Letteratura Tedesca
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LA NASCITA DELLA
TRAGEDIA
Nel 1871 Federico Nietzsche
pubblica la sua memorabile
opera La nascita della
tragedia. In essa il grande
pensatore tedesco introduce per
la prima volta la
distinzione tra apollineo e
dionisiaco: la prima delle
due categorie,
caratteristica del sogno, si
traduce in immagini di serena
compostezza e trova
la sua manifestazione più
compiuta nelle arti
figurative; l'altra, propria
dell'ebbrezza, attiene alle
pulsioni sotterranee
dell'inconscio e si esprime nella
musica. Il classicismo
tradizionale aveva privilegiato
solo la componente
apollinea dello spirito greco,
ma dietro l'enigmatico
sorriso del Dio solare
(Apollo) si cela il volto mutevole
del suo fratello notturno, il nume
delle orge e
dei misteri: nella tragedia in
virtù di un miracolo metafisico
della "volontà"
ellenica, compaiono in
ultimo accoppiati l'uno
nell'altro, e in questo
accoppiamento generale si
generano l'opera d'arte,
altrettanto dionisiaca che
apollinea, che é la tragedia attica.
L'intuizione nietzscheana, pur
espressa nello
stile immaginoso e folgorante del
profeta del superuomo, ha non
solo il merito
di aver gettato le basi per
i successivi approfondimenti
del problema, ma
soprattutto quello di aver
colto il carattere di
coincidentia oppositorum, di
sintesi dialettica dei contrari, che
é il fulcro stesso del dramma
greco, elemento
questo che troverà riscontri
precisi in molte delle teorie
elaborate più tardi.Tra i
libri pubblicati da Nietzsche, se
escludiamo gli scritti filologici,
questo è l'unico
dedicato ai Greci. Nessun
altro libro di Nietzsche ha
alle spalle una
preparazione così lunga e
faticosa. Per dieci anni il giovane
studioso vive tra i
suoi libri, accetta la
tradizione della filologia,
ammonisce i suoi amici a
reprimere la fantasia, a rispettare
il metodo, a controllare le
ipotesi. Poi scrive
questo libro, dove tutto è
contraddetto. In esso Nietzsche
propone una nuova
visione della classicità, non
quella della cultura europea che
riflette la civiltà
greca della decadenza, quando la
sua forza creativa si è estinta, ma
l'originario
spirito greco, fatto di due
elementi: un elemento dionisiaco
oscuro, irrazionale,
indefinito e ambiguo, che
avverte la caoticità
dell'essere, la vitalità, la
spontaneità, l'ebbrezza e che si
esprime con la musica e la
danza, un elemento
apollineo, luminoso, ben
definito, che produce un mondo
di forme limpide e
definite e che si esprime
con la scultura e le arti
figurative. Nella grande
tragedia greca (Eschilo e
Sofocle) si compongono i due
impulsi: la musica vi
rappresenta il dionisiaco, la
vicenda dell'eroe la definitezza
apollinea. Noi siamo
circondati dallo spettacolo, tutto
oggi è spettacolo, non soltanto il
teatro, il
cinema, la televisione. Oggi
anche gli uomini d'azione
guardano, più che non
agiscano. Perciò si rimane
atterriti , quando viene qualcuno
a rivelare che cosa
fu la tragedia greca. D'un tratto
ci si accorge che quello non era
soltanto un
vedere, che quello spettacolo
era l'essenza del mondo,
contagiante,
soverchiante gli oggetti che
crediamo reali. Quindi la
sensazione moderna
"questo è soltanto uno
spettacolo" è l'inverso
dell'emozione della tragedia
greca che faceva dire "questa è
soltanto la verità quotidiana".
L'uomo di oggi
va a teatro per rilassarsi, per
scaricarsi dal peso di tutti i
giorni, perchè ha
bisogno di qualcosa che sia
soltanto spettacolo. Lo spettatore
della tragedia
greca veniva e "conosceva"
qualcosa di più sulla natura
della vita perchè
veniva contagiato dall'interno,
investito da una contemplazione,
cioè da una
conoscenza, che già esisteva
prima di lui, che saliva
dall'orchestra e suscitava
la sua contemplazione, si
confondeva con essa. E se la via
dello spettacolo
fosse la via della conoscenza,
della liberazione, della vita
insomma? Tale è la
domanda posta da La nascita
della tragedia. Già Euripide
tende ad eliminare
dalla tragedia l'elemento
dionisiaco, col predominio del
raziocinio; poi Socrate e
Platone sono "gli strumenti di
dissoluzione greca, gli
pseudogreci, gli antigreci".
