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La Start-up Model Board

Simona Michelon1 - Caterina Stefanazzi2


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Istituto Statale di Istruzione Superiore Valceresio, Bisuschio
2 Istituto Professionale di Stato Pietro Verri, Busto Arsizio

simo0miche@gmail.com; catestefanazzi@hotmail. Istituto Professionale di


Stato Pietro Verri, Busto Arsizio com

Abstract. Nell’articolo si presenterà uno strumento inedito per comunicare qualunque progetto
di business attraverso le immagini: la Start-up Model Board, di cui si illustreranno la genesi, la
struttura e le finalità.
La board, il cui modello è stato realizzato utilizzando l’editor online gratuito Canva1, si
compone di otto immagini, che rappresentano altrettanti elementi focali di un progetto di
business: la storia (che include la mission di un’impresa), l’unicità, la team vision, il mercato di
riferimento, il pubblico, la formula e infine due indici economico/finanziari. Se ne richiede la
riproduzione sostituendo le icone con una selezione ragionata di fotografie.
È il risultato di un progetto nato in un’ottica di Design Thinking: al rilevamento di un disagio
(la difficoltà da parte degli studenti di esporre con chiarezza la loro idea di impresa) e alla
constatazione di una carenza (l’assenza di un dispositivo pedagogico e didattico risolutivo
rispetto al problema) sono seguite l’ideazione e la prototipazione di uno strumento innovativo ed
efficace. Il test ne ha rivelato le potenzialità e i possibili ambiti di utilizzo e di sviluppo anche al
di fuori della scuola, disvelandone l’adattabilità a contesti aziendali.

Keywords: Start-up Model Board, Didattica Inclusiva, Visual Thinking, Visual


Storytelling, Business, Start -up.

1 Introduzione
Il progetto nasce dall’intenzione, da parte di due docenti di ambiti disciplinari
diversi (Economia e Lettere), di integrare capacità analitiche e attitudini creative in
un’ottica di Design Thinking e di progettazione human-centred2 per realizzare uno
strumento didattico trasversale e multidisciplinare che conciliasse i principi
dell’economia aziendale con l’approccio creativo del visual storytelling.
Ne è nata la Start-up Model Board, una tavola innovativa che traduce un business
in immagini, agevolandone l’esposizione e la narrazione.
Nato negli anni ‘90 nell’azienda di consulenza IDEO e formalizzato nel 2008 dalla
Standford University (California, USA) e dall'Hasso Plattner Institut (Potsdam,
Germania), il Design Thinking è una metodologia di progettazione caratterizzata da un
approccio logico-creativo per la realizzazione di modelli innovativi.

1 http://www.canva.com.
2 Woolery E.: Design Thinking Handbook, www.designbetter.co/design-thinking.
2

Prevede cinque fasi di sviluppo (più l’implementazione finale): empatia, definizione,


ideazione, prototipazione e testing3.
Si cercherà di raccontare la Start-up Model Board attraverso le fasi della sua creazione,
perché si ritiene che il risultato finale non possa prescindere dal processo che lo ha
generato.

2 Le origini: la genesi della Start-up Model Board

1.1 L’empatia (osservazione e coinvolgimento)

Nelle classi quarte degli istituti sia tecnici sia professionali nei quali insegnano o hanno
insegnato le autrici, durante la somministrazione di unità didattiche relative
all’ideazione e alla promozione di start-up simulate, gli studenti hanno spesso
manifestato disagio di fronte alla richiesta di esporre con chiarezza e rapidità i contenuti
del loro progetto di business, nonostante l’utilizzo di strumenti di facilitazione come il
Business Model Canvas4.
Le nuove strategie di presentazione (si pensi agli elevator pitch5) richiedono infatti
un’esposizione rapida, chiara ed efficace: un modello di business tradizionale, per
quanto utile nella fase progettuale e di individuazione delle risorse, manca di
immediatezza e fa uso di un vocabolario e una grammatica dell’impresa che non
tengono conto di variabili ormai imprescindibili, come la mutevolezza dei contesti in
cui i business sono immersi, la molteplicità dei pubblici di riferimento, la necessità, per
una start-up, di essere fortemente proiettata nel futuro.
Agli studenti è stato chiesto di esplicitare le difficoltà riscontrate e le due autrici
hanno partecipato con interesse ed entusiasmo alla raccolta delle osservazioni.

