2
Se solo al posto di “Oriente” si usasse “India” per riferirci all’origine del popolo etrusco,
alla sua cultura, alla sua simbologia, alle platoniche divisione in caste e respirazione yoga,
alla pitagorica metempsicosi, all’eresia gnostica, alla vita, agli insegnamenti e alla natura
divina di Gesù e a tutti gli elementi che lo accomunano al suo corrispettivo indiano, ovvero
Krishna, il monolitismo della concezione che si ha della cultura occidentale verrebbe
scalfito o comunque ridimensionato.
E probabilmente ci sentiremo meno occidentali e vedremo l’“altro” meno orientale, e
ricorderemo, utilizzando - suo malgrado - Ermete Trismegisto, che “omnes res fuerunt uno”
(“tutte le cose furono una”)1.
1
Smaragdina Hermetis Tabula (La Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto).
3
Gesù di Nazareth e Krishna
Yeshu ben Yosef di Nazareth detto il Masiach, ovvero Gesù figlio di Giuseppe detto il
Messia, cioè, in greco, il Cristo (Kristòs), l’Unto del Signore, il Consacrato, co-fondatore
della religione cristiana - così come noi la conosciamo - insieme all’ex persecutore di
cristiani Saul (Paolo) di Tarso, risulta una figura almeno parzialmente avulsa dalle
tradizioni religiose alle quali si tenta con la forza, oramai da millenni, di ricondurlo.
Gli ebrei vedono in Gesù il pio ebreo frainteso tanto da coloro che rimasero fedeli alla
religione ebraica perseguitandolo, tanto da coloro che vi si allontanarono creando la setta
eretica ebraica cristiana, ovvero la religione cristiana.
I cristiani lo considerano il primo cristiano, ovvero l’ebreo che realizza il puro ebraismo.
I musulmani lo vedono come un grande profeta, parzialmente frainteso dai propri seguaci.
Ebreo, cristiano, profeta, santo, esseno, Dio, Gesù diventa tutto e il contrario di tutto.
C’è chi scrive persino di viaggi di Gesù in Giappone per studiare lo shintoismo e poi
morirvi a 118 anni; si narra di un Gesù che dopo la morte sulla croce va in India oppure in
America a predicare, di un Gesù morto in età avanzata e sepolto in Giappone o nel
Kashmir.
Nostra intenzione non è sostenere una tesi partendo da leggende medievali, né tantomeno
ferire la sensibilità dei credenti e il buon senso di tutti. Noi ci atteniamo ad analogie tra
libri che abbiamo letto, ipotizzando un contatto tra due culture lontane che hanno prodotto
testi tanto simili.
La pluralità di interpretazioni della figura di Gesù si deve forse non tanto e non solo alle
diverse culture, filosofie e religioni da cui tali concezioni scaturirono e scaturiscono,
quanto piuttosto al fatto che tutte queste analisi sfiorano, senza toccarlo, il centro della
questione, considerando il quale tutto forse può apparire più nitido o, comunque, meno
confuso.
Consideriamo il Vangelo di Giovanni: “In principio era il Logos, il Logos era presso Dio e
il Logos era Dio.”2
Giovanni identifica Gesù con il Logos, il Verbo, la Parola di Dio, ovvero con il “fiat” della
Creazione (“Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu.”3), la parola divina, la parola creatrice
2
Giovanni 1,1.
3
Genesi 1,3.
4
(“tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.”4).
In pratica si assiste all’innesto del concetto filosofico greco di “logos” nella teologia
veterotestamentaria.
Il legame di Giovanni con la cultura greca è molto stretto: Giovanni parla e scrive in greco
e il suo Vangelo ellenizzante, con marcate influenze orientali, lo avvicina alla Gnosi.
“Gnosi” (in greco “conoscenza”) è un termine indicante una corrente religiosa cristiana, di
lingua e cultura greca, intrisa di elementi filosofico-teologico-cosmologici orientali.
