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Mark Twain Mark Twain

Mark Twain
Il principe e il povero Il principe e il povero
Una delle avventure più divertenti Una delle avventure più divertenti
della letteratura per ragazzi della letteratura per ragazzi

Londra, XVI secolo. Edward e Tom sono nati lo stesso giorno e si

Il principe e il povero
somigliano in maniera incredibile. Uno è il principe d’Inghilterra,
Mark Twain costretto a studiare quattro lingue e a rispettare dall’alba al tramonto Una delle avventure
la noiosa etichetta di corte. L’altro vive di elemosine e di espedienti in
Nacque nel 1835 in una piccola uno dei quartieri più malfamati della città, tra un padre manesco, una più divertenti
nonna violenta e una mamma troppo remissiva.
cittadina del Missouri.
Cosa accade quando i due ragazzini si incontrano e decidono di
della letteratura
Nella vita fece molti lavori:
cercatore d’oro, pilota scambiarsi i ruoli? Semplice: inizia una delle avventure più note e più per ragazzi
movimentate tra quelle scritte da Mark Twain, che inseguendo Edward
di battelli, giornalista e poi
e Tom ci porta a spasso per le strade di Londra, ci trascina dalla stanza
scrittore. I suoi romanzi del re a una boscaglia frequentata da banditi, dalla sala delle udienze del
più famosi, “Le avventure palazzo di Westminster a una buia prigione.
di Tom Sawyer” (pubblicato Alla fine della corsa, i due protagonisti saranno un po’ più grandi Completano la lettura:
in questa collana), “Il principe e più forti. Avranno imparato che tanto un re quanto un povero
e il povero”, “Le avventure appartengono all’imperfetta e affascinante categoria del genere umano.
Approfondimenti finali
di Huckleberry Finn”  ascicolo di comprensione
F
e “Un americano alla corte di A corredo del testo, un apparato finale di approfondimento delle del testo
Re Artù”, gli diedero successo e tematiche, un fascicolo di comprensione del testo, una proposta
ricchezza. operativa di schede interattive sul sito www.raffaellodigitale.it Schede interattive su
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Online: approfondimenti e schede didattiche


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GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A.


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(D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).


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Il
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente
Redazione: Emanuele Ramini
Impaginazione: Giacomo Santo
Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

Ia Edizione 2014

Ristampa
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È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di


­questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
Mark Twain

Il principe e il povero

Adattamento di
Elena Frontaloni
Capitolo
1
La nascita del principe
e del povero

Verso la metà del sedicesimo secolo, in un giorno d’au-


tunno, nacque nell’antica Londra, dalla povera famiglia Can-
ty, un bambino che nessuno voleva: Tom.
Nello stesso giorno, nella ricca famiglia inglese dei Tudor,
veniva al mondo un altro bambino: Edward. Questo bam-
bino era stato desiderato non solo dalla sua famiglia, ma
dall’Inghilterra intera che lo aveva atteso da molto tempo, e
aveva pregato Dio per la sua nascita. Ora che era arrivato, il
popolo inglese era letteralmente impazzito di gioia. La gente
si abbracciava, si baciava e festeggiava insieme, ballando e
cantando.
Di giorno, Londra era un vero spettacolo con bandiere che
sventolavano dai balconi e dai tetti delle case e splendidi cor-
tei che sfilavano per le strade; di notte, si ballava attorno a
enormi falò.
In tutta l’Inghilterra, insomma, non si parlava che del neo-
nato Edward Tudor, principe del Galles, che dormiva tran-
quillo, avvolto in tessuti di seta e raso, ignaro del fatto che
tutti i nobili della nazione lo assistessero e vegliassero su di
lui.
Nessuno parlava invece dell’altro neonato, Tom Canty, av-
volto nei suoi miseri stracci, a parte la sua povera famiglia,
turbata dalla nascita del piccolo.

5
Capitolo
2
L’infanzia di Tom

Passarono alcuni anni.


Le strade di Londra erano tortuose e sporche, soprattutto
nel quartiere in cui abitava Tom Canty, non lontano dal Lon-
don Bridge. Le case erano di legno con il secondo piano che
sporgeva sul primo e il terzo molto arretrato sul secondo, e
più alte erano e più si restringevano. Erano verniciate di ros-
so, blu o nero, a seconda del gusto del proprietario. Le fine-
stre erano piccole, con vetri sfaccettati a forma di diamanti,
e si aprivano verso l’esterno, proprio come le porte.
La casa in cui viveva il piccolo Tom si trovava in una sudi-
cia piazzetta chiamata Offal Court. Era piccola, squallida e
fatiscente, ma gremita di un gran numero di famiglie povere
e sventurate. I Canty occupavano una stanza al terzo piano.
Il padre e la madre dormivano in una specie di lettiera in un
angolo, mentre Tom, sua nonna e le sue due sorelle Bet e
Nan avevano solo il pavimento a loro disposizione. Durante
il giorno, le coperte e la paglia venivano ammassate in un
angolo e la sera ognuno prendeva dal mucchio ciò che più
preferiva per dormirci sopra.
Bet e Nan avevano quindici anni ed erano gemelle. Erano
sporche e vestite di stracci, profondamente ignoranti, ma dal
cuore d’oro.
La madre era come loro, mentre il padre e la nonna erano
due demoni. Ogni occasione era buona per ubriacarsi e poi
azzuffarsi tra di loro o prendersela con chiunque si trovasse
nei paraggi.

6
L’infanzia di Tom

John Canty era un ladro di professione e sua madre una


mendicante.
Fra quei poveracci c’era anche un vecchio prete dall’animo
buono che in segreto radunava i ragazzi attorno a sé per in-
segnar loro a camminare sulla buona strada. Padre Andrew,
così si chiamava, aveva insegnato a Tom a leggere e a scri-
vere, oltre a un po’ di latino, e avrebbe fatto lo stesso con le
sorelle, se queste non si fossero rifiutate per paura di essere
derise dagli amici.
Tutta Offal Court era un alveare, proprio come la casa
dei Canty. Ubriachezza, baccano e risse erano all’ordine del
giorno. Nonostante ciò il piccolo Tom non era infelice. Si-
curamente non era una vita facile la sua, ma lui non se ne
rendeva conto. Quando la sera tornava a casa a mani vuo-
te sapeva che il padre imprecando l’avrebbe picchiato e che
quella strega di sua nonna avrebbe fatto lo stesso. Ma sapeva
anche che a notte fonda sua madre, a sua volta affamata, gli
avrebbe portato furtivamente un tozzo di pane secco messo
da parte, a cui lei stessa aveva rinunciato, pur sapendo che il
marito, se l’avesse scoperta, l’avrebbe riempita di botte.
In fin dei conti la vita di Tom non era poi così male, spe-
cialmente in estate. Mendicava il minimo indispensabile per
risparmiarsi la razione serale di botte, in quanto la legge con-
tro l’accattonaggio era molto rigorosa e le pene severe. Così
trascorreva buona parte della giornata ad ascoltare vecchie
fiabe e affascinanti leggende su giganti, fate, gnomi, geni, ca-
stelli incantati e splendidi re e principesse, che il buon Padre
Andrew gli raccontava. Aveva la testa piena di queste imma-
gini meravigliose e spesso la notte, nel buio del suo misero
e fetido giaciglio di paglia, stanco, affamato e indolenzito
per le botte ricevute, dava libero sfogo all’immaginazione di-
menticandosi del dolore e delle pene e sognando di essere un
principe vezzeggiato e coccolato nel suo palazzo reale.

