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LA LITURGIA COME “SORGENTE INESAURIBILE DELLA CATECHESI”

(RDC 113. CF. 117)

Il titolo del mio intervento è desunto da un’espressione del Documento di Base (= DB), il quale per
la verità, nel suo capitolo sesto dedicato alle “fonti” della catechesi vi ricorre due volte con
differenti, ma convergenti sfumature. Al n. 113, infatti, si legge che “espressione culminante di
Tradizione e di vita, la liturgia è nella Chiesa una sorgente inesauribile di catechesi”. Qui mi pare sia
intesa al primo posto la liturgia la quale ha una spiccata indole pastorale-catechistica, soprattutto
perché a motivo della sua caratteristica indole è in grado di rivolgersi a tutto l’uomo. Poco più
avanti, al n. 117 il DB utilizza pressoché le medesime parole, ma con un leggero mutamento di
preposizione. Dice, infatti, che “la liturgia è una fonte inesauribile per la catechesi”. In questo caso
pare doversi intendere che, per la sua stessa natura, la liturgia è in grado di offrire elementi di
grande efficacia per una catechesi viva e genuina, la quale è, d’altra parte, invitata ad attingere “con
saggia frequenza”al patrimonio liturgico.

Queste prime spiegazioni le ho rilette in un testo che conservo caramente per il semplice fatto di
averlo avuto tra mano durante il mio terzo anno di studi teologici nel ciclo istituzionale. Ero, allora,
all’ultimo anno di seminario, che preludeva all’ordinazione sacerdotale. Il DB era stato da poco
pubblicato e nella scuola lo studiammo aiutati dal commento del Centro Catechistico Salesiano,
anch’esso freschissimo di stampa. Il padre Secondo Mazzarello era l’autore del relativo capitolo di
commento. Subito, dopo avere affermato l’esistenza di un “rapporto di reciproca induzione” tra
liturgia e catechesi, egli notava che negli ultimi decenni tale rapporto si era talmente imposto “da
portare l’elemento liturgico a sostituire nella catechesi la predominanza di quello biblico, come
questo aveva facilmente sostituito la precedente quasi esclusiva accentuazione dottrinale”.
Concludeva che questa “è cosa che tutti sanno” (Mazzarello, p. 391).

L’affermazione è di quarant’anni or sono, ma, come spesso accade, anche in questo caso “tra il dire
e il fare…”! È ben vero, infatti, che, soprattutto negli ultimi tempi, diversi documenti ecclesiali
hanno messo in luce e richiamato lo stretto rapporto vigente tra catechesi e liturgia, pur
nell’autonomia delle loro funzioni. Ciò nonostante, nella prassi continua a mostrarsi manifestare
una difficile coesistenza. Qui il binomio appare ancora molto instabile e, per quanto la catechesi e la
liturgia coprano la maggior parte dell’impegno delle nostre Chiese particolari, tuttavia in generale
pare che siano ancora mal connesse tra loro. Si parla, allora, di un “dialogo difficile”, di “dibattito
insufficiente” e di “incontro problematico”. Dai rispettivi punti di vista non mancano alcune
annotazioni critiche. Ad esempio, un liturgista obbietterebbe che l’odierna catechesi, benché aperta
ai valori del più recente rinnovamento ecclesiale, non si sia ancora posta sulla lunghezza d’onda
degli orientamenti di fondo della riforma liturgica. Preoccupata dell’annuncio e della sua traduzione
nella vita concreta, non sembra talvolta sufficientemente sensibile verso il momento celebrativo,
che si situa come culmine dell’annuncio e come sorgente dell’esistenza cristiana (cf. D. Sartore).
Inversamente, un catecheta potrebbe osservare che la ragione per cui si parla di una relativa
stanchezza della riforma liturgica, ciò è pure per una certa concezione della liturgia che la intende di
fatto ancora isolata nel complesso degli altri aspetti della pastorale globale; in alcuni casi legata
ancora a una mentalità rubricista e clericale, che ne mostra l’incomunicabilità e la non significatività
con l’insieme della vita (cf. G. Morante; E. Alberich). Si potrebbe andare per le lunghe e non sarebbe
proprio il caso. Emerge, in ogni caso, il bisogno di riscoprire le dinamiche relazionali tra liturgia e
catechesi a partire delle fonti della rivelazione e del magistero, per rendere più efficace la
connessione tra le due mediazioni ecclesiali. Magari anche facendo fruttificare l’opportunità di
questo “quarantennio”, gli stessi catecheti e liturgisti potrebbero maggiormente impegnarsi
dovrebbero a convergere su una prassi più corretta, pur rispettando la specificità proprie dei
rispettivi ambiti.

