ci sono cuscinetti che hanno le stesse caratteristiche ma che
sono di marche differenti. Ci sono motori che hanno caratteristiche simili ma di marche differenti,
oppure dello stesso produttore ma fatte in modo diverso allora posso scegliere in base al costo
oppure in base all’accoppiamento motore riduttore. Quindi ci sono tante situazioni che possono
essere equivalenti, allora perché dovrei scegliere la 1° soluzione se ha solo un 1% maggiore della
2° soluzione? Non posso accettare l’idea che vadano bene entrambe … ci saranno altri fattori che
renderanno la cosa più conveniente.
Quindi io potrei chiedere ad un esperto (E1) di esprimere il suo giudizio e il suo giudizio potrebbe
essere tale per cui assume dei punteggi che saranno:
O(vuoto) A B C (AB) (AC) (BC) (ABC)
E1 0.05 0.1 0.1 0.1 0.2 0.25 0.15 0.05
Dove “O” il distruttore delle nostre intenzioni, che dice che nessuna delle soluzioni va bene e ha un
punteggio pari a 0.05.
Si nota che la somma dei punteggi deve sempre essere uguale a 1:
. . . . . . . .
4
Già così è un po’ difficile capire cosa ve bene e cosa non va bene, a meno che non pensiamo che
questo non altera minimamente il giudizio tra A, B e C (perché alla fine devo scegliere qualcosa).
Se ragioniamo su questi numeri ci verrebbe da dire che:
- in AB l’elemento forte è A;
- in AC l’elemento forte è A
Quindi se io trovassi una regola per mettere insieme queste cose, per separare tra A, B e C
probabilmente A crescerebbe, B crescerebbe meno di A, C crescerebbe meno di B.
Questo già è un ragionamento interessante, soprattutto è interesante il fatto che io introduco le
coppie che sembra partire come un confronto tra alternative nell’AHP ma in realtà siccome mi
lascio delle indecisioni rendo il sistema più flessibile nei confronti di tutte le alternative.
Questo è il punteggio dato dall’esperto 1 (E1), che ha valutato le funzionalità che deve avere quel
prodotto.
Poi ci rivolgiamo ad un 2° esperto (E2), ad all’ingegnere meccanico che affronta tutti gli aspetti
tecnologici, e lui ci dà degli altri punteggi:
. . . . . . .
Dempster-Shafer
Università degli studi di Salerno
1 2 3 4 5 6 7
ABC AB AC BC A B C
Corso di Fondamenti e Metodi Della Progettazione
a ABC ABC AB AC BC A B C
b AB AB AB A B A B 0
c AC AC A C C A 0 C
d BC BC B C BC 0 B C
e A A A A 0 A 0 0
f B B B 0 B 0 B 0
g C C 0 C C 0 0 C
c 2 AC AB A
5
Quindi riporto nella matrice i punteggi, mettendo lo zero nella matrice li dove non c’è intersezione
tra le coppie di valori, cioè:
Dempster-Shafer
Ad esempio tra C(0.15) e B(0.10) non c’è intersezione e quindi metto 0 nella matrice.
Invece tra ABC(0.30) e AB(0.20) c’è intersezione ( ∩ ) e quindi metto:
0.30 ∙ 0.20 0.06
all’interno della matrice, precisamente nella 1° riga, 2° colonna.
Se faccio la somma di tutti gli elementi della matrice non verrà più pari a 1, ma mi verrà un
numero diverso da 1 e quindi il tutto va normalizzato:
m(B)
ABC AB AC BC A B C
0,20 0,20 0,20 0,05 0,10 0,10 0,15
Università degli studi di Salerno
ABC AB BC AC A B C
m A mB
0,07 0,12 0,10 0,08 0,18 0,19 0,26
6
Un a volta che l’ho normalizzata ottengo una nuova serie di valori, questo processo può essere
iterato all’infinito.
Ognuno degli esperti mi darà un valore di giudizio, che io posso combinare con tutti quelli
precedenti.
