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Ed opportunatamente rivisitato, riscrivendo le frasi dette dai professori a lezione per renderle quanto più
comprensibili,
Ed eventualmente integrando con il Rugarli, che pur non essendo il testo consigliato dai professori, è molto
completo e simile nel linguaggio utilizzato.
Per correttezza qualsiasi dato discordante tra i professori ed il Rugarli viene riportato in entrambe le
versioni.
Si farà menzione di qualche caso clinico, scritto in corsivo, così come ogni esperienza o lavoro diretto
riportato dai professori come racconto. Alcuni di questi casi, sono ripresi dalle sbobine dell’anno 2015 e
riportati per completezza.
Per qualsiasi dubbio a riguardo, si consiglia sempre la visione del libro di testo consigliato dai professori.
L’ordine delle lezioni potrebbe essere differente dalla sequenza numerica poiché per cause puramente
logistiche i due professori si sono alternati nello svolgimento delle lezioni.
Per chiunque volesse le copie word dei file per aggiornamenti vari, non esiti a contattare qualcuno degli
autori riportati in copertina.
Buono studio.
INDICE – per ordine di impaginazione:
All’interno delle singole lezioni sono presenti più microargomenti relativi al macroargomento.
Endocrinologia - Lezione 1
Il sistema endocrino comunica con il sistema nervoso e con il sistema immunitario (PNEI). Questo è
importante perché alcune patologie endocrine hanno eziogenesi immunitaria. Alcuni ormoni infatti
sono anche dei neurotrasmettitori.
Il sistema endocrino ha molte funzione:
- Metabolismo;
- Omeostasi, ad esempio nel mantenimento delle concentrazioni del calcio;
- Sviluppo somatico e neuropsichico;
- Interazione con l’ambiente. Anche l’inquinamento ambientale ha effetto sul sistema
endocrino, infatti in alcune plastiche con il calore si liberano delle sostanze che
interferiscono con gli ormoni.
Gli ormoni vengono secreti da ghiandole e da strutture non ghiandolari (SNC, cuore, fegato,
intestino, rene, tessuto adiposo), infatti possiamo individuare dei gruppi cellulari in organi non
endocrini.
Ormone deriva dal greco “ormao” che significa “eccito”. Gli ormoni possono essere trasportati o
trovarsi liberi, come ad esempio insulina ed IGF 1. Una caratteristica della cellula endocrina è che
essa può produrre più ormoni, esempio ne è la tiroide con la produzione di T3-T4, e allo stesso
modo più cellule endocrine diverse possono produrre lo stesso ormone. Peculiarità del meccanismo
d’azione dell’ormone è l’azione a distanza rispetto al sito di produzione dello stesso.
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Molti ormoni vengono protetti dalla degradazione mediante legame a proteine circolanti come ad
esempio la TBP (lega ormoni tiroidei), CBG (ormoni derivati dal colesterolo), SHBG (lega gli ormoni
sessuali), Neurofisine (legano ADH).
Saranno comunque le concentrazioni di ormone libere ad avere attività biologica.
La tappa indispensabile per l’azione ormonale è il legame dell’ormone ad un recettore specifico
sulla cellula. Molte terapie si basano proprio sul blocco del recettore, neutralizzando quindi l’effetto
dell’ormone nonostante esso sia normalmente presente (inibitore competitivo del sito enzimatico).
Da sottolineare è un’altra caratteristica del legame tra ormone e recettore, infatti, quando tra due
ormoni simili in struttura, uno è in elevate concentrazioni, questo può legarsi al recettore dell’altro
ormone e quindi bloccare il suo legame (es: IGF e insulina).
I recettori non sono altro che molecole (proteine) che legano l’ormone, infatti solo cellule che
possiedono recettori funzionanti (vedi sindromi da resistenza ormonale) sono suscettibili all’azione
ormonale.
La relazione tra ormone e recettore è caratterizzata da:
- Identificazione (specificità);
- legame (affinità);
- trasmissione segnale (amplificazione, integrazione).
La maggior parte degli ormoni agiscono
tramite dei recettori di membrana che
possono agire direttamente attivando le
cascate enzimatiche o tramite
l’attivazione dei secondi messaggeri
(cAMP, cGMP, NO ecc) che andranno
ad interagire con altri enzimi intracellulari
che attiveranno le cascate di segnale.
Altri ormoni si legano direttamente a
recettori interni alla cellula (ormoni
steroidei), in virtù della loro capacità di
attraversare la membrana cellulare. Altri
ancora presentano dei recettori
direttamente nel nucleo cellulare
(Ormoni tiroidei) funzionando da fattori di
trascrizione.
Gli ormoni possono essere classificati anche in base al meccanismo d’azione (recettori intracellulari,
su membrana con secondo messaggero, cascata chinasica, calcio/fosfatidilinositolo o entrambi). Ad
esempio, l’insulina una volta legata, fa si che le due subunità intracellulari del recettore si
avvicinano, attivando le subunità catalitiche (tirosin-k) e questo porta poi all’attivazione delle cascate
intracellulari alla base dei cambiamenti metabolici della cellula.
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La produzione ormonale viene regolati attraverso il meccanismo del feedback (feedback negativo o
attivo). Il meccanismo retroattivo (feedback negativo) è basato sulla concentrazione dell’ormone
stesso, infatti crescendo le concentrazioni, la sintesi dell’ormone viene ridotta. Nei tumori il controllo
con il feedback negativo può non funzionare perché abbiamo una ipersecrezione dell’ormone
(esempio classico di iperproduzione).
Tipico esempio di controllo a feedback negativo è il sistema ipotalamo-ipofisi-ghiandola periferica.
L’ipotalamo produce il fattore di rilascio che stimola l’ipofisi, essa produce le tropine che agiscono
sulle ghiandole periferiche. L’ormone prodotto dalle ghiandole periferiche agisce con un feedback
negativo bloccando la sua sintesi sia a livello ipotalamico che a livello ipofisario (regolazione ad
ansa lunga, corta ed ultra corta).
Sindromi da ipofunzione
L’ipofunzione può essere primaria, secondaria o terziaria. Primaria quando riguarda direttamente la
ghiandola che produce l’ormone, secondaria se il problema è localizzato a livello ipofisario. Per i
deficit ipotalamici o ipofisari può anche essere utilizzato il termine centrale. Il deficit può essere
quantitativo o qualitativo. Nel quantitativo, vengono prodotte piccole concentrazioni ormonali che
non riescono ad attivare il recettore. Il qualitativo è dato da una struttura ormonale non adatta
all’attivazione del recettore.
Sindromi da iperfunzione
Possono essere primarie quando avremo incremento di produzione ormonale a causa di una
patologia della ghiandola, secondarie quando avremo produzione di fattori che stimolano la
ghiandola in caso di patologia extraghiandolare o ectopica come per esempio un microcitoma
polmonare che produce ACTH.
Tips su esami di laboratorio:
se noi chiediamo il cortisolo e
rileviamo un livello alto, questo
può essere dovuto a varie
cause (surrenalica, centrale).
Avere solo il cortisolo non ci
porta alla diagnosi, ma
subentrano esami di secondo
livello che permettono
l’orientamento nella diagnosi.
Se questo dovesse essere
dovuto ad un difetto
ipotalamico, dosiamo l’ACTH
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(anche se non si fa mai, solo scolastico):
- Se il problema è a livello ipotalamico, avremo tutti e tre i valori alti.
- Se è a livello ipofisario avremo CRH basso e ACTH e cortisolo alti.
- Se è a livello surrenalico invece avremo solo il cortisolo alto e gli altri ormoni saranno
bassi.
Molti ormoni posseggono un ritmo secretivo caratteristico, possono infatti essere secreti in modo
ciclico o intermittente. Quando parliamo di ritmi biologici, questi possono essere:
- infradiani (inferiore alle 24h),
- circadiani (circa 24h) come il cortisolo con zenit alle 6-8 di mattina (mentre è minore
la sera, prima verso le 3-4 viene prodotto l’ACTH e poi alle 6-8 il cortisolo),
- ultradiani (superano le 24h) ormoni del ciclo ovarico.
La cosa da sottolineare è che questo ovviamente determina anche un periodo nella quale eseguire
il dosaggio (esempio classico è il cortisolo che va dosato di prima mattina, anche se
successivamente vedremo come un cortisolo dosato a quest’ora sia poco utile per esempio nella
diagnosi di un Cushing, quindi è importante conoscere l’orario del prelievo e farlo al momento
giusto). Alcuni soggetti presentano alti livelli di prolattina che possono essere dovuti allo stress,
quindi si fanno due prelievi uno prima quando viene inserita la cannula (ci aspettiamo valori altini) e
uno dopo sempre dalla stessa cannula (ci aspettiamo valori più bassi perché lo stress
dell’inserimento della cannula è passato). Il prelievo della prolattina non deve essere fatto da
appena svegli. Se si deve impostare una terapia sostitutiva è necessario andare a valutare anche
l’orario della somministrazione (esempio il cortisolo, va somministrato la mattina e se necessario nel
pomeriggio 16-17, perché il cortisolo ha due picchi).
