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47
2016
MEMORIEDOMENICANE
M E M O R I E D O M E N I C A N E
il convento
di santa maria delle grazie a milano
una storia dalla fondazione
a metà del cinquecento
NERBINI
70,00
memorie domenicane
2016
Anno 133°
XLVII della Nuova Serie
IL convento
di Santa Maria
delle grazie a Milano
U n a s to r ia d a lla fo n d a z i o n e
a m età del C i n q u e c e n t o
Atti del Convegno di Studi
(Milano, 22-24 maggio 2014)
a cura di
Stefania Buganza
Marco Rainini
NERBINI
oppure a:
Alessio Assonitis (direttore scientifico)
assonitis@yahoo.com
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Direzione:
«Memorie Domenicane»
c/o Biblioteca Domenicana di Santa Maria Novella “Jacopo Passavanti”
p.za della Stazione, 4/a - 50123 Firenze (Italia)
Segreteria:
Ughetta Sorelli
Per lo scambio dei periodici con la nostra rivista, riferirsi unicamente al seguente recapito:
PP. Domenicani
p.za S. Domenico, 1 - 51100 Pistoia (Italia)
ISBN 978-88-6434-121-7
ISSN 1121-9343
Introduzione
p. Gianni Festa » 15
Sezione I
Fondazione e istituzioni fra politica e religione
Sezione II
teologia e letteratura alle grazie
Sezione III
architettura e arti figurative
La decorazione pittorica
del complesso conventuale delle Grazie
tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo
Stefania Buganza » 327
Su Gaudenzio Ferrari,
Tiziano e Giovanni Demio alle Grazie
Rossana Sacchi » 459
Figure » 521
Incontri
I Domenicani a Roma
da Santa Sabina a Santa Maria sopra Minerva
Giulia Barone » 737
Tra i libri
1
Per limitarsi ai testi fondamentali tra i più recenti, basterà rimandare a P. Brambilla Barci-
lon - P.C. Marani, Leonardo. L’Ultima Cena, Milano 1998; G. Romano, Il restauro del Cenacolo
di Leonardo: una nuova lettura (2005), in Rinascimento in Lombardia. Foppa, Zenale, Leonardo,
Bramantino, Milano 2011, pp. 143-152; A. Ballarin, Leonardo a Milano. Problemi di leonardismo
milanese tra Quattrocento e inizio Cinquecento. Giovanni Antonio Boltraffio intorno alla pala Casio
(1500), 4 voll., Verona 2010.
2
ASMi, SRM 206bis, f. 161v, citato in E. Villata (a cura di), Leonardo da Vinci. I documenti
e le testimonianze contemporanee, Milano 1999, pp. 101-103. Una nota di un Libro del Capomastro
ducale, esistente ancora a fine Settecento e conservato, secondo Luca Beltrami, nel Fondo di reli-
gione dell’Archivio di Stato di Milano, risulta oggi del tutto irreperibile: vi si leggeva, per l’anno
1497, la seguente nota di pagamento: «Item per lavori fatti in lo refettorio, dove depinge Leonardo
li Apostoli, con una finestra L. 37.16.5» (D. Pino, Storia genuina del Cenacolo insigne dipinto da
Leonardo da Vinci nel refettorio di Santa Maria delle Grazie di Milano, Milano 1796, p. 15; L. Bel-
trami, Documenti e memorie riguardanti la vita e le opere di Leonardo da Vinci in ordine cronologico,
Milano 1919, p. 45; Leonardo da Vinci. I documenti e le testimonianze, p. 103). Dall’istruzione del
Moro allo Stanga si ricava l’esistenza di un contratto per l’esecuzione del Cenacolo, e la certezza
della diretta committenza sforzesca.
3
Leonardo da Vinci. I documenti e le testimonianze, pp. 107-109.