Questa cosa funziona meglio dell’AHP perché ha senso fare una matrice perché così ogni esperto
di quel particolare aspetto può dire la sua. Nella realtà il processo di progettazione ha una
progressività che è differente, cioè io affronto man mano degli aspetti. Però nella realtà io devo
mettere insieme il giudizio di 10 persone non solo se ho 10 requisiti funzionali, ma nella realtà
ognuno dovrebbe avere la possibilità di dire la sua per progredire nella valutazione.
Nella realtà succede che tutto ciò che io ho nei termini combinati (AB. BC, ecc) in qualche modo si
riversa nei termini singoli (A, B, C) un po’ alla volta cioè è come se avessi messo un sacchetto di
monete e queste monete vanno in cacata verso A, B oppure C.
Quando ho completato i miei step posso scegliere la soluzione che ha il punteggio maggiore.
Ci sono delle esasperazioni concettuali per cui se i 2 esperti sono in perfetta contraddizione
vengono fuori delle cose strane, ad esempio 2 medici che non concordano sulla stessa diagnosi e
intanto il malato muore.
Potrebbe vincere anche AC, cioè non si capisce tra A e C qual è il migliore, cioè non si riesce a
distribuire la risorsa di AC su A e C.
ESEMPIO 3:
. . ∪ .
. . . ∙ . . . ∙ .
.! . .! ∙ . . .! ∙ .
∪ ∙ . ∙ . ∙ .
Dove:
" # ≠ ∶ . . . . .!
questo è un esempio di combinazione, dove:
- &' è la misura di A secondo l’esperto 1
- &( è la misura di A secondo l’esperto 2
- &' è la misura di B secondo l’esperto 1
- &( è la misura di B secondo l’esperto 2
- &' ∪ è la misura dell’unione di A e B secondo l’esperto 1
- &( ∪ è la misura dell’unione di A e B secondo l’esperto 2
Si nota che:
- nella 1° riga, 2° colonna c’è lo perché non c’è intersezione tra A e B
- nella 2° riga, 1° colonna c’è lo perché non c’è intersezione tra A e B
Mentre invece nella 2° riga, 2° colonna c’è un valore:
. .! ∙ .
perché c’è intersezione tra B misurato dall’esperto 1 e B misurato dall’esperto 2.
7
Alla fine avremo che la misura di A e B sono pari a:
. . .
. )
. . . . .!
. . .
.*
. . . . .!
In questo esempio poiché abbiamo solo 2 alternative e abbiamo che ∪ , non c’è
niente ∪ nell’ultima riga.
Se c’è un esperto 3 avremo un’altra linea di giudizio, altra composizione ed evoluzione di questa
cosa.
Potremmo usare questa tecnica di “Dempster e Shafer” per il nostro progetto, che ci da anche la
possibilità di gestire il vuoto “O”.
Combinando però il giudizio dei vari esperti posso gestire il vuoto e cercare la soluzione migliore.
In particolare:
- Se faccio 3 esperimenti devo fare 2 matrici;
- Se faccio 4 esperimenti devo fare 3 matrici;
- ecc;
però in realtà è sempre la stessa operazione e quindi se lo facciamo dal punto di vista di algoritmo,
quindi scrivo un software, avrò una funzione e ogni volta i risultati di quella funzione sono un input
di un nuovo ciclo quindi è una cosa molto semplice, non è come l’AHP che ci vuole una matrice
per ogni confronto.
8
LEZIONE 25 04/12/17
AXIOMATIC DESIGN
Nella progettazione assiomatica esiste il cosiddetto “dominio del cliente”, e noi
attraverso l’indagine di mercato abbiamo valutato il dominio del cliente per vedere
cosa dovevamo proporre al mercato; in base all’analisi fatta abbiamo capito cosa
proporre al mercato attraverso anche i requisiti funzionali. Come devo fare il prodotto
affinché abbia i requisiti richiesti? Scrivere il problema significa scegliere bene i
requisiti, scrivere bene i requisiti significa che possiamo anche trovare più facilmente
il problema. Dopo fatto questo abbiamo trovato molte soluzioni che si avvicinano alla
soluzione del problema e tra queste soluzioni abbiamo scelto la migliore attraverso
dei metodi, ad esempio come il metodo AHP (ed abbiamo visto anche come far
diventare il prodotto più robusto attraverso la teoria robust design).
