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La statica degli archi

in muratura
Terminologia degli archi
 Asse : linea media dell’arco;
 Sesto : la forma dell’asse dell’arco;
 Imposta : la sezione in cui l’arco si appoggia alla spalla o al piedritto;
 Chiave : il punto più alto dell’arco;
 Altezza : la lunghezza del segmento perpendicolare alla tangente all’asse;
 Luce : la dimensione orizzontale fra le spalle o i piedritti (per archi di
piccola luce coincide con la luce netta della apertura; per archi di grande
luce coincide con la distanza presa fra le due intersezioni dell’asse con le
imposte);
Terminologia degli archi
 Estradosso : la linea esterna dell’arco;
 Intradosso : la linea interna dell’arco;

 Concio : elemento base a forma di cuneo che genera l’arco;

 Linea d’appoggio : linea dove il piedritto interseca la sezione d’imposta


(per archi di piccola luce); intersezione dell’imposta con l’asse dell’arco
(per archi di grande luce);
 Monta : la massima altezza della sommità dell’intradosso rispetto alla
linea di appoggio (per archi di piccola luce); la massima altezza dell’asse
rispetto alla linea d’appoggio (per archi di grande luce).
Cenni storici
Una prima teoria statica
dell’arco fu stabilita solo
alla fine del XVII secolo.
In epoca precedente si
ebbero solo alcuni
tentativi anche se i
costruttori medievali
avevano un metodo geometrico empirico per dimensionare i piedritti
al fine di contenere la spinta dell’arco.
Dividendo l’arco, sia che fosse a tutto sesto, sia a sesto acuto, in tre
parti eguali, AB, BC, CD, con centro in D e raggio CD si descriveva
una semicirconferenza. L’estremità del diametro opposta a C, E,
apparteneva al filo esterno del piedritto.
La regola conduce ad avere piedritti di spessore maggiore per archi a
tutto sesto che per archi a sesto acuto, poiché maggiore è la spinta.
Solo Leonardo da Vinci (secolo XV) fornì i primi spunti di corretta
interpretazione meccanica del comportamento di un arco affermando
nel manoscritto del Codice Foster:
Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze,
imperoché l’arco negli edifizi è composto di due quarti di circulo, i
quali quarti circuli, ciascuno debolissimo per sé, desidera cadere e
oponendosi alla ruina l’uno dell’altro, le due debolezze si
convertono in una unica fortezza.
Leonardo sperimentò anche un metodo per la verifica al ribaltamento
degli archi, stabilendo una condizione secondo la quale le sezioni
dell’arco non ruotano: l’arco è assimilato a due barre rettilinee, ab e
bc e si afferma che: L’arco non si romperà se la corda dell’archi di
fori non tocherà l’arco di dentro. Ciò dimostra l’intuizione della
condizione che la curva
delle pressioni risulti
interna all’arco.
Le teorie statiche dell'arco:
Philippe De LA HIRE (1640-1718)
I primi contributi significativi alla teoria statica dell'arco sono
dovuti a De La Hire.
L'arco viene studiato come una macchina semplice in grado di
spiegare l'equilibrio. I conci vengono intesi come porzioni di cunei
insistenti su letti di malta.
Il modello non è soddisfacente ma ha il merito di costituire il
primo approccio meccanico agli archi e di avere considerato le
strutture in muratura come sistemi rigidi, dotati di peso.
Le ipotesi di base:
• assenza di deformabilità: effettivamente trascurabile in prima
approssimazione
• assenza di attrito: è invece un aspetto importante ed è l'aspetto
per il quale la teoria entra in contraddizione
De la Hire affronta 2 problemi:
1) L’equilibrio di un arco indipendentemente dai suoi piedritti;
2) La determinazione della larghezza dei piedritti in funzione delle
spinte provenienti dalla volta.
Nell’affrontare il problema 1) si ha il preludio del poligono delle
forze per esprimere l’equilibrio di un sistema di forze concorrenti.
De la Hire tratta l’arco come una fune (come già proposto da Robert
Hooke nel 1675): se si rovescia la figura assunta da una fune tesa si
ottiene l’arco, i cui elementi sono compressi e non tesi.
Per il problema 2) De La Hire accenna a un primo esempio di
calcolo a rottura, proponendo un meccanismo di collasso ed
esprimendone l'equilibrio.
Le ipotesi di rottura sono:
• l'arco si lesiona simmetricamente in una sezione intermedia (a
45°) fra imposta e chiave;
• nelle tre zone delimitate
dalle lesioni i conci restano
uniti a formare tre corpi rigidi;
• la spinta è applicata al
lembo inferiore del giunto
di rottura.

