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DESIGN THINKING: nato negli anni ’90 negli Usa; successivamente anche in Europa e in Italia intorno al
2010.
Il ruolo strategico dell’innovazione riguarda la creazione di nuovi mercati.
Il design thinking è articolato in 4 fasi:
1) What is
2) What if
3) What wows
4) What works
10/02/2021
Normalmente il processo logico è: analisi del mercato attuale, raccolta di informazioni, comprensione e
infine decisione à processo decisionale tipico delle attività di management orientate al futuro.
Tale modello funziona ad una sola condizione: il presupposto è che ciò che analizzo non si modifica rispetto
al momento/alla situazione in cui devo decidere. In situazioni di grande cambiamento tale processo non
funziona, poiché si conosce ciò che è stato ma non ciò che sarà. Se vi è grande cambiamento, il modello dà
falsa certezza che le decisioni prese saranno efficaci.
Quando si parla di innovazione si parla di un contesto che di per sé non è stabile: l’innovazione è la
distruzione di ciò che è stato in passato.
L’approccio manageriale di tipo creativo non parte più da un analisi del mercato attuale ma del mercato
possibile; il mercato possibile è caratterizzato da una pluralità di possibili mercati al contrario del mercato
attuale che è uno, che serve una sola tipologia di clienti,.. Il mercato possibile offre un ventaglio di opzioni.
Il primo passo dell’approccio manageriale creativo è l’azione: è agendo che si arriva ad una soluzione. Tale
azione produce un risultato che viene analizzato. Dall’analisi dei feedback si passa alla comprensione che il
mercato possibile non è illimitato ma che può essere ridotto; da ciò si passa alla costruzione di un futuro
possibile. Il contesto di tale approccio è molto meno definito in quanto non vi è un punto di partenza a
priori né una prospettiva oggettiva.
La sfida dell’innovazione comporta tempi lunghi, processi complessi, molti dubbi, la necessità di budget
elevati, idee difficilmente realizzabili e paura di fallire.
I progetti di design thinking sono volti a rimediare tutti i precedenti elementi critici dell’innovazione: i tempi
sono brevi, i processi non complessi, si hanno pochi dubbi ecc.. si ribalta dunque la prospettiva.
Per affrontare il cambiamento esistono due metodologie innovative figlie della stessa filosofia:
- AGILE: viene usata nelle imprese per l’innovazione di tipo manageriale. Nasce nel mondo
dell’informatica. Tale metodologia ripensa all’organizzazione in una logica di interrelazioni tra tutte
le unità di un’organizzazione: viene meno la gerarchia
- DESIGN THINKING: innovazione
di prodotto. Nasce nel mondo dell’architettura. Il design thinking si occupa anche dell’innovazione
di processo e di business model.
Le aziende che adottano tali metodologie tendono ad essere vincenti: quando in un settore la concorrenza
innova, i costi crescono, i prezzi calano e i margini si assottigliano è probabile che qualche concorrente stia
adottando logiche agile e di design thinking.
I manager devono imparare ad agire come designer: il design prevede la creazione dal nulla. Un designer
agisce in un’area che è anzitutto area delle possibilità infinite sulla base delle proprie conoscenze; al tempo
stesso però un designer agisce però in un contesto di vincoli e deve tener conto della situazione in cui
opera, ossia della contingenza (es per cosa deve essere usato quel prodotto). Il design si colloca
nell’intersezione tra vincolo (budget), possibilità (mercato possibile) e contingenza (situazione esistente).
Un altro modo di esprimere il design thinking è il seguente:
Sull’asse xà tempo
Sull’asse yà ampiezza
12/02/2021
Il primo passo di un progetto design thinking è capire cosa fare a partire dalle richieste del committente che
dispone di un problema da risolvere.
Un problema posto in modo ambiguo conduce a piste di soluzione che portano ad una varietà di possibili
soluzioni che sono tra loro del tutto ambigue perché sono soluzioni ad un problema talmente posto male
che il committente trova soluzioni non coerenti alle proprie necessità.
Il risultato è un’innovazione debole e inefficace. Al contrario un problema posto in modo univoco porta a
piste che conducono ad un unico modo, coerente con il problema.
Coca Cola à “Vorremo un nuovo packaging per la nostra lattina” à qual è il problema sottostante? Il
problema è ambiguo: è chiaro cosa voglia dire un nuovo packaging ma non è chiaro il motivo di tale
richiesta. “Perché volete un nuovo packaging?” à “Non siamo soddisfatti, ci provoca molti problemi” à
“perché vi provoca problemi?” à “la gente pensa che il nostro packaging provochi problemi di decoro nelle
città” à “Perché provoca problemi di decoro?” à perchè le linguette vengono gettate per strada” à
“Perché ciò è negativo?” à “veniamo visti come causa dell’inquinamento che ne deriva”
Soltanto quando il problema fu chiaro, fu trovata una soluzione. Se ci si fosse fermati al brief iniziale non si
sarebbe giunti ad una soluzione coerente con il problema. Il committente di un progetto innovativo pensa
di avere le idee chiave su ciò che vuole ma chi ascolta se ne fa una propria rappresentazione.
Per evitare tale problema si usa il Digging Cube à cubo che contiene varie domande: Chi ha il problema?
Come si affronta oggi il problema? Almeno 4 perché? (non bastano le prime spiegazioni, anzi esse possono
essere addirittura fuorvianti)
La responsabilità ed eventuali incomprensioni ricadono sul design thinker e mai sul cliente che
commissiona il lavoro.
La fase del what wows consiste nel fare ordine e selezionare i concetti proposti che stupiscono i clienti. Ciò
che si deve capire è se le idee da portare avanti piacciono al cliente; altra cosa da valutare è che sia fattibile
e se funzioni dal punto di vista economico. Se ha queste tre aree di compatibilità si può andare avanti con il
concetto sviluppato.
Nella fase del what wows bisogna identificare le key assumption di ciascun concetto; non si parte dalle
assunzioni ma dal concetto e poi si risale alle key assumption che servono per arrivare al testing.
6. RAPID PROTOTYPING à Per arrivare a testare l’idea si usa la prototipazione rapida che è il
momento in cui i concetti vengono resi concreti; è molto utilizzata la riproduzione su carta, virtuale
e fisica.
7. ASSUMPTION/CONCEPT TESTING à test di mercato presso potenziali clienti. Le assunzioni da
testare riguardano quattro aree:
Ultima fase è quella del what works che si conclude, a differenza di ogni lancio di prodotto tradizionale, con
il lancio di un prodotto per imparare e non per vendere. Differenza chiave tra invenzione ed innovazione è
il coinvolgimento che hanno i clienti nella co-creazione di una soluzione e il fatto che questa deve essere
poi lanciata nel mercato con la finalità di apprendere.
17/02/2021
Per identificare nuovi mercati si devono valutare gli unexpected market events: gli eventi sono inaspettati
nel senso che non sarebbero dovuti accadere. Se non si vede il disallineamento posso capire che se è
accade qualcosa di inaspettato è sintomo di qualcosa che non va nel mercato.
Gli eventi inaspettati possono essere racchiusi in 4 categorie:
- Successi inaspettati à succede che qualcosa ha molto successo nel mercato e tale successo è al di
là di quanto è ragionevole aspettarsi; si tratta di un successo inspiegabile che riesce a colmare un
disallineamento non conosciuto fino a quel momento. Se non fosse inspiegabile allora non sarebbe
indicatore di un market structure hole. Se viene lanciato il prodotto in un mercato e poi il mio
prodotto ha tanto successo in un altro mercato allora vi è un market structure hole. Airbnb nasce
da un disallineamento che diviene esplicito nel momento in cui si crea il sito per offrire posto letto
in un materassino; nessuno avrebbe altrimenti detto ho bisogno di andare a dormire a casa di un
altro.
- Fallimenti inaspettati à qualcosa di inaspettato che causa un crollo nelle vendite (es riduzione
significativa delle vendite di sigarette causata dalle pubblicità martellanti -> nasce la sigaretta
elettronica creata da nuovi entranti. Philip morris lancia l’iqos ossia una sigaretta elettronica basata
sul tabacco, riuscendo dunque a reagire al nuovo mercato offrendo un nuovo prodotto in
concorrenza con quello tradizionale). Le innovazioni che portano alla creazione di nuovi mercati
non nascono di solito dalla scoperta degli incumbents già esistenti ma dei nuovi entranti.
- Eventi accidentali inaspettati: strettamente collegati al concetto di serendipity, ossia qualcosa di
accidentale che porta alla scoperta di qualcos’altro (vado in libreria, vengo attratta da un libro
diverso da quello per cui ero andata in libreria e lo compro). La serendipity riguarda la capacità di
trarre significati da azioni che per altri non hanno significato (es non è facile trovare un taxi dunque
a volte sarebbe bello che un’auto qualunque si fermasse e mi portasse dove devo andare -> nasce
Uber, innovazione disruptive). Il come sarebbe bello se è la serendipity: tutti lo vedono ma solo
alcuni colmano il mismatch tra domanda e offerta.
- Contraddizioni di mercato: fenomeni che esistono nel mercato che non potrebbero esistere
contemporaneamente ma che se tuttavia se ne comprende la logica sottostante allora si è scoperto
uno structure hole (es le persone che una volta passavano tanto tempo a leggere ad oggi usano il
tempo libero in maniera minore per leggere ma di più per fare altro; ci si aspetta che calino le
vendite ma accade tuttavia che le persone leggono sempre meno ma che non calano le vendite di
libri; due fenomeni che non potrebbero avvenire contemporaneamente ma che se succede viene
giustificato dal fatto che probabilmente i libri non necessariamente si comprano per essere letti ma
piuttosto per arredare, ..). Le contraddizioni sono incapacità logica di spiegare due fenomeni
divergenti: nel momento in cui capisco che la gente compra libri non per leggerli allora offro libri
per gente che non intende leggerli.
Il presupposto per riuscire a scoprire un mercato nuovo è dimenticare i propri clienti: chi è troppo attento
ai propri clienti non scoprirà mai nuovi mercati. Uno dei principali limiti di management passivo è dato da
un marcato orientamento al mercato esistente.
Se si tratta di bisogni espressi e di clienti serviti à mktg tradizionale
Area di bisogni non espressi e clienti non serviti à area più interessante
Tutta l’area che sta intorno all’area di mktg tradizionale (bisogni espressi – clienti già serviti) è detta area
del forget your clientis (o clienti serviti al di fuori dei bisogni espressi oppure direttamente area dei non
client) ed è dunque interessante. In particolare lo è l’area dei non clienti e dei non bisogni.
Una modalità per identificare i market structure hole è quella di esaminare attentamente clienti e bisogni
non serviti. La clientela può essere suddivisa in:
- Non clienti à il prodotto ha caratteristiche per cui tali individui non sono in grado di acquistarlo (es
prezzo troppo elevato, abilità e conoscenze richieste troppo complesse…). E’ l’area di chi avrebbe
acquistato il prodotto se esso avesse avuto caratteristiche diverse. I segnali dell’esistenza di tale
segmento sono mercato piccolo e molto limitato, consumo troppo orientato alla fascia alta di
mercato (sia dal punto di vista economico che di conoscenze; lo smartphone era inizialmente
acquistato esclusivamente da coloro che avevano competenze tecniche), o infine quando vi sono
difficoltà di accesso al prodotto (anche di tipo distributivo).