La cultura greca, del resto, si presenta da sempre come fortemente orientalizzata, basti
pensare a Platone, alla sua divisione in caste presente nella “Repubblica” (divisione, per
altro, mobile, non fissa, tanto che un individuo poteva passare, in virtù delle proprie
attitudini personali, da una classe all’altra, come del resto non era ereditaria, ma per
attitudine, la divisione in caste nell’induismo originario, così come testimoniano i Veda e
la Bhagavad Gita), al suo riferimento alla respirazione con il controllo razionale del
diaframma, ovvero alla respirazione yoga.
Pitagora, per esempio, mostra una Weltanschauung tipicamente orientale, come si evince
dalla meditazione e dalla metempsicosi (trasmigrazione delle anime, reincarnazione).
Tornando a Giovanni, possiamo dire che il suo Vangelo è stato indubbiamente accettato
dalla Chiesa e perciò inserito nel canone neotestamentario, ma il fatto che esso sia
canonico e non sia stato reputato apocrifo o gnostico, non ci impedisce di affermare che
per la dottrina dell’incarnazione della Parola creatrice di Dio, e per altre concezioni da lui
esposte, non solo si discosta molto dalla concezione ebraico-cristiana presente nei Vangeli
sinottici (Matteo, Marco, Luca), ma è al limitare tra la pura ortodossia cattolica e l’eresia
gnostica, nella quale, nel contesto di quello che ormai è già cristianesimo, sono più
profondi gli innesti religiosi orientali.
Per “cristianesimo” va intesa la religione originata da Gesù di Nazareth, il quale però, pur
con tutti gli sforzi per inquadrarlo come pio ebreo riformatore dell’ebraismo pre-rabbinico,
viene a configurarsi come il punto di congiunzione tra una base ebraica pre-rabbinica,
mediata (e questo ormai è assodato e ampiamente documentato) dalla teologia e
dall’ideologia essena di matrice pre-gnostica e orientaleggiante, e un innesto orientale in
senso stretto.
4
Giovanni 1,3.
5
Gesù come innesto orientale nel monoteismo del deserto potrebbe apparire un concetto per
lo meno singolare, se non si considerasse l’aspetto più importante e stupefacente ma, testi
alla mano, innegabile: l’affinità profonda tra Gesù e Krishna.
Gesù, come abbiamo visto, per Giovanni (e per la Chiesa Cattolica tutta che ne ha accettato
il Vangelo) è il Logos, la parola creatrice, il “fiat” della Creazione.
Nella Bhagavad Gita Krishna dice: “Io sono il padre di questo mondo dei viventi, sua
madre, il suo fondatore, il suo avo, l’oggetto della scienza sacra, il purificatore, la sillaba
OM, la stanza, la melodia e la formula sacrificale”5. “Io sono l’intenzione sacrificale, io il
sacrificio”6,
Questi passi della Gita mostrano molti concetti propri del cristianesimo: Dio Padre si
incarna nel mondo di cui è fondatore e fondamento; Gesù è la Parola Creatrice, il Logos,
ovvero sillaba OM, il suono cosmico creatore; Gesù è anche la formula sacrificale,
l’intenzione sacrificale, l’“Agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo”7
sacrificandosi, ovvero è il sacrificio e il purificatore. Egli è Dio, quindi l’oggetto della
scienza sacra, e anche l’avo (“Prima che Abramo fosse, Io Sono”8, dice Gesù e Krishna “In
verità, mai vi fu tempo in cui io non fossi9”).
Va sottolineato, inoltre, che Krishna, dice di essere non solo il padre, ma a anche la madre
del mondo dei viventi. Tale affermazione, che a prima vista può sembrare antitetica alla
concezione cristiana, ne risulta in verità assai affine. Lo Spirito, lo Spirito Santo, lo Spirito
di Dio dell’Antico Testamento che nel Nuovo diventa la terza Persona della Trinità, in
ebraico è Ruach, che è un sostantivo di genere, appunto, femminile.
Gesù e Krishna sono accomunati da molte altre analogie, relative sia al dato biografico sia
a quello più prettamente religioso.
Il re Erode, temendo di essere spodestato del proprio trono dal “re dei Giudei” di cui
parlavano i Magi giunti dall’oriente, fa uccidere un numero indefinito di neonati maschi,
volendo uccidere Gesù, che viene però sottratto a questa sorte con la fuga in Egitto, a
seguito dell’avvertimento fatto in sogno a Giuseppe dall’angelo.