1.2. La definizione del problema

Dall’analisi delle osservazioni è emersa la mancanza, e dunque l’esigenza di uno


strumento innovativo, agile e immediato per semplificare, senza banalizzarla, la
comunicazione di un progetto imprenditoriale.
In relazione al Business Model Canvas la strada intrapresa è stata quella
dell’abductive thinking, secondo cui nessuna nuova idea può essere prodotta usando
dati passati6: sono state immaginate nuove soluzioni per esplorare possibilità future non
ancora presenti nei modelli vigenti. L’intento non era infatti quello di confutare un

3 IDEO ha sviluppato una piattaforma per supportare insegnanti impegnati in diversi contesti
formativi nell’adozione di tale paradigma. La piattaforma è consultabile all’indirizzo:
https://designthinkingforeducators.com/.
4 Osterwalder, A.: The Business Model Ontology - A Proposition In A Design Science Approach.

PhD thesis University of Lausanne (2004).


Osterwalder, A., Pigneur, Y.: Business Model Generation: A Handbook for Visionaries, Game
Changers, and Challengers. John Wiley & Sons Inc (2010).
5 Maltagliati, V.: Elevator pitch. Manuale per start up. Nest Editore (2011).
6 Di abductive thinking tratta ampiamente Martin, R.: The Design of Business: Why Design

Thinking Is the Next Competitive Advantage. Harvard Business Press (2009).


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modello noto e consolidato ma quello di far nascere uno strumento diverso e


complementare, che non andasse a sostituire ma ad accompagnare l’esistente.

1.3 L’ideazione

Le due autrici, motivate dalle suggestioni e dalle necessità emerse nelle rispettive classi,
hanno quindi proceduto a numerose sessioni di brainstorming e di esplorazione di strade
perseguibili, tendendo come punto fermo un obiettivo: l’ideazione di uno strumento
didattico fortemente inclusivo.
Una didattica può dirsi davvero inclusiva quando non ricorre a formule semplificate
o differenziate ma usa linguaggi e grammatiche universali. E l’immagine, più della
parola, è linguaggio condiviso, accessibile a tutti, immediatamente decodificabile.
Si è pertanto progettato uno strumento visuale che consente agli studenti di
rappresentare il loro modello di business in modo veloce e facile: non un canvas,
quindi, ma una board, un vero e proprio percorso narrativo per immagini, che traduce
in fotografie gli elementi focali del progetto d’impresa.
La costruzione della board ha seguito due direzioni parallele: da un lato
l’identificazione e la denominazione degli elementi chiave del business model,
dall’altro la ricerca di un’iconografia coerente, accattivante e stimolante.
Nella fase di ideazione si sono inoltre immaginati i possibili utilizzi da parte di
imprenditori e startupper che avvertissero la necessità di comunicarsi con velocità,
immediatezza e creatività. Si è quindi prefigurata la possibilità di testare lo strumento
anche con gli enterpreneur per verificarne l’efficace e le potenzialità.

3 La prototipazione: la Start-up Model Board

La nuova board, denominata Start-up Model Board (da qui in avanti SMB), in quanto
modello adattabile a qualunque realtà imprenditoriale, sviluppa un percorso narrativo
per immagini finalizzato a raccontare l’impresa.
Risponde a esigenze diverse: è strumento di ispirazione per l’impresa, che si vede
stimolata a riflettere su di sé e a tradurre idee e concetti in immagini; è strumento di
comprensione e di fidelizzazione per l’utenza reale e potenziale; coadiuva nella
presentazione di un progetto di business perché suffraga l’esposizione con il valore
emotivo ed evocativo del linguaggio visivo.
La SMB (a p. 4 la versione stampata) è una griglia digitale di otto celle, ognuna
delle quali ha vita indipendente ma può essere letta all’interno di un percorso (da
sinistra a destra e dall’alto al basso) che, di fatto, esaurisce il racconto d’impresa. In
ogni cella si sceglierà di collocare una (e una sola) fotografia, che rappresenti la summa
o l’optimum di quanto richiesto. Di seguito si illustra il contenuto delle singole celle.