4
Attribuita per la prima volta a Gaudenzio da G. Testori, scheda in Mostra di Gaudenzio
Ferrari. Catalogo della mostra (Vercelli), Milano 1956, pp. 91-92. Per la cronologia: E. Villata,
in P.C. Marani (a cura di), Il Genio e le Passioni. Leonardo e il Cenacolo: precedenti, innovazioni,
riflessi di un capolavoro. Catalogo della mostra, Milano 2001, pp. 178-179, scheda n. 46; Id., Gau-
denzio Ferrari. Gli anni di apprendistato, in E. Villata - S. Baiocco, Gaudenzio Ferrari, Gerolamo
Giovenone. Un avvio e un percorso, Torino 2004, pp. 11-128, spec. 59-66 e note relative; D. Mira-
bile, Un nuovo documento per Santa Maria delle Grazie a Varallo Sesia: un nuovo appiglio per Gau-
denzio giovane?, in «Sacri Monti», I (2007), pp. 365-379, per l’interessante proposta di legare la
Crocifissione gaudenziana al testamento di Melchiorre Visconti di Castelletto Ticino, del dicembre
1498, in cui si stanzia l’ingente somma di 100 ducati per la realizzazione di un polittico destinato
all’altar maggiore di Santa Maria delle Grazie a Varallo; e infine l’apprezzabile scheda riepilogativa,
con bibliografia precedente, di S. Amerigo - P. Angeleri, in S. Amerigo - C. Falcone (a cura di),
Dossier gaudenziani. Restauri alla Pinacoteca di Varallo, Varallo 2014, pp. 84-91.
però curioso che il nome del secondogenito, Francesco II, nato il 4 febbraio
1495, ancora non compaia, come dovrebbe essere logico se davvero siamo
almeno nel maggio dello stesso anno. Va però osservato che le iscrizioni, spe-
cie quella della lunetta centrale, sembrano disposte in modo alquanto inele-
gante, quasi che il testo fosse troppo lungo per lo spazio a disposizione; come
se esso fosse stato pensato inizialmente per una diversa iscrizione, poi modi-
ficata in corso d’opera per le diverse esigenze (nello specifico il titolo di duca
di Milano per Ludovico) nel frattempo intervenute. Se così fosse, la mancata
menzione del nome di Francesco suggerirebbe forse che, al momento di re-
alizzare l’iscrizione, non fosse ancora nato. Non contrasta con questa ipotesi
il fatto che in sede di restauro si siano riscontrati dei rifacimenti e delle mo-
difiche nelle lunette, ma omogenee per tecnica e per qualità alla stesura pri-
mitiva, e quindi da considerare con ogni probabilità apportate da Leonardo
stesso o dai suoi collaboratori5. E poi bisognerebbe ricordarsi più spesso che
le lunette non sono tre ma quattro, dal momento che una ne esiste anche,
per quanto ammalorata, sulla parete laterale ovest, e non sembra recare iscri-
zioni: ciò farebbe pensare che tutte le lunette siano state eseguite insieme e
man mano, secondo le esigenze, arricchite di testi commemorativi.
Un piccolo ritaglio della Royal Library a Windsor Castle (inserito nel f.
12282r) presenta un disegno, a matita nera parzialmente ripassato a penna, di
scudo con uno stemma visconteo sforzesco (due vipere intrecciate intorno a
due bastoni incrociati a X) e le iniziali G M, che dovrebbero riferirsi a nessun
altri che a Galeazzo Maria Sforza, legittimo duca di Milano fino alla morte
avvenuta nel 1494. Tale, 1493-94, è del resto la datazione del foglio da cui il
frammento proviene, l’86 del Codice Atlantico6. Difficile dire se tale schizzo
possa riferirsi alle lunette del Cenacolo, e anzi la forma dello scudo potrebbe
richiamare piuttosto quella dei capitelli del cortile della Rocchetta al castello
di Porta Giovia, o forse meglio quelli che decorano l’esterno del presbiterio
di Santa Maria delle Grazie, eventualmente suggerendo un contatto con quel
cantiere già in momenti precedenti il 1495. Ma nonostante le considerazioni
sin qui avanzate, l’indicazione araldica, specie adesso in cui va di moda – a
Milano soprattutto! – vincolare la cronologia delle opere esclusivamente a
dati esterni (anche non decisivi, purché legati alla pretesa assolutezza dell’aral
dica o del documento scritto), sembra essere troppo forte per venire scalfita
da considerazioni di altro genere. Per fortuna in casi del genere non c’è docu-
mento che non ne abbia uno a sé contrario: anche questa volta è così.