In particolare si ipotizza che il cuneo della parte superiore faccia


ruotare il piedritto attorno a O.
Il procedimento non è del tutto errato.
Limiti del modello:
• Il meccanismo considerato (scorrimento verso il basso del cuneo
centrale) è possibile ma non molto probabile;
• L'assenza di attrito (ipotesi che è contraddetta già dai risultati del
modello);
• La componente F della forza esercitata dal concio centrale risulta
perpendicolare alla leva nel punto A;
• Il contributo stabilizzante (peso del cuneo inferiore) è applicato
all’estremo B della leva.
La teoria di B. F. De BELIDOR (1698-1761)
De Belidor riprese la teoria di De la Hire, ma con ipotesi diverse
sul punto di applicazione della forza ribaltante e del tipo di leva
(che ne modifica la scomposizione).

De la Hire De Belidor
Il meccanismo di rottura
di Lorenzo MASCHERONI (1750-1800)
Mascheroni propose un meccanismo a rottura dell’arco che prevede
una rottura multipla e la formazione di lesioni all’intradosso in
chiave e all’estradosso alle reni.

Il meccanismo è più
realistico di quello di
De Belidor poiché prevede
una rottura per effetto della
rotazione di parti rigide
(dovuta alla formazione
delle cerniere e non per
scivolamento).
COULOMB: IL PRINCIPIO DEI “MASSIMI E MINIMI” (1773)

Oltre ad introdurre il problema della


coesione delle malte e la presenza
dell’attrito, Coulomb offrì un
metodo di analisi per la
determinazione dei meccanismi di
rottura (quattro furono quelli da lui
analizzati) e del relativo valore
della SPINTA ORIZZONTALE IN
CHIAVE variabile con l’angolo di
rottura dei giunti alle reni.
La teoria di Coulomb, in relazione
ai modi di collasso per rotazione, è
però inesatta: questo fu evidenziato
da Persey nel 1825.
POST-COULOMBIANI (fine '700-primi '800)

Ebbero lo scopo di approfondire il


discorso di Coulomb allargandone
lo spettro di analisi fino alla
definizione di otto meccanismi di
collasso teorici, correggendone le
incongruenze.
L’obiettivo comune di tali studi è
stato quello di considerare tutte le
possibili combinazioni di rottura e
definire la posizione della spinta
orizzontale in chiave che nel
primo lavoro di Coulomb manca
totalmente. Non molto di nuovo
però fu aggiunto da questi studi.
STUDI SULLE “CURVE DI PRESSIONE”

Gli studi sulla ricerca della ‘curva delle pressioni’ negli archi,
hanno coinvolto tutta la ricerca ottocentesca e costituiscono
uno dei capitoli più significativi dell’indagine sulla stabilità
delle volte.
Un chiaro riconoscimento di questo aspetto è da attribuire a
F.J. GERNSTNER il quale, nel 1831, introducendo per la
prima volta nello studio degli archi gli strumenti grafici della
linea delle pressioni e della linea di resistenza, ravvisò la
possibilità di costruire un numero infinito di tali linee
soddisfacenti l’equilibrio, con l’unica condizione che la linea
passi all’interno dell’arco.
STUDI SULLE “CURVE DI PRESSIONE”
Successivamente a questo approccio tutta la ricerca si concentrò
sulla determinazione della vera posizione delle curve di
pressione.
Un primo studio sulle curve di pressione, ancora in linea con le
conoscenze acquisite negli ultimi decenni, fu proposto da
Moseley nel 1843 e successivamente divulgato da MERY a cui si
deve, tra l’altro, il termine di "CURVA DELLE PRESSIONI"
È il metodo più usato per la verifica di archi e volte, grazie alla
sua semplicità e facilità di impiego.
Costruisce il poligono funicolare del sistema di vettori che
rappresentano i pesi di tutti i conci, con la condizione che questo
poligono passi per punti prefissati.
La verifica degli archi mediante la curva delle pressioni
PROCEDIMENTO DI MERY