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Endocrinologia - Lezione 2
Il controllo ipotalamico
sull’ipofisi può essere positivo
o negativo. Ad esempio per
quanto riguarda la secrezione
di prolattina è quasi sempre di
tipo inibitorio. La PRL è un
ormone che aumenta durante
la gravidanza e l’allattamento
(aumenta anche grazie alla
suzione, tramite un riflesso
nervoso). Durante la
gravidanza, nonostante i livelli
siano elevati per favorire la
formazione di nuovi dotti
galattofori e la produzione di
caseina, gli elevati livelli di
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estrogeni fanno si che non vi sia fuoriuscita di latte. Con il parto, la diminuzione degli estrogeni farà
si che la PRL esplichi la sua funzione. La secrezione della PRL viene bloccata dalla dopamina,
generalmente prodotta dall’ipotalamo e questo ha importanti implicazioni dal punto di vista clinico.
Condizioni parafisiologiche che aumentano la secrezione di PRL sono il sonno e lo stress. Il TRH
stimola anche la secrezione della prolattina.
Il TRH nelle sindromi da ipofunzione secondaria (ipofisaria) è inappropriatamente normale o
normale-basso. In realtà ce lo aspetteremo alto dato che manca la produzione a valle dell’ormone.
Proprio il fatto che è normale-basso nella forma secondaria non si ha un eccesso di TRH e quindi
non si verifica iperproduzione di PRL (mentre nel primitivo si avrebbe iperproduzione di PRL).
Questo vale per gli ormoni tiroidei ma anche in generale in tutte le forme secondarie, ad esempio
per il cortisolo il CRH sarebbe normale, se fosse primitivo sarebbe alto.
Nell’ipotiroidismo dobbiamo quindi anche dosare anche la PRL. Vale la stessa cosa al contrario.
Il controllo dell ACTH (corticotropina) è tramite CRH. ACTH agisce soltanto sulla corteccia del
surrene e non sulla midollare, in particolare il suo bersaglio sono le cellule della fascicolata che
producono e secernono cortisolo e della reticolare dove si ha la sintesi di ormoni sessuali. Mentre la
parte glomerulare non risente dello stimolo dell’ACTH ma lo stimolo principale è l'iperosmolarità ed
in secondo luogo l’ipovolemia.
Il GH viene stimolato dal GHrh ed inibito dalla somatostatina (bersaglio principale di questa è il GH
ma in realtà inibisce la secrezione di tutti gli ormoni, così come anche il cortisolo inibisce molti
ormoni in maniera più o meno blanda, ad esempio la secrezione di TSH. Nei soggetti in terapia con
cortisone e che hanno TSH basso, questo indica una ricaduta). Il GH ha azione dirette ed indirette,
mediate dalle somatomedine prodotte dal fegato (IGF-1 ed IGF-2). In generale le tropine hanno
effetto su molti tessuti e quindi sull’organismo.
FSH e LH sono controllate da GnRH. LH stimola la secrezione nelle gonadi di androgeni mentre
FSH controlla la spermatogenesi e la follicologenesi.
Nella neuroipofisi:
- ADH responsabile del riassorbimento di acqua dai tubuli renali e dal dotto collettore;
- OXT è importante sia per l’eiezione del latte ma anche per le contrazioni uterine nel
travaglio.
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Fattori di rilascio ipotalamici:
- TRH, è il principale stimolatore del TSH ed in parte stimola la secrezione di PRL;
- CRH stimola la liberazione di ACTH;
- GHRH stimola la secrezione di GH. Esiste anche un fattore inibitore la secrezione di
GH di produzione ipotalamica, ma il suo ruolo è marginale;
- GnRH permette la liberazione delle gonadotropine.
Le malattie dell’ipofisi
Quando si parla di malattie dell’ipofisi bisogna tenere a mente che esistono delle alterazioni
funzionali legate alle concentrazioni ormonali (ad esempio ballerine con amenorrea. Per tutta una
serie di motivi, come le endorfine che si rilasciano durante l’attività fisica, si ha alterazione del Gnrh
e questo determina un alterazione del ciclo mestruale. L’ipofisi è normofunzionale e non abbiamo
neanche deficit nelle gonadotropine, il fatto è che non vi è una normale pulsatilità. Esistono più
fattori che poi possono alterare il ciclo come l’eccesso di prolattina) e delle alterazioni organiche,
legate ad un aumento del volume della ghiandola stessa (effetto massa).
Le malattie organiche:
- Adenoma ipofisario secernente e non secernente;
- Ipopituitarismo;
- Diabete insipido centrale.
I quadri clinici che si possono verificare in corso di malattie dell'ipofisi dipendono dalla funzione delle
cellule bersaglio dell'ormone deficitario: ad esempio se mancano l'FSH e LH avremo un quadro
clinico da alterata funzione gonadale, se manca il TSH un quadro clinico da alterata funzione
tiroidea, e così via. Al contrario, se c'è un eccesso di liberazione di TSH o di ACTH, noteremo un
quadro clinico dove c'è un eccesso di cortisolo.
Adenomi ipofisari
Gli adenomi ipofisari sono rari. Se sono secernenti (o anche non secernenti) sono delle patologie
gravi. Sono dei tumori benigni e vengono classificati in microadenomi se sono sotto 1 cm e in
macroadenomi se sopra. Per quanto riguarda i secernenti il più frequenti è il prolattinoma nel 50%
dei casi. Il secondo per frequenza è il non secernente 20-25% e poi il GH secernente nel 20% dei
casi (molte volte insieme a PRL secernente). L’ACTH secernente è al 6%, infine sono ancora più
rari quelli LH/FSH e TSH secernenti. Il PRL secernente è più frequente nella forma micro nelle
donne e macro nei maschi perché nella donna non ha il tempo di diventare macro. I sintomi sono
simili ma nel sesso femminile si nota precocemente perché ci sono delle alterazioni del ciclo
sessuale quindi i sintomi sono molto più evidenti. I GH secernenti sono quasi sempre
macroadenomi. La caratteristica di tutti gli adenomi ipofisari è la lenta evoluzione e nel caso di quelli
GH secernenti, GH diventa anche un fattore che permette la crescita dell’adenoma stesso. L’ACTH
secernente è un microadenoma mentre il TSH secernente e gonadotropine secernente sono macro.
Il problema dei non secernenti (25% dei casi), generalmente rilevati in maniera accidentale o perché
possono dare alterazioni visive (diplopie, mal di testa) oppure ritrovati in caso di una TAC o RM, è la
sintomatologia non evidente perché non producono fattori ormonali. Una cosa molto importante sui
macroadenomi sia secernenti che non è che, man mano che si espandono, si ingrandisce un tipo
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cellulare e, nel caso del secernente, distrugge le altre cellule e si arriva ad un ipopituitarismo.
Quando il microadenoma cresce può essere aumentata PRL perché manca inibizione della
dopamina a causa della compressione del peduncolo.
Alcuni fattori sono coinvolti nella patogenesi dei tumori ipofisari, molti dei quali sono simili a quelli
che sono i meccanismi patogenetici di altri tumori:
- Mutazioni di oncogeni: come per gli altri tumori, anche qui mutazioni di RAS,
mutazioni attivanti di geni che trasformano le cellule ipofisarie, e così via;
- Mutazioni di oncosoppressori: inattivazione degli oncosoppressori, che sono
implicati nella soppressione della crescita cellulare;
- Mutazioni di geni normalmente espressi nell'ipofisi: controllano le diverse parti di
sviluppo della ghiandola;
- Fattori di crescita: si legano a recettori cellulari di membrana.
Accanto a questi fattori, che sono per così dire ‘’classici’’, ci sono anche alcune forme ereditarie che
caratterizzano quelle che vengono definite sindromi multi-endocrine (MEN).
Per l'excursus sulle MEN si consiglia la visione degli appunti di chirurgia del prof. Veroux.
Clinica
Le manifestazioni cliniche sono per lo più
neurologiche: cefalea, difetti della visione.
Abbiamo i segni endocrini da iper o
iposecrezione parziale o totale.
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non posso aspettare l'efficacia della terapia medica: l'intervento chirurgico diventa obbligatorio ed
urgente.
Diagnosi
Per la diagnostica si fa prevalentemente una RM piuttosto che la TC perché non ci sono radiazioni e
si vede comunque bene. Si richiede esame del campo visivo, dato che la compressione avviene
nella porzione postero mediana del chiasma, con interessamento delle fibre della porzione nasale
ed emianopsia temporale bilaterale. Si richiedono indagini di laboratorio con dosaggi ormonali.
L’orientamento clinico ci dà una mano ma si devono chiedere tutti gli ormoni perché ci possiamo
trovare nella condizione di ipopituitarismo. Se dovessimo avere una ipersecrezione di qualche
ormone ma non abbiamo indagato se c’è un difetto di secrezione di ACTH, mandando all’intervento
chirurgico il soggetto, egli potrebbe morire se non trattato immediatamente con il cortisone.
PRL e Prolattinoma
La dopamina prodotta dall’ipotalamo ha un effetto inibitorio sulla PRL. Invece la suzione, gli
estrogeni ed TRH ne stimolano la secrezione. Normalmente i livelli sono tra 5-25 ng/ml nella donna,
arrivano a 20 ng/ml nell’uomo. Le condizioni in cui aumenta la prolattina possono essere distinte in
fisiologiche e patologiche. Le fisiologiche sono:
- il sonno (attenzione a non fare prelievo mentre dorme);
- stress da prelievo, o qualsiasi stress fisico o psichico;
- Allattamento e gravidanza;
- suzione del capezzolo e lo stimolo della parete toracica, come ad esempio un
herpes.
Durante la gravidanza la presenza degli estrogeni stimola la crescita delle cellule lattotrope
ipofisarie e l’aumento della PRL (100-300 ng/ml). L’alta concentrazione di estrogeni però ne inibisce
l’azione sulla mammella, infatti la lattazione comincia subito dopo il parto per la rapida caduta
estrogenica.