Ciò premesso, articolerei il mio intervento sui quattro semplici punti, indicati nello schema inserito
nella cartella dei convegnisti. I primi due punti sono evidentemente intimamente collegati e in
sequenza fra loro.

1 – LA LITURGIA È DEPOSITO DELLA FEDE CELEBRATO E COMUNICATO PER MEZZO DI SEGNI (CF CCC 1124)

 Nella celebrazione liturgica non solo si compie oggi, qui e per noi la storia della salvezza (cf SC 5-
7; CCC 1104), la Chiesa viene edificata e manifesta la sua identità (cf SC 2), ma è pure comunicato il
deposito della fede; le verità di fede, anzi, si fanno evento, sacramento (cf CCC 1071. 1074).

 Accedit verbum ad elementum et fit sacramentum, etiam ipsum tamquam visibile verbum
(AGOSTINO, Comm. In Jo., LXXX, 3: CCL 36, 529 [PL 35, 1840]). La liturgia, pertanto, non soltanto
comunica la fede nella sua oggettività, ma la rende anche visibile nei segni sacramentali; la rende,
cioè, conoscibile attraverso i segni (cf CCC 1145-1152). Essa è, infatti, un complesso di segni sensibili
attraverso i quali “viene significata e in modo proprio a ciascuno viene realizzata la santificazione
dell’uomo” (SC 7)

In queste due, successive affermazioni mi pare si possano sottolineare alcuni punti precisi. Il primo
è indubbiamente il termine celebrazione. “Celebrare” significa molte cose, evidentemente, e non è
il caso di richiamarle in questa sede. Nel dizionario “Liturgia” (ed. 2001) c’è una lunga e
approfondita voce “celebrazione” preparata da d. Manlio Sodi e nell’indicarne la varie dimensioni
giustamente non si trascura quella comunitaria. Celebrando, infatti, si evoca e si fa memoria, ma si
vive pure in un clima di festa che già solo per l’attuazione di riti particolari esige la partecipazione di
altre persone, che intendono condividerne il significato e le conseguenze nella vita. La celebrazione
non è normalmente l’atto di uno solo. Il linguaggio della celebrazione liturgica è sempre il “noi”. Ciò
non è senza importanza per la stessa catechesi; ugualmente il secondo elemento che intendo
richiamare ed è il complesso di segni cui la liturgia deve necessariamente rifarsi.

La liturgia è un complesso di segni, che rendono presente la salvezza, come presenza misteriosa, ma
vera e reale di Cristo nella storia. San Leone Magno affermava che dopo la risurrezione e ascensione
al cielo è sì mutata la presenza corporale di Gesù fra noi, ma tutto ciò che era possibile vedere e
toccare nell’umanità del nostro Redentore ora è stato come trasferito nei Sacramenti della Chiesa:
quod Redemptoris nostri conspicuum fuit, in sacramenta transivit (Sermo LXXIV. “De ascensione
Domini” II, cap. I: PL 54, 398). Nella sua Omelia durante l’ultima Messa Crismale anche Benedetto
XVI ricordava che “Dio ci tocca per mezzo di realtà materiali, attraverso doni del creato che Egli
assume al suo servizio, facendone strumenti dell’incontro tra noi e Lui stesso” (Omelia del 1 aprile
2010). Mediante questi segni sacramentali l’uomo è toccato e coinvolto in tutta la sua corporeità,
come pure mediante la scansione dei suoi tempi la Liturgia ritma la vita personale, sociale, storica
dell’uomo. La celebrazione liturgica si mostra così come “una catechesi integrale” (E. Costa) Una
profonda attenzione è così evidenziata all’uomo storico in tutte le dimensioni del messaggio
rivelato e ad esse anche la catechesi deve dare competente risalto.
2 – LA LITURGIA ANNUNCIA CELEBRANDO.