- Clienti undershotà sono clienti non soddisfatti dalle caratteristiche del prodotto, ossia clienti per
cui l’offerta è insufficiente.
- Clienti overshot à clienti che dispongono di un’offerta eccessiva rispetto alle proprie esigenze e
che devono pagare un prodotto eccessivo che utilizzano in minima parte. La battaglia competitiva
fa sì che il livello dell’offerta si alzi in maniera sistematica fino a quando il numero di clienti
overshot diventa elevato.
19/02/2021
VISUALIZATION: è uno strumento utilizzato in tutte e 4 le fasi; permette di passare da concetti astratti a
concetti concreti che diano un livello diverso di emozione.
La visualizzazione è la trasformazione di informazioni in immagini. Solitamente si tratta di rappresentazione
di numeri, testi, disegni, storia e descrizione di comportamenti. La visualization permette che entri in gioco
la parte destra del cervello e la parte emozionale. Più la parte destra entra in gioco più il concetto rimane in
memoria; la parte destra lega le informazioni alle emozioni, non richiede professionalità, sofisticazione o
complicazione. La visualizzazione riduce i rischi di interpretazioni sbagliate: raccontando storie si evitano
possibili incomprensioni. La visualizzazione consente l’empatia (empatia : design thinking = ricerche di
mercato : marketing tradizionale). L’empatia è la capacità di provare le stesse emozioni di un altro e
dipende dalla composizione neuronale. Dobbiamo comprendere chi abbiamo di fronte in maniera intima.
Alcune regole per una efficace visualizzazione:
1. Renderle semplici: Per mantenere semplici le visualizzazioni bisogna articolare il problema e
rappresentarlo nei suoi vari aspetti
2. Dividere il problema (es. quando il consumatore usa il carrello vi sono momenti diversi ognuno dei
quali rappresentabile con un disegno/una foto)
3. Utilizzare metafore e analogie, cioè elementi di somiglianza tra due situazioni (es: hai un modo di
parlare che assomiglia a quello di tizio)
4. Usare disegni “dirty and quick” e foto: nessuno si aspetta che vengano generate rappresentazioni di
qualità grafica, non è importante come disegno ma la storia che si racconta; le immagini, anche se
elementari devono essere efficaci
5. Utilizzare stoyboard: insieme di immagini collegate che rappresentano una storia nel suo insieme
6. Creare personaggi: i personaggi non sono entità astratte ma servono per concretizzare quello che
ho in mente (Giovanna <> consumatore perché quest’ultimo è più astratto)
7. Raccontare delle storie perché le storie conferiscono più credibilità ed informazioni dei concetti
astratti
1 STADIO: WHAT IS
La prima fase del design thinking consiste nell’analisi dei dati secondari. Seconda fase è l’osservazione
diretta; bisogna sperimentare direttamente le occasioni in cui è possibile osservare il fenomeno. Il primo
modo per uscire dai confini è guardarsi intorno attraverso l’osservazione diretta per capire cosa non si è
ancora scoperto. Dove non sia possibili osservare è possibile attuare una conversazione etnografica in cui si
cerca un rapporto empatico con l’altro: non si tratta di raccogliere informazioni ma di entrare nei panni
dell’altro. Bisogna chiedere non di raccontare cosa pensa in merito ad un determinato prodotto/fenomeno
ma cosa prova/cosa ha provato. Inoltre bisogna considerare la persona con cui si parla il massimo esperto
della sua esperienza e non come cliente qualunque.
Grande attenzione va posta agli unexpected events.
Alcune regole da seguire in tale fase:
1. Formare un gruppo per l’analisi che sia interno o esterno
2. Riflettere sui dati commentandoli
3. Selezionare le migliori analisi ossia si prendono i foglietti appesi da ciascuno e si iniziano a
raggruppare
4. Clusterizzare le riflessioni dei partecipanti; non esiste un miglior modo per classificare le
informazioni
5. L’obiettivo è identificare gli insight per ciascun cluster, chiedendo ai partecipanti di pronunciarsi
6. Trasformare gli insight in criteri di desing
La seconda fase del what is è il journey mapping, ossia la rappresentazione dell’esperienza dell’utente. Gli
aspetti positivi di tale fase sono l’entrare in connessione empatica con il cliente in quanto percepisco il
mondo con gli occhi del cliente (si attiva dunque l’emisfero destro). Altro aspetto positivo è che serve al
pensiero creativo e viene osservato il cliente mentre vive la sua esperienza. L’aspetto negativo è che non
vengono prodotti risultati statisticamente generalizzabili.
Per costruire il journey mapping efficace bisogna:
- Identificare un piccolo gruppo di clienti che siano rappresentativi (non statisticamente) della loro
varietà -> di solito 8-20 clienti che possono aumentare all’aumentare della varietà del gruppo
- Condurre alcune interviste pilota
- Identificare i momenti essenziali e i diversi temi emersi dagli intervistati
- Rappresentare i clienti archetipo, ossia le “personas”
- Rappresentare una mappa ipotetica del viaggio del cliente
Una volta definite le personas si fa una mappa del processo. Bisogna capire quali sono gli aspetti positivi e
negativi nelle varie fasi.
Tutta la fase del what is è una fase di rappresentazione della situazione, il più possibile entrando nei panni
dei clienti, mappando clienti e non clienti.
Per concludere tale fase bisogna definire i criteri del design
La risposta a tali domande costituisce i criteri del design. Dopo la fase del what is inizia la fase creativa,
senza vincoli e di grande produzione di materiale a cui seguirà una fase di sintesi
26/02/2021
IL BRAINSTORMING
La seconda fase il what if; il primo strumento è il brainstorming (puro e online) mentre il secondo è il
concept development.
Per essere creativi bisogna che la componente razionale venga messa a tacere; il ruolo fondamentale è
giocato dalla componente emozionale.
Per far emergere la componente emozionale e creativa serve partire dalle possibilità e non dai vincoli.
Quando si vuole cambiare e innovare si parte dalle possibilità e ciò non significa non avere metodo o
disciplina.
Bisogna evitare che i vincoli diventino delle ancore nel momento della partenza. Le ancore servono solo in
fase di arrivo.
Definizione di creatività: la creatività è l’attitudine di un sistema all’evoluzione. Si parla di sistema perché
non è detto che creativi siano soltanto gli individui; possono essere creativi anche i gruppi
indipendentemente da quanto le persone si sentano creative singolarmente. Anche le organizzazioni
(anche le zone geografiche, i Paesi) possono essere creative se si dotano delle strutture che le rendano
creative. I Paesi che favoriscono la varietà e laddove vi è più tolleranza verso la diversità allora sono i paesi
più creativi di altri. Si parla di evoluzione e non di generico cambiamento perché del cambiamento si
conoscono le regole del cambiamento ossia il processo di cambiamento è prevedibile (es pendolo);
l’evoluzione è un processo di cambiamento di cui conosco il punto di partenza ma non il resto. Il processo
evolutivo è un processo di cui è ignoto il punto di arrivo e in cui ciascuna fase successiva è legata alle
condizioni di volta in volta. La grande differenza tra un sistema creativo e uno non creativo è che il primo
porta ad un risultato che non è conoscibile a priori.
Il primo tipo di creatività riguarda la produzione di idee.
Tali idee non sono mai definitive ma sono per lo più provvisorie (ipotesi): servono idee alla produzione di
altre idee. L’obiettivo in tale fase non è produrre soluzioni ma trovare idee e selezionarle. Per selezionare le
idee si usano i vincoli. I vincoli dunque non intervengono nella produzione di idee ma di selezione di
quest’ultime.
Il secondo tipo di creatività contempla la produzione di idee ma differisce perché si parte dai vincoli per
giungere alla produzione di idee. Si tratta di vincoli molto ampi e di solito legati alla disponibilità di risorse
(soldi, tempo, persone). Successivamente alla produzione di idee c’è la fase di selezione che avviene di
solito recuperano i vincoli iniziali
Il terzo tipo di creatività prevede che i vincoli intervengano nella produzione di idee ma siano differenti da
quelli della creatività 2; tali vincoli sono legati ai temi di fattibilità tecnica oppure di mercato (questa cosa è
fattibile?). Se si mettono i vincoli tecnici e di mercato a monte si incorre in un grave errore; tali vincoli
devono accompagnare la produzione di idee ma non ostacolarla né esserne il presupposto.
La creatività è dispendiosa perché assorbe tante energie. Il carburante per affrontare il processo creativo è
la motivazione. Un processo creativo può essere frustrante poichè molte idee non potranno essere
utilizzate: i processi creativi sono di prove ed errori e di idee poi scartate. Un terzo elemento del processo
creativo è il contesto organizzativo: se opero in un contesto in cui lo sforzo creativo non viene apprezzato
allora la frustrazione diviene predominante. Infine è molto importante l’interesse verso ciò che si deve
affrontare.
Partire da un’idea che si ha già in testa senza passare per il brainstorming porta ad innovazioni ovvie e
banali. Nei progetti di design thinking si parte da idee generate in fase di brainstorming e poi si arriva ad un
concept.
Il brainstorming è al 90% preparazione e al 10% esecuzione.
In che modo si prepara un brainstorming?
- Scegliere le persone -> di solito sono individui scelti dagli organizzatori del brainstorming ad avere
le idee e non gli organizzatori scelti. Il primo elemento di scelta delle persone è la varietà. I gruppi
sono tendenzialmente piccoli (6-12 persone).
- La sfida ossia l’obiettivo deve essere chiaro
- Atteggiamento -> l’atteggiamento del moderatore e degli altri partecipanti al gruppo di
brainstorming deve essere non critico: non si criticano mai le idee altrui. Si parla uno per volta e per
poco (30 secondi circa) e si costruisce sulle idee degli altri senza tentare di convincere qualcuno
della mia idea. L’atteggiamento da attuare è quello di costruire su ciò che gli altri dicono senza
criticare e senza neanche pensare a un giudizio rispetto all’idea altrui
- L’empatia tra i membri all’interno del gruppo e anche con il cliente.
- Gli stimoli vengono creati attraverso domande che servono a rimetter in moto un processo Le
trigger cards sono domande che servono a stimolare la creatività (ES: cosa succederebbe se fossi un
elefante che vuole mangiare un biscotto?
- Approccio scamper: sette modi di affrontare un problema in modo creativo. Ogni lettera sta per un
modo ad esempio S sostituire (domino’s pizza ha avuto successo perché cambia uno degli elementi
del sistema di offerta; elimina la qualità dall’offerta e aggiunge la temperatura -> se la tua pizza
arriva a casa a più di una determinata temperatura (80 gradi) paghi un prezzo; se è sotto paghi
meno ecc.. Il consumatore americano si sente rassicurato. Successivamente la temperatura viene
sostituita con il tempo). La sostituzione può essere elemento fondante dell’offerta. La seconda
lettera è la C e sta per combinare (se combino il grande stereo vecchio con le cuffie ottengo una
delle più grandi innovazioni del secolo scorso ossia la mobilità nell’ascoltare la musica e la radio al
di fuori dell’abitazione). L’A sta per Adattare (i fogli se dovevano essere mostrati dovevano essere
attaccati a dello scotch; l’idea di post it è stata quella di inserire direttamente lo scotch). La M sta
per modificare, cioè si prende un prodotto e si prova a modificarlo (bilancia si stacca il lettore per
essere più visibile agli anziani). P sta per proporre altri usi completamente differenti rispetto a
quelli per cui è stato progettato un prodotto (es domopack nasce per la protezione dei motori degli
aerei militari. E sta per eliminare, cioè prendere un elemento costitutivo ed eliminarlo. L’approccio
scamper prima lavora sull’offerta e poi si chiede e adesso cosa me ne faccio? La R sta per
riarrangiare. Storia di un ragazzo prodigio russo che decide di accompagnare il padre a lavoro il
quale è stato chiamato per risolvere un problema: c’è un impianto all’interno della fabbrica che non
può essere smontato altrimenti perde funzionalità. Come fare a spostare l’impianto che deve
essere trasferito ma non può essere smontato? Il bambino ha l’idea di usare la neve per fare uscire
il macchinario, la quale a poco a poco si sarebbe sciolta e avrebbe portato il macchinario a terra.