Le cause di iperprolattinemia di origine patologica sono:
- adenoma ipofisario PRL secernente;
- l’interruzione del peduncolo ipofisario perché viene a mancare la dopamina prodotta
dall’ipotalamo;
- ipotiroidismo primitivo;
- sindrome da ovaio policistico;
- insufficienza renale, legato quindi alla clearance della prolattina stessa;
- Craniofaringioma;
- Farmaci, antidopaminergici,
estrogeni ad alte dosi, anti-H2,
oppiacei.
Nel momento in cui si trova iperprolattinemia si
deve pensare ad escludere un effetto di blocco
della dopamina come ad esempio a causa di
farmaci che la bloccano, ovaio policistico,
ipotiroidismo primitivo, herpes o traumi che
durano per un certo tempo nella parete
toracica. Per ultimo, quando non è stata rilevata
una causa può essere idiopatica.
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Segni e sintomi
In presenza di segni o sintomi associati ad una condizione di iperprolattinemia si può ipotizzare la
presenza di un adenoma PRL secernente. Nella donna:
- Oligomenorrea, amenorrea, poiché causa alterazioni dellla pulsatilità della GnRH e
quindi LH e FSH;
- Anovularietà;
- Infertilità;
- Galattorrea, ovvero la fuoriuscita di latte o di una secrezione simile dalla mammella,
in assenza di gravidanza o dopo 6 mesi dal parto in una donna che non allatta. Essa
può essere spontanea o provocata, mono o bi- laterale; se associata ad alterazioni
mestruali è sinonimo di iperprolattinemia. Nel 50% delle donne con galattorrea i livelli
di PRL sono normali.
Nell’uomo:
- Disfunzione erettile;
- Ginecomastia;
- Oligo-azoospermia;
- Bassi valori di testosterone plasmatico, quindi riduzione della forza e del tono
muscolare nonché della conta eritrocitaria (il testosterone ha azione positiva
sull’eritrogenesi e questo spiega perché il valore maggiore rispetto alla donna);
- Calo della libido;
- Galattorrea, rara poiché non è presente una ghiandola mammaria ben sviluppata.
Nell’uomo e nella donna determinano ipogonadismo, infertilità.
La differenza dei sintomi fa si che nella donna la patologia si renda più evidente (amenorrea e
galattorrea) rispetto al maschio, dove la diagnosi è spesso tardiva e avviene in stato di
macroadenoma e quindi probabilmente rilevata grazie ad alterazioni a carico del visus. Un
microadenoma, potrebbe essere silente qualora si sviluppi nella donna in menopausa dove sintomo
presente sarà la cefalea.
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Terapia
La terapia risponde bene ai farmaci. La
prima scelta è rappresentata dai
dopaminergici che riducono anche la
massa mentre se è un
macroprolattinoma non si ha la
scomparsa totale ma la risposta ai
farmaci è sempre ottima. Nei casi in cui
c’è una compressione del chiasma
ottico con alterazioni della vista si può
ricorrere alla terapia chirurgica così
come in caso di mancata risposta ai
farmaci. Terza scelta sono infine le
radiazioni (il gamma knife) nei casi in
cui chirurgia e terapia farmacologica
falliscono.
Tra i farmaci il più vecchio è la bromocriptina (2.5 - 7.5 mg/die) la quale permette una
normalizzazione dei livelli di PRL nell’80% dei casi ed una riduzione della massa tumorale nel >50%
dei casi, con possibilità di utilizzarla anche in gravidanza. Il farmaco è stato sostituito dalla
cabergolina, con effetto dopaminergico più prolungato e % di normalizzazione della PRL e
riduzione del tumore leggermente maggiori (viene utilizzato oggi se c’è la gravidanza (lei dice di non
utilizzarla) e la PRL viene mantenuta a livelli tali da consentire il proseguimento di essa.-Rugarli).
Gli effetti collaterali dando un dopaminergico sono nausea, vomito, ipotensione, vertigini, cefalea e
disturbi del sonno. Si inizia con dosi basse post prandiali o di sera e aumentare gradualmente fino
alla posologia ottimale.
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ormone iperglicemizzante aumenta anche gli acidi grassi liberi e riduce il tessuto adiposo mentre
aumenta la massa magra (falsamente aumentata) perché aumenta il grasso tra una cellula e l’altra.
Normalmente, i livelli circolanti di GH in condizioni basali sono molto variabili: oscillano tra 1 e 10
ng/ml. Il GH viene prodotto con una secrezione pulsatile, con picco massimo durante il sonno
profondo (Fase NREM). Il valore massimo si ha alla nascita, il secondo picco alla pubertà. Alla
nascita poiché la velocità di crescita è maggiore rispetto a qualunque altro momento della vita.
Un meccanismo che fa liberare GH è lo stress, inteso non soltanto in senso psicologico, ma anche
come stress fisico: l'ipoglicemia è uno stress per l'organismo, perché, abbassandosi la glicemia,
devono mettersi in atto delle risposte che riportino il tutto alla normalità, pena la morte. Altre due
condizioni che fanno liberare il GH sono l'esercizio fisico, ovvero un'altra condizione di stress, e lo
stato nutrizionale.
Gli effetti locali compressivi sono più frequenti rispetto a quelli della PRL perché sono
macroadenomi.
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- Ipopituitarismo;
- Gozzo diffuso o nodulare;
- Diabete mellito;
- Alterazioni mestruali;
- Galattorrea;
- Irsutismo;
- Disfunzione erettile.
Gli effetti indiretti:
- Sono tutti gli altri effetti del GH, e sono mediati dalle IGF 1 e 2 (dette anche
somatomedine) prodotte nel fegato, nel rene e nelle cartilagini.
Diagnosi
L’attenzione del medico viene richiamata soprattutto dalle alterazioni ossee che i pazienti
presentano. A causa dell’effetto massa potrebbero essere presenti sintomi quali una cefalea che
non si risolve. L’anamnesi è di fondamentale importanza, poiché i pz riferiscono tutta una serie di
cambiamenti quali ad esempio allargare le fedi, il numero di scarpe o anticamente il cappello. Il pz,
i familiari o chi gli sta vicino tutti i giorni, generalmente non presta attenzione a questi cambiamenti
poiché molto lenti e graduali (ci si abituano) o perché si pensa ad un aumento di peso/cambiamento
relativo alla sedentarietà e all’età che avanza. A parte quella fisionomia classica dell’acromegalia
che si manifesta nella fase tardiva della patologia, molto utile per fare diagnosi precoce e mettere in
risalto questi cambiamenti, è chiedere al pz di mostrare una foto di qualche anno fa che lo ritrae.
Per quanto riguarda l’approccio laboratorista: si dosano il GH e IGF1. Il problema è sempre relativo
al ritmo di secrezione. Facendo un dosaggio di base potrebbe essere già elevato ma potrebbe
anche non esserlo. Si fa un test che sfrutta un effetto paradosso, cioè si fa un test con la curva da
carico orale di glucosio (soluzione orale con 75 g di glucosio. Prelievo a tempo 0 alle 2 ore,
valutando insulina e glucosio) ma anziché dosare il glucosio, andremo a dosare GH ed IGF 1 che
inaspettatamente rimangono alti essendo ormoni iperglicemizzanti. Possono essere riscontrati falsi
positivi nei soggetti adolescenti, diabetici, anoressia nervosa, insufficienza epatica e renale. Falsi
negativi nei soggetti che presentano adenomi secernenti ma con basse quantità di GH.
Il sospetto di ipersecrezione di GH è confermato da:
- GH elevato (>40 ng/ml) e/o GH > 1 ng/ml (il rugarli parla di positività qualora i livelli di
GH dopo 2h siano > 0,4 ng/ml) dopo test carico orale di glucosio;
- IGF superiore al range di normalità per sesso/età.
Confermato il sospetto, per la diagnosi:
- RM della sella o TAC per
confermare la presenza
dell’adenoma, definire
l’estensione ed i rapporti.
Nell’immagine
macroadenoma secernente
GH;
- Esame del campo visivo.
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Al solito si devono valutare tutti gli altri ormoni (TSH e ormoni tiroidei, gonadotropine ecc...).
Bisogna valutare tutte le complicanze sistemiche dell’acromegalia, generalmente associata a
presenza di neoplasie a livello del colon retto, mammella, bronchi e midollo. Si farà un’ecografia
tiroidea per valutare la presenza dei tumori alla tiroide, una colonscopia per la poliposi del colon e i
tumori del colon, ecocardiografia, misurazione della pressione arteriosa. Aumenta anche l’incidenza
dei polipi della colecisti.
Terapia
La prima scelta è la terapia chirurgica trans-naso-sfenoidale, viene aspirato l’adenoma (il rischio
potrebbe essere diabete insipido transitorio o permanente).
Nei casi in cui la chirugica non ha avuto successo o non si può fare per varie complicazioni o nei
casi in cui il soggetto non vuole sottoporsi all’intervento o infine, nei casi un cui persiste la patologia
si usa prima la terapia medica tramite analoghi della somatostatina a lunga durata d’azione:
octreotide LAR (10-40 mg ogni 28 giorni i.m.), lanreotide (30-120 mg ogni 20-56 giorni i.m).
