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Dujcev
(Miscell., Arm. XI, I 19). All'Archivio Vaticano, nel fondo Carpegna, 2o, ff. 327-
336 : « Ad propositi dubii indagandam veritatem : an pro pensione super fructibus
certis monasterii, in libris Camerae Apostolicae taxati, ac etiam secundum co munem
extimationem expressis reservata, compositio sol venda veniat, tria praemitto
capita. . » di Gio. Ciampini, au tografo : cfr. ancora ff. 337 sgg., 342'; scritti
di sua mano ai ff. 352-6 I, e probabilmente anche altri. Alla Pontificia Ac cademia
Romana di Archeologia, il 25 aprile 1935, mons. Pio Paschini ha tenuto una
relazione «Mons. Ciampini e la confe renza dei Concili a « Propaganda », la quale
sarà pubblicata negli Atti dell'Accademia [vedi la notizia su l'Osservatore Ro
mano, 29-3o aprile 1935, n. Io I (22,771)]. L'A. ha basato il suo studio su alcuni
materiali inediti della biblioteca e del l'archivio Vaticano.(1) H. LECLERCQ,
Ciampini, nel Dictionnaire d'archéologie chretienne et de liturgie, 3º , coll.
1585-88.
auctoribus nova methodo est concinata... ». Al prin cipio del suo studio « ad omnem
ambiguitatem tol lendam, quia temporis diuturnitas valde imaginum delineamentum
obliteravit » il Ciampini ha aggiunto una riproduzione dell'affresco, fatta
eseguire da due pittori, oggi ben conosciuta e più volte pubblicata, mentre il suo
studio, riguardante non soltanto la pittura ma anche la vita di papa Formoso, è
rimasto inedito. Qualcuno, come M. Paciaudi, oppure G. B. De Rossi, ne ha
utilizzato una piccola parte, e preci samente la descrizione della località dove fu
trovata la pittura.
Queste immagini il Ciampini aveva scoperto nel
Monte Celio, nel settembre del 1689. Grazie alla de
scrizione del luogo, dove furono rinvenute, è possibile stabilire con una certa
precisione a quale edificio ap
partenessero. Egli indica, prima di tutto, la strada che
conduce dal Colosseo verso la chiesa di S. Maria in
Domnica : « via. . . quae ab Amphiteatro Titi (vulgo
dicto Coloseo) ad ecclesiam S. Mariae in Domnica
sive Dominica, vulgo la Navicella appellatam,
tendit. . . ».
A destra, e verso la metà di questa strada (in
medio eiusdem viae) si trovava una vigna, apparte
nente alla chiesa dei ss. Giovanni e Paolo. Fra le
varie rovine, alcune delle quali il Ciampini credeva
di poter attribuire all'epoca imperiale e riteneva
appartenenti a qualche bagno antico, per la presenza
di un acquedotto, nella parte che guarda verso il
nord, si trovava un arco, che, secondo il C., po
teva servire come porta ; a destra si trovava una
« crux lateritia » (indicata nella riproduzione con
la lettera B), ed a sinistra, un altro segno, simile
ad una stella (indicato nella riproduzione con la
lettera C). Dietro questa porta a destra si apriva un
adito, lungo circa trentacinque palmi, largo circa tredici, e lì, nella parte
superiore del muro, ad una altezza di circa quindici palmi dal pavimento, si
trovavano queste pitture. Nelle mura si vedevano due acquedotti, uno con apertura
più larga e l'altro più piccola.Le immagini della pittura, rappresentante il
Salvatore, con s. Pietro e s. Lorenzo a destra, s. Paolo e s. Ippolito a sinistra,
e con due altri personaggi giù, nei piedi, ai due lati, erano disposte in emiciclo.
La descrizione del Ciampini integra la riproduzione figurativa, indicando i colori
delle figure. Il Salva tore aveva una veste gialla (« fiavam habet stolam »), e il
pallio azzurro ; intorno alla testa aveva un dia dema, con gemme in forma di croce.
I pallii dei due apostoli sembravano al Ciampini che fossero («fuisse creduntur »)
di colore ceruleo, i vestiti bianchi, e la stola di s. Paolo di colore fulvo.