Tra i metodi di misurare abbiamo visto anche alcuni strumenti logici come la logica
fuzzy; ci possono essere anche alcuni approcci probabilistici (quindi che si basano
sulla statistica).
Ora facciamo alcune considerazioni sul secondo assioma della progettazione che è
uno strumento molto vicino al metodo basato sulla probabilità e sulla logica fuzzy.
Cosa dicono questi assiomi?
Noi avevamo rappresentato un problema con una matrice per un vettore di parametri
di progetto, e abbiamo detto che i requisiti funzionali sono espressi dagli elementi
all’interno della matrice.
Ogni parametro di progetto concorre a soddisfare un requisito o più requisiti
funzionali. Se io misuro il soddisfacimento dei requisiti funzionali io posso avere la
misura del soddisfacimento dell’intero prodotto; faccio varie ipotesi variando i
parametri di progetto, avrò più soluzioni e la migliore sarà la mia scelta. Misurare
l’informazione significa che per ogni casella io posso dire qual è il contenuto di
informazioni che il parametro DP1 dà al requisito FR1, quindi ho per ogni casella
l’informazione (se faccio la matrice della misura). La comodità, rispetto alla
probabilità, è che le informazioni si sommano; se avessi avuto le probabilità devo
tener conto di tutte le regole della probabilità.
Quando si ha il logaritmo in base 2 significa che si stanno trattando informazioni
informatiche
È in base due perché tutto ciò che viaggia a livello informatico sono BIT. Osservando
l’esempio in figura, in questo caso, vediamo che la probabilità è legata al concetto di
tolleranza, e più alta è la tolleranza e più alta è la probabilità di ottenere quel valore.
Cos’è il system range e cos’è il design range?
Se osserviamo il grafico notiamo che sulle scisse abbiamo il valore del parametro di
progetto.
Il design range è la variabilità del parametro di progetto che possiamo accettare
perché non è detto che il parametro assuma uno specifico valore. Facciamo
l’esempio della lavatrice. Tra le varie funzioni della lavatrice c’è la centrifuga, ci sono
lavatrici che hanno la centrifuga fissa a 600giri/min e ci sono lavatrici che hanno
centrifughe variabili da 600 a 1000. Cosa cambia? Perché ci sono offerte diverse?
Alcuni tessuti a 1000 giri si rovinano ed altri tessuti a 1000 giri non si asciugano.
Partiamo dal presupposto che tecnicamente una cosa è fare una lavatrice a
600giri/min ed un’altra cosa è fare una lavatrice che arriva anche a 1200 giri/min,
quindi ci sono delle complicazioni dal punto di vista progettuale ed un aumento dei
costi; la forza centrifuga e l’eccentricità (l’eccentricità è presente perché durante la
rotazione i tessuti si dispongono in maniera diversa lungo la circonferenza ed inoltre
hanno anche massa diversa) hanno un effetto legato al quadrato della velocità e
passare da 600 a 1000 giri/min le cose si complicano. Quindi posso proporre
soluzioni diverse a seconda di quello che io ritengo sia utile. Ci saranno un 30% di
persone che gli basta che la centrifuga sia 600 giri/min ed altre persone che vogliono
un range variabile. Ci sarà una richiesta di mercato non costante (anche se in figura
è rappresentato come costante) che è rappresentato dal system range (system
range è quello che richiede il mercato).
Ma se il mercato mi chiede che il parametro di progetto può variare in un certo range
allora perché in figura c’è un design range che va anche fuori dal system range? Non
bastava che mi fermassi all’interno del system range? In altre parole, perché fornisco
una caratteristica che al mercato non interessa?