Cosa importante è che nella maggior parte dei pazienti oltre al miglioramento delle condizioni
generali si avranno: riduzione del gonfiore, della cefalea, dell’ipertrofia cardiaca, delle apnee
notturne e in molti casi dell’ipertensione arteriosa e del metabolismo glucidico. Effetti collaterali sono
legati a sintomi gastroenterici come nausea, diarrea, malassorbimento e meteorismo e aumento del
rischio di calcolosi biliare (riduzione della contrattilità della colecisti).
Si possono utilizzare farmaci che inibiscono il recettore del GH (pegvisomant 10-40 mg/die s.c).
Il pasireotide è un farmaco analogo della somatostatina multi-target recettoriale.
La radioterapia ha perso il ruolo di terapia adiuvante soprattutto per le problematiche relative ai
rischio di altri tumori cerebrali ed ipopituitarismo.
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Endocrinologia - lezione 3
Ipopituitarismi
Con il termine si intende la carenza di uno o più ormoni dell’ipofisi anteriore a causa di una
patologia che provoca distruzione delle cellule ipofisarie. Questi possono essere globali o parziali,
congeniti o acquisiti. Spesso, la condizione globale (panipopituitarismo) è associata ad un deficit
ipofisario posteriore con diabete insipido. Parliamo di una condizione rara con incidenza di
4/centomila casi e prevalenza di 45,5/centomila abitanti.
Cause di Ipopituitarismo
Congenite:
- La mutazione dei fattori di trascrizione ipofisari che regolano la sintesi delle tropine;
- Mutazione del gene del GH;
- Mutazioni dei geni del GnRH, GHRH, TRH ecc;
- Traumi da parto, come nella presentazione podalica, evenienza che avviene nei
paesi in via di sviluppo. Qui non succede perché viene effettuato il cesareo;
- Eziologia sconosciuta.
Acquisite:
- Adenomi ipofisari, fanno parte delle cosiddette forme sellari. Vengono divisi sia in
secernenti che non secernenti, rappresentano la causa più frequente 53% dei casi,
perché man mano che si ingrandisce l’adenoma va a comprimere le altre cellule
oppure nel caso dei secernenti perché le altre cellule vanno in apoptosi;
- Tumori dell’area ipotalamo-ipofisaria (es. Craniofaringioma), fanno parte delle
forme sovrasellari perché sono dei tumori che non invadono la sella. Se ad esempio
si sviluppasse un tumore ipotalamico che colpisse le cellule produttrici del TRH,
l’ipofisi non produrrà TSH non perché danneggiata a causa del tumore, ma perché
viene proprio a mancare il TRH. Nel caso specifico del craniofaringioma, esso invece
cresce all’interno della sella turcica, portando ad una mancata produzione ipofisaria a
causa della compressione della stessa;
- Forme iatrogene, come nei soggetti che subiscono degli interventi chirurgici o
terapia radiante fino all’ipopituitarismo globale;
- Ipofisi autoimmuni;
- Traumi cranici;
- Sindrome di Sheehan o necrosi ischemica post partum dell’ipofisi;
- La Sindrome della sella vuota è una condizione definita radiologicamente nella
quale si nota come l’ipofisi viene schiacciata sul pavimento sellare perché c’è
un’erniazione dello spazio subaracnoideo, molto rara come causa, rappresenta il
5-10% dei casi, non è detto che sia associato ad ipopituitarismo.
Nell’età evolutiva la forma acquisita più frequente è un craniofaringioma, tumore che colpisce nel
50% dei casi bambini ed adolescenti. È caratterizzato da:
- Mal di testa e deficit della visione (segni locali di espansione tumorale);
- Deficit endocrini come arresto della crescita (bambino) e ritardo nello sviluppo
puberale (adolescente), se presente, la ginecomastia è indicativa. I sintomi dovuti
all’assenza delle altre tropine sono sfumati.
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Diagnosi eseguita tramite RM encefalica, ma devono sempre essere effettuati esami del campo
visivo, valutazione delle tropine ipofisarie e dell’età ossea. La terapia prevede un approccio
neurochirurgico, seguito da radioterapia con distruzione di eventuali residui chirurgici e terapia
medica sostitutiva della funzione ipofisaria. Le manifestazioni sono tanto più importanti tante più
sono le tropine coinvolte. La risposta paradossa dopo la chirurgia può prevedere la ripresa della
crescita in statura. Obesità presente nel 75% dei soggetti post-chirurgia nonostante la restrizione
calorica.
In età adulta, la forma più frequente è il macroadenoma sia secernente che non. Le manifestazioni
cliniche riguardano il tipo di deficit:
- Eterogenee, rispecchiano i deficit secondari di tiroide, surrene e gonadi;
- Condizioni di nutrizione buone, con tendenza alla disposizione dell’adipe intorno alla
vita (mancanza effetto lipolitico del GH).
Errore gravissimo è non valutare le altre tropine, dato che il macroadenoma ipersecernente può
causare ipopituitarismo relativamente alle altre funzioni ipofisarie.
La Sindrome di Sheehan è dovuta ad una forte emorragia da parto che provoca infarto ischemico
dell’ipofisi. Il sintomo più evidente è la mancata montata lattea (ipoprolattinemia) a cui fanno seguito
mancata ricomparsa del ciclo mestruale ed infertilità. In forma acuta può presentarsi con
ipotensione, nausea, vomito, tachicardia ed ipoglicemia. La terapia è di tipo sostitutivo.
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serie di altre condizioni, prima tra tutte la bassa statura familiare, sulla quale non si può fare
nulla perchè è, appunto, costituzionale, familiare o genetica. Esistono una serie di basse stature
non legate agli ormoni. Se il deficit di GH avviene in età adulta è chiaro che non ci possono
essere i segni del deficit nell'età giovanile perché il soggetto è già cresciuto. Ci possono essere i
segni legati a quello che è l'effetto del GH su una serie di organi e apparati, ed in particolare:
astenia, aumento della massa grassa, diminuzione di massa magra e tessuto osseo, mentre
non c'è sicuramente un'alterazione della statura. Nell'adulto un deficit di GH isolato è molto raro,
questo perchè il più delle volte è una condizione di ipopituitarismo multiplo dipendente da un
intervento chirurgico, da un tumore o da un qualcosa che ha compresso l'ipofisi;
- TSH è simile all’ipotiroidismo primario, si manifesta con torpore, intolleranza al freddo, apatia,
sonnolenza e facile affaticabilità. La cute è secca e non è presente mixedema. L’ipotiroidismo di
origine ipofisaria è raro come manifestazione singola, poiché generalmente è associato a deficit
secretivi delle altre popolazioni cellulari;
- ACTH è simile al primitivo, con atrofia della zona reticolata e della fascicolata e riduzione nella
produzione di glucocorticoidi e androgeni, mentre la secrezione di aldosterone è mantenuta,
mancano infatti le alterazioni elettrolitiche e della volemia. Manca l'iperpigmentazione a causa
della mancata produzione di ɑ-MSH, anzi abbiamo depigmentazione delle aree fisiologiche
come l’areola mammaria. Per il resto la sintomatologia è simile a quella del deficit primitivo, ma
più attenuata: astenia, nausea, anoressia, vomito, ipotensione arteriosa e ipoglicemia (Il
cortisolo è uno degli ormoni della controregolazione). La sintomatologia può precipitare in
concomitanza di un evento stressante, mostrando come l’asse non sia in grado di gestirlo.
Se vi è un deficit di androgeni la sintomatologia è più sfumata dato che la maggior parte degli
ormoni steroidei viene prodotta nelle gonadi (almeno per il maschio);
- PRL, come deficit singolo è rarissimo. Dato che la prolattina ha una sola funzione, ovvero
preparare la ghiandola mammaria per la lattazione, non ho nessun segno clinico che mi possa
far pensare ad una condizione di deficit di prolattina;
- LH/FSH in età evolutiva assenza di sviluppo sessuale con pubertà ritardata ed eunucoidismo.
Nell’uomo adulto avremo riduzione del volume testicolare, calo della libido e riduzione dei
caratteri sessuali secondari come rarefazione dei peli e calo della massa muscolare. Nella
donna adulta le alterazioni del ciclo mestruale con oligomenorrea e amenorrea saranno i sintomi
più precoci. Seguono anche nella donna alterazione dei caratteri secondari sessuali con atrofia
della mammella e scomparsa dei peli pubici (dovuti in parte all’assenza di DHEA-S).
I sintomi sono a lenta evoluzione e dipendono oltre che dall’età di insorgenza anche dall’entità del
coinvolgimento ghiandolare. Se il danno è progressivo, abbiamo generalmente interessamento
sequenziale: GH, LH, FSH, TSH e infine ACTH. Negli stadi avanzati i pazienti assumono un aspetto
caratteristico, conseguenza dell’interessamento multighiandolare, che già al primo impatto può
portare alla diagnosi:
- Volto apatico ed inespressivo con rughe sottili;
- Cute pallida e sottile;
- Areole mammarie depigmentate;
- Rarefazione dei peli e della barba;
- Aumento dell’adipe a disposizione centrale;
- Poliuria, evidente quando entra in atto la terapia con glucocorticoidi;
- Riduzione della qualità della vita: tendenza all’isolamento, depressione e insicurezza.
- Paziente sembra più anziano rispetto all’età anagrafica.
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Diagnosi
- Quadro clinico suggestivo di ipopituitarismo (es deficit plurighiandolare);
- Insufficienza ghiandolare periferica secondaria;
- Presenza di lesioni che possono causare ipopituitarismo (es massa sellare > 1
cm, anche in assenza di segni clinici).
Regola d’oro: dimostrazione di deficit della ghiandola periferica in presenza di un valore non elevato
della corrispondente tropina ipofisaria.