3.1 Story
Raccontare una start-up significa esplorare l'entusiasmo degli esordi, disegnare la
genesi di un'idea, inquadrare la mission in un percorso fatto di biografie, di comunione
di idee e di visioni, di progetti nati e abortiti, fino ad arrivare a un hic et nunc carico di
emotività.
4
5

Andrea Fontana, che del corporate storytelling è massimo esperto in Italia, definisce
il racconto d’impresa come la core-story da cui si diramano tutte le narrazioni 7. Gli
obiettivi ultimi sono la generazione di senso, la creazione di un’identità, la costruzione
di cultura e la diffusione di consapevolezza.
Una storia diventa narrabile quando suscita interesse, produce identificazione,
ripropone la vulnerabilità dei suoi protagonisti. Insomma, quando è finzione credibile.
Perché un racconto è sempre finzione ma esige verità 8.
Se siamo immersi in mercati conversazionali allora un’impresa non può limitarsi a
descriversi ma deve necessariamente raccontarsi. E se le parole descrivono, le immagini
narrano. Dato che fare storytelling significa comunicare attraverso racconti 9, allora fare
visual storytelling significa comunicare attraverso immagini narrative.
Nella SMB si chiede di sfogliare gli album della memoria alla ricerca della
fotografia che più di tutte è capace di raccontare la storia dell’impresa.

3.2 Oneness
Secondo Micheal Porter “un’impresa si differenzia dai suoi concorrenti quando
fornisce qualcosa di unico che abbia valore per i suoi acquirenti”10.
Ogni sistema aziendale è unico, l’intreccio dei suoi elementi costitutivi è sempre
qualcosa di inedito perché governato dallo spirito imprenditoriale proprio del pioniere.
L’idea, il progetto di business posseggono un potenziale che va valorizzato. L’unicità
è correlabile sempre a quel qualcosa che risulta naturale per l’imprenditore. È quella
competenza che l’imprenditore sa di possedere e che lo differenzia nel contenuto, nello
stile, nella comunicazione o nella loro combinazione.
Sempre secondo Porter “le imprese sono spesso differenti ma non differenziate,
perché perseguono forme di unicità che gli acquirenti non apprezzano”11. Affinché
dunque un prodotto sia differenziato occorre che sia in qualche modo unico, abbia cioè
caratteristiche reali o percepite come non riscontrabili negli altri prodotti presenti sul
mercato, e che tali caratteri abbiano un qualche valore per gli acquirenti, rappresentino
qualcosa per cui gli acquirenti siano disposti a pagare.
Per “oneness” si intende pertanto quella specifica competenza che non solo
differenzia una start-up ma che soprattutto possa essere di valore per user e follower.
Nella SMB l’icona dell’unicità vuole ispirarsi alla ‘mucca viola’ di Seth Godin 12,
metafora della straordinarietà, di ciò che emerge dal consueto: nella board, però, la
valenza di straordinarietà deve nascere dall’autoanalisi e non dal plauso dei consumer,
deve derivare dalla consapevolezza di sé e delle proprie attitudini imprenditoriali.

7 Fontana, A.: Storytelling d’impresa. La guida definitiva. Milano, Ulrico Hoepli Editore (2017)
8 Sullo sviluppo del pensiero narrativo e sulla ricerca di verità nella finzione si legga Smorti A.:
Il pensiero narrativo. Costruzione di storie e sviluppo della coscienza sociale, Giunti, Firenze
(1994).
9 Fontana, A., Ibidem, p. 2.
10 Porter, M.: Competitive advantage: creating and sustaining superior performance. Free Press,

New York (1985).