7
Capitolo 2

Pian piano un desiderio cominciò a ossessionarlo giorno


e notte: poter vedere con i propri occhi un principe in carne
ed ossa.
I personaggi dei suoi sogni erano così belli che iniziò a
lamentarsi dei suoi abiti logori e sudici e a desiderare di es-
sere pulito e ben vestito. Non per questo smise di giocare nel
fango divertendosi come aveva sempre fatto, ma scoprì che
poteva anche lavarsi e togliersi di dosso la sporcizia.
Quelle letture e quei sogni finirono lentamente per cam-
biarlo. Così iniziò quasi senza accorgersene a comportarsi da
principe. Il suo modo di parlare e i suoi atteggiamenti diven-
nero cerimoniosi e raffinati e provocarono ammirazione e di-
vertimento tra i suoi amici. La sua influenza su di loro crebbe
tanto, giorno dopo giorno, che finì per essere considerato un
essere superiore. Sembrava sapesse tutto! Faceva e diceva cose
meravigliose e inoltre era così saggio e profondo! Tutto ciò che
Tom diceva e faceva, veniva riferito dai ragazzi ai loro genitori
così che pure questi iniziarono a considerare Tom Canty una
creatura straordinaria, dotata di rari talenti. In poco tempo il
ragazzo divenne un eroe per tutti quelli che lo conoscevano,
eccetto per la sua famiglia, che non vedeva proprio niente di
straordinario in lui.
Un po’ alla volta, di nascosto, Tom riuscì a organizzare
una vera e propria corte reale. Lui era il principe e i suoi
migliori amici le guardie, i ciambellani, gli scudieri, le dame
di corte e l’intera famiglia reale. Ogni giorno il finto principe
veniva accolto con i solenni cerimoniali che Tom aveva ap-
preso dalle sue letture romanzesche. E ancora Sua Altezza
emanava decreti ai suoi fantastici eserciti, alle sue flotte e ai
suoi viceré.
Dopo di che Tom rientrava nei suoi stracci, elemosinava
qualche spicciolo, mangiava la sua crosta di pane, subiva la
sua dose quotidiana di ceffoni e infine si sdraiava su quella

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L’infanzia di Tom

poca paglia sudicia che era il suo giaciglio e ricominciava a


sognare le sue immaginarie prodezze.
Quel suo desiderio di vedere prima o poi un vero principe
cresceva sempre di più, giorno dopo giorno, settimana dopo
settimana, fino ad assorbire ogni altra aspirazione e a diven-
tare l’unica passione della sua vita.
Un giorno di gennaio, durante il suo solito giro di accat-
tonaggio, avvilito, si mise a vagabondare, a piedi scalzi e in-
tirizzito dal freddo, osservando tutte le vetrine di leccornie e
desiderando ardentemente di poter assaggiare una delle tan-
te ghiottonerie esposte.
Tornò a casa che era già buio. Era così bagnato, stanco e
affamato che perfino il padre e la nonna ne ebbero compas-
sione, tanto che gli diedero solo una sberla prima di spedirlo
a dormire.
Per molte ore il dolore, la fame, il chiasso e le impreca-
zioni provenienti dalla casa lo tennero sveglio, ma poi, come
spesso accadeva, sognò di essere lui stesso un principe. Si
muoveva tra nobili signori e gentili dame, e rispondeva agli
omaggi della folla scintillante che si faceva da parte al suo
passaggio.
Quando la mattina dopo si svegliò, si rese conto che il so-
gno, ancora una volta, aveva messo ancora più in evidenza
lo squallore della sua misera esistenza. E così, sopraffatto
dall’amarezza e con il cuore a pezzi, scoppiò in lacrime.

9
Capitolo
3
L’incontro di Tom
con il principe

Tom si alzò affamato e uscì a stomaco vuoto, ma con


la mente ancora immersa nei meravigliosi sogni della notte
precedente. Gironzolò per la città senza neanche far caso a
dove andava.
La gente lo urtava e alcuni lo insultavano, ma egli era trop-
po assorto nei suoi pensieri per accorgersene. Di lì a poco si
ritrovò in un luogo molto lontano dove non era mai arrivato.
Si fermò un attimo, poi continuò a camminare e oltrepassò
le mura della città.
Giunse in una via dove sorgevano case e grandi palazzi,
residenza di nobili, dotati di immensi terreni che si estende-
vano fino al fiume.
Continuò a camminare fino ad arrivare a un palazzo rega-
le e maestoso: Westminster.
Restò a bocca aperta di fronte a quell’immenso edificio
con torri e bastioni imponenti, un enorme ingresso in pietra,
il cancello a sbarre dorate e una schiera di giganteschi leoni
in granito e altre figure e simboli della sovranità inglese.
Stava forse per avverarsi il suo grande sogno? Forse quello
era il momento giusto per sperare di vedere un vero principe
in carne ed ossa.
Ad entrambi i lati del cancello dorato c’erano due gigan-
tesche sentinelle vestite con un’armatura d’acciaio. Dagli
altri cancelli che si aprivano accanto all’entrata principale,
entravano e uscivano magnifiche carrozze che, guidate da
cocchieri, trasportavano gentiluomini.

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L’incontro di Tom con il principe

Il povero piccolo Tom, avvolto nei suoi miseri stracci, si


avvicinò e vide, attraverso le sbarre dorate, una scena che lo
fece quasi urlare di gioia. All’interno del cortile, a pochi passi
da lui, c’era un bel ragazzo che indossava un abito di seta e
raso ornato di gioielli luccicanti. Legati al fianco aveva una
piccola spada e un pugnale incastonati con pietre preziose,
calzava morbidi stivali dai tacchi rossi e in testa portava un
elegante copricapo, anch’esso di colore rosso, ornato di piu-
me fissate al cappello da una grossa gemma scintillante. Era
circondato da uno stuolo di uomini eleganti, di sicuro la ser-
vitù. Oh, quello era un principe, un principe vero, senz’om-
bra di dubbio!
Il respiro di Tom divenne affannoso per l’emozione e gli
occhi si sgranarono per lo stupore e la meraviglia. Il suo uni-
co desiderio era di avvicinarsi al principe e di poterlo ammi-
rare per bene. Senza rendersene conto infilò la testa tra le
sbarre ma immediatamente una delle guardie lo afferrò con
forza e lo scaraventò tra la folla di contadini e di curiosi che
si trovavano poco più in là, urlandogli:
– Vattene, sporco moccioso!
La folla iniziò a ridere e a schernirlo, ma il giovane princi-
pe si precipitò verso il cancello e con il viso rosso di collera e
gli occhi pieni di rabbia gridò:
– Come osi trattare in questo modo un povero ragazzo?
Come osi umiliare un suddito di mio padre, il re? Apri il can-
cello e fallo entrare!
A quel punto la folla lanciò in aria i cappelli urlando:
– Viva il principe di Galles!
Le guardie presentarono le armi con le alabarde, aprirono
il cancello e fecero entrare il piccolo Tom.
Edward Tudor disse:
– Hai l’aria stanca e affamata e sei stato maltrattato. Vieni
con me.