IMPORTANTE: nell’insufficienza secondaria la riduzione dei livelli di ormoni periferici non si associa
all’aumento degli ormoni dell’adenoipofisi, come invece avverrebbe in un deficit primario, pertanto
questi saranno nel range della normalità:
Il rilievo di valori ridotti di fT4 in presenza di TSH non elevato è indicativo di un ipotiroidismo
secondario.
Indicativo è il valore della cortisoluria delle 24 h che si presenta al di sotto del range normale.
Il valore di GH basale non è sufficiente e si preferisce quello di IGF-1 che è quasi sempre al di sotto
del range normale.
Data i limiti della diagnostica basata su livelli random, assumono molta importanza i test dinamici
basati sullo stimolo dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sul GH. il test di stimolazione rapido con
ACTH mette in mostra la mancata produzione del cortisolo perché la risposta del surrene all’ACTH
è diminuita in acuto. Per dimostrare la carenza di ACTH si deve ricorrere ad un’attivazione
stress-mediata del sistema ipotalamo-ipofisi con liberazione di ACTH, GH e PRL. Per indurre
questo stress, i valori di glicemia devono scendere al di sotto di 40 mg/dl (Il test è mal tollerato dal
soggetto adulto che manifesta torpore, tremore e sudorazione).
L’impiego del CRH permette di differenziare delle carenze di ACTH dovute a deficit ipotalamico
(livelli basali ridotti di ACTH con risposta al CRH presente) da quelli dovuti a deficit ipofisario
(risposta al CRH assente).
Oltre all’ipoglicemia a digiuno, possono essere presenti anemia normocromica e iponatriemia. La
presenza di un deficit ormonale deve comunque fa pensare sempre alla presenza di un problema a
livello centrale.
Trattamento
Terapia sostitutiva degli ormoni periferici a seconda del deficit che trovo, se singoli o multipli. In
caso di GHD con GH umano ricombinante. In caso di iposurrenalismo secondario solo
glucocorticoidi e non con steroidi mineraloattivi, essendo i livelli normali. Levotiroxina per la tiroide
come per il primitivo. Nel caso di ipogonadismo secondario nell'uomo con testosterone, nella donna
con estroprogestinici. Le gonadotropine vengono utilizzate per indurre spermiogenesi ed
ovulazione.
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Sindrome da alterata secrezione di ADH
Diabete insipido
Sindrome caratterizzata da intensa poliuria e polidipsia, con urine a basso peso specifico, causata
da un ridotto assorbimento di acqua a livello dei dotti collettori del rene con aumento della sete.
Il diabete di origine centrale (DI, Diabete insipido neuroipofisario) è dovuto alla carenza di ADH
mentre se nefrogenica (DIN, Diabete Insipido Nefrogenico) è caratterizzata da insensibilità
dell’epitelio dei dotti collettori renali all’ADH. La secrezione di ADH è regolata da:
- Osmolarità plasmatica > 280 mOsm;
- Ipovolemia (pressione arteriosa. Grazie ai barocettori atrio ventricolari e al seno
carotideo);
- Ipossia:
- Nausea;
- Dolore.
Se c’è aumento dell’osmolarità plasmatica o
la riduzione della pressione arteriosa si ha
stimolo alla secrezione da parte della
neuroipofisi. l’ADH fa si che la maggior parte
dell’acqua venga riassorbita a livello del
dotto collettore e del tubulo distale , infatti
nel deficit uno dei sintomi principali è la
poliuria (in assenza totale di ADH la quantità
di urina sarebbe 15-20 l/die).
L’ADH presenta due recettori:
- V1, mediano vasocostrizione;
- V2, permettono il riassorbimento di acqua libera nei tubuli renali e nel dotto collettore.
Cause
Una delle cause più frequenti è di tipo chirurgico e può anche essere transitorio, guarendo in
qualche settimana o mese. Altre cause possono essere tumori dell’area ipotalamica o idiopatiche.
Due forme distinte di diabete insipido sono il diabete insipido gestazionale e la polidipsia primaria.
Il diabete insipido gestazionale, compare nel terzo trimestre della gravidanza e il deficit di ADH è
legato prevalentemente ad una degradazione a livello placentare dell’ADH (non confondere con il
mellito).
La polidipsia primaria (potomania) è una patologia a sfondo psichiatrico caratterizzata da un
bisogno di assumere liquidi in quantità maggiori rispetto al fabbisogno reale. Questo porta alla
soppressione di ADH con conseguente poliuria.
Sintomi
La mancata secrezione di ADH porta ad una perdita di acqua libera con riduzione notevole
dell’osmolarità urinaria, lieve disidratazione, aumento dell’osmolarità plasmatica e sete. Il quadro
clinico è caratterizzato da:
- Poliuria, può arrivare anche a 20L al giorno e le urine avranno peso specifico molto
basso ( < 1005 g/L);
- Nicturia;
- Enuresi;
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- Sensazione di sete e polidipsia. Quando c’è diabete insipido il soggetto non deve
essere inibito dal bere perché sennò ci sarà disidratazione. (legato alla perdita di
liquidi).
Gli elettroliti plasmatici e urinari e i soluti totali sono spesso normali. La presentazione clinica può
variare quando il diabete insipido non è idiopatico. In questo caso avremo sintomi come cefalea,
alterazioni del campo visivo e deficit ormonali, oltre che la sintomatologia della patologia di base.
Diagnosi
Si effettua la raccolta delle urine delle 24 ore e si valutano osmolarità plasmatica ed elettroliti (2 Na
+ glicemia/18 + Azotemia/2,8) normalmente i valori normali di osmolarità sono vicini a 280-300.
Valutare il peso specifico delle urine permette di distinguere il diabete insipido dalle poliurie che
rappresentano un meccanismo di compenso necessario ad eliminare un carico di soluti (l’osmolarità
sarà uguale a quella del plasma). La valutazione di alcune componenti permette di distinguere delle
patologie che causano poliuria:
- Glucosio (diabete mellito);
- Urea e creatinina (malattie renali);
- Ipercalcemia e Ipokaliemia (Difetto di concentrazione renale secondario);
- L’anamnesi permette di escludere le poliurie da farmaci;
Diabete Insipido se:
- Osmolarità urine 24h < 300 mOsm/l;
- Osmolarità plasma >300 mOsm/l.
- Na plasma >144 mmol/l (disidratazione).
La misura dell’osmolarità plasmatica e urinaria in condizioni basali può essere indicativa ma non
diagnostica del diabete insipido. La diagnosi richiede l’esecuzione della prova di concentrazione e in
casi particolari dell’infusione di soluzione salina ipertonica.
DI con polidipsia
Se vi è una compromissione dell’ADH notiamo che il peso specifico delle urine è basso (<1200,
<1005 g/dl - Rugarli). L’osmolarità delle urine è bassa (tante ma diluite) mentre l’osmolarità
plasmatica è aumentata. Se c’è disidratazione troviamo anche il sodio alto. Con questo abbiamo
sospetto di diabete insipido.
Test
dell’assetamento, è un
test delicato che deve
essere fatto in ospedale
durante la notte.
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Nel caso di diabete insipido centrale non si avrà nessun aumento dell’ADH plasmatico, mentre nel
caso del diabete insipido nefrogenico e nella polidipsia primitiva si osserva un normale incremento
di ADH. la presenza di lesione ipotalamiche deve essere ricercata in tutti i casi di diabete insipido
tramite indagini strumentali con RMN ipofisi.
La distinzione tra diabete insipido centrale e nefrogenico viene eseguita valutando la responsività
renale all’ADH dove in caso di Diabete insipido nefrogenico non avremo nessuna riduzione del
flusso urinario.
Terapia
Al paziente deve essere sempre garantito il libero accesso all’acqua, poiché anche piccoli periodi di
privazione possono portare alla precipitazione della sintomatologia. La terapia prevede la
somministrazione di un analogo dell’ADH, la desmopressina, che ha il vantaggio di presentare
maggior durata di attività e trascurabile attività sulla pressione sanguigna.
In caso di diabete insipido nefrogenico si deve curare la patologia renale di base e sospendere i
farmaci nefrotossici.
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Endocrinologia - Lezione 4
Ovaio
L’ovaio è un organo pari a struttura ovoidale situato nello scavo pelvico. Esso ha una duplice
funzione:
- Endocrina;
- Gametogenica, permettendo la maturazione e liberazione degli ovociti durante la vita
fertile.
Dal punto di vista anatomico distinguiamo due parti:
- Midollare, contente tessuto fibrovascolare e residui follicolari;
- Corticale, formata da uno strato di cellule colonnari che costituiscono l’epitelio
germinale. Lo strato corticale contiene i follicoli in vario grado di maturazione. Il
complesso follicolare è costituito da oocita rivestito dalle cellule della granulosa ed
esternamente ad esse le cellule della teca.
Nell’ovaio ci sono 2 tipi di cellule con funzioni diverse ma che comunque comunicano tra di loro, le
cellule della teca e le cellule della granulosa. LH stimola la cellule della teca da cui si formano gli
ormoni sessuali maschili. FSH ha i recettori sulle cellule della granulosa, dove è presente la
aromatasi che converte androgeni in estrogeni.