Le ipotesi alla base del metodo sono le seguenti:


a. Arco simmetrico;
b. Carichi simmetrici;
c. Spinta trasmessa in chiave da un semiarco all’altro
esclusivamente orizzontale;
d. Spessore dell’arco uniforme;
e. Massa concentrata lungo la linea d’asse.
I pesi dei singoli conci vengono valutati e descritti come
vettori in un’opportuna scala.
Mediante la costruzione di un primo
poligono funicolare, con il primo lato
orizzontale e passante per il baricentro
della sezione in chiave, si determina la
risultante dei carichi; dopo di che,
imponendo che l'ultimo lato passi per il
baricentro della sezione d'imposta, si
trovano la reazione all'imposta e la spinta
in chiave.
Ora si è in grado di costruire il poligono
funicolare, che soddisfa le 3 condizioni:
primo lato orizzontale e passante per Co ,
ultimo lato passante per Ci.
Il poligono funicolare è quindi quello delle successive risultanti, nel
senso che ciascun lato rappresenta la retta d’azione di tutte le forze
che lo precedono, a partire dalla spinta in chiave, OH1.
La risultante rappresenta l’azione che una parte dell’arco esercita
sulla successiva attraverso il giunto fra due conci, e può essere
interpretata come l’azione interna che due conci si scambiano.
Per questo motivo il poligono funicolare ottenuto è la curva delle
pressioni.
Considerazioni sulla curva delle pressioni
curva delle pressioni passante per i baricentri delle sezioni di
chiave e d'imposta

La linea d’asse di un arco a sesto acuto è più vicina alla linea


delle pressioni di quella di un arco a tutto sesto: per questa
ragione lo spessore di un arco a sesto acuto può risultare minore
di quello di un arco a tutto sesto.
La curva delle pressioni è indeterminata