Bianca era la veste di s. Lorenzo, la stola fulva, il pallio giallo. Della figura a
sinistra nei piedi del Gesù non si distingueva «nec facies, nec ulla corporis
pars,. . . . sed tantum quaedam ipsius corporis umbra sive delineatio, ex qua patet
fuisse virum in genua procumben teIn. . . »Il Ciampini aveva datato l'affresco al
tempo di papa Formoso, basandosi sul resto della iscrizione che si leggeva sopra la
figura cancellata, a sinistra, ai piedi del Salvatore : FORMOSVs. Questa attri
buzione pare completamente giusta. Si hanno pa recchie notizie sulle cure di papa
Formoso per il re stauro e l'ornamentazione di alcune chiese di Roma. Si sa, ad
esempio, che egli ha rinnovato le pitture della basilica di s. Pietro. Nel Liber
Pontificalis sul suo pontificato si dice : « Formosus. . . . Hic per picturam
renova vit totam ecclesiam beati Petri principis apostolorum » (I). Ancora la
stessa notizia ritroviamo nel Chonicon Benedicti (2), come pure nel Martini
Chronicon Pontificum etc. (3). Una parte di questa decorazione della chiesa è stata
conservata fino al principio del secolo XVII, quando sotto il papa Paolo V, è stata
demolita la parte inferiore della ba silica. Un'idea se ne può avere però dalla
descrizione fatta da Giacomo Grimaldi (4).Nella famosa « invectiva in Roman » si
accenna pure a questa attività di papa Formoso : « ecclesias reedificavit,
extruxit, aedificavit, compsit et orna vit » (5). Nel frammento della cronaca greca
dei papi, pubblicato da A. Mai (6), si legge di papa Formoso : Oötog Stà o po piac
&vexxiv.oe tiv 6XTv éxx), motov to5 uoxoptou II5 rpoo rob xopt portoo töv
&tootó).ov....stata accettata dagli studiosi l'attribuzione a papa Formoso di una
grande parte dei ritratti dei
(3) Martini Chronicon Pontif. etc., in Mon. Germ. hist., SS. XXII, p. 429, 46 sgg.
(5) « Invectiva in Romam pro Formoso Papa », nel Migne, Patr. Lat., CXXIX, col. 826
a. E. D MMLER, Gesta Beren garii imperatoris, (Halle, 1871), p. 139 ; cfr.
generalmente ibid., p. 66 sgg.
(6) A. MAI, Spici/. Roman., VI, 598 sgg. ; Migne, Patr. Gr., CXI, 4o8-12 ; 4o8 a.
papi nella basilica di s. Paolo fuori le mura (1). Con siderando l'attività
artistica del pontefice (2), gli si può attribuire pure, se non la costruzione,
almeno la decorazione dell'edificio scoperto dal Ciampini. Su questo monumento per
primo s'è fermato M. Paciaudi (3), attingendo, come si vede, diretta mente al
manoscritto di Giovanni Ciampini. Egli dà notizie della scoperta dell'affresco, ed
asserisce che questo edificio era niente altro che un bagno, fatto da papa Formoso.
Nel frontispizio dell'opera è ri prodotta l'immagine data dal Ciampini.Lungo tempo
dopo il Paciaudi la scoperta del Ciampini rimase inutilizzata nelle ricerche
scienti fiche, finchè, nel 1868, Gio. B. De Rossi scoprì di nuovo il monumento nel
libro di Paciaudi, pub blicando prima una descrizione (4), e più tar
(I) Vedi : J. WILPERT, Die römischen Mosaiken und Male reien der kirchlichen Bauten
vom I V bis XIII Jahrhundert, II, (Freiburg im B., 1916), p. 576 ; IV, tavv. 219-22
; R. v. MARLE, The Development of the Italian Schools of Painting, I, (The Hague,
1923), p. 1o 1 sgg. ; L. DE BRUYNE, I ritratti dei papi in S. Paolo fuori le mura
(Rivista di archeol. crist., VII, 193o, pp. Io7-37), pp. 121, 122, 13 I-2, 135. Lo
stesso autore ha pubblicato a parte lo studio L'antica serie di ritratti pa pali
della basilica di S. Paolo fuori le mura, Roma 1934.
(2) Su questo vedi generalmente : F. GREGoRovIUs, Geschi chte der Stadt Rom im M.
A., III (Stuttgart, 189o), p. 217 e nota 2; P. FEDELE, nell'Arch. R. Soc. Rom. st.
p., XXXIII, Io1o, pp. 238-39 e 238, n. 6; H. K. MANN, The Lifes of Popes in the
Early Middle Ages, vol. IV (London, 191o), pp. 67-68, e The Portraits of the Popes
(estr. da Papers of the British School at Rome, IX, 192o, pp. 159-2o3), p. 184.