Riarrangiare vuol dire usare qualcosa che fa parte del contesto riconfigurandolo per una funzione
innovativa: in questo caso la neve è utilizzata per risolvere un problema altrimenti irrisolvibile.
- La facilitazione consiste nel predisporre il processo di brainstorming perché possa funzionare con il
giusto ritmo. Uno dei modi per facilitare il brainstorming è quello di far fare prima un lavoro
individuale e poi uno di gruppo.
- Follow- up -> dalla sessione di brainstorming NON ci si aspetta dei concetti di prodotto o di servizio
ma idee anche parziali che possano condurre a quel punto alla costruzione di concetti. Il
brainstorming da luogo dunque ad un semilavorato che deve poi essere lavorato per giungere ad
una soluzione finale.
03/02/2021
L’online brainstorming è simile al brainstorming ma non prevede il coinvolgimento fisico dei partecipanti. E’
la tecnica che sta crescendo maggiormente al crescere dell’importanza e l’uso della rete.
In un brainstorming di tipo tradizionale (fisico) spesso il numero di idee generate non è tantissimo. Inoltre
in una sessione tradizionale anche il numero di persone che generano idee è minore del num di persone
che generano idee nell’online brainstorming. Nell’OB il 70% circa dei partecipanti ha una performance
positiva migliore nella generazione di idee.
La qualità complessiva delle idee aumenta del 50% nell’OB rispetto al BR tradizionale. Il livello di
soddisfazione dei partecipanti nelle sessioni online è più alto. Infine il livello di autostima delle persone è
più alto nelle sessioni online: maggiore autostima conduce a migliori idee.
In entrambi i tipi di brainstorming vi sono scambi di messaggi, di documenti, di dati, di immagini e dunque
si tratta di un’ulteriore differenza rispetto al BT che prevede los cambio di parole e al massimo immagini.
05/03/2021
CONCEPT DEVELOPMENT
Il risultato della sessione di brainstorming sono idee. Il processo creativo consiste nella produzione di idee
(brainstorming) che poi vengono selezionate e danno luogo al concept.
Il concept development è il momento in cui si passa dalla produzione di idee alla selezione.
Le idee sono un semilavorato che va poi assemblato. Le stesse idee possono essere usate in prodotti
differenti e possono condurre a risultati differenti. Questa è la fase della razionalità in cui le idee sbagliate e
non utilizzabili vanno scartate.
PROTOTIPAZIONE RAPIDA
Una volta costruiti i concept intorno all’ancora si passa alla prototipazione rapida. Con la costruzione del
concetto si chiude la fase del what if e si passa alla fase del what wows.
La fase del what wows è quella fase in cui bisogna identificare i concetti che stupiscono positivamente i
clienti. Bisogna cioè verificare oggi cosa piacerà in futuro. I prototipi sono essenziali per apprendere
attraverso i test e per ridurre i rischi. A questo riguardo è necessario dissotterrare, cioè portare alla luce le
key assumption di ciascun concetto. E’ poi necessario testare queste assunzioni prima attraverso thought
experiment (se io fossi uno studente della bocconi, troverei carica un’app dell’università improntata sulla
socialità? Se non aggiunge niente di nuovo e il concetto non mi sorprende allora diciamo che il mio concept
non sta funzionando) e poi attraverso physical experiment (on field cioè sul campo chiedere ai clienti veri
cosa pensano).
Come costruire un prototipo? Il processo di costruzione del prototipo avviene attraverso una prima prova e
una serie di sviluppi e affinamenti necessari. Il prototipo deve rendere tangibile il concept sviluppato nella
fase del what if. Ciò che era una cosa astratta (socialità) va tradotta in un’app concreta. Infine il prototipo
servirà per la fase del concept test.
Affinchè i prototipi superino la fase del what wows devono rispondere a ciò che i clienti realmente
vogliono, devono essere realizzabili e devono avere validità economica. La validità economica dipende dai
costi (area del può essere realizzato) e dei ricavi (i clienti lo vogliono). Se il concept soddisfa i tre requisiti
allora si entra nella zona del wow.
Ogni concetto ha delle key assumption che devono essere testate.
09/03/2021
WHAT WOWS: è una fase in cui si cerca di capire se ciò che si presenta al mercato sarà in grado di stupire i
potenziali utilizzatori e decisori di acquisto (aziende).
Ha l’obiettivo finale di individuare le soluzioni vincenti; vincenti da un punto di vista di comprensione, di
accettazione da parte del mercato o dal punto di vista economico.
E’ una fase che serve per definire su quali concept l’impresa deve investire. Si parte dal concept
development (what is) e rapid prototyping per andare a isolare e verificare le assunzioni chiave che
possono portare al successo/all’insuccesso dell’azienda.
Il what wows è la fase in cui bisogna identificare i concetti che stupiscono positivamente i clienti: bisogna
verificare oggi cosa piacerà in futuro; l’intera fase si basa sull’attenta lettura di probabilità di successo.
Bisogna comprendere le assumption chiave di ogni concept e validarle. E’ necessario testare le assunzioni:
Attraverso concept testing, product testing e market testing, vado a misurare la capacità di presentare al
mercato un prodotto che risponde ai loro bisogni, in grado di essere realizzato e in grado di sostenere
economicamente l’azienda nel tempo.
Approccio di analisi:
Per ognuno dei tre test va definito cosa sia, perché sia importante, quali attori sono coinvolti, quali tecniche
possono essere utilizzate per farlo. Va poi compreso come i vari test si integrano tra di loro.
Bisogna prima definire il concetto di prodotto che è un elemento chiave per svolgere il primo test. Se non si
ha un concept chiaro e rappresentato attraverso il rapid prototyping e l’utilizzo delle parole, difficilmente
sarò in grado di raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissato e non potrò capire se la mia idea potrà avere
successo.
L’idea va posta dunque all’interno di un contesto: il prodotto proposto dall’azienda ha delle caratteristiche
differenzianti rispetto alla concorrenza e può generare dei benefici rispetto al target di riferimento.
DEFINIZIONE: E’ una descrizione sintetica, in forma scritta o visiva, dell’idea di un nuovo prodotto; definisce
le caratteristiche principali e i benefici che ne trarrà il consumatore. Il concetto di prodotto è un qualcosa di
più sofisticato di un’idea perché non contiene soltanto la sua descrizione ma anche le informazioni legate al
profilo del nuovo consumatore e allo stesso tempo elementi differenziali del nuovo prodotto rispetto alle
alternative presenti sul mercato.
Il concetto di prodotto nasce dall’integrazione tra tre dimensioni: dimensione di bisogno (benefici -> ragion
d’essere del prodotto nella prospettiva del cliente), dimensione di forma (forma fisica del prodotto che
viene creato o una chiara esplicitazione dei passaggi che devono essere compiuti per fruire di un servizio) e
di tecnologia (fonte che dà origine a una certa forma cioè si fa riferimento alle caratteristiche del prodotto,
ciò che ci permette di utilizzare il prodotto attraverso la sua forma e ottenerne i benefici). Affinchè ci sia un
nuovo prodotto l’innovazione deve avvenire contestualmente nelle tre dimensioni altrimenti si avrebbe
solo un cambiamento estetico del prodotto esistente, un cambiamento nel funzionamento o un’estensione
del mercato di riferimento.
Affinchè un concept sia completo deve racchiudere i cinque elementi: consumer insight, benefits, reason
why, key elements e wrap up.
Un concept di prodotto rappresentato attraverso la concept board deve contenere le tre dimensioni di
bisogno, tecnologia e forma. Tuttavia quando si chiede quanti sono gli elementi chiave che un concept
board deve contenere, la risposta è 5. Si tratta quindi delle varie declinazioni delle dimensioni.
Bisogno ->
• CUSTOMER INSIGHT: l’idea creativa dietro al nuovo prodotto che emerge in seguito ad una attività
di ricerca effettuata sul consumatore; si tratta dell’elemento scatenante l’opportunità, ossia la
presenza di un vuoto all’interno di mercato da soddisfare. L’insight va derivato e spesso dunque
non è esplicito.
• BENEFIT: esprime la promessa del nuovo prodotto; serve a mettere in evidenza gli elementi
differenzianti dalla concorrenza
• REASON WHY: è la motivazione sottesa all’acquisto ed è strettamente collegata a un elemento
differenziale del nuovo concept che si collega al benefit (perché i consumatori dovrebbero
preferire, grazie a i benefici del mio prodotto, il mio rispetto a quello dei concorrenti).
Forma ->
• KEY ELEMENTS: descrivono con un livello di dettaglio più o meno elevato le caratteristiche che avrà
il prodotto.
Tecnologia ->
• WRAP UP: è la parte all’interno della quale viene racchiuso il payoff, ossia è la promessa finale della
mia innovazione che sintetizza e mette in evidenza la dimensione core dell’innovazione.
Il concept test è la fase in cui vengono selezionate e valutate le idee di prodotto. Si hanno due possibili
elementi di testing: se si hanno diverse idee allora ne va identificata una da ulteriormente testare
(selezione delle idee); se ho una sola idea in partenza tale fase serve a comprendere la bontà della mia idea
(valutazione dell’idea).
Il concept testing ci permette di selezionare i progetti che sono maggiormente coerenti con il contesto
attuale e futuro. E’ una fase che permette anche di capire come viene percepita la mia proposta da parte
del target, sia in termini overall che di singole caratteristiche. Attraverso il concept test si può misurare la
domanda secondaria iniziale: la domanda secondaria è la domanda dell’impresa cioè la dd che rapportata
alla domanda totale di mercato, permette di trovare la quota di mercato dell’azienda. Chiedendo se piace il
prodotto, cosa piace e se c’è un interesse nell’utilizzo del prodotto, si può avere un’idea delle variabili che
servono per quantificare la domanda: N (numero di utilizzatori), Q (quantità che ogni utilizzatore è disposto
a comprare ad integrazione o a sostituzione dei prodotti che già usa), frequenza di acquisto e disponibilità a
pagare a fronte di un prezzo.
La selezione delle idee ossia il concept testing avviene attraverso due fasi:
1) Pre screening concept test -> test interno che ha l’obiettivo di misurare lo strategic fit; attraverso
questo test viene testata la feasability.
2) Full screen concept test -> test esterno volto a misurare il market fit.; attraverso questo test viene
testata la desirability, cioè se la soluzione che propongo è effettivamente ciò che il mercato vuole.
La viability (validità economica) viene testata sia nel pre screening test che nel full screen concept test (a
supporto del primo test). In primis l’azienda si fa un’idea interna attraverso proiezioni che vanno poi
approfondite e validate attraverso una ricerca diretta sul mercato.