Gli ormoni ovarici (estrogeni, progesterone e androgeni) derivano tutti dal colesterolo. Tutte le
cellule posseggono l’enzima che permette la sintesi dell’estradiolo a partire da pregnenolone,
mentre possono presentare diverso corredo enzimatico a seconda della diversa necessità ormonale
che caratterizza ciascun segmento. Infatti a livello del corpo luteo avremo produzione di
progesterone, le cellule della teca stimolate da LH producono androstenedione e testosterone,
mentre le cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH producono estrogeni grazie al processo
di aromatizzazione.
Il 17β-estradiolo (E2) per il 95% viene prodotto dall’ovaio per azione dell’aromatasi ed è
l’estrogeno più potente di tutti.
L’estrone (E1) viene prodotto dalla conversione extraghiandolare periferica (tessuto epatico,
muscolo, adipe) del Δ4 androstenedione ed è più debole. Qualora la sua sintesi aumentasse, si può
assistere all’inversione del normale rapporto E1/E2. È l’ormone sessuale predominante dopo la
menopausa. Dall’estrone si forma l’estradiolo.
Si trovano in circolo legati alla SHBG che in alcuni casi viene dosata. Con minor affinità si legano ad
albumina e soltanto il 2-3% è la quota libera che si lega ai recettori.
Gli estrogeni sono fondamentali per lo sviluppo sessuale della donna, infatti tutte le modifiche sia in
fase puberale che nella fase post-menopausa sono da imputare ai loro livelli. Durante la vita
feconda sensibilizzano l’ovaio all’azione delle gonadotropine ed influenzano l’endometrio. Stimolano
la libido, inducono lo sviluppo della ghiandola mammaria e l’accrescimento dei dotti galattofori oltre
che la pigmentazione areolare. Sono responsabili della deposizione ginoide del tessuto adiposo.
Permettono il passaggio di liquidi dal compartimento intra a quello extracellulare con ritenzione
compensatoria di acqua e sodio a livello renale, favorendo l’imbibizione cutanea (effetto
edemigeno). A livello osseo sono responsabili nella prima fase della pubertà della crescita staturale,
mentre successivamente ne determinano l’arresto grazie alla saldatura delle cartilagini di
coniugazione. Inibiscono i processi di riassorbimento osseo con positivizzazione del bilancio del
calcio e del fosforo (favorisce azione della Vit D), infatti la forma più comune di osteoporosi è quella
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postmenopausale. Favoriscono la coagulazione (effetto antitrombotico, riducono i livelli di PAI-1,
omocisteina e fibrinogeno). Se si fa terapia sostitutiva o anticoncezionali invece si aumenta il rischio
trombotico. Permettono l’aumento di SHBG e della TBG. Per questo motivo infatti esistono dei valori
di riferimento diversi tra la donna non gravida e la donna gravida. Hanno azione anti-ateromasica
sul sistema cardiovascolare proteggendolo, tant'è che dopo la menopausa il rischio di malattie
cardiovascolari aumenta notevolmente nella donna, superando il maschio.
Il progesterone è il principale ormone prodotto dal corpo luteo (abbiamo piccole quantità prodotte
dalle cellule della teca e della granulosa) durante la fase luteinica (raggiunge valori di 10-20 ng/ml)
mentre durante la fase follicolare è prodotto in modeste quantità (< 1 ng/ml). Durante la gravidanza
viene prodotto dalla placenta. La sua funzione principale è quella di generare le migliori condizioni
possibili per la fecondazione e l'annidamento. Oltre ad influenzare l’attività ghiandolare a livello
endometriale, riduce la contrattilità delle cellule miometriali. Ha un ruolo termogenico ben definito ed
è responsabile dell’aumento della temperatura durante la fase luteinica. In presenza di cicli
irregolari, viene richiesto il dosaggio del progesterone.
L’ovaio produce anche degli androgeni (androstenedione, DHEA, testosterone) responsabili dello
sviluppo pilifero in sede ascellare e pubica durante la pubertà. L’androstenedione è debole, per la
maggior parte si lega alle SHBG e poi viene trasformato perifericamente sia in testosterone che in
estrone che poi darà estradiolo. Nella donna il testosterone è prodotto al 25% dall’ovaio, 25% dalle
surrenali ed il 50% deriva dalla conversione in periferia. Il DHEAS ed il DHT vengono prodotti al
100% dalla surrenale.
L’ovaio produce anche degli ormoni proteici che avranno attività di tipo paracrino. L’Inibina (A e B)
viene prodotta dalle cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH ed a sua volta esse hanno
azione paracrina inibendo l’aromatasi e azione a distanza inibendo il rilascio di FSH, mentre stimola
la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. l’Attivina è prodotta dalle cellule della granulosa e
stimola la secrezione di FSH, mentre riduce la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. La
follistatina sembra agire legando l’attivina ed impedendo la sua funzione. Questi ormoni sono
ancora poco richiesti e non tutti i laboratori sono in grado di rilevarli.
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Ciclo mestruale
L’ovulazione dipende dalla ciclica maturazione di un follicolo. Le gonadotropine sono secrete in
maniera pulsatile, evento molto più evidente su LH che non su FSH a causa della sua lunga emivita
e dell’azione dell’inibina. Nella donna adulta, la liberazione delle gonadotropine riflette quella del
rilascio ipotalamico pulsatile di GnRH (un rilascio/somministrazione continuo andrebbe ad inibire
l’asse). Le gonadotropine hanno azione inibente il rilascio di GnRH ed a loro volta sono inibite dagli
estrogeni, ad eccezione della parte tardiva della fase follicolare dove sono responsabili del picco di
LH.
Il ciclo mestruale dura circa 28 giorni e culmina con la mestruazione. Può essere diviso in 4 fasi:
- Fase follicolare, dura circa 13-14 giorni ed è caratterizzata dalla progressiva
crescita dei follicoli fino alla selezione di quello dominante. Dal follicolo terziario in
poi, il controllo ormonale diviene indispensabile. Si assiste ad un progressivo
incremento di FSH, LH ed estrogeni. Quest’ultimi raggiungono i valori massimi il
giorno prima del picco di LH passando da valori di 50 pg/ml fino a 200-300 pg/ml. È
proprio questa alta concentrazione ad attivare il feedback positivo che porta alla
liberazione di LH durante il suo picco;
- Fase ovulatoria, si verifica tra il 13-14° giorno, è un evento rapido che si verifica
dopo 24-48h dal picco estrogenico e 12-24h dopo da quello di LH. Con quest’ultimo
inizia la produzione di progesterone e la caduta dei livelli estrogenici che poi
aumenteranno di nuovo nella seconda parte della fase luteinica. Gli estrogeni
rendono il muco vaginale più fluido e alcalino (favorendo gli spermatozoi) mentre il
progesterone lo rende più denso, cellularizzato e vischioso;
- Fase luteinica, è caratterizzata dall’aumento dei livelli ematici del progesterone e
dalla trasformazione secretiva delle ghiandole endometriali. FSH non è necessario
durante questa fase e si assiste ad una sua riduzione (onde evitare attivazione della
follicologenesi), insieme a quella di LH grazie al feedback negativo degli estrogeni
che tendono nuovamente ad aumentare;
- Fase mestruale, qualora non si abbia la fecondazione e l’impianto, mancando la
produzione di Β-hCG da parte del sinciziotrofoblasto, il corpo luteo si atrofizza e
mancando la produzione di progesterone, avremo produzione di prostaglandine a
livello uterino con progressiva costrizione dei vasi spirali, ischemia endometriale e
successivo sfaldamento (mestruazione).
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Metrorragia: sanguinamento abbondante al di fuori della normale fase mestruale (da non
confondere con gli spotting, ovvero delle piccole perdite ematiche che possono essere dovute
all’ovulazione o alla somministrazione del contraccettivo).
Ipermenorrea o menorragia: eccessivo sanguinamento per quantità e/o durata di un flusso
mestruale (normalmente è 5 giorni) di un ciclo con durata normale. La domanda da fare alla donna
è quanti assorbenti utilizza in 6h, in base alla risposta la si porta al ps.
Ipomenorrea: sanguinamento molto scarso in un ciclo di durata normale.
Polimenorrea: mestruazioni ravvicinate <21 giorni.
Oligomenorrea: mestruazioni distanziate >35 giorni.
Amenorrea
È la mancanza di mestruazioni per un periodo > 3 cicli o > di 6 mesi. Può essere primaria, quando il
soggetto non ha mai avuto il menarca o secondaria, quando avuto il menarca e cicli successivi per
un periodo più o meno lungo, si assiste alla scomparsa delle mestruazioni. La regolazione del ciclo
mestruale è molto delicata e delle alterazioni minime anche di assi ghiandolari che non lo regolano
direttamente, possono determinare amenorrea. Le cause principali di amenorrea primaria sono
l’ipogonadismo, l’eccesso di androgeni e le forme non endocrine dovute a malformazioni, infezioni o
malattie gravi. Tra le principali cause di amenorrea secondaria avremo ipogonadismo causato da
patologie dell’ipofisi e dell’ovaio, aciclicità dovuta a causa ipotalamiche, obesità o eccessiva
magrezza, ed eccesso di androgeni. Tra le altre cause di amenorrea secondaria rileviamo
iperprolattinemia, stress, menopausa e la gravidanza.
L’approccio diagnostico ci può aiutare molto nella diagnosi:
- Β-hCG nella gravidanza;
- LH, FSH, E2 nell’ipovarismo ovarico e nella PCOS;
- PRL nell’iperprolattinemia;
- Testosterone nelle PCOS ed altri iperandrogenismi;
- TSH nell’ipotiroidismo.