Cfr. pure Script. Rer. Ital., IX, p. 217; G. MARROCU, I romani pontefici nel medio
evo, (Roma, 184o), p. 65.
(1) Bull. Arch. Crist., a. VI, 1868, n. 4, pp. 59-6o: La pittura celimontana
rappresentante il Salvatore, che dà la legge a S. Paolo; nella quale è forse
altresì effigiato Michele re de' Bulgari.
(2) M. ARMELLINI, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, (2° ediz., Roma, 1891),
p. 513.
(3) Liber Pontif., ed. L. Duchesne, I, p. 443, 16 sgg.; cfr. p. 457, nota 15.
Archivio della R. Deput. rom. di Storia patria. (Ann. LIX). N. S. Vol. II. 10
l'Armellini furono riconosciuti, nel 1881, « gli avanzi di quest'oratorio e le
traccie delle sue pitture ». Alla fine, egli osserva che «il dipinto è a noi
prezioso per la storia delle relazioni di papa Formoso col re dei Bulgari
».L'identificazione dell'Armellini fu accettata da alcuni autori. Così, Ch. Rohault
de Fleury (I) scriveva della chiesa di S. Laurentius supra S. Clementem : « On y
voyait ses vestiges sur le Coelius. On y trouva, en 1881, dans les substructions du
temple de Claude, les restes d'un oratoire que M. Armellini croit dédié à S.
Laurent. . . Il peut mème que ce sont les restes de l'Eglise S. Laurentius supra s.
Clementem ». Nello stesso passo poi non fa che ripetere l'opinione espressa da Gio.
B. De Rossi. Da parte sua L. Du chesne (2) aveva pensato possibile attribuire
questo affresco al pontificato del papa Adriano II (867-872), però accettava come
data più precisa il pontificato di papa Formoso. Sembra che egli personalmente
avesse cercato d'identificare l'edificio : « une petite église située auprès du
temple de Claude ». Però dell'affre sco egli notava : « Cet intéressant monument a
cessé, depuis longtemps, d'ètre visible ».Rod. Lanciani (3) pure aveva ricordato
l'affresco di papa Formoso, indagando la causa della scomparsa dell'immagine del
pontefice. Ad Orazio Marucchi (4) sembrava necessario dare una notizia di questo mo
numento, riferendo quasi come assodata la supposi zione dell'Armellini circa
l'identificazione dell'edi
(I) CH. RoHAULT DE FLEURY, Les saints de la Messe et Meurs monuments, IV (Paris,
1896), pp. 72-73.
(3) R. LANCIANI, 7he Ruins and Excavations of Ancien Rome, Boston, 1897, p. 355.
(1) P. FEDELE, Ricerche per la storia di Roma e del papato nel secolo X, (Arch. R.
Soc. Rom. st. patria, XXXIII, 19 Io, pp. I77-247), p. 238, nota 6.
(2) H. K. MANN, The Lifes of the Popes in the Early Middle Ages, vol. IV, London,
19 Io, p. 47.
(2) L'affresco di Monte Celio è ricordato pure nello studio [di G. DoMENICI ?] Il
papa Formoso (891-896), in La Civiltà Cattolica, 1924, I, pp. Io6-2o; 518-3o ; II,
pp. 12 I-35 ; vedi : II, p. 127. Forse soltanto per un errore tipografico, come
anno della scoperta dell'affresco è indicato il 1869. L'autore si è giovato
soltanto dagli articoli di Gio. B. De Rossi.
(3) CH. HUELSEN, Le chiese di Roma nel medio evo, Fi renze, 1927, p. 283, N. 7.
Secondo l'A., ibid., p. 297, N. 33, è una semplice congettura che questa chiesa sia
identica con quella di «S. Laurentii ad Taurellum ». Cfr. pure M. ANDRIFU, Les
Eglises de Rome au moyen dige, in Revue des sciences reli gieuses, IX, 1929, pp.
54o-74, p. 555 ; l'articolo è scritto a proposito del libro di Ch. Huelsen.
testo però confessa che la forma dell'oggetto non era ben riconoscibile : « Haec
maera est coniectura, cum facti veritas discerni minime possit ». Un pro blema non
facile sorge : come restituire la scrittura nel rotulo, che il Salvatore porge a s.
