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Questo testo è stato scritto seguendo le lezioni del prof. Regalbuto e della prof.

ssa Sciacca durante l’anno


2019-2020 al polo D

Ed opportunatamente rivisitato, riscrivendo le frasi dette dai professori a lezione per renderle quanto più
comprensibili,

Ed eventualmente integrando con il Rugarli, che pur non essendo il testo consigliato dai professori, è molto
completo e simile nel linguaggio utilizzato.

Per correttezza qualsiasi dato discordante tra i professori ed il Rugarli viene riportato in entrambe le
versioni.

Si farà menzione di qualche caso clinico, scritto in corsivo, così come ogni esperienza o lavoro diretto
riportato dai professori come racconto. Alcuni di questi casi, sono ripresi dalle sbobine dell’anno 2015 e
riportati per completezza.

Per qualsiasi dubbio a riguardo, si consiglia sempre la visione del libro di testo consigliato dai professori.

L’ordine delle lezioni potrebbe essere differente dalla sequenza numerica poiché per cause puramente
logistiche i due professori si sono alternati nello svolgimento delle lezioni.

Per chiunque volesse le copie word dei file per aggiornamenti vari, non esiti a contattare qualcuno degli
autori riportati in copertina.

Ci scusiamo per eventuali errori grammaticali.

Buono studio.
INDICE – per ordine di impaginazione:

Lezione 1 (generalità) 1-4

Lezione 2 (Ipofisi, Adenomi Ipofisari, Prolattinomi, Adenomi Secernenti GH) 5-14

Lezione 3 (Ipopituitarismi, Diabete Insipido) 15-21

Lezione 4 (Gonadi) 22-38

Lezione 8 (Pubertà) 39-47

Lezione 5 (Tiroide e Gozzi) 48-56

Lezione 6 (Noduli della Tiroide) 57-64

Lezione 7 (Ipotiroidismo e Tireotossicosi) 65-71

Lezione 9 (Morbo di Basedow, Tiroiditi, Tumori) 72-86

Lezione 10 (Carcinoma Midollare della Tiroide, Paratiroidi) 87-96

Lezione 11 (Surrenale, Morbo di Cushing, Malattia di Addison) 97-106

Lezione 12 (Addison parte 2, Mineralcorticoidi, Midollare del Surrene) 107-115

Lezione 13 (Obesità) 116-128

Lezione 14 (Diabete parte 1) 129-146

Lezione 15 (Diabete parte 2) 147-164

Lezione 16 (Complicanze del Diabete) 165-190

Lezione 15 – Parte 2 (Dislipidemie) 191-206

All’interno delle singole lezioni sono presenti più microargomenti relativi al macroargomento.
Endocrinologia - Lezione 1

Il sistema endocrino comunica con il sistema nervoso e con il sistema immunitario (PNEI). Questo è
importante perché alcune patologie endocrine hanno eziogenesi immunitaria. Alcuni ormoni infatti
sono anche dei neurotrasmettitori.
Il sistema endocrino ha molte funzione:
- Metabolismo​;
- Omeostasi​, ad esempio nel mantenimento delle concentrazioni del calcio;
- Sviluppo somatico e neuropsichico​;
- Interazione con l’ambiente​. Anche l’inquinamento ambientale ha effetto sul sistema
endocrino, infatti in alcune plastiche con il calore si liberano delle sostanze che
interferiscono con gli ormoni.

Gli ormoni vengono secreti da ghiandole e da strutture non ghiandolari (SNC, cuore, fegato,
intestino, rene, tessuto adiposo), infatti possiamo individuare dei gruppi cellulari in organi non
endocrini.

Ormone deriva dal greco “ormao” che significa “eccito”. Gli ormoni possono essere trasportati o
trovarsi liberi, come ad esempio insulina ed IGF 1. Una caratteristica della cellula endocrina è che
essa può produrre più ormoni, esempio ne è la tiroide con la produzione di T3-T4, e allo stesso
modo più cellule endocrine diverse possono produrre lo stesso ormone. Peculiarità del meccanismo
d’azione dell’ormone è l’azione a distanza rispetto al sito di produzione dello stesso.

Gli ormoni non hanno tutti la stessa


composizione o derivazione chimica.
Posso essere:
- Peptidi, la maggior
parte di essi;
- Ammine;
- Steroidei, derivati dal
colesterolo;
- Eicosanoidi;
La sintesi degli ormoni peptidici inizia
quando vengono attivati i geni e
prodotto un mRNA che poi andrà a
livello del RER. Qui verrà prodotto poi
un pro-ormone che andrà
nell'apparato del Golgi dove grazie a
delle modifiche strutturali verrà
prodotto l’ormone finale che verrà poi
successivamente liberato.
La sintesi degli ormoni steroidei deriva da quelli che sono processi di trasformazione della molecola
di colesterolo.
Gli ormoni amminici derivano invece da amminoacidi, come ad esempio l’aminoacido tirosina, dal
quale vengono poi ricavate le catecolamine e gli ormoni tiroidei.

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Molti ormoni vengono protetti dalla degradazione mediante legame a proteine circolanti come ad
esempio la TBP (lega ormoni tiroidei), CBG (ormoni derivati dal colesterolo), SHBG (lega gli ormoni
sessuali), Neurofisine (legano ADH).
Saranno comunque le concentrazioni di ormone libere ad avere attività biologica.
La tappa indispensabile per l’azione ormonale è il legame dell’ormone ad un recettore specifico
sulla cellula. Molte terapie si basano proprio sul blocco del recettore, neutralizzando quindi l’effetto
dell’ormone nonostante esso sia normalmente presente (inibitore competitivo del sito enzimatico).
Da sottolineare è un’altra caratteristica del legame tra ormone e recettore, infatti, quando tra due
ormoni simili in struttura, uno è in elevate concentrazioni, questo può legarsi al recettore dell’altro
ormone e quindi bloccare il suo legame (es: IGF e insulina).
I recettori non sono altro che molecole (proteine) che legano l’ormone, infatti solo cellule che
possiedono recettori funzionanti (vedi sindromi da resistenza ormonale) sono suscettibili all’azione
ormonale.
La relazione tra ormone e recettore è caratterizzata da:
- Identificazione​ (specificità);
- legame​ (affinità);
- trasmissione​ ​segnale​ (amplificazione, integrazione).
La maggior parte degli ormoni agiscono
tramite dei recettori di membrana che
possono agire direttamente attivando le
cascate enzimatiche o tramite
l’attivazione dei secondi messaggeri
(cAMP, cGMP, NO ecc) che andranno
ad interagire con altri enzimi intracellulari
che attiveranno le cascate di segnale.
Altri ormoni si legano direttamente a
recettori interni alla cellula (ormoni
steroidei), in virtù della loro capacità di
attraversare la membrana cellulare. Altri
ancora presentano dei recettori
direttamente nel nucleo cellulare
(Ormoni tiroidei) funzionando da fattori di
trascrizione.
Gli ormoni possono essere classificati anche in base al meccanismo d’azione (recettori intracellulari,
su membrana con secondo messaggero, cascata chinasica, calcio/fosfatidilinositolo o entrambi). Ad
esempio, l’insulina una volta legata, fa si che le due subunità intracellulari del recettore si
avvicinano, attivando le subunità catalitiche (tirosin-k) e questo porta poi all’attivazione delle cascate
intracellulari alla base dei cambiamenti metabolici della cellula.

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La produzione ormonale viene regolati attraverso il meccanismo del feedback (feedback negativo o
attivo). Il meccanismo retroattivo (feedback negativo) è basato sulla concentrazione dell’ormone
stesso, infatti crescendo le concentrazioni, la sintesi dell’ormone viene ridotta. Nei tumori il controllo
con il feedback negativo può non funzionare perché abbiamo una ipersecrezione dell’ormone
(esempio classico di iperproduzione).
Tipico esempio di controllo a feedback negativo è il sistema ipotalamo-ipofisi-ghiandola periferica.
L’ipotalamo produce il fattore di rilascio che stimola l’ipofisi, essa produce le tropine che agiscono
sulle ghiandole periferiche. L’ormone prodotto dalle ghiandole periferiche agisce con un feedback
negativo bloccando la sua sintesi sia a livello ipotalamico che a livello ipofisario (regolazione ad
ansa lunga, corta ed ultra corta).

Altro modo per controllare l’eccessiva secrezione di un ormone, è la sensibilizzazione


(down-regulation) ovvero la riduzione numerica dei recettori per ridurre l’effetto.

Patologie del sistema endocrino


Queste possono essere:
- da ipofunzione (primaria, secondaria, terziaria)
- da iperfunzione (primaria, secondaria, produzione ormonale ectopica)
- patologia endocrina senza alterazione della funzione (noduli tiroidei non funzionanti).

Sindromi da ipofunzione
L’ipofunzione può essere primaria, secondaria o terziaria. Primaria quando riguarda direttamente la
ghiandola che produce l’ormone, secondaria se il problema è localizzato a livello ipofisario. Per i
deficit ipotalamici o ipofisari può anche essere utilizzato il termine centrale. Il deficit può essere
quantitativo o qualitativo. Nel quantitativo, vengono prodotte piccole concentrazioni ormonali che
non riescono ad attivare il recettore. Il qualitativo è dato da una struttura ormonale non adatta
all’attivazione del recettore.

Sindromi da iperfunzione
Possono essere primarie quando avremo incremento di produzione ormonale a causa di una
patologia della ghiandola, secondarie quando avremo produzione di fattori che stimolano la
ghiandola in caso di patologia extraghiandolare o ectopica come per esempio un microcitoma
polmonare che produce ACTH.
Tips su esami di laboratorio​:
se noi chiediamo il cortisolo e
rileviamo un livello alto, questo
può essere dovuto a varie
cause (surrenalica, centrale).
Avere solo il cortisolo non ci
porta alla diagnosi, ma
subentrano esami di secondo
livello che permettono
l’orientamento nella diagnosi.
Se questo dovesse essere
dovuto ad un difetto
ipotalamico, dosiamo l’ACTH

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(anche se non si fa mai, solo scolastico):
- Se il problema è a livello ipotalamico, avremo tutti e tre i valori alti.
- Se è a livello ipofisario avremo CRH basso e ACTH e cortisolo alti.
- Se è a livello surrenalico invece avremo solo il cortisolo alto e gli altri ormoni saranno
bassi.

Le definizioni di patologia secondaria e patologia terziaria possono essere unificate in un unico


termine, ovvero nelle cosiddette forme centrali, mentre la patologia primitiva sarà una forma
periferica. Per esempio, l'ipotiroidismo può essere primitivo o centrale, e quando parliamo di
centrale intendiamo che può essere o di origine ipofisaria o di origine ipotalamica.

Molti ormoni posseggono un ritmo secretivo caratteristico, possono infatti essere secreti in modo
ciclico o intermittente. Quando parliamo di ritmi biologici, questi possono essere:
- infradiani (inferiore alle 24h),
- circadiani (circa 24h) come il cortisolo con zenit alle 6-8 di mattina (mentre è minore
la sera, prima verso le 3-4 viene prodotto l’ACTH e poi alle 6-8 il cortisolo),
- ultradiani (superano le 24h) ormoni del ciclo ovarico.

La cosa da sottolineare è che questo ovviamente determina anche un periodo nella quale eseguire
il dosaggio (esempio classico è il cortisolo che va dosato di prima mattina, anche se
successivamente vedremo come un cortisolo dosato a quest’ora sia poco utile per esempio nella
diagnosi di un Cushing, quindi è importante conoscere l’orario del prelievo e farlo al momento
giusto). Alcuni soggetti presentano alti livelli di prolattina che possono essere dovuti allo stress,
quindi si fanno due prelievi uno prima quando viene inserita la cannula (ci aspettiamo valori altini) e
uno dopo sempre dalla stessa cannula (ci aspettiamo valori più bassi perché lo stress
dell’inserimento della cannula è passato). Il prelievo della prolattina non deve essere fatto da
appena svegli. Se si deve impostare una terapia sostitutiva è necessario andare a valutare anche
l’orario della somministrazione (esempio il cortisolo, va somministrato la mattina e se necessario nel
pomeriggio 16-17, perché il cortisolo ha due picchi).

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Endocrinologia - Lezione 2

Malattie del sistema endocrino - Ipofisi

L’ipofisi è una ghiandola molto piccola,


pesa pochissimi grammi, eppure è
fondamentale per la corretta omeostasi,
dato che controlla la maggior parte delle
nostre ghiandole endocrine. Essa viene
distinta in una porzione anteriore
denominata adenoipofisi,
embriologicamente derivata dalla tasca di
Rathke, che ha la funzione di produrre e
rilasciare le tropine, ovvero ormoni che
andranno poi a stimolare le ghiandole
periferiche, ed una posteriore chiamata
neuroipofisi, derivata del pavimento del
diencefalo, la quale ha la funzione di stoccare gli ormoni ossitocina e vasopressina prodotti nei
nuclei sopraottico e paraventricolare dell'ipotalamo e rilasciarli nel circolo sistemico.
L’ipofisi giace nella sella turcica dello sfenoide, accanto ad essa troviamo alcuni nervi ed altre
stutture tra le quali meritano una menzione i seni petrosi inferiori, utilissimi anche nella diagnostica
(leggasi lezione sul Cushing). La vicinanza con molte strutture è importante dal punto di vista
clinico, poiché la sella turcica è una struttura ossea che non si può adattare alle modifiche
patologiche dell’ipofisi che quindi andrà ad esercitare effetto massa su altre strutture vicine. Tra le
strutture interessate ad esempio il peduncolo ipofisario, ovvero la connessione tra ipofisi ed
ipotalamo che dà passaggio a nervi e vasi e che può portare anche a deficit produttivi, ma anche e
di notevole importanza clinica il chiasma ottico, motivo per il quale il pz potrebbe presentare disturbi
del campo visivo.

Il controllo ipotalamico
sull’ipofisi può essere positivo
o negativo. Ad esempio per
quanto riguarda la secrezione
di prolattina è quasi sempre di
tipo inibitorio. La ​PRL è un
ormone che aumenta durante
la gravidanza e l’allattamento
(aumenta anche grazie alla
suzione, tramite un riflesso
nervoso). Durante la
gravidanza, nonostante i livelli
siano elevati per favorire la
formazione di nuovi dotti
galattofori e la produzione di
caseina, gli elevati livelli di

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estrogeni fanno si che non vi sia fuoriuscita di latte. Con il parto, la diminuzione degli estrogeni farà
si che la PRL esplichi la sua funzione. La secrezione della PRL viene bloccata dalla dopamina,
generalmente prodotta dall’ipotalamo e questo ha importanti implicazioni dal punto di vista clinico.
Condizioni parafisiologiche che aumentano la secrezione di PRL sono il sonno e lo stress. Il TRH
stimola anche la secrezione della prolattina.
Il TRH nelle sindromi da ipofunzione secondaria (ipofisaria) è inappropriatamente normale o
normale-basso. In realtà ce lo aspetteremo alto dato che manca la produzione a valle dell’ormone.
Proprio il fatto che è normale-basso nella forma secondaria non si ha un eccesso di TRH e quindi
non si verifica iperproduzione di PRL (mentre nel primitivo si avrebbe iperproduzione di PRL).
Questo vale per gli ormoni tiroidei ma anche in generale in tutte le forme secondarie, ad esempio
per il cortisolo il CRH sarebbe normale, se fosse primitivo sarebbe alto.
Nell’ipotiroidismo dobbiamo quindi anche dosare anche la PRL. Vale la stessa cosa al contrario.

Il controllo dell ​ACTH (corticotropina) è tramite CRH. ACTH agisce soltanto sulla corteccia del
surrene e non sulla midollare, in particolare il suo bersaglio sono le cellule della fascicolata che
producono e secernono cortisolo e della reticolare dove si ha la sintesi di ormoni sessuali. Mentre la
parte glomerulare non risente dello stimolo dell’ACTH ma lo stimolo principale è l'iperosmolarità ed
in secondo luogo l’ipovolemia.

Il ​GH viene stimolato dal GHrh ed inibito dalla somatostatina (bersaglio principale di questa è il GH
ma in realtà inibisce la secrezione di tutti gli ormoni, così come anche il cortisolo inibisce molti
ormoni in maniera più o meno blanda, ad esempio la secrezione di TSH. Nei soggetti in terapia con
cortisone e che hanno TSH basso, questo indica una ricaduta). Il GH ha azione dirette ed indirette,
mediate dalle somatomedine prodotte dal fegato (IGF-1 ed IGF-2). In generale le tropine hanno
effetto su molti tessuti e quindi sull’organismo.

FSH e ​LH sono controllate da GnRH. LH stimola la secrezione nelle gonadi di androgeni mentre
FSH controlla la spermatogenesi e la follicologenesi.

Gli ormoni ipofisari:


- GH​ responsabile della crescita somatica ma anche di azione metaboliche;
- PRL​ stimola sintesi della caseina e della lattazione;
- ACTH stimola la corteccia surrenalica e viene co-secreta con la MSH. in tutte le
condizioni dove c’è eccesso di ACTH c’è eccesso di MSH con questi soggetti che
hanno iperpigmentazione (si cercano nelle zone non esposte al sole perché sono
poco evidenti - Leggasi Addison). Se c’è sospetto di ipercortisolismo o di
ipersecrezione in caso di adenoma si cerca anche nelle mucose.
- TSH​ regola la funzione tiroidea;
- LH ​stimola la produzione di testosterone da parte delle cellule della teca e delle
cellule del Leydig, permette anche l’ovulazione nella donna;
- FSH, ​stimola la spermatogenesi e la maturazione follicolare nella donna.

Nella neuroipofisi:
- ADH​ responsabile del riassorbimento di acqua dai tubuli renali e dal dotto collettore;
- OXT è importante sia per l’eiezione del latte ma anche per le contrazioni uterine nel
travaglio.

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Fattori di rilascio ipotalamici:
- TRH​, è il principale stimolatore del TSH ed in parte stimola la secrezione di PRL;
- CRH ​stimola la liberazione di ACTH;
- GHRH stimola la secrezione di GH. Esiste anche un fattore inibitore la secrezione di
GH di produzione ipotalamica, ma il suo ruolo è marginale;
- GnRH ​permette la liberazione delle gonadotropine.

Le malattie dell’ipofisi
Quando si parla di malattie dell’ipofisi bisogna tenere a mente che esistono delle alterazioni
funzionali legate alle concentrazioni ormonali (ad esempio ballerine con amenorrea. Per tutta una
serie di motivi, come le endorfine che si rilasciano durante l’attività fisica, si ha alterazione del Gnrh
e questo determina un alterazione del ciclo mestruale. L’ipofisi è normofunzionale e non abbiamo
neanche deficit nelle gonadotropine, il fatto è che non vi è una normale pulsatilità. Esistono più
fattori che poi possono alterare il ciclo come l’eccesso di prolattina) e delle alterazioni organiche,
legate ad un aumento del volume della ghiandola stessa (effetto massa).

Le malattie organiche:
- Adenoma ipofisario secernente e non secernente;
- Ipopituitarismo;
- Diabete insipido centrale.

I quadri clinici che si possono verificare in corso di malattie dell'ipofisi dipendono dalla funzione delle
cellule bersaglio dell'ormone deficitario: ad esempio se mancano l'FSH e LH avremo un quadro
clinico da alterata funzione gonadale, se manca il TSH un quadro clinico da alterata funzione
tiroidea, e così via. Al contrario, se c'è un eccesso di liberazione di TSH o di ACTH, noteremo un
quadro clinico dove c'è un eccesso di cortisolo.

Adenomi ipofisari
Gli adenomi ipofisari sono rari. Se sono secernenti (o anche non secernenti) sono delle patologie
gravi. Sono dei tumori benigni e vengono classificati in microadenomi se sono sotto 1 cm e in
macroadenomi se sopra. Per quanto riguarda i secernenti il più frequenti è il prolattinoma nel 50%
dei casi. Il secondo per frequenza è il non secernente 20-25% e poi il GH secernente nel 20% dei
casi (molte volte insieme a PRL secernente). L’ACTH secernente è al 6%, infine sono ancora più
rari quelli LH/FSH e TSH secernenti. Il PRL secernente è più frequente nella forma micro nelle
donne e macro nei maschi perché nella donna non ha il tempo di diventare macro. I sintomi sono
simili ma nel sesso femminile si nota precocemente perché ci sono delle alterazioni del ciclo
sessuale quindi i sintomi sono molto più evidenti. I GH secernenti sono quasi sempre
macroadenomi. La caratteristica di tutti gli adenomi ipofisari è la lenta evoluzione e nel caso di quelli
GH secernenti, GH diventa anche un fattore che permette la crescita dell’adenoma stesso. L’ACTH
secernente è un microadenoma mentre il TSH secernente e gonadotropine secernente sono macro.

Il problema dei non secernenti (25% dei casi), generalmente rilevati in maniera accidentale o perché
possono dare alterazioni visive (diplopie, mal di testa) oppure ritrovati in caso di una TAC o RM, è la
sintomatologia non evidente perché non producono fattori ormonali. Una cosa molto importante sui
macroadenomi sia secernenti che non è che, man mano che si espandono, si ingrandisce un tipo

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cellulare e, nel caso del secernente, distrugge le altre cellule e si arriva ad un ipopituitarismo.
Quando il microadenoma cresce può essere aumentata PRL perché manca inibizione della
dopamina a causa della compressione del peduncolo.

Alcuni fattori sono coinvolti nella patogenesi dei tumori ipofisari, molti dei quali sono simili a quelli
che sono i meccanismi patogenetici di altri tumori:
- Mutazioni di oncogeni​: come per gli altri tumori, anche qui mutazioni di RAS,
mutazioni attivanti di geni che trasformano le cellule ipofisarie, e così via;
- Mutazioni di oncosoppressori​: inattivazione degli oncosoppressori, che sono
implicati nella soppressione della crescita cellulare;
- Mutazioni di geni normalmente espressi nell'ipofisi​: controllano le diverse parti di
sviluppo della ghiandola;
- Fattori di crescita​: si legano a recettori cellulari di membrana.

Accanto a questi fattori, che sono per così dire ‘’classici’’, ci sono anche alcune forme ereditarie che
caratterizzano quelle che vengono definite sindromi multi-endocrine (MEN).
Per l'excursus sulle MEN si consiglia la visione degli appunti di chirurgia del prof. Veroux.

Clinica
Le manifestazioni cliniche sono per lo più
neurologiche: cefalea, difetti della visione.
Abbiamo i segni endocrini da iper o
iposecrezione parziale o totale.

L’effetto massa: la sella turcica è rigida e


non si espande quindi l’adenoma che
cresce comprime prima le cellule diverse da
quella che cresce e poi il chiasma ottico.

La massa può determinare anche


alterazione della motilità oculare
per interessamento del III, IV, VI
nervo cranico. In base al rapporto
che ha con il chiasma si possono
avere alterazioni diverse del campo
visivo. Più dura la compressione
sul chiasma ottico meno sarà
recuperabile il danno. Quindi,
riscontrare un adenoma che
comprime il chiasma ottico è
indicazione urgente alla
asportazione dell'adenoma, anche
se questo potrebbe essere trattato
con terapia medica per tentare di ridurre questa massa, se c'è già un'alterazione del campo visivo,

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non posso aspettare l'efficacia della terapia medica: l'intervento chirurgico diventa obbligatorio ed
urgente.

Diagnosi
Per la diagnostica si fa prevalentemente una RM piuttosto che la TC perché non ci sono radiazioni e
si vede comunque bene. Si richiede esame del campo visivo, dato che la compressione avviene
nella porzione postero mediana del chiasma, con interessamento delle fibre della porzione nasale
ed emianopsia temporale bilaterale. Si richiedono indagini di laboratorio con dosaggi ormonali.
L’orientamento clinico ci dà una mano ma si devono chiedere tutti gli ormoni perché ci possiamo
trovare nella condizione di ipopituitarismo. Se dovessimo avere una ipersecrezione di qualche
ormone ma non abbiamo indagato se c’è un difetto di secrezione di ACTH, mandando all’intervento
chirurgico il soggetto, egli potrebbe morire se non trattato immediatamente con il cortisone.

PRL e Prolattinoma
La dopamina prodotta dall’ipotalamo ha un effetto inibitorio sulla PRL. Invece la suzione, gli
estrogeni ed TRH ne stimolano la secrezione. Normalmente i livelli sono tra 5-25 ng/ml nella donna,
arrivano a 20 ng/ml nell’uomo. Le condizioni in cui aumenta la prolattina possono essere distinte in
fisiologiche e patologiche. Le ​fisiologiche​ sono:
- il sonno (attenzione a non fare prelievo mentre dorme);
- stress da prelievo, o qualsiasi stress fisico o psichico;
- Allattamento e gravidanza;
- suzione del capezzolo e lo stimolo della parete toracica, come ad esempio un
herpes.
Durante la gravidanza la presenza degli estrogeni stimola la crescita delle cellule lattotrope
ipofisarie e l’aumento della PRL (100-300 ng/ml). L’alta concentrazione di estrogeni però ne inibisce
l’azione sulla mammella, infatti la lattazione comincia subito dopo il parto per la rapida caduta
estrogenica.
Le cause di iperprolattinemia di origine ​patologica​ sono:
- adenoma ipofisario PRL secernente;
- l’interruzione del peduncolo ipofisario perché viene a mancare la dopamina prodotta
dall’ipotalamo;
- ipotiroidismo primitivo;
- sindrome da ovaio policistico;
- insufficienza renale, legato quindi alla clearance della prolattina stessa;
- Craniofaringioma;
- Farmaci, antidopaminergici,
estrogeni ad alte dosi, anti-H2,
oppiacei.
Nel momento in cui si trova iperprolattinemia si
deve pensare ad escludere un effetto di blocco
della dopamina come ad esempio a causa di
farmaci che la bloccano, ovaio policistico,
ipotiroidismo primitivo, herpes o traumi che
durano per un certo tempo nella parete
toracica. Per ultimo, quando non è stata rilevata
una causa può essere idiopatica.

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Segni e sintomi
In presenza di segni o sintomi associati ad una condizione di iperprolattinemia si può ipotizzare la
presenza di un adenoma PRL secernente. Nella donna:
- Oligomenorrea​, ​amenorrea​, poiché causa alterazioni dellla pulsatilità della GnRH e
quindi LH e FSH;
- Anovularietà​;
- Infertilità​;
- Galattorrea​, ovvero la fuoriuscita di latte o di una secrezione simile dalla mammella,
in assenza di gravidanza o dopo 6 mesi dal parto in una donna che non allatta. Essa
può essere spontanea o provocata, mono o bi- laterale; se associata ad alterazioni
mestruali è sinonimo di iperprolattinemia. Nel 50% delle donne con galattorrea i livelli
di PRL sono normali.
Nell’uomo:
- Disfunzione erettile;
- Ginecomastia;
- Oligo-azoospermia;
- Bassi valori di testosterone plasmatico​, quindi riduzione della forza e del tono
muscolare nonché della conta eritrocitaria (il testosterone ha azione positiva
sull’eritrogenesi e questo spiega perché il valore maggiore rispetto alla donna);
- Calo della libido​;
- Galattorrea​, rara poiché non è presente una ghiandola mammaria ben sviluppata.
Nell’uomo e nella donna determinano ​ipogonadismo, infertilità​.
La differenza dei sintomi fa si che nella donna la patologia si renda più evidente (amenorrea e
galattorrea) rispetto al maschio, dove la diagnosi è spesso tardiva e avviene in stato di
macroadenoma e quindi probabilmente rilevata grazie ad alterazioni a carico del visus. Un
microadenoma, potrebbe essere silente qualora si sviluppi nella donna in menopausa dove sintomo
presente sarà la cefalea.

Diagnosi di laboratorio e strumentale


Ci possiamo aiutare con i valori. Se il valore è molto alto maggiore di 200, è probabile che sia un
adenoma ipofisario. Se il valore è tra 100-200 è possibile che vi sia una interruzione del peduncolo
ipofisario. Se il valore è poco più alto del normale, come valori tra 40 e 100, potrebbe essere dovuto
ad altri fattori come lo stress o anche ad un microadenoma preso nelle fasi iniziali, ma è molto più
probabile che sia legato alle altre cause. Devono essere verificate sempre altre cause e devono
essere fatte almeno 2 misurazioni in clinostatismo che
siano concordanti. Soprattutto nei pazienti con
macroadenoma, è necessario andare a valutare tutti gli
ormoni pituitari per escludere ipopituitarismo e una
campimetria.
Alla ​RM della sella con contrasto, se non c’è nulla si
dice a tendina canadese (concava). Microadenomi
molto piccoli (2-3 mm) potrebbero anche non essere
rilevati. La lesione (nel caso dell’immagine è un
microprolattinoma) si presenta ipodensa rispetto al
parenchima circostante ed altera il profilo superiore della ghiandola che si presenta convesso.

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Terapia
La terapia risponde bene ai farmaci. La
prima scelta è rappresentata dai
dopaminergici che riducono anche la
massa mentre se è un
macroprolattinoma non si ha la
scomparsa totale ma la risposta ai
farmaci è sempre ottima. Nei casi in cui
c’è una compressione del chiasma
ottico con alterazioni della vista si può
ricorrere alla terapia chirurgica così
come in caso di mancata risposta ai
farmaci. Terza scelta sono infine le
radiazioni (il gamma knife) nei casi in
cui chirurgia e terapia farmacologica
falliscono.
Tra i farmaci il più vecchio è la ​bromocriptina (2.5 - 7.5 mg/die) la quale permette una
normalizzazione dei livelli di PRL nell’80% dei casi ed una riduzione della massa tumorale nel >50%
dei casi, con possibilità di utilizzarla anche in gravidanza. Il farmaco è stato sostituito dalla
cabergolina​, con effetto dopaminergico più prolungato e % di normalizzazione della PRL e
riduzione del tumore leggermente maggiori (viene utilizzato oggi se c’è la gravidanza (lei dice di non
utilizzarla) e la PRL viene mantenuta a livelli tali da consentire il proseguimento di essa.-Rugarli).
Gli effetti collaterali dando un dopaminergico sono nausea, vomito, ipotensione, vertigini, cefalea e
disturbi del sonno. Si inizia con dosi basse post prandiali o di sera e aumentare gradualmente fino
alla posologia ottimale.

GH, Adenoma ipofisario GH secernente e Acromegalia


Acromegalia è una parola che deriva dal greco: Akron (estremità = viso,
mani e piedi), Megas (ingrossamento). Condizione patologica in cui vi è un
aumento di volume delle estremità delle mani, piedi e volto, quindi una
condizione clinica caratterizzata da eccessiva crescita scheletrica e dei
tessuti molli, ed alterazioni metaboliche determinate da un eccesso di GH
circolante con livelli plasmatici dei fattori di crescita IGFs elevati. Essendo
una malattia presente in soggetti adulti, non vi è un allungamento delle ossa
in lunghezza (crescita in altezza), poiché è già avvenuta la saldatura delle
cartilagini epifisarie, ma la crescita scheletrica è per apposizione ossea, per
cui si ingrandiscono le ossa larghe: mani, piedi, mascella, mandibola. Nel
caso in cui, invece, l'eccesso di GH si verificasse in un soggetto in fase
ancora puberale, si realizzerebbe la situazione del ​gigantismo​.
È quasi sempre dovuta ad un macroadenoma GH secernente. In rari casi è
dovuta alla secrezione ectopica di GH da parte di tumori insulari del
pancreas, microcitomi polmonari, Linfoma non Hodgkin, tumori della
mammella e dell’ovaio. Nel 25% dei casi può essere misto e produrre
anche PRL. Le alterazioni dipendono dall’aumento delle IGFs (azione
indiretta del GH). L’IGF2 agisce per lo più durante la vita fetale tranne che
nelle forme tumorali. Le azioni dirette sono quelle metaboliche. Il GH è un

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ormone iperglicemizzante aumenta anche gli acidi grassi liberi e riduce il tessuto adiposo mentre
aumenta la massa magra (falsamente aumentata) perché aumenta il grasso tra una cellula e l’altra.

Normalmente, i livelli circolanti di GH in condizioni basali sono molto variabili: oscillano tra 1 e 10
ng/ml. Il GH viene prodotto con una secrezione pulsatile, con picco massimo durante il sonno
profondo (Fase NREM). Il valore massimo si ha alla nascita, il secondo picco alla pubertà. Alla
nascita poiché la velocità di crescita è maggiore rispetto a qualunque altro momento della vita.
Un meccanismo che fa liberare GH è lo stress, inteso non soltanto in senso psicologico, ma anche
come stress fisico: l'ipoglicemia è uno stress per l'organismo, perché, abbassandosi la glicemia,
devono mettersi in atto delle risposte che riportino il tutto alla normalità, pena la morte. Altre due
condizioni che fanno liberare il GH sono l'esercizio fisico, ovvero un'altra condizione di stress, e lo
stato nutrizionale.

Gli effetti locali compressivi sono più frequenti rispetto a quelli della PRL perché sono
macroadenomi.

Gli effetti diretti dovuti a GH sono:


- Eccessiva crescita dello scheletro gigantismo o acromegalia (aumento in larghezza e
spessore quindi acromegalia);
- Eccessiva crescita di tessuti molli e degli annessi cutanei;
- Visceromegalia, cardiomiopatia dell’acromegalico;
- L’aumento del GH induce anche insulino resistenza. A carico del fegato e dei muscoli
riduce la captazione del glucosio: questo fa aumentare la glicemia e l'insulina.
L’insulina, prodotta in eccesso, può essere responsabile di una condizione di
insulino-resistenza, che è quello che si riscontra in questi pazienti all'inizio della
malattia. L’insulina per poter agire deve essere prodotta in concentrazioni maggiori.
Persistendo questa condizione si esaurisce la secrezione di insulina ed il paziente
diventa diabetico, e questa forma di diabete non è né di tipo 1 né di tipo 2, dato che
non ne riconosce i meccanismi patogenetici tipici, ma si definisce come diabete
metaipofisario. Quindi, nelle fasi iniziali, l'acromegalico avrà un'alterata tolleranza al
glucosio, avrà una glicemia che, in condizioni normali, può essere normale, sotto
carico il glucosio aumenta in maniera eccessiva;
- A carico degli adipociti aumenta la lipolisi, quindi aumenta la produzione di acidi
grassi liberi;
- Aumenta la produzione di corpi chetonici, quindi altra condizione che peggiora
l'insulino-resistenza;
- Effetto anabolizzante sulla sintesi proteica;
- Aumento dell’aterogenesi e quindi aumentato rischio cardiovascolare;
- Apparato gastrointestinale con dolicocolon e poliposi;
- Neuropatia periferica;
- Segni articolari;
- Segni psichici;
- ipertensione.

Altri segni endocrini:

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- Ipopituitarismo;
- Gozzo diffuso o nodulare;
- Diabete mellito;
- Alterazioni mestruali;
- Galattorrea;
- Irsutismo;
- Disfunzione erettile.
Gli effetti indiretti:
- Sono tutti gli altri effetti del GH, e sono mediati dalle IGF 1 e 2 (dette anche
somatomedine) prodotte nel fegato, nel rene e nelle cartilagini.

I segni possono essere ad esempio la necessità di allargare la fede o nell’aumentare il numero di


scarpe o il fatto che non entra più un cappello.

Diagnosi
L’attenzione del medico viene richiamata soprattutto dalle alterazioni ossee che i pazienti
presentano. A causa dell’effetto massa potrebbero essere presenti sintomi quali una cefalea che
non si risolve. L’anamnesi è di fondamentale importanza, poiché i pz riferiscono tutta una serie di
cambiamenti quali ad esempio allargare le fedi, il numero di scarpe o anticamente il cappello. Il pz,
i familiari o chi gli sta vicino tutti i giorni, generalmente non presta attenzione a questi cambiamenti
poiché molto lenti e graduali (ci si abituano) o perché si pensa ad un aumento di peso/cambiamento
relativo alla sedentarietà e all’età che avanza. A parte quella fisionomia classica dell’acromegalia
che si manifesta nella fase tardiva della patologia, molto utile per fare diagnosi precoce e mettere in
risalto questi cambiamenti, è chiedere al pz di mostrare una foto di qualche anno fa che lo ritrae.
Per quanto riguarda l’approccio laboratorista: si dosano il GH e IGF1. Il problema è sempre relativo
al ritmo di secrezione. Facendo un dosaggio di base potrebbe essere già elevato ma potrebbe
anche non esserlo. Si fa un test che sfrutta un effetto paradosso, cioè si fa un test con la curva da
carico orale di glucosio (soluzione orale con 75 g di glucosio. Prelievo a tempo 0 alle 2 ore,
valutando insulina e glucosio) ma anziché dosare il glucosio, andremo a dosare GH ed IGF 1 che
inaspettatamente rimangono alti essendo ormoni iperglicemizzanti. Possono essere riscontrati falsi
positivi nei soggetti adolescenti, diabetici, anoressia nervosa, insufficienza epatica e renale. Falsi
negativi nei soggetti che presentano adenomi secernenti ma con basse quantità di GH.
Il sospetto di ipersecrezione di GH è confermato da:
- GH elevato (>40 ng/ml) e/o GH > 1 ng/ml (il rugarli parla di positività qualora i livelli di
GH dopo 2h siano > 0,4 ng/ml) dopo test carico orale di glucosio;
- IGF superiore al range di normalità per sesso/età.
Confermato il sospetto, per la diagnosi:
- RM della sella o TAC per
confermare la presenza
dell’adenoma, definire
l’estensione ed i rapporti.
Nell’immagine
macroadenoma secernente
GH;
- Esame del campo visivo.

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Al solito si devono valutare tutti gli altri ormoni (TSH e ormoni tiroidei, gonadotropine ecc...).
Bisogna valutare tutte le complicanze sistemiche dell’acromegalia, generalmente associata a
presenza di neoplasie a livello del colon retto, mammella, bronchi e midollo. Si farà un’ecografia
tiroidea per valutare la presenza dei tumori alla tiroide, una colonscopia per la poliposi del colon e i
tumori del colon, ecocardiografia, misurazione della pressione arteriosa. Aumenta anche l’incidenza
dei polipi della colecisti.

Terapia
La prima scelta è la ​terapia chirurgica trans-naso-sfenoidale​, viene aspirato l’adenoma (il rischio
potrebbe essere diabete insipido transitorio o permanente).
Nei casi in cui la chirugica non ha avuto successo o non si può fare per varie complicazioni o nei
casi in cui il soggetto non vuole sottoporsi all’intervento o infine, nei casi un cui persiste la patologia
si usa prima la terapia medica tramite ​analoghi della somatostatina a lunga durata d’azione:
octreotide LAR (10-40 mg ogni 28 giorni i.m.), lanreotide (30-120 mg ogni 20-56 giorni i.m)​.
Cosa importante è che nella maggior parte dei pazienti oltre al miglioramento delle condizioni
generali si avranno: riduzione del gonfiore, della cefalea, dell’ipertrofia cardiaca, delle apnee
notturne e in molti casi dell’ipertensione arteriosa e del metabolismo glucidico. Effetti collaterali sono
legati a sintomi gastroenterici come nausea, diarrea, malassorbimento e meteorismo e aumento del
rischio di calcolosi biliare (riduzione della contrattilità della colecisti).
Si possono utilizzare farmaci che ​inibiscono il recettore del GH (pegvisomant 10-40 mg/die s.c)​.
Il ​pasireotide ​è un farmaco analogo della somatostatina multi-target recettoriale.
La ​radioterapia ha perso il ruolo di terapia adiuvante soprattutto per le problematiche relative ai
rischio di altri tumori cerebrali ed ipopituitarismo.

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Endocrinologia - lezione 3

Ipopituitarismi
Con il termine si intende la carenza di uno o più ormoni dell’ipofisi anteriore a causa di una
patologia che provoca distruzione delle cellule ipofisarie. Questi possono essere globali o parziali,
congeniti o acquisiti. Spesso, la condizione globale (panipopituitarismo) è associata ad un deficit
ipofisario posteriore con diabete insipido. Parliamo di una condizione rara con incidenza di
4/centomila casi e prevalenza di 45,5/centomila abitanti.

Cause di Ipopituitarismo
Congenite:
- La mutazione dei fattori di trascrizione ipofisari che regolano la sintesi delle tropine;
- Mutazione del gene del GH;
- Mutazioni dei geni del GnRH, GHRH, TRH ecc;
- Traumi da parto, come nella presentazione podalica, evenienza che avviene nei
paesi in via di sviluppo. Qui non succede perché viene effettuato il cesareo;
- Eziologia sconosciuta.
Acquisite:
- Adenomi ipofisari​, fanno parte delle cosiddette forme sellari. Vengono divisi sia in
secernenti che non secernenti, rappresentano la causa più frequente 53% dei casi,
perché man mano che si ingrandisce l’adenoma va a comprimere le altre cellule
oppure nel caso dei secernenti perché le altre cellule vanno in apoptosi;
- Tumori dell’area ipotalamo-ipofisaria (es. Craniofaringioma), ​fanno parte delle
forme sovrasellari perché sono dei tumori che non invadono la sella. Se ad esempio
si sviluppasse un tumore ipotalamico che colpisse le cellule produttrici del TRH,
l’ipofisi non produrrà TSH non perché danneggiata a causa del tumore, ma perché
viene proprio a mancare il TRH. Nel caso specifico del craniofaringioma, esso invece
cresce all’interno della sella turcica, portando ad una mancata produzione ipofisaria a
causa della compressione della stessa;
- Forme iatrogene​, come nei soggetti che subiscono degli interventi chirurgici o
terapia radiante fino all’ipopituitarismo globale;
- Ipofisi autoimmuni;
- Traumi cranici;
- Sindrome di Sheehan​ o necrosi ischemica post partum dell’ipofisi;
- La Sindrome della sella vuota è una condizione definita radiologicamente nella
quale si nota come l’ipofisi viene schiacciata sul pavimento sellare perché c’è
un’erniazione dello spazio subaracnoideo, molto rara come causa, rappresenta il
5-10% dei casi, non è detto che sia associato ad ipopituitarismo.

Nell’età evolutiva la forma acquisita più frequente è un ​craniofaringioma, ​tumore che colpisce nel
50% dei casi bambini ed adolescenti. È caratterizzato da:
- Mal di testa e deficit della visione (segni locali di espansione tumorale);
- Deficit endocrini come arresto della crescita (bambino) e ritardo nello sviluppo
puberale (adolescente), se presente, la ginecomastia è indicativa. I sintomi dovuti
all’assenza delle altre tropine sono sfumati.

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Diagnosi eseguita tramite RM encefalica, ma devono sempre essere effettuati esami del campo
visivo, valutazione delle tropine ipofisarie e dell’età ossea. La terapia prevede un approccio
neurochirurgico, seguito da radioterapia con distruzione di eventuali residui chirurgici e terapia
medica sostitutiva della funzione ipofisaria. Le manifestazioni sono tanto più importanti tante più
sono le tropine coinvolte. La risposta paradossa dopo la chirurgia può prevedere la ripresa della
crescita in statura. Obesità presente nel 75% dei soggetti post-chirurgia nonostante la restrizione
calorica.

In età adulta, la forma più frequente è il ​macroadenoma sia secernente che non. Le manifestazioni
cliniche riguardano il tipo di deficit:
- Eterogenee, rispecchiano i deficit secondari di tiroide, surrene e gonadi;
- Condizioni di nutrizione buone, con tendenza alla disposizione dell’adipe intorno alla
vita (mancanza effetto lipolitico del GH).
Errore gravissimo è non valutare le altre tropine, dato che il macroadenoma ipersecernente può
causare ipopituitarismo relativamente alle altre funzioni ipofisarie.

La ​Sindrome di Sheehan è dovuta ad una forte emorragia da parto che provoca infarto ischemico
dell’ipofisi. Il sintomo più evidente è la mancata montata lattea (ipoprolattinemia) a cui fanno seguito
mancata ricomparsa del ciclo mestruale ed infertilità. In forma acuta può presentarsi con
ipotensione, nausea, vomito, tachicardia ed ipoglicemia. La terapia è di tipo sostitutivo.

Le manifestazioni cliniche di qualunque di queste condizioni sono variabili in rapporto a diversi


fattori:
- Estensione del deficit​: se è coinvolto un solo ormone, le manifestazioni cliniche saranno più
limitate, se sono coinvolti più ormoni il deficit sarà multiplo, fino ad arrivare alle condizioni in cui
tutta l'ipofisi non funziona, per cui si parlerà di panipopituitarismo, e tale situazione clinica
dipende non solo dal numero di ormoni interessati dal deficit, ma anche dall'entità del deficit di
ciascuno degli ormoni interessati dal deficit stesso (parziale o totale);
- Epoca di insorgenza: se un ipogonadismo avviene in un soggetto prepubere, questo soggetto
non va incontro alla pubertà. Se l'ipogonadismo avviene in un soggetto adulto, il soggetto ha già
attraversato la pubertà, quindi non ci sarà una mancanza o un deficit di quelli che sono i
caratteri sessuali secondari, ad esempio, perché si sono già sviluppati;
- Rapidità di insorgenza del processo​: più lentamente si sviluppa una patologia, più le
manifestazioni saranno graduate e progressive e, molte volte, non vengono attenzionate perché
si verificano lentamente ed il paziente non si rende conto delle modifiche che stanno
avvenendo.

Segni clinici dell’ipopituitarismo anteriore.


Deficit di:
- GH​: il quadro clinico dipende dall'età di insorgenza: se un deficit di GH insorge in età giovanile
(condizione più frequente), il quadro che ne scaturisce è quello che viene identificato come
nanismo ipofisario​, anche se è consigliabile non usare mai il termine nanismo: infatti, il
concetto di nanismo evoca, nei familiari e nei soggetti affetti, una condizione particolarmente
importante. Bisogna, invece, parlare sempre di bassa statura. In età giovanile, se vediamo un
bambino che non cresce adeguatamente, la prima cosa cui bisogna vedere è vedere se c'è
deficit di GH. Il più delle volte una bassa statura non è dovuta ad un deficit di GH, ma ad una

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serie di altre condizioni, prima tra tutte la bassa statura familiare, sulla quale non si può fare
nulla perchè è, appunto, costituzionale, familiare o genetica. Esistono una serie di basse stature
non legate agli ormoni. Se il deficit di GH avviene in età adulta è chiaro che non ci possono
essere i segni del deficit nell'età giovanile perché il soggetto è già cresciuto. Ci possono essere i
segni legati a quello che è l'effetto del GH su una serie di organi e apparati, ed in particolare:
astenia, aumento della massa grassa, diminuzione di massa magra e tessuto osseo, mentre
non c'è sicuramente un'alterazione della statura. Nell'adulto un deficit di GH isolato è molto raro,
questo perchè il più delle volte è una condizione di ipopituitarismo multiplo dipendente da un
intervento chirurgico, da un tumore o da un qualcosa che ha compresso l'ipofisi;
- TSH è simile all’ipotiroidismo primario, si manifesta con torpore, intolleranza al freddo, apatia,
sonnolenza e facile affaticabilità. La cute è secca e non è presente mixedema. L’ipotiroidismo di
origine ipofisaria è raro come manifestazione singola, poiché generalmente è associato a deficit
secretivi delle altre popolazioni cellulari;
- ACTH è simile al primitivo, con atrofia della zona reticolata e della fascicolata e riduzione nella
produzione di glucocorticoidi e androgeni, mentre la secrezione di aldosterone è mantenuta,
mancano infatti le alterazioni elettrolitiche e della volemia. Manca l'iperpigmentazione a causa
della mancata produzione di ɑ-MSH, anzi abbiamo depigmentazione delle aree fisiologiche
come l’areola mammaria. Per il resto la sintomatologia è simile a quella del deficit primitivo, ma
più attenuata: astenia, nausea, anoressia, vomito, ipotensione arteriosa e ipoglicemia (Il
cortisolo è uno degli ormoni della controregolazione). La sintomatologia può precipitare in
concomitanza di un evento stressante, mostrando come l’asse non sia in grado di gestirlo.
Se vi è un deficit di androgeni la sintomatologia è più sfumata dato che la maggior parte degli
ormoni steroidei viene prodotta nelle gonadi (almeno per il maschio);
- PRL, come deficit singolo è rarissimo. Dato che la prolattina ha una sola funzione, ovvero
preparare la ghiandola mammaria per la lattazione, non ho nessun segno clinico che mi possa
far pensare ad una condizione di deficit di prolattina;
- LH/FSH in età evolutiva assenza di sviluppo sessuale con pubertà ritardata ed eunucoidismo.
Nell’uomo adulto avremo riduzione del volume testicolare, calo della libido e riduzione dei
caratteri sessuali secondari come rarefazione dei peli e calo della massa muscolare. Nella
donna adulta le alterazioni del ciclo mestruale con oligomenorrea e amenorrea saranno i sintomi
più precoci. Seguono anche nella donna alterazione dei caratteri secondari sessuali con atrofia
della mammella e scomparsa dei peli pubici (dovuti in parte all’assenza di DHEA-S).
I sintomi sono a lenta evoluzione e dipendono oltre che dall’età di insorgenza anche dall’entità del
coinvolgimento ghiandolare. Se il danno è progressivo, abbiamo generalmente interessamento
sequenziale: GH, LH, FSH, TSH e infine ACTH. Negli stadi avanzati i pazienti assumono un aspetto
caratteristico, conseguenza dell’interessamento multighiandolare, che già al primo impatto può
portare alla diagnosi:
- Volto apatico ed inespressivo con rughe sottili;
- Cute pallida e sottile;
- Areole mammarie depigmentate;
- Rarefazione dei peli e della barba;
- Aumento dell’adipe a disposizione centrale;
- Poliuria, evidente quando entra in atto la terapia con glucocorticoidi;
- Riduzione della qualità della vita: tendenza all’isolamento, depressione e insicurezza.
- Paziente sembra più anziano rispetto all’età anagrafica.

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Diagnosi
- Quadro clinico suggestivo di ipopituitarismo ​(es deficit plurighiandolare);
- Insufficienza ghiandolare periferica secondaria;
- Presenza di lesioni che possono causare ipopituitarismo ​(es massa sellare > 1
cm, anche in assenza di segni clinici).
Regola d’oro​: ​dimostrazione di deficit della ghiandola periferica in presenza di un valore non elevato
della corrispondente tropina ipofisaria.
IMPORTANTE: nell’insufficienza secondaria la riduzione dei livelli di ormoni periferici non si associa
all’aumento degli ormoni dell’adenoipofisi, come invece avverrebbe in un deficit primario, pertanto
questi saranno nel range della normalità:
Il rilievo di valori ridotti di fT4 in presenza di TSH non elevato è indicativo di un ipotiroidismo
secondario.
Indicativo è il valore della cortisoluria delle 24 h che si presenta al di sotto del range normale.
Il valore di GH basale non è sufficiente e si preferisce quello di IGF-1 che è quasi sempre al di sotto
del range normale.
Data i limiti della diagnostica basata su livelli random, assumono molta importanza i test dinamici
basati sullo stimolo dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sul GH. il test di stimolazione rapido con
ACTH mette in mostra la mancata produzione del cortisolo perché la risposta del surrene all’ACTH
è diminuita in acuto. Per dimostrare la carenza di ACTH si deve ricorrere ad un’attivazione
stress-mediata del sistema ipotalamo-ipofisi con liberazione di ACTH, GH e PRL. Per indurre
questo stress, i valori di glicemia devono scendere al di sotto di 40 mg/dl (Il test è mal tollerato dal
soggetto adulto che manifesta torpore, tremore e sudorazione).
L’impiego del CRH permette di differenziare delle carenze di ACTH dovute a deficit ipotalamico
(livelli basali ridotti di ACTH con risposta al CRH presente) da quelli dovuti a deficit ipofisario
(risposta al CRH assente).
Oltre all’ipoglicemia a digiuno, possono essere presenti anemia normocromica e iponatriemia. La
presenza di un deficit ormonale deve comunque fa pensare sempre alla presenza di un problema a
livello centrale.

Trattamento
Terapia sostitutiva degli ormoni periferici a seconda del deficit che trovo, se singoli o multipli. In
caso di GHD con GH umano ricombinante. In caso di iposurrenalismo secondario solo
glucocorticoidi e non con steroidi mineraloattivi, essendo i livelli normali. Levotiroxina per la tiroide
come per il primitivo. Nel caso di ipogonadismo secondario nell'uomo con testosterone, nella donna
con estroprogestinici. Le gonadotropine vengono utilizzate per indurre spermiogenesi ed
ovulazione.

- Deficit di GH: ​rhGH 25-35 µg/Kg/die s.c.​ (GH umano ricombinante)


- Iposurrenalismo secondario: ​cortisone acetato 25 mg + 12.5 mg /die per os
- Ipotiroidismo secondario:​ L-tiroxina 1.0-1.4 µg/Kg/die per os
- Ipogonadismo secondario:
- uomo: ​testosterone enantato 250 mg i.m. ogni 3-4 settimane, oppure
cerotto transdermico
- donna: ​formulazione estroprogestinica (HRT)
- infertilità: ​gonadotropine ​per entrambi i sessi

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Sindrome da alterata secrezione di ADH
Diabete insipido
Sindrome caratterizzata da intensa poliuria e polidipsia, con urine a basso peso specifico, causata
da un ridotto assorbimento di acqua a livello dei dotti collettori del rene con aumento della sete.
Il diabete di origine centrale (DI, Diabete insipido neuroipofisario) è dovuto alla carenza di ADH
mentre se nefrogenica (DIN, Diabete Insipido Nefrogenico) è caratterizzata da insensibilità
dell’epitelio dei dotti collettori renali all’ADH. La secrezione di ADH è regolata da:
- Osmolarità plasmatica > 280 mOsm;
- Ipovolemia (pressione arteriosa. Grazie ai barocettori atrio ventricolari e al seno
carotideo);
- Ipossia:
- Nausea;
- Dolore.
Se c’è aumento dell’osmolarità plasmatica o
la riduzione della pressione arteriosa si ha
stimolo alla secrezione da parte della
neuroipofisi. l’ADH fa si che la maggior parte
dell’acqua venga riassorbita a livello del
dotto collettore e del tubulo distale , infatti
nel deficit uno dei sintomi principali è la
poliuria (in assenza totale di ADH la quantità
di urina sarebbe 15-20 l/die).
L’ADH presenta due recettori:
- V1, mediano vasocostrizione;
- V2, permettono il riassorbimento di acqua libera nei tubuli renali e nel dotto collettore.
Cause
Una delle cause più frequenti è di tipo chirurgico e può anche essere transitorio, guarendo in
qualche settimana o mese. Altre cause possono essere tumori dell’area ipotalamica o idiopatiche.
Due forme distinte di diabete insipido sono il diabete insipido gestazionale e la polidipsia primaria.
Il diabete insipido gestazionale, compare nel terzo trimestre della gravidanza e il deficit di ADH è
legato prevalentemente ad una degradazione a livello placentare dell’ADH (non confondere con il
mellito).
La polidipsia primaria (potomania) è una patologia a sfondo psichiatrico caratterizzata da un
bisogno di assumere liquidi in quantità maggiori rispetto al fabbisogno reale. Questo porta alla
soppressione di ADH con conseguente poliuria.
Sintomi
La mancata secrezione di ADH porta ad una perdita di acqua libera con riduzione notevole
dell’osmolarità urinaria, lieve disidratazione, aumento dell’osmolarità plasmatica e sete. Il quadro
clinico è caratterizzato da:
- Poliuria​, può arrivare anche a 20L al giorno e le urine avranno peso specifico molto
basso ( < 1005 g/L);
- Nicturia​;
- Enuresi​;

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- Sensazione di sete e ​polidipsia​. Quando c’è diabete insipido il soggetto non deve
essere inibito dal bere perché sennò ci sarà ​disidratazione​. (legato alla perdita di
liquidi).
Gli elettroliti plasmatici e urinari e i soluti totali sono spesso normali. La presentazione clinica può
variare quando il diabete insipido non è idiopatico. In questo caso avremo sintomi come cefalea,
alterazioni del campo visivo e deficit ormonali, oltre che la sintomatologia della patologia di base.
Diagnosi
Si effettua la raccolta delle urine delle 24 ore e si valutano osmolarità plasmatica ed elettroliti (2 Na
+ glicemia/18 + Azotemia/2,8) normalmente i valori normali di osmolarità sono vicini a 280-300.
Valutare il peso specifico delle urine permette di distinguere il diabete insipido dalle poliurie che
rappresentano un meccanismo di compenso necessario ad eliminare un carico di soluti (l’osmolarità
sarà uguale a quella del plasma). La valutazione di alcune componenti permette di distinguere delle
patologie che causano poliuria:
- Glucosio (diabete mellito);
- Urea e creatinina (malattie renali);
- Ipercalcemia e Ipokaliemia (Difetto di concentrazione renale secondario);
- L’anamnesi permette di escludere le poliurie da farmaci;
Diabete Insipido se:
- Osmolarità urine 24h < 300 mOsm/l;
- Osmolarità plasma >300 mOsm/l.
- Na plasma >144 mmol/l (disidratazione).
La misura dell’osmolarità plasmatica e urinaria in condizioni basali può essere indicativa ma non
diagnostica del diabete insipido. La diagnosi richiede l’esecuzione della prova di concentrazione e in
casi particolari dell’infusione di soluzione salina ipertonica.

DI con polidipsia
Se vi è una compromissione dell’ADH notiamo che il peso specifico delle urine è basso (<1200,
<1005 g/dl - Rugarli). L’osmolarità delle urine è bassa (tante ma diluite) mentre l’osmolarità
plasmatica è aumentata. Se c’è disidratazione troviamo anche il sodio alto. Con questo abbiamo
sospetto di diabete insipido.

Test
dell’assetamento​, è un
test delicato che deve
essere fatto in ospedale
durante la notte.

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Nel caso di diabete insipido centrale non si avrà nessun aumento dell’ADH plasmatico, mentre nel
caso del diabete insipido nefrogenico e nella polidipsia primitiva si osserva un normale incremento
di ADH. la presenza di lesione ipotalamiche deve essere ricercata in tutti i casi di diabete insipido
tramite indagini strumentali con RMN ipofisi.
La distinzione tra diabete insipido centrale e nefrogenico viene eseguita valutando la responsività
renale all’ADH dove in caso di Diabete insipido nefrogenico non avremo nessuna riduzione del
flusso urinario.

Tra le indagini strumentali nelle malattie della neuroipofisi possiamo eseguire:


- TC alta risoluzione della sella;
- RM;
- Esami del fondo oculare e campimetria visiva.

Terapia
Al paziente deve essere sempre garantito il libero accesso all’acqua, poiché anche piccoli periodi di
privazione possono portare alla precipitazione della sintomatologia. La terapia prevede la
somministrazione di un analogo dell’ADH, la ​desmopressina​, che ha il vantaggio di presentare
maggior durata di attività e trascurabile attività sulla pressione sanguigna.
In caso di diabete insipido nefrogenico si deve curare la patologia renale di base e sospendere i
farmaci nefrotossici.

Deficit multipli (panipopituitarismo)


Condizioni di deficit multipli che realizzano panipopituitarismo. Anche qui il quadro clinico è variabile
secondo età, sesso, insorgenza ed eziologia. Possono essere presenti sia i segni endocrini, legati al
deficit delle singole tropine, sia i segni neurologici nelle forme neoplastiche ed invasive, ed infine
una serie di segni che non sono specifici di un singolo deficit, ma che sono probabilmente legati
all'insieme di tutte queste alterazioni: apatia, astenia, intolleranza al freddo, ipotermia, cute
depigmentata, caduta dei peli, capelli radi e sottili, ovvero tutti segni legati al quadro clinico di
panipopituitarismo, dove mancano molti degli ormoni e dove la terapia diviene complicata in quanto
bisogna sostituire gli ormoni mancanti (GH, androgeni, ormoni tiroidei, ad esempio).