MAP-test consiste nella somministrazione di un progestinico per 10 giorni e nell’osservare dopo la
sospensione, nel giro di una settimana, la presenza o meno del flusso mestruale. Se è presente il
flusso si dice che il test è positivo. Ciò sta a significare che l’endometrio si era preparato in modo
tale da essere pronto per il prodotto del concepimento e per fare questo vuol dire che c’era
produzione di estrogeni (normale). Nella PCOS è il map test è positivo e anche nelle amenorree
ipogonadotrope funzionali. Se il MAP-test è negativo si ripete un’altra volta. Se nuovamente
negativo vuol dire che mancano gli estrogeni, quindi siamo di fronte a problemi uterini (non c’è
l’utero o ci sono sinechie) o tutte le condizioni dove non ci sono estrogeni. Nella Sindrome di Turner,
ad esempio è negativo.
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Ipogonadismi femminili
L’insufficienza endocrina dell’ovaio causa
alterazioni diverse a seconda della fase della
vita in cui si manifesta. Anche nelle forme
congenite, le prima manifestazioni si avranno
in età puberale con:
- assenza del menarca (amenorrea
primaria);
- Mancata maturazione dei genitali;
- Mancato/incompleto sviluppo della
mammella, dell’apparato pilifero e dei
CSC;
- Possibile sviluppo eunucoide del
soggetto.
Nella donna adulta:
- Amenorrea secondaria;
- Anovulazione cronica ed infertilità;
- Involuzione dei genitali esterni;
- Regressione dei CSC;
- Disturbi trofici al tessuto osseo (osteoporosi) e cutaneo (cute secca);
- Manifestazioni neurovegetative (vampate di calore e ipersudorazione notturna).
Cause di ipoovarismo primitivo
(FSH elevato, 17b-estradiolo ridotto)
Negli ipogonadismi primitivi (ipergonadotropi) avremo un incremento del rapporto FSH/LH che può
superare anche l’unità. I livelli di estradiolo e progesterone sono ridotti con assenza di variazioni
legate al ciclo. La somministrazione di progestinici (medrossiprogesterone acetato) non provoca
sanguinamento da privazione (MAP test negativo) simbolo che gli estrogeni non sono sufficienti a
stimolare la proliferazione dell’endometrio.
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Sindrome di Turner classica (cariotipo 45X0)
Rappresenta la forma più frequente di disgenesia gonadica colpendo 1:duemila donne nate vive. Il
50% dei casi è caratterizzato da un fenotipo 45X0 (forma classica), il 25% presenta mosaicismo,
con quadri clinici differenti a seconda di quante linee cellulari sono coinvolte, ed il restante 25%
presenta il cromosoma x alterato nella struttura. La presenza di entrambi i cromosomi x durante la
vita fetale è importantissima per la maturazione della gonade femminile ed in presenza di un solo
cromosoma x conterrà ovociti, ma i follicoli saranno atresici. La mancanza del cromosoma x può
avvenire durante la gametogenesi o può essere dovuta ad un errore mitotico nelle replicazioni
successive alla formazione dello zigote e questo permette anche la distinzione tra la forma classica
e i mosaicismi. La sindrome è dovuta nei ⅔ alla perdita del cromosoma x paterno. Non esiste
correlazione tra l’età della madre la comparsa della malattia. Nei soggetti con Turner sono state
descritte numerose associazioni con patologie autoimmuni quali diabete mellito, tiroidite, celiachia,
artrite reumatoide e altre condizioni come obesità, ed ipertensione arteriosa. Alla nascita le neonate
avranno un peso ed una lunghezza inferiori alla norma.
Le caratteristiche cliniche principali della forma classica sono:
- Collo corto e palmato (pterigio);
- Impianto basso delle orecchie;
- Volto a sfinge;
- Attaccatura bassa dei capelli;
- Alterazioni dentarie;
- Ipostaturalismo;
- Assente sviluppo di CSS (rari peli pubici e mammelle ipoplastiche);
- Amenorrea primaria, anche se sono presenti casi rari dove si ha menarca e qualche
ciclo successivo;
- Genitali esterni immaturi, le ovaie non saranno presenti mentre lo posso essere tube
ed utero;
- Anomalie a carico di altri organi (stenosi aortica, coartazione aortica, rene a ferro di
cavallo);
- Linfedema delle mani e dei piedi (epoca neonatale).
Diagnosi
Si potrebbe avere il sospetto in fase neonatale perché il pz è piccolo e ha linfedema.
L’ipostaturalismo e il ritardo nello sviluppo, spesso rappresentano il primo sintomo che mette in
allarme i genitori. Esso non è tanto legato a GH ma proprio al fatto che manca il cromosoma x.
Nella maggior parte dei casi le donne si rivolgono al medico per l’amenorrea. Il 2-5% delle donne
che presentano mosaicismi può concepire anche se resta elevato il rischio di malformazioni fetali,
anomalie cromosomiche e aborti spontanei. La diagnosi definitiva viene posta mediante cariotipo e
le analisi di laboratorio evidenziano alti livelli di FSH e LH mentre saranno bassi i livelli di estrogeni,
mentre non risulteranno alterati i livelli di GH.
Terapia
Prevede la terapia con estrogeni a basso dosaggio a partire dai 12 anni aumentando
progressivamente le dosi. La terapia con progesterone viene iniziata 2 anni dopo rispetto a quella
estrogenica. La terapia estroprogestinica va continuata fino alla menopausa per mantenere la
femminilizzazione ed evitare l’osteoporosi. La terapia con GH si è dimostrata efficace nel
promuovere l’accrescimento staturale anche se ancora non è stata definita l’età ottimale di inizio. Le
pazienti adulte dovrebbero essere monitorate per diabete, ipertensione arteriosa e dal punto di vista
cardiovascolare.
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Ipogonadismo secondario (centrale)
(gonadotropine basse, estrogeni bassi)
• Panipopituitarismo;
• Adenoma ipofisario (PRL-oma), altri tumori ipotalamo- ipofisari;
• Iperprolattinemia;
• Sindrome di Kallman (deficit congenito di LHRH, associato ad ipo-anosmia, per mancata
migrazione delle cellule GnRH- produttrici dai bulbi olfattori all’ipotalamo);
• Thalassemia, in particolare l’emocromatosi, oggi si verifica di meno perché le terapie viene fatta
con farmaci senza ferro. Il ferro ha trofismo per cellule che producono solo le gonadotropine;
• Anoressia, stress, altre cause psicogene;
• Eccesso di attività fisica nelle atlete;
• Altre rare sindromi ipotalamo-ipofisarie (es. Laurence-Moon, Prader Willi);
• Altre gravi malattie croniche (grave IRC, grave insufficienza epatica, malnutrizione proteico
calorica).
Sindrome di Prader-Willi:
dovuta a delezione in q11 del cromosoma 15 paterno, caratterizzata da ipogonadismo
ipogonadotropo (per difetto di GnRH ipotalamico), ritardo mentale, obesità grave, occhi a mandorla,
instabilità emozionale, ipotonia muscolare.
Sindrome di Angelman:
delezione del cromosoma 15 materno caratterizzata da ipogonadismo ipogonadotropo (per difetto di
GnRH ipotalamico), non c’è obesità, microcefalia, grave ritardo psicomotorio, povertà di linguaggio,
atassia e tremore agli arti, riso eccessivo e immotivato, ipereccitabilità
28
Iperandrogenismi
Patologie caratterizzate da elevata produzione di androgeni nella donna. I principali dal punto di
vista quantitativo sono androstenedione, prodotto principalmente a livello surrenale e il DHEA
(DHEA-S) prodotto dal surrene. L’iperproduzione di androgeni può derivare da processi morbosi
del surrene, dell’ovaio (PCOS) o da una accelerata produzione periferica. A tal proposito è rilevante
la produzione di DHT che determina il loco irsutismo idiopatico.
L’eccesso di androgeni causa irsutismo e virilizzazione sui tessuti androgeno-sensibili, prima fra tutti
la pelle con irsutismo ed acne che rappresentano le manifestazioni principali.
Poiché gli androgeni in periferia vengono convertiti in estrogeni, gli elevati livelli di androgeni
causeranno elevati livelli di estrogeni che andranno ad interferire con il meccanismo di
controregolazione del sistema GnRH-LH/FSH provocando anovulazione e oligomenorrea.
Tra le condizioni che determinano iperandrogenismo, la più frequente è la PCOS (Sindrome
dell’ovaio policistico).
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ipoestrogenismo ovarico) che comunque vengono reclutati in modo massiccio. L'endometrio
prolifera grazie agli estrogeni ma la mancanza della fase luteinica portata avanti dal progesterone
non permette la desquamazione dell'endometrio e quindi il flusso mestruale. Queste donne hanno
una proliferazione endometriale non seguita da desquamazione con rischio di carcinoma
endometriale se non si interviene. L'iperandrogenismo oltre a determinare il blocco della
maturazione follicolare agisce sull'unità pilo-sebacea, dove c'è una particolare sensibilità per il
testosterone e il diidrotestosterone, determinando irsutismo.
Altro aspetto caratteristico della patologia è l’insulino-resistenza (presente in percentuale variabile
anche nelle donne non obese). Insulina ed IGF-1 sono molto importanti a livello ovarico ed
influenzano anche la steroidogenesi. L'insulina in eccesso (come nell'insulino- resistenza) ha un
effetto gonadotropino-simile, comportandosi a livello delle cellule tecali come se fosse l'LH e
stimolando quindi la secrezione di androgeni, con conseguente proliferazione e iperplasia delle
cellule tecali.