Paolo, e, quin di, come spiegare il suo atteggiamento verso s. Pie tro. Il Ciampini
aveva letto : REGEM DILECTUM NOSTRUM SERVUM PROTEGE ; una lettura comple tamente
arbitraria. Quanto all'atteggiamento di Gesù verso s. Paolo notava : « Sic Christus
Paulum alloquens. Cur autem potius cum Paulo, quam Pe tro Christus colloqui
appareat, pictoris placitum fuisse puto, per hoc forsitan denotare volentis de
fensionem quam s. Paulus contra Regni hostes stricto gladio suscipere debebat . . .
». M. Paciau di (1) stesso aveva confessato la propria incapacità a dare una
lettura dell'iscrizione : « Si qua vero a me litterarum D. N. S. . . . GE. in
volumine, quod Christus Paulo contradit, descriptarum explicatio quaeritur, Oedipo
conjectore opus esse dixero ». Quanto alla lettura del Ciampini, osservava : « ali
quid ponderis auctoritatisque habere posset, si Pau lum Regi Regno que Bulgarorum
praesi dem et cu stodem fuisse datum constaret . . . . » Giov. B. De Rossi (2)
aveva cercato di risolvere il problema ; egli credeva che si potesse leggere : DNS
paCEm dat, e asseriva : « potremo credere, che l'antica com posizione sia stata
variata, trasferito s. Pietro alla destra e raddoppiato il dono del volume , di
guisa che dalle mani di Cristo uno ne ricevesse Pietro ed uno Paolo ; e nel primo
forse sia stato scritto : DNS LEGEM DAT, nel secondo DNS PACEM DAT. Cotesta
interpretazione però non è confermata dalle più
accurate notizie che posso dare circa il predetto di pinto ». Egli proponeva anche
la lettura : Domi NuS leGEm dati esaminando poi la riproduzione e il te sto del
Ciampini, il De Rossi conclude: « in quale relazione fosse ivi posto il principe
degli Apostoli col Sovrano Signore più non si discerneva n. Egli ammetteva pure la
supposizione che Gesù porgesse a s. Paolo il volume, ed a s. Pietro le chiavi ; gli
sembrava poi impossibile che papa Formoso avesse voluto negare il primato e
l'autorità di s. Pietro. Questa composizione il De Rossi considerava come « tarda
variante ed unica vera eccezione al tipo consueto e primitivo » (I).Sembra però
possibile spiegare la composizione dell'affresco, guardandolo nel suo complesso e
sopra tutto osservando le due figure ai lati del Cristo, quella di papa Formoso e
dell'altro personaggio a destra del Salvatore. A destra di s. Pietro si vede s.
Lorenzo, con la croce nella mano destra, ed un volume gemmato nella sinistra. A
sinistra di s. Paolo è s. Ippolito.A sinistra del Cristo, in basso si trovava una
fi gura maschile cancellata, che soltanto dal nome ri masto di sopra si riconosceva
come l'immagine di papa Formoso. La scomparsa della figura del ponte fice si deve
spiegare alla luce degli avvenimenti ben conosciuti che seguirono negli ultimi anni
del suo pontificato : la sua aderenza al partito di Berengario contro di Guido di
Spoleto e Lamberto, poi, dopo la sua morte, l'assunzione al pontificato di Stefano
VI, devoto dei duchi di Spoleto, la vendetta sopra il cadavere di Formoso. . . (2).
I cronisti indicano
M. A., III, 2, Gotha, Io II, pp. I 13 sgg., I 18 sgg., 136 sgg. ; P. BALAN, Storia
d'Italia, II, Modena, 1894, p. 4 I 2 segg. (1) Mon. Germ. hist., SS. VI, p. 344, 6
I.(2) Chronicon non. Casinens. (Mon. Germ. hist., SS. VII), lib. I, 45, p. 613, 2
sgg.