Supponiamo di avere un progetto accoppiato, dove ci sono 3 requisiti funzionali legati
al parametro DP2:
In figura vengono riportati 3 grafici, dove sulle ordinate ci sono i requisiti funzionali e
sulle ascisse il parametro di progetto. Il grafico ci fa capire qual è il range del
parametro di progetto che soddisfa quel requisito funzionale.
Nella realtà se voglio soddisfare contemporaneamente tutti e tre i requisiti funzionali
io devo prendere l’intervallo comune a tutti e tre (linea rossa) identificando un piccolo
intervallo in cui saranno soddisfatti tutti e 3 requisiti funzionali.
FR1 (ma vale anche per gli altri requisiti funzionali) è soddisfatto con una percentuale
che è pari al tratto rosso diviso il tratto blu:
quindi il contenuto di informazioni aumenta perché riusciamo a soddisfare solo in
parte queste esigenze (blocco il progetto su valori fortemente limitati).
Il problema sorge quando abbiamo questo tipo di situazione:
per ottenere FR2 devo avere un intervallo che non coincide con quello di FR1. In
questo caso cosa facciamo? Io posso anche allungare l’intervallo di FR2 se
ovviamente non si altera tutto il resto. Idealmente prendo l’unione di tutti e tre gli
intervalli. Questo però vale solo se i requisiti funzionali sono alternativi, nel senso
che se io voglio “QUESTO O QUELLO” va bene perché a seconda di come l’utente
sceglie il valore di DP2 nel regolare la sua apparecchiatura ottiene un requisito
piuttosto che un altro. Ma se io voglio contemporaneamente le 3 funzioni non posso
farlo ed il progetto non sta in piedi.
Ritornando a monte, il fatto di avere un intervallo di scelta di variabilità del parametro
di progetto più amplio di quella della richiesta (system range), dipende dal fatto che
noi stiamo analizzando un solo requisito funzionale; quando mettiamo più requisiti
funzionali insieme e c’è una dipendenza di più requisiti funzionali da 1 parametro di
progetto devo chiedermi ce cosa succede se vario un intervallo (perché magari
l’utente mette la macchina in una condizione in cui non riesce a fare quello che
vorrebbe e dovrebbe fare, se io creo un frullatore con un range di velocità che arriva
anche ad 1giro/min quella persona che lo utilizza potrà pensare “ma perché ha
l’opzione di 1giro/min e poi non frulla? E ha un’idea del prodotto che non è valido
perché in determinate condizioni il prodotto non fa quello deve fare). Se è richiesto
un “and &” io mi devo mettere a testare sul minimo dell’intervallo e magari tutto il
resto potrebbe non servire.
Ci sono altri motivi per estendere il design range rispetto al system range, magari
posso giocare sul fatto che questo prodotto, a differenza degli altri, fa un qualcosa in
più. Al mercato non interessa che quel prodotto faccia anche altro, ma il consumatore
è più spinto a comprare qualcosa con più funzionalità (a parità prezzo). In altre
parole, l’estensione al di fuori del system range, se non preclude alcuni requisiti
funzionali, è legato anche al fatto che quella funzionalità in più, anche se non
richiesta, ma mi farà vendere di più e quindi l’estensione del design range è un fatto
di mercato (in prospettiva nel momento in cui dico che il mio prodotto ha un design
range più ampio potrà generare altro mercato).
In realtà la questione è un po’ più complicata, ma concettualmente non cambia molto;
infatti il system range non è uniforme (non è piatto).
Nel caso delle scarpe ad esempio il system range consiste nel fare un prodotto che
è configurabile magari dal numero 38 fino al 46, sapendo che le misure più diffuse
sono 40 − 42 − 44; perciò non è detto che si debba partire per forza dal numero 36
ed arrivare al numero 48; magari è possibile anche non arrivare al 46 perché fare
una scarpa di questo numero comporta delle complicazioni in quanto bisogna fare le
cuciture in maniera diversa, utilizzare colla differente, …, per cui si può scegliere di
fermarsi al 44, pur perdendo magari un 4 % di potenziali clienti.