11
Capitolo 3

Edward condusse Tom in un ricco appartamento del pa-


lazzo e ordinò tanto di quel cibo che Tom credeva esistes-
se solo nelle favole. Il principe poi, con grande delicatezza,
mandò via la servitù per non far sentire a disagio il suo umile
ospite, si sedette accanto a lui e gli rivolse la parola.
– Come ti chiami?
– Tom Canty, per servirla, signore.
– Che nome originale. E dove abiti?
– In città, signore. A Offal Court.
– Hai i genitori?
– Sì, li ho, signore. Ho anche una nonna a cui non voglio
molto bene, Dio mi perdoni per quello che sto dicendo, e an-
che due sorelle gemelle, Nan e Bet.
– Mi sembra di capire che tua nonna non è molto buona
con te, vero?
– Non solo con me, ma con nessun altro, signore. Ha un
cuore perfido ed è sempre stata cattiva.
– Ti maltratta?
– Sempre, tranne quando dorme o quando è troppo ubria-
ca per farlo. Ma quando è di nuovo sobria recupera e me ne
dà di santa ragione.
Gli occhi del principe si riempirono di sdegno e gridò:
– Che cosa? Ti picchia?
– Proprio così, signore.
– Picchiare un ragazzo così piccolo e fragile! Ascoltami
bene: prima che faccia notte tua nonna sarà rinchiusa nella
torre. Mio padre, il re...
– Veramente, signore, lei dimentica le origini umili della
nonna. La torre è solamente per le persone di alto rango.
– È vero, non ci avevo pensato. Troverò un’altra punizione.
E tuo padre è gentile con te?
– Non più della nonna, signore.
– A quanto pare, tutti i padri sono uguali. Neanche il mio

12
L’incontro di Tom con il principe

ha un carattere tenero. Mi punisce severamente e mi rimpro-


vera. E tua madre come ti tratta?
– Lei è buona, signore. E Nan e Bet sono come lei.
– Quanti anni hanno?
– Quindici, signore.
– Lady Elizabeth, mia sorella, ne ha quattordici, e Lady
Jane Grey, mia cugina, ha la mia stessa età ed è anche molto
dolce e carina; l’altra sorella, Lady Mary, invece, ha sempre
l’aria triste. Dimmi, come si comportano le tue sorelle con la
servitù?
– Le mie sorelle con… Oh, signore, davvero lei crede che
abbiano una servitù?
Per un attimo il piccolo principe osservò con sguardo se-
rio il povero ragazzo, poi disse:
– E perché no? Chi le aiuta a svestirsi la sera? E chi le aiuta
a rivestirsi al mattino?
– Nessuno, signore. E poi perché dovrebbero togliersi il
vestito e dormire nude come gli animali?
– Come! Hanno un solo vestito?
– Cosa se ne farebbero con più di uno? Hanno solo un
corpo.
– Scusami, non avevo intenzione di prenderti in giro. Nan
e Bet avranno presto dei nuovi vestiti e una servitù. Ma...
sento che ti esprimi con grazia: hai studiato?
– No, signore. Il buon padre Andrew mi ha fatto imparare
qualcosa dai suoi libri.
– Conosci il latino?
– A malapena, signore.
– Studialo, ragazzo. Solo all’inizio è difficile. Ma dimmi un
po’ del tuo quartiere. Ti trovi bene lì?
– In realtà sì, signore, eccetto quando ho fame. C’è il tea-
trino delle marionette e ci sono le scimmie! E poi ci sono le
rappresentazioni dove gli attori gridano e combattono: sono

13
Capitolo 3

belle da vedere e costano solo un quarto di penny... Anche se


è così difficile avere un quarto di penny, mio signore.
– Continua a raccontare.
– Noi ragazzi di Offal Court a volte facciamo a lotta con i
bastoni, come quelli che si esercitano a combattere.
– Davvero? Questo sì che piacerebbe anche a me. Conti-
nua.
– Poi facciamo anche le gare di corsa per vedere chi di noi
è più veloce.
– Mi piacerebbe anche questo. Vai avanti.
– In estate, signore, nuotiamo nei canali e nel fiume e ci
spruzziamo a vicenda. Poi ci tuffiamo, gridiamo e facciamo
le capriole e...
– Darei il regno di mio padre per farlo almeno una volta
anch’io. Ti prego, continua.
– Balliamo, cantiamo e giochiamo nella sabbia seppellen-
doci a vicenda… Oh, che bello che è! Non c’è niente di me-
glio al mondo che rotolarsi nel fango, se posso permettermi,
signore.
– Basta, ti prego, è meraviglioso! Se potessi almeno una
volta vestirmi con i tuoi stracci, andare scalzo e divertirmi
nel fango senza che nessuno me lo impedisse, rinuncerei an-
che alla corona!
– E se io potessi vestirmi almeno una volta come siete ve-
stito voi, mio signore, una volta soltanto...
– Davvero ti piacerebbe? E allora facciamolo. Togliti i tuoi
stracci e indossa i miei splendidi abiti, ragazzo! Sarà una
felicità breve, ma non per questo meno piacevole. Ci diverti-
remo finché potremo e poi ci scambieremo di nuovo i vestiti.
Dopo qualche istante il piccolo Edward indossava i miseri
stracci di Tom, mentre questi si pavoneggiava delle sgargian-
ti vesti regali. Poi si misero l’uno a fianco dell’altro davanti a
un enorme specchio ed ecco che accadde il miracolo.

14
L’incontro di Tom con il principe

Il piccolo principe, sbalordito, disse:


– Che te ne pare?
– Oh Signore, la mia condizione non mi permette di dare
un giudizio.
– E allora parlerò io. Tu hai i miei stessi capelli, i miei stes-
si occhi, la mia stessa voce, i miei stessi modi, la mia stessa
altezza e i miei stessi lineamenti. Se fossimo nudi nessuno
saprebbe riconoscere chi dei due è il vero Principe di Galles.
E ora che io indosso i tuoi stracci credo di poter provare
quello che hai provato tu quando quel bruto di una guardia...
Ehi guarda, hai un livido sulla mano!
– Sì, ma non è niente.
– È stata una cosa orrenda e crudele, invece! – urlò Edward
battendo il piede nudo sul pavimento. – Ci penso io. Non
muoverti finché non sarò di ritorno!
In un attimo uscì correndo dalla porta e attraversò le sale
del palazzo nei suoi stracci svolazzanti, con il viso rosso e gli
occhi scintillanti. Appena raggiunse l’enorme cancello prin-
cipale afferrò le sbarre e scuotendole furiosamente urlò:
– Aprite! Spalancate i cancelli!
La guardia che aveva maltrattato Tom obbedì immedia-
tamente e quando il principe oltrepassò il cancello con gli
occhi pieni di collera, il soldato gli mollò sull’orecchio una
sberla così violenta da farlo rotolare a terra. E gli disse:
– E questo, straccione che non sei altro, è per il rimprove-
ro che mi sono beccato da Sua Altezza per colpa tua!
La folla scoppiò a ridere divertita. Il principe si alzò dal
fango e precipitandosi verso la guardia gridò:
– Io sono il Principe di Galles! La mia persona è sacra e tu
sarai impiccato per avermi trattato così.
Il soldato alzò l’alabarda e disse con fare beffardo:
– I miei omaggi a Vostra Altezza!
Poi aggiunse con rabbia:

15
Capitolo 3

– Sparisci, sacco di immondizia!