(3) Paciaudi, op. c., p. 36.
tempo dopo : nella Pasqua (4 aprile) dello stesso anno (I).Supponendo che
nell'affresco di Monte Celio sia veramente rappresentato, alla destra del
Salvatore, Arnolfo, in ricordo della sua incoronazione ad impe ratore, sorge una
non lieve difficoltà cronologica. Si dovrebbe ammettere che il papa avesse fatto
eseguire l'affresco dopo l'incoronazione di Arnolfo e prima della Pasqua, cioè si
dovrebbe datare l'affresco fra la fine di febbraio ed i primi di aprile. Non pare
però che questi fossero per il pontefice i giorni adatti a preoccuparsi della
creazione di opere d'arte, mentre nella generale confusione che aveva provocato la
venuta del re germanico, doveva occuparsi della lotta contro i nemici, egli, già in
estrema età ed a qualche passo dalla tomba.Dopo la morte di Formoso a Roma prevalse
il partito contrario. Stefano VI, i partigiani dei duchi di Spoleto, molti nobili
romani, i quali avevano sen tito sopra di sè la mano di Arnolfo, e, infine, forse
anche una parte del popolo, cercarono di vendicarsi in ogni modo possibile degli
aderenti di Formoso. L'odio contro il pontefice era nello stesso tempo odio contro
il re germanico. Se dunque era stata distrutta completamente l'immagine di Formoso
nell'affresco, come poteva essere risparmiata la figura dell'altro nemico, non meno
odiato, se realmente sua era l'im magine ? Ai destruttori della figura di Formoso
do veva essere noto che l'immagine accanto al ponte fice non era quella di
Arnolfo.La supposizione più probabile intorno all'iden tificazione di questa figura
sembra, come già è stato
(1) Per le date di questi avvenimenti cf. PH. JAFFE', Regesta pontificum romanorum,
I, p. 435 sgg.
accettato da molti (1), che essa rappresenti il prin
cipe Boris-Michele (852-889), il primo sovrano bul
garo cristiano. Sono ben noti i suoi rapporti con For
moso, quando questi era ancora vescovo di Por
to (2). Nell'866, Formoso, insieme con il vescovo
di Populonia, Paolo, fu mandato in Bulgaria a por
tare i celebri Responsa Nicolai papae I ad consulta
Bulgarorum. Sembra che Formoso abbia avuto una
grande influenza sul principe neofita. Qualche tempo
dopo il principe Boris fece domanda alla S. Sede
che fosse nominato Formoso capo della chiesa bul
gara. Tra le accuse che papa Giovanni VIII, nel
l'876, portava contro Formoso, erano interpretati
come un tradimento i suoi rapporti con Boris : si
sottolinea che egli, mandato in Bulgaria, « noviter
in Christo regenerati regis animos adeo suis callidi
tatibus vitiavit, ut terribilibus sacramentis eum
sibi obstrinxisse testatus sit, ne se vivo quemlibet
episcopum a sede apostolica suscepisset, seque eidem terribilibus nihilominus
iuramentis, ut ad eum quan tocius reverti debuisset, obstrictum fuisse profes
sus sit. . . » (3).
Lo stesso principe Boris godeva di una ottima fama di pietà cristiana, non soltanto
fra il suo po
(1) Cf. PACIAUDI, op. c., p. 38 sgg.; Gio. B. DE Rossi, ibid., a. VI, 1868, n. 3,
pp. 42-43 ; ibid., VI, 1868, n. 4, pp. 59 6o ; P. FEDELE, op. c., p. 238, nota 6 :
MANN, The Lifes etc., IV, p. 47; H. DUMAINE, op. c., col. Io 4 ; [G. DOMENICI], in
La Civiltà Cattolica, 1924, II, p. 127; J. IVANOV, op. c., p. II.
(2) Vedi su questi rapporti : V. N. ZLATARSKI, Storia dello Stato bulgaro nel
medioevo, I, 2 (Sofia, 1927; in bulgaro) pp. Io7 sgg., 11o segg.; HEFELE-LECLERCQ,
Histoire des con ciles, IV, I, pp. 435 sgg., 441 sgg.; ibidem, IV, 2, pp. 647 sgg.,
65o.
(3) Mon. Germ. hist., Epp. VII (ed. E. Caspar), p. 327, 21 sgg.