10/03/2021
PRE-SCREE E FULL-SCREEN
Grazie al prescreening concept test riusciamo a misurare l’attrattività economica, la fattibilità tecnica e
l’originalità. Solitamente i progetti sono classificati considerando il combinarsi dei livelli di valore atteso e fit
strategico e della loro fattibilità e probabilità di successo. E’ importante verificare anche l’originalità perché
ogni innovazione deve essere coerente con il posizionamento: internamente bisogna chiedersi se ciò che
propongo al mercato sia in fit strategico con chi sono, col mio posizionamento e i pillars dell’azienda.
Il full screen concept test valuta l’interesse, il gradimento e l’intenzione d’acquisto dei potenziali clienti
ossia in generale il market fit.
I ruoli coinvolti nel prescreening concept test appartengono alla funzione marketing, alla funzione R&S
(fattibilità), funzione commerciale/finanziaria e infine un membro della dimensione strategica (top
management).
Nel caso invece del full screen concept test entrano in azione i potenziali consumatori del prodotto.
Esiste una logica sequenziale tra i due test: solo le idee che superano la fase di strategic fit verranno
sottoposte all’attenzione del consumatore.
Le tecniche che possono essere utilizzate internamente per valutare cosa presentare/non presentare al
mercato esterno sono:
- Concept scorecard: andare a mappare i progetti con riferimento a diverse dimensioni oggettive
Come funziona? Si prendono in considerazione criteri ritenuti fondamentali
- Progetti da abbandonare:
caratterizzati da basso valore
atteso e bassa probabilità di
successo
- Progetti con priorità
strategica: sono quelli su cui
si investirà sicuramente e
sono caratterizzati da alto
valore atteso e alta fattibilità
e probabilità di successo
- Progetti incrementali: basso
valore atteso ma alta
probabilità di successo; sono
fattibili, accettati dal mercato
ma proprio perché sono
miglioramenti di prodotti
esistenti difficilmente
condurranno ad elevate valore atteso
- Progetti da approfondire: con alto valore atteso dal punto di vista economico ma che necessitano
di una spinta per essere compresi dal mercato in quanto probabilmente presentano un livello di
innovazione superiore. Il tenerli o scartarli dipende dalla propensione al rischio dell’azienda, dei
soldi che ha per investire, se ha bisogno di innovare radicalmente o meno,…
Il posizionamento di un progetto in un quadrante piuttosto che in un altro varierà in funzione del valore
medio scelto e dunque la matrice è relativa. Stessi progetti mappati con scale differenti e valori medi
diversi risulteranno apparire in diversi quadranti. La valutazione è fatta non dal team di progetto ma dal top
management.
Le tecniche per il full screen concept testing permettono di valutare overall il concept (attraverso focus
group e compositive techniques) ma le singole caratteristiche del concept (scompositive techniques), di
eliminare i concept meno promettenti e infine di stimare il trial ossia la prima prova del prodotto e di
misurare l’intenzione di acquisto (top 2 boxes). Sebbene in tale fase si ritenga ancora che i pareri non siano
del tutto affidabili, è bene svolgere il concept testing anche perché è in questo momento che si inizia la
produzione del prodotto all’interno dell’azienda.
Il focus group è un gruppo di persone che interagiscono tra di loro e discutono su un tema. E’ una tecnica
che permette di raccogliere idee e comprendere le reazioni ai commenti di altri partecipanti; tuttavia in
questo caso serve attuare un approccio confermatorio: non vengono esplorate nuove soluzioni ma
vengono valutate le idee (ancora in una logica ideativa) e su quali punti lavorare. Può accadere che in tale
fase vi sia da parte delle aziende il tentativo di capire perché un concept viene scartato e perché accettato
ed eventuali elementi di miglioria.
L’utilizzo di una metodologia quantitativa nella forma di una survey ha invece l’obiettivo di restituire delle
valutazioni rispetto all’intenzione di acquisto (trial) e di consentire di stimare l’interesse di mercato verso il
prodotto così da consentire eventuali modifiche o miglioramenti.
a. Concept statement: rappresenta il mezzo attraverso cui l’idea innovativa viene condivisa all’interno
dell’impresa e con il mercato. Combinando due dimensioni che sono la modalità di presentazione
(narrativo, visuale, narrativo e visuale) e il tono della presentazione (fattuale o
persuasivo/commerciale) è possibile ottenere differenti tipologie di concept. Sicuramente
funzionano meglio i concept più persuasivi che includano anche una componente comunicativa
tipica poi della situazione di acquisto e delle pubblicità. Il prezzo viene generalmente inserito
perché la identificazione delle intenzioni di acquisto risulta maggiormente attendibile.
b. Definizione del target group: anzitutto è bene includere i consumatori finali del prodotto; non
bisogna sottovalutare anche gli influenzatori dell’acquisto (genitori, ufficio acquisti di un’azienda)e
tutti coloro che hanno un ruolo nel processo di decisione (anche la grande distribuzione, il tipo di
supermercato che vende un determinato prodotto e così via)
c. Definire le variabili da rilevare:
Domanda per testare il gradimento del concept: può dare una valutazione overall da 1 a 9 a questo concept
di prodotto? Oppure per entrare nella valutazione delle singole caratteristiche: individuare le singole
caratteristiche e chiedere quanto ciascuna sia importante nel determinare il giudizio overall del concept.
Infine per misurare l’intenzione di acquisto si potrebbe chiedere: quanto sei disposto ad acquistare il
prodotto? Oppure con quale frequenza saresti disposto ad acquistarlo? La frequenza fa comprendere
anche il grado di sostituzione che può essere indagato anche con una domanda diretta: Sei disposto a
sostituirlo con un prodotto che soddisfa lo stesso bisogno? Infine domande in merito alla quantità che il
consumatore acquisterebbe del prodotto.
Nel survey possono essere incluse anche domande di tipo demografico, comportamentali e volte ad
indagare le abitudini di acquisto: sono volte a segmentare il target (un feedback dato da un individuo heavy
user ha un valore diverso da quello dato da un light user).
Bisogna anche sottoporre il concept board perché propedeutico alla formulazione del concept test: bisogna
mettere sempre in risalto che si tratta di un qualcosa di nuovo e che ancora non esiste sul mercato.
Più in particolare:
Il metodo delle Top 2 boxes è utile a stimare già allo stadio del concept il volume di vendita; vengono
sommate le percentuali di soggetti che hanno risposto “definitely would try” e “probably would try”. (al
posto di try potrebbe straci buy ma non essendo ancora disponibile il prodotto sul mercato sarebbe difficile
parlare di acquisto vero e proprio).
Se vogliamo che la probabilità di acquisto che dichiara nel top 2 boxes sia il più oggettiva possibile, il prezzo
deve essere aggiunto nel concept board ossia deve essere una componente che viene mostrata prima di
chiedere quanto sarebbe disposto ad acquistarlo. Inoltre NON va chiesto quanto saresti disposto a pagarlo
perché il prezzo è già più o meno definitivo.
Non serve un ordine obbligatorio in cui porre le domande nel questionario ma bisogna includere domande
in merito a tutti questi argomenti. Il test non è solo volto a confermare un’idea ma anche per comprendere
quali elementi si possano modificare e dunque se vi siano ambiti di miglioramento. Bisogna inoltre
comprendere nelle ultime fasi demografiche anche la tipologia di consumatore che si ha davanti (es light
user, heavy user, innovatori o
no,..)
La conjoint analysis è utile in fase di concept testing perché è molto vicina alla valutazione tipica dei
consumatori che non confrontano le alternative valutando attributo per attributo ma il prodotto nel
complesso. Nel modello del design thinking non vengono sottoposte a valutazione score cards ma reali
concept statements che declinano sotto differenti forme la stessa idea di nuovo prodotto.
Nel caso in cui vi sia un numero rilevante di fattori che entrano in gioco, la possibilità della conjoint di
ridurre il disegno fattoriale e di individuare un certo numero di concept prototipici può aiutare nella
selezione delle idee.
Il modello di Kano (three factors model) viene applicato per comprendere come, alla presenza/assenza di
un certo attributo, cambia il livello di soddisfazione nei confronti dell’offerta.
Gli attributi unidimensionali sono quelli che all’aumentare della loro presenza aumentano il livello di
soddisfazione: se gli attributi sono presenti aumentano la soddisfazione e se assenti diminuiscono la
soddisfazione.
Gli attributi inversi funzionano secondo la logica: tanto meno è presente un attributo, tanto più si è
soddisfatti.
Gli attributi indifferenti sono quelli la cui assenza o presenza non ha alcun impatto.
Gli attributi must have sono quelli la cui presenza è indispensabile.
Gli attributi attractive sono inversi alla curva must have e sono quelli che se non ci sono non impattano
negativamente sulla soddisfazione ma se ci sono stupiscono e soddisfano.
Un’ innovazione, quali tra queste dimensioni dovrebbe assolutamente presidiare? Must have e
unidimensional; poi anche alcuni attractive per aumentare la soddisfazione.
MODELLO ATAR
Il modello che consente di stimare le vendite e potenzialmente la quota di mercato del nuovo prodotto è il
modello ATAR che sta per awareness, trial, availability e repeat cioè gli elementi che contribuiscono al
successo di mercato di una innovazione.
L’idea è che la quota di mercato dipenda dalla consapevolezza che il mercato ha circa l’esistenza di un
determinato prodotto (awareness), dalla predisposizione alla prova del prodotto (trial), dalla disponibilità
effettiva del prodotto nei punti vendita (availability), dalla ripetizione dell’acquisto del prodotto dopo la
prima volta (repeat). Le variabili awareness e availability sono controllate direttamente dall’azienda perché
dipendono dagli investimenti in comunicazione e in distribuzione. Le variabili trial e repeat vanno invece
stimate (il repeat non viene stimato in questa fase di concept test ma nel market test perché in quel caso il
consumatore valuta non solo il prodotto ma tutte le variabili del marketing mix).
(((Attraverso il concept test vengono misurata le prime due dimensioni di ATAR, ossia l’awareness il trial))).
Vantaggi del concept test: permette di raccogliere in tempi anticipati e con costi ragionevoli informazioni
molto rilevanti per la scelta dell’idea e per i successivi test. Poco rischio di imitazione da parte die
concorrenti.
Svantaggi del concept test: informazioni raccolte in maniera non corretta che potrebbero indurre a
decisioni errate.
22/03/2021
Concept test e product test tendono attualmente a fondersi e ad integrarsi sempre di più; tuttavia la
separazione tra i due test è fondamentale nei settori in cui vi è un maggiore rischio (laddove lo zero defect
è indispensabile) ossia nel settore farmaceutico, nei settori con elevati sunk costs, nell’ industria dei
trasporti,.. Le industrie di tipo creativo invece tendono sempre di più ad attuare un approccio di learning by
doing in cui concept e product test sono integrati tra di loro.
CASO YOPLAIT
Yoplait è un brand di yogurt di General Mills. Il caso fa riferimento agli anni’80 ma ciò che interessante è
osservare il modello che ad oggi è ancora attuale e che l’applicazione di tale modello ha permesso al brand
di sopravvivere per 40 anni. L’essere capaci di darsi un rigore metodologico permette al brand di
ottimizzare la propria esperienza e ottenere risultati di valore.