5
P. Brambilla Barcilon, Vicende e rifacimenti della pittura originaria, in P. Brambilla Barci-
lon - P.C. Marani, Le lunette di Leonardo nel refettorio delle Grazie, Milano 1990 (Quaderni del
restauro, 7), pp. 43-46, spec. 46.
6
K. Clark - C. Pedretti, The Drawings of Leonardo da Vinci in the Collection of Her Majes-
ty the Queen at Windsor Castle, I, London 1968, pp. 8-9; C. Pedretti, Leonardo da Vinci Codex
Atlanticus. A Catalogue of Its Newly Restored Sheets, I, New York 1973, p. 61; M. Landrus, In-
struments and Mechanisms: Leonardo and the Art of Engineering. Catalogo della mostra (Milano),
Novara 2013, pp. 40-41.
Possiamo infatti dire per certo che Ludovico il Moro iniziò molto prima
di quanto si ritenga comunemente a esibire pubblicamente le proprie cre-
denziali di duca di Milano. Ce lo rivela una missiva da lui inviata al priore
della Certosa di Pavia, per commettergli, già il 14 gennaio 1495, «cum omne
presteza possibile», di far realizzare una targa marmorea per la chiesa di Santa
Maria della Misericordia a Vigevano, con una iscrizione «in littere maiuscole
antiche» in cui si specifichi che «Ludovicus Maria Anglus Mediolanensium
Dux septimus et optimus dedicavit»7 . Nulla vieta pertanto, dal punto di vi-
sta della plausibilità storica, che le «littere maiuscole antiche» delle lunette nel
refettorio delle Grazie possano essere coeve, o persino leggermente anteriori,
rispetto a quelle richieste per Vigevano, spingendo l’esecuzione delle lunette
su cui tali lettere sono dipinte (e quindi l’inizio dei lavori di decorazione della
parete, da considerare un insieme inscindibile) almeno dentro il 1494.
A dire il vero la cosa è anche meno faticosa: fin dal 17 novembre 1494,
come riporta Marin Sanudo e come ha ricordato Ballarin, Ludovico si fregia
ufficialmente del titolo ducale; il dato è confermato anche da una relazione
di Stefano Badoer al Senato veneto del 12 gennaio 14958.
Si potrebbe quindi pensare a un inizio in parallelo o quasi della decora-
zione delle due pareti: mi sembra ragionevole che anche Montorfano non
abbia potuto iniziare prima del 1494 (se non addirittura prima) il proprio
affresco, concluso, lo ricordiamo, in un imprecisato momento del 1495. Del
resto l’aneddotica sull’esasperazione del priore delle Grazie per la estenuan-
te lentezza lavorativa di Leonardo, che informa le pagine di Vasari (solo nel
1568) e prima di lui di Giambattista Giraldi Cinzio, al di là delle verosimili
fioriture, sembra presupporre una durata dei lavori superiore al paio d’anni
(1495-1497) che si sarebbe potuto, tutto sommato, considerare abbastanza
fisiologico9. Per di più l’atteggiamento impaziente e tendenzialmente impor-
tuno anche verso lo Sforza sembrerebbe adattarsi più al profilo di padre Gio-
vanni da Milano (o da Tortona), priore delle Grazie dal 1491 al 1494, defi-
nito dalla cronaca seicentesca di fra Girolamo Gattico (1574-1646) «uomo
di poche lettere»10.
7
ASMi, SRM 192, f. 165v.
8
Questi dati sono ripresi ed esaminati da Ballarin, Leonardo a Milano, I, p. 483.
9
G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e
1568, a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, IV, Firenze 1976, pp. 25-26; G.B. Giraldi Cin-
zio, Discorsi intorno al comporre dei romanzi, delle commedie e delle tragedie, 1564, pp. 194-196
(con l’interessantissima indicazione, naturalmente da prendere con cautela, secondo cui Leonardo,
compiute tutte le altre figure – anche quella di Cristo, volutamente lasciata incompiuta secondo
Vasari –, rimase oltre un anno prima di dipingere il volto di Giuda, lasciando intendere, se si pren-
de alla lettera la testimonianza basata sui ricordi del padre, Cristoforo Giraldi, che al più tardi nel
1496 Leonardo aveva già praticamente terminato il Cenacolo, rendendo in quel caso impossibile
che lo avesse iniziato dopo il maggio 1495!). Si veda anche G. Botero, Detti memorabili di perso-
naggi illustri, Torino 1608 (ed. Brescia 1610, p. 204).