 Nella costituzione Sacrosanctum Concilium (SC) del Concilio Vaticano II è possibile rintracciare
come un crescendo di questa consapevolezza:

 La liturgia è manifestazione della Chiesa (cf. SC 2);


 è la prima e necessaria fonte da cui i fedeli possano attingere uno spirito veramente
cristiano (cf SC 14) e, perciò, anche una conoscenza veramente cristiana della loro fede.
 è anche “una ricca fonte di istruzione per il popolo fedele” (SC 33).
 Per questo “i riti splendano per nobile semplicità, siano chiari, adattati alla capacità di
comprensione dei fedeli e non abbiano bisogno generalmente di molte spiegazioni” (SC 34).
 Il mistero pasquale, che trova il suo culmine celebrativo nell’Eucaristia (cf PO 5; OGMR 16),
può essere compreso bene “per mezzo dei riti e delle preghiere” (SC 48: per ritus et preces).

 Questa consapevolezza trova una felice sintesi nella indicazione della liturgia quale “luogo
educativo e rivelativo” della fede (CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia [2001], n. 49;
cf anche COMMISSIONE EPISCOPALE CEI PER LA LITURGIA, Il rinnovamento liturgico in Italia [1983], n. 25:
Epifania del mistero). D’altra parte “la liturgia è fonte inesauribile per la catechesi. Difficilmente si
potrebbe trovare una verità di fede cristiana che non sia in qualche modo esposta nella liturgia: le
celebrazioni liturgiche sono una professione di fede in atto” (RdC 117).

A quanto sopra, aggiungo almeno due precisazioni. Non s’intende, in ogni caso, per nulla
confondere, o identificare il momento catechetico con quello specificamente celebrativo. Per un
verso, occorrerà sempre riconoscere che “la catechesi è indispensabile alla celebrazione: previa,
concomitante o mistagogica, la sua presenza non può mancare in quanto l’iniziazione al mondo e al
linguaggio del segno e del simbolo – e ancora più del mistero – non si esaurisce mai”.

Si preciserà pure che i sacramenti e l’anno liturgico non esauriscono tutta l’azione liturgica della
Chiesa. Esistono altri momenti celebrativi significativi: sacramentali; le varie forme di pietà popolare
(feste e tradizioni popolari; devozioni; novene; …). Dal punto di vista pastorale, si tratta in questo
caso di un grosso sforzo di ri-evangelizzazione. Cf. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI
SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti (2001): al n. 49 si insiste
sulla importanza di un’accorta e perseverante azione catechetica e pastorale per sostenere il
corretto rapporto tra Liturgia e pietà popolare.

Anche se momento catechetico e momento celebrativo sono due realtà distinte nella modalità di
attuazione, hanno però un “oggetto” comune. “La catechesi, infatti, è chiamata fra l’altro, a
individuare e proporre organicamente temi emergenti da una particolare celebrazione e dagli stessi
testi liturgici, situandoli poi organicamente nell’alveo dell’anno liturgico e in rapporto alla vita del
cristiano” (M. Sodi, p. 393).

3 – CATECHESI E LITURGIA

 La catechesi, per altro verso, non può assolutamente prescindere dalla liturgia. Si dovrà
ammettere, come accennavo in principio, che questa affermazione trova una grande difficoltà ad
essere accettata e soprattutto messa in atto da una lunga tradizione catechistica che, a partire dalla
riforma tridentina, ha privilegiato (per ragioni molto opportune in quell’epoca!) la dimensione
“razionale” , illuministica della fede... La catechesi, specie nel contesto dell’iniziazione cristiana è, e
dovrebbe essere, iniziazione alla e dalla liturgia.