11 Cfr. nota 9.
12 Godin, S., Purple Cow. Transform Your Business by Being Remarkable, Penguin (2005).
6

3.3 Team Vision


La vision è il fine ultimo dell’impresa, la proiezione di uno scenario futuro sfidante ma
possibile: coinvolge le energie del team, è la ratio che determina l’agire. Una vision
chiara e ben comunicata, resa vitale dai fatti e rispecchiata nei programmi, è la chiave
dell’identificazione, dell’impegno e della collaborazione.
Si tratta, sempre, di una finalità assoluta nell’accezione etimologica del termine, e
pertanto “sciolta”, “slegata” dal contingente e dall’episodico: è il sogno, insomma. Ma
la rappresentazione, di quel sogno, è soggettiva e afferisce alla sfera dell’immaginario
individuale.
Uno dei fattori chiave per mantenere una direzione comune è l’ascolto di tutti i
membri del team: da tempo si parla infatti di “learning organization”13,
l'organizzazione vista come un soggetto che apprende, che sbaglia e impara dagli errori,
in una costante tendenza al miglioramento. Nella learning organization tutte le risorse
riflettono su ciò che fanno, sul perché e sul come lo fanno. L’ascolto e il confronto
diventano il motore della nuova cultura di impresa14, con una ridefinizione costante
delle molteplici rappresentazioni e interpretazioni individuali della vision comune.
Nella SMB la traduzione iconica della team vision deve far cogliere con
immediatezza sia il sogno sia lo spirito del gruppo di lavoro e l’estetica delle relazioni.
Un esempio esplicativo è la selezione di fotografie per la stampa operata da Zappos15,
in cui gli ambienti di lavoro riflettono le dinamiche relazionali e la coesione del gruppo.
E così la fotografia con la scarpa appoggiata su una scrivania strabordante diventa icona
della team vision.

3.4 Mkt (mercato)


Ogni volta che si pensa a un progetto o a un’idea di business significa che si intravede
una “crescita”, un’innovazione all’interno del mercato in cui si posiziona la formula
dell’impresa (cfr. paragrafo 2.6).
Ciò significa che il mercato di riferimento è potenzialmente in crescita. La Boston
Consulting Group16 propone nella sua matrice due possibilità in cui il un business si
possa utilmente collocare all’interno del suo mercato: come punto di domanda oppure
come stella. Sei un punto di domanda se il mercato in cui si posiziona la tua idea vede
protagoniste altre imprese con le relative formule17. Sei una stella se il mercato in cui

13 Stata, R.: Organisational learning. The key to management innovation. In: The Training and
Development Sourcebook, HRD Press (1994).
14 Tony Hsieh, CEO di Zappos e sostenitore dell’olacrazia d’impresa, nel suo Delivering

Happiness: A Path to Profits, Passion, and Purpose (Business Plus, 2010) scrive: “for
individuals, character is destiny. For organizations, culture is destiny”. Al di là delle coloriture
stilistiche il dibattito sulla ridefinizione e sulla co-costruzione della cultura aziendale è di
oggettiva attualità.
15 https://www.zappos.com/about/press-kit.
16 https://www.bcg.com/
17 Question mark, situazione in cui è presente un alto tasso di crescita del mercato e una bassa

quota di mercato.
7

si posiziona la tua idea ti vede già protagonista, con una posizione relativa
significativa18.