Il caso riproduce i momenti di assumption testing fondamentali per lo sviluppo del prodotto.
1) Si parte dall’identificazione delle opportunità: il direttore del new business group development di
yoplait deve decidere se lanciare un nuovo prodotto. Le opportunità identificate sono:
- domanda stabile (è un’opportunità sì perché la domanda stabile è causa del successo però la si
deve sfruttare perché si deve aumentare la domanda potenziale)
- cambiamento nelle abitudini d’uso con un target specifico (adulti che vedono lo yogurt come uno
snack o dessert e non come sostitutivo del pasto)
- General Mills vuole sfruttare il successo del brand e prevenire la concorrenza
Sono state implementate delle ricerche qualitative, come focus group, che hanno lavorato sul
cambiamento. Inizialmente c’è stato un sondaggio nazionale di tipo quantitativo che ha dimostrato che non
vi era una crescita ma trend stabile; da questa si è appreso che erano cambiate le occasioni d’uso. Con il
focus group è stato possibile testare le nuove idee in merito alle abitudini di consumo. E’ stata effettuata
poi una ricerca sulla base dei dati desk per capire ciò che era effettivamente il successo del brand
2) Generazione delle idee/ test concept: vengono generati 26 concept; di questi solo 7 concept sono stati
portati avanti che sono stati selezionati attraverso lo screening. Il primo screening consisteva in un
test volto a misurare il valore incrementale che ogni nuovo prodotto potenziale avrebbe aggiunto
alla linea Yoplait esistente (misurazione della viability -> dimensione economica interna e
sostenibilità economica); successivamente misurano la desiderability in termini di attrattività nel
mercato (“il concept doveva essere nella top 50% vendite attese al dettaglio”).
Vengono effettuati altri focus group con l’obiettivo di vedere quale fosse l’elemento chiave del concetto e
la combinazione chiave di caratteristiche dello yogurt (morbidezza, cremosità, ricchezza di sapore, densità).
Custard style (densità) quale elemento chiave -> Yoplait sta cercando un riposizionamento per lo yogurt e
per questo punta sulla densità tipica del budino pur mantenendo altre caratteristiche dello yogurt
3) Sviluppo del prodotto/ prototipizzazione: si hanno più di 100 prototipi; i prototipi sono la
tangibilizzazione del concept non ancora però definitiva (il focus è solo sul product mentre
le componenti che quasi sicuramente in questa fase non si testano sono price, promotion e place). I
100 prototipi sono diversi mix di diversi livelli di grassi, diversi gusti (frutta e sapori), diversi colori,
diversa consistenza, diversa fermentazione. La conjoint analysis in questo caso è lo strumento
fondamentale per testare i prototipi: si prendono i diversi livelli per ogni variabile e ognuno di essi
viene testato in una card di prototipo. La prototipizzazione è svolta dalla funzione ricerca e sviluppo
dell’azienda.
4) Product test interno -> i soggetti coinvolti sono i membri del team che si sono incontrati ogni 15 giorni
per valutare i diversi prototipi e integrare i propri giudizi per lo sviluppo futuro del prodotto:
l’ipotesi è un numero di varianti per ogni incontro in funzione della variabile che si va a testare
(massimo 5). In questa fase non andrebbero informati i membri in merito a ciò che è contenuto
all’interno delle ciotole ma bisogna semplicemente chiedere un giudizio: chi sottopone i vasetti di
yogurt deve testare la bontà del prodotto stesso ossia la capacità di trasferire in concreto ciò che
sulla carta è stato ipotizzato -> test diagnostico del prodotto. In questa fase quindi vengono fatte
compilare mini survey cioè viene utilizzata una metodologia quantitativa attraverso una ricerca
field.
5) Product test con focus sul marketing mix: oltre agli ingredienti che sono stati testati in fase precedente,
in tale fase vengono testati naming, posizionamento, prezzo, comunicazione e il packaging. Per
quanto riguarda il naming bisognava scegliere se tenerlo o cambiarlo; vi era già un prodotto di
mercato con successo ma Yoplait era ancora poco ricordato dai consumatori; la decisione finale è
comunque di tenere lo stesso nome così da ottenere un duplice beneficio e lavorare su un
portafoglio di individui già clienti che avevano consumato e apprezzato il prodotto. A livello di
posizionamento si sceglie sulla base dell’occasione d’uso: dessert o snack? Il prezzo di conseguenza
deve essere invariato, aumentato o diminuito? Se fosse dessert avrebbe un prezzo più alto mentre
se fosse uno snack avrebbe un prezzo più basso -> alla fine si sceglie di non modificare il prezzo. Il
tema del packaging verte su sue ambiti: formato (formulazione normale VS vercon cup -> tipo
piramidale) e quantità (4 once VS 6 once -> 6 oz misura tipica che era già più piccola rispetto agli
yogurt medi di mercato). Hanno pensato di mantenere la stessa quantità o addirittura ridurla a
parità di prezzo (come se si alzasse il prezzo).
6) Product test esterno effettuato sul mercato. Si sottopongono 7 diversi prototipi allargati che includono
anche altre dimensioni di mktg : ingredienti (basso grasso VS alto grasso), posizionamento (dolce
VS spuntino) e packaging (4 oz VS 6 oz).
Si introduce il tema del controllo nel senso che serve che tutti stabilizzino il proprio benchmark di
valutazione rispetto ad un qualcosa che è sempre identico a se stesso (il termine di paragone è
l’original style di Yoplait). La variabile di controllo è fondamentale per condurre un esperimento di
mercato. Quando si fa product test sul mercato si passa da strumenti esplorativi a strumenti
sperimentali. Il product test esterno viene effettuato in-home ossia i vasetti vengono mandati ai
consumatori in modo random all’interno di un supermercato ma attraverso già una tendenza di like
del concept (solo sottoponendo il concept board e affermando che piacesse i consumatori
ottenevano il vasetto da testare). I vasetti dati a ciascun consumatore sono 2 e alla fragola: la scelta
di 2 deriva dalla voglia di includere più soggetti a provare il prodotto, se il prodotto piacesse
realmente e infine per capire meglio l’occasione d’uso (ne serve più di uno perché probabilmente il
packaging designava una determinata occasione d’uso mentre il sapore poteva riferirsi ad un’altra
occasione). Il range temporale per testare il prodotto è di 3 giorni: dalle ricerche prima raccolte si
era evinto che un consumatore mangia mediamente uno stesso snack o dessert almeno una/due
volte ogni tre giorni; la scelta solo del gusto fragola invece deriva dal fatto che sia il gusto più
apprezzato dagli individui. Dopo i tre giorni sono state effettuate interviste telefoniche in cui si
sono scoperte le due migliori versioni con maggiore potenziale di vendita: “adesso che lo hai
provato qual è la probabilità di acquistarlo”? Le due versioni sono date da dessert-alto contenuto di
grassi- vasetto tradizionale- 4 oz / snack-alto contenuto grassi – vasetto vercon- 6oz. Emerge che il
vasetto vercon è l’elemento differenziante tra le due offerte e infine scelgono quest’ultimo
concept.
PRODUCT TEST
Il product test è il test del prototipo in normali condizioni d’uso. Il prototipo rappresenta una versione
semplificata di quello che sarà il prodotto finale. Rispetto al concept test è più costoso; in alcuni casi,
soprattutto quelli legati alla sicurezza e alla salute, è obbligatorio effettuarlo. L’obbiettivo del product test è
capire l’effettiva realizzabilità e in particolare le reazioni percettive precedenti all’utilizzo (il ruolo del
packaging è importante perché riesce a posizionare il prodotto e se viene percepito rispetto a ciò che è
l’effettivo posizionamento prefissato, le esperienze di primo utilizzo, i principali benefici, risultati e
problemi associati al prodotto e infine l’intenzione di acquisto. Differisce dunque dal concept test che
invece riguarda l’apprezzamento o meno di una idea e che lascia ampio margine anche alle previsioni e alla
fantasia dei rispondenti. Il product test non è volto a verificare standard tecnologici e caratteristiche fisiche
quanto piuttosto a
Perché viene svolto?
Packaging: ha una duplice valenza: funzionale e attrattiva.
Ci sono vari elementi che ci aiutano a comprendere se il packaging abbia l’una o l’altra funzione.
- La dimensione funzionale fa riferimento a tutti quei packaging che ci permettono di usare ciò che in
esso è contenuto facilitando la maneggevolezza, ma anche di facilitare l’archiviazione dei prodotti
(stoccaggio,.. -> Coca Cola ha cambiato la bottiglia da tozza ad allungata perché tre lattine snelle
possono starci ma due tozze no cioè si tende di ottimizzare lo spazio sugli scaffali) e infine l’ultimo
aspetto della funzionalità é il green issue ossia l’orientamento a packaging riutilizzabili e riciclabili.
La bottiglia d’acqua é un esempio di packaging funzionale ossia la bottiglia è fatta in modo da
essere più ergonomica la bottiglia dell’acqua naturale ha un colore diverso da quella di acqua
frizzante; la frizzante ha una plastica più resistente per far fronte alla pressione delle bollicine.
Esistono molte innovazioni in ambito di packaging dei prodotti soprattutto in ambito horeca e B2C.
Tetrapak fa innovazione b2b trough c : vengono serviti i produttori di succhi ecc ma i packaging
vengono ideati sulla base dell’osservazione di come i consumatori utilizzano i loro packaging con
all’interno i prodotti (nei packaging di succo di frutta individuale si passa da forme più tozze e con
cannuccia a forme più snelle e richiudibili con tappo; negli anni hanno introdotto il packaging
aspective ossia in cui all’esterno vi è una sorta di pellicola che permette ai prodotti di conservarsi
bene al di fuori del frigorifero per vari giorni -> chi beneficia di tale innovazione sono le gdo oltre
che i consumatori finali); Galatine avevano una forma rotonda che a seguito di vari incidenti di
soffocamento hanno portato l’azienda a modificarla in quadrato; quest’ultima ha avuto ulteriori
problemi che hanno portato di nuovo a farla in maniera tonda. Il packaging funzionale infine deve
essere sicuro, cioè a prova di bambino. Cash ha fatto una campagna per le poss: esse venivano
scambiate dai bambini ai giochi cosi sono stati educati i genitori a metterle lontane dalla portata.
- La dimensione attrattiva invece riguarda una componente di significato e posizionamento legato al
design e all’estetica e gioca un ruolo fondamentale nella scelta di un prodotto. Molti dei packaging
attrattivi comunicano qualcosa in più al prodotto stesso e servono a catturare l’attenzione del
consumatore. Cleanex azienda di fazzoletti che sono spesso posizionati in camera o in bagno per
struccarsi sono stati riprodotti in un packaging a forma di frutto per avvicinarli al mondo della
cucina. L’attrattività del packaging consente di facilitare l’associazione del prodotto alla categoria.
Oggi si tende a trovare nuove opportunità per l’utilizzo del packaging: in un’era in cui i prodotti vengono
acquistati online e ricevuti direttamente a casa, che ruolo ha il packaging e verso cosa si dovrà propendere?
Beta test: prevede il coinvolgimento di un gruppo di consumatori esterni, scelto tra un panel predefinito,
secondo un approccio random o creato ad hoc per l’indagine.