La folla si avvicinò e con risa e schiamazzi fece allontana-
re il piccolo Edward gridando con tono canzonatorio:
– Fate largo a Sua Altezza Reale! Largo al Principe di Gal-
les!

16
Capitolo
4
Cominciano i guai
per il principe

Dopo essere stato perseguitato e deriso per ore dalla fol-


la, il piccolo Edward fu finalmente lasciato in pace e abban-
donato a se stesso. Cominciò a camminare senza meta fin-
ché giunse in una piazza con qualche casa sparsa qua e là
e un’enorme chiesa. Ovunque c’erano delle impalcature con
dei muratori che eseguivano importanti lavori di restauro e a
quella vista il principe si riprese d’animo, convinto che i suoi
guai fossero finiti.
“Ma questa è l’antica chiesa dei Grey Friars, che mio padre
ha tolto ai monaci per trasformarla in una casa d’accoglienza
per i bambini poveri” pensò tra sé. “Saranno sicuramente di-
sposti ad aiutare il figlio del loro benefattore, soprattutto ora
che questo figlio è povero e abbandonato”.
Mentre pensava così, fu travolto da un gruppo di ragazzi
che correvano, saltavano, giocavano a palla e alla cavallina
e facevano un chiasso infernale. Vestivano tutti allo stesso
modo, con un berretto nero e piatto. Al collo avevano una
specie di colletto clericale e indossavano un grembiule blu
a maniche lunghe, stretto in vita da una cintura rossa che
arrivava fino alle ginocchia, calze gialle e scarpe basse con
grosse fibbie di metallo.
I ragazzi smisero di giocare e si avvicinarono al principe
che con naturale dignità disse:
– Ragazzi, avvertite il vostro direttore che il Principe di
Galles desidera parlargli.
A quelle parole si alzarono urla e schiamazzi.

17
Capitolo 4

– Accidenti! E tu, straccione, saresti l’ambasciatore di Sua


Maestà? – disse uno dei più sfacciati.
Il principe diventò paonazzo dalla rabbia e si portò imme-
diatamente la mano al fianco, ma senza trovare quello che
cercava. Ci fu uno scoppio di risa e un altro ragazzo esclamò:
– Avete visto? Credeva di avere una spada come se il prin-
cipe fosse proprio lui.
Le risate aumentarono. Il povero Edward alzò la testa con
fare altezzoso e ribadì:
– Io sono il principe ed è vergognoso che proprio voi che
vivete della generosità di mio padre, il re, mi trattiate così.
A queste parole l’ilarità generale si fece ancora più intensa
e il ragazzo che aveva parlato per primo disse ai suoi com-
pagni:
– Ehi voi, schiavi che vivete per merito del padre del prin-
cipe, che fine ha fatto la vostra buona educazione? Inginoc-
chiatevi tutti e abbiate rispetto del suo regale portamento e
dei suoi regali stracci!
Allora tutti i ragazzi s’inginocchiarono rumorosamente e
resero omaggio in modo canzonatorio alla loro vittima.
Il principe scansò con un calcio il ragazzo più vicino e
disse furibondo:
– Intanto prendi questo, e domani farò costruire una forca
per te!
Il gioco sembrava finito e le risate cessarono di colpo. Ma
una dozzina di quei ragazzi urlò:
– Acchiappiamolo! All’abbeveratoio, all’abbeveratoio!
Dove sono i cani?
E l’erede al trono fu gettato nelle grinfie di cani rabbiosi.
Al calar della notte il principe si ritrovò con il corpo co-
perto di lividi, le mani insanguinate e i suoi stracci sporchi
di fango.
Camminò senza meta, sempre più frastornato e stanco.

18
Cominciano i guai per il principe

Dentro di sé continuava a ripetere: “Offal Court, così si chia-


ma. Se riesco ad arrivarci prima che le forze mi abbando-
nano sono salvo. I genitori del ragazzo mi riporteranno a
palazzo e proveranno finalmente che non sono uno di loro,
ma il principe in persona”.
Ogni tanto la mente tornava al trattamento che aveva
subìto da quei poveri ragazzi.
“Quando sarò re, non solo dovranno avere del cibo e un
alloggio, ma anche un’educazione e un’istruzione. Serve a
ben poco avere la pancia piena quando la mente e il cuore
sono a digiuno”.
Pian piano si accesero i primi lampioni e iniziò a piovere.
Il vento si alzò e la notte divenne tempestosa. L’erede al tro-
no d’Inghilterra si inoltrava sempre più negli squallidi vicoli
dove regnavano povertà, miseria e sofferenza.
Improvvisamente un tipo ubriaco lo afferrò per il colletto
urlandogli:
– Sei ancora in giro a quest’ora della notte e scommetto
che non hai portato neanche un soldo a casa! Se è così e se
stavolta non ti spezzo tutte le ossa, non mi chiamo più John
Canty!
Il principe si liberò dalla stretta e automaticamente si pulì
la spalla contaminata da quel contatto. Poi disse speranzoso:
– Allora voi siete suo padre? Spero proprio di sì, così io
tornerò al mio posto!
– Suo padre? Non so di cosa parli, ma so di certo che sono
tuo padre e te ne accorgerai presto...
– Oh, non scherzate! Sono sfinito e ferito. Portatemi da
mio padre, il re, e lui vi renderà più ricco di quanto imma-
ginate. Salvatemi vi prego! Io sono davvero il Principe di
Galles!
L’uomo, stupefatto, guardò il ragazzo, poi scuotendo la te-
sta brontolò:

19
Capitolo 4

– Sei completamente impazzito!


Poi lo afferrò nuovamente per il colletto e tra una risata e
un’imprecazione aggiunse:
– Pazzo o non pazzo, io e tua nonna ti rimetteremo sulla
buona strada... te lo garantisco!
E trascinando a forza il principe che cercava di divincolar-
si, scomparve in un cortile buio.

20
Capitolo
5
Tom a corte

Tom, rimasto solo nel salotto del principe, approfittò su-


bito di quella occasione. Si ammirò in tutte le pose davanti
al grande specchio e si mise a camminare imitando l’elegan-
te portamento del principe, continuando a contemplarsi allo
specchio per vedere il risultato ottenuto. Poi sguainò la spa-
da e si inchinò a baciarne la lama appoggiandola sul petto.
Giocherellò infine con il pugnale incastonato di gemme che
aveva alla cintura, esaminò meravigliato i preziosi mobili
della stanza, si sedette su tutte le sfarzose poltrone e pensò a
come sarebbe stato bello se la gentaglia di Offal Court avesse
potuto sbirciare lì dentro e ammirarlo in tutto il suo splen-
dore.
Dopo circa mezz’ora Tom si rese improvvisamente conto
che il principe mancava ormai da molto tempo e cominciò
a sentirsi solo. Pian piano il senso di solitudine si trasformò
in paura e disagio. Cosa sarebbe successo se fosse entrato
qualcuno e l’avesse sorpreso lì, con indosso quei vestiti? La
sua paura crebbe sempre di più. Tremando socchiuse la por-
ta che dava sull’anticamera per andare a cercare il principe.
E subito sei elegantissimi gentiluomini e due giovani paggi
vestiti sfarzosamente si alzarono in piedi e si inchinarono
davanti a lui. Tom richiuse la porta.
“Si stanno prendendo gioco di me” pensò.
Si mise a camminare avanti e indietro nella stanza, sussul-
tando ad ogni minimo rumore. Ad un tratto la porta si aprì e
un paggio tutto vestito in seta annunciò:

21
Capitolo 5

– Lady Jane Grey!