3.5 User e Follower


Nell’era dell’iperconnessione e dell’informazione globale le nuove realtà
imprenditoriali si confrontano con consumatori sempre più difficili da sorprendere e
ingaggiare: già nel 1980 Alvin Toffler coniava il termine prosumer19, una crasi dei
termini producer e consumer che indica un consumatore a sua volta produttore. Il
termine, che di recente è riemerso con la riscrittura del Cluetrain Manifesto e con gli
studi sul social commerce20, descrivere il protagonismo dei consumatori in un’epoca
che si lascia alle spalle la produzione seriale di massa e vede le aziende impegnate a
“conversare” con i consumatori21.
I connected consumer22 (in Italia il 73% della popolazione ha una connessione web,
il 57% è attiva sui social media e il 53% acquista online almeno una volta l’anno23)
costringono pertanto a profilazioni diverse dalla targetizzazione tradizionale.
Il modello di riferimento non è più B2B (Business to Business) o B2C (Business to
Consumer) ma H2H (Human to Human)24, a sottolineare la necessità, per l’impresa, di
identificare la complessità umana dei suoi molteplici pubblici, con il fine di
intercettarne i desideri e di comprenderne la mentalità. Nella comunicazione sparisce il
«voi» (generico e astratto) per lasciare il posto al «tu» (particolare e concreto).
Dalla mappatura della consumer journey si scoprono dati rilevanti: che cosa pensa,
che cosa fa e che cosa prova l’utente nelle fasi di scoperta, comparazione, acquisto, uso
e commento condiviso25. È quindi possibile identificare i profili sia dei potenziali
consumatori (user) sia dei potenziali follower, coloro cioè che sposano i valori, la
filosofia e la vision dell’impresa e ne seguono la comunicazione.
Non solo: in una modernità di “identità liquide” in cui il tempo ha preso il
sopravvento sullo spazio26, gli individui inseguono un «noi» inclusivo, cercano la
conferma di sé nella condivisione di valori, idee e contenuti. Creano community virtuali
identitarie e chiedono la co-creazione di contenuti ai brand di riferimento.
La nuova opportunità, per le aziende, è quella di utilizzare in modo virtuoso i
contributi provenienti dalla rete diffusa dei loro follower e user per implementare
inedite strategie di business.
Per la SMB occorrerà selezionare un’immagine che non descriva un target per età e
interessi, ma che racconti invece gli stati d’animo, le attitudini e i desideri che
accomunano i molteplici pubblici di riferimento.

18 Star, situazione in cui è presente un alto tasso di crescita del mercato e un’alta quota di mercato.
19 Toffler, A.: The Third Wave. William Morrow, New York (1980).
20 http://www.cluetrain.com
21 L’articolo 1 del Cluetrain Manifesto è adamantino: “I mercati sono conversazioni” (Ibidem).
22 Cardile, D., Mayer, G., Moder, P.: Trasformazione digitale. Strategie e strumenti per le PMI

del futuro. Egea (2017), p. 13.


23 Report Global Digital 2018, un’indagine condotta da We Are Social in collaborazione con

Hootsuite (http://bit.ly/2EoeP9f).
24 Kramer, B.: Human to Human: H2H. Waldorf Pub (2017).
25 Cardile, D., Mayer, G., Moder, P., ibidem, pp. 19-27.
26 Bauman, Z.: Intervista sull’identità. Editori Laterza, Roma-Bari (2003).
8

3.6 FORMULA: D + S + P + i

Per emergere l’impresa deve saper offrire una formula innovativa che si traduce in un
Digital Social Product (D + S + P) fortemente orientato all’innovazione e al
cambiamento (+ i).
Digital perché è inevitabile il confronto costante con la trasformazione culturale,
economica e sociale di cui il digitale è motore principe.
Social perché l'impresa è chiamata a seguire due linee di azione: una rivolta ai suoi
pubblici, l'altra ai suoi potenziali partner. Nel primo caso un prodotto è ‘social’ quando
risponde alla logica della cocostruzione e quando sa modificarsi in base all'analisi dei
dati che gli utenti forniscono online e offline 27. Nel secondo caso la creazione di
partnership stimolanti, magari insolite, può produrre nuove culture d'impresa e aprire a
scenari ancora inesplorati.
Stiamo assistendo infatti al passaggio da un'economia dei prodotti e dei servizi a
un'economia delle esperienze28, dalla standardizzazione alla personalizzazione, dal
possesso all'accesso29: l'offerta dev'essere continuamente riqualificata e l'attenzione va
concentrata su scenari e best practice anche lontani dal mercato di riferimento.
Oggi una start-up deve testare, prevedere possibili sviluppi futuri, ipotizzare
strategie paracadute, prevedere un acceleratore interno, pensare e agire in modo
creativo. Deve immaginare, intraprendere nuove strade, intuire buone soluzioni, ideare
esperienze di valore: il fattore "i", che chiude la formula, è la variabile che rende
imprenditore in atto chi lo era in potenza. È l'esperienza dell'innovazione intesa come
cambiamento, apertura al nuovo, ricerca.
Non esistono formule magiche: l'icona sulla SMB è una borsa con la domanda
"what's in the bag?", a sottolineare la specificità di ogni azienda e di ogni idea di
business, che deve trovare in sé, nella sua “borsa”, la chiave per continuare a crescere
in un futuro sempre più mutevole e veloce. E allora la fotografia da cercare per la SMB
è quella non ancora scattata: raffigurerà lo sguardo al futuro dell'impresa.