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Endocrinologia - Lezione 4

Gonadi maschili e femminili

Ovaio
L’ovaio è un organo pari a struttura ovoidale situato nello scavo pelvico. Esso ha una duplice
funzione:
- Endocrina;
- Gametogenica, permettendo la maturazione e liberazione degli ovociti durante la vita
fertile.
Dal punto di vista anatomico distinguiamo due parti:
- Midollare, contente tessuto fibrovascolare e residui follicolari;
- Corticale, formata da uno strato di cellule colonnari che costituiscono l’epitelio
germinale. Lo strato corticale contiene i follicoli in vario grado di maturazione. Il
complesso follicolare è costituito da oocita rivestito dalle cellule della granulosa ed
esternamente ad esse le cellule della teca.
Nell’ovaio ci sono 2 tipi di cellule con funzioni diverse ma che comunque comunicano tra di loro, le
cellule della teca e le cellule della granulosa. LH stimola la cellule della teca da cui si formano gli
ormoni sessuali maschili. FSH ha i recettori sulle cellule della granulosa, dove è presente la
aromatasi che converte androgeni in estrogeni.
Gli ormoni ovarici (estrogeni, progesterone e androgeni) derivano tutti dal colesterolo. Tutte le
cellule posseggono l’enzima che permette la sintesi dell’estradiolo a partire da pregnenolone,
mentre possono presentare diverso corredo enzimatico a seconda della diversa necessità ormonale
che caratterizza ciascun segmento. Infatti a livello del corpo luteo avremo produzione di
progesterone, le cellule della teca stimolate da LH producono androstenedione e testosterone,
mentre le cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH producono estrogeni grazie al processo
di aromatizzazione.
Il ​17β-estradiolo (E2) per il 95% viene prodotto dall’ovaio per azione dell’aromatasi ed è
l’estrogeno più potente di tutti.
L’​estrone (E1) viene prodotto dalla conversione extraghiandolare periferica (tessuto epatico,
muscolo, adipe) del Δ4 androstenedione ed è più debole. Qualora la sua sintesi aumentasse, si può
assistere all’inversione del normale rapporto E1/E2. È l’ormone sessuale predominante dopo la
menopausa. Dall’estrone si forma l’estradiolo.
Si trovano in circolo legati alla SHBG che in alcuni casi viene dosata. Con minor affinità si legano ad
albumina e soltanto il 2-3% è la quota libera che si lega ai recettori.
Gli estrogeni sono fondamentali per lo sviluppo sessuale della donna, infatti tutte le modifiche sia in
fase puberale che nella fase post-menopausa sono da imputare ai loro livelli. Durante la vita
feconda sensibilizzano l’ovaio all’azione delle gonadotropine ed influenzano l’endometrio. Stimolano
la libido, inducono lo sviluppo della ghiandola mammaria e l’accrescimento dei dotti galattofori oltre
che la pigmentazione areolare. Sono responsabili della deposizione ginoide del tessuto adiposo.
Permettono il passaggio di liquidi dal compartimento intra a quello extracellulare con ritenzione
compensatoria di acqua e sodio a livello renale, favorendo l’imbibizione cutanea (effetto
edemigeno). A livello osseo sono responsabili nella prima fase della pubertà della crescita staturale,
mentre successivamente ne determinano l’arresto grazie alla saldatura delle cartilagini di
coniugazione. Inibiscono i processi di riassorbimento osseo con positivizzazione del bilancio del
calcio e del fosforo (favorisce azione della Vit D), infatti la forma più comune di osteoporosi è quella

22
postmenopausale. Favoriscono la coagulazione (effetto antitrombotico, riducono i livelli di PAI-1,
omocisteina e fibrinogeno). Se si fa terapia sostitutiva o anticoncezionali invece si aumenta il rischio
trombotico. Permettono l’aumento di SHBG e della TBG. Per questo motivo infatti esistono dei valori
di riferimento diversi tra la donna non gravida e la donna gravida. Hanno azione anti-ateromasica
sul sistema cardiovascolare proteggendolo, tant'è che dopo la menopausa il rischio di malattie
cardiovascolari aumenta notevolmente nella donna, superando il maschio.
Il ​progesterone ​è il principale ormone prodotto dal corpo luteo (abbiamo piccole quantità prodotte
dalle cellule della teca e della granulosa) durante la fase luteinica (raggiunge valori di 10-20 ng/ml)
mentre durante la fase follicolare è prodotto in modeste quantità (< 1 ng/ml). Durante la gravidanza
viene prodotto dalla placenta. La sua funzione principale è quella di generare le migliori condizioni
possibili per la fecondazione e l'annidamento. Oltre ad influenzare l’attività ghiandolare a livello
endometriale, riduce la contrattilità delle cellule miometriali. Ha un ruolo termogenico ben definito ed
è responsabile dell’aumento della temperatura durante la fase luteinica. In presenza di cicli
irregolari, viene richiesto il dosaggio del progesterone.
L’ovaio produce anche degli ​androgeni (androstenedione, DHEA, testosterone) responsabili dello
sviluppo pilifero in sede ascellare e pubica durante la pubertà. L’androstenedione è debole, per la
maggior parte si lega alle SHBG e poi viene trasformato perifericamente sia in testosterone che in
estrone che poi darà estradiolo. Nella donna il testosterone è prodotto al 25% dall’ovaio, 25% dalle
surrenali ed il 50% deriva dalla conversione in periferia. Il DHEAS ed il DHT vengono prodotti al
100% dalla surrenale.
L’ovaio produce anche degli ormoni proteici che avranno attività di tipo paracrino. L’​Inibina (A e B)
viene prodotta dalle cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH ed a sua volta esse hanno
azione paracrina inibendo l’aromatasi e azione a distanza inibendo il rilascio di FSH, mentre stimola
la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. l’​Attivina ​è prodotta dalle cellule della granulosa e
stimola la secrezione di FSH, mentre riduce la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. La
follistatina sembra agire legando l’attivina ed impedendo la sua funzione. Questi ormoni sono
ancora poco richiesti e non tutti i laboratori sono in grado di rilevarli.

Caratteri sessuali primari:​ organi genitali e riproduttivi maschili o femminili.


Caratteri sessuali secondari (CSS): riguardano organi ed apparati non riproduttivi che a partire
dalla pubertà assumono caratteristiche diverse tra i due sessi. Tra essi annoveriamo:
- Masse muscolari;
- Distribuzione dell’adipe;
- Distribuzione dei peli;
- Modifiche a carico della laringe e del timbro della voce;
- Crescita della barba;
- Prima eiaculazione maschile;
- Sviluppo della mammella;
- Menarca.

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Ciclo mestruale
L’ovulazione dipende dalla ciclica maturazione di un follicolo. Le gonadotropine sono secrete in
maniera pulsatile, evento molto più evidente su LH che non su FSH a causa della sua lunga emivita
e dell’azione dell’inibina. Nella donna adulta, la liberazione delle gonadotropine riflette quella del
rilascio ipotalamico pulsatile di GnRH (un rilascio/somministrazione continuo andrebbe ad inibire
l’asse). Le gonadotropine hanno azione inibente il rilascio di GnRH ed a loro volta sono inibite dagli
estrogeni, ad eccezione della parte tardiva della fase follicolare dove sono responsabili del picco di
LH.
Il ciclo mestruale dura circa 28 giorni e culmina con la mestruazione. Può essere diviso in 4 fasi:
- Fase follicolare​, dura circa 13-14 giorni ed è caratterizzata dalla progressiva
crescita dei follicoli fino alla selezione di quello dominante. Dal follicolo terziario in
poi, il controllo ormonale diviene indispensabile. Si assiste ad un progressivo
incremento di FSH, LH ed estrogeni. Quest’ultimi raggiungono i valori massimi il
giorno prima del picco di LH passando da valori di 50 pg/ml fino a 200-300 pg/ml. È
proprio questa alta concentrazione ad attivare il feedback positivo che porta alla
liberazione di LH durante il suo picco;
- Fase ovulatoria​, si verifica tra il 13-14° giorno, è un evento rapido che si verifica
dopo 24-48h dal picco estrogenico e 12-24h dopo da quello di LH. Con quest’ultimo
inizia la produzione di progesterone e la caduta dei livelli estrogenici che poi
aumenteranno di nuovo nella seconda parte della fase luteinica. Gli estrogeni
rendono il muco vaginale più fluido e alcalino (favorendo gli spermatozoi) mentre il
progesterone lo rende più denso, cellularizzato e vischioso;
- Fase luteinica, ​è caratterizzata dall’aumento dei livelli ematici del progesterone e
dalla trasformazione secretiva delle ghiandole endometriali. FSH non è necessario
durante questa fase e si assiste ad una sua riduzione (onde evitare attivazione della
follicologenesi), insieme a quella di LH grazie al feedback negativo degli estrogeni
che tendono nuovamente ad aumentare;
- Fase mestruale​, qualora non si abbia la fecondazione e l’impianto, mancando la
produzione di Β-hCG da parte del sinciziotrofoblasto, il corpo luteo si atrofizza e
mancando la produzione di progesterone, avremo produzione di prostaglandine a
livello uterino con progressiva costrizione dei vasi spirali, ischemia endometriale e
successivo sfaldamento (mestruazione).

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Metrorragia: ​sanguinamento abbondante al di fuori della normale fase mestruale (da non
confondere con gli spotting, ovvero delle piccole perdite ematiche che possono essere dovute
all’ovulazione o alla somministrazione del contraccettivo).
Ipermenorrea o menorragia: ​eccessivo sanguinamento per quantità e/o durata di un flusso
mestruale (normalmente è 5 giorni) di un ciclo con durata normale. La domanda da fare alla donna
è quanti assorbenti utilizza in 6h, in base alla risposta la si porta al ps.
Ipomenorrea: ​sanguinamento molto scarso in un ciclo di durata normale.
Polimenorrea: ​mestruazioni ravvicinate <21 giorni.
Oligomenorrea: ​mestruazioni distanziate >35 giorni.

Amenorrea
È la mancanza di mestruazioni per un periodo > 3 cicli o > di 6 mesi. Può essere primaria, quando il
soggetto non ha mai avuto il menarca o secondaria, quando avuto il menarca e cicli successivi per
un periodo più o meno lungo, si assiste alla scomparsa delle mestruazioni. La regolazione del ciclo
mestruale è molto delicata e delle alterazioni minime anche di assi ghiandolari che non lo regolano
direttamente, possono determinare amenorrea. Le cause principali di amenorrea primaria sono
l’ipogonadismo, l’eccesso di androgeni e le forme non endocrine dovute a malformazioni, infezioni o
malattie gravi. Tra le principali cause di amenorrea secondaria avremo ipogonadismo causato da
patologie dell’ipofisi e dell’ovaio, aciclicità dovuta a causa ipotalamiche, obesità o eccessiva
magrezza, ed eccesso di androgeni. Tra le altre cause di amenorrea secondaria rileviamo
iperprolattinemia, stress, menopausa e la gravidanza.
L’approccio diagnostico ci può aiutare molto nella diagnosi:
- Β-hCG nella gravidanza;
- LH, FSH, E2 nell’ipovarismo ovarico e nella PCOS;
- PRL nell’iperprolattinemia;
- Testosterone nelle PCOS ed altri iperandrogenismi;
- TSH nell’ipotiroidismo.
MAP-test consiste nella somministrazione di un progestinico per 10 giorni e nell’osservare dopo la
sospensione, nel giro di una settimana, la presenza o meno del flusso mestruale. Se è presente il
flusso si dice che il test è positivo. Ciò sta a significare che l’endometrio si era preparato in modo
tale da essere pronto per il prodotto del concepimento e per fare questo vuol dire che c’era
produzione di estrogeni (normale). Nella PCOS è il map test è positivo e anche nelle amenorree
ipogonadotrope funzionali. Se il MAP-test è negativo si ripete un’altra volta. Se nuovamente
negativo vuol dire che mancano gli estrogeni, quindi siamo di fronte a problemi uterini (non c’è
l’utero o ci sono sinechie) o tutte le condizioni dove non ci sono estrogeni. Nella Sindrome di Turner,
ad esempio è negativo.

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Ipogonadismi femminili
L’insufficienza endocrina dell’ovaio causa
alterazioni diverse a seconda della fase della
vita in cui si manifesta. Anche nelle forme
congenite, le prima manifestazioni si avranno
in età puberale con:
- assenza del menarca (amenorrea
primaria);
- Mancata maturazione dei genitali;
- Mancato/incompleto sviluppo della
mammella, dell’apparato pilifero e dei
CSC;
- Possibile sviluppo eunucoide del
soggetto.
Nella donna adulta:
- Amenorrea secondaria;
- Anovulazione cronica ed infertilità;
- Involuzione dei genitali esterni;
- Regressione dei CSC;
- Disturbi trofici al tessuto osseo (osteoporosi) e cutaneo (cute secca);
- Manifestazioni neurovegetative (vampate di calore e ipersudorazione notturna).
Cause di ipoovarismo primitivo
(FSH elevato, 17b-estradiolo ridotto)

• Sindrome di Turner e sue varianti;


• Disgenesie gonadiche, nella quale le ovaie sono sostituite da tessuto fibroso;
• Sindrome dell’ovaio resistente (follicoli scarsamente responsivi ad elevati livelli di gonadotropine);
• Cause autoimmuni (isolato o polighiandolare);
• Cause infettive (herpes zoster, CMV, ecc);
• Iatrogeno (ovariectomia, chemioterapia, radiazioni in sede pelvica);
• Altre forme: idiopatica, da deficit da 17 alfa-idrossilasi (avremo una ridotta sintesi di estrogeni,
ipersecrezione di mineralcorticoidi con ipernatriemia, ipokaliemia ed ipertensione arteriosa), da
tabagismo (le donne fumatrici in media entrano in menopausa 2 anni prima rispetto alle donne non
fumatrici)

Negli ipogonadismi primitivi (ipergonadotropi) avremo un incremento del rapporto FSH/LH che può
superare anche l’unità. I livelli di estradiolo e progesterone sono ridotti con assenza di variazioni
legate al ciclo. La somministrazione di progestinici (medrossiprogesterone acetato) non provoca
sanguinamento da privazione (MAP test negativo) simbolo che gli estrogeni non sono sufficienti a
stimolare la proliferazione dell’endometrio.

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Sindrome di Turner classica (cariotipo 45X0)
Rappresenta la forma più frequente di disgenesia gonadica colpendo 1:duemila donne nate vive. Il
50% dei casi è caratterizzato da un fenotipo 45X0 (forma classica), il 25% presenta mosaicismo,
con quadri clinici differenti a seconda di quante linee cellulari sono coinvolte, ed il restante 25%
presenta il cromosoma x alterato nella struttura. La presenza di entrambi i cromosomi x durante la
vita fetale è importantissima per la maturazione della gonade femminile ed in presenza di un solo
cromosoma x conterrà ovociti, ma i follicoli saranno atresici. La mancanza del cromosoma x può
avvenire durante la gametogenesi o può essere dovuta ad un errore mitotico nelle replicazioni
successive alla formazione dello zigote e questo permette anche la distinzione tra la forma classica
e i mosaicismi. La sindrome è dovuta nei ⅔ alla perdita del cromosoma x paterno. Non esiste
correlazione tra l’età della madre la comparsa della malattia. Nei soggetti con Turner sono state
descritte numerose associazioni con patologie autoimmuni quali diabete mellito, tiroidite, celiachia,
artrite reumatoide e altre condizioni come obesità, ed ipertensione arteriosa. Alla nascita le neonate
avranno un peso ed una lunghezza inferiori alla norma.
Le caratteristiche cliniche principali della forma classica sono:
- Collo corto e palmato (pterigio);
- Impianto basso delle orecchie;
- Volto a sfinge;
- Attaccatura bassa dei capelli;
- Alterazioni dentarie;
- Ipostaturalismo;
- Assente sviluppo di CSS (rari peli pubici e mammelle ipoplastiche);
- Amenorrea primaria, anche se sono presenti casi rari dove si ha menarca e qualche
ciclo successivo;
- Genitali esterni immaturi, le ovaie non saranno presenti mentre lo posso essere tube
ed utero;
- Anomalie a carico di altri organi (stenosi aortica, coartazione aortica, rene a ferro di
cavallo);
- Linfedema delle mani e dei piedi (epoca neonatale).
Diagnosi
Si potrebbe avere il sospetto in fase neonatale perché il pz è piccolo e ha linfedema.
L’ipostaturalismo e il ritardo nello sviluppo, spesso rappresentano il primo sintomo che mette in
allarme i genitori. Esso non è tanto legato a GH ma proprio al fatto che manca il cromosoma x.
Nella maggior parte dei casi le donne si rivolgono al medico per l’amenorrea. Il 2-5% delle donne
che presentano mosaicismi può concepire anche se resta elevato il rischio di malformazioni fetali,
anomalie cromosomiche e aborti spontanei. La diagnosi definitiva viene posta mediante cariotipo e
le analisi di laboratorio evidenziano alti livelli di FSH e LH mentre saranno bassi i livelli di estrogeni,
mentre non risulteranno alterati i livelli di GH.
Terapia
Prevede la terapia con estrogeni a basso dosaggio a partire dai 12 anni aumentando
progressivamente le dosi. La terapia con progesterone viene iniziata 2 anni dopo rispetto a quella
estrogenica. La terapia estroprogestinica va continuata fino alla menopausa per mantenere la
femminilizzazione ed evitare l’osteoporosi. La terapia con GH si è dimostrata efficace nel
promuovere l’accrescimento staturale anche se ancora non è stata definita l’età ottimale di inizio. Le
pazienti adulte dovrebbero essere monitorate per diabete, ipertensione arteriosa e dal punto di vista
cardiovascolare.

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Ipogonadismo secondario (centrale)
(gonadotropine basse, estrogeni bassi)
• Panipopituitarismo;
• Adenoma ipofisario (PRL-oma), altri tumori ipotalamo- ipofisari;
• Iperprolattinemia;
• Sindrome di Kallman (deficit congenito di LHRH, associato ad ipo-anosmia, per mancata
migrazione delle cellule GnRH- produttrici dai bulbi olfattori all’ipotalamo);
• Thalassemia, in particolare l’emocromatosi, oggi si verifica di meno perché le terapie viene fatta
con farmaci senza ferro. Il ferro ha trofismo per cellule che producono solo le gonadotropine;
• Anoressia, stress, altre cause psicogene;
• Eccesso di attività fisica nelle atlete;
• Altre rare sindromi ipotalamo-ipofisarie (es. Laurence-Moon, Prader Willi);
• Altre gravi malattie croniche (grave IRC, grave insufficienza epatica, malnutrizione proteico
calorica).

Anche l’assunzione di estroprogestinici a scopo anticoncezionale può determinare soppressione


dell’attività ciclica dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (amenorrea post-pillola). Nell’ipogonadismo
centrale, il MAP-test è positivo.

Rare Sindromi ipotalamo-ipofisarie


Sindrome di Laurence-Moon e di Bardet-Biedl​:
Ipogonadismo ipogonadotropo (da deficit di GnRH), obesità, retinite pigmentosa (causa di cecità),
ritardo mentale, bassa statura.
Sindrome di Alstrom​:
ipogonadismo ipogonadotropo a genesi ipotalamica, degenerazione retinica che conduce a cecità,
coesistono sordità, obesità, bassa statura, nefropatia cronica, diabete insipido
vasopressina-resistente, insulinoresistenza.

Sindrome di Prader-Willi:
dovuta a delezione in q11 del cromosoma 15 paterno, caratterizzata da ipogonadismo
ipogonadotropo (per difetto di GnRH ipotalamico), ritardo mentale, obesità grave, occhi a mandorla,
instabilità emozionale, ipotonia muscolare.

Sindrome di Angelman:
delezione del cromosoma 15 materno caratterizzata da ipogonadismo ipogonadotropo (per difetto di
GnRH ipotalamico), non c’è obesità, microcefalia, grave ritardo psicomotorio, povertà di linguaggio,
atassia e tremore agli arti, riso eccessivo e immotivato, ipereccitabilità

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Iperandrogenismi
Patologie caratterizzate da elevata produzione di androgeni nella donna. I principali dal punto di
vista quantitativo sono androstenedione, prodotto principalmente a livello surrenale e il DHEA
(DHEA-S) prodotto dal surrene. L’iperproduzione di androgeni può derivare da processi morbosi
del surrene, dell’ovaio (PCOS) o da una accelerata produzione periferica. A tal proposito è rilevante
la produzione di DHT che determina il loco irsutismo idiopatico.
L’eccesso di androgeni causa irsutismo e virilizzazione sui tessuti androgeno-sensibili, prima fra tutti
la pelle con irsutismo ed acne che rappresentano le manifestazioni principali.
Poiché gli androgeni in periferia vengono convertiti in estrogeni, gli elevati livelli di androgeni
causeranno elevati livelli di estrogeni che andranno ad interferire con il meccanismo di
controregolazione del sistema GnRH-LH/FSH provocando anovulazione e oligomenorrea.
Tra le condizioni che determinano iperandrogenismo, la più frequente è la PCOS (Sindrome
dell’ovaio policistico).

Sindrome dell’ovaio policistico (Stein-Leventhal)


Eterogenea e multifattoriale è caratterizzata da:
- Iperandrogenismo;
- Anovulazione cronica;
- Insulinoresistenza ;
- Ovaie policistiche.
Colpisce circa 5-10% donne in età fertile, ed è la causa più frequente di endocrinopatia, irsutismo
ed infertilità femminile (anovulazione cronica). Se non trattata può avere conseguenze gravi.

Eziopatologicamente, il substrato biologico è rappresentato dall’iperandrogenismo che causa


irsutismo ed indirettamente
anovulazione. I livelli di LH sono elevati
e presentano numerose variazioni
causate dall’irregolare pulsatilità, mentre
i livelli di FSH sono al limite basso della
normalità. La causa della patologia
sembrerebbe da ricercarsi in un alterato
sviluppo del surrene durante la fase
puberale con alta produzione di
androgeni e conseguente irsutismo e
eccesso ponderale. Anche l’obesità ha
un ruolo patogenetico, a livello del
tessuto adiposo (in periferia) gli
androgeni vengono convertiti in
estrogeni (Δ4androstenedione convertito
in estrone). L’elevato livello di estrogeni
(ricordiamo che a concentrazioni molto
elevate il feedback sul rilascio di gonadotropine non è negativo ma positivo) andrà a determinare
aumentata responsività dell’ipofisi al GnRH con aumento del rilascio di LH. LH andrà a determinare
iperplasia dello stroma ovarico e delle cellule della teca con produzione degli androgeni,
mantenendo questo circolo vizioso, mentre bassi livelli di FSH combinati agli alti livelli di androgeni
non permettono il completamento della maturazione dei follicoli ovarici (anovulazione cronica e

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ipoestrogenismo ovarico) che comunque vengono reclutati in modo massiccio. L'endometrio
prolifera grazie agli estrogeni ma la mancanza della fase luteinica portata avanti dal progesterone
non permette la desquamazione dell'endometrio e quindi il flusso mestruale. Queste donne hanno
una proliferazione endometriale non seguita da desquamazione con rischio di carcinoma
endometriale se non si interviene. L'iperandrogenismo oltre a determinare il blocco della
maturazione follicolare agisce sull'unità pilo-sebacea, dove c'è una particolare sensibilità per il
testosterone e il diidrotestosterone, determinando irsutismo.
Altro aspetto caratteristico della patologia è l’insulino-resistenza (presente in percentuale variabile
anche nelle donne non obese). Insulina ed IGF-1 sono molto importanti a livello ovarico ed
influenzano anche la steroidogenesi. L'insulina in eccesso (come nell'insulino- resistenza) ha un
effetto gonadotropino-simile, comportandosi a livello delle cellule tecali come se fosse l'LH e
stimolando quindi la secrezione di androgeni, con conseguente proliferazione e iperplasia delle
cellule tecali.
L’insulina determina anche una riduzione delle SHBG aumentando la quota di testosterone libero e
aumenta la disponibilità di IGF-1. Caratteristiche importanti sono quindi:
- Insulino resistenza;
- Alterazione ipotalamo- ipofisarie;
- Obesità, oltre all’insulino resistenza, determina un quadro più grave;
- Eccesso di DHEA-S;
- Disregolazione della steroidogenesi ovarica (rapporto FSH/LH a favore di LH). Il
follicolo viene inibito nella maturazione non arrivando all’ovulazione, va incontro ad
atresia ed è quello che vediamo come cisti;
- Irsutismo.

Segni clinici e diagnosi​:


Un rilevante numero di pazienti presente le seguenti manifestazioni cliniche e di laboratorio:
- Obesità 53%;
- Insulino-resistenza, rischio di diabete mellito 80% (il Rugarli in merito parla di percentuali più
basse);;
- Irregolarità mestruali 52%, spesso costituiscono il motivo per il quale la paziente si rivolge al
medico. Generalmente il menarca avviene in età fisiologica ma seguono subito delle irregolarità non
legate da una particolare progressione evolutiva;
- Irsutismo 80%;
- Ridotta fertilità (grande variabilità) ?
- Acne 45%;
- LH/FSH alterato 50%;
- Aumento degli androgeni 35% (testosterone, D4-androstenedione, DHEA-S);

Per la diagnosi, devono esserci (Consensus Workshop Group, Rotterdam 2004) 2 elementi su 3:
- Alterazioni mestruali;
- Segni clinici (irsutismo) o biochimici di iperandrogenismo:
- Quadro ecografico di policistosi ovarica (presenza di >12 piccole areole transoniche,
che rappresentano follicoli in arresto maturativo e/o aumento del volume delle ovaie
>10 ml);

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- Esclusione di iperplasia surrenale, Cushing, tumori surrenalici e ovarici secernenti
androgeni (Rugarli). Se l’iperandrogenismo è insorto di recente ed è rapidamente
progressivo si deve valutare la possibile presenza di un tumore invece che di PCOS.
Dato che bastano solo 2 su 3 non necessariamente dobbiamo avere le cisti a livello ovarico.

L’​ecografia è meglio farla transvaginale soprattutto se c’è obesità. Si fa durante il ciclo follicolare
(3-5 giorno del ciclo), se non sempre presente si fa random. L’aspetto di ovaio policistico
all’ecografia non è specifico e patognomonico, infatti il 30% donne affette non presentano aspetto
ecografico di PCO e il 25-30% di donne normali presenta aspetto PCO.
Tra i problemi di salute inerenti la PCOS: La donna ha problemi legati:
- Cosmetica (per questo va dall’endocrinologo) con irsutismo, acne, alopecia
androgenetica.
- Fertilità (anovularietà),
- Insulino resistenza (sindrome metabolica e malattie cardiovascolari). Se c'è obesità il
quadro è più grave. Le alterazioni metaboliche sono: Alterazione della tolleranza ai
carboidrati fino al diabete 2, aumento ldl, ipertrigliceridemie, sindrome metabolica.

Trattamento​:
Prima di tutto la paziente deve apportare una modifica dello stile di vita con una dieta ipocalorica ed
esercizio fisico perché migliorano insulino-resistenza. Negli obesi basta una riduzione di 500-1000
cal/die può ridurre il peso corporeo del 7-10% in un periodo di 6-8 mesi.
Programma di gestione e supporto per i cambiamenti dello stile di vita è cruciale, molto più che non
la composizione della dieta. L’individuazione del programma, follow up intensivo e supporto migliora
la compliance del paziente.
Esercizio fisico almeno 30 minuti al giorno, offre benefici migliorando le funzioni riproduttive.

Il trattamento è diverso a seconda del desiderio della donna:


- Alterazioni mestruale (estroprogestinici);
- Irsutismo (antiandrogeni più estroprogestinici);
- Infertilità (induttori dell'ovulazione come il clomifene citrato che aumenta i livelli di
FSH. Circa l’80% delle donne trattate con clomifene citrato ovula. In caso di
insuccesso si procede all’utilizzo di preparati di gonadotropine);
- Insulino-resistenza (insulino sensibilizzanti come la metformina);
- Obesità, dieta e attività fisica.
Se la donna dovesse restare incinta gli androgeni possono alterare il differenziamento sessuale del
feto. Per questo motivo si danno estroprogestinici perché si deve evitare che resti incinta.

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Irsutismo
Sindrome caratterizzata dall’eccesso di peli in zone androgeniche (labbro superiore, mento,
guance,petto, cosce, pube, linea alba). Definizione clinica di irsutismo:
- Ferriman and Gallwey >10, in donne del mediterraneo (nel libro si trova se maggiore
di 8);
- Idiopatico, senza iperandrogenismo;
- Irsutismo con iperandrogenismo moderato (PCO, CAH a insorgenza tardiva,
Cushing, altro);
- Con iperandrogenismo grave (tumore ovarico o surrenalico virilizzante).

Lo Score di Ferriman e Gallwey è operatore dipendente si deve avere molta esperienza per
eseguirlo correttamente. Esso permette una valutazione semi clinica quantitativa dell’irsutismo. Si
guardano le varie aree androgeniche e si da un punteggio da 0 a 4. Si fa la somma di tutte e se
questa è maggiore di 10 si dice che c’è irsutismo.
I peli possono essere classificati come:
- Vello: pelo sottile e liscio, non pigmentato e diffuso su tutta la superficie corporea.
Già presente prima della pubertà;
- Peli terminali: spessi e pigmentati, ruvidi, presenti in età prepuberale su cuoio
capelluto e sopracciglia. Dopo la pubertà sotto l’influenza degli androgeni, si ha la
trasformazione del vello in pelo terminale nelle regioni ascellare e pubica, in parte
agli arti. Tra gli androgeni coinvolti nella trasformazione del vello in pelo terminale il
DHT ha ruolo prevalente.

Nell'anamnesi il medico deve indagare su:


- Familiarità;
- modalità insorgenza (se insorta in poco tempo è più forte il sospetto che possa
essere un tumore);
- caratteri delle mestruazioni (ci orientiamo verso ovaio policistico).
All’esame obiettivo:
- Peso, altezza (BMI), circonferenza vita;
- indice di FG,
- Acne, seborrea
Tra le indagini di laboratorio e strumentali:
- Ecografia pelvica (SOP);
- LH/FSH/PRL (se presenti alterazioni mestruali);
- Testosterone, androstenedione, DHEAs;
- Progesterone.

Irsutismo idiopatico: indagini normali in presenza di irsutismo;


Irsutismo di origine ovarica: PCO, tumore ovarico secernente;
Irsutismo di origine surrenalica: Cushing, PCO di origine surrenalica (1 o più androgeni elevati tra
cui DHEA-S), Iperplasia surrenalica congenita (CAH con progesterone elevato);

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Testicolo
Il testicolo è di forma ovoidale, ha un volume compreso tra i 15 e i 30 ml nell’adulto ed una
lunghezza media di 4,5 cm. Normalmente è sito nella borsa scrotale, la quale funzione principale è
quella di assicurare una temperatura di 2°C inferiore rispetto alla componente intraddominale per
permettere la spermatogenesi. Il testicolo contrae rapporti posteriormente con il funicolo spermatico
che permette il passaggio a strutture che ne assicurano la vascolarizzazione e l’innervazione. Le
vie spermatiche non solo permettono il passaggio degli spermatozoi, ma fanno sì che essi vadano
incontro ad un processo di maturazione con la capacitazione, ovvero la capacità di penetrare
l’ovocita. Le ​ghiandole accessorie ​(vescichette seminali, prostata, ghiandole Bulbo uretrali) sono
responsabili della produzione del liquido seminale.
I testicoli hanno due funzioni:
- Fertile, grazie alla produzione degli spermatozoi;
- Sessuale, grazie alla produzione degli ormoni che permettono lo sviluppo dei
caratteri sessuali primari e secondari, la funzione peniena ecc.
L’unità anatomofunzionale è il lobulo, costituito da due componenti:
- Tubulare​, di cui fanno parte le cellule del Sertoli, con funzione spermatogenica e le
cellule germinali (funzione riproduttiva);
- Interstiziale​, costituita dalle cellule del Leydig con funzione steroidogenica
(produzione del testosterone e quindi funzione endocrina).
Le ​cellule germinali più immature sono gli spermatogoni e si trovano a ridosso della parete delle
cellule del Sertoli. Man mano che maturano, passando dallo stadio di spermatociti, spermatidi ed
infine spermatozoi, si spostano verso il centro del tubulo.
Le ​cellule del Sertoli sono delle cellule di supporto, strettamente adese alla membrana basale, con
la quale formano la barriera emato-tubulare. La loro funzione è quella di creare l’ambiente adatto
per la spematogenesi. Esse presentano recettori per FSH (induce e mantiene la spermatogenesi)
ed il suo legame a recettori specifici determina la produzione di inibina B, la quale blocca la
secrezione di FSH (inibita anche dagli steroidi gonadici, anche se si pensa che questo avvenga solo
per dosi farmacologiche e non fisiologiche). Altro prodotto delle cellule del Sertoli è l’AMH (Ormone
anti-Mulleriano) la quale funzione è quella di determinare l’involuzione dei dotti di Muller durante
l’embriogenesi (permette la differenziazione in senso maschile). I suoi livelli sono alti fino alla
pubertà e il suo declino all’inizio di essa è simbolo di attività locale del testosterone il quale agisce
con feedback negativo (FSH con feedback positivo). Le cellule del Sertoli producono anche questa
proteina ABP (proteina che lega gli androgeni) che fa sì che i livelli di testosterone nel testicolo
siano maggiori rispetto a quelli circolanti.
In sintesi, le cellule del Sertoli hanno funzione:
- di sostegno, sostengono e proteggono le cellule durante la gametogenesi;
- metabolica, forniscono elementi per la gametogenesi;
- di regolazione, tramite la produzione ormonale.

Le ​cellule interstiziali ​sono sparse tra i tubuli seminiferi. Presentano i recettori per LH. Sono
responsabili del 95% della produzione di testosterone nell’individuo adulto, mentre la restante quota
è prodotta a livello del surrene. Altri prodotti delle cellule interstiziali sono i due androgeni ‘’deboli’’
ovvero DHEA e androstenedione, la cui origine tuttavia è maggiormente surrenalica e di DHT
diidrotestosterone, l’androgeno più potente prodotto per la maggior parte in periferia ad opera
dell’enzima 5 ɑ-reduttasi (espresso a livello della prostata, tratto uro-genitale e della cute). Le cellule
del Leydig producono anche piccole quantità di estrogeni, anche se la maggior parte di essi

33
nell’uomo viene prodotto dell’enzima aromatasi (espresso nel tessuto mammario, adiposo,
muscolare, cerebrale, epatico e scheletrico).

Circa il 2% del testosterone è libero, il 38% legato all’albumina e il 60% alla SHBG. la quota libera è
facilmente utilizzabile e viene rimpiazzata dalla quota legata all’albumina (quota libera + quota
legata all’albumina = Biodisponibilità). La sintesi di SHBG viene stimolata dagli estrogeni ed inibita
dal DHT e dal testosterone. Il testosterone ha un picco secretorio nelle prime ore del mattino e poi
nella seconda parte della giornata.
La produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig è promossa da LH, la quale
secrezione viene inibita sia dal testosterone sia dall’estradiolo.

Il testosterone penetra con meccanismo passivo a livello cellulare e qui può avere due destini:
- Legame con recettore e formazione del complesso Testosterone recettore;
- Essere ridotto a DHT e formare il complesso DHT-recettore.
In entrambi i casi avremo la migrazione a livello nucleare e la sintesi di mRNA con successiva
produzione di materiale proteico. Gli androgeni stimolano la sintesi proteica con positivizzazione del
metabolismo azotato a livello muscolare (effetto anabolizzante) e stimolano il tessuto emopoietico
(motivo per il quale gli uomini hanno più RBC delle donne).
Il testosterone permette la differenziazione dei genitali interni dai dotti di Wolff durante la vita fetale
e promuove la spermatogenesi, mentre il DHT è responsabile della differenziazione dei genitali
esterni e della prostata durante la vita fetale. Entrambi permettono la maturazione dell’apparato
genitale e lo sviluppo dei CSS (caratteri sessuali secondari) durante la pubertà. A livello osseo ha
azione diretta, soprattutto nella prima fase della pubertà favorendo l’accrescimento staturale, e
indiretta tramite la conversione in estrogeni da parte dell’aromatasi.
Il testosterone influenza anche il comportamento del soggetto, aumentando la libido e al di fuori
della sfera sessuale lo sviluppo di un atteggiamento competitivo e aggressivo, tramite l’azione sul
sistema limbico.

Ipogonadismi maschili
Riduzione della funzione testicolare (ipogonadismo). Può essere o meno associata a ginecomastia.
Distinguiamo forme primarie, dovute a patologia testicolare, associate ad ipergonadotropinemia e
delle forme secondarie, associate ad ipogonadotropinemia, generalmente dovute a disfunzioni
dell’asse. Entrambe comunque sono differenti dalle forme di ipogonadismo dovute a resistenza del
recettore verso androgeni ed LH. L’ipogonadismo può essere globale se vi è interessamento della
componente interstiziale e di quella tubulare, o può essere parziale con interesse della sola
componente tubulare.

L’ipogonadismo ipogonadotropo può essere congenito o acquisito. Le forme congenite sono quasi
sempre dovute a deficit di GnRH, mentre le forme acquisite, più comuni, possono dipendere da
masse sellari o da lesioni infiltrative e la maggior parte di esse sono definite idiopatiche. Possono
anche essere dovute a malattie gravi croniche, stress, malnutrizione, obesità.
L’ipogonadismo ipergonadotropo è legato principalmente a disgenesie gonadiche, alterazione della
differenziazione dei genitali ed anomalie del cariotipo (Klinefelter e Noonan detta anche Turner
Maschile).

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Ipogonadismo primario (o ipergonadotropo)
• sindrome di Klinefelter (cariotipo 47XXY) e sue varianti
• anorchia, criptorchidismo
• difetti enzimatici (17a-idrossilasi, 17-chetoreduttasi)
• sindrome a “sole cellule del Sertoli” (infertili, adeguato sviluppo CSS)
• orchite post-parotitica, si può manifestare qualche giorno o settimana dopo l’infezione con
rigonfiamento scrotale ed associarsi a sintomi come vomito, mal di testa e malessere generale. La
sterilità è un evento raro.
• iatrogeno (chirurgia, chemioterapia, radiazioni)
• sindrome di Turner maschile (o S. di Noonan)
• distrofia miotonica
• altre anomalie della differenziazione sessuale maschile:
femminilizzazione testicolare (sindrome di Morris);
• deficit di 5a-reduttasi

Ipogonadismo secondario (o ipogonadotropo)


• Panipopituitarismo
• Adenoma ipofisario, altri tumori ipotalamo-ipofisari
• Iperprolattinemia
• Sindrome di Kallman (deficit congenito di GnRH)
• Thalassemia
• Sindrome di Lawrence-Moon-Biedl (mutazioni del gene BBS5 )
• Sindrome di Prader-Willi-Labhart (delezione in q11 del cromosoma 15 paterno)
• Altre rare sindromi ipotalamo-ipofisarie
• Altre gravi malattie croniche (grave IRC, cirrosi epatica)

Segni e sintomi
Le manifestazioni variano a seconda del periodo di insorgenza. Nella vita fetale la carenza di
androgeni provoca incompleta differenziazione dei genitali con pseudoermafrotidismo. L’insorgenza
prepuberale potrà presentare dei segni premonitori come micropene e criptorchidismo che di per sé
non sono comunque segni di deficit androgenico, mentre saranno assenti le alterazioni
somatopsichiche tipiche del periodo. L’insorgenza nell’adulto può determinare dapprima un calo
della libido ed in seguito disfunzione erettile. La prostata diminuisce velocemente di volume mentre
la riduzione di volume di pene e testicoli è più tardiva. Si osserverà anche riduzione delle masse
muscolari e innalzamento del tono della voce. Tra le complicanze a lungo termine la più temuta è
l’osteoporosi.

I segni dell’ipogonadismo maschile:


- ​Eunucoidismo​:
- Volto infantile;
- Scroto e pene infantili;
- Mancata comparsa dei peli nelle zone androgene;
- Voce a tonalità alta;
- Mancato sviluppo della prostata;
- Assenza della libido;
- Mancato incremento staturale.

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-Ginecomastia ​(presenza di tessuto mammario) presente soltanto in alcune forme (Klinefelter,
Reifenstein);
-Volume testicolare ridotto​;
-Peli sul corpo e scarsi/assent​i;
-​Alterazioni antropometriche, ​Apertura delle braccia superiore all’altezza (almeno 5 cm), con
segmento corporeo inferiore più lungo del superiore;
-​Ipotrofia muscolare​ evidente agli arti;
-​Disposizione ginoide del grasso​ (ai fianchi);

Nella sindrome di Kallmann è caratteristica l’​iposmia/anosmia​ per le sostanze fortemente odorose.

Laboratorio​;
Ci concentriamo su: FSH, LH, PRL, esame del liquido seminale (ove possibile e/o opportuno).

Anorchia congenita​:
Mancano i testicoli a causa di un evento lesivo che colpisce il testicolo fetale dopo la 16ma
settimana. Prende il nome anche di vanishing testis, ad indicare un testicolo inizialmente normale e
poi sparito. I pazienti fenotipicamente sono maschi e hanno uno sviluppo normale. L’assenza di
testicoli viene inizialmente intesa come criptorchidismo, ma all’esplorazione chirurgica non si rileva
presenza del testicolo. Il testosterone è bassissimo e non responsivo a stimoli con gonadotropine
corioniche mentre LH ed FSH sono alte. Questi soggetti possono presentare anche dei peli perché
il testosterone viene prodotto anche a livello della surrenale.

Klinefelter.
È stata descritta per la prima volta nel 1942 come una entità clinica caratterizzata da:
- Ginecomastia;
- Testicoli piccoli e duri (tubuli sostituiti da tessuto fibroso) che contrastano con un
pene normale;
- Spermatogenesi assente;
- Elevata statura con notevole velocità di crescita tra i 5 e gli 8 anni;
- Problemi cognitivi;
- Normale o ridotta funzione delle cellule del Leydig;
- Aumento dei livelli di FSH.
È la causa genetica più comune di infertilità maschile. L’80% dei maschi affetti presenta la forma
classica mentre il 20% ha mosaicismo. La diagnosi di certezza con cariotipo e nella forma classica
è 47XXY. Il fatto che ci sia una x in più, fa funzionare meno il cromosoma y e da quindi infertilità,
anche se nelle forme con mosaicismo la fertilità può essere conservata e i sintomi i generale sono
meno gravi. Le tecniche di fecondazione assistita hanno migliorato la fertilità dei pazienti: TESE
(preleva gli spermatozoi anche forme meno mature tramite biopsia) e ICSI (lo spermatozo viene
inoculato dentro l’ovocita).

36
Laboratorio
In fase prepuberale i livelli di LH ed FSH sono normali e poi aumentano fino al grado di
ipergonadotropia mentre il testosterone dopo un iniziale aumento raggiunge un plateau e
successivamente i livelli saranno bassi.
Se analizziamo il liquido seminale notereo azoospermia (pochi spermatozoi). Alcuni spermatozoi
possono completare il processo di maturazione, ma avremo un rischio elevato di alterazioni
genetiche.
Esame del liquido seminale​ – ​parametri normali
(si effettua dopo un periodo di astinenza dai rapporti sessuali di 3-4 giorni)
• volume >1.5 ml
• pH 7.2-8.0
• concentrazione spermatozoi >20 x 106/ml
• motilità >50% alla 2a h
• motilità valida >25% del totale
• morfologia >20% forme tipiche
• concentrazione leucociti <1 x 106/ml
• spermioagglutinazioni assenti
• parametri biochimici utili: fruttosio (vescicole seminali); acido citrico, fosfatasi acida, zinco
(prostata) glicerilfosforilcolina, carnitina (epididimo) PgE1 + PgE2 (prostata, vescicole seminali).

Terapia
La terapia sostitutiva è con testosterone e se c’è ginecomastia si opera.

Sindrome di Turner maschile o Sindrome di Noonan


Cariotipo 46XY. Dovuta a mutazioni del gene PTPN11. Il fenotipo ricorda quello della S. di Turner
(vedi sopra). Spesso presente criptorchidismo, ipoplasia testicolare, aplasia germinale, deficit
androgenico puberale.

Distrofia Miotonica
Testicoli piccoli e molli per distruzione completa o parziale delle cellule germinali con sclerosi
tubulare e ialinizzazione peritubulare. Cellule di Leydig normali ma funzione compromessa.
Presenza di calvizie, cataratta, affaticabilità muscolare.

Sindrome di Morris (Sindrome da resistenza agli androgeni o sindrome delle belle donne)
Cariotipo: 46XY
Difetto congenito del recettore per gli androgeni. Disturbo della differenziazione sessuale con
Pseudoermafroditismo maschile: Presenza di testicoli bilateralmente (inguinali o addominali),
genitali esterni femminili (assenza di ovaie). Livelli di testosterone normali/alti per sesso maschile
ma LH ed estradiolo ridotti rispetto al fenotipo. Ginecomastia.
Data l’assenza di responsività periferica al testosterone, si avrà una elevata secrezione di GnRH e
quindi di LH con massiccia stimolazione delle cellule del Leydig. Queste oltre a produrre
testosterone producono in minima parte anche estrogeni. La particolarità sta nel fatto che
mancando completamente il meccanismo di feedback negativo, una secrezione elevata di LH porta

37
l’estradiolo prodotto a diventare biologicamente importante, influenzando in senso femminile
l’individuo. Infatti alla nascita non vi sarà nessun sospetto e la patologia può essere individuata
quando i testicoli presenti nel canale inguinale vengono scambiati per un’ernia inguinale e quindi
ritrovati durante l’operazione. L’attenzione del medico viene richiamata quando in età puberale non
vi è il menarca. Nonostante l’assenza dei cicli si ha comunque uno sviluppo ginoide completo sia
dal punto di vista somatico (disposizione adipe e sviluppo della mammella) sia psicologico. Il
soggetto avrà un aspetto tipicamente femminile fatta eccezione per l’assenza o la ridotta presenza
di peli a livello ascellare e pubico. Dato che le gonadi possono andare incontro a degenerazione
neoplastica (al pari del criptorchidismo) si sceglie di asportarli (si preferisce sempre dopo la
pubertà).

Ipogonadismo secondario (ipogonadotropo)


Sindome di Kallmann
caratterizzata dalla mutazione del gene KAL (cromosoma x) che codifica per l’anosmina, la quale
media la migrazione degli assoni olfattivi e dei neuroni GnRH secernenti durante la vita embrionale
verso il bulbo olfattivo e l’ipotalamo. Nella forma completa:
- Infantilismo sessuale;
- Mancata maturazione sessuale;
- Assenza dei CSS:,
- Bassi valori di LH ed FSH;
- Ipo/anosmia.
Importante: ​in generale la terapia con testosterone permette di indurre e mantenere i caratteri
sessuali secondari e la funzione sessuale, ma non ripristina la fertilità. La terapia con gonadotropina
è necessaria ed avrà maggiore effetto se eseguita precocemente in terapia combinata con
testosterone. Prima di iniziare il protocollo terapeutico è necessario eseguire uno screening
prostatico.

38
Endocrinologia - Lezione 8

Pubertà
È il periodo di transizione dall’età infantile a quella adulta. Vi sono una serie di cambiamenti che
riguardano non solo la maturazione delle gonadi e dei caratteri sessuali secondari ma anche
l’aspetto psicologico. Essa è caratterizzata da:
- Maturazione delle gonadi;
- Maggior rapidità di accrescimento;
- Sviluppo dei caratteri sessuali secondari (CSS);
- Acquisizione di capacità procreativa.
Nei paesi industrializzati si verifica tra i 10 e 14 anni. La malnutrizione o alcune condizioni come
l’obesità grave, ne ritardano l’inizio, mentre l’obesità lieve sembra anticiparla di poco. L’aspetto
nutrizionale ha un ruolo importante nell’avvio della pubertà, ma la componente maggiore è di tipo
genetico, infatti è da valutare in anamnesi anche l’inizio di questa nei genitori.

L’evento che da inizio dal punto di vista ormonale della pubertà è l’attivazione dell’asse
ipotalamo-ipofisi-gonadi, grazie al centro nervoso generatore della pulsatilità (Pulse Generator) che
si trova nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, sensibile al feedback esercitato dagli ormoni sessuali e
dall’inibina che influenzano l’ampiezza e la frequenza dei picchi secretivi di GnRH. Questo sistema
è attivo durante la vita fetale e nella prima infanzia (sino ai 2 anni circa) dove comunque la
secrezione è di tipo continuo, successivamente riduce la sua attività (pausa giovanile). Si riattiva
all’avvicinarsi della pubertà inizialmente con una secrezione pulsatile notturna che si estende
successivamente nell’arco delle 24 ore a maturazione sessuale raggiunta (circa 12 picchi di LH/die),
attivando così l’asse. La conseguente attivazione delle gonadi, provoca un aumento di androgeni ed
estrogeni, che raggiungono una concentrazione sufficiente ad
influenzare a livello ipotalamico il centro di controregolazione
negativo (Nota bene, la secrezione continua di GnRH come
avviene durante l’infanzia, inibisce l’asse, non lo attiva. Vedi
lez 4). In tal modo si stabilisce l’equilibrio tipico dell’adulto in
cui il feedback negativo è sempre operante a un livello più
elevato. Negli stadi finali della pubertà (più o meno
rapidamente dopo il menarca) nella femmina si sviluppa il
meccanismo di feedback positivo tra estrogeni ed LH
indispensabile per rendere i cicli mestruali ovulatori. ​Immagine:
Se andassimo ad effettuare dei prelievi seriali di LH, noteremo
come nel periodo prepuberale, troveremo delle concentrazioni
simili, senza differenze tra notte e giorno. Già a metà della
pubertà vediamo dei picchi durante la notte, che man mano
che procede il periodo si fanno più alti finché non aumentano di
ampiezza e coinvolgono anche il giorno.

Fattori influenzanti lo sviluppo


Tra i fattori che influenzano la maturazione del pulse generator, vi è la leptina, ormone prodotto
dagli adipociti. La presenza dell’ormone indica che vi sono le riserve energetiche e che la donna è
pronta a poter portare avanti una gravidanza, è quindi come un segnalatore di benessere. In
entrambi i sessi i livelli di leptina aumentano infatti subito prima dello sviluppo puberale.

39
La natura è fatta in modo tale che in condizione di malattie importanti, croniche o profondo stress, la
procreazione venga meno in modo tale da preservare la specie. Le donne sviluppano prima, circa
due anni, rispetto ai maschi per motivazioni genetiche.

Definizioni importanti
Adrenarca: Aumento degli androgeni di origine surrenalica. Circa 2-3 anni prima della pubertà, con
meccanismi ancora non ben compresi, la corteccia surrenalica aumenta la secrezione di DHEA
(deidroepiandrosterone), DHEA-S, e D4-androstenedione. Questi sono tutti androgeni deboli ma
sono proprio loro i responsabili della comparsa dei peli pubici e ascellari.
Pubarca:​ è la comparsa dei peli pubici.
Ircarca:​ comparsa dei peli ascellari
Telarca: ​sviluppo mammario
Menarca: ​prima mestruazione.

Nella ​femmina ​il primo segno della pubertà è l’accrescimento staturale (spurt puberale) che però se
non monitorato costantemente è difficile da evidenziare pure per i genitori. Infatti viene considerato
come primo segno di pubertà lo sviluppo della ghiandola mammaria (telarca) determinato
principalmente dagli estrogeni ovarici, responsabili anche dello sviluppo dei genitali interni. Lo
sviluppo pilifero pubico inizia qualche mese più tardi e si completa dopo circa 2 anni. A pubertà
istituita (pubarca 4), circa due anni dopo lo sviluppo mammario compare il menarca (prima
emorragia nella donna) ad un'età media di 12-13 anni. I primi cicli sono spesso anovulatori, infatti
fare diagnosi di PCOS in questa fase è difficile. Lo scatto staturale (spurt puberale) è ravvicinato
allo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e avviene in una fase precoce rispetto al maschio.

Nel ​maschio il primo segno di sviluppo puberale, oltre allo spurt, è l’aumento del volume testicolare
(> 4ml), grazie allo sviluppo dei tubuli seminiferi e solo in piccola parte all’aumento delle cellule del
Leydig, che mediamente si verifica tra gli 11 ei 12 anni. Accanto a questo, aumenta anche la
pigmentizzazione a livello scrotale. L’accelerazione della crescita è preceduta dallo sviluppo pilifero
pubico che, da un’iniziale distribuzione triangolare, nel corso di 4-5 anni si distribuisce a losanga. Lo
sviluppo dei peli ascellari inizia circa 2 anni dopo rispetto alla comparsa dei primi peli pubici. Gli altri
CSS si sviluppano in tempi diversi da soggetto a soggetto. Lo spurt puberale è più tardivo rispetto
alla femmina.

Pubertà Precoce
Parliamo di pubertà precoce quando la comparsa dei caratteri sessuali secondari ad un’età:
- < 9 anni nel maschio;
- < 8 anni nella femmina.
Si devono dinstingere:
- Pubertà precoce vera ​(o GnRH-dipendente). ​È dovuta ad una prematura
attivazione dell’asse Ipotalamo-ipofisi-gonadi, quindi vi è un aumento delle
gonadotropine. Può essere idiopatica (sporadica o familiare) oppure secondaria a
disordini del SNC (neoplasie, meningiti, traumi, idrocefalo, craniofaringioma) cioè
tutto ciò che può fare attivare l’asse; Nelle femmine si osservano sviluppo mammario
e dei peli pubici che generalmente rimangono solitari e possono rimanere tali per più
di un anno. Nei maschi si ha aumento del volume testicolare. Entrambi i sessi sono

40
caratterizzati da un spurt precoce rispetto e quindi ad un iperstaturalismo rispetto alla
fascia di età che, a causa della saldatura delle cartilagini di coniugazione, risulterà in
una bassa statura finale.
La diagnosi viene posta grazie al fatto che i livelli di gonadotropine e steroidi sessuali
sono aumentati rispetto all’età cronologica e la risposta delle gonadotropine alla
stimolazione con GnRH è di tipo puberale;
- Pseudopubertà precoce (o GnRH-indipendente)​, non c’è attivazione che dipende
dal GnRH quindi è indipendente, le gonadotropine non vengono dall’ipofisi ma da
una sede ectopica. Questa produzione ectopica può essere dovuta ad un tumore
secernenti hCG (human gonadotropin), alla produzione di ormoni sessuali dal
testicolo, ovaio o dal surrene in maniera autonoma a causa di tumori, o a sindromi
adrenogenitali (CAH). Quindi GnRH è basso così come le gonadotropine.
La produzione di steroidi sessuali provoca manifestazioni in genere molto evidenti di
maturazione sessuale, caratterizzate dal contrasto tra CSS e sviluppo delle gonadi.
L’eccesso di ormoni gonadici in circolo inibisce la secrezione di gonadotropine e
inibisce lo sviluppo delle gonadi, si ha pertanto infertilità con anovularietà nelle
femmine e azospermia nel maschio.
- Pseudopubertà precoce incompleta ​(Rugarli)​, è caratterizzata da un’aumentata
responsività di alcuni tessuti periferici agli ormoni sessuali presenti in quantità
fisiologiche. È caratterizzata dalla presenza di segni di sviluppo isolati. Queste
vengono considerate come anomalie dello sviluppo prive di importanza clinica.

Ritardo costituzionale della pubertà


Si parla di ritardo di pubertà quando la maturazione avviene:
- > 15 anni nei maschi;
- > 14 anni nelle femmine.
L’orologio biologico del programma puberale e tutti gli eventi ad esso collegati sono posticipati di
circa due anni. Non è una condizione patologica ma è solamente un ritardo, con successivo
sviluppo normale. Bisogna riconoscerla perché spesso sono gli stessi bambini che si vedono più
piccoli rispetto ai coetanei, con possibili ripercussioni dal punto di vista psicologico, e si
preoccupano chiedendo ai genitori di indagare. In questi casi bisogna solo aspettare.

Il grado di sviluppo dei CSS


viene valutato secondo la
Scala proposta da Tanner
-B1, è lo stadio infantile,
-B2, è proprio l’inizio nella
femmina, con rigonfiamento
del bottone mammario che
si apprezza l’inizio nello
sviluppo della ghiandola
B3 a B5 che è la forma a
pubertà completa, si ha lo
sviluppo della ghiandola con
l’inizio dell’areola, del
capezzolo che si stacca.

41
Questi stadi sono importanti perché si deve sempre valutare lo stadio di sviluppo puberale.

Quello che succede durante la pubertà è che


aumenta la velocità di crescita. Si valuta prendendo
l’altezza in varie volte e si valutano i cm/anno, quindi
sono necessarie almeno 2 valutazioni con distanza
di 6 mesi.
La velocità di crescita varia a seconda dell’epoca. La
maggiore non è quella che si ha durante la pubertà
bensì quella del primo anno di vita post uterina
(durante la vita intrauterina l’accrescimento fetale è
quello maggiore in assoluto). Nel secondo anno di
vita resta comunque alta, ma diminuisce. Man mano
che si va avanti si riduce e resta in media 6-7 cm
anno. Si avrà poi uno scatto durante la pubertà.
Normalmente lo spurt puberale avviene, come precedentemente detto,
prima nella femmina, ma allo stesso modo si arresta prima e quindi la
crescita annua e la statura saranno minori rispetto al maschio (ricordasi
l’effetto estrogenico sulla saldatura delle cartilagini metafisarie). Quando
rileviamo il primo segno di pubertà nel maschio, ovvero l’aumento
volumetrico dei testicoli, siamo ancora nella fase iniziale della pubertà.
Solitamente se alla femmina si chiede l’età del menarca per valutare l’età
dello sviluppo, nei maschi si chiede quando quando è avvenuta la prima
rasatura della barba, anche se già siamo nella fase calante della pubertà,
prendiamo comunque questa età. Se andiamo a guardare la femmina
vediamo che la comparsa del bottone mammario è abbastanza precoce
rispetto alla mestruazione, e quando compare il menarca già siamo nella
fase di diminuzione della fase di crescita che poi si ridurrà ulteriormente.

42
Per valutare la crescita di un bambino, valutiamo 6 parametri:
- Altezza dei genitori​, dobbiamo calcolare il bersaglio
genetico del bambino;
- Epoca di sviluppo puberale dei genitori;
- Età anagrafica;
- Età staturale su carte auxologiche​: età
corrispondente al 50° percentile per quella altezza. Non
è detto che il bambino che stiamo valutando abbia
un’altezza relativa alla propria età. 50° percentile vuol
dire che il 50% dei bambini di quell’età sono sotto
quella curva. Valutando l’altezza, si traccia una retta dal
50° percentile e si va a congiungere con l’età
anagrafica del bambino e non è detto che coincida.
Curva tra maschio e femmina è diversa;
- Età scheletrica;
- Velocità di accrescimento​, quindi l’intervallo di
crescita con almeno 2 misurazioni in 6 mesi.

Altezza dei genitori


Il ​bersaglio genetico​ si ottiene facendo 2 ± 6, 5 .
Questo ci serve quando abbiamo una condizione patologica, trattiamo e dobbiamo porci qual è
l’obiettivo e quindi avvicinarsi al bersaglio genetico. Se uno si fa i conti con i propri genitori si
accorge che c’è qualcosa di differenza per vari fattori come ad esempio l’attività fisica che aumenta
il GH, la nutrizione, il fumo ecc.
Per calcolare bene l’altezza utilizziamo lo stadiometro, si fa attenzione che le gambe siano tese e
che le caviglie siano adese alla tavola. Si mette la testa in modo tale che se tirassimo una linea
dall’angolo dell’occhio, essa deve arrivare in perpendicolare sulla tavola dello stadiometro. Si fanno
fare espirazione ed inspirazione e si prendono 3 misurazioni per essere certi della misura esatta. È
importante anche il momento in cui si fa la misurazione, perché se si misura la mattina il soggetto si
dovrà sempre misurare di mattina, perché durante la giornata si ha l’accorciamento delle vertebre
dovuto alla forza di gravità. In generale resta comunque preferibile misurare l’altezza di mattina.

Età scheletrica è l’età delle ossa. Si


fa una rx della mano sx e si valuta
che età ha la mano attraverso la
ricerca dell’ossificazione dei nuclei
del carpo. Esistono degli atlanti ma
anche dei sistemi più avanzati e si fa
il paragone per valutare a che età
corrisponde il nucleo di ossificazione.
Le cartilagini del metacarpo e delle
falangi, sono quelle più scure che
quando si saldano diventano bianche
e non ci sono più. Attraverso l’analisi
del polso e della mano valutiamo
quindi l’età ossea. Oltre questi due si

43
possono valutare le cartilagini a livello del ginocchio, soprattutto per vedere se ci sono ancora
margini di crescita essendo questa l’ultima cartilagine che si chiude. ​Consiglio: Quando si fa l’rx per
l’età ossea in un reparto di radiologia, loro danno indicazioni ma lo fanno con dei programmi al pc
che non sempre corrispondono al vero (sono grossolani) e quindi quando si fa rx è bene valutare
sempre con l’atlante perché dobbiamo essere molto certi.

