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La Basilica di Massenzio
come fonte per gli architetti », Ædificare, n° 1, 2017-1, Revue internationale
d’histoire de la construction, p. 93-116
DOI : 10.15122/isbn.978-2-406-07092-4.p.0093
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INTRODUZIONE
VOLTE DI NAVATA
26 Cfr. Fabio Benzi, Sisto IV Renovator Urbis. Architettura a Roma 1471-1484, Roma, Officina
ed., 1990.
27 La Basilica di Massenzio entra in gioco per Santa Maria della Pace, anche su orizzonti
diversi: c onsiderata la propensione simbolica dimostrata da Sisto IV nella definizione
capillare dei temi iconografici della cappella Sistina, ma anche nella costruzione stessa
dall’edificio, risulta non priva di curiosità la denominazione alternativa di Templum Pacis
per la c hiesa romana. La dedicazione trova la sua ragion d’essere, c ome ricorda lo stesso
Pontefice nella bolla del 17 ottobre 1483, nell’auspicio di Pace richiesto dalla situazione
di tensione tra i vari Stati italiani, ma l’evocazione del monumento antico doveva essere
evidente agli occhi dei contemporanei e trovare legittimazione nella connessione vete-
rotestamentaria che il Templum Pacis garantiva.
28 Christoph Luitpold Frommel, Baldassarre Peruzzi…, op. cit.
29 Problema con il quale si c onfronteranno le proposte di ‘correzione’ dell’alzato avanzate
da Borromini e Vanvitelli Cfr. Renata Samperi, « La chiesa di S. Agostino a Roma: la
sintesi quattrocentesca, i progetti di Borromini e Vanvitelli e il rinnovamento ottocen-
tesco », Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura. 1999-2002, 34/39, p. 385-392. Il
condizionamento della preesistenza, inoltre, potrebbe rendere ragione della differenza
di quota nell’imposta degli archi che ritmano la navata centrale e quella delle coperture
a crociera degli ambienti laterali.
30 Più vicini all’esempio del Sant’Andrea mantovano che a quello tardoantico sono gli
spessi c ontrafforti, riflessi in facciata c on due enormi volute, più tarde: si tratta di una
soluzione obbligata d all’altezza elevata d ell’imposta delle volte e che non sarà ripercorsa
nelle successive c hiese romane quattrocentesche.
33 Nei primissimi anni ‘60 si era c onfrontato con la soluzione a botte per grandi luci nel
cenacolo di San Giorgio, in un c ontesto edilizio ancora segnato dal fallimento sansoviniano
di piazza San Marco del 1545.
34 La porzione che connette la volta alla controfacciate e all’imbocco dell’area presbiteriale
viene risolta con due vele, com’è prassi nelle soluzioni a padiglione. La vela di chiusura in
corrispondenza dell’arcone trionfale che media tra navata e area presbiteriale è articolata
con un’unghia a profilo cuspidato di dimensioni maggiori rispetto a quelle laterali.
35 Vitale Zanchettin, « scheda di catalogo n. 4.25 », in Guido Beltramini, Davide Gasparotto,
Aldolfo Tura (a cura di), Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento. Venezia, Marisilio,
2013, p. 269-270.
“CIELI” E CAEMENTA
53 Pier Nicola Pagliara, « Eredità medievali… », op. cit., p. 32-48; Pier Nicola Pagliara,
« Antico e Medioevo… », op. cit., p. 233-260; Donatella Fiorani, Tecniche costruttive murarie
medievali: il Lazio meridionale, Milano, Guerini, 1996, p. 181-185.
54 Pier Nicola Pagliara, « Antico e Medioevo… », op. cit., p. 259, nota 190.
55 Su questo argomento: Francesco Doglioni, Roberto Parenti, « Murature a sacco o murature
a nucleo in calcestruzzo? Precisazioni preliminari desunte dall’osservazione di sezioni
murarie », in Guido Biscontin, Daniela Maietto (a cura di), Calcestruzzi antichi e moderni.
Padova, Libreria Progetto, 1993.
Come noto la tecnica del getto era stata introdotta nel cantiere di
San Pietro già da Rossellino, forse c on un c ontributo albertiano57, per
il capocroce: un organismo caratterizzato da poderose volte spingenti e
56 Cfr. Christoph Luitpold Frommel, « Il cantiere di San Pietro prima di Michelangelo », in
Jean Guillaume (a cura di), Les chantiers de la Renaissance, Parigi, Picard, 1991, p. 175-190.
57 Il ruolo di Alberti è c ontestato da Manfredo Tafuri, Ricerca del Rinascimento…, op. cit., p. 62-67,
riproposto da Christoph Luitpold Frommel, « Il San Pietro di Niccolò V », in Francesco Paolo
Fiore, Arnold Nesselrath (a cura di), La Roma di Leon Battista Alberti. Umanisti, architetti e
artisti alla scoperta d ell’antico nella città del Quattrocento, Milano, Skira, 2005, p. 104-105 e
nuovamente escluso da Christof Thoenes, Renaissance St. Peter’s, in William Tronzo (a cura
di), St. P
eter’s in the Vatican, Cambridge, Cambridge University press, 2005, p. 70-71.
Fig. 13 – Centina di San Pietro, New York, Cod. Scholz, fo. 49.92.16.
Gli esempi sin qui citati c ontribuiscono a dar ragione del successo
del monumento in ambito architettonico quale modello portatore di
un’eredità formale e tecnica: nei secoli successivi nella serie rientreranno
di diritto molti altri esempi più vicini a noi. Se l’eco della basilica è
dichiarato nel St. Paul di Wren c ome nella Union Station di Washington
D.C, dove si sente anche quello per le terme di Diocleziano, c on toni
diversi si può rintracciare nelle architetture a noi più vicine: è stato
più volte discusso c ome il lungo soggiorno di Louis Kahn nel 1950
a Roma, presso l’American Academy, coincida c on la svolta nella sua
produzione: dal c ontatto diretto c on i monumenti, i loro volumi, e le
ombre profonde, Kahn – facendo suo l’insegnamento di Paul Philippe
Cret – scopre il senso progettuale delle potenti masse murarie di alcuni
monumenti antichi, come il Pantheon, le Terme di Caracalla e la basi-
lica di Massenzio, e ancora la basilica torna alla mente nelle arcate dei
Museo d’arte romana di Merida di Rafael Moneo. Qui la basilica non
emerge come citazione diretta, ma – per c hiamare in causa la definizioni
di “classico” di Italo Calvino – “persiste c ome rumore di fondo anche là
dove l’attualità più incompatibile la fa da padrona”.
Francesca Salatin
Università Iuav di Venezia