Nel panel predefinito si ha il coinvolgimento di un gruppo di consumatori, predeterminato e bilanciato dal
punto di vista demografico, che rappresenta la popolazione nazionale e può essere arricchito con dati
secondari già raccolti per altre finalità. Nel panel creato ad hoc invece viene identificato un gruppo di
consumatori selezionato secondo criteri stabiliti dall’azienda stessa per il test; questo approccio viene
scelto quando il prodotto oggetto d’indagine include attributi fortemente tecnici. E’ conveniente scegliere
correttamente il campione di rispondenti per non incorrere nel sampling bias.
Alfa test: viene effettuato su un campione interno all’impresa costituito da membri del laboratorio R&S,
esperti di settore e/o dipendenti. Il product test viene svolto all’interno quando la finalità primaria della
prova è esclusivamente di verificare il livello tecnico, quando il prodotto è troppo innovativo per essere
valutato dal mercato e infine quando la minaccia di essere copiati dalla concorrenza è troppo elevata.
Nel caso di yoplait prima è il team interno a testare il prodotto e successivamente il mercato esterno. Nel
product test il team interno viene detto alpha (alpha test su un campione limitati fatto di esseri e
dipendenti) mentre quello esterno é detto beta (beta test costituito dal mercato e dunque più ampio).
Il product test è una tecnica sperimentale in cui un gruppo viene sottoposto alla prova di prodotti valutati
rispetto ad un gruppo di controllo: il test di yoplait è stato fatto in home (i consumatori hanno portato a
casa lo yogurt); un’alternativa potrebbe essere quella di chiedere al consumatore di provare i prodotti in
location ad hoc e centralizzata (es Barilla utilizza Villa rosa cioè una villa in cui raccoglie il sample di
riferimento su cui effettuare il test).
In ambito di osservazione non si raccolgono le informazioni per ritorno da parte dell’utente ma si guarda
cosa l’utente fa, come si comporta con il prodotto e lo si guida nella customizzazione del prodotto
Esistono delle linee guida che vincolano il consumatore ad utilizzare il prodotto in una data maniera; in tale
senso si raggiunge una sorta di ibridazione tra struttura centralizzata e tradizionale punto di utilizza.
Il Product test si avvicina molto alla tecnica dell’experimental design, ossia un insieme di tecniche
statistiche e sperimentali che ha come obiettivo la comprensione dell’effetto su una variabile dipendente e
misurabile di un certo numero di variabili indipendenti che la determinano.
Metodo à Per quanto riguarda il metodo, si tratta delle modalità di interazione tra colui che raccoglie i
risultati relativi al test (intervistatore) e colui che fornisce le risposte (intervistato).
Bisogna scegliere quale strumento utilizzare per raccogliere i feedback: qualitativo VS quantitativo e quindi
tra intervista e questionario.
La scelta del metodo influenza anche il modo in cui si disegna il test di per sé e il suo risultato.
Entrambi gli strumenti sono utilizzati al termine del periodo di prova del prodotto; può accadere che alcune
domande vengano formulate prima della prova al fine di raccogliere una valutazione pre-utilizzo in termini
di posizionamento percepito.
Situazione d’utilizzo e luogo: tale scelta è strettamente legata all’identificazione del luogo selezionato per
effettuare il test, che potrebbe essere o un punto reale di utilizzo del prodotto, cioè un luogo abituale in cui
consumarlo, oppure una location centralizzata, cioè costruita per la finalità del test stesso.
I test normali permettono al consumatore di utilizzare il prodotto in situazioni usuali e secondo la propria
routine. Il test istantaneo invece prevede che il prodotto sia provato in una situazione selezionata o ricreata
ad hoc per il test.
Controllo del comportamento del consumatore: la scelta della situazione e il luogo crea i presupposti per la
definizione del livello di controllo che l’intervistatore ha sul tester. Il controllo sul test può essere totale o
nullo (unsupervised), in cui viene lasciata ampia libertà d’azione al soggetto stesso.
Durata: si definiscono le tempistiche ossia quanto tempo far durare il test. Nel definire ciò, esiste una
correlazione con la quantità e il consumo medio di quella tipologia di prodotto, la complessità che serve per
capire e conoscere il prodotto (quanto più il prodotto è innovativo tanto più servirà tempo al
consumatore). Il tempo del test può essere dettato da scelte strategiche dell’azienda in termini di time to
market; in questo caso l’azienda fissa un tempo che non tiene conto troppo delle abitudini di consumo del
consumatore. A determinare la durata del test potrebbe influire anche la vita media del prodotto,
soprattutto nel caso di beni non durevoli.
Spiegazione: è relativa alla quantità e tipologia di informazioni che l'impresa decide di fornire al
consumatore con riferimento al prodotto e alle attività che il test prevede.
La scelta di non fornire alcuna spiegazione si adotta quando si intendono testare varianti di prodotti già
esistenti oppure quando oggetto di test sono prodotti nuovi per la domanda.
L'impresa potrebbe voler verificare attraverso il test non solo le caratteristiche del prodotto tangibili ma
anche relative alle variabili del marketing mix e in questo caso fornirebbe spiegazioni di tipo commerciale
simili a quelle presentate nel concept board, dove le caratteristiche chiave del prodotto vengono messe in
rilievo attraverso il packaging la comunicazione.
Nel definire la tipologia d’informazione da trasferire al consumatore, un’ulteriore decisione riguarda la
scelta tra svelare o meno l’identità del brand cioè scegliere tra blind test VS branded test (yoplait sceglie di
farlo branded perché tutti avevano ricevuto yoplait original come prodotto di controllo; chi riceveva lo
yogurt con la forma vercon avrebbe comunque identificato la marca yoplait. Il packaging vercon è sia
attrattivo ma anche funzionale perché data la nuova densità dello yogurt yoplait il nuovo packaging
garantisce maggiore stabilità).
Se da un lato l'inclusione del brand potrebbe agevolare le imprese nel favorire la comprensione del
prodotto da parte del consumatore, dall’altro la presenza del brand potrebbe portare i consumatori stessi a
orientare la propria analisi più sulle caratteristiche della marca che non sulle caratteristiche del prodotto
stesso.
Per riepilogare:
Batsell e Wind propongono tre ulteriori metodogologie di product test che prevedono una diversa
combinazione delle variabili in precedenza analizzate: monadic, comparative e sequential.
La differenza consiste nel scegliere quanti prototipi da far testare per volta;
- monadico: un solo prodotto alla volta; una volta testato il prodotto si valuta. Questa tecnica è
ritenuta il metodo migliore per eliminare il rischio di interazione tra i vari prototipi testati
contemporaneamente; focalizzandosi su un solo prodotto, il test fornisce informazioni accurate
obiettive circa le preferenze assolute dei consumatori. Una variante è il sequenziale monadico (o
comparativo sequenziale) in cui si hanno più prodotti ma non si provano contemporaneamente ma
secondo una sequenza prestabilita. Quest’ultima tipologia di test presenta il vantaggio di essere più
simile al modo in cui i consumatori comparano i prodotti nel mondo reale.
- Comparato: più prodotti alla volta. Il confronto può avvenire tra prototipo e prodotto esistente
oppure attraverso un versioning di prototipi, ossia tra due o più versioni di uno stesso prototipo.
Yoplait attua un test comparato in quanto il consumatore deve valutare rispetto ad un’altra
versione di yoplait original. Una variante è il comparato triangolare che si ha quando i prototipi
confrontati sono almeno tre. Il comparative test è più sensibile rispetto a quello monadico perché
permette di confrontare in maniera relativa e non assoluta; tuttavia è anche più artificiale dato che
nella vita quotidiana difficilmente uno stesso soggetto utilizza contemporaneamente due prodotti
simili.
Si deve fare in modo che il 50% dei rispondenti confronti A con B e il 50% B con A così da evitare bias legati
alla sequenza con cui sono presentati i prodotti.
MARKETING TEST
26/03/2021
Il Concept, Product e Marketing test sono definiti anche pretest perché permetto all’azienda di raccogliere
informazioni basate su semplici intenzioni. Per minimizzare il rischio è necessario integrare queste
informazioni con dati che raccontano il reale comportamento del consumatore verso la proposta
innovativa; per fare questo occorre che il prodotto sia introdotto sul mercato e sia fisicamente disponibile a
scaffale.
MARKET TEST
Viene svolto sul mercato e dunque su un campione molto più vasto prima della vera e propria
commercializzazione del prodotto (roll out); una volta testato il prodotto si testano anche le altre 3 P (test
di comunicazione, del prezzo e della distribuzione). Il vero obiettivo di questo test è misurare e stimare i
volumi di vendita e dunque il valore ricavabile dall’invenzione: stiamo implementando l’ipotesi strategica in
modo corretto? Serve inoltre a capire come guidare la produzione e entro quanto possono essere coperti i
costi (BEP). Più in generale consente di investigare non solo il comportamento del consumatore ma anche
la reazione della concorrenza e la rispondenza della distribuzione nei confronti dell’innovazione.
Esistono due tipi di market test e nella scelta dell’uno o dell’altro esiste un trade-off tra costo-rischio-
tempo. L’ottimale sarebbe poterli fare entrambi: tuttavia aumenterebbe sia il tempo che i costi anche se si
ridurrebbe il rischio.
Le due macro categorie che si hanno all’interno del mkt test sono:
• Mkt test simulato: questo a sua volta è suddiviso in math (modelli matematici) e lab based -> nel caso
del math test si costruiscono degli scenari agendo su una serie di ipotesi in merito al mktg mix; si
raccoglie un insieme di dati storici sulle performance che hanno avuto prodotti simili in passato e in
determinati mercati e si misura come al variare di una dimensione per volta variano le probabilità
di acquisto e dunque gli ipotetici volumi di vendita. Ad un certo punto si potrebbe dire: se
aumentassi il prezzo come muterebbero le vendite? Se modifico la pressione competitiva come
varia il risultato finale? Queste ultime sono esempi di ipotesi da validare.
Il lab based test, invece, è un test in ambiente controllato e ricostruito (il lab si era visto anche nel
product test svolto in un ambiente controllato). In questo test si dice questo è il tuo buono e lo
puoi spendere così da portare a casa i prodotti che scegli; prima di far entrare il consumatore nel
supermercato si sottopone ad un numero elevato di comunicazioni anche di concorrenti;
successivamente si fanno entrare i clienti all’interno del punto di vendita e successivamente si
osserva il comportamento all’interno del supermercato. Il test è simulato perché viene effettuato in
un ambiente controllato; si controlla se cambiando le posizioni e le disposizioni dei prodotti o
anche il prezzo si vede come reagiscono i consumatori. Se invece tale test fosse svolto in un
supermercato reale non si sarebbe potuta cambiare la disposizione o i prezzi perché non sarebbe
stato approvato dal category manager del supermercato
• Mkt test reale: questo a sua volta è suddiviso in due tipologie -> area/minimarket e regular; l’area test -
> si ha una diversa copertura a livello di area geografica ma anche di mercato dove è diverso il
numero e la tipologia dei clienti (clienti in questo caso sono i supermercati e i distributori); quando
si entra nella configurazione del test reale si possono fare compiere scelte con riferimento a due
aspetti: area geografica e retailer. Si può avere una copertura di retailer parziale, ratailer totale, di
area limitata oppure di area estesa totalitaria
Smallest: poche aree e pochi retailer; Full coverage: area geografica estesa e coinvolgimento di tutti
i retailer che nel piano di azione l’azienda avrebbe voluto considerare -> in questo caso si ha il
regular mentre negli altri tre casi si ha area test. Si prendono in considerazione tutti i retailer ma
poche zone geografiche; nell’altra situazione intermedia si ha un’elevata copertura geografica ma
pochi retailer. Gli elementi di criticità del quadrante in basso a sinistra riguardano i diversi
comportamenti che possono presentarsi in diverse zone (es East america VS west america). Nel
quadrante in alto a destra invece la criticità riguarda la copertura e la penetrazione (la quota di
mercato potrebbe dipendere dal fatto che vi sono certi livelli di copertura e penetrazione non
elevati).