Di seguito si riporta un grafico in cui sull’asse delle ascisse ci sono i parametri di
progetto e sull’asse delle ordinate c’è la probabilità di soddisfacimento del requisito
funzionale corrispondente.
Il contenuto di informazione si ottiene facendo l’integrale della curva delle probabilità
e sovrapponendo il design range al system range. Il design range può essere sia un
intervallo fisso, sia una distribuzione; infatti, sempre nel caso delle scarpe, si
potrebbe decidere di produrre maggiori quantità di scarpe di un certo numero e minori
quantità di altri numeri; ovviamente ci sarà magari una parte del mercato che non
avendo alternative decide di scendere a compromessi su altri requisiti funzionali.
Anche in questo caso si fa un’intersezione d’area sebbene la misura per il system
range non sia uniforme (potrebbe accadere anche per il design range). La probabilità
è data comunque dall’area di intersezione.
Si immagini di dover selezionare un’automobile da un dato set di opzioni. I requisiti
funzionali richiesti sono i seguenti:
Consumo: 17.0 / − 24.6 /
Livello di rumore: inferiore ai 55
Accelerazione: 4.7 / − 14.4 /
Si hanno tre autovetture tra le quali scegliere, le cui caratteristiche vengono riassunte
nella tabella seguente:
Il valore sul design range non è un valore fisso, ma è un intervallo: sulle vetture, a
seconda delle condizioni di marcia, i consumi variano. Anche il livello di rumore varia
in un range in dipendenza dalle condizioni di guida, ossia da se l’autovettura procede
lentamente o magari sta accelerando: il rumore aerodinamico cresce col quadrato
della velocità. L’accelerazione su vettura è espressa in termini di tempo per passare
da 0 /ℎ a 100 /ℎ o si danno informazioni sulla ripresa (quando cioè si accelera
senza cambiare marcia e si valuta il tempo impiegato per arrivare a 100 /ℎ: si
hanno prestazioni ancora una volta differenti a seconda di come si sta guidando).
Per capire qual è la vettura più efficiente, ossia quella migliore, bisogna confrontare
le caratteristiche di ciascuna autovettura con i requisiti funzionali. In sostanza si deve
applicare un ragionamento simile a quello fatto nel metodo AHP, tenendo conto però
dell’obiettivo da perseguire (requisiti funzionali): si deve cioè scegliere la vettura più
adatta a quel percorso che si deve compiere.
Si richiede ad esempio una vettura che ha dei consumi che vanno da 17.0 / a
24.6 / : la vettura ha consumi che vanno da 11.0 / a 21.8 / , per cui la
parte in comune è tra 17.9 / e 21.8 /.
" ( )*!+ 24.6 − 17.0
! "# = ln ' - = ln ' - = 0.46
, ,! )*!+ 21.8 − 17.0
Lo stesso discorso lo si fa sul livello di rumore (da 0 a 55 ):
" ( )*!+ 55 − 0
!, . # = ln ' - = ln ' - = 1.70
, ,! )*!+ 55 − 45
La stessa cosa si può fare sull’accelerazione (4.7 / − 14.4 / ):
" ( )*!+ 14.4 − 4.7
* )*( ,!# = ln ' - = ln ' - = 0.01
, ,! )*!+ 14.4 − 4.8
Alla fine basta sommare per ottenere il livello di informazione totale:
= 0.46 + 1.70 + 0.01 = 2.17
Ragionamento simile si può fare sull’autovettura e sull’autovettura 0.
Svolgendo i calcoli si vede che la vettura 0 ha un contenuto d’informazione totale
infinito, avendo un valore infinito sulla fuel efficiency, sebbene sull’accelerazione sia
praticamente quella più adatta in quanto presenta il valore più basso in assoluto.
Alla fine la vettura più adatta rispetto a quanto richiesto è la , in quanto vince quella
con il livello di informazione totale più basso.
Ci sono una serie di corollari agli assiomi studiati (primo e secondo assioma della
progettazione).