Cause di ipostaturalismo
- 1/3 dei casi è dovuto al ritardo di crescita;
- La bassa statura familiare è la causa più frequente. Dipende dal fatto che i genitori
sono bassi.
Tra le condizioni patologiche:
- Anomalie cromosomiche​ (turner, Down, Prader-WIlli);
- Cattivo sviluppo intrauterino​. In questo caso i fattori possono essere tanti come
deficit di vascolarizzazione della placenta, abuso di sostanze (alcol, fumo, droghe),
patologie durante la gravidanza di stampo infettivo. In generale quindi qualsiasi cosa
che ha effetto sull’utero e quindi sul bambino;
- Disordini endocrini (circa il 15% delle cause di ipostaturalismo). ​Il dato numerico è
un po’ antiquato, ma anche se arrivassimo al 25% vuol dire che molti dipendono da
cause endocrine, ma non tutti e quindi prima di valutare questa ipotesi dobbiamo
escludere le due varianti normali e le altre cause​;
- Il ​malassorbimento ​determina un’alterazione della crescita, prima fra tutte la
celiachia quando ancora non è diagnosticata. Una dieta priva di glutine permette di
superare il problema;
- Anomalie rare della cartilagine e dell’osso (acondroplasia)​;
- Gravi malattie sistemiche renali o cardiache​. In generale qualsiasi malattia del
bambino ha effetto sulla crescita:
- Cause psicologiche​ come ad esempio il Maltrattamento o in generale lo stress.

Ipostaturalismi Endocrini.
- Deficit di GH/IGF-1 ​(il più frequente tra questi);
- Ipotiroidismo;
- Terapia cortisonica prolungata;
- Pubertà precoce (varie cause);
- Diabete mellito scompensato;
- pseudoipoparatiroidismo.

L’ipostaturalismo e il suo grado è diverso a seconda se il difetto è parziale o totale e se siano


coinvolte o meno altre tropine (ipogonadismo o ipotiroidismo). Nella maggior parte dei casi
prevalgono forme idiopatiche e genetiche (mutazioni sull’ormone, sul recettore, sulla sintesi o sulla
struttura chimica). In entrambi i sessi sia GH che gli steroidi svolgono un ruolo importante
nell’aumento della velocità di crescita durante la pubertà. Anche gli ormoni tiroidei sono importanti,
infatti seppure in presenza di una normale secrezione di GH e ormoni gonadici, gli ipotiroidei non
hanno lo spurt puberale. Nel caso di deficit endocrini, l’età staturale quella cronologica saranno
molto distanti.

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Esempio clinico. Anna entra in ambulatorio, ha un altezza di cm 98 e peso di 21 kg. Ha 3 anni di età
staturale mentre lei ne ha 7 anagraficamente. Dal punto di vista dell'anamnesi dei genitori è tutto
nella norma (quindi nulla di genetico). Non esiste nessuna malattia. Il ritardo genetico di crescita lo
escludiamo per i genitori. Ci orientiamo sulle patologie endocrine perché la distanza tra età
anagrafica ed ossea è troppo elevata.

Deficit di GH
Il quadro clinico variabile a seconda dell’eziologia, dall’età di insorgenza, dal grado del difetto (totale
o parziale) e dalla sua associazione con deficit secretivi di altre tropine ipofisarie. La maggior parte
dei deficit non è dovuta a processi patologici malformativi documentabili a carico di ipofisi o
ipotalamo ma a forme idiopatiche. Ci sono anche delle forme genetiche con mutazioni a carico di
GHRH, gene del GH, GH-R, geni per la sintesi di IGF-1).
Nel deficit di GH i neonati hanno un peso e una lunghezza appropriata per l’epoca (AGA-
Appropriate Gestational Age) e questo conferma che GH ed IGF-1 durante la vita fetale hanno un
ruolo marginale mentre sono importantissimi IGF-2 ed insulina. . Posso fare insospettire il pediatra:
- Velocità di crescita molto inferiore alla norma dopo 6-12 mesi;
- Episodi ipoglicemici a digiuno nei primi 6 mesi di vita. Questi sono difficilmente
trattabili tendono a ridursi e scomparire tra il 2° e il 5° anno di vita;
- Chiusura tardiva della fontanella anteriore;
- Pannicolo adiposo ben sviluppata soprattutto ai fianchi e in addome per mancanza
dell’effetto lipolitico del GH.
- Età ossea molto ritardata rispetto all’età anagrafica (valutazione rx radio-carpica).
- Rapporto è di tipo armonico (nanismo ipofisario).

Diagnosi
Prima cosa dobbiamo escludere le altre cause (es. Celiachia, ipotiroidismo, diabete, malattie renali)
che sono più frequenti.
Se sono già state escluse, facciamo dei test:
- Livelli di IGF-1 ridotti per l’età e stadio puberale;
- Risposta ridotta o assente del GH ad almeno 2 test di stimolo (ipoglicemia insulinica,
argininica, clonidina). Per poter prescrivere il GH sono necessari due test
concordanti;
- RMN ipotalamo-ipofisi per escludere cause organiche;
- Studio degli altri assi ipotalamo-ipofisari per differenziare tra deficit isolati e
combinati.

La​ terapia sostitutiva​ si fa con il GH ricombinante finché :


- Bersaglio genetico raggiunto (anche se può non arrivarci);
- Velocità di crescita si riduce, perché se questa resta sotto 2-1.5 cm/anno è molto
probabile che non cresca più. Si fa rx di conferma al ginocchio.

La terapia andrebbe terminata al raggiungimento di questi obiettivi, però chi ha deficit di GH totale
può avere un beneficio con una terapia continuativa grazie ai vantaggi anche a livello
cardiovascolare (se il deficit è parziale si deve valutare la terapia in età adulta).

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Nanismo di Laron
È una forma un po’ più rara del deficit di GH. Essa è una sindrome da resistenza ormonale dovuta a
mutazioni del recettore di GH (GH-R). È molto frequente tra gli ebrei sefarditi e i peruviani (​Secondo
l’ipotesi del prof.Longo, questi soggetti a causa del deficit recettoriale e dei bassi livelli di IGF-1
sarebbero meno propensi allo sviluppo di tumori, si attendono maggiori approfondimenti a riguardo)​.
I soggetti con sindrome di Laron hanno alla nascita peso e lunghezza normali.

Diagnosi
In questa forma il GH è ovviamente alto ma troviamo basso IGF-1 (viene sempre valutato per età e
per sesso con i proprio valori di riferimento) che non aumenta dopo test di stimolazione con GH
(livelli bassi di IGFBP-3).

Trattamento
Terapia con IGF-1 e non GH. Per la mancanza di IGFBP-3, per la difficoltà di somministrare dosi
ottimali di IGF-1, la risposta terapeutica è incompleta.

Ipotiroidismo Congenito
AGA alla nascita, ritardata chiusura delle fontanelle, relativa brevità degli arti rispetto al tronco
(nanismo disarmonico). L’avvento delle screening neonatale, rapida diagnosi e trattamento con
Tiroxina precocemente, ha ridotto i casi di ipostaturalismo per questa causa.
Ipotiroidismo Acquisito
In fase evolutiva può determinare ipostaturalismo ed essere di difficile individuazione. Il pediatra se
ne ne deve accorgere quando:
- Il bambino è svogliato;
- Meno concentrato;
- Sente sempre freddo;
- Cresce poco;
- Tendenza al sovrappeso;
- Stipsi;
- pallore.

Ipostaturalismo da Diabete Mellito Scompensato


Oggi è difficile da trovare, ma è caratterizzato da questa triade:
- Diabete scompensato in età evolutiva;
- Epatomegalia importante;
- Ipostasturalismo.

Le cause non sono note, c’è sicuramente una malnutrizione mentre l’asse GH/IGF-1 non sembra
compromesso. L’ipostaturalismo non sembra dovuto al deficit di GH a causa dell’iperglicemia. Si
corregge correggendo lo sviluppo glicemico.

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Pseudoipoparatiroidismo
È una resistenza al PTH per mutazione della subunità ɑ delle proteine G accoppiate al recettore. Il
soggetto sarà caratterizzato da bassa statura lievemente disarmonica per brevità degli arti e del IV
e V metacarpo. Spesso sono coinvolti tutti gli ormoni i cui recettori sono accoppiati a proteine G
(TSH, LH, FSH, ACTH, ecc). Essendo una resistenza al PTH esso è alto ma c’è comunque una
ipocalcemia ed una ipofosfatemia.

Cause psicologiche (abuso psichico/fisico)


In questo caso si parla di un deficit di crescita ma non dello sviluppo puberale. Il deficit di GH è
isolato, infatti vediamo questi bambini che sono più piccoli ma con sviluppo puberale partito. Le
cause e i meccanismi del deficit isolato di GH non si conoscono. La terapia sostitutiva con il GH ha
un certo beneficio nell’immediato ma non nel lungo termine. Se a questi bambini non si toglie il
motivo psicologico, avranno alla fine un’altezza minore rispetto a quella bersaglio. Si deve
rimuovere la causa per avere l’effetto totale.

Ritardo costituzionale di crescita


In questo caso vi sarà familiarità per pubertà ritardata. La curva di crescita sarà rallentata fino alla
comparsa della pubertà. La velocità di crescita è normale bassa. Cosa importantissima è che l’età
staturale e l’età ossea hanno lo stesso ritardo.

Caso clinico. Vincenzo ha un’altezza di 137 cm e pesa 35 kg. La velocità di accrescimento è di 4,5
cm/anno, mentre dovrebbe essere 6 cm/anno, non ha nessuna patologia degna di nota e fa tennis.
L’anamnesi familiare psicologica è normale. La madre ha avuto una pubertà ritardata (menarca a 15
anni) mentre il papà normale. L’età staturale è un po’ più di 10 anni, quindi c’è un ritardo rispetto a
quello che ci aspettiamo. Ci orientiamo su un ritardo costituzionale di crescita. L’età ossea e quella
staturale hanno lo stesso ritardo (qui sono simili quindi non ci aspettiamo un problema ormonale).

Bassa statura familiare


Esiste una familiarità per la bassa statura. La curva di crescita parallela ma inferiore al 3° percentile
(ritardo staturale). La velocità di accrescimento è normale/bassa. Cosa importante è che l’età ossea
corrisponde all’età cronologica.

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Endocrinologia - lezione 5

Patologie della Tiroide


Anatomia
La tiroide è una ghiandola costituita da due lobi, destro e sinistro, uniti da una interconnessione che
si chiama istmo, il quale si trova anteriormente alla cartilagine cricoidea. Le dimensioni dei lobi
corrispondono generalmente all’ultima falange del pollice del soggetto esaminato e globalmente la
tiroide pesa 15-20g. Nella faccia posteriore della tiroide sono allocate le 4 ghiandole paratiroidi.
La tiroide completa si forma alla ventesima settimana di vita intrauterina. Avremo dei recettori per gli
ormoni tiroidei nel cervello che però durante la vita embrionale derivano dalla madre, quindi è
importantissima la dieta della madre durante la gravidanza.
A livello tiroideo distinguiamo due tipi cellulari:
- cellule follicolari​, le quali si trovano attorno ad una cavità centrale detta follicolo
tiroideo. All’interno del follicolo si deposita una sostanza molto densa chiamata
colloide, dentro la quale si trova la tireoglobulina;
- cellule parafollicolari ​o ​cellule C​, producono calcitonina.
Metabolismo dello Iodio
Al giorno d’oggi si parla molto di iodio profilassi per prevenire le patologie legate alla sua carenza.
Oggi questo problema è ridimensionato rispetto al passato, dove una volta a causa della carenza di
tale elemento, soprattutto nei paesi dell’entroterra, dilagavano patologie tiroidee come il gozzo o
alcuni noduli. Nella nostra regione i nostri focolai di endemia gozzigena li abbiamo riscontrati
soprattutto nelle zone interne della Sicilia, tutta la zona dei Nebrodi e delle Madonie. Lo stesso
fenomeno, se andiamo fuori dalla nostra regione è molto spiccato nelle Alpi e negli Appennini.
questo è dovuto alla grande distanza dal mare, il luogo più ricco di iodio, e nell’assenza a tavola di
sale iodato. Lo iodio per evaporazione passa dal mare all’atmosfera e quindi attraverso le
precipitazioni atmosferiche ritorna nel suolo. Dal suolo va a finire nelle acque, laghi e fiumi ed è
quindi chiaro che gli stessi elementi di cui ci nutriamo, animali e vegetali che siano, sono tanto più
ricchi di iodio quanto più ci troviamo in prossimità di zone marine, viceversa saranno tanto più
poveri di iodio quanto più quella zona geografica si trova distante dal mare.
Gli alimenti più ricchi di iodio sono quindi il pesce o la carne ma altre fonti di iodio possono essere
anche composti iodati quali farmaci (antiasmatici, antisettici locali), additivi chimici o coloranti come
Eritrosina (E127), mezzi di contrasto usati nelle TC. Questi elementi hanno aumentato
notevolmente l’apporto di iodio, la cosiddetta “​iodoprofilassi silente​” (diversa da quella attiva). Uno
dei farmaci antiartimici più utilizzati, l’amiodarone, contiene elevate quantità di iodio ed il 15% circa
dei pazienti svilupperà una patologia da eccesso di iodio (nel resto, 85% casi, non succede perchè
la tiroide ha dei buoni meccanismi di autoregolazione).

L’apporto iodico giornaliero raccomandato da WHO, UNICEF ed ICCIDD) varia in base alla fascia di
età:
- 90 µg nei bambini in età prescolare;
- 120 µg nei bambini in età scolare;
- 150 µg negli adulti;
- 250 µg nelle donne in gravidanza ed allattamento.

Lo iodio introdotto con la dieta (circa 500 µg) viene in parte captato dai tireociti mediante un
trasporto attivo contro gradiente di concentrazione da parte della proteina NIS (Na I symporter),

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permettendo di raggiungere concentrazioni endocellulari di iodio di circa 20-50 volte maggiori
rispetto alla controparte plasmatica. Questo meccanismo permette alla tiroide di sintetizzare gli
ormoni anche in periodo di privazione. La quasi totalità (488 µg) viene eliminato con le urine e
soltanto una minima parte viene eliminato con le feci. La quantità di iodio che l’individuo urina
(ioduria) è per certi versi proporzionale alla quantità di iodio che ha ingerito. Se volessimo valutare
in una popolazione se presente una carenza di iodio, preleveremo un certo numero di campioni di
urine e doseremo la ioduria: Se questa è bassa indirettamente capiremo che l’assunzione di iodio in
quella zona è bassa. Negli studi sulla popolazione, la ioduria è uno degli elementi più importanti per
dire se quella popolazione è esposta o meno a una condizione di carenza iodica, non viene invece
usata per valutare la concentrazione di iodio nel singolo soggetto perché influenzata da una serie di
fattori individuali.

Produzione ormoni tiroidei


- Il primo step nella sintesi
degli ormoni tiroidei è la
captazione dello Iodio
inorganico nelle cellule
follicolari. Come già detto,
avviene un trasporto attivo
(ATP-dipendente) stimolato
dal TSH (tireotropina). La
proteina vettrice prende il
nome di NIS.
- A questo punto, lo Iodio
deve essere organificato
attraverso la perossidasi
tiroidea (TPO). Come è
possibile vedere dalla figura,
questo processo avviene a
livello apicale.
- Lo iodio ossidato, sempre
grazie all’azione delle TPO,
viene a contatto con le
molecole di tirosina per
formare i precursori MIT e
DIT.
Nella terapia dell’ipertiroidismo uso dei farmaci che bloccano le perossidasi (metimazolo,
propiltiouracile) inibendo la sintesi degli ormoni. Per bloccare i sintomi invece utilizzo i Betabloccanti
perché l’azione degli ormoni tiroidei è mediata dalle catecolamine.
-Gli ormoni tiroidei T3 e T4 derivano dalla coniugazione ossidativa di MIT e DIT (MIT + DIT = T3….
DIT + DIT = T4), processo sempre catalizzato dalla TPO. T4 e T3 vengono incorporate nella
molecola di tireoglobulina.
La Tireoglobulina (tg) si accumula nel lume follicolare e rappresenta il 95% delle proteine della
colloide. Essa rappresenta un'importante riserva di ormone tiroideo e riesce ad assicurare
l’eutiroidismo per almeno due mesi. Quando vi è necessità di immettere in circolo ormoni tiroidei, la

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tg viene inglobata all'interno della cellula mediante pinocitosi, viene inglobata dai lisosomi che la
degradano liberando T3, T4, MIT e DIT. Questo processo è stimolato da ​TSH ​e inibito dallo Iodio.
Essendo T4 circa l’80% della quota totale di produzione (anche se questo viene prodotto
esclusivamente a livello della tiroide mentre il T3 è prodotto qui solo per il 15-20%), una parte viene
deiodinata ad opera delle 5’-deiodinasi tiroidee (D1 e D2), permettendo di ottenere un rapporto
T4:T3 di 11:1.

La produzione e la secrezione di T4 e T3 vengono regolate in due modi:


- controllo endocrino​, regolato tramite la produzione di TRH che stimola il rilascio di
TSH a livello ipofisario. La controregolazione negativa avviene grazie ai valori di T3
che agiscono a livello diretto sull’ipotalamo bloccando il rilascio di TRH e a livello
ipofisario bloccando quello di TSH.
Il TRH agisce a livello ipofisario modulando la sensibilità (set point) verso gli ormoni
tiroidei. Il TSH attraverso il suo recettore TSHR attiva la PKA e permette la sintesi di
NIS, TPO, Tg e dello stesso TSHR.
- autoregolazione tiroidea. ​Grazie a questo meccanismo, in caso di carenza
intracellulare di Iodio per breve e medio termine, aumenterà la captazione dello iodio
e la formazione di ormoni tiroidei, nello specifico T3 rispetto a T4, mantenendo le
concentrazioni di ormoni circolanti e di TSH normali. In caso di carenza prolungata, la
quota di ormoni in circolo potrà essere mantenuta solamente a spese di un aumento
del TSH e dell’iperplasia tiroidea.
Nel soggetto eutiroideo l’assunzione di elevate quantità di iodio determina a breve termine una
riduzione della sintesi ormonale e un modesto aumento del TSH, che tuttavia rimangono nel range
normale. Queste modifiche sono dovute ad un blocco transitorio sia della secrezione ormonale
(blocco del riassorbimento della Tg dalla colloide e della liberazione degli ormoni da essa) sia
dall’organificazione dello iodio (​effetto acuto di Wolff-Chaikoff​, ovvero riduzione della sintesi di tg
e TPO). Quando l’assunzione di Iodio a dosi elevate è prolungata (> 7-10 gg) la tiroide sfugge
all’effetto inibitorio dello iodio e la concentrazione di esso diminuisce e diviene insufficiente a
mantenere il blocco di WC. Questa sfuggita previene lo sviluppo del gozzo e dell’ipotiroidismo nei
soggetti normali. In caso di incidenti nucleari, vengono subito somministrate delle pillole di iodio,
facendo si che si instauri il blocco e lo iodio radioattivo non venga assorbito a livello tiroideo. (NB:
Importante sottolineare come questo meccanismo non è attivo durante la vita fetale e quindi una
dieta ricca di iodio potrebbe portare a gozzo e ipotiroidismo fetale).
Gli ormoni tiroidei agiscono in maniera ubiquitaria, in tutto il corpo. L’ormone biologicamente attivo,
che esplica la sua funzione a livello del nucleo delle cellule è T3 che per l’80% deriva dalla
deiodinazione periferica di T4, tanto che molti definiscono quest’ultimo pro-ormone, ad opera delle
5’-deiodinasi (D1, D2, D3). Gli ormoni tiroidei sono praticamente insolubili in acqua e vengono
trasportati in gran parte grazie a delle proteine vettrici:
- TBG ​(globulina legante T4), lega il 70% di T4 e l’80% di T3 circolanti con alta affinità;
- TTR ​(Transtiretina) o ​TBPA ​(Frazione pre albuminica legante T4), lega il 15% di T4 e
il 5% di T3 con affinità media;
- Albumina​, compensa le restanti quote.
Vediamo che le quantità dei due ormoni liberi sono differenti:
- fT4 ​8-18 pg/ml (0.03%):
- fT3 ​2,5-5 pg/ml (0,3%).

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Il complesso ormone tiroideo-proteina costituisce una rapida fonte di ormoni in caso di necessità.
Variazioni della concentrazione delle proteine determinano delle variazioni nello stesso senso di T4
o T3 totali, ma mai delle loro forme libere, quindi in presenza di un asse ipotalamo-ipofisi-tiroide
funzionante, questi non determinano effetti biologici rilevanti. Ad esempio, un aumento della TBG si
ha in gravidanza, nella terapia estrogenica o anche nelle patologie epatiche. In questo caso la
minore disponibilità di T4 a livello periferico, determina aumento nella produzione del TSH e quindi
della quota ormonale che satura le proteine in più e ripristina il normale valore della quota libera.

Funzione degli ormoni tiroidei


T3 è trasportata all’interno della cellula dove lega dei recettori della superfamiglia dei recettori
nucleari i TR. Ciascun recettore delle varie isoforme, contiene un sito di legame per T3 e uno per il
DNA. Una volta avvenuto il legame T3-TR, previa la dimerizzazione e l’interazione con i fattori di
trascrizione, avremo l’attivazione del gene bersaglio e la sintesi di proteine necessarie all’effetto
fisiologico dell’ormone.
Tra le azioni degli ormoni tiroidei avremo:
- Effetto Inotropo e cronotropo positivo nel cuore e aumenta la pressione
differenziale ​(aumento della sistolica e riduzione della diastolica), potenziando
l’azione delle catecolamine attraverso un effetto favorente l’azione dei recettori β2. Il
pz ipertiroideo avrà tachicardia, cardiopalmo, ipertensione sistolica;
- Sviluppo del sistema nervoso nel periodo fetale, natale e postnatale, stimolando la
sinaptogenesi e la mielinizzazione. Il neonato ipotiroideo rischia un’alterazione dello
sviluppo neurologico e psico-neurologico (cretinismo) che se non trattato
tempestivamente diventa irreversibile. Per questo motivo tutti i neonati sono
sottoposti allo screening dell’ipotiroidismo congenito (Legge 104/92). Il test consiste
nel prelievo di sangue dal tallone eseguito tramite una lancetta al 3-5 giorno e nella
valutazione del TSH (Guthrie Card). Nel soggetto adulto stimolano l’eccitabilità del
SNC tramite la stimolazione delle sinapsi
- Sviluppo somatico​. Favoriscono l’accrescimento staturale (scheletrico e corporeo).
Nel bambino ipotiroideo si nota uno ipostaturalismo disarmonico, questo comunque è
caratterizzato da un maggiore tempo di intervento rispetto al rischio neurologico;
- Effetto termogenico in quanto favorisce la produzione di calore. Il soggetto
ipertiroideo sentirà sempre caldo mentre il soggetto ipotiroideo sentirà sempre
freddo;
- Azione iperglicemizzante poiché favorisce la gluconeogenesi (non fa parte degli
ormoni della controregolazione come cortisolo, catecolamine, GH e glucagone);
- Azione catabolica sul colesterolo​. Il soggetto iper- generalmente andrà incontro ad
ipercolesterolemia mentre hanno azione minore sui trigliceridi.
- Azione sul catabolismo proteico dose dipendente (Carenza = no sintesi proteica.
Eccesso = catabolismo proteico). Sia i pazienti ipo- che iper- tiroidei si sentono
profondamente stanchi. L’astenia del pz ipo- è quella classica del paziente
pigro/depresso, mentre nel pz iper- avremo un’astenia che contrasta con
l’ipereccitabilità nervosa, quindi sarà astenico per l’aumentato catabolismo proteico,
ma allo stesso tempo è nervoso, agitato e logorroico;
- Aumentano la motilità intestinale​, con il soggetto ipertiroideo avrà alvo frequente e
diarrea mentre l’ipotiroideo può avere stipsi;

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- Aumentano il metabolismo basale ​(catabolismo) il dimagrimento del pz iper- non è
tanto dovuto all’aumento della lipolisi bensì ad un aumento del catabolismo generale;
- Aumentano il metabolismo osseo​. I soggetti iper- possono andare incontro ad un
peggioramento dell’osteoporosi soprattutto nella menopausa;
- Effetti su cute e sistema pilifero​. La pelle del soggetto ipo- è secca, vi è accumulo
di mucopolisaccaridi con tipica facies mixedematosa. Il pz iper- avrà invece una cute
umida e sudata, si potrà avere caduta dei capelli, fragilità delle unghie e una
caratteristica particolare, è rappresentata la caduta del terzo esterno delle
sopracciglia;
- Mantenimento di una corretta funzione respiratoria.

Sintomi tipici dell’ipertiroideo sono: aumento della differenziale, è nervoso, agitato, suda,
intolleranza al caldo, tachicardia, cardiopalmo, dimagrimento. L’ipotiroideo invece presenta come
sintomi stanchezza, depressione, sonnolenza, bradicardia, tendenzialmente stitico, intolleranza al
freddo.
Tutto questo va visto nell’ottica di un quadro di insieme, perchè non tutti gli ipo- o gli iper- devono
avere questi sintomi.

Semeiotica
La tiroide è apprezzabile all’ispezione solamente quando molto ingrossata. Il momento
fondamentale è rappresentato dalla palpazione, con il pz disposto avanti e con collo inclinato
posteriormente ed il medico posto dietro. Durante la palpazione si invita il pz a deglutire al fine di
poter attribuire la presenza di tumefazioni alla tiroide, infatti sia essa che le sue derivazioni
seguiranno i movimenti di trachea e laringe. Particolare importanza riveste l’identificazione dei
noduli tiroidei e la loro caratterizzazione su piano dimensionale e nei rapporti. Nei pz iper- l’esame
può essere completato all'ascoltazione che metterà in evidenza un soffio dovuto
all’ipervascolarizzaizone.

Patologie tiroidee con eutiroidismo


Gozzo tiroideo
Rappresenta la patologia più diffusa in ambito tiroideo. E’ caratterizzata da un aumento della
dimensione dell’organo che possono essere di dimensioni variabili. Palpatoriamente definiamo
gozzo quando le dimensioni di un lobo della tiroide supera come dimensione l’ultima falange del
pollice del soggetto esaminato. Può essere classificato secondo criteri:
- Epidemiologici​:
- Endemico se investe una fetta di popolazione in età prescolare maggiore del
5% della popolazione secolare di un determinato territorio;
- Sporadico​ se insorge spontaneamente senza una causa;
- Morfologici​:
- Diffuso​, aumento di volume dell’intera ghiandola senza noduli;
- Uninodulare​;
- Multinodulare​;
- Funzionali
- Normofunzionante​;
- Ipofunzionante​;
- iperfunzionante​.

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Domanda tipica del paziente è : perchè la mia tiroide ha un sacco di noduli e funziona bene o non
ha noduli ma funziona male?
Attenzione a non confondere la funzione con la dimensione. Si potrebbe avere un gozzo enorme
che funziona normalmente e una tiroide perfettamente normale per dimensioni che funziona male.

Secondo dati epidemiologici mondiali, la


popolazione mondiale a rischio per
carenza iodica è quasi di 2 miliardi di
persone. Il gozzo è presente in 750 milioni
di persone al mondo, il danno cerebrale in
26 milioni, mentre il cretinismo in 5,7.
Alla fine degli anni ’70 inizio anni ‘80 in
molte zone dell'interno della Sicilia si
arrivava al 40-50% della popolazione
scolare affetta da gozzo, alcune zone per
esempio quella di Sperlinga si arrivava
anche al 60-70% della popolazione
scolare, una condizione di endemia
veramente grave.

Il gozzo sporadico può essere causato da: una carenza di iodio, un eccesso di iodio, da fattori
ormonali: Il gozzo è più frequente nel sesso femminile perché dipendente degli estrogeni, infatti in
gravidanza aumentando la TBG, si legano gli ormoni tiroidei diminuendo così le quote periferiche di
T4-T3, e questo fa salire il TSH (ormone tireostimolante) che favorisce la crescita del volume della
tiroide e la produzione di nuovi ormoni che equilibrano sia le quote libere sia l’eccesso di TBG
portando ad un aumentato valore globale di ormoni tiroidei - Rugarli (il prof dice che aumentando la
quota totale di ormoni tiroidei il TSH scende). Anche i fattori genetici sono importanti. ​Facendo
riferimento agli studi epidemiologici (in Sicilia) la frazione che detiene il record di Gozzo, circa l'80%
della popolazione è la frazione di San Giorgio, questo perché gli abitati erano tutti parenti tra di loro,
quindi al fattore ambientale si univa il fattore genetico. Importante è anche il fattore socio-culturale:
In degli studi condotti in periodo universitario, il prof notò che c'erano due scuole in un paese (preso
in considerazione per i suoi studi epidemiologici riguardo alla carenza iodica) una in pieno centro e
una in periferia, i ragazzi che vivevano in pieno centro non avevano il gozzo, mentre quelli che
vivevano in campagna lo avevano, questo perché i ragazzi che vivevano in campagna si nutrivano
dei prodotti autoctoni poveri di iodio, mentre al centro i ragazzi avevano un livello socio-culturale più
elevato quindi dal punto di vista epidemiologico il gozzo era meno diffuso​.
Cause frequenti di gozzo sporadico sono anche i fattori iatrogeni.
Tra le cause più frequenti abbiamo la carenza di iodio, ma anche l’eccesso di iodio può essere alla
base della formazione di un gozzo, ad es. nella zona di Hokkaido in Giappone per il nutrimento con
alghe che sono ricche di iodio.
Altra causa sono i gozzigeni alimentari, in realtà è una causa teorica più che pratica (​il professore
stesso ha smontato questa teoria, dice che nei libri c'è scritto che un'alimentazione ricca di vegetali
della famiglia delle brassicacee e crucifere, per esempio i cavoli, cavolfiori, broccoletti favoriscono
l’insorgenza di gozzo perché contengono tiocianato che è un alogeno e che quindi compete con lo
iodio nell'ingresso a livello della tiroide, il professore fece uno studio per vedere gli effetti che aveva

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un’alimentazione ricca di tiocianato in alcuni suoi colleghi e li costrinse a mangiare per una
settimana soltanto cavolfiore e misurò il tiocianato nelle loro urine, il professore sapeva che il
tiocianato era contenuto anche nel fumo di sigaretta infatti le urine dei fumatori di sigaretta avevano
una concentrazione 10 volte maggiore rispetto ai soggetti che avevano assunto soltanto broccoli e
cavolfiori, quindi questa teoria è facilmente contestabile​). Esistono anche causa come quelle dovute
ad agenti infettivi, ma rappresentano dei casi sporadici.

Esistono due forme di ​cretinismo​:


- Neurologico ​in eutiroidismo, è dato dalla carenza di iodio che determina un deficit
selettivo, ciò vuol dire che indipendentemente dalla concentrazione degli ormoni
tiroidei, lo iodio ha una sua funzione nello sviluppo del SNC. Il soggetto presenta
grave ritardo mentale, andatura spastica, sordomutismo e strabismo;
- Mixedematoso, ​caratterizzato dalla carenza di ormoni tiroidei quindi, ipotiroidismo,
ritardo mentale, bassa statura e spasticità agli arti inferiori.

Patologie da carenza iodica ​Le alterazioni sono diverse a seconda della fase della vita.

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Gozzo endemico e iodoprofilassi
La principale causa di gozzo endemico è la carenza nutrizionale di iodio e quindi la prevenzione
deve basarsi sull aumento dell’apporto di iodio alla popolazione che vive in quell’area. In presenza
di un apporto giornaliero di 100-150 microgrammi la prevalenza di gozzo nella popolazione si riduce
drasticamente.

Metodo di iodoprofilassi attiva


- Sale addizionato con iodio​;
- Iodazione dell’acqua potabile​, ​noi a ct siamo stati i primi nel mondo a provare
questo nel comune di Troina. I risultati sono stati notevolissimi ​(non si dovrebbe dire
che questo rappresenta il metodo migliore di iodoprofilassi poiché rappresenta un
caso più unico che raro e non viene utilizzato comunemente per le enormi difficoltà
che comporta metterlo in atto)​;
- Aggiunta di iodio al pane​ (si vanno a iodare gli alimenti più comuni);
- Tavolette di cioccolatini iodati;
- Olio iodato per via sottocutanea​, quantità di iodio restavano nel corpo degli
individui per mesi;
- Aggiunta di iodio nei mangimi animali​ come latte, formaggi ecc...
- Aggiunta di iodio nei vegetali (biofortificazione)​. si sfrutta la capacità di
assorbimento dei vegetali introducendo microelementi;
Questi ultimi due sono stati provati in alcuni paesi.

Il metodo di iodoprofilassi più usato e che si propaganda da decenni in Italia è quello del ​Sale
iodato​. Si è diretti verso questa scelta perché il sale è consumato da tutta la popolazione, il
consumo è abbastanza stabile e i costi di produzione sono molto contenuti. Il sale iodato presenta
alcuni svantaggi pratici come la perdita di contenuto di iodio se la conservazione non è ottimale
(una volta sconfezionato conviene metterlo in barattoli ben chiusi per evitare l’evaporazione) e il
fatto che dovrebbe essere usato a crudo perché sennò tenderebbe ad evaporare con le alte
temperature.
L’eccesso di sale in determinate categorie di individui fa male (instaurarsi di ipertensione arteriosa,
aumento di rischio di malattie cardiache, renale e dei vasi). La fortificazione del sale iodato è
standardizzata (30 μg/g di sale). Normalmente noi consumiamo 9g di sale al giorno. Se
dimezzassimo questa quantità a 4-5g di sale, significherebbe che l’individuo assuma 120-150μg di
iodio e quindi riesca a soddisfare il proprio fabbisogno di iodio L’indicazione è poco sale ma iodato.

Il programma sperimentale di iodazione dell’acqua potabile, forse unico al mondo, è stato fatto a
Troina. Nel ‘78 a troina il 55% della popolazione infantile di Troina aveva il gozzo. Venne aggiunto
sperimentalmente lo iodio nell’acqua per 9 anni. Si conducevano valutazioni sia sulla
concentrazione delle urine sia sulla concentrazione dello iodio nei serbatoi dell’acqua. Nell’87 siamo
arrivati al 5.5% quindi a limite del cut-off per parlare di gozzo endemico. Qualcuno poteva pensare
che questo fosse dovuto all’effetto della iodoprofilassi silente. Fu allora presa un’altra città campione
nella stessa zona ovvero Maniace per vedere se era scesa la prevalenza del gozzo. Questa
scendeva ma con una velocità molto minore, si era arrivati nello stesso momento al 30%.

55
Endocrinologia - Lezione 6

Patologie tiroidee con eutiroidismo


Noduli della tiroide.
La prevalenza dei noduli della tiroide
aumenta con l’aumentare dell’età. Se noi
palpiamo il collo di 100 persone (nostra età),
la probabilità di trovare un nodulo è di circa il
3-4%. Man mano che si va avanti con gli
anni la probabilità cresce. Se alla stessa
popolazione facciamo ecografia della tiroide,
la probabilità già sale al 6-10% nella stessa
fascia di età di prima. Addirittura salendo
con gli anni, la probabilità di trovare
all’ecografia un nodulo è del 50% della
popolazione cinquantenne.
Grazie all’affinamento delle tecniche
strumentali, abbiamo ampie incidenze di
incidentaloma (scoperta incidentalmente di
un problema facendo indagine per
qualcos’altro). Quando i noduli superano 1
cm possono essere palpabili come
tumefazioni a carico del parenchima tiroideo,
mobili con gli atti della deglutizione.
Diventano visibili quando di grandi
dimensioni o se coinvolgono la porzione
anteriore e/o dell’istmo ghiandolare.
I punti di riferimento per la palpazione sono
la cartilagine tiroidea (il pomo d’adamo per i
maschi, per le femmine la parte più
sporgente della cartilagine tiroidea), quella in
basso è la cartilagine cricoidea, dove
troviamo l’istmo della tiroide. Ai lati,
nell’incavo tra laringe, trachea e tendine del muscolo sternocleidomastoideo troviamo i lobi della
tiroide, che o non si palpano affatto o si palpano appena: se vi ricordate vi ho detto che si parlava di
gozzo quando superavano, alla palpazione, l’ultima falange del soggetto esaminato. Posso palpare
quindi con un approccio posteriore, mettendomi quindi dietro al paziente ed usando i polpastrelli di
indice o medio: metto le mani e faccio inghiottire il paziente; sapete che la tiroide sale e scende agli
atti della deglutizione, (“ndr: muovendosi in modo concorde alla laringe”). Poi abbiamo anche la
palpazione con approccio anteriore, usando i polpastrelli del pollice o la palpazione con approccio
laterale, usando indice e medio.

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Quando ci si trova di fronte ad un nodulo, in qualsiasi parte del nostro organismo, la prima cosa che
ci viene in mente è capire se è benigno o maligno.
La frequenza dei noduli tiroidei e del carcinoma della tiroide è nella popolazione generale:
- incidenza clinica dei noduli 5-10%;
- incidenza ecografica 20-50%:
- Incidenza del carcinoma tiroideo è del 4-5% dei noduli clinicamente rilevabili (non di
quelli ecograficamente rilevabili).

Nonostante la prevalenza del gozzo nodulare sia abbastanza presente nella popolazione adulta,
questo raramente è un carcinoma. Nella popolazione infantile invece si associa un bassa
prevalenza ad una più elevata possibilità di malignità.

Fattori di rischio​ per la diagnosi di carcinoma tiroideo

Per quanto riguarda


l’irradiazione su testa
e/o collo è importante
soprattutto nei giovani
per la maggiore
radiosensibilità rischio
alto; ​qualche anno fa
il prof ha avviato
ricerca con i colleghi
pediatri del policlinico.
Sono stati chiamati
tutti i pz trattati con
radioterapia esterna
ed incidentalmente e
sono stati beccati sia
noduli che carcinomi;

Il carcinoma Midollare
ha un alto grado di
familiarità. Questo prevede la necessità di eseguire oltre all’anamnesi familiare anche uno
screening genetico familiare per valutare la presenza di una neoplasia sporadica, familiare o di un
MEN (Multi Endocrine Neoplasia). Questo ci fa capire l’importanza dell’anamnesi e dell’esame
obiettivo. Soltanto alla fine di questi si passa alla diagnostica.

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Oltre agli esami riportati in
tabella, possiamo effettuare una
scintigrafia. Essa permette la
diagnosi di noduli caldi e freddi.
(la chiedi nel soggetto con valori
di laboratorio di sospetta
tireotossicosi, quindi ipertiroideo
con valori molto alterati di ​TSH
(basso) quindi ci aspettiamo un
nodulo caldo, se il TSH è alto
non si fa perché sarebbe
comunque freddo e questo
vorrebbe dire somministrare
delle radiazioni inutili al
paziente).

Esami di laboratorio
Si inizia facendo TSH e poi T4. In America fanno solo il TSH perché sono meno spendaccioni (si
perdono l’ipotiroidismo secondario). La Tireoglobulina, sarà elevata per molte cause, infatti il
dosaggio nel preoperatorio non serve a nulla. È estremamente importante quando è stata eseguita
una tiroidectomia totale per un carcinoma della tiroide perché in questo caso dovrebbe essere 0. Se
la troviamo elevate i motivi sono due: o il chirurgo ha lasciato un pezzo di tiroide o ci sono delle
metastasi. Nel preoperatorio è invece utile la calcitonina, che in genere è bassissima ma se è alta ci
fa pensare ad un carcinoma.

Il ​TSH ​ci fa seguire una strada. Se il TSH è normale ci può indirizzare verso l’ago aspirato. I noduli
caldi nel 99% dei casi sono iperfunzionanti ma benigni e quindi non c’è necessità di fare l’ago
aspirato. Quindi:
- Dosare sempre il TSH nella valutazione iniziale di un paziente con nodulo tiroideo;
- Dosare fT4 ed fT3, AbTPO e AbTg (se positivi possono suggerire tiroidite
autoimmune) in presenza di valori TSH alterati;
- Dosaggio della Tg non è raccomandato nella valutazione iniziale del nodulo della
tiroide, bensì nel follow up del carcinoma;
- Dosaggio della Calcitonina è raccomandato nella valutazione iniziale.

Sul dosaggio della calcitonina c’è un contenzioso. Le linee guida europee raccomandano il
dosaggio della calcitonina mentre quelle americane lo raccomandano solo nei noduli sospetti. In
America il rapporto costo beneficio non conviene. Gli europei invece ragionano al contrario perché i
casi sono pochi ma se il carcinoma midollare non lo diagnostici in tempo diventa uno dei più brutti.

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L’Ecografia ​è l’esame principe, il primo step, e deve essere eseguita in maniera scrupolosa e
contenendo tutte le informazioni richieste. Essa deve essere sempre eseguita:
- Tutti i pz con uno o più noduli;
- Pz ad alto rischio per carcinoma (vedi sopra) anche in assenza di noduli palpabili;
- Estesa alle stazioni linfonodali cervicali, per valutare possibile presenza di
linfoadenomegalie che possano rappresentare la spia per una patologia neoplastica.

L’ecografia ci deve:
- Misurare la dimensione dei noduli e della tiroide definendone le caratteristiche
(ecogenicità, margini, presenza di calcificazioni, vascolarizzazione);
- Permette di rilevare presenza di noduli non palpabili;
- Aiuta a selezionare i noduli da sottoporre ad agoaspirato nel caso di noduli non
palpabili o di gozzo multinodulare e di guidare FNA nella componente soldi dei noduli
misti
- Evidenzia linfoadenopatie nelle stazioni del collo, definendone le caratteristiche.

Il ​nodulo ​ha una forma ellissoide, e per calcolarne il volume si usa il Modello di Brun (qualcosa del
genere ma comunque è il volume dell’ellissoide che si fa con l’integrale triplo).
Parametri da valutare in eco:
- Parenchima tiroideo;
- Volume ghiandola;
- Dimensioni del nodulo (nei tre diametri);
- Caratteristiche ecografiche del nodulo;
- Presenza o assenza di linfonodi cervicali sospetti.
1) Il nodulo può essere:
- Solido​, compatto (grigio in ecografia);
- Cistico​, a contenuto liquido (anecogeno, scuro);
- Misto​, in parte solido e in parte liquido che a volte assume un aspetto spongiforme
se il liquido è maggiore del 50%.
2) A seconda dell’​ecogenicità​:
- Isoecogeno​, stessa ecogenicità del parenchima delle tiroide;
- Iperecogeno ​(bianco);
- Ipoecogeno​ (scuro);
- Anecogeno ​(cistico quindi presenza di liquido all’interno).
3) ​Margini​:
- Regolari
- Irregolari ​(sospetto!!!!)
4) Presenze e tipo di ​calcificazioni​:
- Grossolane ​non sono un problema (a guscio d’uovo) e sono generalmente di
vecchia data;
- Microcalcificazioni ​(sono sospette) da non confondere con le Pitfall (benigne)
5) Rapporti dei ​diametri​:
- Diametro A-P maggiore del trasverso è segno sospetto;
6) ​Vascolarizzazione​:
- Perinodulare ​(normalmente);
- Intranodulare ​(da attenzionare, ma nella gerarchia è l’ultimo da considerare);

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Metanalisi (sono delle valutazioni scientifiche che prendono più studi e tirano le somme). La
metanalisi di 31 studi e 18288 noduli ha detto che i caratteri con maggiore potere predittivo di
malignità​ se:
- Aspetto più alto che largo;
- Microcalcificazioni interne;
- Margini irregolari;
- Ipoecogenicità;
- Ipervascolarizzazione ​(una delle ultime per importanza).
Mentre i caratteri con maggiore potere predittivo di ​benignità​:
- Aspetto spongiforme;
- Nodulo cistico.
Caso clinico
Viene ragazza di 30 anni inviata da un collega con nodulo da 2,5 cm. Si guarda eco, si descrive
nodulo isoecogeno, margini regolari senza microcalcificazioni, apparentemente tranquillo ma di 2.5
cm si punge lo stesso ovvero di fa l’FNA (​le linee guida indicano l’agoaspirato quando il nodulo
è solido, palpabile o comunque di diametro superiore a 1-1,5 cm in assenza di segni di
autonomia funzionante (quindi si fa sul nodulo freddo) oppure su noduli più piccoli se sono
presenti segni ecografici di malignità, segni clinici, se presenti fattori di rischio o noduli che
aumentano di volume durante monitoraggio -Rugarli). ​Siccome si l’FNA è ecoassistito nel
passare la sonda troviamo nodulo non descritto nell’altro lobo di 7 mm con margini irregolari,
microcalcificazioni interne ecc quindi si deve fare puntura dall’altro lato. Il nodulo di 2,5 cm era
tranquillo mentre quello di 7 mm era un carcinoma papillifero. Il risultato è che si deve scendere nei
dettagli. La TAC non serve a niente.

Linfonodi devono essere descritti bene. Il ​nodulo infiammatorio (tipico) facile da averlo nel
soggetto giovane è :
- Solido;
- Ipoecogeno;
- Ellittico;
- Stria centrale (iperecogena) presente ​(rappresenta l’ilo del linfonodo).

Quello ​sospetto (atipico) ​è :


- Solido;
- Ipoecogeno ​(nodulo sospetto)​;
- Tondeggiante;
- Stria centrale (ilo) assente.
Generalmente i linfonodi infiammatori si fermano ai latero-cervicali e anche patologie come una
gengivite o una infezione alla gola possono causa delle linfoadenopatie, si deve stare molto attenti
quindi a dosare le informazioni. Si va a dosare la tg sull’aspirato del linfonodo che sarà alle stelle (in
caso di metastasi di un carcinoma).
Scintigrafia
Man mano che il nodulo cresce la produzione ormonale tende a salire ed il TSH diminuisce. Si ha
una maggiore captazione nel nodulo perché i recettori sono attivati costitutivamente. La scintigrafia
trova indicazione quando il TSH è basso perché si sospetta un nodulo caldo iperfunzionante. Il
rischio che il nodulo caldo sia carcinoma è dello 0,5%, mentre quella che lo sia un nodulo freddo è

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del 5%. Quando abbiamo un adenoma tossico il resto della tiroide non si vede perché il TSH è
basso: la tiroide quindi non capta, ma il nodulo è autonomo poiché ha i recettori costitutivamente
attivi e quindi non ha bisogno del TSH per produrre. Il nodulo cresce, produce più ormone, il TSH si
abbassa (feedback negativo) e la captazione della tiroide, che è regolata dal TSH, si abbassa.
Sinonimi di: ​nodulo caldo: nodulo autonomo, Morbo di Plummer, Adenoma tossico.

Esame citologico (FNA)


Quando vogliamo sapere la natura del nodulo freddo si fa l’esame citologico. L’indicazione all’FNA:
- A) Noduli freddi > 1 cm;
- B) Noduli < 1 cm con:
- Caratteristiche cliniche di sospetto;
- Fattori di rischio per carcinoma (familiarità, Basedow, CT elevata…)
- Noduli che aumentano di volume durante monitoraggio.

Nel nodulo cistico il rischio che sia un carcinoma è inferiore all’1%. Se il nodulo è spongiforme il
rischio è inferiore al 3% (lo facciamo solo se il nodulo è maggiore di 2 cm). Man mano aumentano i
rischi e quindi si fa l’agoaspirato.

-TIR1 non diagnostico, la


quantità di materiale citologico è
troppo scarsa per fare una
diagnosi;
-​TIR2​ benigno;
-​TIR3 è il vero problema, non si
sa cosa fare esattamente dal
punto di vista terapeutico. Si
fanno interi congressi sul TIR3,
per cercare di capire cosa fare.
Tra i vari tentativi, si è cercato di
dividerlo in due sottoclassi:
- ​TIR3A​, rischio di malignità
5-15%, si decide di fare terapia
medica;
- ​TIR3B​, rischio di malignità
15-30%, si decide di mandare
precauzionalmente alla
chirurgia;
-TIR4 fortemente sospetto,
60-75% di malignità, va in
chirurgia;
-TIR5​ 97-99% di malignità, va in chirurgia;

La differenza numerica dipende da autore ad autore. Gli anglosassoni utilizzano i numeri progressivi
mentre il prof. Regalbuto utilizza dividere lo stadio 3 in A e B secondo le linee guida Italiane ma dal
punto di vista classificativo non cambia assolutamente nulla (prof. Veroux).

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L’​elastosonografia è un esame diagnostico relativamente nuovo, va a misurare il grado di durezza:
quanto più il nodulo è duro, tanto più aumenta il rischio di malignità. L’importante è che questo
esame vada coadiuvato con le informazioni che noi abbiamo, quali ecografia, esami di laboratorio,
citologia, ecc! Un carcinoma può anche avere una consistenza molle: l’elastosonografia non può
essere usata da sola e non può sostituire la l’ecografia o il doppler, ma potrebbe essere integrato
con queste tecniche, ad esempio su un nodulo TIR3 per aiutarmi a decidere. Quindi
l’elastosonografia è un esame coadiuvante, non determinante.

Terapia
Oggi un nodulo benigno in tiroide normofunzionale nella stragrande maggioranza dei casi prevede
solo ​monitoraggio​. Nel nodulo tiroideo isolato l’efficacia del trattamento è controversa e prima della
prescrizione devono essere accuratamente escluse le condizioni che lo controindicano. I noduli
benigni all’FNA richiedono monitoraggio clinico ogni 12 mesi (max 6). Se il nodulo ha dimensioni
stabili nel tempo gli intervalli possono essere allungati.
La ​terapia medica si basa sulla tiroxina. Si diceva ai pz che dando questa pillola si metteva a
riposo la tiroide. Il principio teorico è abbassare i livelli di TSH, in questo modo non stimola la
crescita della tiroide e quindi del nodulo. In 40 anni sono stati pubblicati molti lavori che hanno
messo in evidenza il rapporto costo beneficio di questa e i rischi della terapia con tiroxina dopo una
certa età. La terapia soppressiva sottopone il paziente ad ipertiroidismo soppressivo quindi
considerando il rapporto costo beneficio la tiroxina non va data. I rischi sono:
- Sovrastimolazione a livello cardiaco;
- Osteoporosi (soprattutto dopo la menopausa);
- Sintomi dell’ipertiroidismo;
Terapia con LT4 (tiroxina) dei noduli tiroidei
Le principali linee guida internazionali non raccomandano più l’utilizzo routinario della terapia
soppressiva con LT4 nei noduli benigni tiroidei. Il trattamento con tiroxina è indicato nel caso di
coesistenza di gozzo nei soggetti giovani-adulti, soprattutto se provenienti da aree a carenza iodica,
con normali livelli di TSH, al fine di ridurre i livello dello stesso (terapia semi soppressiva). Il 10-30%
di questi pazienti sviluppa un ipertiroidismo subclinico.

Chirurgia
Trova indicazione in presenza di malignità alla citologia (TIR5). Nel nodulo a citologia indeterminata
o sospetta (TIR3B e TIR4) e/o in presenza di anamnesi o clinica di sospetto carcinoma. In caso di
gozzi voluminosi multinodulari con segni di compressione. (vedi appunti di chirurgia).

Radioterapia (radioiodio).
Il radioiodio nelle patologie benigne (anche se trova l’applicazione nelle maligne) viene indicato in
caso di nodulo tiroideo iperfunzionante o multinodulare iperfunzionante dove il trattamento
chirurgico non è possibile.

Caso clinico
Paziente di sesso maschile, anni 24, riferisce da qualche settimana una tumefazione in sede
tiroidea non dolente.
Faccio un’accurata a ​ namnesi​: il paziente nega familiarità e precedenti patologie degne di nota,
assenza di sintomi soggettivi ed obiettivi.

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Esame obiettivo​: tiroide aumentata di volume x2, nodulo dx di circa 2 cm alla palpazione, di
consistenza lievemente aumentata, mobile, non dolente. Ricordate che questi sono elementi
indicativi, il 99% dei carcinomi sono mobili, per essere fisso deve essere un nodulo molto avanzato.
Alla palpazione, linfoadenomegalia bilaterale, non dolente alla palpazione.

Quali ​esami ​posso richiedere, in ordine di importanza?


- TSH
- FT3, FT4
- Anticorpi anti-tiroide
- Calcitonina
Non bisogna chiedere né la tireoglobulina, né è necessario chiedere emocromo e indici di flogosi,
perché gli indici di flogosi risultano molto elevati (“ndr: nel caso della tiroide”) soprattutto in caso di
flogosi acute.
Valori ​ottenuti ​- ​TSH: 3,3 (limite superiore 3,4), quindi normale ai limiti alti - C
​ alcitonina: 11 (limite
superiore 10)
Quali ​esami strumentali​ facciamo?
- ​Ecografia tiroidea​, in primis
- ​Ago aspirato​ perchè il nodulo è >2 cm
- No scintigrafia perché il TSH è alto - No TAC perché si fa solo nei gozzi retrosternali
L’​eco tiroidea ci dice: l​ obi tiroidei aumentati, ad ecostruttura diffusamente ipoecogena e
disomogenea. Nodulo ipoecogeno al lobo destro di mm 23x17x14 (diametri trasverso, antero
posteriore e longitudinale). Il volume dell’ellissoide, si calcola moltiplicando tutti e tre i diametri per pi
greco diviso 6. Questo serve per calcolare il volume del nodulo! Ecograficamente si chiama formula
di Brun. ​Vascolarizzazione perinodulare ed intranodulare​, p ​ resenza di linfoadenomegalie
bilaterali, di forma allungata, con stria iperecogena centrale​. Ecograficamente è un nodulo che
non sembra avere grandi caratteristiche di malignità, i linfonodi sembrano infiammatori.
L’​ago aspirato​ dice che è un ​TIR3A​.
Cosa fare? La calcitonina non c’entra niente col metabolismo calcio-fosforo (il padrone è il
paratormone) Il paziente è giovane, ha una tiroide aumentata di volume e valori di TSH alti: in
questo caso si potrebbe fare una terapia medica. Il paziente, inoltre, fa altri esami:
-​Calcitonina 9 ​(valore massimo 10)
-​Anticorpi positivi​. Essendo un soggetto giovane, lo specialista da terapia medica con tiroxina,
100 microgrammi al giorno per abbassare livelli di TSH (“ndr: che erano al limite superiore”) e
vedere quello che succede al follow up!
A questo punto, chiaramente la calcitonina 11, per un non addetto ai lavori è da attenzionare. Lo
specialista però sa che 11 di calcitonina è molto difficile che sia carcinoma midollare, dove
generalmente la calcitonina va oltre i 50 (ed in questi casi va mandato subito dal chirurgo!!). L’11
era borderline.
La calcitonina può salire per:
- Carcinoma midollare;
- Iperplasia delle cellule c;
- Insufficienza renale;
- Tumori neuroendocrini non tiroidei;
- Tiroidite cronica autoimmune (nel pz del caso clinico);
- Gastrite e terapia con inibitori di pompa;
- Anticorpi eterofili (mononucleosi);

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La conclusione del caso è che il ragazzo aveva un nodulo verosimilmente benigno (TIR3A ha
rischio massimo 15%) normofunzionante con livelli di TSH normali nel contesto di ​tiroidite cronica
autoimmune.​ Si decide, solo perché è giovane, di dare tiroxina con terapia soppressiva o
semi-soppressiva, se il follow up va bene il paziente si tiene il nodulo, se il follow up va male il
paziente viene mandato, con suo piacere alla chirurgia.

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Endocrinologia - Lezione 7

Alterazioni Funzionali
Ipotiroidismo Primitivo
In gran parte dei casi l’ipotiroidismo è primitivo, quindi causato da patologie che riguardano
direttamente la tiroide con conseguente compromissione della secrezione ormonale. Meno
frequentemente è causato da patologia che riguardano la secrezione di TSH (secondario). Ancor
più raro è l’ipotiroidismo causato da resistenza dei recettori periferici (Sindrome di Refetoff).
L’ipotiroidismo primitivo, può essere congenito o acquisito.
Cause di ipotiroidismo primitivo:
Distruzioni del tessuto tiroideo:
- Tiroidite cronica autoimmune;
- Radiazioni (I 131, RTE);
- Tiroidectomia totale o subtotale;
- Raramente le malattie infiltrative della tiroide.
Alterazione sintesi degli ormoni tiroidei:
- Alterazione congenita (gozzo disormonogenetico);
- Carenza iodica.
Farmaci:
- Antitiroidei di sintesi (metimazolo, propiltiouracile, usati nella terapia dell’ipertiroidismo.
Qualora il pz in terapia ne prendessi troppi, si verrebbe a determinare un ipotiroidismo
iatrogeno), Iodio, litio (terapia del bipolarismo), fenilidantoina, carbamazapina, rifampicina,
interferone ɑ.

L’assi ipofisi tiroide ci permette di valutare la funziona della ghiandola e quindi la capacità degli
ormoni tiroidei di svolgere il meccanismo di controregolazione. In caso di ipotiroidismo primitivo il
TSH sarà aumentato, mentre in caso di ipotiroidismo secondario, il TSH sarà basso.
Possiamo ulteriormente distinguere:
- Ipotiroidismo clinico, ​bassi livelli di fT4 e alti livelli di TSH;
- Ipotiroidismo sub-clinico, ​normali livelli di fT4 (generalmente tendenti verso il limite basso)
e alti livelli di TSH in pazienti spesso asintomatici.
Nel caso del sub-clinico si parla di una condizione abbastanza frequente tra la popolazione
generale (4-10%) che può raggiungere anche il 20% nelle donne in età geriatrica. Studi recenti
hanno dimostrato che non si parla di una mera entità laboratoristica quanto di una condizione
patologica che può portare anche alla sintomatologia e, specialmente se cronica, a complicanze
cardiovascolari (disfunzione diastolica, dislipidemie, ipertensione arteriosa). Comunque,
generalmente l’ipotiroidismo sub-clinico non è cronico, ma nel 5% dei casi si normalizza mentre nel
5-15%, evolve verso il tipo clinico. L’indicazione al trattamento del pz con ipotiroidismo sub-clinico è
accettata, il problema risiede sul quando iniziare il trattamento. Le recenti linee guida suggeriscono
di iniziare il trattamento quando:
- TSH > 10 mU/L, poiché in questo caso il rischio di evoluzione è molto alto;
- TSH > 2,5-3,0 mU/L per le donne in gravidanza;
- Soggetti giovani con gozzo nodulare;
Il trattamento non viene iniziato quando:
- TSH < 4,5 mU/L (escludendo giovani e donne in gravidanza).

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Per i valori compresi tra 4,5 e 10 mU/L non è ancora stato chiarito come agire. In questi casi si deve
scegliere paziente per paziente valutando età e rischio dell’utilizzo dell’ormone tiroideo (es
Fibrillazione atriale, quindi avremo cautela nel trattare il cardiopatico). Vengono trattati solo pz
sintomatici o con patologia tiroidea importante (gozzo, noduli), pz con Ab anti-TPO, pz con
ipercolesterolemia. Se non hanno queste condizioni si aspetta e si valuta.

Esistono delle condizioni dove il TSH è alterato (​Sindromi da inappropriata secrezione di TSH)
ma non associato ad ipotiroidismo subclinico come:
- Adenoma ipofisario TSH secernente​ (abbastanza raro ndr)
- Sindrome di Refetoff​. In questo caso si nota una resistenza periferica agli ormoni tiroidei,
dovuta ad alterazioni del TRβ a livello del sito di legame dell’ormone che comporta
l’incapacità di legare il T3 determinando repressione nella trascrizione del gene bersaglio.
Quindi saranno elevati sia il TSH che T3 e T4. dal punto di vista clinico si avrà il gozzo, con i
pz che tendono a sviluppare noduli a causa del TSH elevato, e una sintomatologia che può
variare dall’assenza di sintomi (resistenza generalizzata), alla presenza di tireotossicosi
organica (la resistenza degli organi non è la stessa) soprattutto a livello cardiaco (resistenza
parziale). La patologia, si può manifestare durante il corso della vita con un quadro clinico
anche molto soft. Il trattamento prevede dosi sovra fisiologiche di tiroxina per cercare di
forzare la resistenza, basandosi sulla resistenza dell’organo e quindi sulla sintomatologia
piuttosto che sui valori di TSH. ​Per quanto riguarda l’esperienza clinica, di fronte a valori
del genere si fanno ripetere gli esami. In caso di nuova conferma, essendo la patologia
familiare (trasmissione autosomica dominante) si guardano i familiari e casomai si esegue
una RMN (per escludere l’adenoma TSH secernente);
- Ritmo pulsatile del TSH (picco notturno);
- Uso di antidopaminergici (Plasil, Domperidone)​, aumenta il TSH poiché il suo rilascio
viene inibito anche dalla dopamina;
- Anticorpi anti-TSH;
- Malattie non tiroidee.

Nell’adenoma TSH secernente il pz è ipertiroideo (gli ormoni agiscono in periferia), mentre nel caso
della Refetoff il pz sarà ipotiroideo (gli ormoni non possono agire in periferia). Nonostante dal punto
di vista biochimico sono identiche, poiché le concentrazioni ormoni TSH e T3-T4 aumentano in
entrambe, saranno estremamente diverse dal punto di vista clinico.

