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Percorsi Giuffrè - Preliminare di vendita di cosa altrui - Traccia 16 di... http://www.percorsi.giuffre.it/psixsite/esercitazioni/pareri/Diritto civil...

Traccia del 16 dicembre 2008 (Parere civile n.


1)

TRACCIA

Tizio, in data 10 gennaio 2008, conclude un contratto preliminare di vendita a Caio - con previsione della stipula del contratto
definitivo in data 10 marzo 2009 - avente ad oggetto un terreno che Caio, ingenuamente, ritiene sia di proprietà di Tizio per aver
osservato quest'ultimo, da una dozzina di anni, esercitare di fatto su di esso, pacificamente, i diritti del proprietario. Nell'occasione
Caio corrisponde a Tizio la somma di denaro stabilita a titolo di acconto. Nel novembre 2008 Caio scopre che il diritto di proprietà
sull'immobile spetta a Sempronio, fratello di Tizio. Il terreno, in effetti, si trova tra due fondi, l'uno di proprietà di Tizio e l'altro di
proprietà di Sempronio, e quest'ultimo non aveva contrastato Tizio quando questi aveva allargato la sfera del possesso,
ricomprendendo in esso il terreno intermedio di Sempronio. Caio decide di agire prontamente in giudizio chiedendo, in via
principale, l'annullamento del contratto per vizio del consenso costituito da errore e, in via subordinata la risoluzione del contratto
stesso per inadempimento, e chiedendo, altresì la restituzione della somma versata ed il risarcimento del danno subito, avendo
egli rinunciato ad acquistare un altro terreno di valore equivalente, sito nella stesa zona, di proprietà di Mevio, che frattanto lo ha
venduto ad altri. Tizio si reca dal proprio avvocato. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga motivato parere, illustrando gli
istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.

GIURISPRUDENZA

q Cassazione civile, Sez. Un., 18 Maggio 2006, n. 11624: In tema di preliminare di vendita di cosa altrui, il
promittente venditore, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando
l'acquisto del promissario acquirente direttamente dall'effettivo proprietario. In tale ipotesi, il promissario acquirente, pur
avendo ignorato l'altruità del bene, non può agire per la risoluzione del contratto se, entro il termine stabilito per la
conclusione del definitivo, il promittente venditore gli abbia fatto acquistare la proprietà dal terzo.