Socrate fu ostile alla vita,
volendo dominare e soffocare
l'istintività spontanea
in nome della ragione. Un
brano dall'opera "La nascita
della tragedia" :
Apollineo e dionisiaco. Questi
nomi li prendiamo in prestito dai
greci, i quali
rendono percepibili
all'intelligenza le profonde
dottrine della loro visione
estetica non già per il mezzo di
concetti astratti, ma con
raffigurazioni chiare
ed incisive della mitologia. Alle
loro due divinità che
simboleggiavano l'arte,
Apollo e Dioniso, si riallaccia la
nostra teoria, che nel mondo
greco esiste un
contrasto, enorme per l'origine e
i fini, fra l'arte plastica, cioè
l'apollinea, e
l'arte non plastica della musica,
cioè la dionisiaca; questi due
istinti così diversi
camminano uno accanto all'altro,
per lo più in aperto dissidio,
stimolandosi
reciprocamente a sempre nuove e
più gagliarde reazioni per
perpetuare in sé
incessantemente la lotta di quel
contrasto, su cui la comune
parola di "arte"
getta un ponte che è solo
apparente: finchè in ultimo,
riuniti insieme da un
miracolo metafisico prodotto
dalla "volontà" ellenica, essi
appaiono finalmente
in coppia e generano in
quest'accoppiamento l'opera
d'arte della tragedia
attica, che è tanto dionisiaca
quanto apollinea. Uno degli
aspetti
dell'insuperabile fascino di
quest'opera consiste proprio,
probabilmente, nella
peculiare mescolanza di filologia
e filosofia, in una misura e con
risultati che
non trovano precedenti nella
grande filologia-filosofia
romantica. La Nascita
della tragedia é insieme una
reinterpretazione della Grecità,
una rivoluzione
filosofica ed estetica, una
critica della cultura presente
e un programma di
rinnovamento di essa. Il
Greco conobbe e sentì i
terrori e le atrocità
dell'esistenza: per poter
comunque vivere, egli dovette
porre davanti a tutto
ciò la splendida nascita sognata
degli dei olimpici. L'enorme
diffidenza verso le
forze titaniche della natura [...]
fu dai Greci ogni volta superata,
o comunque
nascosta e sottratta alla vista,
mediante quel mondo artistico
intermedio degli
dei olimpici. Proprio gli dei
olimpici sono il mezzo con cui i
greci sopportano
l'esistenza, della quale hanno
visto la caducità, la vicenda
dolorosa di vita e
morte, soffrendone in modo
profondo a causa della loro
esasperata sensibilità;
gli dei olimpici giustificano la
vita umana vivendola essi stessi,
perchè la vivono
in una luce senza ombre e
fuori dall'angoscioso
incombere della morte. La
portata liberatoria delle
figure degli dei olimpici si
esercita solo se essi
rimangono in un rapporto
profondo con il dionisiaco, cioè
con il mondo del caos
al quale pure devono aiutarci a
sfuggire. Il rapporto fra apollineo
e dionisiaco é
innanzitutto un rapporto fra
forze all'interno dell'uomo
singolo, che all'inizio
dell'opera Nietzsche paragona
agli stati del sogno (l'apollineo) e
dell'ebbrezza
(il dionisiaco); e che funziona
nello sviluppo della civiltà come
la dualità dei
sessi nella conservazione della
specie. Tutta la cultura umana é
frutto del gioco
dialettico di questi due
impulsi. Sul piano della
specifica teoria dell'arte, la
dualità permette di leggere le
varie fasi dell'arte greca in
relazione alla lotta tra
impulso dionisiaco e apollineo,
lotta che si dispiega anche come
conflitto tra
popoli diversi, nel succedersi di
invasioni e assestamenti che
caratterizza la
storia della Grecia arcaica. Così
l'arte dorica si dispiega solo
come risultato di
una resistenza dell'apollineo agli
assalti, che sono anche veri e
propri attacchi
di popoli invasori, del
dionisiaco, dei culti orgiastici di
origine barbarica. Nella
lotta dei due princìpi avversi, la
storia greca antica si suddivide in
4 grandi
periodi artistici ; dall'età del
bronzo, con le sue titanomachie e
la sua aspra
filosofia popolare, si sviluppò,
sotto il dominio dell'istinto di
bellezza apollinea,
il mondo omerico; questa
magnificenza "ingenua" venne di
nuovo inghiottita
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