Il TSH è come la spia della benzina che si accende.

Ipotiroidismo congenito
Si tratta di una forma presente già alla nascita, con una prevalenza variabile in base all’area
geografica di endemia gozzigena. In questo caso è strettamente correlata alla carenza iodica.
L’importanza della funzione degli ormoni tiroidei nello sviluppo neuro-somatico del bambino è di
fondamentale importanza, poiché se non diagnosticato in tempo, si può andare incontro a delle
alterazioni irreversibili soprattutto dal punto di vista neurologico (cretinismo). Per questo motivo si è
arrivati alla necessità dello screening neonatale, valutando al 4-5° giorno di vita il valore di TSH. Se
il test è positivo, la diagnosi viene completata dal dosaggio dell’interno pattern ormonale su sangue
venoso. Se il bambino ipotiroideo screenato non sia più rintracciabile, è obbligo del medico avvisare
i CC per procedere alle ricerche.

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Nelle aree ad endemia gozzigena, la carenza iodica causa una ridotta funzionalità tiroidea sia nella
madre che nel figlio e pertanto l’ipotiroidismo comincia più precocemente con gravi conseguenze
nello sviluppo neurologico di madre e feto. Mentre nei casi sporadici, la secrezione materna riesce a
supplire durante la fase fetale e l’ipotiroidismo si manifesta alla nascita. Oltre al problema
neurologico, qualora non venisse curato l’ipotiroidismo, si assisterà ad un deficit dell’accrescimento
che esiterà in una statura bassa e disarmonica.

La ​disgenesia,
letteralmente diverso
dal fisiologico, in termini
di posizione o forma, è
la causa più frequente.
Questa può essere
distinta in ​agenesia​,
ovvero la mancanza
totale dell’organo,
emiagenesia​, oppure
più frequentemente,
possiamo assistere
all’​ectopia linguale. ​In
quest’ultimo caso, la
bozza embrionale della
tiroide non scende
lungo il canale
tireoglosso, rimanendo localizzata alla base della lingua. La caratteristica principale è che non tutti i
pz sono ipotiroidei sin da subito, poiché il deficit di funzionalità si può estrinsecare in qualsiasi
momento. Per la diagnosi si esegue una scintigrafia, individuando il tessuto iodocaptante, in questo
caso alla base della lingua. Casi rarissimi sono quelli di carcinomi insorti su ectopie linguali.
Caso clinico.
Ricordo, quando venne un’informatrice farmaceutica (quindi un soggetto adulto) con una situazione
di ipotiroidismo quasi subclinico, lei aveva 35 anni. Ho fatto la diagnosi di ectopia con ’ecografia,
perché non vedevo la tiroide all’eco del collo. Teoricamente il metodo più certo è la scintigrafia, che
ti fa vedere dove è localizzato il tessuto iodocaptante. Caratteristicamente, nella paziente in
questione si vedeva un abbozzo della tiroide nell’istmo delle fauci: lei non se n’era accorta perché
non dava fastidio. Lei era stata eutiroidea tutta la vita: quando ormai la sua tiroide non ce la faceva
più, stava cominciando a diventare ipotiroidea e, pian piano, avrebbe avuto uno sviluppo del suo
ipotiroidismo. Il TSH sarebbe aumentato ed avrebbe fatto aumentare di dimensioni la tiroide, che,
con la sua sede, avrebbe dato sintomatologie più gravi quali disfagia e asfissia.

L’​Alterazione della biosintesi ormonale è dovuta a mutazioni germinali dei geni che codificano
proteine essenziali per la sintesi degli ormoni. Clinicamente può presentarsi modesto o sub-clinico.
Esempio ​Sindrome di Pendred​, caratterizzata da ipotiroidismo e sordità neurosensoriale. È
causata da un difetto di organificazione della Tg. (test del perclorato, Rugarli pag 1454).

67
L'ipotiroidismo mediato da Ab materni contro il TSHR​. questi anticorpo attraverso la placenta e
possono permanere nel circolo neonatale qualche mese dopo il parto. Possono essere sia di tipo
inibente (ipotiroidismo) sia di tipo eccitatorio (ipertiroidismo). Questo è uno dei casi che è
impossibile rilevare allo screening, ma per fortuna piuttosto raro.

Gli affetti da ​ipotiroidismo centrale TSH è inappropriatamente normale/basso e quindi non viene
individuato con lo screening (leggasi in basso).

Causa di ipotiroidismo congenito di breve durata, può essere dovuto all’assunzione di iodio o di
farmaci antitiroidei da parte della madre (​Rugarli​).

Sintomatologia dell’ipotiroidismo congenito:


- Cretinismo;
- Mixedema;
- Nanismo;
- Ittero prolungato;
- Difficoltà nell’alimentazione;
- Macroglossia;
- Ipotonia muscolare;
- Pianto rauco;
- Il gozzo è presente nelle forme disormonogeniche ma non in quelle con disgenesia.

Ipotiroidismo nell’adulto

Sintomi
La pressione diastolica alta
perché aumentano le
resistenze vascolari.
Diminuzione della
resistenza al freddo per
diminuita termoregolazione.
La voce rauca è dovuta al
mixedema.

Segni
La lentezza nei movimenti
viene rilevata facendo
spogliare il paziente.
Bradilalia, vuol dire parlare
lentamente.

68
Nello ​Score Zulawski, ​ogni segno e sintomo ha un valore. Se ne prendono 6-7 tra quelli più
specifici, si fa la somma e tanto più alto è questo score, tanto maggiore è la probabilità che il
paziente sia ipotiroideo.

Quando si imposta una terapia, si


preferisce partire da una dose bassa
e poi aumentare seguendo i valori
del TSH.
Tanto più è anziano, o cardiopatico il
pz tanto più deve essere bassa la
dose eccessiva di ormone. Tra i
rischi della terapia, avremo ischemia
o nel peggiore dei casi infarto del
miocardio (aumento del consumo di
O2 a livello cardiaco).

Se il pz non dovesse seguire la


terapia oppure non dovesse essere
diagnosticato, si potrà arrivare al
coma mixedematoso, ​una
condizione oggi molto rara, fase
terminale di un ipotiroidismo. Tra le
cause scatenanti più comuni
l’esposizione al freddo, infezioni, traumi con emorragia, ingestione di grandi quantità di alcool e
somministrazione di sedativi o tranquillanti. Generalmente colpiti pz anziani, talora con ipotiroidismo
non noto o non adeguatamente trattato, affetti da patologie respiratorie croniche o cardiovascolari.
Clinicamente è caratterizzato da:
- Stupore;
- Profonda astenia;
- Ipoventilazione;
- Ipotermia;
- Ipoglicemia;
- Iponatriemia;
- Intossicazione da acqua;
- Cute giallastra ed edematosa;
- Capelli sottili;
- Versamento pericardico.

Terapia ​si effettua mediante somministrazione di tiroxina per sondino naso-gastrico o endovena.
Fondamentale che essa sia accompagnata da terapia di supporto con liquidi ipertonici, correzione
dell’ipoglicemia, somministrazione di cortisone e di antibiotici a largo spettro.

Mortalità ​è del 4-50% e dipende molto dal trattamento e dalle malattie concomitanti.

69
Caso clinico
il primo che vidi fu da appena laureato, nel 1980 alla guardia medica; la figlia della paziente mi
chiamo perchè la mamma stava male, aveva il comodino pieno zeppo di farmaci
ipocolesterolemizzanti (il medico di base le provava tutte per farle abbassare la colesterolemia).
Questo perché l’ipercolesterolemia è una conseguenza dell’ipotiroidismo. Appena spostai il
lenzuolino, subito mi colpì la facies, che mi fece pensare al fatto che fosse ipotiroidea. Chiesi alla
figlia: ha mai sofferto di tiroide: la figlia disse no –probabilmente non lo sapeva-. La signora aveva
una cicatrice al collo, era probabilmente stata operata alla tiroide. La donna aveva una voce rauca
ed era soporosa, risposte che era stata operata ai tempi di Mussolini. Lei probabilmente subì un
intervento di tiroidectomia subtotale: la sua povera tiroide ce l’ha fatta fino ad un certo punto e poi
ovviamente, senza terapia ormonale, non ce l’ha fatta più, e l’ipotiroidismo andò via via
peggiorando.

Ipotiroidismo secondario e terziario


Sono delle condizioni caratterizzate da ridotta secrezione di TSH e TRH in pz con malattie ipofisarie
ed ipotalamiche o in pz sottoposti a ipofisectomia o radiazioni ipofisaria. In questi casi alle
manifestazioni di ipotiroidismo si accompagnano quelle di ipopituitarismo. Peculiarità è la non
affidabilità del dosaggio del TSH nella diagnostica e nel follow-up della terapia. Il quadro bioumorale
tipico è caratterizzato da livelli di fT4-fT3 inferiori alla norma e da quelli di TSH inappropriatamente
bassi o nella norma. Il test al TRH consente di fornire informazioni diagnostiche utili nei pz con
ipotiroidismo centrale (risposta del TSH assente o ridotta nelle forme ipofisarie, ritardata, esagerata
e prolungata nelle forme ipotalamiche).

70
Tireotossicosi
Sono patologie caratterizzate da un eccesso di ormoni tiroidei in circolo. Queste possono essere
distinte in tireotossicosi causate da iperfunzione ghiandolare (ipertiroidismo) e senza
iperfunzionalità ghiandolare. Gli ipertiroidismi a loro volta possono essere divisi in primitivi e
secondari (tiroide normale ma bersaglio di una iperstimolazione da parte del TSH) o extratiroidei
(produzione ectopica di ormoni). La tireotossicosi può anche essere dovuta ad un eccesso di
terapia (tireotossicosi iatrogena) o anche ad una tiroidite che causa la lisi delle cellule follicolari con
rilascio massivo di ormoni (​Tiroidite di De Quervain​).

Cause:
Aumentata produzione di ormoni tiroidei​:
- Morbo di Basedow​. Forma in assoluto più frequente. Causa autoimmunitaria (Ab
anti-TSHR di tipo stimolante). La famiglia di Anticorpi (Ab) è quella dei TRAB
(TireoTropinAntiBody) divisi in:
- TSab stimolatori;
- TBab inibitori.
- Gozzo multinodulare tossico ​(fra le più frequenti)​;
- Adenoma tossico (Morbo di Plummer, tra le tireotossicosi più frequenti. Si intende il
classico nodulo sganciato dal controllo del TSH. Man mano il TSH si sopprime, alla
scintigrafia scompare il parenchima e rimane solo il nodulo​;
- Adenoma ipofisario TSH secernente;
Aumentata liberazione di ormoni tiroidei​:
- Tiroidite linfocitaria;
- Tiroidite Postpartum;
- Tiroidite Subacuta Dolente ​(tra le cause più frequenti);
Iatrogena
- Factizia​. ​Il termine è presente in molte patologie e vuol dire finto, poiché spesso dovuto a
manifestazioni psichiatriche o isteriche. In queste il pz attira l’attenzione di familiari e parenti
auto provocandosi una patologia. Il pz prende ormoni tiroidei e non lo dice. Esiste anche
l’ipoglicemia fattizia, dove i pz usano insulina senza dirlo e stanno male attirando le
attenzioni della famiglia. La differenza dalla iatrogena sta nel fatto che il medico non è a
conoscenza dell’utilizzo del farmaco.;
- Jod-basedow;
- Da Amiodarone;

71
Endocrinologia - Lezione 9

Tra i sintomi elencati, a proposito del dimagrimento, i pz di questo sono felici perché mangiano tanto
senza ingrassare. Esiste però, circa il 2% dei casi, un particolare tipo di Basedow dove i pz invece
di dimagrire ingrassano perché la patologia li fa mangiare di più di quello che riescono a smaltire
(Basedow grasso). Ovviamente quando l’ipertiroidismo viene compensato, il pz ingrassa perché è
come se si togliesse il piede dall’acceleratore del metabolismo.
IMPORTANTE​: all’aumentare degli ormoni tiroidei circolanti, qualunque sia la causa, si sopprime il
rilascio di TSH a causa del meccanismo di feedback negativo.

Malattia di Graves-Basedow
(gozzo tossico diffuso o ipertiroidismo primitivo autoimmune)
È la forma più frequente di ipertiroidismo, circa 50-80% dei casi, ed ha una prevalenza dello 0,5%
nella popolazione generale, seppure con qualche variabilità regionale. Predilige per lo più il sesso
femminile con un rapporto M/F di 1:10. Può colpire a qualsiasi età, ma il picco è nelle donne in età
fertile tra i 20 ed i 40 anni. La patologia è conosciuta in Europa come Malattia di Basedow mentre
nei paesi anglosassoni come Malattia di Graves. La patologia è caratterizzata da un incremento
nella sintesi degli ormoni tiroidei da parte della tiroide, la quale appare aumentata di volume in toto
a causa della presenza di anticorpi in grado di stimolarne la crescita e la funzione cellulare,
attraverso l’attivazione incontrollata del recettore (TSAb Tireotropin Stimulating Antibodies).
La diagnosi si fa classicamente attraverso la triade sintomatologica (non necessariamente presente
nel 100% dei pz):
- Gozzo diffuso tossico​, tiroide aumentata di volume in toto con grandezza modesta.
Quando raggiunge dimensioni ragguardevoli è possibile anche auscultare un soffio
dovuto all’aumento della vascolarizzazione​;
- Oftalmopatia basedowiana (20-30%) oggi non si usa basedowiana ma
esoftalmopatia tiroide correlata. Non è tanto il Basedow quando l’autoimmunità che si
associa a questo problema, quindi può essere presente anche in altre patologie a
patogenesi autoimmune. È da sottolineare come utilizzando degli esami strumentali,
la percentuale di pz in cui essa viene rilevata sale al 50-60%;
- Ipertiroidismo​: aumento fT3, fT4 e soppressione del TSH.

L’​eziopatogenesi è su base autoimmunitaria. Come in tutte le patologie autoimmuni è presente una


predisposizione genetica sulla quale agiscono fattori ambientali ed endogeni. Per spiegare la
predisposizione del sesso femminile verso le malattie autoimmuni tiroidee e il Basedow nello
specifico si è pensato a fattori sesso specifici, e nello specifico, all’analisi del cromosoma X anche
se i dati in letteratura necessitano ancora di conferma. Tra i fattori ambientali è stato suggerito un
ruolo per:
- Agenti infettivi ​(descritta cross-reattività tra antigeni tiroidei e proteine di ​Yersinia
enterocolitica ​ed alcuni antigeni retrovirali).
- Lo ​stress ​è un altro fattore ambientale che può determinare la patologia soprattutto
in soggetti predisposti o favorire le recidive dopo trattamento farmacologico;
- Farmaci ​(immunomodulatori e quelli contenenti grandi quantità di iodio) possono
essere responsabili dell’innesco del processo autoimmune che porta alla malattia;
- Recente gravidanza;
- Fumo di sigaretta ​che predispone e aggrava la patologia;

72
La patologia rappresenta uno dei due estremi dello spettro di presentazione delle Tireopatie
autoimmuni (all’altro estremo si trova la Hashimoto). È possibile che nello stesso pz vi sia una
transizione da un estremo all’altro a seconda del comportamento della risposta autoimmunitaria. La
coesistenza di risposte diverse e della produzione di classi separate di autoanticorpi con proprietà
biologiche diverse rappresenta il substrato immunologico delle diverse espressioni anatomocliniche
delle tireopatie autoimmuni.

All’origine delle tireopatie autoimmuni vi è un disordine dell’immunoregolazione (meccanismi di


riconoscimento ‘’Self’’ ‘’-non Self’’) con comparsa di elevata reattività verso la tiroide. Il
comportamento clinico sarà diverso a seconda del tipo di risposta che si realizza contro la ghiandola
(Th1 vs Th2). Nel caso del Basedow è predominante la risposta anticorpo mediata (Th2). La
risposta anticorpo mediata porta alla formazione di tre autoanticorpi diretti contro antigeni tiroidei:
- Anticorpi Anti Tireoglobulina (Ab-Tg);
- Anticorpi Anti TPO (Ab-TPO);
- Anticorpi contro il recettore del TSH (TSAb).
Fino a questo momento è stato citato solamente il Rugarli.

Gli anticorpi più coinvolti nella patologia sono quelli anti recettore del TSH. Sono degli anticorpi
tireostimolanti che legandosi alla porzione amminica del recettore, attivano tutta la cascata del
segnale che porta poi alla sintesi ed al rilascio degli ormoni e all’iperplasia ed ipertrofia delle cellule
tiroidee.
Un meccanismo autoimmune sta anche alla base dello sviluppo dell’oftalmopatia tiroide correlata. I
linfociti T diretti contro il TSHR riconoscerebbero lo stesso antigene espresso sulla superficie dei
fibroblasti orbitali in via di differenziazione ad adipociti. Questo legame innescherebbe un processo
infiammatorio autoimmune con liberazione di citochine, che stimolano i fibroblasti a produrre GAG
(glicosaminoglicani) che si accumulerebbero con effetto massa nei muscoli e nei tessuti retrorbitali.
Si pensa che i TSAb possano svolgere un ruolo di innesco ma ancora non è sicuro. (Rugarli)

All’​ecografia si vede una tiroide


ipoecogena e spesso e volentieri si ha
presenza di gozzo diffuso ma ci possono
essere anche noduli. Il quadro ecografico
è simile a quello di una tiroidite. In acuto
si vede una tiroide ipervascolarizzata
all’ecocolordoppler (quadro chiamato:
inferno tiroideo, poiché è come se si
vedessero delle fiamme).
curva di iodocaptazione ​(capsula di
I131 e poi si valuta la captazione)
normalmente va in accumulo, invece nel
Basedow spesso si ha una captazione
intensa verso la seconda ora per poi
calare nettamente alla 24ima (ad angolo
di fuga) perché la tiroide è talmente attiva che capta lo iodio velocemente, ma altrettanto

73
velocemente lo rilascia. Questo esame ci aiuta tantissimo per la diagnosi differenziale. ​Scintigrafia
mostra una tiroide diffusamente aumentata.

Oftalmopatia endocrina​, non si deve confondere con


l'esoftalmo che è una espressione dell’oftalmopatia
(alterazione a carico dell’occhio). Spesso il pz sembra
che abbia gli occhi di fuori (sguardo sbarrato). Questo è
caratterizzato da una importantissima retrazione della
palpebra superiore (se immaginassimo l’occhio come un
orologio, normalmente le nostra palpebra superiore
cadrebbe intorno alle 10:10 e
quindi la parte superiore della
pupilla viene coperta). Questa a dx è una semplice retrazione palpebrale.
In alcuni pz infatti, già il semplice ipertono del simpatico (caratteristico
dell’ipertiroidismo) determina la contrazione del muscolo elevatore della
palpebra che si ritrae ed il soggetto ha quindi questo sguardo sbarrato.
L’oftalmopatia tiroide correlata si presenta nel 75% dei pz entro un anno
(prima o dopo) dalla comparsa dei sintomi di tireotossicosi ed in alcuni
può comparire anche in assenza di tireotossicosi. L’interessamento oculare in genere è bilaterale,
ma in alcuni casi è asimmetrico. Il quadro clinico è tanto più grave quanto è maggiore la pressione
nella cavità orbitaria. Le cause dell’esoftalmo sono state già analizzate sopra.
L’alterata motilità può anche causare alterazioni della vista (i muscoli sono 6, 4
retti e 2 obliqui) con strabismo, diplopia e così via dicendo. (​Nel caso della foto
si ha la proptosi cioè la sporgenza dell’occhio​). Tramite l'oftalmometro, ovvero
degli specchietti che permettono di vedere quanto sporge l’occhio, dopo 3-4
mm parliamo di esoftalmo.
Ci può essere anche coinvolgimento dei tessuti molli con edema palpebrale.
Ci sono dei casi rarissimi, descritti in
letteratura, di lussatura del bulbo
oculare. Non tutti i soggetti riescono a chiudere le
palpebre perché se l’esoftalmo è importante c’è
lagoftalmo. L’occhio rimane aperto e questo è un
problema perché seccherebbe (evaporazione delle
lacrime) e diventerebbe suscettibile ad infezioni e traumi.
Per questo ai pz si consiglia di fare un bendaggio notturno.

I sintomi dell'oftalmopatia inizialmente sono molto


simili a quelli di una congiuntivite. Per quanto
riguarda la diminuzione dell’acuità visiva, così
come anche per la diplopia, si possono avere se
c’è compressione del nervo ottico. Si deve
intervenire prima che si abbiano queste ultime
perché si può arrivare alla cecità.

74
Terapia dell’oftalmopatia è cortisonica a
scopo immunosoppressivo perché
l’eziopatogenesi è autoimmune mentre
quando il quadro è grave si ricorre ad
interventi di decompressione orbitaria (anche
per via transcranica).
La prima cosa da dire al pz è di smettere di
fumare. Il fumo in generale è un fattore di
rischio per tutte le patologia autoimmuni. La
patologia una volta prevalentemente il sesso
maschile mentre al giorno d’oggi colpisce di
più le donne perché fumano più degli uomini
e sono anche più restie a smettere.
L’oftalmopatia rappresenta anche un
problema dal punto di vista estetico, dato che
il pz prova vergogna a farsi vedere in quel
modo, ma nonostante tutto, difficilmente smette di fumare.
La radioterapia esterna, con azione linfocitolitica serve a contrastare l’azione autoimmunitaria,
causa dell’oftalmopatia.

Segni clinici del Basedow


Le manifestazioni cliniche sono legate per lo più all’ipertiroidismo ed in gran parte riconducibili alle
modificazioni metaboliche e all’iperattività del sistema adrenergico, contemporaneamente ad una
riduzione del tono vagale (sintomi generali della tireotossicosi, vedi segni lezione 7 parte finale).
Sono invece peculiari le manifestazioni dovute ai processi autoimmunitari come ad esempio
l’oftalmopatia e la dermopatia basedowiana. Entrambe sono causate dall’accumulo di GAG che
causano la ritenzione idrica.

Terapia del Basedow


La malattia può essere trattata con terapia
farmacologica (conservativa). Radiometabolica o
chirurgica (radicale). Inizialmente si utilizzano
farmaci inibitori della TPO ​(metimazolo) che
permettono di ridurre la sintesi degli ormoni
tiroidei. Tra gli effetti collaterali del suo utilizzo
l’agranulocitosi su base idiosincrasica, per
questo è necessario eseguire l’emocromo
durante la terapia. La terapia va iniziata con
dosaggi elevati per poi ridurli valutando la clinica
e la biochimica dell’ipertiroidismo. È necessario
ricordare come nei primi il TSH non rappresenta
un buon marker dato che l’ipofisi necessita di tempo per tornare al normale ritmo secretivo. La
terapia viene condotta per 12-18 mesi anche nei pz che rispondono bene già dopo pochi mesi.
Per riduzione dei sintomi si utilizzano 𝛃 ​ -bloccanti ​(propranololo). Il 30% guarisce definitivamente
mentre il 70% recidiva e va incontro a terapia risolutiva radicale.

75
Da questo momento la terapia è uguale per le varie tireotossicosi, ma la riporto qui per completare il
discorso.

L’utilizzo della ​terapia radiometabolica ha come scopo la somministrazione di radioiodio per


distruggere la tiroide e causare
ipotiroidismo che compare generalmente
tra l’ottava e la ventiquattresima
settimana dopo la somministrazione. In
questo periodo di stallo il pz esegue
terapia con farmaco antitiroideo
(somministrare 5-7 giorni prima del
radioiodio). Questo tipo di terapia può
essere eseguito solo è possibile
escludere una gravidanza nei 6-12 mesi
successivi. L’effetto collaterale più
temuto è la crisi tireotossica dovuta al
rilascio incontrollato di ormoni
accumulati nella colloide.

Lo iodio radioattivo può essere utilizzato come prima scelta (lo è negli USA) o in caso di:
- Allergia ai farmaci antitioridei;
- Scarsa collaborazione del paziente ​(spesso manca la compliance, succede che
questi pz stanno male si da l’antitiroideo, stanno bene e pensano di essere guariti,
sospendono e poi stanno nuovamente male);
- Costanti recidive di ipertiroidismo;
- Controindicazioni alla chirurgia.
Le controindicazioni:
- Età inferiore a 5 anni;
- Gravidanza e allattamento;
- Noduli sospetti
- Voluminoso gozzo con segni di compressione.

Terapia chirurgica ​ha come vantaggio quello di risolvere immediatamente l’ipertiroidismo. Per
essere efficace devono essere rimossi almeno 9/10 di tiroide. Un effetto collaterale può essere
l’ipocalcemia da ipoparatiroidismo postchiurgico che può essere funzionale (transitorio) o
permanente.

Il problema del Basedow è che ha degli alti e dei bassi, come in tutte le malattie autoimmuni ed è
fastidioso da trattare perché bisogna trovare il giusto dosaggio ormonale, ovvero, fare numerosi
controlli per cambiare la terapia di volta in volta. Fin dal primo giorno bisogna dire al pz che c’è la
possibilità di una terapia definitiva ed il pz potrebbe decidere di eliminare il problema con la
chirurgia invece che fare questa via crucis (controlli abbastanza frequenti).

76
Noduli tiroidei
Gozzo Multinodulare e Adenoma tossico (Malattia di Plummer)
Quando vediamo dei noduli
con ipertiroidismo è una delle
poche situazione in cui siamo
costretti a ricorre alla
scintigrafia per identificare la
presenza di un unico nodulo
caldo o di un plurinodulare
tossico (alternanza di noduli
caldi e freddi). Anche qui
avremo fT3, fT4 alti, TSH
basso. Gli anticorpi sono neg
perché l’eziopatogenesi non è
autoimmunitaria. In questo
caso c’è una mutazione
costitutiva del recettore del
TSH che essendo
costitutivamente attivato porta
alla attivazione continua del recettore.
Nella terapia vengono utilizzati i due farmaci
che bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei:
metimazolo ​(in commercio in Italia) e il
propiltiouracile ​(non è in commercio in italia)
che serve a ridurre la conversione di T4 in T3.
Viene utilizzato nella donna in gravidanza
durante il primo trimestre per i minori effetti
collaterali o in caso di allergie al metimazolo.

Se nel Basedow utilizziamo gli antitiroidei, nei


gozzi uni e multinodulari tossici è difficile che il
pz vada in remissione una volta arrivato
all’ipertiroidismo. Se vogliamo risolvere
definitivamente il problema si toglie il nodulo o
lo si distrugge con il radioiodio (terapia
definitiva).

77
Tireotossicosi iatrogena o factizia
La differenza tra le altre e la iatrogena o
fattizia si vede tramite la Tg bassa
(l’unico spazio dove questa trova valore
dal punto di vista diagnostico in pz che
hanno la tiroide). Ci serve dosarla
quando ci sono gli anticorpi negativi. Nel
caso della fattizia è bassa il pz perché
prende ormoni dall’esterno e quindi si
blocca il TSH (e quindi la tg è
bassissima).
La ​scintigrafia ​non è eseguibile perché
il TSH è soppresso e quindi la tiroide
non capta lo iodio. Nel caso del
Basedow la captazione dello iodio è
veloce nonostante il TSH è soppresso
perché ci sono gli anticorpi che
simulazione l’azione del TSH e quindi la ghiandola capta lo stesso.
Una captazione alta fa pensare al morbo di Basedow. La captazione bassa fa pensare alla factizia o
ad una tiroidite (dove l’aumento degli ormoni tiroidei è dovuto alla lisi cellulare e comunque sempre
il TSH è soppresso).
Ecografia​: tiroide normovascolarizzata.

Tiroiditi.
Vuol dire infiammazione della tiroide. Possiamo utilizzare vari criteri come quello eziologico o di
frequenza. Le forme più frequenti sono:
- Tiroidite subacuta dolente (de Quervain)​;
- Tiroidite subacuta silente (post-partum) ​presente comunque anche negli uomini;
- Tiroidite cronica linfocitaria (Hashimoto)​, la più frequente in assoluto.
Le forme rarissime sono:
- Tiroidite acuta suppurativa ​(si forma un ascesso nella tiroide, molto ma molto rara);
- Tiroidite fibrosa o lignea (di Riedel)​.

Le forme batterica è più facile nella suppurativa, mentre la causa più frequente della dolente sono i
virus. Nel caso della silente autoimmunitaria sappiamo che il sistema immunitario durante la
gravidanza è minore e poi aumenta rapidamente nel post partum. Nella linfocitaria l’eziopatogenesi
è anche essa immunitaria. La tiroidite fibrosa di Riedel ha eziologia sconosciuta.

78
Tiroidite subacuta dolente
L’eziologia fa capire perché le tiroiditi subacute si
manifestano di più in periodi ben precisi, la maggior
parte si vedono da luglio agosto, perché sono dovute
a dei gastroentero virus.
Queste sono rare perché la tiroide per sua fortuna è
una ghiandola ben protetta.
È difficile che l’agente eziologico si vada ad insinuare
nella tiroide. Il problema è che una volta che entra è
molto difficile fermarlo e far passare una tiroidite
richiede anche mesi. Appena si riduce la terapia si ha
la recidiva.

Captazione I131è soppressa, perché il TSH


è soppresso ed il parenchima è infiammato.

Clinica
Si capisce che quel pz ha la tiroidite anche
dal punto di vista clinico perché il pz arriva
disfatto (possibilmente il medico di medicina
generale ha dato aspirina ma non passa) e
riferisce ingrossamento della tiroide, dolore
che si irradia alla mandibola ed orecchio sia
spontaneo che evocato, febbre, disfagia ecc.
Quindi in generale una manifestazione
infiammatoria (tumor, rubor, calor, dolor). La
sintomatologia è molto ma molto importante
e a volte i pz cambiano anche personalità talmente stanno male, poi con la terapia migliora.
Il dolore si dice migrante perché dopo la somministrazione di cortisone il dolore si sposta.

La tireotossicosi da tiroidite non può essere mai cronica perché prima o poi se la tiroidite dovesse
continuare all’infinito, il meccanismo cronico di citolisi distruggerebbe tutto il parenchima tiroideo e
quindi non ci sarebbero più ormoni. Spesso le tiroiditi vanno in tireotossicosi, poi vanno in
eutiroidismo, poi possono andare anche in ipotiroidismo. Generalmente, da questa ultima fase di
ipotiroidismo, il 95% recupera poi la funzione, il 5% rimane in ipotiroidismo. Questa è la storia
naturale delle tiroiditi subacute.

Terapia
Per il dolore si utilizzano cortisonici e fans. Gli antitiroidei sono
inutili perché l’eziopatogenesi non è da aumentata sintesi ma da
aumentata liberazione. Sono molto utili i beta bloccanti perché nella
fase tireotossica si aggiungono anche i sintomi dell’ipertiroidismo.
Il cortisone, nonostante sia una patologia virale, si da perché: se
non ce la fai con i cortisonici figurati con i FANS. Se è una forma
lieve possiamo utilizzare i FANS ma se è la forma grave neanche i
cortisonici ce la fanno. Gli antivirali non fanno niente.

79
Tiroidite Acuta​ ​Suppurativa
È una patologia molto rara caratterizzata dalla
formazione di un ascesso purulento legato
prevalentemente a batteri. Si manifesta con
dolore e febbre (sintomi tipici della flogosi).

Gli ormoni sono normali perché spesso l’ascesso


è localizzato ed è difficile che vada in lisi;
La captazione è normale (l’ascesso ovviamente
non capta);
Alla scintigrafia l’ascesso sarà visibile come un
nodulo freddo.

La terapia è basata su antibiotici, drenaggio del materiale purulento fatto con una siringa bella
grossa e utilizzo di FANS.

Tiroiditi croniche
sono le più frequenti in assoluto:
- Tiroidite asintomatica;
- Tiroiditi di Hashimoto;
- Mixedema Idiopatico.
Queste tiroiditi possono durare anche tutta la vita senza dare alterazioni strutturali o funzionali
(tiroiditi asintomatiche). Gli Ab della Hashimoto possono comunque fare danno che porta
frequentemente all’ipotiroidismo da danno funzionale. La causa più frequente di ipotiroidismo è
questa soprattutto nelle donne post menopausa.

Gli anticorpi che possiamo andare a titolare come marker di laboratorio quando sospettiamo una
tiroidite cronica autoimmune:
- Anti-microsomi tiroidei (AAM) o Anti-tireoperossidasi (ANTI-TPO);
- Anti-tireoglobulina (AAT);
- Anti-recettore del TSH (TRAb = Thyrotropin receptor antibodies):
- Stimolanti (TSAb);
- Bloccanti (TBAb).
Dal punto di vista clinico quelli che hanno più importanza sull'evoluzione della disfunzione tiroidea
verso l’ipo- o l’iper- tiroidismo sono rappresentati dai TRAb.

80
Subacuta silente (post-partum)
Una donna ha più possibilità di sviluppare una tiroidite post partum se ci sono determinati fattori di
rischio quali:
- Familiarità per ATD (malattie tiroidee autoimmuni);
- Presenza di TPOAb prima della gravidanza;
- Precedente episodio di tiroidite post-partum;
- Diabete tipo 1;
- Altre patologie autoimmuni;
- Progresso aborto;
- Fumo;
- Allattamento artificiale.

Questo andamento vale sia per la silente


post partum che per la dolente. Passata la
fase iniziale della tireotossicosi (post
partum), esaurita la fase di liberazione
ormonali, i pz vanno in eutiroidismo e se
molto importante vanno in ipotiroidismo e
qui il quadro sarà simile alla subacuta
dolente. Il 95% recupera la funzione mentre
il 5% rimane ipotiroideo.

Terapia delle tiroiditi


Se ​tireotossicosi​: La tiroidite autoimmune si può estrinsecare verso l’ipertiroidismo data la
presenza di anticorpi tireostimolanti (TSAb). In questo caso la terapia sarà costituita da
β–bloccanti​. Non diamo l’anti-tiroideo (metimazolo) perché è utile nel Basedow in quanto c’è un
ipertiroidismo da esagerata produzione di ormone ma nella subacuta silente è inutile in quanto la
tireotossicosi è provocata da un processo di citolisi. Se c’è citolisi è inutile dare gli anti-tiroidei in
quanto non hanno alcun effetto sulla distruzione delle cellule.

Se ​ipotiroidismo​: La tiroidite autoimmune evolve verso l’ipotiroidismo per un danno cellulare


esteso a causa della infiltrazione leucocitaria, per la presenza di anticorpi TBAb (come nella tiroidite
di Hashimoto) dobbiamo dare la ​L-tiroxina​, dobbiamo sostituire quel cattivo funzionamento della
tiroide.

Se ​asintomatica​: Attenzione!!! Questo è un punto critico: ​la maggior parte dei pazienti che arrivano
alla vostra osservazione saranno pazienti con tiroidite cronica autoimmune asintomatica, dove la
parola asintomatica dice tutto. I pazienti arrivano all’osservazione del medico molto allarmati perché
hanno gli anticorpi anti-tiroide, ma valutando la funzionalità tiroidea questa risulta perfettamente
funzionale. Il paziente è eutiroideo con valori FT3, FT4 e TSH normali. Non hanno alterazioni
ecografiche se non il quadro classico tipico delle tiroiditi.

81
Questi pazienti vanno ​monitorati​, non vanno trattati. Pazienti arrivano allarmati e con terapie
inopportune date dai medici curanti o specialisti che danno la tiroxina con l'obiettivo di prevenire o
curare. La tiroxina non va utilizzata! Così come non vanno utilizzati FANS o cortisonici per evitare
gli effetti collaterali.

La fascia di pazienti asintomatici è la più ricca della popolazione. Se andassimo a cercare gli
anticorpi antitiroide nella popolazione soprattutto nel sesso femminile siamo intorno al 15-20%.
Questo vuol dire che 1:5 ragazze ha gli anticorpi anti-tiroide positivi senza saperlo. Questo è meno
frequente nel sesso maschile siamo intorno al 5%. La stragrande maggioranza di questo 5% e 20%,
decorre in maniera asintomatica.

Il fatto che i pazienti siano asintomatici in un determinato momento non vuol dire che questi lo
resteranno per tutta la loro vita. Ci può essere un’evoluzione verso l’ipertiroidismo, più spesso verso
l’ipotiroidismo quindi il follow-up è necessario, così come si raccomanda, dato che c’è una certa
suscettibilità genetica di fare uno screening sugli altri elementi della famiglia. Inoltre si deve
indagare nello stesso soggetto sulla presenza di altre eventuali patologie su base autoimmunitaria
siano esse di tipo endocrino o non endocrino. Ovviamente spesso e volentieri la malattia può
trovarsi come unica manifestazione dell’autoimmunità.
Il semplice monitoraggio dei pazienti asintomatici è un concetto importante perché è uno degli
errori più frequenti della pratica clinica quotidiana.

Caso clinico

Paziente di sesso femminile, 37 anni.

Anamnesi: ​Riferisce da qualche settimana astenia, cardiopalmo, intolleranza al caldo, tremori e


importante calo ponderale.
Questo fa pensare ad un ipertiroidismo, ci sono molti segni che vi orientano verso questo, ma
ricordate che i sintomi e i segni possono essere aspecifici.

E.O​: Altezza 165 cm, Peso 68kg, ​P.A. 150/70​. ​Cute leggermente sudata, fini tremori alle mani,
lieve retrazione palpebrale. F.C. 120 bpm.

Quindi vi è un ​aumento della pressione differenziale (caratteristico dell’ipertiroidismo e dovuto


all’azione delle catecolamine a causa del maggior inotropismo cardiaco e delle ridotte resistenze
periferiche).
La ​lieve retrazione palpebrale potrebbe essere un segno patognomonico di morbo di Basedow?
No, il segno patognomonico di questo è l’esoftalmo, quindi fate attenzione perché la retrazione
palpebrale è soprattutto un segno di ipertono simpatico che hanno tutti gli ipertiroidei non solo quelli
con morbo di Basedow!
Alla palpazione c’è una ​tiroide leggermente aumentata di volume, superficie finemente
regolare, consistenza lievemente aumentata, senza noduli. Questo vi orienta ulteriormente?
Diciamo che vi siete orientati verso l’ipertiroidismo, non avete ancora capito la causa ma sapete che
può essere un Basedow, un adenoma tossico, una tiroidite subacuta dolente, silente ecc… Siete in
grado di fare la diagnosi eziologica? Ancora no! Potrei dirvi alla palpazione non ci sono noduli e

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quindi possiamo escludere l’adenoma tossico! Non è così perché abbiamo detto che sono palpabili
solo nel 5% dei casi ma sono presenti nel 30%, bisogna aspettare la conferma ecografica.

Richiediamo e ​ sami di laboratorio.​ Esami da richiedere: ​TSH, FT3, FT4, anticorpi​.Quali anticorpi?
Per fare un esempio nel morbo di Basedow gli anticorpi anti-tireoglobulina sono presenti nel 40%
dei casi, gli anticorpi anti-tireoperossidasi intorno al 60%-70%, i TRAb intorno al 90%- 95%. Vedete
come la probabilità varia quindi si vanno a dosare prima i ​TRAb, poi gli anti-TPO, poi AAT​.
Qualcuno farebbe altri esami? La tireoglobulina la fareste? Nessuno vuole farla, il prof è d’accordo
perché è troppo aspecifica, non va fatta in questa fase. Paradossalmente poteva essere utile se era
bassissima nel caso di tireotossicosi factizia/iatrogena.
- FT3: 14,6 pg/ml (vn: 2,7 - 5,7);
- FT4: 27,4 pg/ml (v.n. 7 - 17);
- TSH: <0,06 U/L (v.n. 0,3 – 3,4);

- AAT 87 U/ml (v.n. <50):


- AbTPO 780 U/ml (v.n. <10);
- TRAb 20 U/L (v.n. < 10).

Richiediamo E ​ coColor-Doppler perché nel Basedow c’è l’inferno tiroideo, quindi una
vascolarizzazione imponente, se è una tiroidite la vascolarizzazione è normale o addirittura scarsa
così come lo è nella tireotossicosi factizia.
Ecografia tiroidea:​
- Volume aumentato (34 ml);
- ecostruttura ipoecogena e disomogenea;
- Intensa vascolarizzazione​;
- Non noduli distinti.​

Richiediamo la captazione con I131 e la scintigrafia:


La ​captazione ​ha un ​aspetto ad angolo di fuga nel Basedow, è normale-alta nell’adenoma
tossico, è bassa nella tireotossicosi factizia e nella tiroidite subacuta.
La scintigrafia serve necessariamente solo nel momento in cui c’è un nodulo per escludere che
possa essere un nodulo caldo:

Dopo l’ecografia data la vascolarizzazione il sospetto si indirizza verso il morbo di Basedow. Il


nodulo caldo si esclude, il gozzo multinodulare si esclude, la tiroidite subacuta la escludiamo per la
vascolarizzazione. La conferma diagnostica viene dagli a ​ nticorpi TRAb positivi,​ c ​ aptazione I131
in angolo di fuga e scintigrafia ipercaptante​.

Diagnosi: Morbo di Basedow

Terapia: medica con Metimazolo e B-bloccante dà al paziente un 30% di possibilità di guarigione.


Non si danno i cortisonici. La terapia definitiva è: chirurgica o il radioiodio. Si fa nel momento in cui il
paziente non risponde alla terapia. Tuttavia è bene illustrare la terapia definitiva al paziente all’inizio
dell’iter terapeutico e risparmiargli il passaggio dalla terapia medica qualora lui preferisse la terapia
definitiva.

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Si inizia una quindi terapia con gli anti-tiroidei, si fa il follow-up aggiustando la terapia in base ai
risultati. Si controlla il paziente dopo un anno la terapia medica può funzionare nel 30% dei casi ma
nel 70% avrò una recidiva. Focus sulla terapia con radioiodio: Negli anni ‘80 il maestro del prof non
voleva che si trattassero con il radioiodio i pazienti sotto i 50 anni, cioè soggetti giovani. Le evidenze
in letteratura erano molto scarse quindi si preferiva non farla nei giovani. Questa soglia dei 50 anni
si è abbassata sempre di più. Se leggiamo le ultime linee guida americane questo cut-off è stato
portato a 5 anni. Generalmente in età pediatrica non si usa il radioiodio (teoricamente in casi
eccezionali potrebbe anche essere usata ad esempio se ci sono controindicazioni alla chirurgia).
Sicuramente il radioiodio non verrà usato come terapia di scelta nel giovane perché si è più
radiosensibili in tenere età quindi si rischia l’insorgenza di eventuali secondi tumori o altri problemi.
Negli anziani questo rischio si riduce al minimo. Quindi il radioiodio è sicuramente indicato negli
anziani, in assenza di noduli sospetti. La signora di 37 anni che non aveva noduli, poteva anche
essere un’ottima candidata, in caso di fallimento della terapia medica, alla terapia con radioiodio.
Non si dovrebbe dare il radioiodio durante la gravidanza o l’allattamento perché questo avrebbe
effetti anche sulla tiroide del feto o del neonato.
L’indicazione alla tiroidectomia viene posta nel caso in cui il paziente è un bambino o se c’è un
gozzo multinodulare di grandi dimensioni che dà sintomi da compressione. La chirurgia è indicata in
caso di gravidanza o noduli sospetti. Vediamo le controindicazioni che sono le stesse di quelle della
chirurgia. Per quanto riguarda la grandezza della tiroide prima si era detto che la terapia con il
radioiodio faceva sì che il volume della tiroide diminuisce man mano durante la terapia. In questo
caso i pazienti inoperabili o che non si vogliono operare per loro scelta e che hanno un grosso
gozzo con sintomi da compressione possono trarre beneficio dal trattamento con il radioiodio.
Bisogna valutare attentamente insieme al paziente i pro e i contro di entrambe le tecniche e
decidere quale sia quella più vantaggiosa da utilizzare nel caso specifico

Potenziali complicanze del trattamento con radioiodio​, con particolare attenzione a quelle renali
dato che l’eliminazione di questo avviene soprattutto attraverso il rene:
Molti si domandano quali siano le complicanze soprattutto neoplastiche di questo trattamento,
poiché abbiamo detto che negli USA hanno già studi di terza generazione, in quanto gli studi sono
iniziati negli anni 40, ​fino ad ora non ci sono evidenze in letteratura (parlo di linee guida, perché
alcuni lavori sporadici non vengono considerati come reale riscontro scientifico) di grossi effetti
collaterali sia a livello renale che di altra natura, quindi è una terapia che fino ad oggi viene
considerata sicura.

Perché la terapia con radioiodio non si utilizzi nei gozzi voluminosi? Qualora ci sia un gozzo di
grandi dimensioni, mettiamo caso sia un gozzo plurinodulare, la terapia con radioiodio è più
rischiosa perché ​non si è sicuri della percentuale di recidive che potrebbero insorgere, quindi,
tra le due terapie, si preferisce fare una tiroidectomia perché è una soluzione definitiva​; se
però il paziente ha 80 anni e non si vuole operare oppure ha delle controindicazioni, si può provare
la terapia con radioiodio che in questo caso è di seconda scelta.

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Tumori della tiroide.
Epidemiologicamente è un problema che ci riguarda molto vivendo vicino ad un vulcano. In
generale circa il 5% dei noduli clinicamente manifesti possono andare incontro a degenerazione
neoplastica.
L’incidenza annua nella popolazione mondiale è di 2/100mila uomini e 3/100mila donne (si parla di
popolazione mondiale dato che nelle nostre zone l’incidenza è molto più elevata).

Il carcinoma tiroideo viene classificato a seconda della sua origine istologica e del suo
differenziamento in:
- Carcinoma che deriva dalle cellule follicolari:
- 80% ​papilifero​;
- 11% ​follicolare​;
- 3% a ​cellule di Hurtle​;
- Carcinoma che deriva dalle cellule parafollicolari:
- 4% ​midollare ​(che deriva dalle cellule parafollicolari o cellule C);
- Carcinoma indifferenziato:
- 2% ​anaplastico​, scarsamente differenziato, molto raro per fortuna perché
è un carcinoma devastante e con una prognosi pessima. Al contrario degli
altri dove si può vivere anche per decenni, qui si vive massimo per 6 mesi-
1 anno. Nell’essere indifferenziato ha una crescita esagerata e molto
veloce e si può morire addirittura per compressione della trachea e quindi
asfissia. Colpisce soprattutto gli anziani.

Fattori di rischio
I fattori genetici sono importanti soprattutto nel midollare, ma un minimo rischio c’è anche per quelli
follicolare e papillifero.
I fattori ambientali sono fondamentali:
- Radiazioni, basti pensare a Chernobyl dove dati riportano circa 4000 casi di tumori
alla tiroide in soggetti da 0 a 18 anni dopo l’incidente. La maggior parte comunque
con prognosi favorevole (al 2002 si contavano 15 morti);
- Carenza iodica (follicolare ed anaplastico);
- Altro (nutrizionali, ormoni sessuali, inquinamento, ambiente vulcanico).

Secondo dati del 2002: In Islanda 8/100 mila, in Giappone 9.3, In sicilia 13,4 su centomila abitanti.
La nostra regione è l’unica che ha fatto il registro dei tumori tiroidei (facendolo anche molto bene)
con una netta e maggiore incidenza nelle donne (sono più frequenti i noduli). Quando sono andati a
scannerizzare provincia per provincia ne è emerso che erano tutti a Catania praticamente.
Quando è stato fatto lo studio, uscì fuori che alcuni ricercatori avevano trovato una maggiore
incidenza di tumori tiroidei a Catania.
L’ambiente vulcanico o meglio le acque di origine vulcanica (radon, vanadio ecc). Questa
comunque è una ipotesi, mentre sul giornale era uscito che era proprio questa a fare venire i tumori.
Il prof ha preso topi nei quali hanno inoculato queste sostanze sospette ed alcuni topini è venuto il
tumore della tiroide.

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Follow up del carcinoma differenziato della tiroide​. PUNTO IMPORTANTE.
Il prof chiede: il pz è stato operato e il chirurgo lo manda dal clinico perché ha trovato carcinoma. Gli
elementi più importanti da seguire nel pz sono:
- Dosaggio della Tg ​(se è 0
siamo tranquilli, se alta o è
un residuo o ci sono delle
metastasi);
- Scintigrafia totale corporea
con I131 (total body). Questa
si utilizza per cercare le
metastasi, che qualora
saranno presenti vengono
indicate come aree altamente
captanti ​(occhio nelle foto a
quelli che sono i punti di
repere);​
- Ecografia del collo
(il papillifero coinvolge i
linfonodi del collo mentre il
follicolare metastatizza per via ematica quindi è più facile che si ritrovi al polmone o nelle ossa).

Sospetto metastasi:
- Collo (ecografia del collo). Se il linfonodo è sede di metastasi apparirà più
rotondeggiante, perde l’ilo (quindi perde la stria iperecogena) e può andare in
colliquazione. Occhio a saperlo riconoscere;
- Mediastino ​(TC spirale). A causa della presenza dello sterno i linfonodi non sono
visibili con l’eco;
- A distanza:
- Polmoni: scintigrafia, TC spirale;
- Ossa: scintigrafia, RMN;
- Cervello: TC

Prevalenza di recidive
Benché la prognosi del carcinoma differenziato della tiroide sia complessivamente favorevole, le
recidive (più frequenti nei primi 5 anni) possono comparire anche tardivamente (circa il 30% in
generale). È noto infatti che lo 0,5 - 0,6% dei pazienti possono recidivare anche dopo tempi medi di
12- 15 anni dal momento in cui sono stati considerati guariti. ​Il follow up dei pazienti deve durare
per tutta la vita!

La sopravvivenza libera da malattia nel carcinoma differenziato della tiroide è circa 90% a 10 anni.
Il 5-20% di tali casi presenta persistenza di malattia o sviluppa recidive locali o regionali.
Il 10% manifesta metastasi a distanza nel tempo.
Il 5% decede a causa della malattia.

Nei giovani le conseguenze come ad esempio le metastasi sono più importanti.

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Endocrinologia - Lezione 10
Per ulteriori approfondimenti si consiglia la visione dei relativi argomenti dagli Appunti di chirurgia
del prof.Veroux (lezioni su MEN e patologie delle paratiroidi).
Carcinoma midollare tiroideo (CMT)
Tumore maligno con evidenza di differenziazione a cellule C (WHO). La calcitonina è il marker più
importante insieme al CEA (che non ha nessuna utilità nel carcinoma a derivazione follicolare). La
calcitonina è utile anche nella diagnosi preoperatoria, infatti si diagnostica il carcinoma midollare
perché in presenza di noduli della tiroide ci troviamo di fronte a livelli di calcitonina elevati.

Ricordiamo che questo rappresenta il 4-5% di tutti i tumori della tiroide, quindi è abbastanza raro, ed
ha un’incidenza molto bassa 1-2/milione di abitanti anno. Il rapporto F/M è di 1,5:1. Rispetto a quello
follicolare, questo ha una spiccata tendenza all’ereditarietà (circa il 20% dei casi), è quindi
estremamente importante essere certi che l’individuo non abbia anche una componente di
familiarità che va valutata.

Sospetto clinico
- Spesso, ma non in assoluto, si localizza nel terzo superiore e nel terzo medio dove
c’è maggiore concentrazioni di cellule C;
- Può essere dolente;
- Spesso siccome metastatizza per via linfatica (anche ematica) ci troviamo di fronte a
linfoadenopatie loco-regionali;
- A causa della calcitonina e di altri mediatori ci possono essere flushing cutanei e
diarrea;
- Familiare nel 20% dei casi.
Test genetico
Se si individua un carcinoma midollare la prima cosa da capire è se sia sporadico o familiare. Il test
genetico indirizza verso le decisioni terapeutiche e permette di individuare le forme familiari
erroneamente classificate come sporadiche. Evita il rischio di ulteriori indagini ai familiari, se infatti
notiamo una mutazione del gene RET (responsabile del carcinoma midollare) si devono screenare
gli altri familiari, poiché sono portatori di mutazioni e quindi a rischio, mentre se è negativo è una
forma sporadica che colpisce solo l’individuo. Il test genetico inoltre allarga lo screening alle altre
patologie associate.

Considerando la totalità dei carcinomi midollari vediamo come l’80% sporadico e il 20% sia
familiare. Di questo 20% bisogna stare attenti perché questo può entrare nell’ambito delle MEN
(Multi Endocrine Neoplasie):
- FMTC (10%)​, semplice carcinoma midollare familiare;
- MEN 2A (65%)​ sono associati:
- carcinoma midollare tiroideo;
- feocromocitoma;
- Adenoma paratiroideo:
- MEN 2B​ ​(25%)​:
- Neurinomi;
- Habitus marfanoide (dismorfismi)
Nel MEN 2B non è presente l’adenoma paratiroideo ed ha una prognosi più cattiva.
L’argomento è stato trattato approfonditamente negli Appunti di chirurgia del prof Veroux.

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Per quanto riguarda la ricerca di
metastasi è molto simile a quanto
visto per il carcinoma follicolare. In
questo caso però per quanto
riguarda le metastasi a distanza,
unica differenza è il fegato (che nel
caso del follicolare è rarissimo,
mentre il midollare è molto facile
che vada al fegato).

Terapia
Quando ci troviamo di fronte ad un carcinoma midollare la terapia di scelta è chirurgica
(tiroidectomia totale)​. Siccome spesso sono coinvolti i linfonodi (Il compartimento centrale e
laterale del collo sono metastatizzati con uguale frequenza: 75%) soprattutto nelle forme
sporadiche, si fa spesso anche la dissezione dei linfonodi al comparto centrale e anche laterale.
È ancora più importante dell’altro tumore la completezza del quadro chirurgico.

Perché è importante studiare la mutazione?


Se la troviamo, sappiamo che altri individui della stessa famiglia sono a rischio per un carcinoma
midollare, e basta la sola mutazione per dare indicazione ad un’intervento precoce. Essendo un
brutto tumore e siccome è quasi certo che si sviluppi avendo la mutazione, si fa prevenzione e si
evita che si sviluppi. Per MEN 2A si valuta la tiroidectomia entro il 5° anno. Nella MEN 2B, più
aggressiva, entro il 1° anno. Se è FMTC si può anche azzardare a fare un follow up che si basa su
alcuni test come quello della pentagastrina (che oggi non è più in commercio) e si valutano i livelli di
calcitonina periodicamente.

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La menina (proteina prodotta dal gene MEN 1) è un'altra valutazione genetica che si fa per dire che
il pz ha la MEN2 (​il prof non ha approfondito molto la cosa, secondo internet comunque è presente
nel caso di MEN1 e non 2)​.

Quando si diagnostica un carcinoma midollare e non si pensa ad una possibile MEN 2A, se si opera
il pz senza sapere se ha un feocromocitoma (non diagnosticato) esso potrebbe anche morire per
una potenziale crisi ipertensiva grave. Prima di operare quindi si deve escludere la MEN. Se si fa
diagnosi, prima si opera per il feocromocitoma e poi per la tiroide.

Una volta al prof è capitato che un ambulatorio sono arrivate due donne, madre e figlia vestite a
lutto. Avevano tutte e due noduli e calcitonina elevata. L’orientamento per un carcinoma midollare
era alto. Il prof ha chiesto come mai fossero a lutto, le donne risposero che era morta l’altra figlia
all’ospedale durante il parto. Al prof si accende la lampadina e capisce che la figlia è morta per un
feocromocitoma non diagnosticato e quindi per una crisi ipertensiva (ovviamente poi si è scoperto
che le donne avessero la MEN 2A).

Paratiroidi
Anatomia
Sono 4 (raramente 6) ghiandole disposte postero-lateralmente alla capsula della tiroide. La
vascolarizzazione è molto importante per quanto riguarda la patologia della ghiandola, sono irrorate
dalle arterie paratiroidee inferiori e superiori, rami dell’arteria tiroidea inferiore.

Il ​PTH è formato da 84 aa. La parte attiva è quella costituita dai primi 34 della porzione ammino
terminale. Il PTH ha numerosi organi bersaglio, ed ha azione sul metabolismo del calcio e del
fosforo con ​azione ipercalcemizzante e ipofosforemizzante​, agendo su:
- Osso attivando il riassorbimento osseo, spostando il calcio dall’osso al sangue;
- Rene aumenta il riassorbimento del calcio e favorisce la seconda idrossilazione della
vitamina D in posizione 25. Aumenta l’escrezione di fosfato;
- Intestino, agendo in maniera indiretta aumentando l’azione della vitamina D.
Sul rene e sull’osso agisce in maniera diretta mentre sull’intestino in maniera indiretta.

I livelli di calcio nel sangue sono mantenuti tramite il PTH. Potenzialmente la calcitonina è il contro
ormone ma non ce la fa completamente a competere. È per questo che il pz senza tiroide, senza
calcitonina, mantiene la calcemia normale, a dimostrazione che prevalenteme i livelli di calcio sono
regolati da PTH. Eccessiva calcemia tende ad inibire PTH, mentre bassa calcemia tende ad
aumentare la secrezione (Meccanismo di controregolazione).

Il calcio totale nel nostro corpo (quello che si dosa in laboratorio) è costituito da:
- Calcio ionizzato 45% (agisce a livello metabolico);
- Calcio complessato a sali e proteine 55%.
Quando valutiamo la ​calcemia​ compresa tra​ 8,6-10,4 mg/dl​ dobbiamo ricordare che:
- Massima parte è legata all’albumina 45%;
- Citrato e fosfato 10%;
- Libero ionizzato 45%.

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Se noi vogliamo sapere effettivamente qual è la parte ionizzata del calcio, o la calcoliamo in
laboratorio, ma il calcolo è difficile e da molti falsi negativi, oppure dobbiamo applicare una formula:
Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl)​.
Viene valutata l’albumina perché essa modifica i livelli del calcio, infatti in caso di ipoalbuminemia i
livelli rilevati nella calcemia totale saranno più bassi rispetto al valore reale (soprattutto del calcio
ionizzato).

Esiste anche un rapporto tra valore di pH e livelli di calcio, infatti 0,1 di aumento del pH equivale a
0,2 mg/dl di aumento del calcio legato.

Ipercalcemia
Le cause più frequenti di ipercalcemia sono​:
- Iperparatiroidismo primario;
- Neoplasie maligna ​(Ca mammario, renale, polmonare, neoplasie ematologiche)
Queste due cause rappresentano il 90% dei casi di ipercalcemia.

Iperparatiroidismo primitivo:
- Adenoma (85%);
- Iperplasia (14%);
- Carcinoma (1%) sia esso sporadico o familiare.
Nota: Solo il 10% dei casi di iperparatiroidismo ha spiccata familiarità ed è importante pensarci
perché potremmo trovarci di fronte ad una MEN. Si possono anche avere delle forme associate a
tumori della mandibola.

Iperparatiroidismo secondario:
- Ipovitaminosi D​. A volte può succedere che il PTH possa essere elevato per
ipovitaminosi D ​(che abbiamo tutti o quasi -prof) quindi non riusciamo ad assorbire il
calcio a livello intestinale e la calcemia tende ad abbassarsi e quindi PTH ad alzarsi;
- Insufficienza renale​. I pz nefropatici (dializzati) hanno problemi anche
nell’eliminazione del fosforo (iperfosforemia). Se aumenta il fosforo questo lega il
calcio ionizzato e forma fosfato di calcio e quindi diminuendo il calcio ionizzato
aumenta il PTH. Una delle cose da fare è abbassare i livelli di fosforo in questi pz
tramite l’utilizzo di chelanti di fosfato.

Iperparatiroidismo terziario nell’IRC:


Partendo da una condizione di iperparatiroidismo secondario, poiché la paratiroidi sono talmente
stimolate, formano un adenoma (questo è molto raro e si può trovare nelle insufficienze renali
croniche). Alcuni riconoscono questa forma altri no.

Partendo da un PTH alto, guardando la calcemia se:


- Normale (secondario)
- Alta (primario).

L’iperparatiroidismo primitivo nell’80% dei casi, soprattutto nella fase iniziale è asintomatico o
paucisintomatica. Spesso la scoperta è incidentale. Per qualche altro motivo il pz scopre una
calcemia alta, si valuta il PTH e lo si trova alto, ma sta bene.

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Clinicamente il pz presenta alterazioni a carico di diversi organi:
Rene​:
- Calcolosi​, perché la calcemia è talmente elevata che passa talmente tanto calcio nel
rene che può accumularsi (i calcoli si trovano nei tubuli);
- Nefrocalcinosi​, il calcio si accumula a livello parenchimale:
- Poliuria​;
- polidipsia​.
Osso,​ aumenta il riassorbimento dal tessuto osseo e quindi:
- Osteoporosi ​(debolezza muscolare e rischio di fratture)​;
- Osteomalacia;
- Osteite fibrosa cistica (Morbo di Recklinghausen)​, si formano delle cisti nel
tessuto osseo (soprattutto alle falangi) che poi vengono sostituite da tessuto fibroso.