5
Bhagavad Gita 9,17 (trad. it. Bianca Candian, in Bhagavadgita - a cura di Anne-Marie Esnoul – Adelphi,
Milano, 1996).
6
Bhagavad Gita 9,16.
7
Giovanni 1,29.
8
Giovanni 8,58.
9
Bhagavad Gita 2,12.
6
Il re Kamsa, a cui era stato predetto che sarebbe stato ucciso da uno dei figli maschi della
sorella Devaki, fece uccidere i primi sei figli maschi di lei, mentre il settimo era una
femmina, che per questo fu risparmiata.
Krishna, l’ottavo figlio, scampò alla morte per intervento degli dei, che fecero scendere il
sonno sulle guardie del palazzo, permettendo così a Vasudeva, il padre di Krishna, di
portare il bambino nel villaggio di Gokul, affidandolo a due pastori (Nanda e Yasoda) e
prendendo al suo posto la loro figlia appena nata, che, in quanto femmina, poteva essere
portata al palazzo reale senza pericolo.
Da notare che Krishna era l’ottavo figlio di Devaki – nonché l’ottavo avatar (incarnazione)
di Vishnu - e l’otto è il numero di Gesù, o, più precisamente, è il numero con il quale,
nella tradizione ebraico-cabbalistica, viene indicato il Messia che, essendo al di là della
creazione, è al di là del numero sette (sette erano infatti i giorni impiegati da Dio per creare
il mondo, ricordati simbolicamente nei sette bracci della menorah, il candelabro ebraico).
Krishna, vivendo il periodo della fanciullezza presso Nanda e Yasoda, viene designato con
i termini “Govinda” e “Gopala”, che significano entrambi “guardiano di vacche”, cioè
“pastore”. Krishna era un pastore che amava non solo gli animali che gli venivano affidati,
ma tutte le creature viventi che incontrava nelle sue giornate di lavoro. Risulta quindi
evidente come Gesù sia ancora una volta accomunato a Govinda, il buon pastore che ama
tutte le creature.
Le vite di Krishna e Gesù sono accomunate anche da un altro elemento che,
immancabilmente, trascende l’aspetto biografico: il legame affettivo che lega Krishna a
Radha, e Gesù a Maria di Magdala.
Radha era la gopi (pastorella) prediletta da Krishna ed è considerata la sua compagna
eterna, come evidenziano il Maha-bharata e l’iconografia.
Maria di Magdala, di cui per altro non compare in alcun versetto del Nuovo Testamento il
fatto che fosse una prostituta o una donna di malaffare, viene presentata dagli autori
gnostici come la compagna di Gesù, come risulta evidente dal Vangelo di Filippo: “Tre
persone camminavano sempre con il Signore: Maria, sua madre, la sorella di lei e la
Maddalena, detta la sua compagna. Maria infatti (si chiamava) sua sorella, sua madre, e sua
compagna.”10 “La Sofia [Sapienza], chiamata ‘sterile’, è la madre degli angeli; la
compagna del Figlio è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli, e
spesso la baciava sulla bocca. Gli altri discepoli, vedendolo con Maria, gli domandarono:
10
Vangelo di Filippo 59,10 (trad. it. Luigi Moraldi, in I Vangeli gnostici, Adelphi, Milano, 1994).
7
‘Perché l’ami più di noi tutti?’. Il Salvatore rispose e disse loro: ‘Com’è che io non vi amo
quanto lei?”11.
Maria di Magdala, come Radha, in virtù del suo intimo legame con il Signore, viene, per
così dire, “divinizzata”. Nel passo appena citato, infatti, si fa riferimento alla sofia, alla
sapienza, la quale però non è che mera sapienza - sterile e perciò falsa - alla quale viene
contrapposta, appunto, la Maddalena, che rappresenta la sapienza unita al Salvatore, la vera
Sapienza. Non bisogna dimenticare, infatti, che Maria è depositaria di un sapere “altro” e
più elevato rispetto a quello degli apostoli: “Pietro disse a Maria: ‘Sorella, noi sappiamo
che il Salvatore ti amava più delle altre donne. Comunicaci le parole del Salvatore che
ricordi, quelle che tu conosci, (ma) non noi; (quelle) che noi non abbiamo neppure udito’.