Entrò una graziosa ragazzina riccamente vestita. Si fermò
di colpo esclamando con voce angosciata:
– Oh, mio signore, cosa c’è che non va?
Tom si sentì mancare il fiato, e riuscì solo a mormorare:
– Ti prego, abbi pietà di me! Non sono un signore, ma solo
il povero Tom Canty di Offal Court, qui a Londra. Ti suppli-
co, portami dal principe, e lui mi ridarà i miei stracci e mi
lascerà andar via sano e salvo.
La ragazza era come impietrita.
– Oh mio signore, tu in ginocchio davanti a me? – gridò. E
scappò via quasi avesse visto un fantasma.
Tom era in preda alla disperazione.
– Non ho più speranze. Ora verranno e mi porteranno via.
Intanto l’orribile notizia si spargeva per tutto il palazzo,
passando di servo in servo, di cortigiano in cortigiano, di pia-
no in piano e di salone in salone.
– Il principe è impazzito! Il principe è impazzito!
Ben presto in ogni sala si adunarono gruppi di gentiluo-
mini e di dame che bisbigliavano tra di loro e in ogni volto
si leggeva sgomento e stupore. Poco dopo un ufficiale in alta
uniforme proclamò solennemente:
– In nome del re! Che nessuno diffonda questa falsa dice-
ria, pena la morte!
Il vociare cessò all’istante e si sentì un bisbiglìo generale
lungo i corridoi.
– Il principe! Sta arrivando il principe!
Il povero Tom avanzava lentamente tra due ali di corti-
giani che si prostravano ai suoi piedi. Ad un tratto si ritrovò
in un grandioso appartamento del palazzo. Davanti a sé, a
pochi passi di distanza, era sdraiato su un divano un uomo
grasso e robusto, con la faccia grossa e l’espressione auste-
ra. La grossa testa era coperta di capelli grigi e le basette gli

22
Tom a corte

coprivano tutto il viso a mo’ di cornice. Indossava un abito


di stoffa preziosa, ma vecchio e logoro in alcuni punti e ave-
va una gamba gonfia e fasciata che teneva appoggiata su un
cuscino. La stanza era avvolta nel silenzio e ognuno aveva il
capo reclinato verso il basso in segno di rispetto. Quell’uomo
invalido e dall’espressione austera era il temuto Enrico VIII.
Quando iniziò a parlare, i tratti del suo viso si fecero più
dolci.
– Che succede, Edward, principe mio? Come ti è venuto in
mente di prenderti gioco di me, del tuo buon re e padre, che
ti ama e ti rispetta, con questo brutto scherzo?
Alle parole “il tuo buon re”, il povero Tom impallidì e cad-
de in ginocchio come colpito da una fucilata. Poi, alzando le
braccia al cielo, esclamò:
– Voi siete il re? Allora sono rovinato!
Quelle parole meravigliarono il re. Il suo sguardo si posò
su tutti i presenti fino a fermarsi sul ragazzo inginocchiato ai
suoi piedi, poi disse con tono di profonda delusione:
– Ahimé! Credevo che le dicerie non corrispondessero alla
realtà, ma temo che dovrò ricredermi.
Tirò un profondo sospiro, poi proseguì affettuoso:
– Vieni da tuo padre, figlio mio. Tu non stai bene.
Tom, umile e tremante, si avvicinò a Sua Maestà. Il re pre-
se tra le mani quel volto spaventato e strinse al petto la testa
riccioluta del ragazzo accarezzandola con tenerezza.
– Non riconosci più tuo padre, bambino mio? Non spez-
zare il mio vecchio cuore: dimmi che mi riconosci. È così,
vero?
– Sì, voi siete il mio signore, il re!
– Ecco, così va bene. Su, non tremare, nessuno vuol farti
del male, ti vogliono tutti bene qui. Va meglio ora? Il brutto
sogno è passato, non è così? Non crederai più di essere un’al-
tra persona come hai fatto poco fa, vero?

23
Capitolo 5

– Mio signore, credetemi, ho detto la verità. Sono l’ultimo


dei vostri servi, un povero mendicante, ed è solo per caso che
ora mi trovo qui. Però non ho fatto nulla di male e non voglio
morire. Voi potete salvarmi, basta una sola parola.
– Morire? Non parlare così, dolce principe. Ora calmati.
Certo che non morirai!
Tom cadde in ginocchio.
– Che Dio ricompensi la vostra misericordia, mio re, e vi
conceda di regnare a lungo su questa nazione!
Poi si rialzò e con viso raggiante si rivolse ai gentiluomini
presenti:
– Avete sentito? Non morirò, l’ha detto il re!
I gentiluomini chinarono il capo in segno di profondo ri-
spetto, ma senza fiatare. Tom si rivolse timidamente al re:
– Posso andare ora?
– Certo, se lo desideri. Dove vorresti andare?
Tom abbassò lo guardo e umilmente rispose:
– Vorrei tornare nel tugurio dove sono nato e da dove sono
venuto. Lì ci sono mia madre e le mie sorelle ad aspettarmi
ed è casa mia. Io non sono abituato a tutto questo lusso e a
questo splendore. Vi prego, mio signore, lasciatemi andare!
Il re per un po’ rimase assorto nei suoi pensieri. Poi, con
un filo di speranza, disse:
– Forse la sua pazzia riguarda solo questa storia e per il re-
sto le sue facoltà mentali funzionano normalmente. Sia fatta
la volontà di Dio e facciamo una prova.
Così fece a Tom una domanda in latino e il ragazzo rispose
a stento nella stessa lingua. Il re e i gentiluomini dimostraro-
no la loro soddisfazione. Poi il re disse:
– La risposta non è stata all’altezza dei suoi apprendimen-
ti e delle sue capacità, ma ha dimostrato che la mente, pur
essendo confusa, non è irrimediabilmente danneggiata. Che
ne pensate, dottore?

24
Tom a corte

Il medico interpellato si chinò e rispose:


– Maestà, sono convinto che abbiate ragione.
Il re, sollevato, continuò:
– Ora faremo altre prove.
Fece una domanda a Tom in francese. Il ragazzo rimase in
silenzio per un istante, poi rispose:
– Non conosco questa lingua, con il suo permesso.
Il re cadde all’indietro sulla poltrona. Subito la servitù ac-
corse in suo aiuto, ma lui respinse tutti e disse:
– Non importunatemi, non è nulla. Vieni qui, bambino
mio. Ecco, appoggia la tua povera testa stanca sul petto di
tuo padre e stai tranquillo. Presto starai meglio, è solo una
tua fantasia momentanea. Non aver paura, passerà presto.
Poi il re si girò verso i presenti e con modi tutt’altro che
gentili disse:
– Ascoltatemi tutti! Il mio povero figlio è impazzito, ma
è una cosa passeggera. Sarà stato il troppo studio o forse
l’eccessivo isolamento. Basta con i libri e con i maestri. Deve
giocare, distrarsi, fare sport finché non sarà completamente
guarito.
Alzatosi in piedi, proseguì con tutta l’energia che aveva:
– È matto, ma è pur sempre mio figlio e l’erede al trono
d’Inghilterra. Pazzo o sano che sia, dovrà regnare. Statemi
bene a sentire: chiunque oserà parlare di questa malattia,
turbando la pace e l’ordine del regno, sarà giustiziato! Mio
figlio rimane sempre il principe di Galles! Domani stesso gli
sarà conferita la dignità di principe secondo l’antico cerimo-
niale. Provvedete immediatamente, Lord Hertford!
Uno dei gentiluomini presenti si inchinò davanti al re e
disse:
– Sua Maestà il re sa che il conte Norfolk, Gran Mare-
sciallo Ereditario d’Inghilterra, è rinchiuso nella torre e non
sarebbe opportuno che un prigioniero...