Alterazioni psichiche​:
- Astenia;
- Depressione;
- Letargia;
- Perdita della memoria ​(soprattutto a breve termine)
- Difetti di concentrazione;
- Psicosi;
- Alterazioni di personalità;
- Coma.

Apparato digerente​:
- Nausea;
- Vomito;
- Stipsi e diarrea alternate;
- Ulcera peptica gastrica e duodenale;
- Pancreatite ​(prof. Veroux)

La sintomatologia dipende molto dai livelli di calcemia, tanto più sono elevati tanto più è grave:
- <13 mg/dl segni aspecifici come: Nausea, anoressia, vomito, astenia, depressione,
letargia;
- 13-15 mg/dl​: calcificazioni parenchimali, insufficienza renale;
- >15 mg/dl​: coma e arresto cardiaco.

Esami di laboratorio
- PTH (molecola intatta 1-84);
- Calcemia;
- Albuminemia.
Se vogliamo avere altre informazioni:
- Fosforemia;
- Calciuria 24h;
- Vitamina D;
- Marker turnover osseo (fosfatasi alcalina, osteocalcina ecc)

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Esami strumentali
- Ecografia cervicale​, nodulo nella faccia posteriore della tiroide (alto valore predittivo
positivo, se si individuano le paratiroidi possono essere considerate malate, se non si
individuano non vuol dire che non ci siano adenomi. ​Appunti chirurgia - Veroux​);
- Scintigrafia paratiroidea​, viene eseguita con il sestamibi (sostanza coniugata a
Tz99), serve per valutare la presenza di un adenoma, ma anche per permettere di
evidenziare possibili lesioni ectopiche mediastiniche (per questo la finestra della
scintigrafia viene fatta un po’ più ampia e allargata al mediastino) o un
coinvolgimento multiplo ghiandolare. I falsi positivi possono essere dati da una
patologia nodulare tiroidea, mentre i falsi negativi da paratiroidi di piccole dimensioni;
- FNA + PTH wash​, se avessimo il dubbio che il nodulo che abbiamo punto sia
tiroideo o paratiroideo, sul liquido di lavaggio si fa il dosaggio di Tg e PTH, se il
nodulo è tiroideo sarà positiva la Tg, mentre se è paratiroideo sarà positivo il PTH.
Se confermiamo l’iperparatiroidismo, è necessario anche valutare anche la presenza di possibili
complicanze:
- Ecografia apparato urinario​, per valutare presenza di calcoli;
- Densitometria ossea​.
- Rx, utilizzata soprattutto per la ricerca delle compromissioni ossee: riassorbimento
osseo subperiostale e cisti ossee (Osteite Fibrocistica), degranulazione della teca
cranica detta ‘’a sale di pepe’’, tumore bruno a livello della mandibola con comparsa
della lamina dura (​Appunti chirurgia - Veroux).

Caratteristiche della lesione


- Aspetto ipoecogeno omogeneo;
- Forma ovale, ben delimitata;
- Posizione posteriore, con setto iperecogeno tra la tiroide e la lesione paratiroidea;
- Presenza dell’ilo vascolare (ecocolordoppler);

Fattori confondenti: variabilità della sede della paratiroidi, patologia nodulare tiroidea,
linfoadenopatie cervicali.

Esame citologico
L’aspetto citologico è sovrapponibile a quello delle lesioni tiroidee, mancano infatti aspetti citologici
caratteristici e spesso è anche molto difficile da eseguire. Per tale motivo l’esame più accurato è
l’FNA + PTH wash.

Storia dell’iperparatiroidismo lieve


- Nel 73% dei pz con iperparatiroidismo asintomatico lieve seguiti dopo 10 anni Ca,
PTH, BMD (densità minerale ossea) e calciuria non peggiorano, nel rimanente 27%
la malattia è progressiva e quindi siamo obbligati a fare uno stretto monitoraggio.
- L’età <50 anni è un fattore predittivo di progressione.
- Dopo 10 anni di follow up tutti i pz con nefrolitiasi non sottoposti a paratiroidectomia
hanno mostrato una progressione della malattia litiasica.
- Rischi a lungo termine dell’ipercalcemia cronica, anche se lieve, non sono conosciuti
(cardiovascolare, fratture e mortalità).

92
Indicazioni chirurgiche nell’iperparatiroidismo primitivo
Se il pz è sintomatico perché ha calcolosi o nefrocalcinosi, osteoporosi, fratture, segni radiologici o
sintomatologia classica neuromuscolare è chiaro che si deve intervenire.
Il problema si pone quando è asintomatico. Le linee guida consigliano l’intervento quando:
- Calcemia >1 mg/dl dei valori massimi del range di normalità​;
- Calciuria >400 mg/die​;
- Clearance creatinina <30%​;
- T-score <2,5 in qualsiasi sito. (Il T-score è un punteggio numerico che indica la
BMD misurata attraverso la dual energy x-ray absorptiometry (DEXA) o tramite
Mineralometria ossea computerizzata (MOC));
- Età < 50 anni​;
- Follow up medico difficile​ per scarsa compliance.

Questi sono i criteri per cui si va ad operare il pz con adenoma paratiroideo mentre se non ha
queste seppur presenta una calcemia più alta non si opera e si può solo monitorare.

Terapia
Il trattamento per l’ipercalcemia si basa sull’​idratazione perché bisogna ridurre i livelli di calcemia e
usare ​diuretici dell'ansa​. Se c’è coinvolgimento osseo quindi osteoporosi si fa uso dei ​bifosfonati
che riducono il riassorbimento osseo. Gli ​estroprogestinici ​nelle donne post in menopausa e il
Raloxifene​. Il trattamento recettoriale si fa con ​Cinacalcet ​ovvero calciomimetici agonisti del
recettore del calcio che bloccano la produzione del PTH.
Questo farmaco si utilizza anche qualora vi siano dei pz con adenoma non operabile.

Ipoparatiroidismo chirurgico
Una delle patologie più frequenti è l'ipoparatiroidismo post chirurgico, conseguenza rara (2% delle
complicanze dell’intervento di tiroidectomia in mani esperte, figuriamoci in mani inesperte), seppur
presente. Tra le gli interventi a rischio troviamo:
- Interventi di tiroidectomia totale/parziale (TN);
- Dissezioni estese del collo per neoplasie maligne;
- Paratiroidectomia (PTN).
Le cause più frequenti sono:
- Legatura prossimale dell’a. Tiroidea prima dell’emergenza dei rami paratiroidei;
- Danno da elettrobisturi;
- Asportazione involontaria delle paratiroidi (rara).
A volte l’ipoparatiroidismo chirurgico può essere transitorio (stunning) ed essere sintomatico o
asintomatico. Si definisce permanente se dura per più di 6 mesi. A volte a causa
dell’invecchiamento, l’ipoparatiroidismo in seguito ad intervento chirurgico, può manifestarsi anche
ad anni di distanza.

Le conseguenze sono opposte rispetto all’iper:


- Bassa calcemia​;
- Elevata fosfatemia ​(che aggravano i livelli di calcio perché lo legano formando
fosfato di calcio e abbassando il calcio ionico);
- PTH bassi o indosabile​.
Bisogna quindi alzare i livelli di calcio e abbassare i livelli di fosforo.

93
Clinica
La ​sintomatologia acuta dipende molto anche dai livelli di calcemia. Nel caso dell’acuta i sintomi
prevalenti sono dati da alterazioni neuromuscolari che possono sia essere spontanee (forme più
gravi) che provocate (generalmente nelle forme più lievi).
Se ipocalcemia acuta lieve il pz può avvertire:
- Formicolio periorale e alle estremità;
- Occasionali crampi muscolari.
Qualora l’ipocalcemia sia acuta moderata:
- Irritabilità generale;
- Stato ansioso;
- Crampi muscolari;
- Alterazioni ECG (prolungamento del QT)
Fino ad arrivare alla forma acuta grave:
- Crampi muscolari;
- Spasmo carpopedale. In questo caso il pz arriva già con la mano da ostetrico. È
necessario infondere subito calcio endovena per far passare la crisi;
- Laringospasmo, può portare alla morte del pz;
- Convulsioni;
- Coma.
Questo è il motivo per il quale la maggior parte dei chirurghi mette subito il pz in terapia con il calcio
e poi pian piano si svezza il pz abbassando la dose se si vede che i livelli di calcio sono buoni.

Se il pz non ha le manifestazioni acute, ma la calcemia è inferiore alla norma, si ha un quadro


cronico​:
- Cute secca;
- Capelli secchi e rigidi;
- Unghie fragili;
- Anomalie dentali;
- Calcificazione dei gangli della base;
- Cataratta;
- Tetania latente.

Laboratorio
Se sospettiamo un ipoparatiroidismo:
- PTH;
- Calcemia e fosforemia;
- Magnesemia poiché i livelli di Ca e Mg sono correlati;
- Vitamina D, potrebbe essere una causa.
Calciuria e fosfaturia non si fanno perché non avrebbe senso.

94
Caso clinico
Donna 69 anni giunge alla nostra attenzione appena dopo la dimissione dal reparto di chirurgia per
tiroidectomia totale (1a giornata post operatoria).
È giustificato effettuare il dosaggio della calcemia in tutti i pazienti chirurgici post tiroidectomia? Sì, è
giustificato effettuare il dosaggio .
Esistono elementi clinico anamnestici che possono indirizzare verso un sospetto di ipoparatirodismo
chirurgico nella paziente? Nei casi più lievi può avere formicolii, crampi alle mani, ecc. e questi
segni indirizzano verso l'ipocalcemia.

In alcuni casi di tetania latente si può svelare dal punto di vista semeiologico se è presente
ipocalcemia​, tramite due segni:

- Segno di Chvostek ​(meno specifico), si esegue una


percussione al di sotto dell’osso zigomatico in
corrispondenza del margine anteriore del massetere. In
caso di segno positivo ​contrazione omolaterale del
muscolo della bocca e dei muscoli faciali omolaterali.
Questo è positivo nel 10% dei soggetti sani e negativo nel
29% dei soggetti con ipocalcemia biochimicamente
evidente.

- Segno di Trousseau, ​si procede ad insufflare il bracciale dello sfigmomanometro al


di sopra della pressione sistolica (ovviamente non esagerando e rilevando prima la
pressione del pz) per 2-3 minuti. In
caso di segno positivo, si assiste
lentamente ad una ​contrazione
muscolare con flessione del polso
e delle articolazioni metacarpo
falangee, iperestensione delle dita
con flessione del pollice (mano ad
ostetrico).
Questo è positivo nel 94% dei pz ipocalcemici e positivo nell’1% dei pz sani è quindi
sia sensibile che specifico.

Torniamo al caso clinico. Paziente:


- Non presenta sintomatologia:
- Chvostek lievemente positivo (scarsamente specifico),
- Trousseau negativo (sensibile e specifico).
Arriva il referto del laboratorio :
- Calcemia 7,9 mg /dl​ (valori normali 8,2 -10,2).
E' sufficiente questo rilievo per porre diagnosi di iperparatiroidismo chirurgico? No,si fa il dosaggio
innanzitutto dell'albumina, poi del paratormone, fosfatemia, funzionalità renale.

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Nota bene​: come detto sopra, nella pratica clinica la calcemia viene spesso misurata come calcio
totale e non come quello ionizzato. La concentrazione di albumina modifica i valori della calcemia
totale, infatti nell’ipoalbuminemia (malattie croniche, malnutrizione e/o ospedalizzati) determina una
riduzione del calcio totale. Pertanto per una corretta valutazione della calcemia si deve eseguire
l’adeguata correzione per l’albumina. ​Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl).

Alla luce di ciò, notiamo come il valore sia ​calcemia 8,4 mg/dl​, quindi ci troviamo di fronte ad una
pseudoipocalcemia.

Terapia dell’ipocalcemia
Se il nostro pz è ipocalcemico il nostro obiettivo è normalizzare i valori di calcemia e fosforemia.
Meglio è ​tenere i livelli normali-bassi allo scopo di prevenire ipercalciuria (PTH basso) e
ipercalcemia iatrogena.
L’aumento di calcio nella dieta non è sufficiente né attendibile e costante.
Molta gente si rifiuta di fare il calcio perché è sotto forma di bustine. Si è costretti all’utilizzo di
preparazioni di calcio e vitamina D​. Si preferiscono le ​preparazione ​1ɑ-idrossilate perché il PTH
è basso. Si preferiscono le preparazioni con emivita più breve per un migliore aggiustamento della
posologia.

Piccola esercitazione riguardante la tiroide fatta dal prof per riepilogare il tutto.

1 Ft3 alta ft4 alta tsh basso ipertiroidismo prim


2 Ft3 normale ft4 normale tsh basso ipert subclinico
3 T3 normale e ft4 basso tsh alto ipotiroidismo clinico
4 ft3 normale ft4 normale tsh alto ipotiroidismo subclinico
5 fr3 bassa ft4 bassa tsh basso ipertiroidismo secondario centrale
6 t3 tot alta t4 totale alta tsh normale pillola o gravidanza o patologia epatica
7 t3 tot bassa t4 bassa tsh normale ipo TGBemia
8 ft3 normale ft4 normale tsh alto ac positivi tiroidite autoimmune subclinica
9 ft3 normale ft4 normale tsh normale calcitonina elevata carcinoma midollare.
10 ft3 alta ft4 alta tsh TSH alto. Refetoff oppure un adenoma tsh secernente

11 ft3 alta ft4 alta tsh captazione I131 alta. Graves


12 ft3 normale ft4 normale tsh normale captazione alta carenza iodica

96
Endocrinologia - Lezione 11

Surrenale

Le ghiandole surrenali dal punto di vista anatomo-istologico sono caratterizzate da due regioni:
- Corticale (regione esterna) costituente circa l’80-90% di tutta la ghiandola produce
mineralcorticoidi, glucocorticoidi e androgeni;
- Midollare (regione interna) per la restante parte, produce le catecolamine.

La regione ​corticale ​viene ulteriormente distinta in tre diverse regioni, diverse sia per produzione
ormonale sia per aspetto istologico:
- Glomerulare​: mineralcorticoidi (aldosterone e deossicorticosterone);
- Fascicolata​: glucocorticoidi (cortisolo) e in minima parte anche androgeni;
- Reticolare​: androgeni (testosterone, DHT, Δ4-androstenedione) e in minima parte
anche glucocorticoidi.
Le cellule di ogni regione sono caratterizzate da un diverso contenuto enzimatico che permette la
realizzazione, partendo da un substrato comune: il nucleo ciclopentanoperidrofenantrenico del
colesterolo, dei diversi tipi ormonali.

Biosintesi ormonale
Comprendere il processo di sintesi dei vari ormoni e la fisiologia surrenalica è fondamentale per
capirne la fisiopatologia e quindi determinate patologie quali ad esempio quelle in cui per una
mutazione genetica, viene a mancare un qualsiasi enzima di sintesi, evenienza che causa una
sintomatologia dovuta alla mancata secrezione degli ormoni a valle e contemporaneamente da un
accumulo di quelli a monte.

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Il precursore di tutti gli ormoni steroidei è il ​colesterolo, ​senza il quale non può avvenire la sintesi
degli ormoni steroidei. Partendo da questo, tappa dopo tappa, vengono sintetizzati gli ormoni
steroidei.
Segue una descrizione delle varie tappe della sintesi, senza nulla aggiungere all’immagine allegata
sopra, tranne quanto riportato sotto.

Il ​desossicorticosterone ​è il più potente mineraloattivo che esiste (anche dell’aldosterone).

Se un soggetto avesse un deficit della 20-22 desmolasi e della 20.22 idrossilasi, la patologia
sarebbe talmente grave da non essere compatibile con la vita perché non si avrebbe la produzione
di nessuno degli ormone della corticale. In questi soggetti il minimo comune denominatore è
l’iperplasia delle surrenali perché mancando il cortisolo si avrebbe un’aumentata secrezione di
ACTH che stimola i surreni che quindi iperplasizzano. Inoltre i surreni vanno incontro alla necrosi
lipoidea risultando infarciti di colesterolo.

Ad esempio, se c’è un deficit di 17-idrossilasi, dobbiamo partire dal presupposto che viene a
mancare tutto ciò che c’è a valle e si accumula tutto ciò che c’è a monte. I soggetti quindi avranno
iperplasia surrenalica congenita per lo stesso motivo di sopra. Potrebbero anche avere un aumento
dei mineralcorticoidi.

Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene
La secrezione ipotalamica del CRF (o CRH) cioè il fattore di rilascio per la corticotropina (ACTH) è
regolata da tutta una serie di stimoli nervosi centrali:
- Ritmo circadiano;
- Ipoglicemia;
- Stress fisico e/o psichico;
- Dolore;
- Stress tossico o infettivo.

È ben noto come il cortisolo, tra tutti gli ormoni della


surrenale quello maggiormente sotto il controllo
dell’ACTH, sia il principale ormone dello stress, infatti
qualunque situazione che provochi stress fisico e/o
psichico ne determina aumentata secrezione. Il cortisolo
è quindi, in poche parole, l’ormone dell’emergenza (​I pz
iposurrenalici che fanno terapia sostitutiva, se non
aumentassero la somministrazione esogena di cortisolo,
in caso di particolari eventi stressanti, potrebbero andare
incontro a problemi come ad esempio il collasso
cardiaco, proprio perché il cortisolo è l'ormone
dell'emergenza).

Il CRF stimola a livello ipofisario il rilascio di ACTH che a sua volta stimola tramite cascata del
cAMP l’innesco della biosintesi del colesterolo che viene poi trasformato in pregnenolone ecc.

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Una cosa estremamente importante è che non tutti gli ormoni della corticale vengono influenzati allo
stesso modo dall’ACTH. Esso è il principale, se non esclusivo, fattore di rilascio del cortisolo, ma già
gli androgeni ne risentono in minor parte. L’aldosterone è quello minimamente influenzato dallo
ACTH perché viene secreto tramite il SRA (Sistema Renina Angiotensina).
Il meccanismo di feedback negativo del cortisolo si esplica sia a livello ipotalamico che ipofisario.

Il ritmo circadiano del cortisolo


dipende dalla secrezione
dell’ACTH, spostandosi di circa
1-2h dopo questo. Normalmente il
picco del cortisolo è intorno alle 8
del mattino (quindi il picco di
ACTH è intorno alle 6 del mattino).
Dopo di che il cortisolo subisce un
graduale decremento per poi
avere un mini picco nel post
pranzo (intorno alle 3-4 del
pomeriggio). Entrambi sono molto
importanti perché quando
facciamo terapia sostitutiva
dobbiamo rispettarli. Il punto più basso di secrezione si raggiunge durante il sonno per una mera
ragione finalistico dato che l’individuo ha bisogno del cortisolo durante le ore di veglia e non certo
quando dorme. Questo spiega perché negli adattamenti fisiologici questi ritmi si possono invertire:
se valutiamo il cortisolo in un lavoratore notturno di lunga durata, è possibile trovare il ritmo invertito
con zenit notturno e nadir diurno. L’asse ipotalamo ipofisi surrene è molto influenzabile.
Il normale ritmo secretorio circadiano rappresentava tempo fa unico metro di valutazione per un
normale funzionamento del surrene ed una volta si faceva diagnosi di Cushing già con il solo ritmo
sballato.

Circolazione del cortisolo​:


Per la maggior parte il cortisolo viaggia legato a delle proteine e solamente una piccola percentuale
si trova libera:
- CBG 75%;
- Albumina 15%;
- Cortisolo libero 10%
Androgeni:
- Testosterone si lega alle SHGB;
- DEHA ed Androstenedione si legano debolmente all’albumina.

99
Glucocorticoidi
Il termine glucocorticoidi identifica il ruolo importante di questi ormoni nella regolazione della
glicemia. Tuttavia tale definizione appare riduttiva, in quanto la loro attività biologica interessa molti
altri aspetti del metabolismo intermedio e regola l’attività di numerosi organi e apparati.
Analogamente agli altri ormoni steroidei presentano un recettore contenuto nel citoplasma cellulare.
I recettori dei glucocorticoidi sono presenti praticamente in tutti i tessuti ed i principali effetti sono:

- Azione iperglicemizzante: stimolazione gluconeogenesi e riduzione della


captazione del glucosio nei tessuti​. Esso rappresenta uno degli ormoni della
controregolazione insulinica prevalentemente grazie a questa azione;
- Stimolo lipolisi e inibizione lipogenesi (questo è vero in generale, ma l’effetto
dipende sia dalla dose che dalla regione, vedasi il Cushing);
- Stimolo catabolismo proteico (stimolo sintesi solo a livello epatico). Questo
contribuisce all’effetto iperglicemizzante;
- Aumento filtrato glomerulare ed ​azione sodio-idro ritentiva ​(diminuisce il
potassio). ​Potenzialmente il cortisolo ha un potere mineraloattivo maggiore
dell’aldosterone ma questo in pratica clinica non si ha poiché viene disattivato in
periferia prima di svolgere questa azione a livello renale​;
- Stimolo rapidità trasmissione sinaptica a livello nervoso con azione eccitante (​Il
primo caso di Cushing fu diagnosticato su un pz maniaco ricoverato in psichiatria);
- Azione linfocitolitica​;
- Effetti antiflogistici (riduzione secrezione istamina, attività polimorfonucleati,
stabilizzazione membrane lisosomiali, inibiscono i mastociti, provocano shift da Th1 a
Th2). Sono i più potenti antinfiammatori che conosciamo.
- Inibizione dei fibroblasti e della fibrosi connettivale​;
- Aumento secrezione acida gastrica e riduzione produzione muco​. Questo effetto
gastritico e ulceroso diventa rilevante quando si esegue una terapia ad uso cronico
senza l’utilizzo di gastroprotettori
- Riduzione trama proteica ossea ​e ​riduzione del riassorbimento calcio con
conseguente aumento del PTH e aggravamento dell’osteoporosi riconducibile sia ad
una diminuzione del riassorbimento renale e intestinale di calcio sia alla riduzione
della trama proteica;
- Aumento gittata cardiaca e resistenze vascolari periferiche​. L’effetto ipertensivo
è legato sia alla ritenzione di sodio ed acqua sia all’aumento dell’azione della gittata
cardiaca che delle resistenze periferiche (aumentano sia la sistolica che la
diastolica);
- Blocco produzione degli ormoni ipofisari​. Questo effetto si esplica solamente a
dosi farmacologiche o patologiche. Per quanto riguarda le dosi farmacologiche, nei
pz che fanno terapia cortisonica cronica, si può notare una riduzione del TSH per cui
magari si è portati a pensare ad un ipotiroidismo, realtà da escludere già
all’anamnesi. Per quanto riguarda le dosi patologiche, esempio possono essere i
bambini con Cushing, i quali non crescono perché viene bloccato il GH ed anche il
TSH. Questa caratteristica potrebbe essere utilizzata quando vi è una ipersecrezione
di ormoni ipofisari ma non è la terapia elettiva né viene utilizzata, per via dei
numerosi effetti collaterali che si avrebbero su altri organi.

100
Ipersurrenalismo: Morbo o Sindrome di Cushing
La patologia descritta per la prima volta nel 1932 da Harvey Cushing è causata dagli effetti tissutali
derivati da un eccesso cronico di glucocorticoidi da qualsiasi causa (ipercortisolismo). Le donne
sono più colpite degli uomini con un rapporto F/M di 6:1. Si presenta ad ogni età, ma più spesso tra
i 10 e i 50 anni. Esistono diverse cause, con prevalenza diversa:
- Forma ACTH-dipendente​ (centrali, patologie ipotalamo-ipofisarie):
- Morbo di Cushing​ (68%) ovvero Adenoma Ipofisario ACTH secernente;
- ACTH ectopico ​(12%) quindi una produzione da parte di cellule che
normalmente non lo producono ad esempio un microcitoma;
- CRH ectopico​ (<1%);
- Forma ACTH-indipendente​ (patologie a carico della Surrenale):
- Adenoma Surrenalico​ (10%);
- Carcinoma surrenalico​ (8%);
- Iperplasia micronodulare​ (1%);
- Iperplasia macronodulare​ (<1%);
- Pseudo-Cushing​ (patologie che mimano fenotipicamente il Cushing):
- Depressione e alcolismo​ (1%).
Nota: per sindrome intendiamo un insieme di segni e sintomi dovuti all’ipercortisolemia mentre per
Morbo si intende l’adenoma ACTH-secernente.
La causa piu frequente è l’Adenoma ipofisario ACTH secernente (Morbo di Cushing), quindi di
origine centrale. Spesso l’adenoma in questione viene rilevato quando ancora di piccole dimensioni
(microadenoma se <1 cm) poiché la clinica è molto evidente e ne permette la diagnosi. Caso
opposto quello del GH dipendente o del prolattinoma (nello specifico per il maschio) dove la
sintomatologia specifica si presenta tardivamente permettendo all’adenoma di crescere oltre 1 cm
(macroadenoma), infatti a volte vengono diagnosticati per conseguenze relative all’effetto massa
(vedasi lezione su adenomi per maggiori informazioni).
Se nel caso di una forma ACTH dipendente facessimo un imaging delle due surrenali, noteremo
iperplasia della ghiandola (nello specifico della corticale) a causa della stimolazione da parte
dell’ACTH. Se è invece una forma ACTH indipendente, quindi a carico del surrene, noteremo un
adenoma a carico di una sola ghiandola facendo un'ecografia e una TC, facendo una scintigrafia
l’altra surrene non sarà visibile a causa della soppressione dell’ACTH dovuto agli alti livelli di
cortisolo (meccanismo di feedback).
Se l’ipersurrenalismo è dovuto ad una produzione ectopica di ACTH avremo iperplasia delle
surrenali.

101
Manifestazioni Cliniche
- Aumento di peso (Obesità centripeta tipica del Cushing, è
caratterizzata da assottigliamento degli arti e aumento del
grasso nel tronco: il primo per via del maggiore catabolismo
proteico, gli arti infatti sono composti principalmente da muscoli,
il secondo in quanto si ha obesità per aumentato senso di fame
e per via dell'iperglicemia la quale, a sua volta, determina un
iperinsulinemia reattiva, quindi aumento dell’insulina con azione
lipogenetica e di conseguenza aumento del grasso nelle zone in
cui c’è più grasso);
- Problemi gastrici per aumenta produzione acida gastrica, più
frequentemente quando si usano farmaci cronicamente;
- Ipertensione per l’aumento delle resistenze periferiche e per la
ritenzione idro-salina;
- Diabete o intolleranza al glucosio per l'azione
iperglicemizzante;
- Osteoporosi​, spesso molto grave a livello della
colonna vertebrale in cui si avranno problemi di
schiacciamento, fratture, cifosi ecc;
- Facies lunaris (pletorica)​, con colorito acceso
- Stempiatura​ dovuta agli androgeni;
- Debolezza muscolare​, soprattutto prossimale;
- Malessere​;
- Depressione o ​psicosi​, con aggressività o
nervosismo;
- Irsutismo, acne, oligomenorrea o amenorrea nelle
donne, diminuzione della libido e impotenza
nell'uomo​, poiché parallelamente al cortisolo
aumenta la secrezione androgenica che causa un
riduzione delle gonadotropine. Questo è più
caratteristico delle forme ACTH-indipendenti
(Adenomi o Carcinomi surrenalici ) ed il cortisolo in sé
ha poco effetto;
- Cute assottigliata e ​strie rubrae​, smagliature rossastre causate dall’atrofia del derma
superficiale che si assottiglia e, in seguito a superficializzazione dei vasi sanguigni, si formano le
strie rubrae, più caratteristicamente localizzate nelle parti laterali dell'addome o sotto le ascelle;
- Riduzione capacità di cicatrizzazione delle ferite;
- Ecchimosi ​(per aumentata fragilità vascolare);
- Poliuria e Nicturia ​causata dall'ipernatriemia e dall’ ipopotassiemia conseguenti all'aumentato
riassorbimento di sodio e acqua a scapito del potassio;
- Gibbo, ​accumulo di grasso sottonucale.

È possibile che nelle forme ACTH-dipendenti (o da produzione ectopica) formandosi ɑ-MSH si abbia
una stimolazione dei melanociti e successiva melanodermia. È comunque raro che i livelli di ACTH
e ɑ-MSH raggiungano livelli tali da determinare melanodermia.

102
Diagnosi
Non solo vedendo quelle che sono le manifestazioni possiamo diagnosticare il Cushing, così come
queste potrebbero non essere visibili ma si ha il Cushing (specialmente in fase preclinica).

Screening di primo livello (permettono di individuare il Cushing)


Dal punto di vista laboratoristico ci aiutano a fare diagnosi:

- Cortisolo libero urinario 24h (CLU - Cortisolo Libero Urinario). ​Se nel pz si trova
il cortisolo alto (>10microgrammi/24h) si sospetta che l’individuo presenta una
produzione aumentata di cortisolo durante il giorno. Come in tutti i test delle urine
24h è necessario che si conosca la quantità totale di urina prodotta al giorno e di
questa se ne analizza una quota.
Il principio del dosaggio nelle 24h vale per tutti gli ormoni caratterizzati da un ritmo
circadiano (vedasi ad esempio la PRL) dove il prelievo random da poche
informazioni.
La cortisolemia, specialmente se eseguita alle 8 del mattino non serve quasi a nulla,
poiché lo stesso stress del prelievo può far salire il cortisolo, quindi trovarlo oltre i 25
(35-40) non vuol dire nulla. Al massimo si potrebbe fare il serale, ma come sappiamo
il ritmo secretorio del cortisolo è variabile a seconda di quelle che sono le abitudini
del pz e quindi questo sarà poco utile.

- Test di soppressione con desametasone (TSD) a basse dosi. ​Il principio di


questo test è molto semplice: utilizzando un potente glucocorticoide, si sfrutta il
meccanismo di feedback esercitato da questo sul rilascio di ACTH (feedback
negativo) e si valutano dopo un tempo x le concentrazioni di cortisolo ematico.
Il ​test rapido ​viene eseguito attraverso la somministrazione di 1 mg di
desametasone alle 23, concentrazione che normalmente sopprime il rilascio di
ACTH. la mattina seguente si dosa il cortisolo:
- Soggetto normale: Cortisolo <1,8 ​µg/dl;
- Soggetto con Cushing: Cortisolo >1,8 µg/dl​.
Nel ​Test 2 giorni, ​vengono somministrati 0,5 mg x4/die di desametasone per 2
giorni. Nella valutazione possiamo utilizzare o la cortisolemia mattutina del 3° giorno
oppure la CLU a 2 grammi di desametasone (CLU < 10 µg/dl - Normale).
Qualora il soggetto presenti valori di cortisolemia maggiori del cutoff si può avere il
sospetto di Cushing, ma ancora non siamo arrivati alla diagnosi;

- Cortisolo salivare serale (ore 23), ​rappresenta l’ultimo derivato della diagnostica di
primo livello. Non viene eseguito in tutti i centri, ma sta prendendo sempre più piede.
Caso clinico.
Sulla sorella del ginecologo mandata per problemi tiroidei, il prof ha visto che gli ormoni aveva una
ft4 ai limiti bassi ed un tsh tendenzialmente basso. Praticamente prima di arrivare al Cushing il prof
ha sospettato qualcosa di centrale. La donna aveva 58 anni e quindi si dosa il FSH e LH che
dovrebbe essere elevati nella menopausa mentre in questo caso erano basse. A questo punto il
problema potrebbe essere centrale. La pz presentava però altri segni quali ipertensione ecc che
facevano pensare al Cushing. Fatto il test di soppressione si è scoperto il Cushing. È stata fatta
RMN e si è visto microadenoma e la signora è stata operata per un microadenoma acth secernente.

103
Screening di secondo livello (trovare la sede del Cushing) per diagnosi differenziale:

- Dosaggio ACTH​, se una forma acth dipendente questo è alto mentre se non acth
dipendente non è soppresso o bassissimo ma è inappropriatamente normale (si
creano nuovi set point)
- TSD ad alte dosi ​(molto specifico e difficile anche per lo specialista stesso)​;
- Test al CRH​ ​(molto specialistico)
- RMN ipofisario​ (se sospettiamo adenoma ipofisario)
- Cateterismo bilaterale dei seni petrosi inferiori. ​Questo test, eseguito soltanto
alcuni centri, viene utilizzando quando la diagnosi di adenoma ipofisario non è
semplice e cateterizzando i seni petrosi inferiori, si dosa ACTH in maniera
sequenziale cercando di capire la sede di partenza dell’ACTH dato che non è
presente l’adenoma, potrebbe esserci qualche altra lesione secernente ACTH (ACTH
ectopico);
- TC​ o ​RMN​ ​surrenalica ​(se sospettiamo una causa surrenalica);
- Indagini radiologiche per la ricerca di tumori occulti secernenti ACTH (ACTH
ectopico).

Pseudo-Cushing
È un reale stato di ipercortisolismo lieve senza sindrome di Cushing e quindi il pz presenta livelli di
cortisoluria borderline (valori normali-alti). Le cause sono varie:
Alcolismo, gravidanza (cortisolo prodotto dalla placenta), resistenza familiare ai glucocorticoidi (rara,
cortisolo aumenta per superare resistenza recettoriale), ansia, depressione, obesità.
Nello pseudo cushing si cura la causa primaria e così si cura l’ipercortisolismo che anche se è lieve
è bene curarlo. ​(lezione della prof.ssa Sciacca sugli Adenomi Ipofisari)

104
Iposurrenalismo o Insufficienza surrenalica primitiva:
Morbo di Addison
Il morbo di Addison è una ipofunzione insidiosa e generalmente progressiva della corteccia
surrenalica. L’incidenza del morbo di Addison è di 4/100mila abitanti all’anno. Può manifestarsi a
tutte le età e colpisce uomini e donne quasi con lo stesso rapporto, rendendosi evidente
clinicamente dopo stress o traumi.
Cause dell’​Insufficienza surrenalica primitiva​:
- Autoimmune, la più frequente al giorno d’oggi (80-90% dei casi);
- Tubercolosi (10-20% dei casi) in passato era la causa più frequente;
- Congenite (sindrome surrenogenitali);
- Iatrogene (surrenectomia, radiazioni, inibitori enzimatici);
- Altre cause (emorragia, sepsi, neoplasie, sarcoidosi, emocromatosi, AIDS).

Molto rara è quella secondaria relativa a


deficit di ACTH.

L’Addison può presentarsi in forma


sporadica o nel quadro delle sindromi
polighiandolari autoimmuni ovvero le SPA
(patologie caratterizzate dall’associazione
di più patologia autoimmuni: diabete 1,
Hashimoto, artrite reumatoide ecc).
Generalmente le SPA sono su base
genetica, caratterizzate da un disordine
del sistema immunitario. ​Il messaggio è
che quando becchiamo una patologia
autoimmune c’è possibilità il pz ne possa avere delle altre.

Cause dell’Insufficienza surrenalica secondaria:


Questa è molto importante dal punto di vista clinico:
- Precedente uso steroidi​, qualora il pz sia sotto regime terapeutico cronico con
glucocorticoidi, la terapia non può essere interrotta bruscamente, poiché il surrene
richiede tempo per tornare ad una normale secrezione (l’asse è spento) e quindi si
andrebbe in crisi qualora si presentasse una situazione di stress. La terapia va
sospesa in maniera graduale in modo da permettere la riattivazione dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene;
- Dopo cura/remissione da sindrome di Cushing;
- Tumori ipofisari;
- Altri tumori della regione sellare/parasellare;
- Ipofisite;
- Traumi, ​negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dei casi di ipopituitarismo
parziale dovuto a traumi del cranio (soprattutto tra i motociclisti);
- Malattie granulomatose;
- Genetiche (deficit ACTH)

105
Quadro clinico e di laboratorio

QUADRO SUBCLINICO/CRONICO​: Le manifestazioni cliniche più importanti nell'individuo


iposurrenalico (m. di Addison) sono:

- Astenia importante per la gravissima


ipotensione;
- Cachessia​, i pazienti dimagriscono anche
20-30 chili nel giro di poco tempo a causa
degli effetti sul sistema gastrointestinale
ovvero l’iposecrezione acida gastrica
causando ​nausea​, ​vomito​, ​inappetenza​,
dimagrimento​ ​marcatissimo​;
- Iperpigmentazione cutanea in quanto il
precursore dell’ormone melanocito-stimolante
(ɑ-MSH) è lo stesso dell' ACTH, ovvero la
proopiomelanocortina (POMC). Nei pazienti
con iposurrenalismo primitivo sia ACTH che
ɑ-MSH saranno alti, quindi si avrà azione
melanodermizzante, specialmente nelle ​zone
più esposte (viso, mani)​, ​nelle zone iperpigmentate come le areole mammarie o le
mucose (caratteristici il letto gengivale o la lingua particolarmente scuri) ​e nelle
cicatrici di recente insorgenza (quindi occorre andare a ricercare eventuali cicatrici
chirurgiche recenti e si troveranno particolarmente iperpigmentate). Se l’iposurrenalismo è
secondario ovviamente non ci sarà iperpigmentazione vista la carenza di ACTH, infatti tempo
fa si parlava di “Addison bruno”, riferendosi al primitivo di origine surrenalica, e “Addison
bianco”, riferendosi al secondario di origine ipofisaria;
- preferenza per cibi sapidi, i pazienti hanno iponatriemia e per un meccanismo nervoso
manifestano una maggiore preferenza per i cibi ricchi di sale;
- perdita peli pubblici e ascellari ​(sempre per il coinvolgimento della parte androgenica).

MANIFESTAZIONE ACUTA​:
- Grave ipotensione e shock iposurrenalico e ipovolemico;
- Dolori addominali;
- Febbre;
- Nausea e vomito;
- Stato confusionale;

LABORATORIO​:
- Iponatriemia;
- Iperpotassiemia​ (dosando sodio e potassio il rapporto sarà inferiore a 30 generalmente);
- Anemia normocitica;
- Linfocitosi (eosinofilia);
- Ipoglicemia.

106
Endocrinologia - Lezione 12

Diagnosi di insufficienza surrenalica primitiva


- Test all’ACTH: ​A meno che la cortisolemia non sia molto bassa (<0,3 μg/dl), il valore
resta border line e quindi resta il dubbio. Si valutano quindi il cortisolo basale e dopo
stimolo con ACTH. Si esegue il dosaggio del cortisolo alle 8 del mattino, poi si
stimola il surrene con una fiala di ACTH e infine si valuta la risposta del cortisolo: se
questo aumenta di valore, il surrene funziona;
- Dosaggio dell’ACTH: ​Dosando il cortisolo sia su un iposurrenalismo primitivo che su
un secondario, sarà basso. La differenza tra i due è fatta dall’ACTH che sarà alto nel
primitivo o inappropriatamente basso nel secondario;
- Na/k: ​Ci aiutano anche gli elettroliti, infatti i pz presentano un rapporto ematico Na/k
basso (una volta si diceva inferiore a 30);
- Anticorpi anti-surrene: ​Nei posti che lo fanno, a completamento diagnostico dal
punto di vista autoimmunitaria si esegue il dosaggio di anticorpi anti surrene per
escludere autoimmunità;
- Indagini morfologiche (Rx, TC, RMN)​: Servono ad escludere patologie
surrenaliche.

Terapia
Di fronte ad un deficit di ghiandola che non
produce ormoni (in generale) si esegue
terapia sostitutiva con gli ormoni mancanti,
e questo vale anche per il surrene. In
carenza di glucocorticoidi si danno
cortisonici come il ​cortisone acetato (per
l’emivita) per tutta la vita, cercando di
rispettare il ritmo circadiano del cortisolo. Il
cortisone acetato si da ad esempio una
compressa la mattina e mezza il
pomeriggio. Nei casi in cui si sospetta una
carenza di mineralcorticoidi (ricordiamo che
i glucocorticoidi hanno azione
mineralcorticoide e ce le fanno a
compensare tranne in casi gravi) si da il
Fluoroidrocortisone​.
Esistono una serie di esami che permettono di valutare la terapia:
- Cortisolemia (60-120 minuti dopo l’assunzione per os);
- Curva giornaliera;
- Cortisolo salivare;
- Cortisoluria 24h.
E altri parametri quali (peso, pressione arteriosa, bilancio elettrolitico, metabolismo glicidico, lipidico
e osseo), ma l’obiettivo principale è paradossalmente un target clinico: Il ​benessere del pz​. Spesso
infatti queste informazioni non sono decisive nello stabilire la terapia e il nostro obiettivo è migliorare
la sintomatologia del pz (risultato più che soddisfacente). Se vediamo che il pz è ipoteso, il rapporto
Na/k è basso ecc, si aggiusta la terapia ad esempio somministrando il mineralcorticoide.

107
Le zone che vanno più facilmente incontro ad iperpigmentazione sono il volto e le mani. Quando si
fa la terapia il pz diventa nettamente più
chiaro.

Malattia o condizioni particolari


È importante dare ai pz un talloncino da
portare con sé nel quale c’è scritto che il pz
è iposurrenalico. Questo è importante
perché in caso di emergenza, la prima cosa
fare è somministrare una fiala di cortisone.
Ci sono una serie di situazioni che
normalmente determinano un picco di
cortisolo. Questi pz non producendone si
possono trovare di fronte a crisi
surrenaliche in caso di varie situazioni (vedi
accanto).
Il pz viene avvertito del fatto che di fronte a
queste condizioni, soprattutto quelle dove si
ha anche una perdita di elettroliti come nel
caso di vomito o diarrea, la terapia deve
essere aumentata: Si dice di raddoppiare la
dose se si trova in una di queste condizioni (bisogna informarlo bene). Bisogna comunque stare
attenti nel dosaggio perché non si devono avere effetti collaterali quali ipertensione.

Caso clinico​ (sbob vecchie).


Uomo di 41 anni, iperteso da 23 anni si rivolge all'endocrinologo perché da circa un anno lamenta
nervosismo, irritabilità, astenia profusa ed aumento ponderale senza particolari variazioni nelle
abitudini di vita. Ha inoltre notato un colorito più acceso del volto.
Per l'ipertensione ha praticato regolarmente ACE inibitori o calcio antagonisti.

Esame obiettivo​: • peso: kg 73,0 • altezza: cm 169 • BMI: 26 • P.A: 160/ 95


Tendenza a facies lunare, colorito rubizzo al volto, accenno di gibbo dorsale, obesità centripeta,
assenza di striae rubrae.

Quindi si pensa al Cushing.

Indagini di primo livello: CLU e TSD

Il paziente viene visitato in un reparto di endocrinologia e i dati sono:


- Cortisolemia ​ore 8= 22.0 mg/dl (assolutamente n ​ ormale​);
- CLU ​= 1506/24 h e 1044/24 h (​altissimo​);
- TSD ​(Cortisolemia dopo 1 mg DEXA per os alle 24:00) = 16.8 mg/dl (​Non
soppresso​, in quanto molto più alto del cut-off di 1,8 mg/dl al di sotto del quale si
può definire soppresso);
- Na 142 mEq/L (normale);
- K ​2.9 mEq/L (​basso​).

108
Con questi sintomi si parla di ​Sindrome di Cushing​. Resta da capire quale sia la sede.
Il paziente si ricovera in un reparto di endocrinologia per approfondimento diagnostico. Esegue:
- Ecografia addome superiore: segni ecografici di steatosi epatica; nella loggia
surrenalica sinistra, piccola formazione nodulare da meglio definire con TAC;
nient'altro da rilevare a carico degli altri organi;
- TAC Surreni​: alle surrene sinistro f​ormazione omogeneamente ipodensa,
tondeggiante, di pochi millimetri di diametro​. Si pensa ad un ​nodulo surrenalico
(adenoma o carcinoma)​.
Durante il ricovero si ricontrolla anche:
- CLU= 993 mg/24 h;
- Cortisolemia ore 8= 19,0 mg/dl;
- Cortisolemia dopo 8 mg DEXA per os alle 24:00= 22.0 mg/dl;
- ACTH= 97 pg/ml (v.n. 10-65)
C’è qualcosa che non torna, poiché ACTH è alto: Potrebbe essere un falso positivo, ma anche una
patologia ipofisaria e per questo si esegue:
- RMN sella turcica: peduncolo ipofisario normale per forma e dimensioni.
- Ghiandola ipofisaria di forma e volume normale.
Anche a livello ipofisario non si nota nulla. Si passa alla valutazione dell'ipotalamo e viene
consigliata una consulenza neurochirurgica e viene prospettata l'esecuzione di cateterismo dei seni
petrosi in reparto neurochirurgia e quattro esatto:
- Cateterismo dei semi petrosi inferiori con dosaggio dell'ACTH su prelievi di sangue
venoso periferico e sangue dei seni petrosi: l'indagine non rivela alcun gradiente
centro/periferia.
Si pensa allora ad una ​produzione ectopica di ACTH (frequente nei microcitomi polmonari). A
seguito di tale indagine, nella stessa sede, il ​paziente viene sottoposto a surrenectomia sinistra.

Alcune settimane dopo l'intervento, ​quadro clinico invariato​: CLU=1220 mg/24 h. Viene quindi
fatta una scintigrafia con un analogo della somatostatina perché molti tumori da sindrome
paraneoplastica hanno recettori per la somatostatina:
- Osteoscan​: si ritrova un sospetto ​accumulo di radiofarmaco in sede pancreatica​;
- TAC addome mirata al pancreas, ad alta risoluzione: l​ esione di circa 2 cm alla
coda del pancreas​;
- RMN addome, mirata al pancreas: conferma il risultato della TAC.

Intervento chirurgico per asportazione della lesione pancreatica: carcinoma pancreatico,


immunoistochimica positiva all'ACTH.

Alla fine di tutto era un ​tumore alla coda del pancreas producente ACTH​.

Se il tumore ha recettori per la somatostatina succede che quando somministriamo l’analogo


marcato, viene beccato alla scintigrafia.

109
Mineralcorticoidi
Sono prodotti nella zona glomerulare ed il prodotto finale è l’aldosterone. Un precursore molto
importante è il deossicorticosterone.
SRAA (Sistema Renina Angiotensina Aldosterone)
Tutte le condizioni che causano un riduzione del
volume ematico, provocano una diminuita repressione
del letto alveolare, che stimola le cellule
iuxtaglomerulari provocando rilascio di renina, che
agisce su angiotensinogeno, convertendolo in
Angiotensina I. Questa grazie all’azione dell’ACE,
viene convertita in Angiotensina II, la quale oltre ad
avere effetto vasocostrittore determina il rilascio di
aldosterone a livello della surrenale, con aumento del
riassorbimento di sodio e acqua e successivo
incremento della volemia.

La secrezione di aldosterone è stimolata


principalmente dal SRAA e dall’aumento del potassio
intracellulare e un minimo da ACTH (comunque non
paragonabile a quella del cortisolo). È inibita
principalmente dalla dopamina e dalle atriopeptine.
Cause di iperaldosteronismo primitivo (è la causa nel 10% dei pz ipertesi)

- Morbo di Conn o ​adenoma surrenalico producente aldosterone (FH 2,


sporadico), ricorda quello che succede nell’adenoma tossico tiroideo, quando il
nodulo caldo man mano tende a crescere, si passa dalla fase eutiroidea, pretossica
e tossica, Il nodulo che produce aldosterone non da nessun problema se non diventa
di grandi dimensioni. Addirittura nella forma genetica è tutto normale. Ma man mano
che diventa più grande si inizia a ridurre l’attività reninica plasmatica. Quando si
arriva a forme avanzate invece diviene tutto elevato, il pz diventa iperteso e ha anche
l'ipopotassiemia (una delle manifestazioni più importanti dell’iperaldosteronismo).
- Iperplasia corticale nodulare bilaterale (MEN1?)​;
- Iperaldosteronismo sopprimibile con glucocorticoidi (FH 1) espressione ectopica
dell'aldosteronosintasi nella zona fascicolata sotto controllo dell'ACTH).

110
Il segno più importanti è
l’ipertensione arteriosa. Essa è
accompagnata da sintomi
importanti correlati
l'ipopotassiemia: astenia
muscolare, cefalea, crampi,
paralisi flaccida, poliuria,
nicturia. ​Anche il cushing
produce ipopotassemia ma se
grave pensiamo anche
all’iperaldosternosimo.

Cause di Iperaldosteronismo secondario


Per iperaldosteronismo secondario si intende una patologia causata da condizioni quali:
- Stenosi dell'arteria renale​, causa nefrovascolare di iperaldosteronismo secondario
che innesca il sistema renina-angiotensina e di conseguenza l'aumento
dell'aldosterone;
- Reninomi ​(stesso motivo di prima);
- Sindromi edemigene ovvero tutte quelle sindromi in cui c'è un sequestro di liquido
dal plasma, tipiche dei pazienti cirrotici (tutti iperaldosteronemici). Possono anche
determinare lo sviluppo di un iperaldosteronismo secondario;
- Sindrome di Bartter​, senza edemi ed ipertensione, è dovuta ad un difetto nel
riassorbimento renale di Na e Cl con conseguente aumento di renina e aldosterone;
- Uso di diuretici risparmiatori di potassio.

Iperplasie surrenaliche congenite


Sono delle patologie caratterizzate da deficit di vari enzimi coinvolti nella sintesi degli ormoni
steroidei. Vengono definite iperplasie perché, il denominatore comune nella maggior parte dei casi è
dato dal fatto che non si produce il cortisolo. Se non si produce il cortisolo l’ACTH sale e quindi
vanno in iperplasia i surreni.
Le manifestazioni cliniche a seconda di dov'è il blocco sono estremamente variabili. Alcune sono
pericolose per la vita.

Nota: ​Ricordiamoci che c’è accumulo a monte e riduzione degli ormoni a valle. Per una migliore
comprensione si consiglia di guardare la slides di sintesi degli ormoni della surrenale presente nella
prima pagina del capitolo.

111
Deficit di 20.22 Desmolasi
Data la mancanza totale di tutti gli ormoni derivati dal colesterolo è una condizione incompatibile
con la vita.

Deficit di 21 Idrossilasi
È il deficit più comune (fa parte della diagnosi differenziale dell'iperandrogenismo nella donna),
caratterizzato da una mancata produzione di aldosterone e cortisolo,e da un accumulo di androgeni.
Estremamente importante è il ‘’quando’’ si manifestano le alterazioni poiché se sono congenite già
alla nascita potrebbero essere presenti i sintomi:
- A causa di questo si capisce il perché della pericolosità per la vita dato che si
potrebbe morire per un arresto cardiaco dovuto ad un grave ​ipotensione con
squilibrio elettrolitico (si distinguono delle condizioni più o meno gravi sulla base
dell’omozigosi o dell’eterozigosi);
- Genitali ambigui perché il feto si sta sviluppando ma c’è eccesso di androgeni.
Ipotizziamo che si stia sviluppando una femmina, in una condizione che prevede un
aumento netto di androgeni (androstenedione e testosterone). I suoi genitali esterni
tenderanno quindi a svilupparsi in senso maschile. In casi importanti avremo
ipertrofia clitoridea simulante un pene e le grosse labbra si uniscono formando una
borsa scrotale. Il termine genitale ambigui nasce proprio per questo e a volte non si
riesce a capire se è un maschio o una femmina. Diverso il discorso se è maschio
perché in questo caso i genitali esterni non ci dicono nulla;
- Il maschio nella fase successiva può andare in contro a pseudopubertà precoce (più
alti all’inizio ma alla fine più bassi) con virilizzazione precoce.

Se stiamo parlando di una donna la manifestazione è l’iperandrogenismo (peluria, acne, caduta di


capelli). Questa è una possibile patologia molto importante nella diagnosi differenziale (con PCOS
ecc) dell’iperandrogenismo.

Si distinguono tre forme:


- Forma molto grave​ (classica) con un inizio prenatale e perdita di sali;
- Forma grave​, non c’è perdita di sale ma ci può essere virilizzazione semplice.
- Moderata ​(non classica). In questa forma non avremo perdita di sali. L’inizio dei
sintomi è tardivo o post natale (pubarca prematuro, crescita accelerata, irsutismo e
irregolarità mestruali), oppure possono non essere presenti sintomi.

L‘incidenza è molto frequente, soprattutto della forma moderata che può presentarsi tardivamente e
con un’incidenza di 1:1000 donne (in questo caso avremo alterazioni mestruali e ipertricosi). Per
questo motivo è uno degli screening da fare quando si presenta all’osservazione una ragazza in età
puberale con problemi di irsutismo e ipertricosi. La differenziamo con PCOS grazie al dosaggio
basale del 17 OH- progesterone (aumenta perché a monte).

Deficit di 11-idrossilasi
Nel caso di un deficit di 11-idrossilasi diminuiscono l’aldosterone e il cortisolo, ma si accumula il
desossicorticosterone e quindi il pz è iperteso perché è più potente. Anche in questo caso abbiamo
accumulo di androgeni.

112
Deficit della 3-beta-olo-deidrogenasi
Se il deficit è nella 3-beta-olo-deidrogenasi avremo mancanza di aldosterone, cortisolo e
testosterone:
- Maschio: ipotensione con squilibrio elettrolitico, genitali ambigui in senso femminile;
- Femmina: sviluppo normale con leggera virilizzazione sulla bambina (accumulo
DHEA).
Deficit 18-idrossilasi
Accumulo di desossicorticosterone che causa una grave ipertensione.

Deficit di 17-idrossilasi
Pz sarà iperteso. Mancheranno gli androgeni, quindi se il paziente è maschio non si sviluppa
correttamente e avrà genitali ambigui in senso femminile.

113
Midollare del surrene.
Produce le catecolamine (Adrenalina, Noradrenalina e Dopamina). Gli effetti delle catecolamine
dipendono dal recettore presente nel tessuto:
- Cuore (β-2)​, aumento della forza di contrazione e della frequenza;
- Intestino (ɑ e β)​, ne riduce la motilità e aumenta il tono degli sfinteri;
- Fegato (ɑ e β)​ favorisce la glicogenolisi;
- T. Adiposo (β)​ aumenta la lipolisi;
- Tessuti (β)​ aumenta la termogenesi;
- Cute/annessi (ɑ)​ aumenta la sudorazione;
- Bronchioli (β) ​dilatazione;
- Vasi (ɑ)​ vasocostrizione, ​(β) ​vasodilatazione;
- Pancreas (ɑ) ​ridotto rilascio di insulina e glucagone, ​(β) ​li aumenta;
- Utero (ɑ) ​contrazione, ​(β)​ rilassamento.

Feocromocitoma
È un tumore delle cellule cromaffini che secernono catecolamine, tipicamente localizzato al surrene.
Ha una prevalenza: 1-2/100mila abitanti anno e un’incidenza dell’1,9%. Colpisce ugualmente
maschi e femmine. È responsabile dello 0,1% dei casi di ipertensione.
La localizzazione surrenalica è più frequente negli anziani mentre la regione extra surrenalica
(gangli del simpatico) lo è nei giovani. Il 90% dei feocromocitomi è sporadico ed il 10% familiare,
maligno e bilaterale.
Viene chiamato caratteristicamente il tumore del 90% perché ha tanta roba al 90%:
- 90% dei casi è sporadico;
- 90% dei casi è benigno;
- 90% dei casi determina ipertensione.

Sintomi

114
Una delle caratteristiche, comunque non costante, è che la sintomatologia si manifesta con delle
crisi in seguito ad una scarica adrenalinica acuta. Talvolta queste crisi sono talmente importanti che
il pz ha come una sensazione di morte imminente. Queste crisi spesso si manifestano in maniera
ravvicinata, quindi dobbiamo pensarci quando ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo.

Diagnosi
Per la diagnosi si valutano i
metaboliti delle catecolamine
nelle urine​, perché esse
hanno un’emivita brevissima e
non si troveranno elevate nel
sangue già a pochi minuti da
una crisi.

Una cosa importante che non dobbiamo


dimenticare è che molti farmaci e sostanze
possono interferire nel dosaggio delle
catecolamine quindi si danno dei fogli ai pz
dove c’è scritto cosa devono evitare prima
di fare le indagini.

Una volta fatta diagnosi di feocromocitoma bisogna ​localizzarlo perché nel 10% dei casi è
extrasurrenalico.
La localizzazione strumentale del tumore surrenalico si avvale di molte indagini: -
- TC;
- RMN;
- Scintigrafia (ha perso parte del valore);
- PET con 18F-dopamina marcata o con il gaglio (analogo della somatostatina).

Nota: Dato che tutti i settori del surrene possono determinare ipertensione dobbiamo studiare tutto il
surrene.

115
Endocrinologia - Lezione 13

Obesità
Per obesità si intende una condizione caratterizzata da eccessivo peso corporeo per accumulo di
tessuto adiposo (non il mero aumento di peso), tale da influire negativamente sullo stato di salute
dell’individuo. L’aumento della massa magra non è obesità. É una malattia cronica, ad elevata
prevalenza ed eziologia multifattoriale (malattia complessa) che è accompagnata da un aumentato
rischio di morbilità e mortalità​ (OMS).

L’accumulo di grasso influenza la condizione del soggetto non solo in quel momento ma anche per
il futuro. È una malattia cronica, e come tale, per la sua cronicità, è difficile da trattare. La patologia
è associata ad aumentato rischio di patologie associate ma anche ad aumentata mortalità.

Per valutare se un soggetto è obeso o meno si calcola il ​BMI (Body Mass Index o Indice di Massa
peso (Kg)
Corporea)​ :
altezza (m)2
-Normale​ da 18.5 - 24.9;
-Sovrappeso​ 25-29.9;
-Obesità​ ​>30. ​All’interno di questa distinguiamo diverse classi:
- Obesità di I grado ​30-34.9;
- Obesità di II grado ​35-39.9
- Obesità di III grado (grande obesità) ​>40
Considerando quest’ultimo stato si suole suddividere ulteriormente i pz in super obesi con un BMI
tra 50-60 e super super obesi con un BMI > 60. (Nota: un BMI > 50 è già il doppio di un BMI
normale).

Il ​sottopeso​, anch’essa condizione da valutare, viene indicata quando il ​BMI è < 18.5​.

Nella popolazione asiatica, magra per costituzione della popolazione,l’obesità viene considerata a
partire da BMI 27 in poi.

Nello schema (i puntini gialli sono le


donne mentre gli azzurri sono gli
uomini, per chi guarda in bianco e
nero, nella parte centrale le donne,
in basso gli uomini) notiamo la
correlazione abbastanza lineare tra
la presenza di massa grassa e il
BMI. Ecco perché possiamo
utilizzare come indice della massa
grassa il BMI, infatti si evince che
all’aumentare dell’uno aumenta
l’altro.

116
Nota: In soggetti che presentano:
- Aumento della massa magra (atleti);
- Accumulo di liquidi (edemi, anasarca, ascitico);
- Gravidanza;
- Altezza <1,5m o >2m;
- Anziani (si ha una riduzione della massa muscolare e aumento di quella grassa ed
inoltre il pz tende fisiologicamente ad accorciarsi),
- Bambini (deve essere adattato all’altezza del bambino e normalizzato ai percentili per
età e sesso),
Non si può misurare l’indice di massa corporea (BMI), poiché questo risulterebbe alterato/maggiore
in assenza di accumulo di grasso e quindi non affidabile.

Il BMI non è costoso da eseguire, ma non è un esame completo, infatti non misura la percentuale di
massa grassa. Per misurarla esistono tecniche più costose, ma si usano raramente.

Oltre alla quantità di grasso presente nel corpo è fondamentale conoscere la sua distribuzione,
poiché questa è importante dal punto di vista del rischio cardiovascolare.

Fisiologicamente la distribuzione del grasso tra


uomo e donna è diversa:
- Centripeta (androide) a mela. Grasso
distribuito all’addome e al tronco, con
arti relativamente magri;
- Periferica (ginoide) a pera. È legata
agli estrogeni, meno grasso nella
parte superiore e maggiore a livello
gluteo femorale.

Questa non è una definizione assoluta, infatti anche


nelle donne si può avere obesità androide.
Misura della circonferenza vita
Altro parametro importantissimo da valutare è la circonferenza vita (correlata al grasso viscerale).
La RMN sarebbe utilissima per valutare il grasso viscerale ma ovviamente non può essere fatta a
tutti e quindi utilizziamo il valore del girovita per valutare il grasso viscerale. Esso è molto dannoso,
infatti predispone ad eventi cardiovascolari (è di tipo infiammatorio).