Maria rispose e disse: ‘Quello che a voi è nascosto, io ve lo comunicherò’.”12.
Ecco allora che come Radha è inscindibile da Krishna in virtù del suo essere il simbolo
universale della gioia e dell’amore di - e per - Krishna, così Maria di Magdala è
inscindibile da Gesù, essendo la vera Sapienza inscindibile dal Salvatore.
Gesù, il Messia atteso, il Figlio di Dio, rivela la propria natura divina ai discepoli, per
mezzo di quella che viene denominata “trasfigurazione”, mediante la quale gli occhi umani
sono resi capaci di cogliere l’impercepibile, il divino.
Matteo scrive: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello
e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto
brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.”13.
Allo stesso modo, nella Bhagavad Gita, Krishna si trasfigura di fronte ad Arjuna, di cui è
auriga, permettendogli di vedere l’infinità e la divinità del suo essere, di percepire la sua
natura divina: “Il grande maestro dello yoga mostrò al figlio di Prtha la sua forma suprema
e sovrana, provvista di una moltitudine di bocche e di occhi, di una moltitudine di aspetti
meravigliosi, di una quantità di ornamenti divini, e che brandiva numerose armi divine,
adorna di collane e vesti divine, unta di profumi divini, costituita da tutte le meraviglie, dio
infinito dai visi rivolti in tutti i sensi.”14.
Krishna, come Gesù, è Dio che ha assunto un corpo mortale per impartire insegnamenti
religiosi agli uomini e illuminarli sulla natura e sul volere della divinità.
11
Vangelo di Filippo 63,30 sgg.
12
Vangelo di Maria, 10.
13
Matteo 17,1-2.
14
Bhagavad Gita 11,9-11.
8
Dio è onnipotente, immutabile ed eterno, esiste da prima dell’inizio del tempo, è il creatore
di tutte le cose, è l’inizio e la fine di tutte le cose, è l’alfa e l’òmega: “ Io sono l'Alfa e
l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!”15; “Io sono
il fine, il sostegno, il signore, il testimone, la dimora, il rifugio, l’amico, l’origine, il
dissolvimento, la permanenza, il ricettacolo, il germe, l’immutabile. Sono io che riscaldo,
che trattengo o libero la pioggia; io sono l’immortalità e la morte.”16; “Io sono il principio
di tutte le cose; è da me che tutto procede.”17.
Anche nel momento della morte è riscontrabile un’analogia tra Gesù e Krishna.
Entrambi infatti, pur essendo Dio fatto uomo, non ascendono al mondo spirituale nella
gloria che è loro propria, ma lasciano il corpo fisico semplicemente morendo da uomini,
senza che in questo frangente la loro natura divina si manifesti in tutto il suo splendore.
Nel caso di Gesù, infatti, gli eventi sovrannaturali, (“ed ecco il velo del tempio si squarciò
in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono”18), simbolo di tragedia, si
verificano a posteriori e non in contemporanea con il distacco dal corpo fisico.
Similmente, dopo la morte di Krishna, “questo pianeta, privo della presenza personale del
Signore, sembra un fiore che abbia perso il suo profumo”19.
Ecco cosa dicono di Gesù i Vangeli:
“E Gesù, emesso un alto grido, spirò”20.
“Ma Gesù, dando un forte grido, spirò”21.
“Gesù, gridando a gran voce, disse: ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’ Detto
questo spirò”22.
“E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!". E, chinato il capo, spirò”23.
E cosa dice il Maha-Bharata di Krishna:
“Poi rifletté su come avrebbe dovuto lasciare questo mondo. Avrebbe potuto farlo nel ruolo
che gli competeva, da essere divino, ma non volle. ‘Gli atei e gli invidiosi non possono
capire la natura trascendentale dei miei atti, non mi accettano come il Signore Creatore e
Mantenitore di tutto ciò che esiste. Se io scomparissi nella mia gloria, come potrebbero
15
Apocalisse 1,8.
16
Bhagavad Gita 9, 18-19.