10
G. Gattico, Descrizione succinta e vera delle cose spettanti alla chiesa e convento di Santa Ma-
ria delle Grazie e di Santa Maria della Rosa e suo luogo, et altre loro aderenze in Milano dell’Ordine
de’ Predicatori con due tavole in fine, a cura di E.E. Bellagente, Milano 2004, p. 141.
11
C.C. Bambach, in Ead. (ed.), Leonardo da Vinci Master Draftsman. Catalogo della mostra
(New York), New Heaven-London 2003, pp. 435-439, scheda n. 65 (con bibliografia preceden-
te); M. Moore Ede, in L. Syson - L. Keith (eds.), Leonardo da Vinci Painter at the Court of Milan.
Catalogo della mostra, London 2011, pp. 258-259, scheda n. 70.
12
P.C. Marani, in Brambilla Barcilon - Marani, Leonardo. L’Ultima Cena, pp. 28-30, 83-
84, e scheda n. 41 in Id. (a cura di), Il Genio e le Passioni, pp. 152-153.
13
C. Pedretti, Leonardo. Studi per il Cenacolo dalla Biblioteca Reale nel Castello di Windsor.
Catalogo della mostra, Milano 1983, pp. 27, 62.
osservazione, però risulta del tutto vera, dal momento che a Bossi appartene-
va anche un altro disegno vinciano, molto più tardo, come l’attuale n. 257 di
Venezia, che presenta anch’esso al verso un testo di Leonardo databile poco
prima del 151014. Viene poi da chiedersi perché un grande artista quale Bos-
si, che possedeva autentici e straordinari autografi vinciani, dovesse produrre
una falsificazione, e per di più tanto modesta. Non ho davvero risposte, salvo
pensare che Bossi stesso sia stato vittima di un raggiro e abbia acquistato un
falso nel 1812 (in una lettera a Vincenzo Camuccini del 21 luglio 1813 scri-
ve di possedere il disegno «da circa un anno»; nelle Memorie l’acquisto sem-
brerebbe avvenuto nell’aprile, e comunque prima dell’agosto)15: ma allora di
nuovo, quale falsario a date così alte avrebbe saputo imitare la giusta grafia di
Leonardo? Un ulteriore elemento che andrebbe a gloria dell’eventuale falsa-
rio, ponendolo tra i maggiori esperti di Leonardo di ogni tempo, è la scelta
del tratteggio ancora parallelo e della matita rossa, usata in maniera un poco
esitante. Il deludente livello estetico si potrebbe forse spiegare col fatto che
Leonardo, se di lui si tratta, sta tracciando un disegno di puro servizio, e per
di più copiando: le somiglianze con l’impostazione dell’Ultima cena dipinta
da Bonifacio Bembo (o dalla sua bottega secondo altre interpretazioni) nella
cappella del castello di Monticelli d’Ongina, già rilevate da Joseph Polzer16,
sono sufficienti a farci capire che la fonte del disegno è un affresco lombar-
do tardogotico, forse reso interessante dalla presenza dei nomi degli apostoli.
Leonardo avrebbe potuto essere attratto dalla possibilità di attribuire un at-
teggiamento – quindi un carattere individuale – a ciascun apostolo. Anche la
difficoltà di tradurre nel proprio linguaggio grafico un testo tardogotico (se
non addirittura – ma lo credo meno probabile – trecentesco, come suggerisce
Minna Moore Ede che rivaluta come autografo il disegno) potrebbe giusti-
ficare la modesta riuscita17. A dire il vero è stata rilevata la presenza di cloro
nella carta, il che ne spingerebbe la fabbricazione oltre la fine del Settecento;
nemmeno questo, però, è un dato decisivo, dal momento che, come osserva
Annalisa Perissa Torrini, la quantità rilevata è talmente esigua che «potrebbe
14
C.C. Bambach, in Ead. (ed.), Leonardo da Vinci Master Draftsman, pp. 557-560, scheda
n. 105.
15
G.B. De Toni, Frammenti vinciani XI. Lettere del pittore Giuseppe Bossi a Giambattista Ven-
turi e Vincenzo Camuccini, in «Raccolta Vinciana», XI (1920-22), pp. 229-235, spec. 234-235; C.