• Reale area
In generale i test reali sono più costosi di quelli simulati; a sua volta entrando nelle distinzioni delle
categorie si ha che il più economico è il math test seguito dal lab test, dall’area test e dal regular test. I costi
che pesano nel reale e non nel simulato riguardano i maggiori tempi, costi di produzione e distribuzione e
soprattutto i costi di comunicazione che sono presenti sia nel simulato che nel reale ma in maniera diversa.
Nel reale la comunicazione non va solo creata ma anche lanciata e dunque se ne deve fare broadcasting;
l’azienda nel reale deve acquistare lo spazio pubblicitario, costo che non ha invece nel caso del lab. Nel caso
del lab si deve avere invece la comunicazione visiva pronta da mostrare in un ambiente controllato mentre
nel test reale oltre che la realizzazione della comunicazione si paga lo spazio all’interno del quale fare
display (se si fa test reale regular la comunicazione e il costo della comunicazione riguarda l’intero
mercato). Nel simulato si ha maggior flessibilità di cambiare combinazioni ecc.. Il test reale è più realistico
rispetto al test simulato in quanto quest’ultimo è una simulazione basata su dati di terzi; è una tipologia di
test che non posso fare per le innovazioni radicali in quanto non si dispone di dati storici oppure non si può
fare laddove vi è un elevato coinvolgimento dell’utente che non si potrebbe testare dal test. Per quanto
riguarda la concorrenza, nel simulato si ha maggiore controllo della concorrenza a livello di disclosure
(privaci -> la concorrenza non saprà mai che l’azienda sta effettuando il test e dunque la minor disclosure è
un vantaggio; al tempo stesso però non si tratta di una situazione reale perché non possono essere
ipotizzate le reazioni della concorrenza). Il vantaggio del test reale è che permette di misurare il trial
(volumi di vendita) ma anche il repeat del modello ATAR e in generale tutte le componenti (awareness,
trial, availability, repeat): se il prodotto piace ed è messo sullo scaffale, si considera anche l’acquisto
ulteriore e dunque il ritorno del consumatore. Al contrario nel simulato si può misurare l’awareness e la
viability. La carta fedeltà permette di capire se l’individuo ha già acquistato il prodotto e in che quantità lo
riacquista.
Un’azienda che compie test reali è FERRERO: compie i suoi test o a Villa Rosa oppure sull’isola d’elba , i cui
vi sono tanti turisti e dunque comportamenti diversi tra persone che vivono in aree diverse e dunque
strategicamente si rimuove il bias di provenienza)
DEFINIZIONE: Il market test è il test del prodotto quando questo è pronto per lanciarlo sul mercato: è il test
delle 4 P. Quando si effettua un regular test è come se fosse una sorta di lancio; entrando in tutti gli ambiti
distribuiti e in tutte le aree l’azienda simula la performance che otterrebbe se entrasse in tutto il mercato
secondo un approccio roll-out: l’azienda entra, in un certo periodo di tempo, all’interno di canali e mercati
geografici non one shot ma a poco a poco entra nelle regioni e in alcune distribuzioni e via via sulla base dei
risultati che raccoglie si espande sempre di più e cerca di ottimizzare quello che sarà poi il risultato finale
(l’azienda si introduce, apprende e si espande).
L’obiettivo del market test è misurare il modello ATAR: Il mktg plan è in grado di attrarre e l’attenzione dei
potenziali utilizzatori? (awareness); il prodotto risponde ai bisogni dei clienti? (trial); i canali distributivi
sono in grado di supportare l’azienda nella distribuzione del prodotto? (availability); i consumatori sono
soddisfatti? (repeat)
Area test e regular test vedono ulteriori articolazioni; l’area test a sua volta si articola in 3 tipologie: test
informale, direct e minimarket; il full test in test marketing e rollout; lo pseudo o simuleted test si articola
invece in simulated test marketing e modelli matematici.
Il roll-out è molto più vicino al lancio del prodotto mentre il math model presenta un minor rischio. Esiste
dunque un continuum che va dal rollout (più rischioso) al math models (low risk).
ATAR: La situazione ottimale è quello in cui si ha alto trial e alto repeat; uno scenario pessimo è quello che
vede basso trial e basso repeat -> il concept test e il product test non è stato letto correttamente. La
situazione intermedia è più difficile da interpretare. Se si ha basso repeat e alto trial significa che non si
mantiene la promessa fatta con il prodotto e dunque si può migliorare in generale nel posizionamento. Il
posizionamento è definito non solo dal cosa comunica l’azienda ma dalle aspettative (valore atteso)
rispetto al valore percepito che deriva dalla prova del prodotto e del prezzo. Nel caso in cui vi sia alto
repeat ma basso trial: il prodotto non crea abbastanza awareness (ciò è dovuto alla comunicazione; i
consumatori sanno che esiste il prodotto ma quando lo vedono questo non riesce ad invogliare il cliente
all’acquisto; ciò potrebbe essere dovuto anche al packaging). Un altro aspetto da tenere in considerazione
potrebbe essere che ci sia un problema di category management: non si ha la giusta visibilità all’interno del
punto di vendita nel senso che il prodotto c’è ma non riesce ad essere visibile. E’ più facile lavorare in una
situazione di basso trial e alto repeat se la situazione è determinata dal prodotto. Cambiare un
posizionamento di prodotto è più difficile poiché si dovrebbe riconsiderare in generale tutta l’innovazione.
CASO NUTELLA B-READY: Quando è stato lanciato sul mercato ha vissuto la situazione del basso trial e alto
repeat. Il problema nasce dal posizionamento dei Nutella b-ready come biscotti. Ferrero ha deciso di
vendere i Nutella B-ready nella categoria dei biscotti ma i consumatori li cercavano nella categoria degli
snack. I prodotti erano confezionati singolarmente e dunque si pensava fossero degli snack. Ferrero ha
dovuto rivedere non la distribuzione, anche per non cannibalizzare la vendita dei Tronky, quanto piuttosto
si sono focalizzati sulla comunicazione -> “nello scaffale biscotti, un nuovo croccante buongiorno!”
13/04/2021
THREADLESS
Threadless è una piattaforma e-commerce all’interno della quale ci sono due gruppi di utenti e designers. I
designer partecipano a dei contest che vengono attivati con una frequenza di 15 giorni e propongono
soluzioni di disegni da apporre alle magliette. I design vengono votati da altri utenti e quelli più votati
vengono stampati sulle magliette.
Threadless si trova al centro tra la domanda e l’offerta. L’offerta è composta dai designers che offrono la
loro creatività e gli utenti che votano: i voti esprimono una preferenza. Gli utenti offrono inoltre compensi
in denaro laddove decidano di acquistare. Threadless è l’intermediario che offre uno spazio all’interno del
quale domanda e offerta di conoscenza si incontrano e interagiscono per creare business. La conoscenza
viene acquisita dall’esterno, aggregata all’interno per poi ritrasferirla all’esterno.
Inizialmente thradeless vende solo online e successivamente apre qualche punto di vendita.
Rispetto al caso Yoplait e quali differenze e somiglianze ci sono tra innovazioni tradizionali e approccio
threadless? L’approccio Threadless è open innovation mentre quelle tradizionali sono forme di closed
innovation.
Si passa da un processo di closed a open innovation: si hanno organizzazioni dai confini permeabili. L’idea è
che le organizzazioni capiscono che la conoscenza per innovare non risiedere per forza all’interno dei
confini ma molto spesso all’esterno dell’organizzazione. Non è facile pensare che un’organizzazione abbia
un desiderio tale di conoscenza esterna da integrare all’interno. Da un lato si alleggerisce l’organizzazione e
dall’altro si ampliano i benefici legati a conoscenza esterna.
P&G ha sempre adottato un approccio di apertura all’innovazione e alla collaborazione: terze parti ed
esperti di varie industries hanno avuto l’occasione di esprimere le proprie idee innovative a P&G. Connect
& develop è la piattaforma all’interno della quale P&G ha fatto incontrare l’offerta e la domanda di bisogni
per identificare nuove soluzioni all’interno dei propri ambiti di applicazione. Esempi di prodotti che sono
stati sviluppati mediante connect & develop sono Bounce (acchiappacolore), Olay Regenerist, la cui
tecnologia antirughe è stata realizzata da una piccola azienda francese che l’ha venduta a P&G, oppure
pringles pix e così via.
InnoCentive: azienda farmaceutica che da la possibilità a portatori di conoscenza di presentare le proprie
soluzione e idee; dal farmaceutico ora si è arrivati anche all’ambito tecnologico. Se si risolvono le challenge
si possono vincere premi in denaro, assunzioni e così via.
Quando si ragiona in termini di processi che coinvolgono il crowd e quindi gli utenti esterni, le idee che
vengono generate dai soggetti hanno più alti livelli di novità e di possibilità di generare benefici. Quanto più
l’utente percepisce di divertirsi, maggiore è il valore che il cliente attribuisce e tanto più alta sarà la sua
disponibilità a pagare.
AFOL di Lego: ci sono utenti che hanno la volontà di essere parte attiva nell’identificazione di nuove
soluzioni di utilità per l’azienda e per gli altri utenti. Questo concetto è strettamente collegato a quello di
lead users.
I lead users sono coloro che creano soluzioni personalizzate e che all’interno di un modello di adozione ne
sono esterni. Sono coloro che per primi adottano l’innovazione ma in realtà si tratta di una fase ancora di
sviluppo dell’innovazione stessa. Il modello di Roger ci dice che quando si lancia un prodotto ci sono
soggetti che lo acquistano subito e soggetti che aspettano che l’innovazione si consolidi nel tempo prima di
acquistarla.
Al di fuori della curva di adozione, che prevede che il prodotto sia già lanciato sul mercato, ci sono i lead
users: sentono in anticipo l’esigenza che il mercato percepirà e iniziano a trovare soluzioni che proporranno
all’impresa da lanciare sul mercato. I lead adopters sono all’interno del modello di adozione ma all’esterno
di quello di adozione.
I consumatori sono stati inclusi da strategie di Mulino Bianco (con il mulino che vorrei), Starbucks, Mattel,…
14/04/2021
La filosofia del design thinking è quella dell’apprendimento. L’apprendimento necessita dell’errore, sua
materia prima; esso è essenziale.
L’apprendimento è un processo interattivo poiché ogni azione compiuta porta ad apprendere. Si agisce
ancor prima di aver compreso qualcosa perché è l’azione la fase oltre la quale si apprende.
Nella nostra attività tendiamo ad avere un approccio che non contempla l’errore. Si opera cercando di fare
le cose in maniera più appropriata possibile escludendo la possibilità di fare errori. I risultati di un approccio
del genere in contesti instabili sono devastanti. L’errore in condizione di incertezza è una cosa certa.