17
Bhagavad Gita 10,8.
18
Matteo 27,51.
19
Maha-Bharata 146.
20
Matteo 27,50.
21
Marco 15,37.
22
Luca 23,46.
23
Giovanni 19,30.
9
sostenere le loro tesi diaboliche? Come potrebbero rimanere in questa prigione materiale,
che è la cosa che desiderano più di tutto? Ebbene, io darò loro l'opportunità di contestare la
mia Natura Suprema morendo come un uomo.’ Intanto che rifletteva si sdraiò e si
addormentò. Durante la notte in quei pressi passò un cacciatore e notando il Signore per
terra lo scambiò per un cervo addormentato. Immediatamente scagliò una grossa freccia
che era stata ricavata dal ferro partorito da Samba. Attraverso la pianta del piede, l'arma
entrò nel corpo di Krishna, che lasciata dietro di sé una forma materiale, abbandonò la
Terra e tornò nel suo mondo spirituale.”24
Potremmo continuare questa analisi occupandoci, come alcuni fanno, dell’affinità fonetica
tra “Cristo” e “Krishna”, ma la mancata affinità semantica ce lo impedisce. I termini
“Khrishna” e “Cristo”, infatti, hanno entrambi accezioni positive, ma il legame tra loro si
limita a questo.
Krishna significa infatti “affascinante”, mentre Kristòs (Cristo), non è altro che la
traduzione letterale greca del termine ebraico Masiach (Messia), che significa l’Unto,
ovvero, come abbiamo detto, il Consacrato.
E’ probabile, però, che Gesù (“Yeshu” in ebraico e “Isa” nell’arabo coranico) detto il
Messia (Masiach) abbia compiuto un viaggio in India, o comunque così pare stando al
nono dei diciotto libri chiamati Bhavishya Maha Purana, risalente al 115 d.C. In esso si
accenna infatti ad un uomo seduto su una montagna, con la pelle chiara e con addosso
indumenti bianchi, che dice al suo interlocutore “sono chiamato figlio di Dio, nato da una
vergine”, per poi proseguire dicendo: “attraverso la giustizia, la verità, la meditazione e
l'unità di spirito, l’uomo troverà la sua via verso Isa nel cuore della Luce (…) e io fui
chiamato Isa-Masih.”
Pur essendo in contrasto con il taglio dato al presente lavoro, sia per la sua non
documentabilità, sia perché di fatto trascende il rapporto tra Gesù e Krishna, vorremmo
terminare questa trattazione accennando ai figli di Gesù e Maria di Magdala.
Valutiamo attendibile la fonte catara che vuole Maria incinta del terzogenito di Gesù al
momento del suo arrivo in Francia, anche se non consideriamo verosimile che da tale figlio
sia discesa la dinastia merovingia.
Attuando infatti i Catari un’operazione politica di legittimazione dinastica, paragonabile a
quella compiuta da Virgilio con l’Eneide, potevano dare a tale affabulazione un barlume di
verosimiglianza solo partendo da un dato storico vero ed incontrovertibile.
24
Maha-Bharata 146.
10
Riteniamo quindi che, per quanto sia fantasiosa ed inattendibile la prosecuzione della
storia, che vede i Merovingi discendenti diretti di Gesù di Nazareth, non possiamo non
considerare attendibile l’elemento base di tale narrazione, vale a dire l’esistenza dei tre
figli di Gesù e Maria di Magdala, ovvero, Tamar, Gesù II il Giusto e Giuseppe il Rama-
Theo.
Il termine “Rama-Theo” secondo l’interpretazione corrente significa “altezza divina”, ed è
considerato come un sostantivo misto ebraico-greco (“rama” in ebraico significa “altezza”
e “Theo” in greco significa “Dio”). Noi invece (lieti dell’eventualità di essere smentiti e
consci che il valore di quanto scriviamo stia nelle precedenti analisi e non in un’ipotesi che
ci piace e ci affascina, ma che può benissimo essere confutata) proponiamo un’altra
traduzione: “Giuseppe Dio-Rama”.
Rama, eroe divinizzato, è il settimo avatar di Vishnu, di cui Krishna è l’ottavo.
11