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dictio siguidem, quae ministris Christi impenditur, non per eum qui videtur, sed
qui non videtur sacerdotem infunditur. Neque enim qui rigat est aliquod negue qui
plantat, sed, qui incrementum dat, Deus.Quantae autem auctoritatis, quantaeque
religionis papa Formosus fuerit, hinc colligere possumus ; quoniam dum a
piscatoribus postmodum esset inventus atque ad beati Petri Apostolorum principis
ecclesiam deportatus, sanctorum quae dam imagines hunc in loculo positum
venerabiliter salutarunt. Hoc namque a religiosissimis Romanae Urbis viris persaepe
audivi. Sed [his] omissis, ad narrandi ordinem redeamus. » At quoniam Formosi
enarrationem huc perduxi, non in congruum esse nec taedio vos afficere puto, si
addam non nulla dubia, quae post Formosi obitum insurrexere. Primum, an canonica
fuerit eius in pontificem electio ? 2º, an ordinatio nes ab eodem factae validae
essent. - Consequens ex prima causa pendebat, quod ex tribus rationibus
eliciebatur. Prima, quod Formosus iam Portuensis episcopus eadem ecclesia pri vatus
ad laicalem communionem reductus fuerit. 2º quod in Gallias relegatus, ibi iure
iurando spopondisset, se Romam numquam rediturum. 3a quod ex Portuensi ecclesia ad
Roma nam translatus esset, quae translatio sacris canonibus romanae que
consuetudini contraria erat.Formosi defensionem post eius obitum statim suscepit
Auxilius presbyter (1) italus, ut censet Oudin de scriptor. ec clesiast. (2), qui
duos conscripsit libros, quorum capita tantum vidit Baronius, que refert in
Appendice tom. XII. pag. 957 (3). Post Baronii obitum Joannes Morinus (4)
eruditissi mus vir in suo tractatu de sacris ordinationibus pag. 342 duos emisit in
lucem antiquos libellos ab eodem Auxilio eiusdem Formosi syncrono, quorum unus de
ordinationibus a Formoso factis agit; isti autem libelli denuo impressi fuere in
Bibliothe ca maxima Patrum tom. I 7 (5). Postmodum R. P. D. Joan
(1) Su questo vedi generalmente E. DUMMLER, Auxilius und Vulgarius. Quellen und
Forschungen zur Geschichte des Papsthums im Anfange des zehn ten Jahrhunderts,
Leipzig, 1866.(2) C. OUDINI Commentarius de scriptoribus ecclesiae antiquis, Franco
furti ad M., 1722, II, col. 344 sgg., col. 351 sgg.
(3) BARONIUs, ibid. XII (ed. Romae, 1607), in appendice, p. 957.
(4) Commentarius de sacris ecclesiae ordinationibus secundum antiquos et
recentiores latinos, graecos, syros et babylonios. . . auctore J. MoRINO, Pa
risiis, 1655, pagine 342 sgg.; ed. Antverpiae, 1695, pars III, p. 67 sgg.(5) Maxima
bibliotheca veterum Patrum et antiquorum scriptorum eccle siasticorum. . . , XVII
(Lugouni, 1677), pp. 1-22.
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#186 (p.174)
I 74 I. Duj&ev
nes Mabillon (I) in suis Analectis tom. 4 aliud edidit libellum sub nomine eiusdem
Auxilii de eiusdem Formosi absolutione tractante, postquam infrascripta in lucem
emisit carmina, quae laudabilem pontificem ostendunt, ea referre duxi videlicet
(2). Praesul hic egregius Formosus, laudibus altis Evehitur : castus, parvus sibi,
largus egenis, Bulgaricae genti fidei qui semina sparsit.Delubra destruxit, populum
caelestibus armis Instruxit, tolerans discrimina plurima promptus Exemplum
tribuens, ut sint adversa ferenda, Et bene viventi metuenda incommoda nulla. Haec
de Formoso indicata sufficiant. Sed nunc oportune illuc revertar, unde disceperam,
nimirum ad reliquas expli candas imagines quae genibus innituntur. Cum igitur una,
cuius ombra, sive vestigium tantum apparet Formosum re presentet, ut ipsa epigraphe
ostendit, nil de illa dicendum su perest, nisi quod illam diuturnitas temporis
abolevit, aut iniu ria inimicorum Formosi penitus abrasit, quod mihi magis
probatur. Alteram vero figuram primo intuitu putabam Ar nulphum esse illum, de quo
supra sermonem habui a Formoso, sive eius familiari, hoc expressum in memoriam
tantae actio nis, nempe quia imperator inunctus fuerat, aut pro gratiarum actione,
quia a Romanorum oppressione ipse Formosus fuerat liberatus. At meae huic
coniecturae obstabat figurae situs, quia imperator ad dexteram pontificis
collocatus erat contra reverentiam debitam Romano Pontifici, eo magis quod etiam
pictor non carebat exemplo ; non enim procul ab hoc loco est Triclinium I.eonianum
a Leone III. Formosi antecessore, uti diximus, constructum, ubi cernitur s. Leo ad
dexteram et Carolus magnus ad sinistram ambo genuflexi ad Salvatoris pedes ; ex
illis putavi etiam esse, aut Widonem aut Lamber tum eius filium utrosque ab eodem
Formoso imperatores crea tos, sed huic meae coniecturae obstabat etiam non solum al
lateratio dexteri loci, verum etiam, quod si fuisset facta pic tura in signum huius
memorandae actionis omnes tres impera
(2) Segue cancellato : Praesul hic egregius Formosus laudibus altis evehitur :
castus, parvus sibi, largus egenis Bulgaricae genti qui semina sparsit, delubra
destruxit, populum caelestibus armis instruxit, tolerans di scrimina plurima
promptus.