SVOLGIMENTO
Nella fattispecie sottoposta alla nostra analisi intervengono in primis gli istituti del contratto preliminare e della vendita di cosa
altrui.
Esaminiamo previamente queste figure negoziali, partendo dal preliminare.
Il contratto preliminare è l’accordo in forza del quale le parti si obbligano alla stipulazione futura di un ulteriore contratto,
detto definitivo, il cui regolamento di interessi è già stato determinato, quanto meno negli elementi essenziali, dal preliminare
medesimo.
Pur essendo un modulo già diffuso nella prassi, ha ricevuto l'avallo legislativo solo con il codice civile del 1942. Nel quadro
normativo vigente non è, tuttavia, rinvenibile una disciplina compiuta ed organica della fattispecie in esame, essendosi il
legislatore limitato a regolare in modo frastagliato alcuni aspetti della stessa.
Il tema della natura giuridica del contratto preliminare, nel corso degli anni, è stato oggetto di varie elaborazioni dottrinali
e giurisprudenziali.
Secondo l' impostazione tradizionale (prevalente fino al 1985), il contratto preliminare è un negozio meramente
preparatorio, da cui deriva solo un obbligo di facere, ovverosia l' obbligo di prestare il consenso alla stipula del
contratto definitivo. È, quindi una mera promessa di consensi con la quale le parti si impegnano ad un mero facere, dato dalla
prestazione del consenso alla stipula del definitivo, e non ad un dare, concretantesi nel trasferimento della proprietà del bene
promesso in vendita.
Di conseguenza, il programma delle prestazioni finali permea la causa del definitivo ed è, viceversa, totalmente estraneo alla
causa del preliminare.
Nel 1985 una storica pronuncia delle Sezioni Unite (25 febbraio 1985, n. 1720) ha inaugurato un nuovo orientamento sul
tema della natura giuridica del preliminare, facendolo assurgere da promessa di consensi a promessa di prestazioni;
ossia da promessa avente ad oggetto il mero facere dato dalla stipula del definitivo a promessa avente come oggetto finale un
dare dato dal trasferimento della proprietà. Non più, dunque, mero pactum de contrahendo ma anche, per non dire
principalmente, pactum de dando.
Occorre, infine, dar conto seppur sinteticamente di un minoritario orientamento dottrinale il quale giunge ad identificare il
preliminare di vendita con una vera e propria vendita obbligatoria definitiva, con cui, da un lato il promissario acquirente si
obbliga definitivamente al pagamento del prezzo, e dall'altro, il promittente venditore si vincola in modo definitivo a trasferire
la proprietà del bene oggetto del contratto. La produzione dell' effetto traslativo sarebbe, invece differita al compimento da
parte del promittente venditore di un successivo atto meramente solutorio (secondo alcuni avente natura di negozio con causa
esterna, secondo altri di atto giuridico in senso stretto). Tale tesi eleva il preliminare a contratto definitivo ad efficacia reale
differita e degrada il definitivo ad atto meramente adempitivo dell’obbligo assunto con la stipulazione a monte, e quindi privo di
una causa propria.
Evidenziati i tratti precipui del preliminare occorre richiamare le norme dettate in tema di vendita di cosa altrui, avendo Tizio
ceduto un terreno a lui non appartenente.
Orbene l’art.1479 c.c. stabilisce che “Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto se, quando l'ha concluso, ignorava
che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà”. In caso di
risoluzione il venditore è tenuto a restituire il prezzo pagato, anche se la cosa restituita è diminuita di valore o deteriorata, a
rimborsare le spese per il contratto, nonché le spese necessarie e utili per la cosa, oltre a quelle voluttuarie in caso di malafede.
Tale disposizione consente, quindi, al compratore di liberarsi immediatamente del contratto, senza necessità di provare la colpa
della controparte, potendo contare su un sistema di rimborsi e restituzioni particolarmente favorevole.