DB 115, rimanda a tre tipi fondamentali di catechesi liturgica: la catechesi “rituale”, la catechesi
“sacramentale” e la catechesi “mistagogica”. Il compito della catechesi liturgica si trova qui così
indicato: facilitare la comprensione dei segni e dei riti, aiutando la partecipazione all’azione
liturgica, con la spiegazione dei gesti, delle parole, degli atteggiamenti; aiutare a comprendere la
sacra mentalità della liturgia (SC 7; DB 78); condurre alla profondità del mistero in cui l’azione di Dio
conforma l’uomo a Cristo (in armonia con lo sviluppo della fede).

Il rapporto liturgia-catechesi esige che si educhi il dono della fede ricevuto nell’evangelizzazione. La
partecipazione alla celebrazione liturgica suppone il dono della fede. La riflessione mette a
confronto le caratteristiche delle due mediazioni in dialogo: la liturgia come “culmine e fonte” della
vita di fede; e la catechesi, come crescita nella vita di fede (che implica anche l’educazione alla
celebrazione liturgica), per evidenziare gli elementi di un efficace dialogo pastorale.

Anche in questo caso, si richiamerà qualche precisazione. Il riferimento essenziale della catechesi
alla liturgia non dev’essere enfatizzato e assolutizzato, quasi che la liturgia fosse l’unica
realizzazione della “sacramentalità” della Chiesa, o l’unico luogo dove si attua ciò che la catechesi
proclama e annuncia. La liturgia appartiene, sì, agli scopi e fonti della catechesi, ma non è “lo scopo
e la fonte della catechesi” (cf. E. Moeller 1969, 138); essa rimane sempre riferimento essenziale
della catechesi ma non la sua “norma strutturante” essenziale (cfr. J. Dreissen 1969).

Due ultime annotazioni con riferimento alla Iniziazione Cristiana.

 Riguardo alla iniziazione cristiana dei fanciulli, la nota pastorale CEI Il volto missionario delle
parrocchie in un mondo che cambia (2004) al n. 7 ammette che “si è finora cercato di «iniziare ai
sacramenti»: è un obiettivo del progetto catechistico «per la vita cristiana», cui vanno riconosciuti
indubbi meriti e che esige ulteriore impegno per una piena attuazione”; riconosce, tuttavia, che
occorre “anche «iniziare attraverso i sacramenti»”.

 Anche la catechesi per gli adulti già completamente iniziati deve mantenere il suo carattere
mistagogico, nella consapevolezza che l’etica cristiana fondata sul Battesimo e sulla Cresima, viene
espressa e alimentata dalla partecipazione alle celebrazioni sacramentali (cf CCC 1691-1692). È,
infatti, nella Liturgia, e nell’Eucaristia in modo particolare, che i battezzati potranno proseguire il
loro cammino e portare a compimento gli impegni battesimali (cf RICA 37-39).

4 – L’ARS CELEBRANDI PER COMUNICARE CORRETTAMENTE IL MISTERO CRISTIANO

Cosa è questa “ars celebrandi” di cui ormai da tempo e giustamente si parla? Si potrebbe
rispondere indirettamente con un’affermazione del Concilio Vaticano II: “I riti splendano per nobile
semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati
alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni”
(SC 34).

Qui, nella prospettiva della relazione catechesi-liturgia si vuol anzitutto sottolineare che la liturgia è
in se stessa comunicazione: secondo il movimento discendente (dalla Trinità Santa all’uomo),
ascendente (nello Spirito mediante il Figlio al Padre) e circolare (nella comunione e nella pace
ecclesiale); la liturgia è comunicazione fra la Chiesa celeste e quella ancora peregrinante sulla terra;
la liturgia è anche scrittura di una nuova cosmologia nella comunicazione dei segni naturali e dei
simboli.