La misurazione viene eseguita con un metro da sarta (che dobbiamo avere in ambulatorio). Si
prendono le creste iliache ed il metro si poggia al di sopra delle creste, parallelo al pavimento. Il
nastro deve essere ben teso, non comprimere la pelle. Si prende la misurazione in fase di
espirazione normale (chiunque tenderebbe a trattenere la pancia).

La cresta iliaca in qualche modo coincide con l’ombelico (non sempre). Ma mano che aumenta il
grasso viscerale e quindi l’obesità, non si riescono a prendere le creste iliache e quando già si è al
terzo grado la circonferenza è difficile da misurare.

117
Esistono dei valori di riferimento al di sopra dei quali il grasso viscerale è maggiore di quello che
dovrebbe essere e quindi predispone a maggior rischio cardiovascolare.
I valori normali sono:
- Donne < 88 cm;
- Uomini < 102 cm.
La federazione diabetologica americana adotta valori inferiori di 8 cm come normali, ma il nostro
riferimento è quello di sopra.

Se consideriamo insieme i valori di BMI e quelli della circonferenza, essi rappresentano un ottimo
indicatore del rischio cardiovascolare:
- Se il soggetto ha un BMI normale,
ed ha una circonferenza vita o maggiore o
minore (in mancanza di altri fattori di rischio
cv) il rischio non aumenta;
- Se presenta un BMI sovrappeso,
quando la circonferenza vita è normale, il
rischio cardiovascolare è poco elevato.
Diventa elevato quando aggiungiamo al
sovrappeso anche la circonferenza vita;
- L’obesità di I grado ha un rischio
elevato di per sé, diventa molto elevato se
si aggiunge la circonferenza vita.

È comunque raro avere un BMI elevato e non avere circonferenza vita elevata. A volte può
succedere nel caso di obesità puramente ginoide (tipo di obesità che, a parità di BMI, è meno
correlata a patologie cardiovascolari).

Epidemiologia
Tutte le organizzazioni e società scientifiche, riconoscono l’obesità come una patologia importante e
globale da tenere in considerazione.

L’idea della donna, ad esempio, nel corso degli anni si è modificata: Anticamente, gli ideali di
bellezza erano quelli di donne con obesità gravi o in sovrappeso. Erano tempi in cui non vi era
sempre la disponibilità di cibo, quindi il benessere era collegato ad un peso eccessivo ed alla
fertilità. Quella che nel paleolitico era simbolo di bellezza, oggi si stima avesse un BMI di 41 (grande
obesità (donna in carne con fianchi larghi). Oggi gli ideali di bellezza sono cambiati radicalmente, e
l’obesità rappresenta oltre ad un problema relativo alle complicanze ad essa correlate, anche
all’aspetto psicologico dell’individuo.

118
L’obesità è un processo multifattoriale in
cui in fin dei conti si ha sempre un bilancio
tra quello che entra e quello che si spende:
Non è raro sentirsi dire dal pz ‘’mangio
meno della persona vicino a me’’. Il nostro
compito è far capire che la persona a lato
spende di più. A questo si aggiunge un
coinvolgimento ormonale, a partire
dall’ipotalamo con i centri della fame, e
tutto l’aspetto psicologico legato ad essa.

L’ambiente nel corso degli anni ha avuto un effetto molto negativo per cui l’incidenza di obesità è
andata ad aumentare, tanto che oggi si parla di pandemia (problema globale). Negli ultimi 20 anni si
è assistito ad un problema drammatico di obesità, accompagnato dal diabete di tipo 2 (l’eccesso di
peso determina insulino-resistenza, quindi le due malattie vanno di pari passo).
La prof.ssa mostra una serie di slides riguardanti la prevalenza di obesità e diabete negli USA negli
gli ultimi 20 anni. In queste si nota come negli stessi stati, all’aumentare dell’obesità, si nota
parallelamente un aumento del diabete. In quasi tutti gli stati si ha una prevalenza di almeno il 26%
della popolazione, quindi circa 1/4 americani è obeso.
Da sottolineare che recentemente è emerso come a livello mondiale, la malnutrizione in eccesso,
abbia superato quella in difetto.

Per quanto riguarda l’Italia, i dati del 2005 hanno avuto un incremento, rispetto ad una precedente
analisi fatta nel 1991, per cui:
- Maschi: 1/2 risulta sovrappeso e 1/10 obeso;
- Donne 1/2 sovrappeso e 1/10 obesa.
L’incremento dal 1991 al 2005 è stato del 9%. Questo ha coinvolto per lo più la ​popolazione
maschile​. Nelle donne si nota di meno l’incremento per una pura questione relativa all’attenzione al
controllo del peso (questioni psicologiche). Per quanto riguarda lo stile di vita (tra tutti spiccano il
cibo sempre reperibile ma di qualità pessima) si nota come il problema abbia coinvolto per lo più la
popolazione di ceto basso poiché generalmente questa utilizza maggiormente prodotti con
presenza di grassi idrogenati (​fanno particolarmente male. L’aumento dei grassi nei cibi, servono
per dare gusto e quindi invogliare a comprare il prodotto​), contenuti in alimenti di bassa qualità e a
basso costo. Sebbene l’obesità sia diffusa in tutta la penisola, esiste un trend geografico Nord-Sud.
Lo stesso trend si è visto con i bambini con aumento dell'obesità infantile.

119
Nel grafico: prevalenza obesità infantile in Sicilia.
In italia il sovrappeso e l'obesità colpiscono
circa 1/4 bambini. L’incremento è dovuto allo
stile di vita: I bambini giocano meno, quindi
spendono meno energia, stanno per lo più seduti
e mangiano di più e male.
Dato che in generale l’obesità si associa a
complicanze che aumentano la mortalità e
riducono l’aspettativa di vita, è facile
comprendere come questi bambini partano da
una condizione sfavorevole.

Comorbilità associate all’obesità


L’obesità si associa a tutta una serie di patologie ma anche ad un incrementata mortalità con
riduzione della qualità della vita: Pensiamo ad esempio ai grandi obesi che rimangono allettati per
anni.
Le complicanze sono varie e colpiscono
vari organi:
- Malattie del polmone​: problemi
di ipoventilazione per impossibilità della
gabbia toracica di espandersi, Apnee
ostruttive del sonno;
- Malattie cardiovascolari: ​con
IMA e scompenso;
- Malattie metaboliche: ​diabete e
dislipidemie;
- Neoplasie: ​aumentato rischio per
il tumore della mammella, correlato
anche a livello endocrino, tramite
aumento degli estrogeni ma anche ad
esempio del TNF-ɑ che prodotto dalle
cellule del tessuto adiposo. Altri tumori
associati sono quelli a: utero, colon, esofago, pancreas, rene e prostata;
- Malattie Epatiche:​ Steatosi e cirrosi;
- Calcolosi della colecisti;
- Alterazioni ginecologiche: ​Alterazioni del ciclo mestruale, infertilità, PCOS;
- Malattie della pelle;
- Malattie Osteoarticolari: ​piede piatto, ginocchio valgo, patologie del rachide. Tutte
dovute al grande peso gravante sulle articolazioni​;
- Gotta;
- Flebite: ​Stasi venosa, si ha soprattutto nei soggetti in grave obesità e con limitazioni
alle normali attività quotidiane.

120
Per quanto riguarda tutte queste ​patologie associate all’obesità​, la prof.ssa mostra una serie di
slides riportanti le percentuali di prevalenza correlate al BMI del pz. Si nota come ​nella maggior
parte dei casi (eccezione per le dislipidemie, più frequenti quando il pz è in sovrappeso)
queste aumentino all’aumentare del BMI​. Si riporta ad esempio quella relativa al diabete di tipo 2:

Obesità e diabete vanno a braccetto.


Il dimagrimento ha effetto anche
sulla remissione del diabete di tipo 2,
si parla di remissione perché se si
riprendono i kg si riprende il diabete.
Per parlare di guarigione si deve
curare il diabete.

Mortalità associata all’obesità


Il quartetto mortale è costituito da:
- Obesita;
- Dislipidemia;
- Diabete 2;
- Ipertensione.

Quello che si è visto nel tempo è che il BMI con la mortalità ha un andamento a j. Quando si ha un
BMI basso è come averlo alto. I due estremi ai fini della mortalità sono uguali. L’ideale è avere un
peso normale o al limite anche un sovrappeso (rischio di mortalità paragonabile al normopeso) fino
al 27.

L’aspettativa di vita e il BMI hanno andamento opposto.

Dal dopoguerra ai giorni nostri, è migliorata l’aspettativa di vita (di circa 9 anni). Il problema del 21°
secolo è dato dal fatto che continuando con questo stile di vita, i progressi ottenuti con il trattamento
medico di molte malattie verrebbero vanificati dagli effetti negativi dell’obesità e delle sue

121
complicanze, tanto che la crescita dell’aspettativa di vita tende a fermarsi. Negli USA l’aspettativa di
vita per tutta la popolazione sarebbe maggiore di 4-11 mesi se tutti i soggetti obesi fossero
normopeso. Questo vuol dire, per i soggetti obesi, una riduzione dell’aspettativa di vita di 6-7 anni in
media.
Oltre al dato diretto relativo alla salute del singolo individuo, l’obesità costituisce anche un danno
indiretto alla salute della collettività: Tenendo conto della strettissima relazione tra
obesità/sovrappeso (circa il 50% della popolazione adulta), diabete (5-6%), e pre-diabete (3-4%)
vediamo come il SSN spenda per la cura di queste due complicanze circa il 10% dell’intera spesa
sanitaria. Se ne deduce che riducendo l’obesità si ridurrebbe anche la spesa.

Genetica e ambiente
Si diventa obesi perché il tutto risponde alla prima legge della termodinamica: ΔU = Q − W (Energia
conservata = Energia introdotta - Energia consumata, che si traduce come: Grasso accumulato =
Cibo - (Metabolismo basale + attività)). Come già detto, l’obesità è una patologia ad eziologia
eterogenea. Le due componenti principali sono:
- Componente genetica ha si un suo peso nel 40-80%;
- Componente ambientale e comportamentale (​Un esempio è la popolazione di antichi
indiani d’America, adesso costretti a vivere nelle riserve, non si muovono più e hanno
cambiato il loro stile di vita: tra essi la prevalenza dell'obesità è dell'80%, del diabete
del 50-60%).
Associati ai fattori ambientali e genetici, si nota come l’obesità abbia un fattore familiare, legato si ai
geni ma anche allo stile di vita presente nei familiari. Quando si curano i bambini si parla con i
genitori perché quasi sempre c’è un problema educativo, cercando di modificare quello che è
sbagliato nel comportamento dei genitori.

La quantità di tessuto adiposo è uno dei tratti umani con maggior ereditabilità. Dati recenti sui
gemelli confermano che indipendentemente dalla forza dell’ambiente obesiogeno, vi è una forte
influenza genetica nella regolazione della massa adiposa sia in età infantile che in età adulta (a
livello genetico quindi, ognuno possiede la tendenza ad avere una determinata quantità di grasso).
Non si parla di una malattia monogenica, ma alcuni individui hanno delle varianti genetiche
‘’ambiente-sensibili’’ che li rendono particolarmente suscettibili all’aumento di peso quando sono
esposti allo stile di vita occidentale (visibile soprattutto nei migranti).

L'uomo del paleolitico doveva cacciare e spendere energia per mangiare. C'erano giorni in cui il
cibo abbondava, dopo aver procurato la preda, e giorni in cui c'era carenza. Quindi, per
sopravvivere, bisognava accumulare energia: il glicogeno dei muscoli e del fegato rappresenta una
riserva di 1000 kcal, mentre i trigliceridi del nostro tessuto adiposo possono arrivare a fornire
120.000 kcal. Vi è quindi necessità di questa importante riserva energetica e essa che sia sempre
disponibile. Il muscolo esercitato utilizza preferibilmente gli acidi grassi (β-ossidazione),
conservando il glicogeno. Gli zuccheri sono indispensabili per alcuni organi (cuore e cervello) e se
mancano vengono formati tramite gluconeogenesi utilizzando aminoacidi (consumo di proteine
strutturali).
La donna, per esigenza della procreazione, ha una percentuale di tessuto adiposo maggiore
rispetto all'uomo, quindi avrà più grasso e meno muscoli, perché il tessuto adiposo è visto come
riserva anche in caso di gravidanza.

122
Anticamente, il problema era di saturare al massimo i depositi per prepararsi alla carenza, infatti chi
non aveva i depositi "ben riempiti" sopravviveva con meno probabilità. Nei millenni si è quindi
selezionato un assetto genetico dei processi biochimici (enzimatici) delle nostre cellule che
favorisce il risparmio e l’accumulo di energia. Questa è la teoria del ​Thrifty genotype ​o Genotipo
risparmioso ​(consuma poco e accumula molto). In poche parole, sono stati selezionati gli individui
resistenti al dimagrimento e si sono selezionati quelli che riuscivano ad accumulare meglio
l’energia.

Negli ultimi 40-50 anni (era tecnologica) si è assistito ad un progressivo aumento della vita
sedentaria e dell’inattività fisica (automazione, trasporto, comunicazione ecc). L’alternanza dei cicli
di abbondanza e carenza dei cibi si è bloccata data la disponibilità pressoché continua di cibo e allo
stesso tempo non si deve fare molta fatica per procurarsi il cibo. Tutto ciò ha portato ad un
riempimento cronico ed in eccesso dei depositi energetici.

Conclusioni: Sebbene a livello della popolazione, l’obesità può essere attribuita alle modifiche dello
stile di vita, a livello individuale, il BMI è invece determinato dal modo in cui le varianti genetiche di
alcuni geni gli permettono di rispondere agli stimoli ambientali.

Eziologia dell’obesità
Autoregolazione
In rapporto al ridotto consumo energetico (sedentarietà) dovrebbe essere ridotto il desiderio, la
ricerca e l’assunzione di cibo (energia). In pratica non è così: Il sistema di regolazione del bilancio
energetico è organizzato per favorire la sopravvivenza in condizioni sfavorevoli (carenza di cibo),
mentre è poco efficiente l’azione inversa (favorire il consumo energetico e/o ridurre l’assunzione di
cibo in condizioni di abbondanza). A questo si aggiunge il sistema industriale che promuove
l’utilizzo di alimenti a fini psicologici e di gratificazione.

Nei paesi occidentali un adulto aumenta generalmente dello 0,4% del peso corporeo totale in un
anno. Quindi il sistema di regolazione della stabilità del peso è molto preciso (SNC, app. Digerente,
app. Muscolare, t. adiposo).

Il controllore è il cervello (ipotalamo):


Dall’ipotalamo si partono le vie
efferenti (i vari segnali nervosi), diretti
verso il sistema controllato. Le vie
afferenti sono quelle che partono dal
sistema digestivo. Vi sono degli
ormoni che intervengono, ad
esempio quelli del pancreas ma
anche dallo stesso tessuto adiposo
che permettono la regolazione di
questo ‘’asse’’. Esistono anche delle
regolazioni a breve termine che
controllano la frequenza dei pasti e il
controllo a lungo termine che è quello
che poi controlla il peso.

123
Gli ormoni a lungo termine sono leptina e insulina (azione lipogenetica, protidosintetica,
glicogenosintetica).
Quelli a breve termine sono Grelina, PYY (il più potente di tutti), CCK, prodotti una volta introdotto il
cibo. Questi ormoni agiscono a livello del SNC (nucleo arcuato) determinando produzione di NPY
(Neuropeptide Y), il quale agisce a livello centrale attivando tutti i meccanismi che favoriscono le
azioni ed i sistemi volti alla ricerca del cibo.

Gli ormoni che regolano la sazietà


sono tutti quelli in slide, tranne la
grelina​. Essa quando mangiamo
deve essere bassa, a meno che non
vi sia una condizione genetica dove
è alta mentre si mangia
determinando quindi un'alterazione
della regolazione.

La ​leptina ​è un ormone di 146 aa,


prodotto dal tessuto adiposo. Viene
trasportato al SNC e legandosi al
proprio recettore ipotalamico,
segnala al sistema nervoso centrale
che ci sono le riserve energetiche sufficienti (abbondanza di grasso corporeo) e induce, bloccando il
centro della fame, la sensazione di sazietà, influenzando i comportamenti alimentari ed il
metabolismo intermedio.

L’appetito è la sensazione soggettiva che spinge l’individuo ad alimentarsi. La fame e la sazietà


possono essere superate dal desiderio di cibo. Le nostre preferenze e abitudini alimentari sono
influenzate da esperienze passate e dalle sensazioni stimolate dalla visione, dall’odore e del sapore
dei cibi. Dopo il decremento ponderale, si osserva una modifica dell’attività cerebrale principalmente
nelle aree cerebrali coinvolte nel controllo emozionale e cognitivo dell'assunzione di cibo. Lo stato
successivo della riduzione ponderale è percepito dal nostro cervello come uno stato di deficit
relativo di leptina.

Una piccola parte di pz con obesità grave ha una condizione di ​leptino-deficienza​: Assenza o
riduzione della leptina (o modifiche al recettore). La mancanza totale della trasmissione di segnale
causa sin dall’infanzia:
- Iperfagia;
- Riduzione della spesa energetica;
- Obesità grave;
- Insulino-resistenza;
- Ipogonadismo ipogonadotropo;
- ipotiroidismo.

124
In questi pz, il trattamento con leptina causa perdita di peso e miglioramento dell’ipogonadismo e
dell’ipotiroidismo.

Tessuto Adiposo

Il ​tessuto adiposo chiaro


fornisce energia all’organismo in
modo continuo, stabilizzandone
la disponibilità a fronte di un
eccesso/difetto di disponibilità di
energia alimentare (cibo).
Il tessuto adiposo può essere
aumentato sia perché aumenta il
volume sia perché aumenta il
numero delle cellule. È un
tessuto ricco di acidi grassi, con
una singola goccia lipidica
citoplasmatica ed ha anche delle
funzione endocrine peggiorate
che predispongono alle patologie
metaboliche.
I tre tipi di tessuto adiposo chiaro si comportano in maniera differente: il ​sottocutaneo
gluteo-femorale è un grasso di deposito e risponde poco alle catecolamine, rilasciando pochi FFA;
viceversa, il ​grasso viscerale ​risponde molto alle catecolamine e rilascia tanti FFA. Si ritiene che
questi acidi grassi rilasciati dal tessuto grasso viscerale, raggiungono il fegato e determinano
steatosi epatica, con straripamento del grasso (overflow) in tessuti in cui non dovrebbe stare.
Questo grasso molto più sensibile agli stimoli ormonali, è quello che correla maggiormente con
diabete e patologie cardiovascolari. Il ​grasso sottocutaneo addominale si trova in una posizione
intermedia tra i due: La circonferenza vita misura il grasso viscerale, mentre la circonferenza fianchi
misura quello gluteo femorale. A parità di BMI, chi ha più grasso gluteo-femorale è più protetto
rispetto a chi ha disposizione viscerale del grasso.

Il ​tessuto adiposo bruno è un tessuto importante perché sulla membrana mitocondriale vi sono i
recettori beta3 adrenergici che fanno sì che l'energia, in questo tessuto, anziché venire accumulata,
venga dispersa sottoforma di calore. Tempo fa si è pensato di sviluppare dei farmaci 3-agonisti,
ovvero farmaci che riescano ad attivare questi recettori aumentando il dispendio energetico, con
produzione di calore, anziché depositare l’energia sotto forma di riserva. ​(attività dimostrata nei
roditori ma non ancora nell’uomo - pubmed).
Prima si pensava che il tessuto adiposo bruno fosse presente nel neonato, invece, adesso, con le
PET, si è notato che esiste anche nell'adulto: esso è situato nelle zone sottoscapolari e lungo la
colonna vertebrale; inoltre, si è notato che i soggetti sovrappeso ed obesi hanno riduzione del
tessuto adiposo bruno ed aumento di quello chiaro.
Se abbiamo un soggetto in condizioni termoneutrali, il tessuto adiposo bruno è poco espresso; se,
invece, lo esponiamo a 16 gradi, il tessuto adiposo bruno compare: l'esposizione al freddo aumenta
la quantità di tessuto adiposo bruno (​si è pensato in USA come aiuto nella prevenzione dell’obesità,
di ridurre solamente di un grado i riscaldamenti nelle case, cosa che non viene comunque fatta).

125
II tessuto adiposo bruno si riduce con l'età e questo potrebbe spiegare il fatto che gli anziani
tendano ad aumentare di peso, poiché si riduce il dispendio energetico. A seconda delle condizioni
a cui è esposto il soggetto, il tessuto adiposo bianco si trasforma in bruno e viceversa e ciò prende il
nome di transdifferenziazione del tessuto adiposo.

Classificazione dell’obesità

Monogenica è il caso della deficienza di leptina.


A parte queste ci possono essere possono essere altre cause (schema di dx):
Non le chiedono, perché sono abbastanza rare e di approccio pediatrico.

Inquadramento clinico del pz obeso

Quando ci troviamo di
fronte ad un soggetto
obeso è importante
fare un’attenta
anamnesi. Alcuni
soggetti, ad esempio
prendono peso dopo il
matrimonio. Bisogna
indagare anche se ci
sono state fluttuazioni
del peso e se ci sono
stati tentativi di dieta (effetto yoyo perde peso e poi ri riacquista).

Si deve calcolare la ​spesa energetica totale del soggetto, tenendo conto del metabolismo basale e
delle attività fisiche lavorative/ricreative.

126
Bisogna valutare se ci sono già patologie associate e fare una valutazione psicologica.

Terapia
La diminuzione del peso porta ad un
calo della pressione arteriosa. Riduce
anche la glicemia e questi soggetti
partendo da un pre diabete tornano
normali. Riducono anche i trigliceridi.

In 10 anni fisiologicamente si ha un
aumento di circa 3 kg. Questo
andamento naturale dobbuamo cercare
di non acclararlo ingrassando. Nella
valutazione dell'obiettivo terapeutico, il
massimo è la normalizzazione del
peso, cosa abbastanza rara. Molto più
realistico è avere degli obiettivi a step
raggiungibili dal pz, altrimenti potrebbe risentirne psicologicamente qualora non li raggiungesse. Si
punta al dimagrimento del 5-6% del peso in 6 mesi, già buono sia dal punto di vista sia della
pressione che dell’assetto lipidico. L'obiettivo successivo, ed anche il più importante, è mantenere il
peso (anche se non quello ideale) che permette al pz di migliorare la qualità della vita, ad esempio
soggetti allettati da molto tempo che si alzano e iniziano a fare delle piccole cose. Ancor meglio è
far passare il pz da una categoria (di obesità) ad un altra riducendo il rischio. Ridurre il proprio peso
corporeo ed essere in grado di mantenerlo è un segno di forte volontà del pz, infatti vuol dire che il
soggetto ha modificato il suo atteggiamento. Se questo non avviene e si fa solo per un periodo si
ritorna al peso di prima.

Dieta e terapia
Esistono molti tipi di dieta, tutte con vantaggi e svantaggi. L’importante è che queste vengano
somministrate da gente esperiente, dato che il pz deve essere preparato adeguatamente. In
generale, osservando la piramide alimentare, verdure ed ortaggi sono gli alimenti che si dovrebbero
mangiare di più mentre si dovrebbero mangiare meno grassi.
L’abbinamento oltre alla dieta di un presidio farmacologico dipende molto anche dal BMI.

127
Se abbiamo solo un leggero sovrappeso bastano solo dieta, esercizio e giusto comportamento.
Questo vale anche se ci sono alcuni fattori di rischio. La terapia farmacologia subentra quando
siamo in condizione di obesità.

I trattamenti che sono oggi disponibili sono tutti palliativi ed efficaci solo mentre utilizzati, infatti il
trattamento dell’obesità è un ​trattamento cronico e alla sospensione di esso, il pz tornerà ad
aumentare di peso. L’ultimo presidio è la terapia iniettiva, che sta dando buoni risultati.

La ​terapia chirurgica bariatrica è, negli ultimi anni, un trattamento che ha preso sempre più piede
perché ha dato molti risultati nel lungo termine. Il problema è che una terapia che necessita di
terapie sostitutive perché si ha malassorbimento e non tutti la possono fare. Deve essere fatta nei
soggetti che hanno rischio aumentato. Questa può esser fatta ad esempio nel BMI di 35 associato a
diabete (mentre il normale 35 no). Sopra il 40 viene sempre proposta. Sotto 35 se ci sono patologie
importanti.

128
Endocrinologia - Lezione 14
Precisazione: a causa delle poche ore rimaste, le seguenti lezioni sul diabete sono molto più integrate con il Rugarli rispetto alle altre. Il
tutto comunque segue l’ordine delle slides della prof.ssa approfondendo, ma non troppo, gli argomenti non trattati o trattati
superficialmente a lezione.
Diabete mellito
È un disordine metabolico ad eziologia multipla caratterizzato da iperglicemia cronica con
alterazioni del metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine, secondarie ad un difetto di secrezione o
di attività dell’insulina o più spesso, di entrambi.
È una sindrome cronica, che ha come caratteristiche l’elevata frequenza, è associata a morbilità e
può dare complicanze acute, evitabili con la buona educazione del pz, ma soprattutto croniche
(anche esse in parte evitabili).

Epidemiologia
La conoscenza del diabete è fondamentale per il medico, dato che nel tempo è diventato sempre
più frequente, soprattutto il tipo 2 perché associato ad obesità (vedi lezione precedente).

Secondo dati della IDF (International Diabetes Federation) risalenti al 2015 si stima che vi siano 3
nuovi casi di diabete mellito ogni 10 secondi ed in totale 10 milioni l’anno, numeri talmente elevati
da essere di grande impatto mediatico. Si pensa che continuando in questo modo nel 2030, 1
adulto su 10 avrà il diabete.
Per l’IGT (Impaired Glucose Tolerance - alterata tolleranza al glucosio) la prevalenza globale al
2011 era di circa l’8% (344 milioni di individui), si stima che nel 2030 arrivi all’8.4% (472 milioni di
individui).  
Negli anni il dato relativo alla mortalità è molto migliorato, rimane comunque una patologia
altamente mortale nonostante le tante conoscenze e le buone terapie che abbiamo. La mortalità è
quasi sempre legata a malattie cardiovascolari, anche se si può morire per complicanze acute
(meno frequentemente). Si stimano circa 5 milioni di morti l’anno dovuti al diabete, molti più di quelli
di HIV, tubercolosi e malaria messi insieme.

In Italia oltre 3 milioni e mezzo di individui (5-6% della popolazione) hanno il diabete
(prevalentemente tipo 2). Così come per l’obesità, nonostante la patologia sia ampiamente diffusa a
livello nazionale, esiste un gradiente Nord-Sud.

Come si vede nel grafico, il diabete


mellito è una patologia che aumenta al
crescere dell’età, anche se con il
passare del tempo, si nota che la
patologia (diabete di tipo 2) sta iniziando
ad interessare fasce d’età più giovani in
cui un tempo non era presente.
(​Uomini a sx, donne a dx).

129
Il seguente grafico mostra la proiezione
dal 2012 al 2030 della prevalenza del
diabete in Italia. Essa prevede che dal
6,2% attuale si arriverà ad un 9% di
prevalenza diabetica. Questi dati
comunque sono soggetti a delle
variazioni dovute a modalità diagnosi,
etnia, regionalità ecc.
L’obiettivo che si prefigge la medicina
per spezzare questa tendenza in
aumento è soprattutto quello della
prevenzione. Mentre però si parla molto
di prevenzione a livello mediatico e
scientifico, a livello di sanità si fa poco perché anche fare esami ha un costo e molti soggetti che
dovrebbero fare degli screening periodici non lo fanno per questioni economiche poiché non
rientrano nei livelli essenziali di assistenza.

Il peso del problema diabete riguarda:


- Malattia cardiovascolare (per lo più), aumentando di oltre 5 volte il rischio di mortalità
cardiovascolare;
- Prima causa di cecità non legata a traumi:
- Prima causa di insufficienza renale terminale che porta alla dialisi;
- Prima causa di amputazione degli arti inferiori non legata a traumi;
- Aumentata incidenza di malformazioni congenite.
Sebbene le ultime quattro cause possano dare meno mortalità, risulta palese come questi alterino di
molto la qualità della vita del soggetto.

Il tasso di mortalità complessiva per diabete mellito è sempre maggiore al Sud Italia.

Dal 1985 sono stati istituiti i centri di diabetologia: si è visto nel tempo, fino all’ultimo rapporto ARNO
del Novembre 2019 che i pz seguiti nei centri di diabetologia in media vanno meglio rispetto a quelli
seguiti dal medico di medicina generale. Questo perché non tutte le terapie oggi a disposizione
sono disponibili dal medico di medicina generale, e quest’ultimo non ha i mezzi giusti per
l’educazione del pz, mezzi che sono presenti nei centri specializzati.

Costi diretti del diabete


I costi del diabete ammontano a circa il 9% del budget della sanità italiana. Vuol dire che si
spendono 9,22 miliardi di euro l’anno (1,05 milioni ogni ora). Il costo di un cittadino con diabete per il
SSN è in media di 2600 euro all’anno, più del doppio rispetto a cittadini di pari età e sesso senza
diabete. Solo il 6% della spesa riguarda i farmaci, il 23% è legato alle terapia per le complicanze e
ben il 71% è relativo al ricovero ospedaliero e alle cure ambulatoriali.

130
Classificazione eziologica del diabete

Il diabete di tipo 2 è tra tutte la


forma più frequente (90-95%)
mentre quello di tipo 1 circa il 5%.
Tra gli altri tipi di diabete, quello
più frequente è il MODY: Forma
dovuta ad un difetto monogenico
dove la mutazione di un singolo
gene comporta una diminuzione
della secrezione di insulina. La
MODY fa parte delle forme
dovute a difetti genetici della
funzione delle β-cellule e tra
queste ne esiste una forma
dovuta a DNA mitocondriale
(forma molto rara e caratteristica
perché associata a sordità neurosensoriale).
Esistono anche delle forme secondarie a patologie endocrine (Cushing, feocromocitoma ed
ipertiroidismo), a pancreatopatie (tumori, pancreatite), forme legate a farmaci (immunosoppressori,
glucocorticoidi, farmaci per AIDS), forme legate a cromosomopatie (ad esempio, la Sindrome di
Down è associata a tante patologie immunitarie come il diabete di tipo 1, Addison ecc).

Attualmente la maggior parte dei casi di diabete sono rappresentati dal tipo 2, fortemente correlato
con la vita sedentaria e l’obesità.
Il diabete di tipo 1 è però la malattia cronica più frequente nei bambini. È importante sottolineare
che il diabete di tipo 1 si può trovare a qualsiasi età a partire dai 6 mesi (a partire da questa data
poiché il sistema immunitario deve essere completo). Le forme di diabete che insorgono prima dei 6
mesi difficilmente sono autoimmunitarie ma per lo più congenite. Sebbene possa insorgere a
qualsiasi età è più frequentemente infantile, dai 9-14 anni. Ultimamente si è notato che esiste un
altro picco tra i 25-30 anni, ma comunque tutte le fasce di età possono essere colpite.

Sono sempre più sono frequenti i casi di diabete di tipo 2 in bambini ed adolescenti. Questo
potrebbe modificare nel giro di vent’anni il rapporto tra le due forme di diabete in bambini ed
adolescenti. Ad esempio quando si riscontra una clinica tipica del diabetico in un bambino obeso,
difficilmente questo sarà un diabete di tipo 1, come se compaiono i chetoni è difficile che sia di tipo
2.
L’esame che ci permette di differenziare le due forme è il dosaggio degli anticorpi, poiché in loro
presenza siamo di fronte ad un diabete di tipo 1. Altro elemento d’aiuto può essere la familiarità (es
un fratello che presenta diabete di tipo 1) anche se comunque deve essere valutata insieme alle
altre caratteristiche.
Il Peptide C, viene utilizzato per la sua emivita (30 min), dato che quella dell’insulina è solamente di
pochi minuti (5). In generale non viene utilizzato nella diagnostica qualora si sia già iniziata la
terapia insulinica. Se esso è <0,2 nmol/l siamo di fronte ad un deficit di secrezione pancreatica,
cosa che comunque avviene anche in una fase successiva di diabete di tipo 2.

131
Diabete autoimmune (DT1)
Una volta veniva definito insulino dipendente o diabete ad insorgenza giovanile. Oggi non si
utilizzano più questi termini, soprattutto il primo, perché creavano confusione dato che il diabetico di
tipo 2 una volta che non ha più secrezione dalle β-cellule prende l’insulina e quindi oggi si utilizzano
semplicemente i numeri 1 e 2.
Il diabete autoimmune è caratterizzato dal punto di vista etiopatogenetico, da una distruzione di tipo
linfocitario delle β-cellule con insulino deficienza assoluta. Gli anticorpi contro le β-cellule vengono
utilizzati come markers e sono presenti frequentemente al momento della diagnosi.
Può presentarsi in forma rapidamente progressiva, specie nel giovane ed in forma a lenta
insorgenza, specie in età adulta (NIRAD o LADA). Nei LADA abbiamo una secrezione di Peptide C
un po’ più alta del limite normale (tipo 1 o 0,9), sono presenti gli anticorpi, ma proprio perché esiste
una certa riserva pancreatica, questi soggetti non necessitano di terapia insulinica per circa 6 mesi.
Nei bambini, anche se questo nel tempo è cambiato, spesso la prima manifestazione è la
cheto-acidosi. Questa può manifestarsi all’insorgenza o come complicanza acuta dovuta ad una
mancata o inadeguata somministrazione di insulina. Ancora oggi ci sono casi di diagnosi di diabete
in chetoacidosi, anche se per fortuna la sensibilità è aumentata, grazie anche alle pubblicità
progresso (​la prof.ssa racconta di una pubblicità progresso che istruiva le mamme a far eseguire un
controllo per il diabete se il bambino chiedeva sempre acqua per bere o andava di frequente ad
urinare)​. In Italia, nonostante tutto c'è ancora qualche caso di mortalità per mancata diagnosi di
diabete di tipo 1.
Il diabete di tipo 1 può fare parte delle SPA (sindromi polighiandolari autoimmuni). Esse
comprendono una serie di patologia come vitiligine, artrite reumatoide, ma anche sindromi
endocrine. ​Per la patogenesi del diabete di tipo 1 si rimanda alla lezione successiva.

Diabete Idiopatico
Comprende delle forme di diabete di tipo 1 ad eziologia sconosciuta. É per lo più presente tra
individui di origine africana o asiatica. In questi soggetti non vi è evidenza di autoimmunità, alcuni
individui presentano insulinopenia permanente e sono predisposti alla chetoacidosi. Da noi questa
forma di diabete è molto rara.

Diabete di tipo 2 (DT2)


Un tempo veniva definito insulino-indipendente o diabete ad insorgenza in età adulta. È
caratterizzato dal punto di vista fisiopatologico da insulino resistenza che sta alla base (in parte
dovuta ad una componente genetica) a cui si deve associare un deficit di secrezione insulinica
(insulino deficienza relativa). Quando le β-cellule non riescono più a vincere l’insulino resistenza
compare l’iperglicemia. La patologia può rimanere misconosciuta per molti anni poiché la stessa
iperglicemia non è talmente grave da determinare segni e/o sintomi di diabete. Quindi solamente
con insulino resistenza ed insulino deficienza combinate compare il diabete di tipo 2. Il deficit è
relativo perché all’inizio, durante i primi anni, la secrezione di insulina è maggiore rispetto ad un
soggetto normoglicemico, proprio per la presenza di resistenza (si cerca di forzarla). L’iperglicemia
e la dislipidemia sono tossiche per le β-cellule che vengono mandate in apoptosi: da una parte
vengono stimolate a secernere insulina a causa dell’iperglicemia mentre dall'altra parte la stessa
iperglicemia e l’iperdislipidemia inducono glucotossicità ad una velocità maggiore rispetto a quella
che la replicazione possa sostenere.
Frequentemente il diabete di tipo 2 è associato alla presenza di complicanze già al momento della
diagnosi.

132
È molto forte l’associazione con altri fattori di rischio cardiovascolare (sindrome metabolica).

LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adult) o


NIRAD (Non Insulin Requiring Autoimmune Diabetes)
Inizialmente questi soggetti sono classificati come diabetici di tipo 2, ma in realtà sono affetti da una
forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione verso l’insulino dipendenza. Secondo i normali
criteri clinici, vediamo come questi pz trattati con dieta ed ipoglicemizzanti orali, nel giro di qualche
anno manifestano un deterioramento della funzione delle β-cellule tanto da richiedere terapia
insulinica. Gli aspetti epidemiologici, genetici e fisiopatologici di questa condizione non sono ancora
completamente chiariti. La condizione inizia ad essere sospettata se sono presenti una o più delle
seguenti caratteristiche:
- Età <50 anni (non troppo avanti con l’età);
- BMI <25 (soggetto normale);
- Anamnesi familiare positiva per diabete di tipo 1 o malattie autoimmuni;
- Altre patologie autoimmuni (SPA?);
- Inadeguato compenso glicemico in corso di trattamento con ipoglicemizzanti orali a
distanza di 6-12 mesi dalla diagnosi (cioè necessità di terapia insulinica entro 6-12
mesi dalla diagnosi).
Per confermare il sospetto clinico di LADA:
- Ricerca di marcatori di autoimmunità:
- GADA (​anti-decarbossilasi dell'acido glutammico);
- IA-2A (anti-tirosina fosfatasi);
- Anti-ZnT8 (anti-trasportatori dello zinco);
- Valutazione della funzione beta-cellulare:
- Peptide-C basale e dopo stimolazione con glucagone.

ICA (anti-cellula pancreatica) non vengono fatti da molti laboratori e non utilizzati per scopi clinici
ma soltanto nella ricerca.

MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young)


È una forma monogenica di diabete relativamente rara (1-2% dei casi totali di diabete), della quale
sono state descritte 13 forme, caratterizzate da meccanismi differenti ma accomunati dal fatto che
conducono tutti ad un’alterazione funzionale delle β-cellule. È una patologia a trasmissione
autosomica dominante, e come tale ci deve essere un pedigree familiare che ci deve far sospettare
la forma genetica (più soggetti diabetici in famiglia). Tra i criteri che ci servono per identificare una
MODY:
- L’età giovanile <25 anni, anche se questo è un criterio da prendere con le pinze,
poiché se nessuno ha pensato alla MODY i soggetti diventano grandi;
- Controllo metabolico mantenuto senza insulina per oltre 2 anni;
- Ereditarietà autosomica dominante (almeno 3 generazioni di soggetti affetti);
- Assenza di autoimmunità, cosa molto importante che lo differenzia dal diabete di tipo
1, infatti entrambi si somigliano molto colpendo soggetti giovani e normopeso.
Identificare una MODY è molto importante per l’inquadramento prognostico del pz perché indica la
necessità di eseguire degli screening nei familiari.

133
Caratteristiche differenziali del Diabete di tipo 1 e 2

Livelli di insulina:
Nel diabete di tipo 1 esiste la cosiddetta ​luna di miele​, una fase in cui dopo la diagnosi certa di
diabete di tipo 1, ritorna una certa funzione delle β-cellule che poi si esaurisce nel giro di mesi ed in
alcuni casi può arrivare anche a 1-2 anni. Normalmente i livelli di insulina sono assenti o molto
ridotti.

Nel tipo 2 i livelli di insulina sono aumentati o normali.

Sintomatologia:
Nel diabete di tipo 1 la sintomatologia è importante e non solo di tipo osmotico ma anche perdita di
concentrazione, anoressia, nausea, vomito, dolori addominali ecc. Si può arrivare anche al coma.

Nel diabete di tipo 2 ci possono essere i sintomi osmotici (poliuria e polidipsia) ma a volte questi non
vengono quasi rilevati dal pz perché si abitua e non ritiene opportuno andare a fare un controllo.
Questo ai fini della gestione del pz è un problema poiché dato che la sintomatologia può rendersi
evidente anche dopo molto tempo, il medico, non riesce a capire il momento della diagnosi certa
(cosa che si riesce a fare nel caso del tipo 1), e quindi a capire da quanto dura la patologia. Questo
è molto importante per le complicanze croniche dato che gli screening devono essere eseguiti in un
determinato momento.

Peso
Negli anni il sovrappeso si vede anche nei soggetti con tipo 1. Se vediamo un sovrappeso e
anticorpi positivi non dobbiamo entrare in confusione, perché possono coesistere.

Complicanze croniche
Per far si che insorgano le complicanze croniche lo scompenso glicemico deve anare avanti da
molti anni.
Nel diabete di tipo 1 non si trovano all’insorgenza, data la giovane età dei pz.

Nel diabete di tipo 2 si possono trovare già alla diagnosi, per quanto scritto sopra.

134
Familiarità
Nel diabete di tipo 1 è presente ma modesta.

Nel diabete di tipo 2 è molto importante.

Terapia
Nel diabete di tipo 1 è sostituiva (insulina).

Nel diabete di tipo 2 è la dieta, insulino sensibilizzanti e tutta una serie di farmaci che si possono
utilizzare e quando necessario fare insulina.

Diagnosi del Diabete (in generale)


Qualunque specializzazione si faccia, un medico deve essere a conoscenza di come si fa la
diagnosi.
Considerando la
glicemia basale a
digiuno: ​I valori
normali di glicemia
sono compresi tra
70-99 mg/dl (anche
100 è considerato
normale). Iniziano ad
essere considerate
forme di ​pre-diabete
quando troviamo la
glicemia digiuno da
100-125 mg/dl.
La diagnosi di ​diabete
si ha quando la
glicemia ​>126 mg/dl.
La glicemia basale
deve essere calcolata dopo digiuno di almeno 8 ore.
Qualora trovassimo valori >126 mg/dl, non siamo ancora arrivati alla diagnosi, ma questo dato deve
essere confermato, perché diagnosticare il diabete vuol dire etichettare un soggetto con una
patologia cronica. La conferma viene fatta tramite valutazione dell'emoglobina glicosilata, OGTT
(Oral Glucose Tolerance Test) e glicemia occasionale.
Nota​: la valutazione del glucosio basale può essere alterata a causa di errore pre-analitici: se la
provetta da analizzare venisse lasciata per qualche ora, la glicolisi spontanea determinerebbe una
riduzione dei valori di glucosio che quindi risulterebbero più bassi del normale. Questa evenienza è
più frequente nei laboratori di analisi di centri periferici piuttosto che in quelli ospedalieri.

OGTT: ​Il test consiste nella somministrazione di 75g di glucosio (nel bambino si somministrano
1,75g glucosio x Kg di peso corporeo) in soluzione orale in 300ml di acqua. Anche in questo caso il
test deve essere preceduto da 8h di digiuno. Si valuta la glicemia a tempo 0 e dopo 2h. Se questa
(nell’adulto) è >200 mg/dl si fa diagnosi di diabete di tipo 2. Se i valori della glicemia a 2h sono
compresi tra 140-199 mg/dl si parla di IGT (Alterata Tolleranza al Glucosio).

135
Glicemia occasionale: ​si parla di diabete quando il valore di glicemia random >200 mg/dl ed in
presenza di sintomi osmotici (poliuria e polidipsia).
Emoglobina glicosilata (HbA1c)
Il calcolo dell’emoglobina glicosilata sembra essere un parametro più affidabile rispetto alla glicemia
per i seguenti motivi:
- Migliore standardizzazione del dosaggio;
- È espressione della glicemia media di un lungo periodo (3 mesi circa) e non di un
singolo momento;
- Ha una minore variabilità biologica;
- Minore instabilità pre-analitica;
- Non necessita di 8h di digiuno precedenti al prelievo o un carico orale di glucosio;
- Non soffre di influenze dovute al prelievo (stress da prelievo).

Eseguire il dosaggio di HbA1c è come eseguire una media delle glicemie degli ultimi 3 mesi. Infatti
dal test viene fuori la parte di emoglobina che è stata glicosilata in maniera non enzimatica,
proporzionale al livello di glicemia: più alta e duratura è la glicemia, più alto sarà il valore
dell’emoglobina glicosilata.

L’emoglobina glicosilata è normale quando i valori sono tra 4.25-5.85% (.può variare a seconda
della modalità con cui si esegue).
- Si parla di diabete quando è > 6.5% (dell’Hb totale).
Nota: La percentuale che serve per fare diagnosi non deve essere confusa con la percentuale da
raggiungere come obiettivo terapeutico.
Comunque anche il valore dell Hb glicosilata deve essere confermato da un altro test.

Esiste una relazione fortissima tra quelli che sono i valori di Hb glicosilata e lo sviluppo del diabete:
- È stato suggerito che i soggetti che presentano dei valori tra 6.0 - 6.49% hanno un
elevato rischio di diabete e quindi meritano una particolare attenzione e un intervento
per ridurre il rischio.
Nei soggetti <6,0% vanno considerati ulteriori fattori di rischio quali: obesità (soprattutto centrale),
dislipidemie, ipertensione, cioè tutti fattori facenti parte della sindrome metabolica.

Quindi: Se la Hb glicosilata è < 6.5% ma non nei valori normali, prima si fa una glicemia a digiuno:
- Se essa è alterata, abbiamo la nostra risposta vuol dire questo valore di Hb
glicosilata deriva dallo stato iperglicemico;
- Se questa è normale è il caso di fare una curva da carico orale.

Perché non si fa subito la curva? La curva da carico orale non viene fatta subito, in primis perché è
un esame più lungo (si devono aspettare 2h) ed il costo è maggiore (si devono eseguire 2 test).
Inoltre va ricordato che è test un tantino scomodo perché prendere 75 g di glucosio in una singola
somministrazione non è pochissimo.

136
Diabete gestazionale (GDM)
Forma di diabete che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza ed è una forma transitoria. Riguarda
circa 4-10% delle gravide (percentuali variabili come visto nel paragrafo dell’epidemiologia). Il
diabete gestazionale è un campanello d'allarme per l’eventuale successivo diabete di tipo 2. La
gravidanza è di per sé una condizione diabetogena perché per permettere il passaggio di nutrienti
da madre a feto ci deve essere insulino resistenza fisiologica. In soggetti predisposti geneticamente
questa è maggiore e quindi compare iperglicemia in gravidanza. Quindi anche se transitoria si
necessita un follow up periodico perché potrebbe comparire diabete di tipo 2. La percentuale di
donne che rimangono diabetiche varia, perché al passare degli anni le percentuali di donne con
diabete di tipo 2 aumenta comunque (10 anni si parla del 50%). Anche in questo caso come per il
diabete nel tempo si deve cercare di migliorare la percentuale facendo prevenzione.

In primis alla donna si consiglia l'allattamento perché riduce il rischio di sviluppare diabete. Tra gli
altri consigli che possiamo dare alla donna: Perdere peso e fare attività fisica, quindi modificare lo
stile di vita in modo da fare prevenzione.

Le donne con l’ovaio policistico hanno insulino resistenza. La PCOS comunque non è stata inserita
nelle motivazione per chiedere lo screening del diabete, ma siccome si sa che è un forte fattore di
rischio si consiglia comunque di farlo. Un'altra condizione non inserita è quella della fecondazione
assistita perché a causa di farmaci che si utilizzano le donne possono andare incontro a diabete
gestazionale, ma questo comunque chi pratica queste tecniche lo sa e richiede lo screening.

È importante fare diagnosi di diabete gestazionale perché la mancata diagnosi espone a rischio di
complicanze fetali e materne. Riconoscere e trattare il diabete gestazione riduce drasticamente le
complicazioni e fa tornare la donna agli stessi rischi delle non diabetiche.

Patogenesi del GDM


La patogenesi è la stessa del diabete di tipo 2: insulino resistenza e deficit relativo di insulina. Il
motivo in questo caso è dato da alcuni ormoni come:
- Lattogeno placentare (hLP-hCS) il quale ha una struttura come il GH che è un
ormone iperglicemizzante e peggiora l’insulino resistenza;
- Progesterone;
- Cortisolo.
Tutti questi ormoni fanno aumentare l’insulino resistenza e se non c’è compensazione compare
iperglicemia post-prandiale.

Così come nei diabetici di tipo 2, anche nel caso di DGM viene persa la prima secrezione, come se
quindi venisse formata meno insulina.

Nota: si ricorda che esistono due modalità di secrezione dell’insulina: una rapida (o prima) dove
vengono liberati granuli già formati, ovvero la riserva, ed una seconda fase dove vengono liberati
granuli appena formati. È come se viene formata meno insulina.

137
Se c’è una condizione che peggiora
l'insulino resistenza, quello che succede
è che si espandono le β-cellule ed
aumenta la secrezione di insulina e
quindi normoglicemia. Se questa
espansione non è adeguata all’insulino
resistenza si ha iperglicemia
(gravidanza, obesità, cushing,
acromegalia).

Diagnosi del diabete gestazionale


Nota: si fa riferimento alle linee guida del 2011, attualmente in aggiornamento e quindi saranno un
tantino diverse già dal prossimo anno. Si aspetta l’aggiornamento al 2020.

La prima cosa da fare nel momento in cui è accertata la condizione di gravidanza è escludere nel
primo trimestre (la gravidanza dura 40 settimane, e di solito il primo trimestre termina tra la
12-13ima settimana) che vi sia un diabete di tipo 2 misconosciuto, quindi si fa subito una glicemia a
digiuno.
Sono definite affetta da ​diabete pregestazionale (preesistente non noto)​, donne con uno o più
dei seguenti valori:
- Glicemia plasmatica a digiuno >126 mg/dl;
- glicemia plasmatica random >200 mg/dl;
- HbA1c >6,5% (standardizzata ed eseguita entro le 12 settimane di gestazione).
Indipendentemente dalla modalità utilizzata è necessario che i risultati superiori alla norma siano
confermati in un secondo prelievo.
Qualora si abbia la conferma di diabete pregestazionale, la donna viene trattata come un normale
pz diabetico di tipo 2.
Se la glicemia risulta normale <100 mg/dl ma anche tra 100 - 125 mg/dl si deve comunque fare lo
screening per il diabete
gestazionale e si devono
valutare i fattori di rischio:
queste in slide sono delle
condizioni che ci mettono in
allarme, e ci inducono a
cercare una diagnosi di
diabete gestazionale in
secondo trimestre (si fa circa
tra la 16-18ima settimana di
gestazione).
Una volta escluso il diabete
di tipo 2 (pregestazionale)
se c’è almeno un fattori di
rischio si esegue la curva..

138
Se la donna non ha nessuna condizione della slide di sx si esegue lo screening tra la 24-28esima
settimana se sono presenti le altre condizioni della slide di dx: già la semplice età > 35 anni impone
di eseguire uno screening tra la 24-28ima settimana.

La glicemia alta nel primo trimestre predispone allo sviluppo alterazioni fetali perché viene alterata
l’embriogenesi. Il diabete gestazionale che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza, non è
caratterizzato da malformazioni congenite, ricordiamo comunque che di base tutte le gravidanze
presentano un certo rischio di malformazione (il diabete comunque aumenta il rischio di 4-5 volte). Il
fatto di fare lo screening tra la 16-18ima settimana perchè sono presenti fattori di rischio e ripeterlo
tra la 24-28esima settimana è motivato dal fatto che dopo la 20esima settimana aumenta il livello
degli ormoni visti sopra prodotti da placenta e fegato e quindi aumenta l’insulino resistenza.

Se prendessimo le glicemia della stessa persona (non diabetica) non in gravidanza e


successivamente in gravidanza, notiamo che nel primo trimestre la glicemia si abbassa, poi
tendenzialmente aumenta, ma resta sempre più bassa rispetto alla condizione non gravida perché
c’è il feto di mezzo e comunque c’è compensazione (​esatte parole della prof.ssa). ​Ovviamente se
c’è diabete gestazionale la glicemia aumenta.

Notiamo come la valutazione dell’OGTT si faccia


sia dopo 2 ore ma anche prima dopo 1 ora.
I valori per fare diagnosi scendono di molto
rispetto ai valori di diagnosi nell’individuo normale.
Già una donna che presenta un valore di 92 mg/dl
ha diabete gestazionale. Anche un solo valore tra
questi permette di fare diagnosi.

Algoritmo diagnostico
riassuntivo
Del GDM:

FPG: glicemia a digiuno;


RBG: glicemia random;
IFG: Alterata glicemia a
digiuno.

139
Terapia del DGM
Nel diabete gestazionale si inizia sempre con ​dieta ed ​attività fisica esattamente come nel diabete
di tipo 2. Nella donna in gravidanza però l’attività fisica potrebbe anche essere vietata (dipende
dalla placenta ecc). Se non funzionano la dieta o l’attività fisica si fa l’insulina, l’unico farmaco
approvato in Italia in periodo di gravidanza. In alcuni stati si usa la metformina, ma in italia questa è
off label e chi la usa deve chiedere consenso.

Omeostasi del glucosio

Il bilancio tra insulina e glucagone è cruciale nel


mantenere l’omeostasi metabolica e nel
consentire il mantenimento di livelli glicemici
relativamente costanti, nonostante sia il consumo
di glucosio sia il suo apporto varino
considerevolmente nel corso della giornata.
Questo è molto importante dato che il cervello
utilizza quasi esclusivamente glucosio (non è in
grado di captare acidi grassi e utilizzarli come
substrato energetico).

Sintesi e secrezione di Insulina


L’insulina viene prodotta dalle cellule β del
pancreas in forma di precursore con scarsa
attività biologica, la proinsulina. Dal
clivaggio vengono prodotti il Peptide C e
l’insulina formata dalle due catene A e B
unite da ponti disolfuro. La produzione di
insulina è regolata principalmente dai livelli
glicemici, sebbene aminoacidi, chetoni, nutrienti, peptidi gastrointestinali e neurotrasmettitori la
possano regolare. Il principale regolatore della secrezione di insulina è il glucosio: questo entrando
all’interno della cellula grazie al trasportatore ​GLUT-2​, e tramite la ​glicolisi​, determina produzione
di ATP. L’ATP inibisce i canali del K-sensibili all’ATP con conseguente depolarizzazione, apertura
dei canali del calcio voltaggio dipendenti, ingresso di calcio e liberazione dei granuli contenenti
insulina.
Al profilo di secrezione pulsatile basale continua vengono sommati i picchi secretori della durata di
2-3 ore prodotti principalmente durante i pasti: se la glicemia >90 mg/dl le cellule β aumentano la
loro secrezione, mentre le cellule ɑ la diminuiscono (per glicemia <70 mg/dl avviene il contrario).
Comunque è da sottolineare che la secrezione di insulina e glucagone non cessa mai del tutto.

140
Sebbene l’incremento dell’insulina inibisca il rilascio di glucagone, l’aumento del glucagone di contro
aumenta il rilascio di insulina, poiché prepara il corpo al successivo rialzo glicemico.
L’insulina secreta dal pancreas entra nel circolo portale e arriva al fegato dove per il 50% viene
estratta e degradata. La quota che sfugge al fegato entra nel circolo sistemico e lega il proprio
recettore sito nei tessuti insulino-dipendenti. Una volta avvenuto il legame avviene
l’autofosforilazione del recettore e l’attivazione delle vie di segnale responsabili dell’azione biologica
dell’insulina:

L’insulina ha effetto anabolizzante ed è un


fattore di crescita: stimola la sintesi delle
proteine e favorisce l’accumulo di depositi
energetici sotto forma di glicogeno e trigliceridi.

A livello ​renale ​causa ritenzione di sodio con


effetto edemigeno

A livello ​Epatico ​inibisce la gluconeogenesi e


stimola la sintesi del glicogeno. Questo si
traduce in un ridotto rilascio epatico di glucosio
e in un aumento della quota di glicogeno. Nel
diabetico di tipo 2 uno dei primi sintomi è la
glicemia alta poiché non viene inibita la
gluconeogenesi a livello epatico e quindi vi è
aumentato rilascio di glucosio.

In periferia e soprattutto a livello muscolare e


adiposo stimola la traslocazione del
trasportatore GLUT-4 aumentando la
captazione del glucosio e favorendone l’utilizzazione: nel ​muscolo ​viene utilizzato come substrato
energetico o accumulato sotto forma di glicogeno. Oltre all’azione sul glucosio, l’insulina aumenta
anche la captazione di aminoacidi stimolando la sintesi proteica (anabolizzante).
A livello del ​tessuto adiposo ​il glucosio internalizzato viene convertito in glicerolo fosfato e
utilizzato, insieme agli acidi grassi per la sintesi dei trigliceridi (al contrario la lipolisi dei trigliceridi
viene inibita dall’insulina e favorita da glucagone e adrenalina).

L’insulina presenta anche delle azione a livello ​vascolare:

141
Sintesi e secrezione di glucagone
Il ​glucagone ​viene prodotto a livello delle cellule ɑ. Esso è l'ormone che agisce di più a digiuno per
mantenere i valori di glicemia normali: attiva la ​gluconeogenesi ​e la ​glicogenolisi ​a livello epatico
determinando rilascio di glucosio.
Come già esposto sopra, a livello del tessuto adiposo stimola la lipolisi dei trigliceridi.

Meccanismi di regolazione della glicemia


Il bilancio tra insulina e glucagone è fondamentale per mantenere l’omeostasi metabolica e
consentire il mantenimento di livelli glicemici costanti, nonostante l’apporto di glucosio e il suo
consumo siano variabili nell’arco della giornata:
- Dopo i pasti i livelli elevati di glucosio determinano un rilascio di insulina. Il nuovo
rapporto insulina/glucagone che si è venuto a formare fa si che aumenti la
captazione periferica del glucosio nel muscolo (formazione di glicogeno). Nel fegato
oltra a ridurre il rilascio di glucosio, viene sintetizzato glicogeno che funzionerà da
riserva per il periodo di digiuno. Qualora il glucosio fosse in eccesso, questo
verrebbe conservato sotto forma di trigliceridi a livello adiposo. Tutti questi
meccanismi servono ad evitare al massimo la perdita urinaria del glucosio. Qualora
nel periodo post-prandiale venga superata la soglia renale (concentrazione massima
di un metabolita nel plasma prima che venga ritrovato nelle urine) di 180 mg/dl, il
glucosio non potrà essere completamente riassorbito e quindi si troverà a livello
urinario;
- Digiuno​, si riducono i livelli di insulina e aumentano quelli di glucagone al fine di
mantenere costanti i livelli di glicemia permettendo al cervello di utilizzare glucosio.
Data la riduzione dei livelli di insulina, diminuisce la captazione di aminoacidi a livello
muscolari, cosicché questi a livello epatico, tramite gluconeogenesi, vengano
trasformati in glucosio. Inoltre grazie alla lipolisi stimolata dal glucagone, vengono
rilasciati acidi grassi e glicerolo che vengono utilizzati dai tessuti periferici come
substrato energetico. L’eccesso di acidi grassi determina a livello epatico la
formazione di corpi chetonici. In caso di digiuno prolungato essi possono assicurare il
50% delle esigenze energetiche del cervello. Qualora i livello aumentassero troppo
tanto da superare le capacità omeostatiche del sistema acido-basico, si instaura una
acidosi metabolica. In condizioni fisiologiche tale evenienza non si verifica, poiché la
secrezione di insulina che ferma lipolisi e chetogenesi, non si azzera mai.

142
Patogenesi del Diabete di tipo 2 (DT2)
Dato che salta all’occhio è come l’80% dei pz con diabete sia obeso. Come approfondito nella
lezione n°13, il tessuto adiposo presenta delle funzioni endocrine peggiorate che possono portare a
delle patologie metaboliche, tra le quali il diabete.
Si assiste ad una saturazione della
capacità di accumulo dei lipidi nel tessuto
adiposo.

Il tipo di tessuto adiposo maggiormente


coinvolto è quello viscerale addominale,
poiché risponde molto alle catecolamine e
rilascia grandi quantità di acidi grassi liberi
(FFA).

La domanda comunque sorge spontanea: quali sono i meccanismi responsabili di questa


associazione tra grasso addominale e rischio metabolico? La risposta è ​Insulinoresistenza.