curva delle pressioni passante per l'estremo superiore del


terzo medio nella sezione di chiave
Il riempimento fa avvicinare la curva delle pressioni alla
linea media dell'arco, quindi ha un effetto stabilizzante
Il riempimento ha importanti funzioni:
• aumentare i carichi verso le imposte, quindi un effetto
stabilizzante
• ripartire i carichi concentrati su porzioni più ampie dell'arco
• rendere meno pericolosa la presenza di carichi dissimmetrici
Meccanismo di Mascheroni: lo spostamento orizzontale
delle sezioni d'imposta comporta una modifica della curva
delle pressioni
Effetto di un cedimento orizzontale delle imposte: alle
imposte la curva delle pressioni, dovendo passare per la zona
di contatto, si sposta verso l'intradosso, in chiave si avvicina
all'estradosso, alle reni si avvicina all'intradosso
Se gli spostamenti orizzontali delle
imposte sono piccoli, si formano delle
fessure in chiave e alle reni.
Quando gli spostamenti sono più
grandi, l'ampiezza delle fessure
aumenta e lo schema statico del
sistema cambia.
Affinché si abbia il crollo dell'arco, le
imposte devono spostarsi
notevolmente, perché le porzioni III e
IV, man mano che si abbassano,
occupano sempre maggiore spazio.
Il crollo è preannunciato da evidenti
cambiamenti di forma dell'arco.
 La linea delle pressioni descrive le azioni reciproche che due
conci adiacenti si scambiano. Se si fa riferimento alla n-esima
sezione trasversale (Sn), il lato Sn+1 del poligono funicolare è
la risultante Fn delle (n+1) forze che precedono la sezione
considerata.
 Questa risultante non passa, in generale, per il baricentro
della sezione considerata, che è individuato dalla linea d’asse.
Dà pertanto origine a una sollecitazione composta da:
Azione assiale, Nn;
Azione tagliante, Tn ;
Momento flettente, Mn .
La forma della curva delle pressioni fornisce alcune informazioni
che hanno diretta attinenza con la stabilità dell’arco, cioè:
1. L’ultimo lato del poligono funicolare rappresenta l’azione
trasmessa dall’arco alla struttura di sostegno: è tanto più vicina
alla verticale quanto più la risultante dei carichi agenti sul
semiarco è prossima all’imposta;
2. La forma della linea delle pressioni deve essere messa in
relazione con la forma della linea d’asse dell’arco.
La linea delle pressioni può essere vista come un indice della
stabilità di un arco: tanto maggiore è l’eccentricità, tanto maggiore
deve essere lo spessore dell’arco affinché la linea rimanga per lo
meno all’interno della sezione, anche se sarebbe preferibile che si
mantenesse all’interno del terzo medio per evitare la
parzializzazione della sezione e il corrispondente aggravio
tensionale.
La linea d’asse di un arco a sesto acuto è più vicina alla linea delle
pressioni di quella di un arco a tutto sesto: per questa ragione lo
spessore di un arco a sesto acuto può risultare minore di quello di
un arco a tutto sesto.
METODO DI MERY
L'analisi di Mery considera come situazione limite per l'arco
quella corrispondente alla formazione delle prime fessure.
Lo studio e la pratica mostrano che le prime fessure, in archi
simmetrici e simmetricamente caricati, si verificano in
corrispondenza della sezione di chiave e delle due sezioni
(reni) simmetriche rispetto all’asse verticale di simmetria ed
inclinate rispetto a tale asse di 60 °
 Negli archi ribassati ed a tutto sesto le fessure si verificano
all’intradosso nella sezione di chiave ed all’estradosso nella
sezione di rene; viceversa per gli archi a sesto acuto.
 Dato che il materiale è scarsamente resistente a trazione, si
suppone che nei punti dove si hanno delle fessure il materiale sia
stato sollecitato a trazione
 Affinché non si abbiano tensioni di trazione, il centro di
applicazione degli sforzi normali deve essere interno al “terzo
medio” delle sezioni critiche.
Prendiamo in esame un semiarco a tutto sesto, simmetrico e
simmetricamente caricato.
La risultante dei carichi in corrispondenza della sezione di chiave,
per la simmetria, è una forza H orizzontale.
Nella condizione limite, H è
applicata all'estremo superiore
del “terzo medio”.
La reazione S della sezione di
rene, nella condizione limite, è
applicata all’estremo inferiore
del “terzo medio”.
Le azioni H ed S dovranno
formare un sistema di forze
equilibrato con la risultante dei
carichi applicati, R.
 Per l’equilibrio, H, R ed S devono
passare per uno stesso punto, O.
 La direzione di S è la congiungente
del punto O, di incontro delle rette
di azione di R ed H, con l'estremo
inferiore del terzo medio della
sezione di rene.
 Per determinare i moduli di S e H, si costruisce il poligono
delle forze riportando in scala il valore di R ed ai suoi estremi
le rette di azione di H e di S: leggendo nella stessa scala di R,
si ottengono i valori di S ed H.
 Una volta determinati H ed S, costruendo la funicolare dei
carichi che ha come primo lato H e come ultimo S, si ottiene la
“curva delle pressioni” agenti nell’arco.
 Una volta determinata la curva delle pressioni, si è in grado
di effettuare le verifiche di resistenza delle sezioni dell'arco e
di stabilità delle spalle.
La verifica degli archi fra elasticità e plasticità