Nenci (a cura di), Le memorie autobiografiche di Giuseppe Bossi. Diario di un artista nella Milano
napoleonica, Milano 2004, p. 45. In precedenza, seguendo anch’io l’idea del falso, avevo pensato
che Bossi potesse essere mosso dalla necessità di creare ad arte una “preistoria” del Cenacolo in
grado di mettere Leonardo al riparo dai sospetti di aver tratto la composizione del Cenacolo da
dipinti a lui antecedenti, adombrati da una lettera inviatagli da Antonio Canova in data 10 aprile
1813 (E. Villata, in Marani [a cura di], Il Genio e le Passioni, p. 390, scheda n. 167). Tuttavia
Bossi possedeva già da quasi un anno il disegno al momento di ricevere tale lettera, e inoltre sareb-
be paradossale che per salvaguardare l’originalità di Leonardo avesse fabbricato un falso basato su
uno schema compositivo tardogotico.
16
J. Polzer, Renaissance Papers, Lexington (Kentucky) 1973, p. 62.
17
M. Moore Ede, in Syson - Keith (eds.), Leonardo da Vinci Painter, pp. 256-257, scheda
n. 69.
essere filtrata dalla carta di supporto dell’album ottocentesco, entro cui il fo-
glio è stato a lungo conservato»18.
Dal punto di vista tecnico (non certo da quello qualitativo) il controverso
foglio veneziano può ricordare il celeberrimo 12252, in cui un vibrante dise-
gno a matita rossa viene parzialmente coperto, nell’angolo a destra in basso,
da uno studio architettonico velocemente tracciato a penna, databile all’inizio
degli anni Novanta. Di solito questo volto è considerato studio per l’apostolo
Giacomo maggiore, e ci si è spinti fino a scrivere che «Leonardo’s intention
here is to find an expression of horror as the subject recoils from what he he-
ards and sees»19: in realtà si tratta di una presa dal vero, l’esibizione di un mu-
sicista, dai lineamenti molto simili a quelli del Musico dell’Ambrosiana, in atto
di cantare e suonare. Se il rapporto con la tavola milanese è corretto, il disegno
verrebbe risospinto verso la fine degli anni Ottanta. Del resto è proprio questo
il momento in cui Leonardo inizia le sperimentazioni con la matita rossa, ini-
zialmente usata con modalità che sono ancora quelle della punta metallica: lo
dimostra il cosiddetto Autoritratto di Torino, talvolta e meglio ritenuto studio
per un apostolo del Cenacolo, ma da considerare, con ogni probabilità, ritrat-
to ideale del filosofo presocratico Eraclito20. Non è d’altra parte difficile no-
tare la differenza, tecnica ed espressiva, tra questo disegno e gli altri, sempre a
Windsor, relativi alle teste degli apostoli, ancora più monumentali, idealizzati
e ricchi pur nella monocromia di continui passaggi di tonalità e di vibrazione.
Presa sufficiente confidenza con il medium, Leonardo lo utilizza anche per
scrivere, soprattutto appunti veloci. Tra questi si annovera quello sull’arrivo
presso di lui di una Catelina, molto probabilmente l’anziana madre: «adì 16 di
luglio Catelina venne adì 16 di luglio», con la consueta ripetizione della data
che è spia di un forte coinvolgimento emotivo (la si ritrova anche nell’anno-
tazione della morte del padre), vergata su un foglio (88r) del piccolo taccuino
Forster IIb. Nello stesso codicetto (f. 64v) troviamo l’elenco delle «spese per la
socteratura di Caterina», assieme a un appunto sulla fusione a cera persa che
dovrebbe riferirsi ancora al monumento Sforza: la data dovrebbe essere qui la
fine di giugno 1494, dato che il 26 di quel mese muore a Milano una «Chata-
rina de Florenzia annorum 60», unica fiorentina di questo nome la cui morte
sia registrata a Milano negli anni Novanta del Quattrocento, e che sembra per-
tanto da identificare con la donna tanto cara a Leonardo21.