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Umo studio imedito di moms. G. Ciampimi I 75
tores appingi debuissent. Propterea ad alia meditanda ani mum converti. Putavi
tandem Michaelem regem esse illum Bulgarorum a Formoso tunc Portuensi episcopo in
catholica fide instructum, ac ab id imagines istas a Formoso fuisse depic tas,
quando ex sua legatione rediit pro gratiarum actione re rum benegestarum. Quam ob
rem ambos apostolos Petrum et Paulum expressos fuisse tamquam Christianae fidei
funda tores, s. Laurentium veluti imperterritum ac constantem eiusdem fidei, et
martyrem s. Hipolytum , veluti etiam prom ptum ad similem amplectendam fidem,
sicque figurae omnes ad fidei tyrones alludebant. Pro dictorum confirmatione ipsa
regis vestis observatur ipsum capillitium in coronae formam, quod etiam proprium
Bulgarorum nationis, ni fallor, esse puto. Observaveramus enim omnes ipsum regem
aliquid in capite deferre, sed quid esset non intelleximus ; modo autem ipsam
figuram maturius perpensam, dicimus aliud non esse, nisi diversa capillorum
dispositione; nam illa pars, quae cra nium obducit birrecti formam prae se fert,
altera vero pars, quae tempora tegit, coronam representat. Insuper si barba rum
bene rimemur, praecipue superior pars inveniemus ex utraque parte inversa ut
praefata natio eam deferre solet. Nec omittendum puto, quod ipsa figura aliquid in
manu tenet ; quid designet difficile admodum est explicatu. Autumarunt autem omnes
qui figuram observarunt volumen fuisse, cui opinioni libentissime ne subscribo,
addendo volumen illud de notare, in quo prisci fideles Evangelium describere
solebant, ut demonstro etiam in dicto meo opere brevi in lucem emit tendo cap. 16
(1), unde per volumen illud pictor denotare voluit fidem, quam amplexus fuerat ipse
rex cum subditis suis.Ad omnem ambiguitatem tollendam (quia temporis diutur nitas
valde imaginum delineamentum obliteravit) duos adhi bui pictores, qui duo
exemplaria se iunctim- transcripsere, quorum nomina sunt d. Petrus Maggietti (2) et
d. (. . . . .). Praeter hoc ad illas invisendas imagines adduxi etiam d. ab batem
Raphaelem Fabbrettum (3) in omni antiquitate ver
(1) Allude alla pubblicazione dei suoi Vetera monfmenta; la prima edi zione è
uscita nel 1693, il primo tomo, e nel 1699 il secondo.
(2) Il nome di questo pittore sembra sia sconosciuto da altre fonti; il nome
dell'altro pittore non è indicato, essendo lasciato uno spazio nel mano scritto.
(3) Su Raffaele Fabrettò, archeologo ben conosciuto, nato nel 1618, morto
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176 I. Dujcev
nel 1700, vedi: A. FABRONI, l'itae italorum doctrina eccellentium qui saeculis xvii
et xviii floruerunt, vi (Pisis 1780), pp. 169-229. Is. CARINI, L'Arcadia..., pp. 53
59. Enc. Univ. Ilustrada, XXIII, p. 27. R. Fabretti, Gravina, Bianchini e gli altri
participarono alla fondazione dell'Arcadia: cfr. L. v. PAstoR, Geschichte der
Papste, xiv.2 (Freiburg im B. 1930), p. 1068. Vedi ancora: MoRoNI, Dizionario, II,
p. 283. (1) Su Filippo Buonarroti (Bonarroti) (1661-1733) antiquario e storico,
nato a Firenze, vedi: A. FABRONI, Vitae..., VI, pp. 122-168. G. MAzzUCHELLI, Gli
scrittori d'Italia, vol. II, p. IV (Brescia 1763), pp. 2339-2343. Is. CARINI, L'Ar
cadia . . . , pp. 59-63.(2) Si può identificare, senza dubbio, con Filippo dalla
Torre, del Cividale, più tardi (dal novembre 1702, fino il febbraio del 1717)
vescovo di Adria, cono sciuto pure con le sue occupazioni letterarie. Vedi: F.