25
Capitolo 5

– Silenzio! Non offendete le mie orecchie con quel nome


odioso. Il principe deve forse attendere l’investitura perché il
regno è privo di un conte Maresciallo libero da ogni macchia
di tradimento? No, per la gloria di Dio! Avvisate il Parlamen-
to di farmi avere la condanna di Norfolk prima di domani
mattina, altrimenti bisognerà fare i conti con me!
Lord Hertford disse:
– Ogni desiderio del re è legge!
E alzandosi tornò al suo posto.
Piano piano il re si calmò e disse:
– Dammi un bacio, principe mio. Vieni, di che cosa hai
paura? Non sono forse il tuo caro padre?
– Voi siete troppo buono con me e io non lo merito, mio po-
tente signore. Ma... ma... mi addolora pensare che quell’uo-
mo debba morire...
– Ah, queste parole sono degne di te! Hai sempre avuto un
animo generoso. Ma non preoccuparti, nominerò un altro
che sia degno del suo ruolo. Stai tranquillo, figlio mio, non
tormentarti per questa faccenda. Ora vai a giocare. Vai con
tuo zio Hertford e i tuoi amici.
Tom fu condotto fuori dalla stanza del re. Aveva il cuo-
re pieno di angoscia perché quelle ultime parole avevano
cancellato del tutto la sua speranza di riottenere la libertà.
Si sentiva sempre più avvilito. Ormai si rendeva conto che
sarebbe rimasto per sempre imprigionato in quella gabbia
dorata, solo e abbandonato. E ovunque volgesse lo sguardo
gli sembrava di vedere svolazzare nell’aria la testa decapitata
del duca di Norfolk, con gli occhi fissi su di lui ad accusarlo.

26
Capitolo
6
Le istruzioni per Tom

Tom fu fatto accomodare da suo zio, il conte


Hertford, nel salone principale dell’appartamento reale. Qui
fu annunciato l’arrivo di Lord Saint John, il quale, dopo es-
sersi inchinato, disse:
– Sua Maestà ordina che, per ragioni di Stato, Vostra
Grazia tenga a tutti i costi segreta la sua infermità, fin-
ché non sia del tutto guarito e tornato in perfetta forma.
Ciò significa che non dovrete mai negare di essere il vero
principe, l’erede al trono d’Inghilterra. Non dovrete mai
raccontare della vostra umile origine, che la malattia vi fa
credere vera, e dovrete sforzarvi di riconoscere tutti quei
volti che prima vi erano familiari. Nelle cerimonie uffi-
ciali, se non sapete come comportarvi, non lasciate tra-
pelare il vostro imbarazzo, ma chiedete consiglio a Lord
Hertford o alla mia umile persona.
Alla fine del suo discorso Lord Saint John si inchinò e si
fece da parte. Tom replicò rassegnato:
– Nessuno può discutere o cambiare gli ordini del re. Ob-
bedirò.
In quel momento furono annunciate Lady Elizabeth
e Lady Jane Grey. I due gentiluomini si scambiarono uno
sguardo d’intesa e Hertford andò subito verso la porta. Men-
tre le ragazze entravano disse loro a bassa voce:
– Vi prego, signore, non fate caso alle sue stranezze e non
dimostrate stupore davanti ai suoi vuoti di memoria. Qua-
lunque reazione di sorpresa potrebbe turbarlo.

27
Capitolo 6

In quello stesso momento Lord Saint John stava mormo-


rando a Tom:
– Vi prego di tenere a mente gli ordini del re, ossia ricor-
datevi di tutto ciò che potete e fate finta di ricordare tutto
il resto. Fate in modo che non si accorgano del vostro cam-
biamento. Sapete quanto per le vostre compagne di giochi
sarebbe un gran dispiacere vedervi così diverso.
Tom mormorò qualcosa, segno che stava già imparando
come comportarsi e aveva deciso di fare del suo meglio per
rispettare gli ordini del re.
Tutto stava andando bene, quando però la piccola Lady
Jane lo spiazzò con una domanda del tutto inattesa:
– Mio signore, hai fatto il tuo dovere verso Sua Maestà la
regina, oggi?
Tom esitò sconcertato e stava per rispondere con una frase
a caso quando Lord Saint John rispose in suo aiuto.
– Certamente, signora, e lei lo ha molto rincuorato per
quanto riguarda la condizione attuale di Sua Maestà il re.
Non è così Vostra Altezza?
Tom balbettò qualcosa che poteva sembrare un assenso.
Poco dopo, mentre parlavano della decisione momenta-
nea di sospendere gli studi del principe, di nuovo la piccola
Lady Jane intervenne:
– È proprio un peccato, eri così bravo! Ma non preoccu-
parti, non sarà per molto. Quando riprenderai a studiare di-
venterai un esperto di lingue straniere come tuo padre.
– Mio padre? – esclamò Tom preso alla sprovvista. – Non
sa parlare neanche la sua di lingua, tanto che solo i porci che
grufolano nel fango riescono a capirlo. Quanto poi a impara-
re nuove cose...
Alzò lo sguardo e vide l’espressione di rimprovero negli
occhi di Lord Saint John. Si interruppe, arrossì e poi riprese
mortificato:

28
Le istruzioni per Tom

– La malattia mi perseguita di nuovo e la mia mente far-


netica. Non intendevo in alcun modo offendere Sua Maestà.
– Lo sappiamo, signore – disse la principessa Elizabeth
prendendo tra le sue mani quella del “fratello” con affettuoso
rispetto. – Non ti preoccupare. Non è colpa tua, ma del tuo
malessere.
– Sei così gentile, dolce signora – replicò Tom grato – e io
ti ringrazio di cuore.
Il tempo trascorse piacevolmente e tutto sommato senza
altre difficoltà da superare.
Tom si sentiva sempre più a suo agio, notando che tutti si
dimostravano molto gentili nei suoi confronti e disposti ad
aiutarlo. Poi, quando seppe che le due fanciulle l’avrebbero
accompagnato quella sera stessa al banchetto del sindaco di
Londra si sentì sollevato e felice di non trovarsi solo in mez-
zo a tanti estranei.
Gli angeli custodi di Tom, i due gentiluomini, avevano in-
vece trovato quell’incontro molto difficile da sopportare. Ave-
vano avuto la sensazione di essere al timone di una grossa
nave e di doverla pilotare attraverso un canale pericoloso.
Erano continuamente in tensione e si resero conto che il loro
compito non era affatto un gioco da ragazzi. Perciò, quando
la visita delle due fanciulle stava per volgere al termine e ven-
ne annunciato l’arrivo di Lord Guilford Dudley, pensarono
che per quel giorno ne avevano avuto abbastanza e consiglia-
rono a Tom di ritirarsi.
Il ragazzo accettò molto volentieri, ma sul volto di Lady
Jane si notò un leggero disappunto nell’udire che quello
splendido giovane non sarebbe stato ricevuto.
Dopo che le due damigelle se ne furono andate, Tom si
rivolse ai suoi due accompagnatori.
– Posso chiedere alle vostre signorie il permesso di ritirar-
mi anch’io in un posto tranquillo per riposare un po’?