Del tutto simile per formato, ductus della scrittura e media grafici utiliz-
zati è il Forster IIa, rilegato insieme al codicetto appena ricordato ma da esso
18
A. Perissa Torrini, in G. Nepi Scirè - A. Perissa Torrini (a cura di), Disegni di Leonardo
da Vinci e della sua cerchia nel gabinetto disegni e stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia,
Firenze 2003, pp. 104-106, scheda n. 8.
19
M. Moore Ede, in Syson - Keith (eds.), Leonardo da Vinci Painter, pp. 266-267, scheda
n. 75.
20
Secondo la proposta argomentata in E. Villata, La biblioteca, il tempo e gli amici di Leonar-
do. Catalogo della mostra di Milano, Novara 2009, pp. 27-29.
21
E. Villata, in V. Arrighi - A. Bellinazzi - E. Villata (a cura di), Leonardo da Vinci la vera
immagine. Documenti e testimonianze sulla vita e sull’opera. Catalogo della mostra, Firenze 2005,
p. 154, scheda n. IV.36.
distinto: la cronologia non può pertanto che essere analoga. Nel Forster IIa
(ff. 62r-63v) troviamo emblemi e disegni araldici molto vicini al ritaglio di
Windsor che già abbiamo incontrato, ma soprattutto un promemoria, piut-
tosto famoso, per gli atteggiamenti degli apostoli nell’Ultima cena:
Uno che beveva e lasciò la zaina nel suo sito, e volse la testa verso il proponitore.
Un altro tesse le dita delle sue mani insieme e co’ rigide ciglia si volta al compagno.
L’altro colle mani aperte mostra le palme di quelle e alza li spalli inver li orecchi
e fa la bocca della maraviglia.
Un altro parla nell’orecchio all’altro, e quello che l’ascolta si torce inverso lui e
gli porge li orecchi, tenendo un coltello ne l’una mano e nell’altra il pane mez-
zo diviso da tal coltello.
L’altro nel voltarsi tenendo un coltello in man versa con tal mano una zaina
sopra della tavola.
L’altro posa le mani sopra della tavola e guarda.
L’altro soffia nel boccone.
L’altro si china per vedere il proponitore e farsi ombra colla mano alli occhi.
L’altro si tira indietro a quel che si china, e ’l vede il proponitore infra ’l muro
e ’l chinato.
22
L’ipotesi, già timidamente adombrata da G. Calvi, I manoscritti di Leonardo da Vinci dal
punto di vista storico cronologico biografico, Bologna 1925 (ed. moderna a cura di A. Marinoni,
Busto Arsizio 1982, pp. 140-141, n. 113), è stata ripresa su solide basi da P.C. Marani, I disegni
di Leonardo, in Id. (a cura di), Il Genio e le Passioni, pp. 103-115, spec. 106, seguito da C. Vecce,
nale (prima della sperimentazione dei pastelli colorati, di cui la grafica vincia-
na è povera, ma utilizzati poi da Giovanni Antonio Boltraffio) i meravigliosi
studi di teste legati al Cenacolo di Windsor, eseguiti a matite rosse o nere su
carta bianca o preparata rossa; e in ogni caso ci dice che intorno alla metà del
1494 Leonardo già frequentava le Grazie, e che anzi il Cenacolo ha rischia-
to, come poi avverrà per la Battaglia di Anghiari, di essere lasciato in tronco.
Si deve poi ricordare l’evidente citazione dal san Filippo del Cenacolo
nella santa Lucia che assiste alla risurrezione di Cristo, dipinta da Boltraffio
nella pala, eseguita con Marco d’Oggiono, già della cappella Grifi in San
Giovanni sul Muro e oggi alla Gemaeldegalerie di Berlino. L’opera, com-
missionata nel 1491 e ricontrattata nel 1494, dovrebbe essere stata compiuta
prima del 1496 (anno in cui Macrino d’Alba data il polittico dipinto per la
Certosa di Pavia, nella cui Risurrezione sembra citare in più punti proprio la
pala berlinese)23. La citazione deriva dal dipinto, non dal disegno preparato-
rio di Windsor, e fa pensare che al più tardi nel 1495 esso fosse già visibile:
quantomeno a chi, come sicuramente Boltraffio, aveva la possibilità di facile
accesso alle impalcature su cui il suo maestro lavorava24.