Nel 1867 Winkler sostenne che la vera curva delle pressioni,


sulla base della teoria dell’elasticità, è quella che meno si scosta
dalla linea d’asse dell’arco.
La applicazione della teoria dell’elasticità alle strutture murarie
non è però giustificata in un ambito di calcolo a rottura per il
quale si prescinde dalla deformabilità, e si considerano rigidi i
conci.
La teoria di Heyman – The safe theorem
Il problema è stato ricondotto, da Jacques Heyman in The
masonry arch (1982), a una formulazione coerente con i metodi
del calcolo a rottura.
Ipotesi di base:
a. Non può avvenire rottura a scorrimento: due conci non
possono scorrere relativamente nel piano di contatto;
b. La muratura non ha resistenza a trazione;
c. La muratura ha resistenza a compressione illimitata .
La teoria di Heyman – The safe theorem
Il teorema di Heyman, che fornisce una delimitazione inferiore
del carico di collasso di un arco afferma che:
“Se esiste una linea di pressioni per l’arco completo, che sia in
equilibrio con i carichi applicati, incluso il peso proprio, e che
risulti ovunque e in ogni sezione interna allo spessore dell’arco,
allora l’arco può considerarsi in condizioni di sicurezza.”
Secondo Heyman, quindi, non ha interesse determinare
l’effettiva curva delle pressioni, mentre è sufficiente mostrare
che esiste almeno un sistema di forze interne equilibrato e che
soddisfi le condizioni imposte dal teorema.
La differente posizione della curva di pressione sulla sezione
può produrre la formazione di fessure localizzate,
corrispondenti, in termini cinematici, alla formazione di cerniere
interne che possono coalizzarsi a formare un meccanismo.
Verifica di un arco secondo il procedimento di Méry
1. Si suddivide l’arco in “conci” ideali
2. Per ogni concio si calcola il peso
proprio e i carichi permanenti e
accidentali sovrastanti
3. Si costruisce la risultante di tutte
queste forze tramite il poligono
funicolare
4. Si determina la retta di azione di S e
quindi dal poligono si determinano i
valori di S e di H
5. Costruendo la funicolare dei carichi
che ha come primo lato H e come
ultimo S, si ottiene la “curva delle
pressioni” agenti nell’arco
6. Se la curva delle pressioni è sempre
interna al terzo medio l’arco è tutto
compresso; dove la curva esce dal
terzo medio, lì si ha trazione
Verifiche di resistenza
 Per ogni concio conosciamo il valore
di M (N·e) e del taglio agenti nelle
sezioni di estremità
 Il valore di T dovrà essere inferiore
alla forza di attrito (f · N); considerando
un opportuno coefficiente di sicurezza, dovrà risultare:
T ≤(f · N)/1,5
 Dovrà inoltre essere verificato che le tensioni tangenziali non
siano superiori a quelle ammissibili e dunque:
per centro di pressione interno al terzo medio:
τ max =3·T/(2·b·s) ≤ τ amm
per centro di pressione esterno al terzo medio:
τ max =T/(b·u) ≤ τ amm
 Infine si dovrà effettuare la verifica delle tensioni normali:
per centro di pressione interno al terzo medio:
σ = [ N/(b·s) ] · (1 ± 6·e/s) ≤ σ amm
per centro di pressione esterno al terzo medio:
σ = [ 2·N/(3·b·u) ] ≤ σ amm
Esempio