29
Capitolo 6

– Ogni vostro desiderio è un ordine per noi, Vostra Altez-


za. E di certo un po’ di riposo vi farà bene, visto che presto
dovrete recarvi in città – disse Lord Hertford, che poi suonò
un campanello. Subito comparve un paggio al quale ordinò
di far chiamare Sir William Herbert.
All’arrivo del gentiluomo, Tom fu condotto in una stan-
za interna. Il primo gesto del ragazzo fu quello di allungare
una mano per prendere un bicchiere d’acqua, ma immedia-
tamente un paggio vestito di seta e velluto lo afferrò prima di
lui, si inginocchiò e glielo offrì su un vassoio d’oro.
Stanco e sconsolato, Tom si sedette per togliersi gli stivali,
ma proprio in quel momento un altro scocciatore in seta e
velluto gli si inginocchiò ai piedi e glieli sfilò. Fece altri due
o tre tentativi per sbrigarsela da solo, ma gli fu impossibile
perché ogni volta veniva preceduto. A quel punto si arrese e
con un gesto di rassegnazione mormorò tra sé: “Manca solo
che qualcuno pretenda di respirare al posto mio”.
Poi, infilate le pantofole e con indosso una splendida ve-
staglia, si sdraiò per riposare un po’. Ma non riuscì a pren-
dere sonno: la sua testa era troppo affollata di pensieri e la
stanza troppo piena di gente. Non poteva mandar via i paggi,
che, con suo rammarico, restarono nella camera.
Rimasti soli, i nobili custodi di Tom stettero per qualche
istante in silenzio, camminando su e giù per la stanza. Infine
Saint John disse:
– Sinceramente, cosa ne pensate di tutta questa storia?
– Sinceramente vi dirò: il re sta per morire e mio nipote è
pazzo. Pazzo salirà al trono e pazzo resterà. Che Dio proteg-
ga l’Inghilterra!
– Pare proprio che le cose stiano così. Ma... non avete
qualche dubbio che... che...
A quel punto lord Saint John esitò per un attimo, poi smi-
se di parlare.

30
Le istruzioni per Tom

Lord Hertfort allora si fermò davanti a lui e lo fissò negli


occhi.
– Parlate: non c’è nessun altro ad ascoltarvi se non io.
Dubbi su cosa?
– Provo vergogna a svelare quello che penso a voi che siete
del suo stesso sangue, signore, e vi chiedo già ora perdono se
in qualche modo vi offenderò. Ma, non vi sembra strano che
la pazzia abbia cambiato a tal punto il suo comportamento e
i suoi modi? Non vi sembra strano che non abbia riconosciu-
to il volto di suo padre, che abbia dimenticato le abitudini e
le regole del palazzo e che pur biascicando qualche frase in
latino, non si ricordi niente di greco e di francese? Vi prego
di non inquietarvi, ma vi sarò profondamente grato se pote-
ste liberare la mia mente da ogni dubbio. Ciò che più mi ha
colpito è stato il suo affermare di non essere principe e così...
– Basta, signore, state parlando come un traditore. Avete
dimenticato gli ordini del re? E io, solo ad ascoltarvi, sarei
vostro complice.
Lord Saint John impallidì e subito replicò:
– Ho sbagliato, è vero, ma non traditemi, vi prego. Non ne
parlerò più, né penserò più a questa faccenda, ma voi abbia-
te pietà di me o sono rovinato.
– Ve bene. Se non parlerete mai più di questa storia, la
faccenda è chiusa. Ma credetemi, lui è il figlio di mia sorella.
La sua voce, il suo volto, il suo aspetto mi sono familiari sin
dalla nascita. La pazzia può produrre queste e altre stranez-
ze. Non fatevi assalire da dubbi inutili, amico mio. Questo
è il vero principe, lo conosco bene, e presto sarà re. Non di-
menticatelo.

31
Il principe e il povero
L’autore e le opere
La fortuna del libro
Filmografia

A cura di
Elena Frontaloni

177
si gira
Ciak ...

L’autore e le opere

Samuel Langhorne Clemens (in arte


Mark Twain) nasce a Florida, un villaggio
del Missouri, il 30 novembre 1835. Nello
stesso anno, il 16 di quel mese, appare nel
cielo la cometa di Halley, la più brillante
cometa periodica della fascia di Kuiper.
Il padre di Samuel, John Marshall Cle-
mens, è un avvocato dedito al libero pen-
siero e a speculazioni commerciali un po’
folli nella zona della “frontiera”, attraver-
sata da pionieri che cercano fortuna ver-
so l’Ovest. La madre, Jane Lampton, è una donna famosa per la
sua bellezza, nonché una fanatica calvinista, dal curioso modo di
conversare (“sapeva dire cose buffe con l’aria perfetta di chi crede
di dire cose serie”, scriverà di lei il figlio).
Nel 1839, la famiglia si trasferisce a Hannibal (Missouri), un
piccolo scalo sulla riva occidentale del Mississippi. Nel 1847 muo-
re il padre: Samuel deve abbandonare la scuola e trovarsi un lavo-
ro. Diventa tipografo nella stamperia del fratello Orion e apprende
i rudimenti del giornalismo; poi viaggia molto, lavorando come
tipografo e corrispondente in diverse città, finché nel 1856 decide
di cambiare vita.
Mentre, sulle sponde del Mississippi, aspetta di imbarcarsi per
il Brasile, incontra Horace Bixiby, un pilota di battelli: stregato da
quest’uomo e dal mestiere che svolge, si fa pilota anche lui. Attra-
versa il Mississippi più volte, e appunto dall’arte della navigazio-
ne prenderà successivamente il suo pseudonimo, “Mark Twain”,
che significa “segna due tacche nella pertica”: parole gridate dagli
scandagliatori di battelli nelle notti senza stelle, per indicare ai
piloti che si viaggiava in acque sicure.