Non si deve poi dimenticare (ne parla anche Richard Schofield in questo
volume) la minuscola pianta della tribuna bramantesca rapidamente schizzata
da Leonardo sui ff. 69v-70r del Ms. I dell’Institut de France; per l’esattezza
si tratta del secondo fascicolo rilegato nel medesimo codice, che Leonardo
ebbe in uso dal 1493-94, sporadicamente riutilizzandolo fino al 1497 circa25.
Va infine ripreso un altro argomento26: in un abbozzo di lettera a Ludo-
vico il Moro, contenuta nel Codice Atlantico (f. 914r), Leonardo accenna
amaramente all’interruzione dei lavori per il monumento Sforza, ma soprat-
tutto lamenta la mancata corresponsione del salario di due anni avendo avuto
a proprie spese anche due maestri. Un’altra minuta, che sembrerebbe databile
nei pressi dell’8 giugno 1496, allorché un pittore (quasi certamente Leonardo
stesso) che lavorava ai camerini del castello di Milano fece «certo scandalo» e
si tentò di sostituirlo col Perugino (si trattava quindi di una decorazione e di
Léonard de Vinci et la France, in F. Viatte - V. Forcione (éd.), Léonard de Vinci. Dessins et ma-
nuscrits. Catalogo della mostra, Paris 2003, pp. 21-26, spec. 21; E. Villata, in Arrighi – Belli-
nazzi - Villata (a cura di), Leonardo da Vinci la vera immagine, pp. 154-156, scheda n. IV.37; L.
Fagnart, Léonard de Vinci en France. Collections et collectionneurs (XVe-XVIIe siècles), Rome 2009,
pp. 18-23; e indipendentemente, con approfondite osservazioni, da Ballarin, Leonardo a Milano,
II, pp. 770-777. Per il rapporto tra Leonardo e Perréal si veda M.T. Fiorio, Leonardo, Boltraffio e
Jean Perréal, in «Raccolta Vinciana», XXVII (1997), pp. 325-355; Ballarin, Leonardo a Milano,
II, pp. 737-783 (testi scritti tra 1996 e 1999).
23
Si veda su quest’opera la discussione di Ballarin, Leonardo a Milano, I, pp. 612-628, con
analisi della bibliografia precedente.
24
Sarà un caso che nel f. 867r del Codice Atlantico, di cui si tratterà tra poco, databile intor-
no al 1496, compaia un volto maschile di mano di allievo, preesistente alle note vinciane, che a
me continua a sembrare Marco d’Oggiono, e in possibile rapporto con san Leonardo della pala di
Berlino (anche se il santo sulla tavola è dipinto da Boltraffio)?
25
Per un’aggiornata discussione sulla cronologia del Codice, con bibliografia precedente, si
veda P.C. Marani, Manuscrit I, in Viatte - Forcione (éd.), Léonard de Vinci, pp. 420-421.
26
Già svolto in Villata, La biblioteca, il tempo e gli amici, pp. 86-89.
Questo passo fu inserito da Vasari solo nella seconda edizione della sua
opera, del 1568, dopo un soggiorno a Milano nel 1566 in cui evidentemente
ebbe modo di entrare nel refettorio delle Grazie: dobbiamo tendenzialmente
27
P.C. Marani, in Brambilla Barcilon - Marani, Leonardo. L’Ultima Cena, pp. 17-20.
28
Vasari, Le Vite, VI, p. 27. Anche G.P. Lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, scoltura et
architettura, 1584, in Scritti sulle arti, a cura di R.P. Ciardi, II, Firenze 1973, p. 549, menziona,
abbastanza velocemente, i ritratti ducali.
credergli quando ci dice che gli Sforza «sono ritratti divinamente», anche se
noi non vediamo che un assai rigido contorno steso sull’intonaco.
Gattico scrive invece:
Leonardo dipinse il Cenacolo che alterato si vede nel fine del moderno refetto-
rio, et il duca e duchessa che si vede a’ fianchi della suddetta Gerusalemme [la
Crocifissione del Montorfano], quali si sono infracidite per essere dipinte a olio:
e l’olio non si conserva in pittura fatta sopra muri né pietre. Et egli contro ogni
suo volere lo fece perché così omninamente volse il duca Ludovico29.
29
Gattico, Descrizione succinta e vera, p. 104.
30
Come già proposto da Ballarin, Leonardo a Milano, I, pp. 482, 595.
