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Vanhoye, Albert, Carta a los Hebreos (Comprender la Palabra 34; BAC; Madrid
(A); 3,15,10( ־B); 5,11-10,39 (C); 11,1-12,13 (B1); 12,14-13,18 (A1). II centro di questa
elegante struttura letteraria coincide con la proclamazione solenne di Cristo come
somrno sacerdote dei beni salvifici definitivi, che é entrato, mediante il sacrificio
cruento della propria vita, nel santo dei santi della comunione celeste con Dio
(9,11-12). Ciascuna delle cinque parti dell’opera é introdotta dall’annuncio del tema
(propositió), che viene sviluppato nella parte successiva (1,4; 2,17-18; 5,9-10; 10,3639־
e 12,13). Seguendo nel dettaglio la disposizione retorica del ricco sermone, ne rías-
sumiamo sintéticamente il messaggio, attingendo dall’accurata analisi esegetica del
commentario.
Dopo un denso esordio (1,1-4), che spazia sull’intera storia della salvezza (ca-
pitolo I: 38)־, la prima parte del “discorso di esortazione” va da 1,5 a 2,18 (capitolo II:
9-31)· Introdotta in 1,4 dall’annuncio del tema, questa prima macro-unitá letteraria
presenta una concezione cristologica di stampo messianico-davidico, del tutto fedele
alia predicazione tradizionale della Chiesa primitiva (cf. At 2,30-32; 13,22-23; Rm 1,3)·
Original¡ invece sono i quattro confront¡ istituiti tra il Figlio e gli angelí (Eb 1,5-6;
1,7-12; 1,132,2-4 ;14)־, attraverso cui l’agiografo tiene a precisare il primato della me-
diazione salvifica portata a termine da Cristo rispetto a quella svolta dalle creature
angeliche. Mediante un florilegio di citazioni anticotestamentarie, viene cosí dimos-
trata la tesi annunciata in 1,4: effettivamente il “nome” del Figlio di Dio -owero la
sua identitá e la sua capacita relazionale- é ben superiore a quello dei pur venerati
mediator¡ angelici. Piú esattamente: essendo il Figlio di Dio (1,5-14) e il fratello degli
uornini (2,5-16), il Cristo glorioso é ben piú capace degli angelí -e di qualunque altro
mediatore salvifico- di espletare in maniera efficace la funzione mediatrice di “sommo
sacerdote” (archiereús, 2,17). Ed é proprio questo il “nome” che Gesú ha “ereditato”
da Dio Padre.
Conclusa in 2,16 la prima parte delfomelia, in 2,17-18 il predicatore annuncia il
tema della seconda parte (3,1-5,10): Gesú é diventa to un sommo sacerdote misericor-
dioso e affidabile (capitolo III: 3358)־. La sua affidabilita é illustrata in una prima sezio-
ne (3,1-4,14), grazie al confronto tra luí e Mosé, il grande mediatore delfantica allean-
za di Dio con Israele. Ma se Cristo é diventato un sommo sacerdote degno di fede nella
sua relazione con Dio (cf. 3,14,14)־, i suoi rapporti con gli altri uornini continuano a es-
sere permeati di misericordia. Si tratta del secondo requisito essenziale del suo sommo
sacerdozio, illustrato nella seconda sezione (4,15-5,10) di questa seconda parte.
Inclusa tra due esortazioni rivolte agli ascoltatori (5,11-6,20 e 10,1939)־, l’espo-
sizione dottrinale piú ampia dell’intero sermone (7,1-10,18) si trova al centro della sua
terza parte (5,11-10,39; capitolo IV 59-131)· A introdurla é lapropositio di Eb 5,9-10, se-
condo cui Cristo, “essendo stato portato al perfezionamento, divenne per tutti coloro
che gli obbediscono causa di salvezza eterna, essendo stato proclama to da Dio sommo
sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek”. Coerentemente con questo terzo annum
cío temático, Fitinerario concettuale procede, a questo punto, in tre tappe: 7,1-28; 8,1-
9,28 e 10,1-18. Anzitutto, il capitolo settimo ¡Ilustra la proclamazione divina di Gesú
come “sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek”, ossia l’ultimo dei tre argo-
mentí enucleati dall’annuncio del tema (cf. 5,10). In Eb 8,1-9,28 é descritta poi la di-
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tuale (e specialniente sacraméntale), sia in ogni altra circostanza della vita animata dalla
carita. In questo “culto totale” consiste - potremmo dire con i termini del Concilio ecu-
menico Vaticano II - il “sacerdozio comune dei fedeli” (Lumen gentium, 10): tutti i bat-
tezzati partecipano aü’unico sacerdozio di Cristo. Come? Cercando di obbedire a Dio e,
conseguentemente, restando solidali con i fratelli, i credent¡ in Cristo elevano, per mezzo
di luí, al Padre sacrifici esistenziali, personal¡ e spiritual¡. Sono cosí “santificati” e “perfe-
zionati” da Cristo stesso, ossia sono consacrati sacerdoti come luí (10,14).
Alia luce di quest¡ rilievi, che giá lasciano affiorare la profonditá dell’esegesi
della Lettera agli Ebrei offerta dal presente commentario, ci sembra di póteme consi-
gliare lo studio specialniente agli student¡ delle discipline bibliche e teologiche. Certo,
non vi troveranno carrellate di posizioni esegetiche altrui, né dotte citazioni di docu-
mentí coevi all’opera neotestamentaria, né complesse disquisizioni filologiche su i suoi
temiini. Le spiegazioni esegetiche sono essenziali; le note a pié di pagina rare; la bi-
bliografia conclusiva (201-203) piuttosto scarna. Tuttavia, i lettori potranno accedere
in modo rápido e diretto al messaggio fondamentale della Lettera agli Ebrei, “cibo so-
lido” (5,12) per alimentare la loro fede e rendere ragione della loro speranza
(1 Pt 3,15). Sotto questo profilo, il volume rientra a pieno titolo nella collana dei Co-
menta ríos a la Sagrada Biblia, che -come ha dichiarato nella Premessa (XI-XIII) il Se-
gretario Generale della Conferenza Episcopale Spagnola, don José María Gil Tamayo
(1957-)- “parten de un serio estudio del texto y sus variantes, de los sentidos de las
palabras, del contexto histórico y religioso, de las concepciones antropológicas y teo-
lógicas de fondo” e mostrano cosí “al fiel cristiano con un lenguaje sencillo el signifi-
cado del texto y su permanente valor para alimentar la vida de fe” (XI).
Franco Manzi - Seminario Arcivescovile di Milano "Pío XI" - Via Papa Pío XI, 32 - 1-21040 Venegono
nferiore (VA)
Cazeaux, Jacques, Les silences de l'Apocalypse. Une église appelée Babel (Lectio
Divina 266; Editions du Cerf, Paris 2014). 252 pp. ISBN: 978-2-204-09686-7. € 29,00
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