Insulinoresistenza
Si intende la riduzione dell’azione biologica dell’insulina a livello dei tessuti bersaglio o meglio,
quando le azioni dell’insulina nel rimuovere il glucosio circolante tramite la captazione nel muscolo
periferico e nella soppressione della produzione/rilascio epatico di glucosio sono inferiori a quanto
atteso.
È chiaro che l’insulino resistenza è a carico dei
tre organi bersaglio: fegato, muscolo e tessuto
adiposo.
Il ruolo cruciale del fegato nello sviluppo
dell’insulino resistenza è dimostrato dal fatto
che insulinoresistenza e intolleranza glucidica si
manifestano nell’animale da laboratorio privo
del recettore insulinico a livello epatico e non in
quello privo a livello muscolare e adiposo.
Sebbene non sia stata ancora completamente
chiarita la causa dell'instaurarsi
dell’insulinoresistenza, è noto che essa è
associata all’obesità (viscerale) e all’inattività
fisica. Il tessuto adiposo rilascia ormoni, citochine proinfiammatorie e adipochine in grado di
modulare l’azione dell’insulina in altri tessuti. Un aumento dei trigliceridi nel tessuto adiposo causa
la formazione di adipociti ipertrofici e uno stadio di infiammazione locale che riduce l’azione
insulinica. Gli adipociti ipertrofici risentono meno dell’azione dell’insulina e rilasciano più acidi grassi
che accumulandosi in altri tessuti (muscolo ed epatociti) rendono tali cellule insulino resistenti.
I meccanismi molecolari attraverso i quali gli acidi grassi, le adiponectine e le citochine
interferiscono con l’azione dell’insulina non sono ancora noti, ma si ipotizza un’azione post
recettoriale con interferenza sulla trasduzione del segnale attivata dal legame tra insulina e
recettore.

143
Alterata secrezione insulinica (la cellula β)
Sebbene i livelli basali di insulina siano aumentati nel soggetto diabetico e superiori alla norma in
fase post-prandiale, a parità di livelli glicemici, la secrezione di insulina nel soggetto con diabete di
tipo 2 è inferiore a quella del non diabetico. Il difetto delle cellule β è riscontrabile già prima dello
sviluppo del diabete e riconosce una componente genetica. La stessa iperglicemia può determinare
una riduzione della funzione delle cellule β aumentando lo stress ossidativo (​glucotossicità​).
L’aumento degli acidi grassi liberi, causato dall’insulinoresistenza, determina un deposito di essi a
livello delle cellule β contribuendo al deterioramento cellulare (​lipotossicità​).
Nella storia naturale del DT2 si assiste ad una riduzione della funzionalità secretiva di insulina tanto
da rendere a volte necessaria la terapia sostitutiva con insulina.

Per quanto riguarda i difetti di secrezione insulinica, possiamo distinguere tra:


- Difetti quantitativi​, ovvero una secrezione inadeguata ai livelli glicemici;
- Difetti qualitativi​, dove riscontriamo:
- Perdita della prima fase di secrezione dell’insulina
- Difetti nella pulsatilità;
- Proinsulina aumentata.

La pulsatilità dell’insulina viene persa. Normalmente essa non viene prodotta solo dopo il pasto ma
durante tutta la giornata in maniera oscillante per far si che la glicemia sia tra 70-100 mg/dl
(vengono prodotte delle piccole quantità).

Nel soggetto normale all’aumentare della


glicemia si ha l’aumento contestuale della
secrezione di insulina, in modo tale che il picco di
glicemia corrisponde al picco di insulina. Nel
diabete di tipo 2 si ha un ritardo del picco di
insulina (si ha anche un picco più basso) che
viene prolungato nel tempo quindi non funziona
quando dovrebbe funzionare (picco basso e
ritardato nel diabete 2).

144
La cellula ɑ
Negli anni la patogenesi si è arricchita. La base rimane comunque l'insulino resistenza però ad
esempio si è visto che oltre ad essere coinvolta la cellula β con un'alterata secrezione di insulina,
viene coinvolta anche la cellula ɑ con una aumentata produzione di glucagone e quindi alterato
equilibrio tra i due.

Le cellule ɑ normalmente sono presenti


in una percentuale del 35% all’interno
della ghiandola pancreatica. Nel diabete
di tipo 2 questa quota aumenta e si sta
ancora cercando di capire come mai.
L’insulinoresistenza si presenta anche a
livello delle cellule ɑ.

I soggetti normali ad un pasto


presentano un aumento della
glicemia intorno ai 30-40 mg rispetto
al pre prandiale. I diabetici di tipo 2
presentano di base glicemia elevata
e poi un ulteriore picco post
prandiale. L'insulina al pasto
aumenta di parecchio nei normali e
poi scende mentre nei diabetici non
ce la fa. Specchio per il glucagone
che rimane alto.

Per chi guarda in bianco e nero, nel primo gruppo di onde vediamo sopra i diabetici e sotto i
soggetti normali (iperglicemia). Nel secondo gruppo sopra i normali e sotto di diabetici (ridotta
secrezione di insulina). Nel terzo gruppo sopra i diabetici e sotto i normali (glucagone non
soppresso dopo il pasto).

Intestino ed effetto incretinico (​In​testine Se​cret​ion ​In​sulin)


Nel corso degli anni l’intestino ha preso parte nella complessa patogenesi del DT2 grazie alla
presenza di alcuni ormoni intestinale che aumentano la secrezione di insulina (effetto incretinico).
Ci siamo accorti di questo effetto poiché somministrando glucosio per os o endovena si assiste
parimeriti ad un incremento della glicemia. È stato notato però che la somministrazione per os
determina una maggiore produzione di insulina rispetto a quella che si ha con la semplice
somministrazione endovenosa. Questo effetto viene appunto definito incretinico (​In​testine Se​cret​ion
In​sulin).

Per chi guarda in bianco e nero: a dx è


visibile l’effetto incretinico (sotto
somministrazione endovenosa, sopra orale).

145
Le incretine sono ​GLP-1 ​e ​GIP, stimolanti entrambe con effetto additivo la sintesi e il rilascio di
insulina.
GLP-1 viene prodotto nelle cellule L dell’ileo. Per struttura è simile al glucagone, viene infatti
formato a partire dal proglucagone, ma l'effetto è opposto. Il ​GIP viene prodotto nelle K cellule del
digiuno. Insieme, GIP e GLP-1 funzionano da amplificatori del rilascio di insulina. Il GLP-1 lega il
suo recettore e tramite la formazione di un secondo messaggero (cAMP) amplifica la liberazione del
calcio portando ad un maggior rilascio di insulina.

Tra i due GLP-1 è quello più studiato: non solo promuove la sintesi ed il rilascio di insulina,
aumentando la captazione periferica di glucosio e riducendo il senso della fame, ma riduce anche la
secrezione di glucagone ed ha numeri effetti sistemici.
A livello sistemico il GLP-1 determina:
- Cuore​, effetto cardioprotettivo ed aumento della gittata cardiaca;
- Cervello, ​aumenta la protezione e diminuisce il senso della fame;
- Stomaco​, riduce lo svuotamento gastrico;
- Pancreas​, aumenta la proliferazione delle cellule β, riducendone l’apoptosi e
aumenta la secrezione di insulina;
- Muscolo e tessuto adiposo​, aumenta la sensibilità all’insulina e diminuisce quella al
glucagone;
- Fegato​. Diminuisce il rilascio di glucosio.

Nei soggetti diabetici e IGT, i livelli di GLP-1 sono più bassi e per questo si è pensato di utilizzare
degli analoghi o degli inibitori dell’enzima che
lo degrada.

Non a colori: onda in alto (soggetto normale),


onda media (IGT), onda in basoo (DT2).

146
Endocrinologia - Lezione 15

Il Rene
Il rene produce glucosio, vediamo infatti che il 40% della gluconeogenesi totale del corpo avviene a
livello renale, ovviamente la maggior parte avviene a livello epatico. Sebbene da una parte lo
produce, dall’altra lo consuma contribuendo a mantenere l'omeostasi glucidica. Il rene filtra il
glucosio (circa 180 g/die) e la quota maggiore viene riassorbita.
Il processo di riassorbimento dipende strettamente dalla glicemia: il processo avviene grazie a dei
trasportatori sodio/glucosio chiamati SGLT (​Sodium-glucose transport proteins​). Di questi ne
esistono vari tipo, differentemente distribuiti nei vari tessuti:

Quelli che ci interessano a livello renale sono SGLT1 e SGLT2, gli altri non sono espressi, o se
espressi come SGLT4 o non sono direttamente coinvolti o non se ne conoscono ancora i
meccanismi di funzionamento.
Favorire la perdita del glucosio favorisce la perdita di calorie, mentre il riassorbimento aumenta la
glicemia, contribuendo all’omeostasi.

Nel caso del diabete di tipo 2, la captazione del


glucosio rispetto al soggetto sano è maggiore.
Stessa cosa vale per quanto riguarda l’espressione
dei trasportatori SGLT1 e SGLT2, maggiore nei
soggetti diabetici.

Ciò implica che nel soggetto diabetico nonostante


sia già presente iperglicemia, i trasportatori sono
aumentati ed è quindi aumentato il riassorbimento di
glucosio, che contribuisce a questo circolo vizioso
causante iperglicemia.

147
Quella che era nata come una risposta adattiva per conservare glucosio (necessità energetiche -
Thrifty genotype) diventa dannosa nel caso del diabete. Quindi: la capacità del rene di risparmiare
glucosio nel pz diabetico è aumentata in termini assoluti per un’aumentata capacità di
riassorbimento del glucosio.

Cervello.
Sebbene l’insulina a livello cerebrale non sia necessaria per la captazione del glucosio (questo
rappresenta un meccanismo di sopravvivenza in caso di ipoglicemia, poiché permette al cervello di
estrarre glucosio dal circolo sanguigno anche in caso di basse concentrazioni), vediamo come la
sua azione sia importante a livello cerebrale poiché essa è un potente regolatore dell’appetito
stimolando i centri di regolazione dell’appetito inducendo sazietà. Questi centri di regolazione
dell’appetito da parte dell’insulina sono stati identificati a livello di alcuni nuclei ipotalamici.
Soggetti obesi, sia diabetici che non, sono caratterizzati da insulinoresistenza ed iperinsulinemia
compensatoria, ma nonostante ciò l’apporto di cibo è aumentato, poiché esiste una
insulinoresistenza anche a livello dei nuclei ipotalamici regolatori dell’appetito e ciò comporta una
minore inibizione del senso della fame in seguito all’ingestione di glucosio (ovviamente questo non
influenza l’ingresso di glucosio a livello cerebrale, poiché ricordiamo che il tessuto è insulino
indipendente). Questo può essere rilevato tramite una RM funzionale:

La slide fa osservare come la


funzione ipotalamica in risposta al
glucosio sia alterata nell’obeso: si
attiva con intensità minore e
necessità più tempo per arrivare al
massimo livello di inibizione della
fame.

La resistenza all'insulina nel cervello contribuisce al declino cognitivo che caratterizza la


malattia di Alzheimer​. Secondo lo studio condotto da alcuni ricercatori della Scuola Perelman di
Medicina e Chirurgia presso l'Università di Pennsylvania, pubblicato sul Journal of Clinical
Investigation, la resistenza all’insulina è la chiave di volta per comprendere alcuni meccanismi legati
alla malattia di Alzheimer.

L'insulina è un ormone fondamentale per molte funzioni corporee, compresa la salute delle cellule
cerebrali. Il team ha identificato parecchie anormalità nell'attività delle due principali vie di
segnalazione dell'insulina e del fattore di crescita insulino simile (IGF-1) in pazienti non diabetici
affetti dalla malattia di Alzheimer. Questi percorsi potrebbero essere bersaglio di farmaci in grado di

148
re-sensibilizzare il cervello all’insulina, rallentando o forse anche migliorando il declino cognitivo
legato alla malattia. Si tratta del primo studio che dimostra direttamente che l'insulino-resistenza si
verifica effettivamente nel cervello di persone affette da malattia di Alzheimer.

Il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer aumenta del 50% nelle persone con diabete. Il team
di ricerca ha scoperto che la resistenza all’insulina nel cervello si verifica indipendentemente dalla
presenza del diabete. I ricercatori hanno utilizzato campioni di tessuto cerebrale post-mortem da
pazienti non diabetici con la malattia di Alzheimer: dopo aver stimolato il tessuto con l'insulina
hanno misurato la quantità di insulina attiva e questa è stata riscontrata in misura
decisamente minore nei casi di Alzheimer rispetto ai campioni di pazienti non affetti dalla
malattia neurodegenerativa.

Nel tessuto delle persone affette da morbo di Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve (MCI), i
ricercatori hanno scoperto che le modifiche apportate a una proteina chiamata substrato recettore
dell'insulina-1 (IRS-1 e pS636/639 pS616) nelle cellule cerebrali erano legati alla gravità del deficit
di memoria, indipendentemente da età, sesso, presenza di diabete, o di apolipoproteina E (APOE). ​I
livelli di IRS-1 erano significativamente associati alla presenza di placche di beta amiloide e
grovigli neurofibrillari​, i marcatori più noti della malattia di Alzheimer. Questo suggerisce che la
resistenza all'insulina contribuisce al declino cognitivo indipendente dalla patologia classica
del morbo di Alzheimer.

I ricercatori hanno notato che ben tre farmaci insulino-sensibilizzanti sono in grado attraversare la
barriera emato-encefalica e potrebbero correggere l’insulino-resistenza nel morbo di Alzheimer e
nel deterioramento cognitivo lieve (MCI). Dovranno quindi essere condotti degli studi clinici per
determinare l’impatto di questi farmaci in pazienti non diabetici affetti da Alzheimer e MCI.

"La nostra ricerca dimostra chiaramente che la capacità del cervello di rispondere all'insulina non
solo modula l'assorbimento del glucosio, ma promuove anche la salute delle cellule cerebrali – ha
dichiarato Steven E. Arnold, MD, professore di Psichiatria e Neurologia e primo autore dello studio -
Noi crediamo che la resistenza all'insulina del cervello possa essere un fattore importante per il
declino cognitivo associato alla malattia di Alzheimer. ​Se siamo in grado di prevenire la
resistenza all'insulina del cervello, o ri-sensibilizzare le cellule cerebrali per l'insulina con
una qualsiasi delle terapie attualmente disponibili, potremmo essere in grado di rallentare,
impedire, o forse anche di migliorare il declino cognitivo.”

L’argomento non è stato trattato dalla prof.ssa a lezione, ma risulta molto


interessante ai fini della ricerca. Per chi fosse interessato, scannerizzando il
QR-code, potrà accedere all’articolo di un altro studio condotto dalla Iowa State
University.

149
La patogenesi del DT2 può essere riassunta nel cosiddetto ‘’ottetto minaccioso’’:
- Alterata secrezione insulinica della β cellula;
- Aumentata secrezione di glucagone da parte dell’ɑ-cellula;
- Riduzione dell’effetto incretinico nell’intestino;
- Aumento della lipolisi a livello adiposo;
- Aumentato riassorbimento di glucosio renale;
- Ridotta captazione di glucosio da parte del muscolo;
- Aumentata gluconeogenesi epatica e rilascio di glucosio;
- Disfunzione della neurotrasmissione nel cervello.

Terapia del diabete mellito di tipo 2


Obiettivi terapia
La terapia del diabete deve mirare a:
- Abbassare la glicemia;
- Eliminare i sintomi clinici della malattia;
- Evitare le complicanze acute;
- Prevenire o ritardare le complicanze croniche.

Le complicanze croniche, derivano da tutta una serie di elementi quali: iperglicemia, dislipidemia,
alterazioni della coagulazione, insulinoresistenza ed ipertensione. Agendo in tempo su questi fattori
possiamo prevenire o ritardare la loro insorgenza.

Glicemia
Sebbene questa sia fondamentale, nella valutazione degli obiettivi terapeutici in un soggetto con
diabete 2 non si guarda solo alla glicemia: il diabetologo non è un glicemologo. Se sistemassimo la
glicemia ma non controllassimo altre cose come lipidi, fumo, ipertensione ecc non avremo risolto
niente e il pz resterà comunque ad alto rischio.

Si deve valutare la cosiddetta triade del glucosio:


- FPG (livello basale di glucosio);
- PPG (picco di glucosio post prandiale);
- HbA1c (Hb glicosilata, media del glucosio nei 3 mesi precedenti).

Generalmente le persone
trascorrono la maggior parte
della giornata in uno stato
post-prandiale

Bianco e nero: in alto è


post-prandiale, nel mezzo
post-assorbimento in basso
dopo le 4 am è digiuno.

150
I target glicemici per i pz diabetici sono riportati in tabella.
La ​Consensus (SID/AMD) è usata in Italia e prevede questi obiettivi per evitare le complicanze
croniche:
- Glicata <6,5 - 7%;
- Glicemia a digiuno tra 80-130 mg/dl;
- Glicemia postprandiale <160 mg/dl.

Tutto questo va bene se il soggetto ha delle buone condizioni generali:


- Giovane o anziano che presenta una buona aspettativa di vita > 5 anni;
- Assenza di complicanze micro e macrovascolari;
- Normali funzioni cognitive;
- Normale stato funzionale;
- Adeguato supporto sociale;
- Breve durata del diabete.
Se il soggetto presenta​:
- Breve aspettativa di vita <5 anni;
- Complicanze micro e macrovascolari avanzate;
- Lunga durata della malattia;
- Familiarità;
- Comorbilità;
- Complicanze del diabete;
- Preferenze (anche se ad un certo punto queste passano in secondo piano);
- Ambiente sociale non adeguato;
- Disfunzioni cognitive;
- Problemi psichiatrici (depressione);
- Intolleranza ai farmaci;
- Scarso accesso ai farmaci.
L’obiettivo terapeutico sulla glicata può essere abbassato, accontentandoci di valori tra ​7,5 - 8,5%.

Sebbene si consideri anziano un soggetto di età > 65 anni, per quanto riguarda il diabete, possiamo
considerare questo limite un po’ più in avanti.
Per svilupparsi le complicanze, lo scompenso deve durare da circa 10 anni: se il soggetto ha una
diagnosi di diabete ad 80 anni, possiamo anche permetterci di lasciarlo con una glicata un tantino
più alta, dato che possiamo anche permetterci che a 90 anni si sviluppino delle complicanze. Se
prendessimo ad esempio un soggetto diabetico 80enne che sta bene e non presenta complicanze o

151
altre patologie, possiamo permetterci di
attuare un target terapeutico un po’ più
aggressivo, cercando sempre di evitare le
ipoglicemie.

Dobbiamo inoltre fare molta attenzione alla


scarsa compliance dei pz anziani, dato che
essi prendono già molti farmaci per altre
patologie, e quindi ad un certo punto
potrebbero pensare di smettere
autonomamente di prendere un farmaco.

La mortalità legata al diabete è


particolarmente alta nei soggetti anziani.
Esistono diversi rischi associati ad un
controllo aggressivo ma anche una
persistente iperglicemia può peggiorare le
patologie spesso associate al diabete nell’anziano (ictus, nefropatia, disfunzioni cognitive).
Considerando che un pz di 65 ha oggi un’aspettativa di vita di oltre 18 anni, può avere il tempo di
sviluppare le complicanze. Obiettivo primario nei pz anziani è quello di mantenere indipendenza
nella vita quotidiana.
Essendo una patologia cronica i pz necessitano di essere sempre motivati.

Lipidi
Dipende anche dal soggetto: un aumento
delle LDL aumenta il rischio cardiovascolare.
All’aumentare dei livelli di colesterolo sia nei
non diabetici, che nei diabetici aumenta il
rischio cv, comunque maggiormente nei
diabetici. È stato visto che l’aumento del 10%
del colesterolo si associa ad un aumento del
27% delle malattie cardiovascolari e una
riduzione del 10% del colesterolo si
accompagna ad una riduzione del rischio del
25% di malattie cardiovascolari in 5 anni.

Slide: a dx tutti i diabetici, a sx i non diabetici

Le alterazioni delle lipoproteine nel diabete mellito portano alla dislipidemia aterogena,
caratterizzata da:
- Aumento dei trigliceridi;
- Aumento delle VLDL;
- Aumento delle LDL e delle LDL piccole e dense;
- Aumento della Lipoproteina a;
- Riduzione delle HDL

152
Il diabete viene considerato come un equivalente di rischio di malattie cardiovascolari:
- Rischio di eventi coronarici maggiore/uguale a quello dei pz con CHD conclamata;
- Rischio in 10 anni di CDH > 20%.

Come si vede nella lezione sulle dislipidemie, non esiste un valore soglia al di sotto del quale la
colesterolemia non sia associata ad un rischio più basso, ma vale sempre la regola che più è basso
il colesterolo LDL minore è il rischio per il pz.
Ridurre il colesterolo quanto più possibile può compensare l’effetto negativo del diabete e quindi
ridurre il rischio ad esso associato.

Le raccomandazioni dell’ATP III per il trattamento del colesterolo, suggeriscono che:


- Nei pz ad alto rischio (diabetici) l’obiettivo minimo è LDL < 100 mg/dl​;

- Pz diabetici a rischio molto alto LDL < 70 mg/dl ​è un’opzione terapeutica


giustificata:
- Patologia cardiovascolare + multipli fattori di rischio maggiori;
- Patologia cardiovascolare + gravi e non controllati fattori di rischio (fumo);
- Patologia cardiovascolare + diversi fattori di rischio della sindrome
metabolica (TG > 200 mg/dl, Colesterolo non HDL > 130 mg/dl, HDL < 40
mg/dl)

Se diamo una terapia che riduce il colesterolo totale riduciamo anche HDL quindi dobbiamo trovare
un compromesso (ad oggi non ci sono farmaci che aumentano HDL, l’unica cosa per ora dimostrata
è l’attività fisica).

Pressione
All'aumentare della pressione sistolica aumenta il
rischio cv più nei diabetici che nei non diabetici.

Ogni 10 mmHg di riduzione della pressione


sistolica avremo una riduzione del:
- 12% del rischio di ogni complicanza
associata al diabete;
- 15% mortalità correlata al diabete;
- 11% rischio di IMA;
- 13% rischio di complicanze
microvascolari.

153
Sicuramente non si può parlare di un singolo obiettivo per tutti uguale per i pz diabetici ma oggi si
parla di terapia sartoriale che deve essere costruita intorno ai pz.

Terapia
Dieta
La dieta è una parte cruciale del trattamento ed i pz diabetici dovrebbero ricevere un’adeguata
dieta. Una moderata riduzione dell’apporto calorico, associata ad un aumento del dispendio
energetico, è raccomandata nei pz diabetici sovrappeso e obesi. Il calo ponderale in questo caso è
il principale obiettivo e si associa ad un miglioramento del compenso glicemico poiché riduce
l’insulinoresistenza. La composizione della dieta non differisce sostanzialmente dalla dieta
bilanciata consigliata a tutti gli individui. L’obiettivo è quello di evitare rapide escursioni dei livelli
glicemici ma anche e soprattutto di prevenire lo sviluppo delle complicanze croniche.

Esercizio fisico
Riduce il rischio cardiovascolare, la pressione arteriosa, il peso corporeo, la massa grassa, la
glicemia (durante e dopo l’esercizio) e l’insulinoresistenza ed inoltre può avere grandi effetti
psicologici positivi. Un programma di esercizio fisico è consigliabile in tutti i soggetti diabetici e
rientra nel piano terapeutico.

Terapia medica
Abbiamo vari tipi di farmaci che agiscono sui vari protagonisti (visti sopra) che determinano
iperglicemia:
- Per quanto riguarda i ​tessuti insulino sensibili (fegato, tessuto adiposo, muscolo)​,
possiamo utilizzare i ​farmaci sensibilizzatori dell’insulina come la ​Metformina.
Questa a livello epatico ad esempio, permette di ridurre l’insulinoresistenza
bloccando la gluconeogenesi epatica e quindi il rilascio di glucosio. È il farmaco di

154
prima scelta poiché ha una buona azione (riduzione HbA1c dell'1,5%), induce un
lieve calo ponderale, riduce gli FFA e i TG e non causa ipoglicemia.
Altri farmaci con la stessa azione sono i ​Glitazoni. ​Questi agiscono meglio in
periferia aumentando la captazione del glucosio (tessuto adiposo e muscolare, molto
di più sul primo) piuttosto che a livello epatico;

- L’altro protagonista è rappresentato dalla ​riduzione della produzione di insulina dalle


cellule β​. Possiamo utilizzare dei farmaci che stimolano la secrezione insulinica:
Sulfoniluree, ​molecole vecchie e ormai superate poiché causano gravissimi
ipoglicemie a causa dell’azione prolungata ed inoltre provocano aumento del peso.
Per ridurre questi effetti si inizia la terapia a bassa dose e si aumenta la posologia
gradualmente.
Glinidi hanno lo svantaggio di essere dipendenti. Esse aumentano la secrezione
dell’insulina indipendentemente dalla concentrazione di glucosio causando
ipoglicemia postprandiale. Queste molecole dovrebbero essere abbandonate, anche
se qualcuna che merita di essere utilizzata c’è.
Tra i secretagoghi le più nuove sono le ​Incretine come gli analoghi del GLP-1 che
legando lo stesso recettore presentano gli stessi effetti ​(lezione 14). ​Esistono farmaci
che permettono al GLP-1 endogeno di prolungare la sua azione ovvero gli inibitori
degli enzimi di degradazione del GLP-1 (l’enzima DPP 4 scinde rapidamente il
GLP-1, ed inibendo questo enzima aumenta la quota endogena). La terapia con le
incretine può quindi essere effettuata sia somministrando dall’esterno o mantenendo
quello endogeno.
Nel momento in cui non siamo più in grado di mantenere la secrezione di insulina è
necessario fare terapia sostitutiva con insulina (come avviene nel DT1);

- Bloccare l’aumentata secrezione di glucagone da parte delle cellule ɑ utilizziamo le


incretine;

- Per ​aumentare l’effetto dell’insulina a livello gastrico​ utilizziamo sempre le ​incretine;

- Per ​bloccare l’aumentato riassorbimento del glucosio a livello renale utilizziamo gli
inibitori di SGLT2 o Gliflozine. ​Questi inibitori determinano la perdita del 40% del
glucosio filtrato a livello renale con le urine. Questi farmaci presentano anche degli
ottimi effetti extrarenali che li rendono particolarmente interessanti per la terapia del
DT2, tra questi: parziale inibizione di SGLT1 che a sua volta comporta una riduzione
dell’assorbimento di glucosio a livello intestinale, riduzione del peso corporeo per
dissipazione di parte delle calorie introdotte tramite la glicosuria, riduzione dei valori
pressori per azione diuretica osmotica. I farmaci inibitori del SGLT2 causano anche
una riduzione dei livelli di HbA1c (0,79% in monoterapia e 0,61% in associazione ad
un altro ipoglicemizzante orale). Essi inoltre hanno un basso rischio di determinare
ipoglicemia tranne che associati a terapia insulinica. Tra gli effetti collaterali, a causa
della grande quantità di glucosio che viene persa con le urine e quindi transita a
livello uretrale, vi è un lieve aumento del rischio di contrarre infezioni uro-genitali (di
dice al pz di bere di più per aumentare la diuresi e quindi pulire le vie urinarie);

155
- Per ​attivare il senso della sazietà a livello centrale si utilizzano degli ​agonisti del
GLP-1R in gradi di attraversare la barriera emato encefalica, agire sul recettore a
livello ipotalamico e dare sensazione di sazietà. Questa viene data anche perché
riducono lo svuotamento gastrico e questo attiva il senso della sazietà (distensione
della parete gastrica).

Diabete in età pediatrica


Patogenesi del diabete di tipo 1
Il diabete di tipo 1 è una delle patologie croniche più frequenti nei bambini e negli adolescenti,
rappresentando l’85% di tutti i casi di diabete in età pediatrica.

Secondo dati del 1989, la nazione con più casi di diabete di tipo 1 al mondo è la Finlandia, segue
subito l’Italia e nello specifico la Sardegna (si pensa che questo sia dovuto alla migrazione in tempi
remoti da parte di abitanti finlandesi). Nel corso dei secoli, si sono selezionati delle famiglie
(ricordiamo che stiamo sempre parlando di un’isola) in cui c’è familiarità per il diabete di tipo 1.

Il diabete di tipo 1 ha avuto un'impennata


di nuovi casi.

Patogenesi
Il diabete di tipo 1 è causato dalla distruzione autoimmune delle cellule β del pancreas. Ancora non
si ha la certezza sul perché il sistema immunitario si attivi, ma si pensa che un ruolo fondamentale
sia svolto da fattori ambientali nei soggetti il cui sistema immunitario è predisposto a sviluppare una

156
reazione autoimmune contro un antigene danneggiato della cellula β (meno probabilmente contro
molecole β simili ad antigeni virali per mimetismo molecolare. Può capitare che il DMT1 compaia
dopo un’infezione virale, ma questo ancora non è stato pienamente dimostrato). Si era parlato
anche di fattori dietetici ipotizzando un ruolo degli alimenti contenenti glutine, dello svezzamento
precoce o dell’utilizzo del latte vaccino (presenza di anticorpi che non riuscendo ad essere
contrastati da quelli del bambino, arriverebbero al pancreas e lo distruggerebbero poiché simili agli
anticorpi contro le isole pancreatiche), ma tutte queste ipotesi hanno perso valore nel corso del
tempo. Che qualcosa a livello ambientale dia origine al processo è quasi certo, il problema è che
non sappiamo quale sia.

La distruzione delle cellule β è mediata prevalentemente da linfociti T attraverso il rilascio di


citochine o tramite citotossicità diretta e si realizza nel corso di mesi o anni durante i quali il
soggetto è asintomatico ed euglicemico. Questo lungo periodo di latenza è dovuto al fatto che è
necessaria la distruzione di un elevato numero di cellule β (80%) per instaurarsi un deficit
funzionale.

Le probabilità di contrarre il DMT1 che


vediamo in tabella, supportano l’idea di
una suscettibilità genetica allo sviluppo
della malattia. Sono stati identificati
numerosi geni le cui varianti polimorfiche
si associano a DMT1: tra queste i più
importanti sono i polimorfismi dei geni
della regione HLA (DQɑ, DQβ, DR) che
spiegano il 41% dell’aggregazione
familiare.

Storia naturale del DMT1


Quando compaiono gli anticorpi siamo
già in una fase di perdita di massa
cellulare β (è stato dimostrato che i
linfociti B e la produzione di anticorpi
non siano necessari per lo sviluppo del
diabete poiché la distruzione cellulare
è mediata per lo più dai linfociti T). Per
comparire l’iperglicemia il pancreas
deve essere distrutto oltre il 80%.

157
Presentazione del DMT1
Rispetto al tipo 2 la presentazione del diabete di tipo 1 è molto chiara e ci permette di fare diagnosi.
La presentazione può essere:
Classica​:
- Poliuria, nicturia, enuresi;
- Polidipsia;
- Perdita di peso;
- Scarso accrescimento;
- Facile affaticamento;
- Polifagia o inappetenza;
- Vomito;
- Facili infezioni (vaginali);
​Chetosi con o senza acidosi:
- Dolori addominali;
- Nausea, vomito;
- Tachipnea e respirazione profonda (respiro di Kussmaul);
- Alito acetonemico ​è una delle cose che ci permette di fare diagnosi​;
- Letargia, shock, coma.
Asintomatico:
- Scoperta casuale.

Oggi sempre più diffusa la scoperta casuale, poiché ai primi sintomi il medico si insospettisce e
consiglia di eseguire un controllo della glicemia.

Terapia del DMT1


L’obiettivo della terapia del DMT1 è più semplice perché infondo è una terapia che deve mimare la
fisiologica secrezione dell’insulina da parte del pancreas, tenendo conto dello stile di vita del pz,
delle abitudini alimentari e dell’attività fisica.
Non è solo insulina che viene fatta ai pasti, ma c’è anche una secrezione di insulina basale che
tiene i livelli normali. Mancando la normale secrezione fisiologica di insulina noi dall’esterno
dobbiamo dare sia l’insulina basale che quella ai pasti.

Terapia insulinica tramite penna


La prof.ssa spiega il funzionamento della penna, che è possibile vedere nel video scansionando il
QR-code.

158
Terapia con microinfusore
Si tratta di un dispositivo portatile, piccolo e
discreto, che tramite un set infusionale e un
ago-cannula, somministra insulina ad azione rapida
24 ore su 24. Generalmente, il microinfusore è
piccolo e discreto e può essere indossato durante
tutte le attività della vita quotidiana, compresa
l’attività fisica
Comprende un set d’infusione ed un serbatoio che
vanno sostituiti in genere ogni 2-3 giorni e, per
evitare l’insorgenza di infezioni, è necessario
ruotare il sito di applicazione dell'ago cannula.

Il microinfusore insulinico imita l’azione del pancreas, rilasciando durante l’intera giornata il
quantitativo di insulina necessario all’organismo.
Tale dispositivo somministra l’insulina in due differenti modi:
- Attraverso un’infusione basale continua, che mantiene normali i valori glicemici
lontano dai pasti;
- Con un’infusione di boli, che permette durante i pasti di fornire la corretta quantità di
insulina a seconda degli alimenti assunti e della glicemia.
A seconda del modello, il microinfusore può essere applicato direttamente sulla cute (patch pump o
microinfusore a cerotto) oppure indossato, attaccandolo alla cintura, portandolo in tasca o
applicandolo al reggiseno.
Il microinfusore è sempre dotato di un set infusionale che collega il serbatoio contenuto all'interno
del dispositivo all'ago cannula che somministra l'insulina sottocute. L'ago viene generalmente
applicato con un insertore dedicato.
Rispetto alla terapia insulinica tradizionale, il microinfusore permette di ricevere un apporto di
insulina preciso e costante nel tempo, emulando la funzionalità del pancreas; la velocità basale di
somministrazione dell’insulina, inoltre, può essere regolata a seconda delle necessità e dello stato
psicofisico del paziente. Essendo molto discreto, può essere portato sotto i vestiti senza essere
notato, lasciando al paziente diabetico la libertà di vivere la propria quotidianità senza limiti e senza
rinunce.

Gli infusori sono degli strumenti che devono stare sempre con il pz. Se il soggetto non ha il
microinfusore non può fare l’insulina. Non tutti vogliono il microinfusore e non per tutti c’è
l'indicazione. Se il soggetto normalmente fa pochi controlli, un po’ se ne frega, con una terapia di
questo tipo c’è il rischio che si vada in chetoacidosi, perché lo strumento è semiautomatico (molto
più alto il rischio che rispetto alle penne perché facendo la basale c’è una riserva, in questo caso
dopo 2-3 ore non c’è più niente). In soggetti che non sono attenti e che non fanno una gestione
attiva della terapia è bene non metterlo perché più rischioso. Alcuni non lo vogliono per una
questione psicologica poiché è come se portassero la malattia con loro, mentre con la penna, fai
l’infusione e si chiude la.

Chi ha il microinfusore fa un solo tipo di insulina, mentre chi fa terapia con la penna ne ha due tipi:
quella basale e quella dopo i pasti.
Spesso i microinfusori sono collegati a dei sensori.

159
Monitoraggio domiciliare della glicemia
Alcuni tipi di farmaci o quelli che fanno terapia insulinica
devono controllare la glicemia a casa. Il monitoraggio della
glicemia è uno strumento indispensabile per ottenere un
buon compenso glicemico in pazienti che praticano terapia
insulinica. Il monitoraggio della glicemia a domicilio può
essere fatto con un ​glucometro ​(glicemia capillare), non
c’è bisogno di disinfettarsi le mani ma queste devono
essere pulite per fare la glicemia. Oppure nei pazienti con
diabete tipo 1 il monitoraggio si può fare anche con un
sensore glicemico​, che permette di misurare in continuo nelle 24 ore i livelli di glucosio a livello
dell’interstizio. Inserito nel sottocute, il sensore rileva i livelli glicemici a intervalli di 5 minuti (288
rilevazioni al giorno).

Il sensore non è altro che un


cerottino che dura 3 giorni, ma
ce ne sono anche di 7 giorni. Si
passa il lettore vicino al cerotto
oppure si possono utilizzare
anche delle app.

Ci sono altri sensori come quelli impiantabili (a fluorescenza), cioè sono dei sensori che vengono
messi sottocute con una piccola incisione nel braccio e stanno là dentro 180 giorno (6 mesi)
registrando ogni giorno. Dopo 6 mesi se ne mette un altro. Questi sono dotati di un trasmettitore che
invia i dati al telefono.

160
Pre-diabete
Una condizione di:
- Elevata glicemia a digiuno (IGF) tra 100 - 126 mg/dl o
- Alterata tolleranza al glucosio (IGT) = Glicemia 2h tra i 140 - 200 mg/dl dopo
carico orale

viene definita ​Pre-diabete​: condizione nella quale i livelli di glicemia sono più alti della norma, ma
non sufficientemente elevati per fare una diagnosi di diabete.
Il pre-diabete può essere considerato come una fase precoce del diabete poiché una grande
percentuali di questi soggetti svilupperà la patologia. La gran parte dei prediabetici è asintomatica
ma hanno un rischio cardiovascolare 1,5 volte maggiore rispetto a chi ha una normoglicemia.
Oltre il 12% della popolazione tra 40 e 74 anni ha un pre-diabete;
Circa l’11% di questi diventano diabetici. In questi casi comunque riducendo l’insulinoresistenza
possiamo prevenire la progressione verso il diabete di tipo 2.

I soggetti che sono maggiormente a rischio di sviluppare diabete presentano:


- Familiarità per diabete (genitori, fratelli, figli);
- Obesità o sovrappeso associata a sedentarietà;
- Età > 45 anni;
- Storia di IGF o IGT;
- Ipertensione arteriosa (> 140/90 mmHg);
- Livelli di trigliceridi > 250 mg/dl e di HDL-C < 40 mg/dl;
- Storia di diabete gestazionale o di un parto con neonato di peso > 4 Kg o storia di
aborti multipli.

I potenziali candidati per lo screening e la prevenzione del DMT2 sono:


- Soggetti di età > 45 anni con BMI > 25 ed un altro fattore di rischio;
- Soggetti di età < 45 anni con BMI >25 e altri due fattori di rischio.

È chiaro che nella scelta dello screening oggi abbiamo la Hb-glicata che comunque non basta da
sola perché dobbiamo capire se è pre diabetico o diabetico. Quindi siamo costretti a fare il OGTT
che non si fa come screening di massa ma serve per identificare più soggetti a rischio. di quelli che
potremo fare.

Nei pre diabetici non si agisce tramite farmaci ma modificando lo stile di vita (se è presente obesità
ad esempio BMI >35 con una complicanza possiamo agire con alcuni farmaci). Se il soggetto ha un
BMI di 30-31 è comunque a rischio ma possiamo agire solo con la dieta, se utilizziamo dei farmaci

161
in questo caso sono off-label. Questo è un problema perché questa è la vera terapia però sappiamo
che l’aderenza non è a lungo termine e quindi la prevenzione è difficile da fare.

Sindrome metabolica
È una patologia multifattoriale eterogenea che ha alla base l'insulinoresistenza. La sindrome
metabolica raggruppa diverse alterazioni metaboliche e fattori di rischio per malattia cardiovascolare
facili da identificare:
- Dislipidemia aterogena;
- Ipertensione;
- Iperglicemia;
- Stato protrombotico;
- Stato proinfiammatorio.
Si accompagna ad un aumento della probabilità di evoluzione del pz verso il diabete di tipo 2 e ad
un aumento del rischio cardiovascolare.
Consente di identificare i soggetti a rischio elevato e di intervenire per prevenire morbilità e
mortalità.

Diagnosi
I ​criteri del NCEP-ATP III report ​indicano che devono essere presenti almeno 3 di queste
alterazioni:
- Obesità addominale ​CV > 102 cm (M), >88 cm (F);
- Glicemia a digiuno ​> 110 mg/dl;
- PA ​> 130/85 mmHg (o pz in terapia);
- Colesterolo HDL ​< 40 mg/dl (M) o < 50 mg/dl (F);
- Trigliceridi ​> 150 mg/dl (o pz in terapia).

I ​criteri dell’IDF (International Diabetes Federation) ​indicano che devono essere presenti:
- Obesità addominale ​CV > 94 (M), > 80 (F); ​+ 2 dei seguenti fattori:
- Glicemia a digiuno ​> 100 mg/dl;
- PA​ > 130/85 mmHg (o pz in terapia);
- Colesterolo HDL ​< 40 mg/dl (M), <50 mg/dl (F) o pz in terapia;
- Trigliceridi ​> 150 mg/dl (o terapia).

La differenza è che nei criteri dell’IDF deve essere per forza presente un’alterazione della cv e che
la glicemia a digiuno deve essere un tantino più bassa.

162
Come per il diabete all’aumentare dell’età
aumenta il rischio di sindrome metabolica.

Chi ha la sindrome metabolica ha un


rischio di mortalità cardiovascolare
significativamente maggiore rispetto
a chi non ha la sindrome metabolica.

Bianco e nero: la linea in basso


rappresenta i soggetti senza
sindrome metabolica, quella in alto i
soggetti con sindrome metabolica.

Come visto nella lezione sull’obesità, anche una


circonferenza vita elevata espone l’individuo ad un
aumentato rischio cardiovascolare.
Bianco e nero: in ogni gruppo di colonne, a sx il
primo terzile, nel mezzo il secondo terzile, a dx il
terzo terzile. Ogni terzile è caratterizzato da un
incremento della circonferenza vita rispetto al
precedente e quindi del rischio cardiovascolare

163
Patogenesi Sindrome Metabolica
Alla base della patogenesi della sindrome metabolica sta l’insulino resistenza. Da essa derivano
tutte le condizioni che caratterizzano la sindrome:
- Ipertensione;
- Dislipidemia;
- Iperglicemia;
- Infiammazione;
- Iperinsulinemia;
- Disfunzione endoteliale;
- Alterazioni della coagulazione.

Ipotesi infiammatoria
- Introito di cibo fa
aumentare tutti i fattori
dell’infiammazione. A
questo contribuiscono
obesità e fattori genetici;
- I fattori dell’infiammazione
causano stress ossidativo
con blocco dell IRS-1 ed
interruzione del segnale
insulinico;
- Il blocco del segnale
insulinico causa
insulinoresistenza (che
contribuisce di per sé allo
stato infiammatorio);
- A causa dell’insulinoresistenza aumenta la lipolisi e quindi la liberazione di acidi
grassi liberi che da un lato incrementano l’insulinoresistenza e dall’altro stimolano lo
stato infiammatorio.

Domanda su diabete e attività fisica​: il famoso 250 mg/dl di glicemia che impedisce di fare attività
fisica. Il discorso è che in linea di massima l’attività fisica fa ridurre la glicemia, ma in questo caso la
differenza viene fatta dai chetoni: se non c’è insulina aumenta la glicemia e se l’insulina non è
sufficiente compaiono i corpi chetonici. Se la glicemia a 250 persiste per almeno 3 ore, si devono
controllare i chetoni: se positivi vuol dire che siamo in riserva di insulina, quindi manca da tanto
tempo e si sono dovuti bruciare gli acidi grassi, quindi prima si deve correggere la glicemia facendo
si che i chetoni ritornino normali e poi si fa attività fisica. Se i chetoni sono negativi si fa la
correzione comunque, in qualsiasi caso la glicemia viene corretta, tenendo conto che si deve fare
attività fisica e poi si può fare (iperglicemia continua da poco). Se la glicemia è normale e si hanno
120-130 si deve fare uno spuntino, soprattutto se si sa che la glicemia si abbassa (carboidrati
complessi). L’attività fisica può anche far aumentare la glicemia, siccome questo è dipendente da
molti fattori, non si può far fare attività fisica con rischio che la glicemia si alzi. Quello che si
consiglia ai soggetti che vogliono fare attività fisica è di farsi osservare per vedere come risponde
l’organismo all’attività fisica (fare controlli prima e fino a molte ore dopo l'attività fisica perché la
risposta può essere tardiva).

164
Endocrinologia - Lezione 16

Complicanze Croniche del diabete


I pz con diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2, hanno notevole tendenza a sviluppare complicanze a
lungo termine che, per la loro frequenza fanno parte della storia naturale della malattia. Le
complicanze croniche vengono divise in:
- Microvascolari ​che comprendono retinopatia, nefropatia e neuropatia;
- Macrovascolari ​che comprendono Malattia cerebrovascolare, malattia coronarica,
malattia vascolare periferica (arteriopatia obliterante).
Il rischio di sviluppare le complicanze aumenta con la durata del diabete. Poiché il diabete di tipo 2
ha spesso una lunga fase di iperglicemia silente, è possibile che le complicanze possano essere già
presenti al momento della diagnosi.

Complicanze croniche microvascolari


Le complicanze croniche colpiscono i piccoli vasi e comprendono retinopatia, nefropatia e
neuropatia. Queste complicanze pongono un carico considerevole sul pz: il diabete è oggi la causa
primaria di nuovi casi di cecità nelle persone tra i 20 - 75 anni se non consideriamo gli eventi
traumatici. Allo stesso modo è anche la principale di causa di insufficienza renale terminale (ESRD)
e successiva dialisi. I dati mostrano inoltre come più del 60% dei pz diabetici sia affetto da
neuropatia.

Patogenesi della microangiopatia diabetica


L’​iperglicemia cronica è un fattore causale cruciale nello sviluppo delle complicanze
microangiopatiche. Studi di intervento hanno dimostrato in modo conclusivo che il miglioramento del
compenso glicemico è in grado di prevenire o ridurre significativamente lo sviluppo di retinopatia,
nefropatia e neuropatia. È stato osservato in diversi studi come a parità di compenso glicemico,
soltanto alcuni soggetti manifestano le complicanze microangiopatiche: questo suggerisce che altri
fattori possano avere un ruolo nello sviluppo delle complicanze:
- Genetica​. A livello genetico sono state fatte delle ipotesi, ma non sono stati
individuati geni direttamente responsabili. Che vi sia il peso della genetica è molto
probabile, il problema è che ancora non siamo riusciti a quantificare il suo ruolo​;
- Ipertensione;
- Fattori ambientali;
- Fattori di crescita​, la cui sintesi viene stimolata da processi ossidativi e radicali
liberi​;
- Alterazione emoreologiche ​(viscosità, velocità di flusso ecc)

Il glucosio per poter esercitare i suoi effetti deve essere internalizzato a livello cellulare: è
interessante notare come le complicanze croniche del diabete non colpiscano i tessuti la cui
captazione è regolata dall’insulina, poiché il deficit assoluto o relativo di insulina ostacolando
l’ingresso di glucosio all'interno della cellula proteggerebbe questi tessuti, sono infatti colpiti i tessuti
in cui l’internalizzazione cellulare è mediata dal trasportatore GLUT-1 indipendente dall’insulina.

165
Fondamentalmente la patogenesi è da ricondursi all’iperglicemia ed in particolare alle alterazioni
metaboliche che da essa derivano che causano una seguente disfunzione a livello endoteliale. Tra
esse annoveriamo:
- Stress ossidativo​. L’aumentata produzione di radicali liberi con aumento dello
stress ossidativo causa una ridotta disponibilità di NO di origine endoteliale e quindi
vasocostrizione, attivazione piastrinica e proliferare delle cellule muscolari lisce.
Questo causa poi un aumento delle LDL nella parete vascolare;
- Aumentata produzione di AGE (Prodotti Avanzati della Glicazione) che si legano
ai rispettivi recettori inducendo deposizione e ossidazione delle LDL con formazione
delle cellule schiumose (patogenesi della placca) ;
- Aumentata attività dell’aldoso reduttasi nella via dei polioli con conseguente
accumulo intracellulare di sorbitolo e fruttosio e incremento dello stress ossidativo. In
particolare il sorbitolo ha effetto osmotico, riducendo l’attività della pompa Na-ATPasi
(pompa sodio-potassio) e quindi richiama acqua. In questo modo si determina
alterazione della struttura delle cellule e rottura.
I polioli sono dei composti chimici che contengono più gruppi ossidrilici. Sono
carboidrati idrogenati usati come dolcificanti in sostituzione dello zucchero;
- Attivazione della PKC ​(in particolare le isoforme beta e delta) a causa
dell’aumentata produzione di DAG. Questa causa:
- Proliferazione cellulare;
- Alterazione del metabolismo glucidico e lipidico;
- Attivazione dei geni che promuovono l’aterosclerosi;
- Ridotta vasodilatazione;
- Aumentata permeabilità vasale.
- Glicosilazione non enzimatica della Hb. ​Allo stesso modo dell’Hb vengono glicate
proteine, acidi nucleici e tutta una serie di substrati alterandone la struttura e la
funzione (per le proteine in parte dovuto anche agli AGE);
- Fattori vasoattivi​;

Retinopatia diabetica
Spesso indicata con l’acronimo RD, è la principale causa di cecità negli adulti tra i 20 ed i 75 anni:
- 4% dei diabetici di tipo 1;
- 2% dei diabetici di tipo 2;
È quindi il doppio più frequente nei tipo 1 rispetto che ai tipo 2: i soggetti con diabete di tipo 1 sono
più predisposti poiché presentano un compenso glicemico più difficile da raggiungere e mantenere
rispetto al tipo 2 ed è quindi più probabile che si sviluppi retinopatia. Sebbene all’inizio i soggetti
possano riferire un’alterazione della visione, questa non è dovuta alla retinopatia bensì all’effetto
edemigeno a livello dell’occhio (edema della macula), fase iniziale che si risolve normalmente con il
compenso glicemico. Prendendo un soggetto diabetico, nell’80-90% dei casi un deficit visivo è
legato alla retinopatia, che aumenta all’aumentare della durata del diabete, poiché a parte il danno
legato all’effetto osmotico, la retina viene danneggiata dalla glicemia persistente nel tempo.

166
In caso di diagnosi di RD prima dei 30 anni la prevalenza è:
- 25% a 5 anni dalla diagnosi;
- 60% a 10 anni dalla diagnosi;
- 80% a 15 anni della diagnosi.

Quando si parla di complicanze microvascolari croniche ci si riferisce in generale allo scompenso


che dura da molto tempo. Un soggetto che non ha un background genetico sospetto e ha un buon
compenso glicemico, non sviluppa complicanze croniche, ma parimerito esistono pz che nonostante
presentino un compenso glicemico ottimale, sviluppano lo stesso le complicanze ed è qui che entra
in gioco il fattore genetico. Si parla di compenso glicemico, ma si devono anche considerare altri
fattori quali ipertensione, fumo, lipidi o fattori generalmente associati alla comparsa di complicanze.

Fattori di rischio
Per la RD è stata fatta un’​ipotesi genetica​, infatti la presenza dell’aplotipo DR3 si è associato ad
un aumento di 5 volte dell’incidenza di RD proliferativa (RDP).
L’​età​ è un fattore importante:
- Nel DMT1 aumenta progressivamente all’aumentare dell’età;
- Nel DMT2 è più facile che si abbia RD se l’insorgenza del diabete è precoce. Si nota
una percentuale del 5,3% in soggetti di età tra i 30-45 anni mentre dello 0-1% se l’età
è > 75 anni.

Come visto sopra in generale, la ​durata del diabete (scompensato) è importante anche per
l’incidenza e la progressione della malattia. Essa comunque è rara nei primi 5 anni della malattia.
Il ​controllo metabolico ​è un altro importante fattore di rischio ed è stata vista la forte correlazione
tra i livelli di HbA1c con l’insorgenza e la progressione del RD, tant'è che è reversibile, poiché se
siamo in grado di compensare possiamo far regredire la retinopatia (solo nella fase iniziale). Tra gli
altri fattori di rischio:
- Fumo;
- Dislipidemia;
- Consumo di alcol.

Classificazione ed eziopatogenesi
Sono stati identificati due stadi di retinopatia diabetica: semplice e proliferativa. Nel primo stadio
(retinopatia semplice o non proliferante) la perdita dei periciti e delle cellule endoteliali e
l’ispessimento della membrana basale determinano aumento della permeabilità vasale e sviluppo di
alterazioni microvascolari (formazione di microaneurismi, vasi tortuosi e dilatati, shunt artero venosi
e occlusione vasale). L’aumentata permeabilità vascolare, evidenziata dalla fuoriuscita di colorante
dai capillari, causa il passaggio extravasale di materiale plasmatico (lipidi e proteine) con
formazione di caratteristici essudati duri. I microaneurismi si possono rompere dando origine ad
emorragie retiniche che negli strati profondi sono puntiformi, mentre negli strati superficiali
assumono un aspetto ‘’a fiamma’’. L’obliterazione dei vasi, oltre a causare microinfarti denominati
‘’essudati cotonosi’’ è responsabile della produzione di VEGF che stimolano la formazione di nuovi
vasi nel tentativo di rivascolarizzazione.

167
In questa fase intervengono tutti i fattori di rischio: tra di questi notiamo la microalbuminuria (perdita
di tracce di albumina con le urine, siamo già nelle fasi iniziali della nefropatia). C’è una correlazione
tra microalbuminuria e retinopatia. Soprattutto nei soggetti con diabete di tipo 1 è possibile che
siano presenti entrambe le complicanze, quindi dobbiamo preoccuparci di fare indagini sia per la
nefropatia che la retinopatia.

Il secondo stadio ​(retinopatia


proliferativa)​, è caratterizzato
dalla formazione di questi vasi
interrotti dalle emorragie retiniche.
Questi vasi però si rompono
facilmente causando delle
emorragie nel vitreo, fibrosi e
distacco della retina con
conseguente riduzione del visus e
cecità (altra causa di cecità è
l’edema maculare, che si può
sviluppare in ogni stadio di
retinopatia). Il trattamento viene
eseguito con fotocoagulazione
laser o con iniezioni intraretiniche di anticorpi anti-VEGF.

168
Quando viene eseguito lo screening tramite con valutazione del fondo dell’occhio in dilatazione,
possiamo classificare secondo la ​International Clinical Diabetic Retinopathy (DR) Desease Severity
Scale​ la retinopatia in:

- Retinopatia diabetica assente​: nessuna lesione;


- Retinopatia diabetica non proliferante o background
- Lieve​: solo microaneurismi;
- Moderata​: più microaneurismi, ma non come nella forma grave;
- Grave (o pre-proliferante)​: qualsiasi dei seguenti:
- >20 emorragie intraretiniche in ciascuno dei 4 quadranti;
- alterazioni venose a corona di rosario in 2 o più quadranti;
- anomalie intravascolari retiniche (IRMA) in 1 o più quadranti senza
segni di retinopatia proliferante;
- Retinopatia diabetica proliferante​: 1 o più dei seguenti:
- Neovascolarizzazione;
- Emorragie vitreali/pre-retiniche;
- + Edema maculare diabetico​: può presentarsi in associazione sia alla retinopatia diabetica
non proliferante che a quella proliferante

La forma grave (o pre-proliferante), la retinopatia diabetica proliferante e l’edema maculare


diabetico sono delle ​lesioni che minacciano la vista​.

Sintomatolgoia
La sintomatologia non è molto presente, infatti vi è discrepanza con il quadro clinico. L’assenza di
sintomi non costituisce un dato significativo per valutare la presenza e la gravità delle RD e da qui
nasce la necessità di eseguire indagini strumentali. Spesso il pz lamenta una lieve riduzione
dell’acuità visiva a lenta insorgenza (edema della regione maculare). Per quanto riguarda i bruschi
cali della vista sono invece dovuti a fenomeni emorragici.

169
Screening
Tutti i pz diabetici devono essere sottoposti periodicamente a visita oculistica (valutazione fondo
dell’occhio in dilatazione). I controlli devono essere ravvicinati qualora siano presenti delle
alterazioni tipiche della RD.

Prima visita
Per il diabete 1 si deve fare entro 5 anni dalla diagnosi, questo poiché l'esordio è certo e aspettiamo
un po’ di anni prima di ricercare una complicanza. Nel caso del diabete di tipo 2 si fa alla diagnosi,
perché non è noto il momento esatto in cui è comparso il diabete dato che generalmente la diagnosi
non coincide con insorgenza della patologia (iperglicemia a lungo asintomatica).

Partendo dal presupposto che la gravidanza si deve programmare, si devono fare un sacco di
controlli e mantenere HbA1c < 6%, l’esame del fundus si deve fare prima del concepimento o nel I
trimestre. Siccome la gravidanza comporta nella maggior parte dei casi un buon compenso
glicemico, anche un passaggio da buono a cattivo compenso può causare un peggioramento della
retinopatia (comunque reversibile). Per questo si esegue un follow up ogni trimestre.

Donna con diabete gestazionale: Una donna che sviluppa diabete gestazionale e al controllo
regolare dopo 6-7 mesi viene rilevato il diabete di tipo 2, secondo la tabella saremo tentati di fare
subito lo screening, ma dato che sappiamo che il diabete è di recente insorgenza, si aspettano i 5
anni. Questo esempio viene portato dalla prof.ssa per rimarcare il concetto che per lo sviluppo delle
complicanze microvascolari sono necessari alcuni anni di patologia.

Follow-up
Il follow up si fa ogni anno sia nel tipo 1 che nel tipo 2. Questo vale se non ci sono dei fattori perché
se nel tempo è peggiorato il compenso o è comparsa una complicanza cronica lo si fa con maggior
frequenza.

170
Terapia
Per la retinopatia diabetica, si fanno terapie sistemiche:
- Controllo glicemico;
- Controllo pressorio;
- ACE-inibitori/sartani. In soggetti con pressione arteriosa normale ma con inizio di
albuminuria, si danno ACE-inibitori o sartani a basso dosaggio. Per la retinopatia
diabetica ci sono dati discordanti perché alcuni hanno visto che non progredisce la
patologia così come succede per la nefropatia, mentre altri no. Al momento non c’è
l’indicazione per il trattamento della retinopatia lieve con questi farmaci.
Terapie locali:
- Fotocoagulazione;
- Iniezioni intravitreali con VEGF;
- Vitrectomia.

Nefropatia Diabetica
È la causa più frequente di insufficienza renale cronica nei paesi occidentali. Circa il 33% dei pz che
va incontro ad emodialisi è affetto da nefropatia diabetica. Si presenta nel 30% dei pz con diabete e
più frequentemente:
- Negli individui di sesso maschile;
- Pz in cui il diabete è insorto prima dei 15 anni.

Fattori di rischio
Si ritiene che fattori genetici ed elevati livelli di pressione arteriosa conferiscono suscettibilità allo
sviluppo della complicanza. Alcuni fattori di rischio hanno peso diverso se si parla di DMT1 e DMT2:

I fattori con la freccia sono quelli maggiormente importanti nello sviluppo della complicanza.

171
La presenza di tracce di albumina (microalbuminuria) è un fattore di rischio per entrambi i tipi di
diabete. Il sesso maschile è maggiormente coinvolto in entrambe le forme così come la familiarità.
L’aumento della pressione arteriosa è più importante per il tipo 2 che per il tipo 1.

Eziopatogenesi
Come già detto nel caso della retinopatia, i fattori di rischio visti sopra sono alla base di tutte le
complicanze microangiopatiche e l’iperglicemia costituisce sempre il fattore scatentate. Insieme ad
essa, fattori metabolici e fattori emodinamici causano un'alterata espressione di citochine e fattori di
crescita con alterato rimodellamento glomerulare e infine nefropatia diabetica.

La patologia inizialmente
colpisce il glomerulo
renale ed è caratterizzata
da perdita di podociti e
accumulo di matrice
extracellulare nel
mesangio che diventa
sclerotico, e dalla
membrana basale
glomerulare che si
ispessisce. Ciò si traduce
dal punto di vista
funzionale in un aumento
della permeabilità
glomerulare alle proteine
con conseguente aumento della loro concentrazione nelle urine (microalbuminuria) e in una
progressiva perdita della funzionalità renale con caduta della filtrazione.

Valutazione della nefropatia


La fase iniziale della malattia è caratterizzata quindi da microalbuminuria per alterazione funzionale
della barriera. Questa predispone non solo alla progressione della patologia con macroalbuminuria
(sindrome nefrosica conclamata) ma viene considerata anche un marker di rischio cardiovascolare.
Indipendentemente dalla microalbuminuria, nella nefropatia si osserva una perdita della funzionalità
renale sino alla dialisi o al trapianto di rene (ESRD - End Stage Renal Desease).

Fondamentale per valutare la patologia è la valutazione della microalbuminuria che può essere
eseguita secondo diverse modalità:
- Velocità di escrezione di albumina (AER - Albumin Excretion Rate) su campioni con
raccolta temporizzata. Viene espressa come mg albumina/24h (milligrammi);
- Tasso di escrezione temporizzato (TAER) su campioni di urine raccolte durante la
notte ed espresso in μg/min;
- Concentrazione di massa dell’albumina urinaria, espressa in mg/l (semplice
concentrazione urinaria di albumina presa al mattino). Questa viene utilizzata per una
più rapida valutazione nel campione estemporaneo;

172
-
Rapporto albumina urinaria/creatinina urinaria (RACU o ACR), espresso in mg/g.
Questo metodo è quello attualmente più utilizzato poiché corregge le variazioni
dovute all’equilibrio dei fluidi corporei e presenta quindi meno errori.
Le forme di raccolta delle urine nelle 24h (AER) o durante la notte (TAER), sono state ormai
abbandonate poiché fastidiose per il pz (Nel caso delle 24h dovrebbe restare tutto il giorno a casa
oppure portarsi dietro il bidoncino) ma anche perché condite da errori. È per questo che hanno
preso piede le ultime due metodiche, ovvero il dosaggio dell’albumina nelle urine del mattino e la
correzione per la creatinina urinaria (RACU).