Si considera una volta in materiale lapideo a sostegno di uffici


sovraccarico accidentale: 800 kg/m2
pietrame:
σ amm = 3,5 N/mm2 τ amm = 1,4 N/mm2
 Si suddivide la volta in sei conci
 Si determinano le porzioni di
carichi permanenti e accidentali
che gravano su ogni concio
 Per determinare l'entità di
questi carichi, si riducono a
volumi di materiale equipesante
con riferimento al peso
dell’arco, ovvero si considera
che su ogni concio gravi una
porzione di materiale con peso
unitario uguale a quello
dell'arco, γv, e di altezza fittizia,
hv, pari a:
hv=hi·(γi/γv)
I materiali presenti sono:
Pavimento di mattoni γp=1800 kg/m3
Sottofondo di allettamento γs=2300 kg/m3
Rinfianco in coccio o calcinaccio γr=1300 kg/m3
Arco di pietrame γv = 2600 kg/m3
Coefficienti di omogeneizzazione:
γp/ γv =0,69 kg/m3
γs/ γv =0,88 kg/m3
γr/ γv =0,50 kg/m3
Moltiplicando le altezze effettive dei materiali per i coefficienti di
omogeneizzazione, si ottengono le altezze fittizie riferite al peso
dell'arco in pietrame.
Per il sovraccarico avremo un'altezza fittizia pari a:
hsv=800/2600=0,31 m
I pesi dei conci si valutano tramite
Pi = [(hi-1+hi)·bi·γv]/2
Si applica il procedimento di Méry
 Si costruisce la risultante di tutte le forze tramite il poligono
funicolare
 La reazione H, passante per il terzo medio superiore della
sezione di chiave, per la simmetria di struttura e di carico ha
direzione orizzontale, h-h
 La reazione S agisce in direzione s-s, congiungente il punto di
intersezione delle rette r-r e h-h con il terzo medio inferiore
nella sezione di rene
 Sullo stesso sostegno del poligono delle forze, si riportano le
direzioni s-s e h-h, il cui punto di intersezione, Ps, individua,
nella scala delle forze, l’entità delle reazioni al rene e in chiave
 Infine si traccia la curva delle pressioni
Verifiche
Sezione di chiave
N=6800 kg (azione nel terzo medio superiore)
σmax=2·N/(b·s)= 3,4 kg/cm2 < 35 kg/cm2

Sezione di rene
N=12635 kg (azione giacente al terzo medio inferiore)
T=600 kg
σmax=2·N/(b·s)= 5 kg/cm2 < 35 kg/cm2
τmax=3·T/(2·b·s)= 0,2 kg/cm2 < 14 kg/cm2

Sezione con minor spessore più sollecitata (4) (s=40 cm)


N=9330 kg
T=550 kg
σmax = [ N/(b·s) ] · (1 + 6·e/s) = 4 < 35 kg/cm2
τmax=3·T/(2·b·s)= 0,21 kg/cm2 < 14 kg/cm2
Stabilità delle Spalle

Analisi dei carichi:


Muratura di Mattoni s=50 cm
Psup= 7960 Kg
Muratura di Mattoni s=80 cm
P1= 2520 Kg
Muratura di Pietrame s=80 cm
P2= 4656 Kg
P3=720 kg
Componendo graficamente i carichi verticali con l’azione S
prodotta dalla volta otteniamo

Sezione K – K
Rk=27380 kg
Nk=26500 kg
Tk = 6800 kg
e = 25 cm > 97/6=16,17 cm (azione esterna al terzo medio)
u = (97/2) – 25=23,5 cm
σmax=2·N/(3·b·u)= 7,52 kg/cm2 < 35 kg/cm2
τmax=·T/(b·u)= 1,45 kg/cm2 < 14 kg/cm2
Sezione J – J

con l’azione aggiuntiva P4=6395 kg


Rj=33500 kg
Nj=32895 kg
Tj = 6800 kg
e = 50 cm > 130/6=22 cm (azioni esterna al terzo medio)
u = (130/2) – 50=15 cm
σmax=2·N/(3·b·u)= 14,62 kg/cm2 < 35 kg/cm2
τmax=·T/(b·u)= 2,27 kg/cm2 < 14 kg/cm2

L’arco risulta verificato in tutte le sezioni critiche


Riferimenti bibliografici

Renato S. Olivito, Statica e stabilità delle costruzioni murarie,


Pitagora Ed. Bologna, 2003
Jacques Heyman, The masonry arch, 1982
Mario Como, Statica delle costruzioni storiche in muratura

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