UGHELLI, Italia sacra, II ed. 2-a, di Nic. Coleti, Venetiis 1717), coll. 408-409.
G. CAPPELLETTI, Le chiese d'Italia, X (Venezia 1854), pp. 76-77. P. B. GAMS, Series
episcop. eccl. catt., Ratisbonae 1873, p. 769. F. DI MANzANo, Annali di Friuli,
vol. VI (Udine 1868), p. 478. Una indicazione delle sue opere vedi presso
CAPPELLETTI, op. c., X, p. 77. Una biobibliografia di lui, vedi nel A. FABRONI,
Vitae italorum doctrina excellentium, ..., VI, pp. 367-379. Cf. ancora P. PASCHINI,
Memorie storiche forogiul., XXX. 1934, p. 78.(3) Senza dubbio è lo stesso Francesco
Nicolai, canonico della chiesa metro politana di Bari, il quale nel 1689 fu
promosso alla prepositura «Nullius della chiesa di Canosa, nel 1704 fu nominato
vescovo di Capaccio e più tardi, nell'ottobre del 1716, arcivescovo di Conza; morì
nell'agosto 1731. Vedi su lui: F. UGHELLI, Italia sacra, VII (ed. 2-a di Nic.
Coleti, Venetiis 1721), col. 484, fra: Caputa quenses epi scopi: ibid., VI (ed. 2°,
Venetiis 1720) coll. 828-29, fra: Compsani archiepiscopi. M. GARRUBA, Serie critica
del sacri pastori baresi corretta accresciuta ed illustrata (Bari 1844), nei : Due
appendici che fanno seguito all'opera: serie critica de sacri pastori baresi, pp.
623-24. G. CAPPELLETTI, Le chiese d'Italia, XX (Venezia 1866), pp. 350-360; pp.
530-531. P. B GAMs, Series episcoporum eccl. cath., Ratisbonae 1873, p. 866, come
vescovo di Capaccio (21.VII. 1704-2. IX. 1716), e p. 878, come arcivescovo di Conza
(2. IX. 1716-II.VIII.1731).(4) Su Francesco Bianchini (latinizzato: Blanchinus),
celebre archeologo e scienziato, nato nel 1662, morto nel 1729, vedi, ad es.: A.
FABRoNi, Vitae italorum doctrina eccellentium . . VI, pp. 280-352: c'è anche un
elenco delle opere del Bian chini. Is. CARINI, L'Arcadia .., pp. 84-100. MoRoN1,
Dizionario, vol. V, pp. 208– 210. Enciclopedia univ. ital., VIII, pp. 582-83.(5) Si
tratta di Gian Vincenzo Gravina (1664-1718), il celebre filosofo e scien ziato. Su
di lui vedi ad esempio: G. FoLCHIERI, Gian Vincenzo Gravina, L'Arcadia III, 1920,
pp. 1-26. G. NATALI, G. V. Gravina letterato, ibid., pp. 27-51 : vi sono molte
indicazioni bibliografiche. E. SALVADORI, G. V. Gravina e l'Arcadia, ibid., pp. 53-
71. Is. CARINI, L'Arcadia etc., pp. 21-26. G. V. Gravina è venuto a Roma nel 1688
oppure 1689.
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Umo studio imedito di moms. G. Ciampimi 177
(8) Sui rapporti di G. Leibniz (1646-1716) con i letterati italiani di quei temp i
vedi, ad esempio : E. CELANI, L'Epistolario di mons. Franc. Bianchini veronese
(Archivio Veneto, VS a. XVIII. to. XXXVI. parte I. 1888, pp. 155-187), pp. 164, 171
sgg., 176 sgg.; (parte II. pp. 343-368), p. 360. Cf. I. CARiNi, L'Arcadia etc., pp.
103, 320, 547, 552-3. Cf. pure Corrispondenza tra L. A. Muratori e G. G. Leib nis .
. . . pubblicata da U. Campori (Modena 1892).
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