Questi riportati di seguito sono i valori di riferimento:

AMD-SID Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018

Accanto a questo dobbiamo valutare il filtrato. La malattia renale viene distinta in 5 stadi a seconda
del filtrato:

AMD-SID Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018

Il danno renale è definito dalla presenza di albuminuria, anormalità del sedimento urinario,
alterazioni ematochimiche, anatomopatologiche o degli esami strumentali.

Vediamo come nello stadio 1, il GFR sia aumentato o normale e successivamente dallo stadio 2
inizia a diminuire fino allo stadio 5 (ESRD).

173
Danno anatomico

Nella slide notiamo che la


microalbuminuria può essere
considerata espressione di
danno renale sia nel DM1 che
nel DM2 ma allo stesso tempo è
è considerata un fattore di rischio
per la malattia cardiovascolare.

Quest’ultima cosa vale più per il


soggetto con DM1 rispetto al
soggetto DM2 dove è più un
marker renale.

Storia naturale della nefropatia

La storia naturale della nefropatia


è caratterizzata filtrato normale e
normoalbuminuria e poi si può
passare alle altre forme.
Non sempre la scaletta è così
semplice poiché ci può essere
direttamente passaggio da
normale albuminuria a macro
così come ci può essere una
riduzione del filtrato in soggetti
con normoalbuminuria.

Il messaggio che deve passare è


quello che dobbiamo sempre
guardare al filtrato perché sennò
si potrebbe progredire verso una nefropatia in soggetti che non hanno macroalbuminuria e non
accorgersene.

Prevenzione e trattamento
Si procede al trattamento e al controllo dei fattori di rischio e di progressione, quindi: ​controllo
glicemico, controllo pressorio e controllo dei lipidi​.
Per quanto riguarda le misure non farmacologiche: ​cessazione del fumo e dieta ipoproteica​. I
soggetti diabetici devono assumere una minore quantità di proteine rispetto alla popolazione
normale (0,9 g x kg di peso corporeo, mentre nel soggetto normale circa 1,1 - 1,2 g x kg). Scendere

174
sotto 0,9 non è troppo buono, dato che al diabetico non possiamo dare né tanti carboidrati né tanti
lipidi. Quando siamo di fronte ad una sindrome nefrosica avanzata, a causa della grave perdita di
proteine con le urine, queste devono essere reintegrate con la dieta.
Alla malattia renale cronica sono legate anche altre alterazioni come ​anemia, squilibri Ca-P,
squilibri elettrolitici ​che devono essere trattate.
In via preventiva si deve stare molto attenti al controllo dei fattori precipitanti quali: ​farmaci
nefrotossici, mezzi di contrasto, infezioni delle vie urinarie, ostruzione delle vie urinarie,
disidratazione.

Neuropatia diabetica
Presenza di segni e/o sintomi di disfunzione nervosa periferica in soggetto con diabete, escluse le
altre cause. Colpisce circa il 50% dei soggetti con diabete di lunga durata. Le neuropatie diabetiche
sono delle entità cliniche eterogenee per:
- Fattori di rischio;
- Meccanismi patogenetici;
- Alterazioni istopatologiche;
- Distribuzione regionale;
- Presentazione di segni e sintomi;
- Storia naturale e prognosi.

Cause di neuropatia
Non tutti i meccanismi hanno trovato una giustificazione nella neuropatia diabetica. Tra essi
annoveriamo:
- Iperglicemia, che in questo caso non è il fattore principale;
- Ridotta capacità rigenerativa;
- Fattori ambientali;
- Difetto genetico;

Classificazione delle neuropatie diabetiche


Vengono distinte:
- Polineuropatia distale simmetrica (sensitiva, motoria, autonomica, mista). ​È la
più frequente di tutti;
- Neuropatia prossimale simmetrica;
- Neuropatia asimmetrica: ​craniale, truncale, mononeuropatia (isolate o multiple),
neuropatie da intrappolamento;
- Neuropatia asimmetrica e polineuropatia distale simmetrica.

Dal punto di vista epidemiologico la più frequente di tutti è la polineuropatia simmetrica (>80% dei
casi), seguono le mononeuropatia al 15% e le altre (<5%).

175
Polineuropatia diabetica
Fattori di rischio:
- Durata del diabete;
- Grado di controllo metabolico;
- Età del pz;
- Fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa sistemica, iperlipidemia,
fumo);
- Presenza di altre complicanze microangiopatiche.

Quadro clinico della polineuropatia distale simmetrica (sensitiva e motoria)


La patologia è dovuta ad un’assonopatia su base metabolica e ischemica (danno dei vasa vasorum
delle fibre nervose). Vengono colpite le fibre sensitive sia piccole (sensazioni dolorifiche, tattile e
termica) sia grandi (sensibilità vibratoria e propriocettiva), mentre il coinvolgimento dei motoneuroni
si verifica tardivamente e solo nelle forme più gravi. Poiché il danno è proporzionale alla lunghezza
dell’assone, il danno si manifesta prima ai piedi e alle mani (distribuzione calza/guanto) e poi
progredisce in senso prossimale.

Sintomi​:
- Parestesie, iper-disestesie ​(allodinie provocate dal lenzuolo)​, dolore ​(sotto per le
caratteristiche del dolore);
- Astenia muscolare.
Segni:
- Ipo- anestesia tattile, termica, dolorifica, vibratoria e di posizione;
- Atassia;
- Riduzione-assenza dei riflessi osteo-tendinei;
- Ipostenia ed atrofia muscolare.

A differenza delle forme che abbiamo visto prima (retinopatia e nefropatia) la neuropatia è
fortemente legata ai sintomi, soprattutto al dolore che altera molto la qualità della vita dei pz e al
momento non tutti i farmaci sono efficaci. Il ​dolore della neuropatia ha delle caratteristiche
particolari:

176
Possiamo riconoscere un dolore neuropatico perché:
- È continuo e bruciante, ma spesso sono presenti delle crisi parossistiche, con dolore
lancinante ‘’a scossa elettrica’’ e intermittente, è quindi mal sopportato dal pz;
- È avvertito anche a distanza, lungo il percorso di innervazione;
- Non passa con i FANS;
- Si possono sperimentare anche sensazioni esagerate più o meno spiacevoli come
formicolii, bruciori ecc..

Come visto sopra la perdita della sensibilità


coinvolge maggiormente le porzioni appendicolari
aumentando in rapporto alla lunghezza assonica.

L’unica porzione altamente coinvolta a livello del


tronco è quella che segue la linea alba.

Diagnosi
Viene articolata in più punti:
- Anamnesi;
- Esame obiettivo;
- Rilievo quantitativo della sensibilità con monofilamento o biotesiometro;
- Studio della funzione autonomica;
- Studio elettrofisiologico (elettroneurografia: valutazione delle velocità di conduzione
sensitiva e motoria)

Sintomi sensitivi positivi: ​parestesie, disestesie, iperestesie, intorpidimento, dolore;


Sintomi sensitivi negativi: ​parestesie, ‘’sensazione di camminare sull’ovatta’’ riferita da molti pz;
Sintomi motori positivi:​ fascicolazioni (contrazione spontanea, rapida e a intervalli regolari di una
o più unità motorie, senza esito motorio) e crampi;
Sintomi motori negativi: ​deficit motori.

Screening
Si esegue valutando l’anamnesi dei sintomi neurologici. Si prosegue successivamente ad
un’accurata ispezioni di piedi e arti inferiori. Infine si esegue l’​esame neurologico con valutazione
di:
- Sensibilità termica​, valutata appoggiando sulla pianta dei piedi due provette, una
contenente acqua calda ed una contenente acqua fredda e valutando la risposta del
pz;
- Sensibilità alla puntura di spillo;

177
- Sensibilità pressoria. ​Viene eseguita con un
monofilamento 10g e vengono valutati 9 punti sulla pianta
e sul dorso del piede (come si vede in figura). La sensibilità
viene considerata normale per una positività di 9/9 mentre
compromessa qualora si abbia una positività < 5/6​;
- Sensibilità vibratoria​, viene valutata con un diapasón 128
Hz oppure con un biotensiometro. Questi vengono applicati
o a livello malleolare oppure sul I dito (alluce). Nel caso del
biotensiometro viene fatto ruotare lo strumento e se il
soggetto non avverte la vibrazione quando si è sopra 25, vi
è un rischio molto alto di ulcera;
- Valutazione dei riflessi tendinei achillei.

Lo screening viene eseguito alla diagnosi per i pz DM2, mentre a 5 anni per il DM1. Il follow up in
entrambi i casi viene eseguito ogni anno.

È importante la diagnosi della neuropatia diabetica per prevenire le complicanze tardive a livello
degli arti inferiori quali:
- Ulcere plantari;
- Osteoartropatia di Charcot o piede di Charcot (deformazione del piede secondarie a
fratture multiple silenti e alterata postura);
- Amputazione non traumatica degli arti inferiori.
Oltre a prevenire le complicanze tardive è importante fare diagnosi per individuare i soggetti a
rischio operatorio (in determinate situazioni qualora non si proceda con la chirurgia, si potrebbe
arrivare alla gangrena con notevole rischio per la vita del pz) e per le indicazioni della prognosi a
vita.

Neuropatia ed ulcere del piede (Piede diabetico)


Il diabete è la principale causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori. Le ulcere e le
infezioni del piede rappresentano un’importante causa di morbilità. Le neuropatia e la
macroangiopatia concorrono entrambe.
La ​neuropatia ​periferica interferisce con i meccanismi di protezione ed espone il piede diabetico a
danno continuo: essa altera la biomeccanica
del piede favorendo lo sviluppo di alterazioni
strutturali dovute al non fisiologico scarico del
peso. La perdita della sensibilità
propriocettiva altera la deambulazione
favorendo lo sviluppo di calli ed ulcerazioni.
La ​neuropatia autonomica​, causa anidrosi,
aumentando la secchezza della cute e
favorendo il crearsi di ulcerazioni e
fissurazioni.
La ​vasculopatia periferica ​causa danno
ischemico e ostacola i processi di guarigione
favorendo le sovrainfezioni.

178
L’educazione del pz è fondamentale nella prevenzione: ad esempio si consiglia di non camminare a
piedi nudi, specialmente sulla sabbia, di non indossare delle calzature strette, di ispezionare i piedi
quotidianamente e di avere una buona igiene. L’utilizzo di plantari può migliorare la situazione di
carico.
L’eco-doppler arterioso e l’arteriografia permettono di valutare la compresenza di insufficienza
vascolare. Le procedure di rivascolarizzazione favoriscono la guarigione e riducono il rischio di
amputazione. Riposo e toilette chirurgica e antibiotici ad ampio
spetto diminuiscono il rischio di ulteriori complicanze.

La sede plantare, punto di massima pressione, è quella più


frequente nello sviluppo delle ulcere.

Se le ulcere sono combinate (dovute sia alla macroangiopatia che


alla neuropatia) si fa la rivascolarizzazione. Nel momento in cui si
trova un'ulcera dobbiamo escludere la componente ischemica.

Osteoartropatia di Charcot
Malattia degenerativa su base infiammatoria che può
insorgere in pazienti affetti da neuropatia, caratterizzata
da un progressivo riassorbimento osseo delle articolazioni
del piede, associato talvolta a crolli strutturali ed a
marcate deformità, tali da richiedere, nei casi più gravi, il
ricorso ad interventi chirurgici di correzione o di
amputazione

Il piede è completamente deformato. Trattare la neuropatia previene la formazione della


deformazione.

Neuropatia Autonomica
Questa neuropatia colpisce il sistema nervoso vegetativo con manifestazioni a carico dei sistemi
cardiovascolare, gastrointestinale, genitourinario e sudoriparo, tutti sistemi regolati dal sistema
nervoso autonomo. La sintomatologia compare generalmente dopo molti anni di malattia, anche se
alterazioni subcliniche possono essere presenti poco tempo dopo la diagnosi. Le complicanze
legate alla neuropatia autonoma contribuiscono in maniera significativa alla morbilità e mortalità del
diabete, peggiorando la qualità della vita dei pz e sono causa di aumento dei costi per l’assistenza.
È la complicanza cronica meno riconosciuta e studiata, nonostante questo la presenza è elevata sia
nei pz con DM1 che DM2.

179
Come già detto sopra, i sintomi riguardano un po’ tutto quello in cui è coinvolto il sistema nervoso
autonomo.

L’ischemia miocardica è nella maggior parte dei casi silente e non dando angina rende più difficile la
diagnosi.
Dal punto di vista metabolico una cosa che espone al rischio è la mancata risposta e la mancata
sensibilità all'ipoglicemia che viene persa, così come è presente una ridotta risposta agli ormoni
controregolatori.
La vescica neurogenica è una vescica che non si riesce a svuotare bene a causa dell’alterazione
dei nervi che permettono la contrazione dei muscoli e quindi lo svuotamento.

Neuropatia Autonomica Cardiovascolare (CAN)


La presenza di neuropatia autonomica nel tipo 2 è maggiore rispetto tipo 1. Nella popolazione con
CAN:
- La mortalità a 5 anni è 5 volte superiore a quella della popolazione generale;
- Aumenta la mortalità dopo infarto;
- Aumentano i casi di morti improvvisa;
- L’ischemia è silente.

A livello cardiovascolare sono presenti (alcuni aspetti possono essere utilizzati per fare diagnosi):
- Ipotensione ortostatica;
- Perdita del ritmo circadiano della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca;
- Anomala risposta cardiovascolare all’esercizio fisico;
- Alterazioni del flusso coronarico;
- Ischemia miocardica silente;
- Allungamento dell’intervallo QT;
- Sclerosi di Monckeberg (arteriosclerosi con depositi di calcio nella tonaca media);
- Alterazioni del flusso periferico.

L’​ipotensione ortostatica ​è definita come una caduta della pressione arteriosa sistolica pari o
superiore a 30 mmHg nel passaggio dal clino- all’ortostatismo. Può essere più marcata al mattino e
dopo l’assunzione di cibo e/o dopo l’assunzione di insulina; può presentare un andamento variabile

180
nel tempo. Dati sperimentali indicano che il principale meccanismo patogenetico è una diminuita
vasocostrizione periferica. L’ipotensione ortostatica potrebbe anche determinare una sincope nel pz
ed è per questo che si consiglia di non alzarsi direttamente dopo esser stati per periodo di tempo
coricati, ma di alzarsi dopo essere passati dalla posizione seduta.

Valutazione della CAN


Si inizia con la valutazione dei sintomi e dei segni. Successivamente si eseguono dei test dei riflessi
cardiovascolari della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa: si valuta la variazione della
frequenza cardiaca dopo:
- Manovra di Valsalva;
- Respirazione profonda;
- Variazioni posturali dal clino- all’ortostatismo (Lying to Standing).
Si valuta la PA dopo (test positivo per una caduta maggiore o uguale a 30 mmHg):
- Variazione posturale o ‘’handgrip test’’

Al Qr-code possiamo vedere come si esegue un handgrip test.

Apparato gastroenterico
I i soggetti possono lamentare o diarrea o costipazione, dato che viene alterata la motilità gastrica.
La ​diarrea diabetica è caratterizzata da attacchi di diarrea acquosa con intervalli di alvo regolare
e/o stipsi. Fino a 20-30 scariche al giorno prevalentemente post-prandiali e
notturne, senza dolore, con incontinenza fecale e a volte steatorrea.
La ​Gastroparesi diabetica ​è caratterizzata da sazietà precoce,
inappetenza, nausea e vomito.
Possiamo diagnosticare la gastroparesi poiché, specialmente nel DM1 di
lunga durata, avremo una completa ritenzione del bario dopo 1 ora dalla
somministrazione.

Apparato genitourinario
Si possono presentare:
- Vescica diabetica;
- Disfunzione erettile (aumenta all’aumentare dell’età, ed è molto più presente in
soggetti diabetici con neuropatia autonomica che in quelli senza);
- Eiaculazione retrograda (​lo sperma viene immesso nella vescica anziché fuoriuscire
dall'uretra peniena).

La ​cistopatia diabetica ​è caratterizzata da: fase asintomatica dove aumenta la frequenza delle
minzioni e si hanno > 2 infezioni/anno; una fase sintomatica con svuotamento incompleto e mitto
ipovalido; fase complicata con incontinenza e infezioni.

181
Alterazioni della sudorazione ​sono presenti nel 60-100% dei diabetici neuropatici. Si riscontra
anidrosi distale degli arti inferiori con eventuale iperidrosi compensatoria della metà superiore del
corpo.

Complicanze Croniche Macrovascolari


Studi hanno dimostrato che il ruolo causale dell’iperglicemia cronica nella macroangiopatia
diabetica sia dato dal fenomeno della ‘’memoria metabolica’’: gli effetti di un periodo di scarso
compenso glicemico sono solo parzialmente reversibili, il danno cellulare non viene dimenticato
dall’organismo e si traduce in un aumento del rischio cardiovascolare a distanza.

Iperglicemia e rischio cardiovascolare


2/3 di pz con diabete muoiono per complicanze
cardiovascolari (cardiopatia, ictus, vasculopatie
periferiche). Come già ribadito più volte, il DM2
va considerato come un equivalente di rischio
per CHD.

L’aumento dell’1% di HbA1c aumenta dell’11%


il rischio cardiovascolare. Per quanto riguarda
la Hb glicata non esiste un valore soglia
massimo, ma il rischio cardiovascolare
aumenta con l’aumentare di essa.

Ictus

182
Esistono dei fattori di rischio modificabili e altri non modificabili:

Epidemiologia
Nel DM1 il rischio relativo di sviluppare ictus è aumentato di oltre 4 volte. In particolare in età
giovanile (15-34 anni) il rischio è oltre 16 volte quello della popolazione generale.
Nel DM2 il rischio relativo è aumentato di 1,5-2 volte nell’uomo e di 2-6,5 volte nella donna. I pz più
giovani (30-44 anni) hanno un rischio maggiore rispetto ai pz anziani. Il rischio di ictus è aumentato
anche nella condizione di prediabete.
Dal 16-24% dei pz con evento acuto presentano un diabete non diagnosticato al momento del
ricovero.
HbA1c > 6% aumenta di 2-3 volte il rischio di ictus in soggetti adulti non diabetici.

Sono più frequenti le forme ischemiche rispetto alle emorragie e alle forme silenti, meno frequenti
sono i TIA. Dopo un ictus:
- L’ospedalizzazione è più lunga e di deficit neurologici maggiori;
- La mortalità a breve termine è significativamente maggiore;
- Aumenta il rischio di deficit funzionali a lungo termine (compresa la demenza
post-ictus).

Complicanze Acute.
Le complicanze acute sono:
- Ipoglicemia;
- Chetoacidosi diabetica;
- Sindrome iperglicemica iperosmolare (SII)

183
Ipoglicemia
Viene definita una condizione dove la concentrazione plasmatica di glucosio è < 70 mg/dl. Questa
può essere causata da:
- Non corretto utilizzo di insulina:
- Sovradosaggio;
- Somministrazione di un tipo diverso di insulina, soprattutto soggetti con
la penna che invece di fare la basale somministrano quella per i pasti;
- Iniezione in sede di lipodistrofia (se non si ruotano bene le sedi della
puntura si può alterare il tessuto cutaneo e questo fa sì che l’insulina
non sia adeguata. Ricordiamo che la basale si può fare ovunque,
mentre la rapida si deve fare in pancia perché viene assorbita in modo
più omogeneo).
- Omissione di un pasto o spuntino;
- Esercizio fisico non programmato;
- Aumento del flusso di sangue nella sede di iniezione per surriscaldamento;
- Assunzione di bevande alcoliche. Si deve istruire il pz sul fatto che l’alcol ritarda o
riduce la gluconeogenesi e quindi i soggetti potrebbero avere dei sintomi legati
all’ipoglicemia. Si consiglia di assumere alcol solo dopo aver verificato la glicemia o
dopo l’assunzione di carboidrati;
- Insufficienza renale e/o epatica;
- Farmaci che potenziano l’azione degli ipoglicemizzanti orali.

Fisiologicamente nel momento in cui


si abbassa la glicemia, intervengono
gli ormoni della controregolazione
(adrenalina, glucagone, cortisolo e
GH) che riportano i livelli glicemici
alla normalità: per azione
dell’adrenalina si liberano lattato,
piruvato e alanina dal muscolo. A
livello del tessuto adiposo grazie ad
adrenalina e GH viene attivata la
lipasi ormone sensibile
determinando il rilascio di glicerolo.
A livello epatico gli aminoacidi e il
glicerolo vengono convertiti in
glucosio grazie alla gluconeogenesi
e questo permette di mantenere una glicemia sufficiente per il cervello.
Gli ormoni adrenalina e glucagone sono quelli ad azione rapida, mentre il cortisolo e il GH ad azione
lenta.

I fattori che alterano la soglia glicemica sono:


- Età:
- Elevata frequenza di ipoglicemie. Un soggetto che ha tante ipoglicemie finisce per
abituarsi (vale la stessa cosa per l’iperglicemia) e la avverte meno. In questi casi il
nostro compito è alzare un po’ i livelli di glicemia permettendo di riadattare la soglia;

184
- Neuropatia autonomica;
- Assunzione di alcolici, farmaci, esempio β-bloccanti. Un tempo l’utilizzo di questi era
proibito nei pz diabetici, oggi non c’è questa controindicazione, ma il pz deve essere
informato sui rischi del loro uso;
- Cattivo controllo metabolico;
- Durata della malattia.

Sintomi dell’ipoglicemia

I sintomi neurogenici sono


quelli scatenati
dall'adrenalina. Al calare
ulteriore della glicemia
compaiono i sintomi
neuroglicopenici, dovuti
alla carenza del glucosio a
livello cerebrale: a volte
può capitare che i pz
inizino a dire frasi
sconnesse tra di loro.

Classificazione
Distinguiamo:
- Ipoglicemia asintomatica​, include la unawareness, quindi senza sintomi d’allarme;
- Ipoglicemia sintomatica lieve-moderata​, il pz è capace di riconoscerla e trattarla;
- Ipoglicemia sintomatica grave​, è temporaneamente disabilitante, richiede
assistenza da parte di terzi.

Le ​complicanze dell’ipoglicemia​ possono essere:


- Cerebrali (ictus);
- Cardiache (aritmie, IMA);
- Oculari (emorragie vitreali);
- Altre (ipotermia, incidenti sul lavoro, in auto, ecc).

Bisogna stare attenti agli ipoglicemizzanti orali ad azione prolungata come le ​sulfaniluree​: in
soggetti anziani o con insufficienza renale e/o epatica possono comportare:
- Personalità simil-demenza;
- Mortalità nel 10% casi circa;
- Deficit neurologici permanenti nel 5% casi (ictus);
- IMA.

185
Prevenzione
L’educazione del pz è il capo saldo della prevenzione: automonitoraggio della glicemia, corretta
somministrazione dell’insulina e attività fisica programmata (spuntino e/o ridurre insulina).

Trattamento ipoglicemia nel diabete (regola del 15)

Altra cosa che si può fare, soprattutto a casa perché non si ha la glucosata, è la somministrazione
del glucagone. Il familiare pratica il glucagone con una siringa pre fatta (si può fare sia intramuscolo
sia sottocutanea). È importante ricordare al pz che dopo il glucagone, alla ripresa di coscienza deve
fare un pasto con carboidrati complessi.

Chetoacidosi (DKA) e Sindrome Iperosmolare (SI)


Rappresentano le complicanze metaboliche acute più gravi del diabete. Hanno un elevato costo per
l’ospedalizzazione e sono ancora oggi gravate da un’elevata mortalità.

Chetoacidosi diabetica (DKA)


È caratterizzata dalla triade: ​iperglicemia, disidratazione, acidosi con chetosi.
Ha un'incidenza di 4,6-8 episodi/1000 diabetici all’anno ed un tasso di mortalità del 5%

Sindrome Iperglicemica Iperosmolare (SII o HHS)


Si preferisce questa definizione a quella di “coma iperosmolare” perché si può accompagnare a
compromissione del sensorio senza coma. E’ caratterizzata da: ​iperosmolarità, disidratazione,
assenza di acidosi​. Ha un'incidenza di 10-17 casi 100.000 diabetici all’anno ed un tasso di

186
mortalità intorno al 15% (anche in centri qualificati) specie nelle prime 72 ore, dovuto spesso alla
gravità dei fattori precipitanti.

Manifestazioni cliniche

Lo stato neurologico nel SII è molto alterato mentre è variabile nella chetoacidosi.
La disidratazione è molto più grave nel SII dove è proprio la causa scatenante (anziani che bevono
poco, o in corso di infezioni o malessere generale).

Patogenesi
Nella chetoacidosi diabetica
è il deficit di insulina che
porta poi alla chetoacidosi.
Nel SII si ha un deficit
relativo di insulina con
assente o minima
chetogenesi, e la patogenesi
è più legata a fattori che
possono causare la
disidratazione (malessere,
vomito, diarrea, diuretici,
infezioni ecc).

187
Fattori precipitanti la DKA
Cause Organiche:
- DM di nuova insorgenza​ (20-25%);
- Infezioni ​(30-40%). Durante queste si ha una richiesta maggiore di insulina a causa
dell’insulinoresistenza. Ai soggetti viene spiegato di aumentare la dose dell’insulina
in caso di infezione, ma questo non viene quasi mai fatto;
- IMA, Ictus, Embolia polmonare;
- Stress emozionale;
- Pancreatite;
- Terapia steroidea ​(la terapia con cortisonici induce insulinoresistenza)​;
- Interventi maggiori;
- Traumatismi importanti;

Cause Inorganiche:
- Omissione della terapia ​(volontaria o per errore);
- Malfunzionamento degli strumenti di somministrazione ​(penne o microinfusori)

Fattori non noti (20-25%).

Quadro clinico della DKA

La disidratazione si vede
con perdita del turgore delle
mucose. I pz possono
presentare un’occlusione
intestinale con dolori molto
forti tali da manifestare un
addome acuto.

Fattori precipitanti della SII


- Infezioni (tratto genitourinario, polmonari);
- Patologie cerebrovascolari;
- Infarto del miocardio;
- Insufficienza renale;
- Ostruzioni intestinale;
- Traumi;
- Ustioni, colpi di calore;
- Farmaci (cortisonici, diuretici, b-bloccanti);
- Nutrizione enterale o parenterale;
- Patologie endocrine (Cushing, Acromegalia, Tireotossicosi);
- Sospensione della terapia insulinica;
- Scarso apporto di liquidi in pazienti anziani.

188
Quadro clinico della SII

I sintomi sono molto simili tra


la DKA e la SII tanto che non
è facile distinguerle, se non
tramite un’attenta analisi:
Si riesce a capire che si tratta
di una ​SII ​perché non siamo
in condizione di chetosi o
acidosi (pH e chetoni sono
normali), vi è disidratazione
(deficit idrico del 20%) e la
glicemia è molto più alta
rispetto alla DKA (>500-600
mg/dl).

Nel caso di una ​DKA​, la glicemia è molto più bassa (>250 mg/dl), ci troviamo in uno stato di acidosi
(pH < 7.0-7.3) con chetosi, i bicarbonati sono bassi (<15) e il Gap Anionico è aumentato.

La DKA presenta un quadro


clinico ad insorgenza insidiosa
ed a carattere progressivo (ore e
giorni), ecco perché è importante
monitorare la glicemia, poiché
con un attento controllo non si
arriverà mai alla DKA, che in fin
dei conti deriva dall’associazione
di un problema nella
somministrazione dell’insulina e
da un mancato controllo della
glicemia.

Dei segni da deplezione di volume ce ne accorgiamo già alla visita clinica.

Poiché si possono manifestare sintomi da acidosi metabolica e da deplezione di potassio, nel


trattamento va sempre aggiunto potassio insieme all’idratazione e all’insulina (la somministrazione
di potassio è importantissimo eseguirla subito e poi casomai correggere dopo, anche perché
l’insulina determina un ingresso del potassio all’interno della cellula e questo si abbasserebbe
ulteriormente).

189
Principi di trattamento del DKA
Nel caso della DKA è il trattamento è problematico, perché devono essere bilanciate un sacco di
varianti. Si prosegue nel seguente modo:
- Somministrazione dei fluidi persi;
- Correzione dell’acidosi metabolica (Il bicarbonato potrebbe dare edema cerebrale
quindi si da in un secondo momento dopo un’attenta valutazione del pH e del
bicarbonato, generalmente non si da);
- Graduale riduzione dell’osmolalità;
- Graduale correzione della glicemia;
- Normalizzazione dei livelli di elettroliti;
- Identificazione e trattamento dei fattori precipitanti;
- Terapia antibiotica empirica;
- Monitoraggio stretto (inizialmente i controlli di glicemia e potassio vengono fatti ogni
ora, poi man mano che si va avanti e glicemia e potassio rientrano si possono
diradare i controlli facendoli ogni 2-3 ore);
- Conversione ad un regime di mantenimento per il diabete;
- Prevenzione delle ricadute. Questa è di fondamentale importanza poiché un soggetto
che è arrivato alla DKA è un soggetto che tende a controllarsi poco, quindi lo si
dovrebbe educare a cambiare il suo atteggiamento, oppure il tutto è destinato a
ripetersi.

Quasi sempre viene eseguita anche terapia antibiotica empirica perché quasi sempre c’è leucocitosi
e malessere e poi si valuta nel tempo

Il​ trattamento dell SII​ non lo ha messo perché è più semplice:


- Per prima cosa bisogna idratare il pz (ricordiamo che la disidratazione è un fattore
scatenante);
- Dopo aver ripristinato i liquidi si può pensare all’insulina;
- Segue monitoraggio del pz.

190
Endocrinologia - Lezione 15 - Parte 2
Per la trattazione dell’argomento sono state utilizzate molto le sbobine del 2015, poiché l’argomento è stato trattato molto velocemente a
lezione.
Dislipidemie
Le dislipidemie sono delle condizioni cliniche molto diffuse nella popolazione generale ed in molti
casi collegata al diabete. Dati del 2009 riportano che:
- 21% degli uomini e il 23% delle donne sono ipercolesterolemici;
- 37% degli uomini e il 3% delle donne sono in condizioni borderline;
L’importanza clinica delle iperlipidemie è dovuta all’aumentato rischio di aterosclerosi che si associa
alla presenza di elevati livelli circolanti di alcune lipoproteine. In sintesi quando parliamo di
iperlipemia vuol dire che i valori di colesterolo totale e/o delle varie lipoproteine non sono a target,
dando origine a delle forme diverse con rischio cardiovascolare di peso diverso.

Evidenze osservabili
Le osservazioni sui livello di colesterolo e la
mortalità coronarica come ad esempio il ​Seven
Countries Study ci mostrano come al ridursi del
livello di colesterolo totale, progressivamente si
riduca il rischio di andare incontro a malattia
coronarica
Non esiste un valore soglia, ma in generale: più il
colesterolo è basso, più il rischio si riduce (LDL).

Altri due studi classici sono il ​MRFIT (Multi Risk


Factor Intervention Trial) ​e lo ​Studio di
Framingham ​(è uno studio a lungo termine, sulle
patologie cardiovascolari che utilizza come coorte la
popolazione di questo centro negli Stati Uniti. Lo
studio iniziò nel 1948 con 5209 adulti della cittadina
e siamo oggi alla quarta generazione di partecipanti.
Prima dello studio non si conosceva quasi niente
sull’epidemiologia dell’ipertensione o della malattia
aterosclerotica - Wikipedia). ​In questo studio è stato
documentato come una riduzione dell’1% della
colesterolemia riduca di circa il 2% il rischio di una
cardiopatia ischemica, così come l’aumento dell’1%
della colesterolemia aumenta il rischio di cardiopatia
ischemica del 2%.

Secondo studi ormai storici di prevenzione primaria, un livello di LDL < 55 mg/dl tenderebbe ad
azzerare il rischio di CHD (Coronary Heart Desease), mentre secondo studi di prevenzione
secondaria, affinché un pz con precedente evento ischemico possa azzerare il rischio di un
secondo evento, i valori di colesterolo LDL dovrebbero essere <30 mg/dl. Questi due valori non
vengono posti come obiettivo terapeutico (70 mg/dl in pz con pregresso IMA) né tantomeno
vengono considerati come limite inferiore di colesterolo LDL poiché troppo bassi. Addirittura il valore
di 30 mg/dl non è mai stato raggiunto in nessuno studio.

191
Sottolineiamo da subito che ​per le iperlipidemie, la valutazione deve essere fatta a digiuno e di
questo ne dobbiamo essere assolutamente certi perché potremmo avere dei valori falsamente
aumentati. Il tempo di digiuno necessario è di 10 ore (Questo ha importanza soprattutto per i
trigliceridi).

Lipidi
Sono una classe eterogenea di composti chimici scarsamente solubili in acqua. Rappresentano la
forma più efficace di conservazione dell’energia (1 g grasso = 9 Kcal). I due grandi gruppi sono
rappresentati da:
- Colesterolo​, indispensabile elemento costituente delle membrane cellulari
garantendone la loro fluidità. Fa parte della struttura degli acidi biliari. È il precursore
di tutti gli ormoni steroidei;
- Trigliceridi, ​rappresentano la forma principale di conservazione a lungo termine e di
produzione di energia. Vengono immagazzinati nel tessuto adiposo e liberati qualora
vi sia necessità di energia.
Rappresentano una quota significativa della dieta, circa 1/3 dell’apporto calorico globale. I trigliceridi
depositati nel tessuto adiposo costituiscono circa 1/6 del peso totale di un individuo.

Lipoproteine
Il colesterolo e i trigliceridi sono insolubili in acqua e quindi devono essere trasportati in circolo da
dei trasportatori proteici denominati ​Apolipoproteine. ​Quando complessate insieme alla parte
lipidica, questi complessi carrier prendono il nome di ​Lipoproteine.

Sono dei complessi chimici costituiti da un nucleo lipidico idrofobo (esteri del colesterolo, trigliceridi)
circondato da uno strato superficiale idrofilo (fosfolipidi, proteine, colesterolo libero). All’esterno della
capsula esistono degli elementi che prendono il nome di apoproteine A, E, B che permettono il
legame e l’entrata di questi carrier nei tessuti bersaglio e la liberazione del colesterolo e dei
trigliceridi trasportati che poi vengono utilizzati a seconda delle necessità cellulari.

Alcune patologie che portano ad alterazione dei livelli lipidici non sono dovute al loro eccesso bensì
ad alterazioni della struttura delle lipoproteine o dei recettori di queste che non consentiranno il
legame con le cellule bersaglio.

Le apoproteine sono fondamentali per:


- Struttura ​(stabilità della lipoproteina);
- Legame con il recettore​ (apo B e apo E);
- Catalizzazione​, sono cofattori di specifiche attività enzimatiche come le apo A-I per
l’enzima LCAT (Lecitina Colesterolo Acil Transferasi) enzima responsabile della
esterificazione del colesterolo il quale verrà poi sequestrato nel core di una
lipoproteina dando vita ad una nuova HDL, forzando la reazione all’unilateralità dato
che molecola viene rimossa dalla superficie - Wikipedia.

192
A seconda delle dimensioni e del principale componente del core lipidico, le lipoproteine possono
essere distinte in (dalla più grande alla più piccola):
- Chilomicroni​, sono i più grossi
ed i meno densi di tutti,
contengono trigliceridi di
provenienza alimentare e non
sono aterogene;
- VLDL​, contenenti trigliceridi e
colesterolo, sono parzialmente
aterogene;
- IDL​, contenenti colesterolo, sono
aterogene;
- LDL​, contenenti colesterolo e
pochi trigliceridi endocrini, sono
aterogene;
- HDL​, sono quelle più piccole e
più dense, contengono colesterolo e sono anti-aterogene, dato che trasportano il
colesterolo dalla periferia al centro (fegato).

I diversi tipi di lipoproteine presentano diverse apoproteine: quella che si trova nella maggior parte
dei casi è B-100 che permette il legame con i tessuti bersaglio. La scoperta delle apoproproteine in
generale ed in particolare della B-100 ha spiegato qual è il meccanismo attraverso cui il colesterolo
entra nelle cellule bersaglio ​(questa scoperta è valsa il premio Nobel a Brown e Goldstein nel 1985).

Elettroforesi
Per poter differenziale le lipoproteine in base alla loro densità,
possiamo fare una elettroforesi, sfruttando la diversa capacità di
migrazione sotto l’azione di un campo elettrico:
- Chilomicroni non migrano;
- β-Lipoproteine (LDL);
- Pre-β-Lipoproteine (VLDL);
- ɑ-Lipoproteine (HDL)

Ovviamente le più dense (HDL) migreranno con velocità


maggiore. L’elettroforesi delle lipoproteine è comunque ormai
obsoleta, così come la nomenclatura con le lettere greche. Il
concetto alla base comunque rimane: più sono voluminose, meno
migrano.

Funzionamento dell’elettroforesi: si utilizza un supporto di acetato di cellulosa imbevuto di soluzione


tampone elettrolitica con le estremità connesse a due elettrodi (+ e -) Si semina del siero in
vicinanza del polo – (catodo) e si fa passare la corrente. Si osserverà la migrazione delle
lipoproteine verso il polo + (anodo) ad una velocità direttamente proporzionale all’entità della carica
elettrica. Dopo aver ottenuto la migrazione si asciuga e si effettua la colorazione con Sudan Nero
(colorante specifico per i grassi). Infine un particolare dispositivo misurerà l’intensità di colore di ogni
banda. Grazie alla lettura dell’intensità del colore di ogni banda può essere costruita una curva le

193
cui cuspidi corrispondono ai diversi tipi di lipoproteine mentre l’altezza è in relazione alla loro
quantità (Slide medicina di laboratorio - Arcidiacono).

Metabolismo lipidico
Assorbimento: i lipidi introdotti con la dieta sono per lo più Trigliceridi e Colesterolo. Il Colesterolo è
assorbito come tale mentre i trigliceridi introdotti con la dieta vengono:
- Scissi nel lume intestinale ad Acidi Grassi e Monogliceridi o Glicerolo;
- Assorbiti come Acidi Grassi o come monogliceridi;
- Ricombinati nelle cellule della parete intestinale a riformare Trigliceridi;
- Immessi in circolo nei Chilomicroni;
- Captati dal tessuto adiposo tramite la Lipoproteinlipasi (LPL). Su questo enzima
agisce in maniera significativa l’insulina e quindi si spiega perché nelle condizioni di
insulinoresistenza o nelle condizioni di insulinodeficienza aumentano i trigliceridi,
condizione tipica nei diabetici.

Funzione delle lipoproteine


- Chilomicroni, ​rappresentano il principale veicolo dei lipidi dal canale alimentare al
fegato: tutte le volte che mangiamo dei lipidi li trasportiamo al fegato principalmente
sotto forma di chilomicroni. Sono costituiti principalmente dai trigliceridi mentre
modesta è la quantità di esteri del colesterolo, colesterolo libero, fosfolipidi e anche
di proteine. Ciò fa capire come questi chilomicroni non possono essere utilizzate, ma
perché ricchi di trigliceridi possono stare alla base di condizioni che aumentano il
rischio cardiovascolare;
- VLDL​, sono i principali trasportatori dei trigliceridi endogeni e del colesterolo epatico
trasportato verso i tessuti periferici. Il colesterolo che dal fegato entra con i
chilomicroni esce con le VLDL per andare verso i tessuti periferici. Diminuisce la
quota di trigliceridi, aumentano colesterolo libero e proteine;
- LDL​, trasportano il 60-70% del colesterolo alle cellule dove trovano specifici recettori.
Sono le lipoproteine maggiormente coinvolte nello sviluppo dei processi aterogeni.
Sono ricche di esteri del colesterolo, utilizzati all’interno delle cellule e povere di
trigliceridi;
- HDL​, responsabili del trasporto del 20-30% del colesterolo dai tessuti al fegato per
l’escrezione.

Metabolismo del colesterolo


Le due principali componenti del metabolismo del colesterolo sono:
- Provenienza esogena​. Assorbimento a livello intestinale, dove in parte viene
eliminato con le feci sotto forma di steroli. Dall’intestino sotto forma di chilomicroni
passa in circolo dove questi perdono alcune componenti e diventano chylomicron
remnants che si legano ai recettori per le LDL che si trovano a livello epatico ed
entrano all’interno del fegato dove contribuiscono alla costituzione del pool
intraepatico;

194
- Produzione endogena. ​Qualora tutta l’importo esogeno venisse eliminato, ci
sarebbe comunque una quota ematica che proviene dal fegato. Il pool intraepatico
scaturisce per la maggior parte dalla sintesi del colesterolo a partire dall’acetil-CoA.
Questa trasformazione a colesterolo avviene attraverso una serie di tappe intermedie
sulle quali agiscono le statine. Questo colesterolo esce dal fegato attraverso le VLDL
e poi si trasforma in IDL. Questa frazione intermedia in parte ritorna al fegato a
costituire parte del pool, mentre l’altra parte costituita da LDL va ai tessuti bersaglio,
si lega ai recettori e viene internalizzato nella cellula. L’eccesso di colesterolo esce
dalla cellula e torna al fegato attraverso le HDL.

In sintesi a livello epatico troviamo:


- Colesterolo esogeno proveniente tramite chilomicroni;
- Colesterolo endogeno prodotto a partire dall’Acetil-CoA;
- Colesterolo endogeno che deriva da IDL e HDL.
Nel fegato una parte del colesterolo viene eliminata tramite gli acidi biliari che arrivati nell’intestino
aiutano la digestione degli acidi grassi e poi vengono in parte riciclati e in parte eliminati.

Nella terapia somministriamo al pz sia la dieta sia una terapia che blocca la secrezione del
colesterolo endogeno.

Valori del colesterolo


Livelli di colesterolo totale:
- <200 mg/dl vengono definiti desiderabili;
- Tra 200 e 240 mg/dl sono valori borderline/elevati;
- >240 mg/dl si parla di ipercolesterolemia.
Questi più che dei valori normali, sono dei valori desiderabili, e non devono diventare dei valori
prioritari in qualunque soggetto: sono valori da intendersi come dato puramente laboratoristico.

Se si dovesse trovare un soggetto con dei valori borderline, potremo avere diverso rischio
cardiovascolare, dato che il soggetto potrebbe avere HDL elevate e LDL basse e quindi questo ha

195
un basso rischio, rispetto ad un soggetto che presenta lo stesso livello di colesterolo totale ma delle
LDL alte e HDL basse. Allo stesso identico modo, anche rilevando un soggetto con valori di
colesterolo totale normale, il rischio cardiovascolare sarà elevato se la quota di LDL è alta e la
quota HDL bassa.

Diciamo questo perché in laboratorio di norma si calcolano solamente colesterolo totale e HDL che
non sono sufficienti a darci un’indicazione sul rischio del soggetto. Dobbiamo tenere in mente che
nel richiedere il dosaggio dei lipidi si devono richiedere almeno: colesterolo totale, trigliceridi e HDL
poiché grazie a queste possiamo calcolare il colesterolo LDL.

Il colesterolo LDL viene calcolato tramite l’​equazione di Friedewald​:


- Colesterolo LDL = Colesterolo totale - (HDL-C + TG/5)

Questa formula per calcolare le LDL non si può fare se i trigliceridi > 400 mg/dl. In questi casi o si fa
dosare LDL oppure possiamo fare il colesterolo non HDL che si calcola come colesterolo totale -
HDL.

Valori ideali di colesterolo LDL:


- <160 ​se non sono presenti fattori di rischio o ne è presente 1;
- <130 ​se presenti fattori di rischio multipli (Sindrome Metabolica);
- <100​ CHD stabile o equivalenti di rischio coronarico (come il diabete);
- <70 ​CHD stabile + Sindrome Metabolica/diabete/sindromi coronariche.

LDL è il principale elemento che caratterizza il rischio nei pz. Il livello plasmatico del colesterolo LDL
deve essere valutato ed eventualmente ridotto con dieta e/o farmaci solo nell’ambito della
considerazione del rischio cardiovascolare globale:
- Più basso è il suo valore, minore è il rischio cardiovascolare;
- Maggiore è il suo valore, maggiore è il rischio cardiovascolare e quindi la necessità di
abbassare il colesterolo LDL effettuando una terapia più aggressiva.

Per i trigliceridi non facciamo lo stesso discorso fatto con le LDL perché non abbiamo una certezza
che il loro valore sia correlato al rischio cardiovascolare. Valori >500 mg/dl possono essere non
indicativi di sindrome metabolica, dato che esistono delle condizioni dove si possano raggiungere
anche valori tra 2000-3000 mg/dl che comunque possono essere ridotti in qualche settimana
eliminando la causa. Ad esempio in un soggetto alcolista si ha un danno epatico e valori di
trigliceridi molto alti. Questi con la sola eliminazione dell’alcol dalla dieta si possono ridurre ai valori
normali: ecco perché considerati meno importanti dal punto di vista del rischio cardiovascolare. Nel
diabetico sono indice di scompenso glicemico.

Classificazione delle dislipidemie


Qualsiasi condizione caratterizzata da alterazioni della quantità di lipidi presenti nel sangue. Esse si
manifestano fenotipicamente con l’aumento dei trigliceridi o del colesterolo o di entrambi. Esistono
delle forme ereditarie che condizionano la manifestazione della malattia, indipendentemente da
fattori esterni (la dieta comunque resta importante e viene somministrata anche se ha un impatto
minore), e delle forme più comuni, nelle quali la malattia si manifesta solo in concomitanza a fattori
esterni, come l’eccessiva assunzione di grassi della dieta, o la complicanza di una patologia

196
(dislipidemie secondarie). Quando si presenta un pz con dislipidemia si devono escludere prima le
cause secondarie (conseguenti ad altre patologie o all’utilizzo di farmaci) e poi si va alla ricerca di
eventuali forme primitive.

Le forme classiche risentono molto della dieta, che agisce molto sui trigliceridi mentre è
responsabile della perdita del 20-30% del colesterolo, cosa che potrebbe non essere sufficiente in
base a qual è l’obiettivo. Con la dieta si agisce sia sui carboidrati che sui lipidi riducendone
l’apporto.

Nel caso delle forme dovute ad altre patologie, correggendo la patologia di base si dovrebbe
risolvere pure la dislipidemia.
Anche nel caso di forme dovute all’utilizzo di farmaci, se si toglie la il farmaco si corregge la
dislipidemia, ma in alcuni casi tale farmaco non si può togliere e quindi dobbiamo trattare entrambe
le condizioni.

La ​classificazione fenotipica (di Fredrickson) viene divisa a seconda dell’alterazione della


lipoproteina e su quello
che troviamo elevato in
circolo.

Questa classificazione
non ci da indicazioni sui
fattori di rischio e non
indica la causa per cui
una forma fenotipica è
presente. È per questo
che la classificazione più
utilizzata è quella
genotipica.

197
Classificazione genotipica

Ipercolesterolemia poligenica
La forma più comune è la poligenica, determinata
da un alterazione di più geni, nel complesso
aspecifici. Le alterazioni sono lievi ed è la forma
che di più risente dell’apporto esterno del
colesterolo (fattori ambientali). Si accompagna ad
un basso rischio di cardiopatia ischemica.

Non presenta rischio per la pancreatite.

Ce ne possiamo accorgere ancora


prima di fare il dosaggio perché ci
sono xantomi, xantelasmi e arco
corneale (Non è presente in tutti i
soggetti ma se presenti è probabile
che vi sia la patologia).

198
Iperlipidemia familiare combinata
Troviamo un aumento del colesterolo e dei trigliceridi. Il rischio cardiovascolare è un po’ più alto
rispetto a quello della semplice ipercolesterolemia comune, ma non è particolarmente elevato.
Non presenta rischio per la pancreatite. È la forma più frequente in assoluto ed è legata ad un
eccesso di colesterolo introdotto con la dieta. Si differenzia dalla FH perché si riscontrano un
aumento dei TG e delle LDL che però non raggiunge i livelli della FH, inoltre nella storia familiare
non sono presenti evidenze di eventi cardiovascolari.
La patologia è causata da un'aumentata sintesi di apoB-100, TG ed aumentata secrezione di VLDL
in parte convertite in LDL. La variabilità del quadro clinico è legata all’efficienza dell’idrolisi di VLDL
in LDL.
Diagnosi​:
- LDL-C > 160 mg/dl e/o TG > 200 mg/dl +
- Documentazione nella stessa famiglia (I grado di parentela) di più casi di
ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. Se in assenza di informazioni sui parenti, la
diagnosi può essere sospettata in presenza di clinica o tramite indagini strumentali di
aterosclerosi precoce.
È necessario escludere dalla diagnosi le famiglie in cui sia presente solo ipercolesterolemia o solo
ipertrigliceridemia o iperlipidemie secondarie.

Ipercolesterolemia familiare (FH)


È una forma monogenica causata da un difetto a carico del gene che codifica per il recettore delle
LDL (ridotto a addirittura assente). Trasmesso in modo autosomico dominante a penetranza
incompleta. Se troviamo un colesterolo totale molto alto possiamo sospettare questa forma. Poi è
chiaro che la diagnosi di certezza si ha solamente con la genetica ricercando le mutazioni, ma
queste non vengono ricercate in tutti i soggetti. Distinguiamo:
- Forma eterozigote (meno grave) è la più comune colpendo 1/5000 abitanti. Il
colesterolo totale va dai 220 ai 500 mg/dl. Può essere asintomatica e la diagnosi
causale. In alcuni casi e solamente nella fase adulta possono comparire xantomi,
xantelasmi ed anello corneale. Caratteristiche cliniche:
- Ipercolesterolemia: LDL-C > 195 mg/dl;
- Xantomi tendinei: tendine Achille, estensori dita, tricipite, tibia,
inserimento tendine patellare, frequenti tendiniti;
- Arco corneale;
- CHD precoce;

- Forma monozigote (più grave) è molto più rara 1/1 milione di abitanti. Si
riscontrano valori di colesterolo totale da 550 ai 1000 mg/dl. È associata a malattie
cardiovascolari (CHD) in giovane età. Solitamente si osservano fin dall'infanzia
xantomi, xantelasmi e arco corneale. Caratteristiche cliniche:
- LDL-C estremamente elevato (>300 mg/dL);
- Xantomi cutanei e tendinei (infanzia)
- Stenosi arco aorta;
- Angina, IMA, morte improvvisa entro 3a decade (LDL-aferesi,
trapianto fegato).

199
A causa degli alti livelli di
colesterolo in circolo il rischio
aterogeno è molto alto.

Per quanto riguarda la patogenesi, essa è caratterizzata dalla mutazione del gene che codifica per il
recettore di apo-B100 (cromosoma 19) trasmesso con carattere autosomico dominante. L’attività
recettoriale sarà del 50% in eterozigote, 0% se omozigote o doppio eterozigote. La mutazione
comporta:
- Mancata sintesi della proteina recettoriale;
- Mancata maturazione nel Golgi;
- Incapacità di legare le LDL;
- Assenza di internalizzazione del complesso recettore-LDL (entrato dentro la cellula
normalmente libera il colesterolo);
- Mancato riciclo del recettore.

Diagnosi clinica di Ipercolesterolemia Familiare (FH):

- Colesterolo totale >290 mg/dl o LDL-C >190 mg/d in adulto, oppure;

- Colesterolo totale > 260 mg/dl o LDL-C >155 mg/dl nei bambini <16 anni;

- Una delle precedenti associata a riscontro di xantomi in parenti di I/II grado (diagnosi
certa);

- In presenza di storia familiare per CHD precoce (IMA <60 anni) o Colesterolo totale
>290 mg/dl in parenti di I/II grado (diagnosi possibile).

Da NICE 2009: Familiar hypercholesterolemia. Identification and management of familiar hypercholesterolaemia

200
Esiste anche un
algoritmo per la
diagnosi presunta di FH
che dà un punteggio a
diverse condizioni. Per
un punteggio superiore
a 4, si può porre con
sicurezza la diagnosi di
ipercolesterolemia
familiare.

Per maggiori info:

Questa tabella (​Nota 13​) viene utilizzata dal medico di medicina generale, il primo a fare diagnosi
(anche perché conosce la famiglia) ed indirizzare i pz verso i centri. Anche per prescrivere i farmaci
bisogna far riferimento alla nota 13, in modo tale che il pz possa essere esentato dal pagamento
(esenzione del ticket).

La certezza diagnostica assoluta si ha tramite l’identificazione del difetto genetico e lo studio


dell’attività recettoriale. Comunque questo tipo di valutazione non si esegue ai fini della diagnosi
clinica ma solo a scopo di ricerca.

Terapia
La terapia per rallentare questa evoluzione, è rappresentata da una sorta di dialisi (aferesi) per
eliminare quante più LDL possibili dal sangue, ma è chiaro che esaurito tale intervento
progressivamente si formeranno nuovamente e si accumuleranno.

201
Forme con aumento dei trigliceridi: ipertrigliceridemie primitive

Ipertrigliceridemia familiare
È definita familiare perché più
membri della stessa famiglia si
trovano con aumento
prevalentemente dei trigliceridi
rispetto al colesterolo. Il rischio
cardiovascolare è modesto,
ma aumenta il rischio di
pancreatite, in quanto
potrebbe esserci
un’infiltrazione del pancreas
esocrino.
Rapporto colesterolo/trigliceridi
0,2/1,0 (prevalgono i trigliceridi).

Le macchie giallastre
che si vedono a livello
retinico sono Lipemia
retinalis.
Quando i trigliceridi
sono alti, il siero può
assumere aspetto
lattescente,
all’elettroforesi
aumentano la banda
Pre-β e la ɑ.

Disbetalipoprotidemia
È una condizione rara caratterizzata dalla presenza degli Xantomi palmari (o striati piani). Per
queste condizioni rare è utile mandare subito il pz in un centro specialistico. Dal punto di vista
clinico, notiamo:
- Aterosclerosi e prime manifestazioni trombotiche con esordio tra i 38-40 anni;
- Xantomi palmari, piccole macchie bianche/gialle non rilevate;
- Xantomi tuberosi, spesso molto diffusi alle articolazioni.
Diagnosi:
- Colesterolo totale e/o trigliceridi intorno ai 400 mg/dl +
- Larga banda-β;
- Presenza di xantomi striati palmari e xantomi tuberosi rende la diagnosi più
probabile.

202
Un’altra manifestazione caratteristica è la Lipemia retinalis, cioè
l’infarcimento lipidico della retina visibile all’esame del fondo dell’occhio. Si
vedono nettamente i vasi, le striature a raggiera e al centro un accumulo
giallastro di grasso.

Dislipidemie secondarie

È buona norma quando


ci troviamo di fronte un
soggetto con colesterolo
aumentato, se non ci
sono evidenze di
familiarità o di una dieta
scorretta, valutare la
funzione della tiroide,
perché potrebbe trattarsi
di un ipotiroidismo.

Modo per aumentare le


HDL è far smettere di
fumare il pz.

Su un pz obeso, prima di
trattare la dislipidemia, bisogna trattare l’obesità: la riduzione del peso riduce i livelli dei TG in
maniera molto rapida (la dieta come già detto agisce molto sui TG ma meno sul colesterolo). Stessa
cosa vale per il soggetto diabetico. L’elevato livello di TG si associa ad un elevato rischio di
pancreatite, una condizione di altissimo rischio per la vita del pz. Il danno a carico del pancreas,
porta alla distruzione delle cellule che producono gli enzimi digestivi e questi digeriscono il pancreas
stesso.

Algoritmo diagnostico

Partendo da aumento del


colesterolo e/o trigliceridi il
percorso è in senso orario.

Se ci orientiamo verso le
forme familiari chiediamo
l’analisi genetica.

203
Formazione della placca aterosclerotica
Ci preoccupiamo molto del colesterolo (dei lipidi in generale) perché questi sono alla base della
formazione della placca ateromasica.

Ruolo delle lipoproteine nello sviluppo della placca


Le ​HDL ​hanno effetto antiaterogeno perché tolgono il colesterolo ma diminuiscono anche
l’ossidazione delle LDL che poi danno origine alle cellule schiumose: esse captano il colesterolo
dalle cellule morenti e dal ricambio delle membrane cellulari e lo trasportano al fegato per
l’eliminazione. Più alte sono le HDL minore è il rischio cardiovascolare. Non esistono farmaci per
aumentare le HDL, l’unico modo è l’attività fisica.

I ​Chilomicroni​, sono delle grosse molecole che non possono penetrare nelle pareti delle arterie e
quindi non sono implicate nella sviluppo della placca.

Le ​VLDL ​sono coinvolte nelle vie biochimiche di formazione delle LDL. Sono indirettamente
coinvolte nello sviluppo della placca.

Recentemente è stato dimostrato come elevati livelli di ​IDL ​predispongono allo sviluppo
dell’aterosclerosi.

Il colesterolo trasportato dalle ​LDL ​contribuisce allo sviluppo dell’aterosclerosi sia danneggiando
l’endotelio, prima tappa del processo aterosclerotico, sia accumulandosi nell’intima dell’arteria,
inducendo la formazione e l’accrescimento della placca ateromasica. In particolare, una recente
ricerca ha identificato le LDL piccole e dense come le più aterogene tra le tre sottoclassi di LDL.
Inoltre, le LDL vengono chimicamente modificate, probabilmente nel sottoendotelio, in LDL ossidate
(ox-LDL), la loro forma più aterogena.

204
Elevati livelli di ​Trigliceridi ​sono associati ad alterazioni del metabolismo delle altre lipoproteine. I
trigliceridi sono correlati con la ripartizione delle sottoclassi delle LDL: è stato notato che i pazienti
con ipertrigliceridemia hanno una predominanza di LDL piccole e dense, notevolmente aterogene.
Per questo motivo, i livelli dei trigliceridi vengono monitorati insieme alle lipoproteine nei pazienti a
rischio di CVD.

Valutazione dei fattori di rischio


È importante chiarire che non tutti i pz che presentano ipercolesterolemia devono essere trattati,
perché la scelta del trattamento è legata al rischio cardiovascolare globale. Certamente vengono
trattati soggetti che presentano questi fattori di rischio, poiché sono quelli che spiegano la maggior
parte degli IMA (Infarto Miocardio Acuto):
- Fumo;
- Ipertensione;
- Diabete;
- Dislipidemia;
- Obesità (soprattutto addominale);
- Stress (​Nota: lo stress come fattore di rischio ha suscitato dei pareri discordanti
poiché tutto dipende sia dalla quantità che dalla qualità dello stress, poiché questo in
alcuni casi può essere anche un elemento positivo)​;
- Inattività fisica;
- Scarsa assunzione di frutta e verdure;
- Non assunzione di vino rosso poiché questo contiene delle sostanze antiossidanti
come il resveratrolo che ha effetto protettivo sulla formazione della placca,
ovviamente se assunto in quantità moderate.

Si nota come questi fattori di rischio siano quasi tutti correlati allo stile di vita del pz.

L’obiettivo del medico è quello di individuare i soggetti maggiormente a rischio per tentare di
educarli ad abbassare questo rischio.

205
Trattamento
- Dieta e stile di vita sano​;
- Statine ​per l’ipercolesterolemia;
- Fibrati​ per l’ipertrigliceridemia;
Nella dislipidemia combinata si dovrebbe scegliere una delle due classi o, alternativamente statine +
omega-3.
L’associazione di statine e fibrati più essere potenzialmente pericolosa (si fa solo in casi
selezionati).

Quando non si raggiunge l’obiettivo con le statine ma dobbiamo raggiungerlo perché siamo in un
soggetto a rischio o nel caso di un soggetto intollerante alle statine (possono dare rabdomiolisi)
possiamo aggiungere questo ​anticorpo monoclonale anti PCSK9​. Questi si possono dare solo se
il soggetto è intollerante o se abbiamo dato il massimo della statina ma non abbiamo raggiunto
l’obiettivo. Non è prescrivibile da tutti, così come le statine che non possono essere descritte se non
con la nota 13 (dopo che dieta ed attività fisica non hanno funzionato o nei casi di dislipidemia
familiare).

PCSK9 è una proteasi prodotta dal fegato si lega con un «abbraccio mortale» al complesso LDL-
recettore LDL: la presenza del PCSK9 fa sì che tutto il complesso venga digerito nei lisosomi,
bloccando di fatto il ciclo vitale del recettore LDL. In pratica questo comporta una riduzione dei
recettori epatici e quindi un aumento della concentrazione di LDL nel sangue circolante.

“ 2016 ACC Expert Consensus Decision Pathway on the Role of Non-Statin Therapies for LDLCholesterol Lowering in the Management
of Atherosclerotic Cardiovascular Disease Risk “

206

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