Di recente nel mondo del web sono nate nuove proposte nel mondo del web dette lean startup (Ries),
applicate al mondo delle startup poiché incerto per sua natura; altro filone è quello del growth hacking
(Ellis), ossia della crescita e della ricerca esasperata in condizioni di complessità.
Questi due approcci sono alla base di un nuovo modo di pensare -> experiment marketing, la
sperimentazione (tipica del lean startup) e la crescita (tipica del growth hacking) sono i nuovi principi su cui
lavorare e che ha l’errore come fondamento.
I tipi di apprendimento in tale modello sono:
- Competition-based: si basa sull’osservazione di ciò che fanno i concorrenti (in termini di errori e
non)
- Exploitive: si basa sulla raccolta di informazioni sul mercato, sui clienti e così via
- Explorative: si basa su un processo di trial e learn, cioè apprendimento da errore
Gli errori non hanno sempre benefici positivi; l’errore è negativo quando il costo dell’errore è superiore al
beneficio.
Quando l’errore comporta un danno grave, allora bisogna non farlo.
Gli errori hanno natura diversa tra loro:
- Mistake: risultato di un comportamento sbagliato in cui l’errore ha un costo troppo alto rispetto al
risultato di apprendimento. Errore che si subisce. Questi errori vanno assolutamente evitati
- Error: deviazione da una condizione attesa, distanza tra risultato atteso e quello effettivo. In questo
caso l’errore ha un costo basso. Non va evitato, anzi va ricercato. In ambienti complessi e incerti
non è mai possibile non avere errore. La distanza tra risultato atteso ed effettivo può avere segno
positivo o negativo (è un error sia un risultato di vendita inferiore a quello previsto, che nel caso di
un risultato superiore a quello previsto). Da qualunque deviazione, positiva o negativa, si apprende
e si formano schemi cognitivi nuovi.
Un pivot è una modifica degli elementi che non hanno mostrato una performance in linea con le attese. Da
ogni error nasce un cambiamento; altrimenti, se non c’è un cambiamento, l’error diventa mistake, cioè il
costo dell’errore diventa troppo alto. I marketing pivot sono il frutto di un apprendimento di 1 grado.
I grandi successi di mktg della storia nascono da apprendimento di 2 grado; quando si comincia
un’avventura imprenditoriale si va in una direzione con alta probabilità di non essere quella giusta.
TESTIMONIANZA HENKEL
Henkel is a big company with lot of brands e high revenues (20 billions €).
It operates in the industry of personal care, home care, adhesive, beauty care. More than 50.000
employees work in Henkel worldwide.
Future ready operating model means focusing on the future and on what change in the world. Even before
something occurs it’s necessary to find and look for opportunities in a changing environment.
How is Henkel organized? Who stands behind its success?
CEO, CFO, Human Resource Responsible, three members of three main business units (so head of home
and laundry, head of beauty care, head of adhesive technology).
Innovation means creating something that satisfies needs that consumers are not aware of yet.
Usually we think that innovation comes just from staying with people creative who have creative ideas;
however the process of innovation is way more structured. Companies try to do not collapse creativity and
wìthout of the box ideas; they combine them with a structured process.
At the very first steps, an innovative creation could also do not make any revenues; that’s what happened
to Amazon.
The consumer is always the main focus of the strategy; there are not strategy made just for the company
but everything is done for what a company wants to achieve in the market and for their customers.
Sustainability is not an easy topic; in German sustainability is more important than in Italy.
Innovation and sustainability are part of the competitive edge of Henkel strategy.
Henkel’s innovation process is structured.
At the beginning there are a lots of ideas -> marketing concept under a marketing perspective and R&S
perspective -> development -> implementation -> launch.
Sometimes an innovation process can lead to new communication and new ways to communicate or a new
product.
In consumer goods, it’s easier that a competitor comes with same idea. The process is faster and also the
time to market is important and quite short ; usually there are big relaunches and innovations every 2
years.
There is a social process but also organizations which work locally. Henkel focuses on sustainability and
green but also on safety and health.
Design thinking means that there are lots of functions which work together to find solutions for very
complex problems.
Scrum is that once you have an idea you decide what and if it is right or not. The team daily seats together
having a collaboration all together and also being fast in deciding what to continue. Depending on the
issue, design thinking combined with scrum is a good solution for innovation.
Lean start up is more focused on having an idea and testing, instead of waiting until the development of
the product is ready; the product is given to the customers in a controlled place, asking how do they like
the product and then working on modifying and developing it.
Together creating a cleaner world-> one of the purposes of this business unit is to innovate but in a green
way. They try to educate customers (gdo) and final consumers. The mission is to contribute to
sustainability. Henkel wants to do with customers (retails) and consumers. Educate the consumer starts
with retailers first.
Actually they offer both refill stations and persil bars because the consumers behaviour is not to that point
yet.
Large scale innovation means converting all the categories and business units into something new.
Persil green power is more towards northen countries and it’s a revolutionary packaging made with 85%
natural materials, and 50% recycled, and also the liquid inside is 90% sustainable.
Love nature is a new brand with strong purposes and colors: it wants to transfer the ideas that cleaning
doesn’t mean to be boring and to be a threat for the environment.
Marketing campaigns are made with young consumers, eco-conscious and using new medias rather than
traditional: more youtube and Instagram.
Even for love nature products it’s possible to refill the bottle (even if just in few supermarkets in Germany -
> it’s a learning by doing process).
La sostenibilità è il core della strategia sia per brand esistenti che per brand emergenti di Henkel.
Un’innovazione deve poi sposare nelle 4 p una messa nel mercato coerente.
19/04/2021
TESTIMONIANZA FERRERO
Aziende affiliate e acquisite: Findik (nocciole), Thorntons, Delacre, Fannie May e Ferrara (sugar e
caramelle), alcuni brand di nestle e kellogs; Kelsen e Fox’s (biscotti).
Ferrero nasce nel 1946 e nel tempo si è svilupapto un portfolio molto vario. Il mon cherie è la prima pralina
creata, poi nutella e poi la marca kinder,.. Negli ultimi anni i lanci di kinder cards, gelato e nutella biscuit
che hanno segnato l’ingresso nei rispettivi mondi.
A livello di business ciò si traduce in un business che a livello di marche core ha superato i 10 miliardi. Se si
considerano anche le amrche acquisite si arriva a 130 miliardi.
Ferrero è presente in 55 stati distribuiti su 5 continenti. La vision è di pensare globale e agire locale, cioè
ferrero è da sempre attenta all’essere internazionale ma al tempo stesso rispettare e aiutare il mondo
locale.
Values:
- Loyalty and trust
- Respect and responsability
- Integrity e moderation
- …………………….
A livello locale su alba si ha la fondazione ferrero che si occupa di dare supporto agli “anziani ferrero” e le
loro famiglie. Kinder Joy of moving è invece un'altra associazione che si occupa dei bambini e vengono
organizzati corsi e tornei.
Nutella nasce nel 1964 tuttavia vi sono tracce nel 1946 in cui michele ferrero decide di cambiare il proprio
prodotto a casa della mancanza di cacao provenente dall’america. Sostituisce il cacao con nocciole
aggiungendo poco cacao e più nocciole. Dal 1964 nasce la crema, poi il nutella b-ready,…
Kinder nasce come rassicurazione alla mamma per la presenza all’interno della barretta più latte che cacao.
Nace nel 1968 con la barretta e poi l’ovetto kinder; successivamente si amplia con la bakery, chilled, filled
biscuit e ……….
Altra categforia sono le praline: la missione delle praline ferrero è “we remind people what the most
important things are: enjoying life, true relationship and sharing meaningful……………
La prima praline è stata mon Cherie seguita da pocket coffee.
In ultimo si ha tic tac, la mentina conosciuta globalmente e che si è evoluta molto a partire dal primo lancio
nel 1969. Tic Tac è divenuto da nome di brand a nome di cosa.
Qual è la materia prima più importante ed utilizzata in ferrero? La nocciola rappresenta la USP e l’elemento
distintivo, ossia la materia prima di cui le Langhe sono super ricche.
Qual è il prodotto ferrero venduto nel maggior numero di paesi? Le tic tac
Soremartec è un’azienda nell’azienda che si occupa di ricerca di mercato e innovazione nelle categorie e
presidenze (nutella, premium chocolate, kinder, biscotti, pills e gums) aveva l’obiettivo di realizzare
innovazione in maniera globale.
Il product manager lavora in Soremartec; è colui che si occupa del progetto e deve riuscire a mettere
insieme figure diverse per riuscire a dar vita al progetto.
Da dove inzia il processo?
- Idea generation cioè gli input strategici che provengono dagli strategist (analisi strategiche
corporate di mercato) e da altre ricerche desk.
Bisogna combinare ciò che vuole in consumatore con ciò che vuole il reparto mktg, reparto finanza
e così via.
- Desk researches provengono sia dal retail panel (dati di vendite,..) che dall’household panel
(tradurre e capire ciò che sono i consumatori). Forniscono primi indicatori e linee guida per lo
sviluppo dell’idea.
Le ricerche di mercato nello sviluppo di un prodotto non dicono cosa l’azienda potrà fare poiché il
consumatore non sa ciò che vuole e dunque l’innovazione forte non può provenire dal consumatore stesso.
Egli può essere utile per dare input e poi è colui su cui vanno testate le idee che già l’azienda ha ideato.
Una volta creato un draft. Si ha una prima valutazione del mktg mix per poi chiudere con il volume forecast.
Chi sono i competitors? Si assaggia tutta la competion per comprendere cosa offrono gli altri
Il commitment preso sulla sustainability entro il 2025 è avere tutti i packaging totalmente riciclabili,
riutilizzabili o compostabili. Lo stesso packaging non può funzionare alla stessa maniera in tutte le aprti del
mondo; vi sono varie dinamiche che agiscono enl packaging.
All’interno di Ferrero c’è un’agenzia di comunicazione. Alle agenzie si chiede di costruire il prodotto a livello
di render e poi di costruire l’identity e dunque l’immagine guida, il pack e l’adv.
Dopo aver costruito e ideato un mktg mix c’è da rendere conto ai controller che sono. Presenti lungo tutta
la filiera e l’ideazione del nuovo prodotto. Poi ci si interfaccia con il mondo legale (brevetti, proprietà
intellettuali ecc..), con i nutrizionisti, con gli ideatori e i gestori della filiera produttiva.
STM è la validazione volumetrica dell’iniziativa dell’azienda, ossia una previsione die volumi di vendita per i
due anni successivi al lancio. Si fa sempre prima del lancio sul mercato.
Arriva il momento delle BU, ossia in cui l’idea deve essere approvata anche dalle business unit locali di
ciascun paese.
Primo lancio è stato fatto in francia con una prima fase di teasing di 4 giorni. Successivamente si è lanciata
una campagna digital e adv. Il secondo paese è statop l’Italia in cui inizialamente c’è stata una campagna di
lancio con obiettivi di awareness e consideration; la seconda fase invece ………..
Il lancio italia è stato accompagnato dagli stessi dipendenti che si sono recati nel punto vendita per
pubblicizzare il prodotto. Successivamente si è lanciata una strategia di guerrila mktg. Il nutella biscuit è
stato il lancio più di successo nel mercato del fast consumers moving goods in Italia.
Una marca in diversi paesi può avere un posizionamento diverso: in Italia ci si è focalizzati sul momento
della colazione.