3.7 Gli indici economico-finanziari


ROI (Return On Investment). È il tasso di rendimento sul totale degli investimenti di
un’impresa. È uno degli indici di bilancio di più frequente utilizzo nell’analisi di
redditività aziendale. Si ottiene facendo il rapporto fra il risultato operativo e il totale
del capitale investito operativo netto. Il numeratore è il risultato della gestione

27 Interessante, pionieristico e lungimirante il progetto "Nel mulino che vorrei", una community
nata nel 2009 e ancora attiva. Un esempio di Social Product che da un lato consente la
fidelizzazione e dall'altro la raccolta di dati e insight per il marketing.
28 Nel libro L’economia delle esperienze (Rizzoli Etas, 2000), gli autori Pine e Gilmore

sostengono che la semplice produzione di beni e servizi non è più sufficiente: sono invece le
esperienze offerte al cliente a costituire il fondamento della creazione di valore.
Nel libro Marketing esperienziale (Franco Angeli, 2015) l’esperienza del cliente, intesa come
evento memorabile che lo impegni sul piano personale nell'atto stesso del consumo, è descritta
negli aspetti sensoriali, affettivi, cognitivi, comportamentali e relazionali.
29 Sull’economia dell’accesso si legga Rifkin, J.: L'era dell'accesso. La rivoluzione della new

economy. Mondadori (2000).


9

caratteristica, (escludendo proventi e oneri relativi alla gestione straordinaria); il


denominatore è la somma impiegata nei soli investimenti caratteristici dell’attività
d’impresa.
La rappresentazione in un grafico del suddetto indice messo in relazione al tempo
permette di visualizzare i ritorni attesi negli anni futuri, la loro tendenza in termini di
crescita/decrescita e consente quindi di darne idea immediata a chi consulta la SMB.

IAF (Indice di Autonomia Finanziaria). È l’indice che ci dice quale parte del capitale
investito necessario è finanziato da capitale dell’imprenditore o autoprodotto
dall’attività stessa (patrimonio netto/capitale investito).
La rappresentazione a piramide permette di evidenziare, come se fosse un iceberg,
quanta parte del capitale necessario rimane scoperta (la punta) e quindi l’intensità
dell’impegno finanziario che va chiesto ai terzi.

4 Il test

Mettere alla prova il prototipo è stato essenziale per verificarne la corrispondenza ai