Ciò premesso, si mettono in luce alcuni punti:

 Le modalità celebrative non sono innocue, anzi, condizionano fortemente la capacità


comunicativa del linguaggio liturgico che è costituito da “segni” (persone, cose, gesti,
atteggiamenti, spazi...). Le parole stesse nella liturgia diventano “segni”: non basta, infatti, leggere;
la parola in liturgia è “celebrata”. Nella celebrazione il contesto è più importante del testo (De
Saussure).

 I modi celebrativi possono rivelare, oppure nascondere il significato dei riti. Un modo scorretto di
celebrare può diventare addirittura deviante. Infatti, “l’esperienza del mistero passa attraverso il
rito” (MESSALE ROMANO, Presentazione CEI). L’ars celebrandi è quindi lo strumento indispensabile
(conditio sine qua non) perché la partecipazione attiva dei fedeli sia veramente piena, consapevole
e fruttuosa.

 Il mistero cristiano non è esoterico. L’ex opere operato è grazia, ma non semplice automatismo.
La fede è una risposta libera, per chi ne è in grado. Non si confonderà, quindi, l’ars celebrandi con
l’estetismo, che è idolatria dell’immagine e dei sensi. Si tratta, al contrario, di mettere la bellezza al
servizio della celebrazione, rispettandone le finalità e le leggi (cf BENEDETTO XVI, Esort. apost.
Sacramentum Caritatis [2007], n. 38). La bellezza in liturgia è soprattutto verità e, quindi, rispetto
della natura e delle finalità della celebrazione cristiana che non mira a gratificare i sensi ma a
cambiare il cuore (cf CEI, Comunicare il Vangelo cit., n. 32).

 La liturgia è certamente fonte inesauribile per la catechesi, ma lo diventa effettivamente e


concretamente soltanto nella misura in cui i riti risultano significativi conservando “la loro
autenticità, senza essere banalizzati con un cerimonialismo che ne estenua l’originale senso umano”
(Il rinnovamento liturgico in Italia cit., n. 12). Diversamente, una catechesi previa che intendesse
semplicemente spiegare i riti non sarebbe solo in evidente contraddizione, ma verrebbe anche
cancellata dall’esperienza, cioè da quella “catechesi” in atto e più incisiva di tutte le parole che è
appunto la celebrazione.

Seminario sul 40° del Documento di Base


Roma 14-15 aprile 2010

 Marcello Semeraro, vescovo di Albano


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

E. ALBERICH, voce Liturgia e Catechesi, in ISTITUTO DI CATECHETICA – UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA,


“Dizionario di Catechetica”, Elledici, Leumann (Torino) 1986, p. 387-389.
E. ALBERICH, La catechesi oggi. Manuale di catechetica fondamentale. Elledici, Leumann (Torino)
2001 (cap. 9: Catechesi e Liturgia).
E. COSTA, La “celebrazione” come catechesi integrale, in “Rivista Liturgica” 60 (1973), p. 633-642.
S. MAZZARELLO, La dimensione liturgica, in DOCUMENTO DI BASE «IL RINNOVAMENTO DELLA CATECHESI». Testo
promulgato dall’episcopato italiano e commento a cura del Centro Catechistico Salesiano, Elle Di Ci,
Torino-Leumann 1970, p. 391-399.
G. MORANTE, Catechesi e Liturgia, in ISTITUTO DI CATECHETICA (FACOLTÀ DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE –
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA, “Andate e Insegnate. Manuale di Catechetica”, Elledici, Leumann
(Torino) 2002, P. 118-127.
D. SARTORE, voce Catechesi e Liturgia, in D. SARTORE, D. A. M. TRIACCA, C. CIBIEN, “Liturgia” (Dizionari
San Paolo), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001, p. 328-339.
M. SODI, voce Celebrazione, in D. SARTORE, D. A. M. TRIACCA, C. CIBIEN, “Liturgia” (Dizionari San Paolo),
San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001, p. 377-396.

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