31
Ne parla A. Schiaparelli, Leonardo ritrattista, Milano 1921, p. 33. Vale la pena di leggerne
la descrizione: «Un paggetto moro, dal mantello negligentemente gettato sulla spalla, dalla zazzera
riccioluta coperta di una berretta color porpora, dal volto intelligente ed energico». Dopo solo un
breve cenno di W. Suida, Leonardo und sein Kreis, München 1929 (trad. it. Leonardo e i leonar-
deschi, Vicenza 2001, p. 112) e di S. Bottari, Leonardo, Bergamo 1940, p. 26. Per l’attributo del
Moro legato a Ludovico Sforza si veda, in generale, E. McGrath, Ludovico il Moro and His Moors,
in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», LXVI (2003), pp. 67-94.
32
M. Bandello, Tutte le opere, a cura di F. Flora, I, Milano 1943, pp. 646-647.
33
Ballarin, Leonardo a Milano, I, p. 531.
34
A. Fulgenzi, Note milanesi su Matteo Bandello, in U. Rozzo (a cura di), Matteo Bandello no-
velliere europeo. Atti del Convegno (Tortona, 7-9 novembre 1980), Tortona 1982, pp. 403-409.
35
Ballarin, Leonardo a Milano, I, pp. 525-526.
36
Gattico, Descrizione succinta e vera, p. 104.
* * *
Abstract
37
A. Pica, L’opera di Leonardo al convento delle Grazie in Milano, Roma 1939, p. 32; A. Ot-
tino Della Chiesa, L’opera pittorica completa di Leonardo, Milano 1967, p. 99; G. Bora, La deco-
razione pittorica: sino al Settecento, in Santa Maria delle Grazie in Milano, Milano 1983, pp. 140-
187, spec. 175. La commissione al Cossali non pare tuttavia nota al suo volonteroso monografista:
L. Anelli, Grazio Cossali pittore bresciano, Orzinuovi 1978.
38
E. Villata, Intorno a Leonardo. Rarità dell’Ente Raccolta Vinciana al Castello Sforzesco. Ca-
talogo della mostra, Milano 2013, p. 36.
ments, permits to sustain the hypothesis that the painter has began to work (or at
least to think) at the Last Supper as early as 1493-94.
The photos of the front wall, with Giovanni Donato da Montorfano’s Cru-
cifixion, dated 1495, suggest to agree with the information given by Vasari and
other ancient writers: Leonardo did work also at the Ducal portraits. Allied
bombing in 1943 destroyed an already seriously damaged painting representing
a young moor, apparently ascribable to Leonardo himself.
Fig. 3 – Leonardo da
Vinci, lunetta celebrativa
(particolare dell’Ultima
Cena), Milano, Refetto-
rio di Santa Maria delle
Grazie.
Fig. 4 – Leonardo da
Vinci, intreccio di pere
(da una lunetta celebra-
tiva, particolare dell’Ulti-
ma Cena), Milano, Refet-
torio di Santa Maria delle
Grazie.
Fig. 8 – Leonardo da
Vinci, studi di geo-
metria, di architettu-
ra e per un’Ultima Ce-
na, Windsor Castle,
Royal Library, n.
12542.
Fig. 9 – Leonar-
do da Vinci, dise-
gno per un’Ulti-
ma Cena, Venezia,
Gallerie dell’Acca-
demia, n. 254.
Fig. 10 – Leonar-
do da Vinci, dise-
gno di musicista
e studi di archi-
tettura militare,
Windsor Castle,
Royal Library, n.
12552.
Fig. 15 – Maestro della Pala Sforzesca, Madonna col Bambino incoronata da ange-
li, i Padri della Chiesa, Ludovico il Moro e Beatrice d’Este con i figli Massimiliano e
Francesco II Sforza, 1495, Milano, Pinacoteca di Brera.
Fig. 17 – Leonardo da Vinci (?), Lu- Fig. 18 – Leonardo da Vinci (?), Beatri-
dovico il Moro con il figlio Massimilia- ce d’Este con il figlio Francesco II Sforza,
no e un paggio moro. 1495, già Milano, 1495, già Milano, Refettorio di Santa
Refettorio di Santa Maria delle Grazie Maria delle Grazie (ante 1943).
(ante 1943).