bisogni degli utenti: si è deciso di testare la SMB non solo con un campione di studenti
ma anche con imprenditori e startupper.
La realizzazione della SMB è stata proposta come esercitazione agli studenti di un
istituto professionale (due classi quarte, indirizzo turistico). In totale 43 studenti, che
avevano già sviluppato un’idea di business simulato, hanno prima creato e poi
presentato la loro board.
Avendo partecipato alla fase di osservazione e di identificazione del problema, i
ragazzi hanno accolto con interesse e motivazione lo strumento che avevano contribuito
a far nascere.
A tutti è stato chiesto di far precedere l’individuazione delle immagini da una
riflessione profonda sulla genesi, le motivazioni e i punti di forza della loro start-up
simulata. Hanno utilizzato liberamente il brainstorming e l’approccio autobiografico
quali strumenti di analisi del caso.
La confidenza, in quanto nativi digitali30, con la ricerca online delle immagini e con
la decodificazione del linguaggio visivo ha consentito loro di trovare facilmente
fotografie evocative e coerenti.
I prodotti finali si sono rivelati di indubbio impatto e di grande valenza estetica.
Forti del valore estetico e simbolico della loro SMB hanno esposto con sicurezza e
confidenza la loro idea di business di fronte non solo ai compagni ma anche agli
studenti dell’altra classe coinvolta.
Una piacevole sorpresa è stata l’accoglienza del progetto da parte di alcuni
imprenditori che volontariamente hanno aderito alla proposta di utilizzare la board
come strumento per comunicare il loro business. Sono nate tavole di narrazione
dell’impresa che hanno stupito gli stessi realizzatori.
I 35 imprenditori coinvolti si sono detti tutti soddisfatti della realizzazione della
propria board perché, hanno riferito, sono stati stimolati a riflettere sulla propria attività
e sul proprio ruolo al suo interno, traducendo poi i pensieri in immagini.

30 Prensky, M.: La mente aumentata. Dai nativi digitali alla saggezza digitale. Erickson (2013)
10

5 Conclusioni

Il risultati ottenuti non solo sono incoraggianti ma aprono all’utilizzo della SMB in due
ambiti collimanti: quello della formazione e quello dell’impresa.
L’intento è duplice e sfidante. Si desidera esplorare nuove possibilità d’uso dello
strumento, per amplificarne la diffusione e per consentirne la fruizione da parte di
pubblici diversi. Si vuole inoltre diffondere e disseminare la SMB nei contesti scolastici
e aziendali perché diventi strumento condiviso nella costruzione e nell’interpretazione.
Si spera che la SMB disveli le sue potenzialità come modalità di supporto alla
narrazione d’impresa.

6 Bibliografia e sitografia

Bauman, Z.: Intervista sull’identità. Editori Laterza, Roma-Bari (2003).


Cardile, D., Mayer, G., Moder, P.: Trasformazione digitale. Strategie e strumenti per
le PMI del futuro. Egea (2017).
Fontana, A.: Storytelling d’impresa. La guida definitiva. Milano, Hoepli (2017).
Godin, S., Purple Cow, Penguin (2005).
Kramer, B.: Human to Human: H2H. Waldorf Pub (2017).
Maltagliati, V.: Elevator pitch. Manuale per start up. Nest Editore (2011).
Martin, R.: The Design of Business: Why Design Thinking Is the Next Competitive
Advantage. Harvard Business Press (2009).
Osterwalder, A., Pigneur, Y.: Business Model Generation: A Handbook for Visionaries,
Game Changers, and Challengers. John Wiley & Sons Inc (2010).
Osterwalder, A.: The Business Model Ontology - A Proposition In A Design Science
Approach. PhD thesis University of Lausanne (2004).
Porter, M.: Competitive advantage: creating and sustaining superior performance.
Free Press, New York (1985).
Prensky, M.: La mente aumentata. Dai nativi digitali alla saggezza digitale. Erickson
(2013).
Report Global Digital 2018, We Are Social con Hootsuite (http://bit.ly/2EoeP9f).
Rifkin, J.: L'era dell'accesso. La rivoluzione della new economy. Mondadori (2000).
Stata, R.: Organisational learning. The key to management innovation. In: The
Training and Development Sourcebook, HRD Press (1994).
Smorti A.: Il pensiero narrativo. Costruzione di storie e sviluppo della coscienza
sociale, Giunti, Firenze (1994).
Toffler, A.: The Third Wave. William Morrow, New York (1980).
Tony Hsieh, Delivering Happiness: A Path to Profits, Passion, and Purpose. Business
Plus (2010).
https://www.bcg.com/
https://www.canva.com/
http://www.cluetrain.com
http://www.designbetter.co/design-thinking
https://designthinkingforeducators.com/
https://www.zappos.com/about/press-kit

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