1 di 2 12/12/2014 18:25
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Sorge, pertanto, il problema di stabilire se anche il promissario acquirente, venuto a conoscenza del fatto che il promittente
venditore non è l’attuale proprietario del bene che si è impegnato ad alienare, possa avvalersi di questo regime senza dover
attendere di constatare il difetto di legittimazione del promittente venditore al momento della stipula del definitivo che, secondo
l’orientamento prevalente, in dottrina e giurisprudenza, costituisce l’atto produttivo dell’effetto traslativo.
Un orientamento minoritario, muovendo dall' assunto che la promessa di vendita reca con sé l' impegno a trasferire il bene
oggetto del contratto, sostiene che la circostanza che il bene appartenga ad altri costituisce di per sé inadempimento,
legittimando il promissario acquirente ad esperire l' azione di risoluzione ex art. 1479 c.c. In realtà, nonostante l' esattezza
della premessa, appaiono prive di fondamento le conclusioni che da essa i sostenitori di tale tesi vorrebbero far derivare, ispirati
dalla ragione equitativa di sottoporre a disciplina diversa, situazioni ontologicamente differenti, ovverosia quella del promissario
acquirente consapevole dell' altruità del bene e quella in cui lo stesso sia, invece, del tutto ignaro del difetto di legittimazione
del promittente alienante.
Un' altra impostazione, che ha ricevuto l'avallo delle Sezioni Unite (18 Maggio 2006, n. 11624), esclude, invece,
l'esperibilità dell' azione di risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del definitivo ai sensi dell' art.
1479 c.c., anche laddove il promissario acquirente ignori l' altruità del bene.
Essa trova fondamento sulla constatazione della differente natura del contratto preliminare rispetto alla vendita
definitiva.
Infatti, l' acquirente che stipula una vendita ignorando l' altruità del bene, non accetta in modo consapevole un programma
negoziale che contempla un differimento della produzione degli effetti reali, ma, al contrario, confida, ragionevolmente nell'
efficacia immediatamente traslativa del consenso.
E', dunque, evidente che alla previsione contenuta nell' art. 1479 c.c. non è sottesa una ratio di tutela della buona fede,
estensibile come tale al promissario acquirente; essa piuttosto riconosce al compratore la facoltà di risolvere il contratto, subito
dopo la scoperta dell' altruità, per il semplice fatto che il presupposto dell' azione di risoluzione, e cioè l' inadempimento dell'
alienante, all' atto della compravendita può dirsi, già, verificato. Il difetto di legittimazione, infatti, impedisce l' immediata
produzione dell' effetto reale, determinando una frustrazione del programma negoziale, che giustifica la risoluzione illico et
immediate del contratto.
Viceversa, colui che, in veste di promissario acquirente, stipula un preliminare di vendita rinuncia a priori ad un acquisto
immediato del bene oggetto del contratto. Ed è tale considerazione che induce la Suprema Corte ad affermare che "consentire
l'immediata esperibilità dell' azione di risoluzione, si risolve in una difesa avanzata del promissario acquirente in nome della tutela
del principio della buona fede fine a sé stessa, dal momento che, stante l' efficacia meramente obbligatoria del preliminare, l'
adempimento del promittente venditore non potrebbe realizzarsi che al momento della stipula del contratto definitivo".
E' opportuno osservare che vi sono, comunque, altri strumenti di tutela azionabili da parte del promissario acquirente, ignaro
dell' altruità del bene al momento della stipula del preliminare. Innanzitutto, la condotta del venditore che, nel corso delle
trattative finalizzate alla conclusione del preliminare di vendita, si sia reso conto dell’errore della controparte sulla propria
considerazione di proprietario dell’immobile oggetto del contratto che giustificherebbe l’esperibilità dell’azione di annullamento
ex artt.1427 c.c. e 1429 n.3) c.c.. Sul punto la Suprema Corte nella pronuncia a Sezioni Unite del 2006 ha opinato come la
qualità di proprietario non sia essenziale e determinante del consenso, essendo indifferente per Caio l’identità del titolare del
terreno.
Alla luce delle considerazioni svolte si deve escludere qualsiasi margine di operatività di azioni finalizzate a risolvere, ex
art.1479 c.c., il contratto preliminare, in quanto ancora non sono trascorsi i termini per la stipula del definitivo e il venditore
potrebbe sempre acquistare altrimenti la proprietà del bene, o ad annullare il contratto non ritenendosi essenziale l’errore sulla
qualifica del venditore Tizio. Tali soluzioni, ovviamente, comportano l’impossibilità di promuovere un’azione di restituzione e di
risarcimento del danno.

(di Danilo Dimatteo)

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La sentenza è ampiamente esaminata nella Giurisprudenza civile 2007 di Roberto Giovagnoli. Vi è dedicato l'intero capitolo
XVI della Parte III: “Preliminare di vendita di cosa altrui: la parola alle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. n. 11624 del 18
maggio 2006)”. Vedi pdf allegato.

Un parere costruito sulla stessa tematica e con l’utilizzo della stessa sentenza risolutiva, dal titolo “Vendita di cosa altrui.
Contratto preliminare di vendita” è contenuto nella raccolta Pareri di diritto civile, ed. 2006 di Maria Rosaria San Giorgio
(traccia n. 27). Vedi pdf allegato.

Un caso analogo è presente nei Casi scelti di diritto civile di Roberto Giovagnoli. Si tratta del caso n. 17: "Le garanzie del
promittente venditore nel contratto preliminare di vendita di cosa altrui".

La sentenza è presente sul Codice civile annotato Caringella-Della Valle-Della Valle ed. 2008, in calce agli artt. 1351 (paragrafo
11) e 2932 (paragrafo 3).

2 di 2 12/12/2014 18:25

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