178
Nel 1861 scoppia la Guerra Civile e i trasporti sul Mississippi
vengono interrotti. Samuel si arruola nell’esercito confederato, ma
vi rimane solo due settimane. Parte subito per il Nevada col fratello
Orion, e lì tenta la fortuna come cercatore d’oro, senza successo.
Diventa poi corrispondente del “Territorial Enterprise” di Virginia
City e appunto in questo foglio firma per la prima volta un pezzo (3
febbraio 1863) con lo pseudonimo con cui diventerà famoso.
L’attività giornalistica, di tono umoristico, lo occupa fino alla fine
della Guerra Civile (1865); intanto, nel 1864, si sposta a San Fran-
cisco, dove, nel 1865, scrive e pubblica un racconto “Il famoso ra-
nocchio saltatore della contea di Calaveras”, basato su un aneddoto
raccolto per strada, narratogli da altri; il pezzo viene pubblicato in
diverse testate e riscuote un grande apprezzamento in tutti gli Stati
Uniti.
È l’inizio di una carriera piena di successi. Di Mark Twain, il
pubblico apprezza particolarmente i racconti, gli schizzi e i reporta-
ge di viaggio umoristici. L’autore, per parte sua, viaggia e prende po-
sizione ininterrottamente, coprendo di risate e veleni ogni cosa che
racconta e dando avvio anche al mestiere di conferenziere e lettore
in pubblico, che sarà una sua fonte di guadagno per tutta la vita.
Nel 1870, appunto dopo un viaggio in Europa (che frutta pure
un libro velenosissimo nei confronti del continente, “Gli innocenti
all’estero”), sposa Olivia Langdon, di una ricca famiglia newyorke-
se, e si sposta a Hartford, nel Connecticut dove inizia a vivere da
scrittore e anima il circolo di intellettuali attivi in questa città, tra
cui Harriet Beecher Stowe, l’autrice de “La Capanna dello zio Tom”.
Gli anni Ottanta segnano l’inizio di un periodo di attività feb-
brile, dentro il quale nascono i capolavori di Twain, che mette al
centro della propria pagina il Mississippi, il fiume lungo cui si
è svolta gran parte della sua vita. Nella sua produzione, procede
in tre direzioni fondamentali: ancora il libro di viaggio “Un vaga-
bondo all’estero”, del 1880, dove racconta il recupero, per via di
racconto, del proprio vissuto e l’interesse di sempre per la storia.
Di quest’ultimo interesse è testimonianza “Il principe e il pove-
ro” (1881).

179
si gira
Ciak ...

Gli anni trascorsi sul fiume,


come pilota di battelli sono rac-
contanti in “Vita sul Mississippi”
(1883).
I libri più importanti di que-
sta fase sono però altri, di carat-
tere autobiografico e ricavati
dal periodo dell’infanzia passata
a Hannibal. Esce nel 1876 “Le
avventure di Tom Sawyer”; del
1884 è “Le avventure di Huc-
kleberry Finn”: libri che segna-
no l’ingresso della lingua parlata
nella letteratura americana e, in-
sieme, fotografano i due perso-
naggi più famosi di Twain.
Da una parte c’è Tom, good bad boy che sa stregare i suoi com-
pagni di giochi e la stessa realtà, modellando le sue marachelle,
spesso crudeli, sui libri (dalle “Mille e una notte” al “Don Chisciot-
te”), salvo tornare sempre dalla zia Polly (simbolo della società
benpensante).
Dall’altra parte c’è il suo amico Huckleberry Finn, figlio di un
ubriacone violento, ragazzo provvisto di un forte senso della real-
tà, indocile ai ragionamenti, alle regole sociali come ai sogni trop-
po campati in aria.
Solitamente considerati libri per bambini e adolescenti, i due
volumi venivano sentiti dal loro autore come libri per tutti, o me-
glio che potevano essere letti da tutti. “Huckleberry Finn”, in par-
ticolare, rappresenta insieme il capolavoro di Twain e una svolta
nelle sue scritture, perché è il momento in cui abbandona una
visione tutto sommato idilliaca dell’essenza umana e ne annusa
la cattiveria e la compromissione col male; un tema su cui si con-
centrano le sue pagine a venire, che di questo male andranno a
inchiodare le radici in toni più cupi. Esemplare, al proposito, è
“Wilson lo zuccone” (1894), un amaro poliziesco innestato sul pro-

180
blema della schiavitù, dove recita l’unico ragazzo corrotto della
narrativa di Twain insieme alla più bella figura femminile creata
da questo autore, Roxana, immagine della vendetta dei neri d’A-
merica sui bianchi.
Dal 1891 è finito anche il periodo di Hartford: trasferitosi a New
York, Twain fonda una casa editrice che fallisce nel 1894, anche
per via di un investimento sbagliato su una macchina tipografica
che non funzionerà mai. Sommerso dai debiti, l’autore ricomin-
cia a fare conferenze in Inghilterra, Austria e Brasile. Nel 1896
gli muore la figlia Susan e alla minore Jean viene diagnosticata
l’epilessia (morirà nel 1909); nel giugno 1904 si spegne, a Firenze,
dopo un lungo periodo di cura, la moglie Olivia.
Il pessimismo di Twain si acuisce come conseguenza degli
eventi della sua vita, forse, ma soprattutto in linea con una netta
evoluzione della sua poetica. Nascono appunto in questi anni tre
testi molto particolari, e di rara bellezza: il saggio “Che cos’è l’uo-
mo”, l’incompiuto romanzo–saggio “Lo straniero misterioso”, ma
soprattutto “L’uomo che corruppe Hadleyburg e altre storie” (usci-
to in un volume del 1900), racconto sull’ipocrisia, sulla solitudine
umana e sul potere del denaro.
Riscaldato dall’affetto degli amici, Twain trascorre gli ultimi anni
della sua vita a Dublin, nel New Hampshire, e poi a Redding, nel Con-
necticut. Qui muore il 21 aprile del 1910.
Poco prima, nel cielo era riapparsa la cometa di Halley, come
appunto Mark–Samuel aveva desiderato nei suoi ultimi scritti:
“Sono arrivato nel 1835 con la cometa di Halley, che tornerà
presto. Penso che me ne andrò con lei. Sarebbe una delle più
grosse delusioni della mia vita se non me ne andassi con lei.
Certo l’Onnipotente ha detto: “Ecco un paio di stranezze vera-
mente indefinibili. Sono arrivate insieme e insieme se ne devo-
no andare”. E io non vedo l’ora”.

181
Il principe e il povero

Indice

1 La nascita del principe e del povero ..................................... 5


2 L’infanzia di Tom ................................................................................. 6
3 L’incontro di Tom con il principe ........................................... 10
4 Cominciano i guai per il principe ........................................... 17
5 Tom a corte ................................................................................................ 21
6 Le istruzioni per Tom ....................................................................... 27
7 Il primo banchetto regale di Tom ........................................... 32
8 Il sigillo scomparso ............................................................................. 36
9 La parata sul fiume ............................................................................. 39
10 Il principe nei guai .............................................................................. 41
11 Nel Palazzo Municipale ................................................................... 49
12 Il principe e il suo salvatore ......................................................... 53
13 La scomparsa del principe ............................................................ 60
14 Il re è morto, viva il re! ..................................................................... 63
15 Tom, il re ...................................................................................................... 71
16 Il pranzo di Stato .................................................................................. 81
17 Re Foo–Foo primo ............................................................................... 83
18 Il principe tra i vagabondi ............................................................. 94
19 Il principe tra i contadini ............................................................... 100
20 Il principe e l’eremita ........................................................................ 105
21 L’arrivo di Hendon .............................................................................. 111
22 Vittima di un tradimento ............................................................... 116
23 L’arresto del principe ........................................................................ 121
24 La fuga ........................................................................................................... 124
25 Il castello di Hendon .......................................................................... 127

190
Il principe e il povero

26 Rinnegato .................................................................................................... 133


27 In prigione .................................................................................................. 137
28 Il sacrificio .................................................................................................. 145
29 A Londra ....................................................................................................... 148
30 I progressi di Tom ................................................................................ 150
31 Il corteo ......................................................................................................... 153
32 Il giorno dell’incoronazione ......................................................... 158
33 Edward, il re ............................................................................................. 168
34 Giustizia e ricompensa .................................................................... 175


Approfondimenti ................................................................................... 177

191

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