L’insulina determina anche una riduzione delle SHBG aumentando la quota di testosterone libero e
aumenta la disponibilità di IGF-1. Caratteristiche importanti sono quindi:
- Insulino resistenza;
- Alterazione ipotalamo- ipofisarie;
- Obesità, oltre all’insulino resistenza, determina un quadro più grave;
- Eccesso di DHEA-S;
- Disregolazione della steroidogenesi ovarica (rapporto FSH/LH a favore di LH). Il
follicolo viene inibito nella maturazione non arrivando all’ovulazione, va incontro ad
atresia ed è quello che vediamo come cisti;
- Irsutismo.
Per la diagnosi, devono esserci (Consensus Workshop Group, Rotterdam 2004) 2 elementi su 3:
- Alterazioni mestruali;
- Segni clinici (irsutismo) o biochimici di iperandrogenismo:
- Quadro ecografico di policistosi ovarica (presenza di >12 piccole areole transoniche,
che rappresentano follicoli in arresto maturativo e/o aumento del volume delle ovaie
>10 ml);
30
- Esclusione di iperplasia surrenale, Cushing, tumori surrenalici e ovarici secernenti
androgeni (Rugarli). Se l’iperandrogenismo è insorto di recente ed è rapidamente
progressivo si deve valutare la possibile presenza di un tumore invece che di PCOS.
Dato che bastano solo 2 su 3 non necessariamente dobbiamo avere le cisti a livello ovarico.
L’ecografia è meglio farla transvaginale soprattutto se c’è obesità. Si fa durante il ciclo follicolare
(3-5 giorno del ciclo), se non sempre presente si fa random. L’aspetto di ovaio policistico
all’ecografia non è specifico e patognomonico, infatti il 30% donne affette non presentano aspetto
ecografico di PCO e il 25-30% di donne normali presenta aspetto PCO.
Tra i problemi di salute inerenti la PCOS: La donna ha problemi legati:
- Cosmetica (per questo va dall’endocrinologo) con irsutismo, acne, alopecia
androgenetica.
- Fertilità (anovularietà),
- Insulino resistenza (sindrome metabolica e malattie cardiovascolari). Se c'è obesità il
quadro è più grave. Le alterazioni metaboliche sono: Alterazione della tolleranza ai
carboidrati fino al diabete 2, aumento ldl, ipertrigliceridemie, sindrome metabolica.
Trattamento:
Prima di tutto la paziente deve apportare una modifica dello stile di vita con una dieta ipocalorica ed
esercizio fisico perché migliorano insulino-resistenza. Negli obesi basta una riduzione di 500-1000
cal/die può ridurre il peso corporeo del 7-10% in un periodo di 6-8 mesi.
Programma di gestione e supporto per i cambiamenti dello stile di vita è cruciale, molto più che non
la composizione della dieta. L’individuazione del programma, follow up intensivo e supporto migliora
la compliance del paziente.
Esercizio fisico almeno 30 minuti al giorno, offre benefici migliorando le funzioni riproduttive.
31
Irsutismo
Sindrome caratterizzata dall’eccesso di peli in zone androgeniche (labbro superiore, mento,
guance,petto, cosce, pube, linea alba). Definizione clinica di irsutismo:
- Ferriman and Gallwey >10, in donne del mediterraneo (nel libro si trova se maggiore
di 8);
- Idiopatico, senza iperandrogenismo;
- Irsutismo con iperandrogenismo moderato (PCO, CAH a insorgenza tardiva,
Cushing, altro);
- Con iperandrogenismo grave (tumore ovarico o surrenalico virilizzante).
Lo Score di Ferriman e Gallwey è operatore dipendente si deve avere molta esperienza per
eseguirlo correttamente. Esso permette una valutazione semi clinica quantitativa dell’irsutismo. Si
guardano le varie aree androgeniche e si da un punteggio da 0 a 4. Si fa la somma di tutte e se
questa è maggiore di 10 si dice che c’è irsutismo.
I peli possono essere classificati come:
- Vello: pelo sottile e liscio, non pigmentato e diffuso su tutta la superficie corporea.
Già presente prima della pubertà;
- Peli terminali: spessi e pigmentati, ruvidi, presenti in età prepuberale su cuoio
capelluto e sopracciglia. Dopo la pubertà sotto l’influenza degli androgeni, si ha la
trasformazione del vello in pelo terminale nelle regioni ascellare e pubica, in parte
agli arti. Tra gli androgeni coinvolti nella trasformazione del vello in pelo terminale il
DHT ha ruolo prevalente.
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Testicolo
Il testicolo è di forma ovoidale, ha un volume compreso tra i 15 e i 30 ml nell’adulto ed una
lunghezza media di 4,5 cm. Normalmente è sito nella borsa scrotale, la quale funzione principale è
quella di assicurare una temperatura di 2°C inferiore rispetto alla componente intraddominale per
permettere la spermatogenesi. Il testicolo contrae rapporti posteriormente con il funicolo spermatico
che permette il passaggio a strutture che ne assicurano la vascolarizzazione e l’innervazione. Le
vie spermatiche non solo permettono il passaggio degli spermatozoi, ma fanno sì che essi vadano
incontro ad un processo di maturazione con la capacitazione, ovvero la capacità di penetrare
l’ovocita. Le ghiandole accessorie (vescichette seminali, prostata, ghiandole Bulbo uretrali) sono
responsabili della produzione del liquido seminale.
I testicoli hanno due funzioni:
- Fertile, grazie alla produzione degli spermatozoi;
- Sessuale, grazie alla produzione degli ormoni che permettono lo sviluppo dei
caratteri sessuali primari e secondari, la funzione peniena ecc.
L’unità anatomofunzionale è il lobulo, costituito da due componenti:
- Tubulare, di cui fanno parte le cellule del Sertoli, con funzione spermatogenica e le
cellule germinali (funzione riproduttiva);
- Interstiziale, costituita dalle cellule del Leydig con funzione steroidogenica
(produzione del testosterone e quindi funzione endocrina).
Le cellule germinali più immature sono gli spermatogoni e si trovano a ridosso della parete delle
cellule del Sertoli. Man mano che maturano, passando dallo stadio di spermatociti, spermatidi ed
infine spermatozoi, si spostano verso il centro del tubulo.
Le cellule del Sertoli sono delle cellule di supporto, strettamente adese alla membrana basale, con
la quale formano la barriera emato-tubulare. La loro funzione è quella di creare l’ambiente adatto
per la spematogenesi. Esse presentano recettori per FSH (induce e mantiene la spermatogenesi)
ed il suo legame a recettori specifici determina la produzione di inibina B, la quale blocca la
secrezione di FSH (inibita anche dagli steroidi gonadici, anche se si pensa che questo avvenga solo
per dosi farmacologiche e non fisiologiche). Altro prodotto delle cellule del Sertoli è l’AMH (Ormone
anti-Mulleriano) la quale funzione è quella di determinare l’involuzione dei dotti di Muller durante
l’embriogenesi (permette la differenziazione in senso maschile). I suoi livelli sono alti fino alla
pubertà e il suo declino all’inizio di essa è simbolo di attività locale del testosterone il quale agisce
con feedback negativo (FSH con feedback positivo). Le cellule del Sertoli producono anche questa
proteina ABP (proteina che lega gli androgeni) che fa sì che i livelli di testosterone nel testicolo
siano maggiori rispetto a quelli circolanti.
In sintesi, le cellule del Sertoli hanno funzione:
- di sostegno, sostengono e proteggono le cellule durante la gametogenesi;
- metabolica, forniscono elementi per la gametogenesi;
- di regolazione, tramite la produzione ormonale.
Le cellule interstiziali sono sparse tra i tubuli seminiferi. Presentano i recettori per LH. Sono
responsabili del 95% della produzione di testosterone nell’individuo adulto, mentre la restante quota
è prodotta a livello del surrene. Altri prodotti delle cellule interstiziali sono i due androgeni ‘’deboli’’
ovvero DHEA e androstenedione, la cui origine tuttavia è maggiormente surrenalica e di DHT
diidrotestosterone, l’androgeno più potente prodotto per la maggior parte in periferia ad opera
dell’enzima 5 ɑ-reduttasi (espresso a livello della prostata, tratto uro-genitale e della cute). Le cellule
del Leydig producono anche piccole quantità di estrogeni, anche se la maggior parte di essi
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nell’uomo viene prodotto dell’enzima aromatasi (espresso nel tessuto mammario, adiposo,
muscolare, cerebrale, epatico e scheletrico).
Circa il 2% del testosterone è libero, il 38% legato all’albumina e il 60% alla SHBG. la quota libera è
facilmente utilizzabile e viene rimpiazzata dalla quota legata all’albumina (quota libera + quota
legata all’albumina = Biodisponibilità). La sintesi di SHBG viene stimolata dagli estrogeni ed inibita
dal DHT e dal testosterone. Il testosterone ha un picco secretorio nelle prime ore del mattino e poi
nella seconda parte della giornata.
La produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig è promossa da LH, la quale
secrezione viene inibita sia dal testosterone sia dall’estradiolo.
Il testosterone penetra con meccanismo passivo a livello cellulare e qui può avere due destini:
- Legame con recettore e formazione del complesso Testosterone recettore;
- Essere ridotto a DHT e formare il complesso DHT-recettore.
In entrambi i casi avremo la migrazione a livello nucleare e la sintesi di mRNA con successiva
produzione di materiale proteico. Gli androgeni stimolano la sintesi proteica con positivizzazione del
metabolismo azotato a livello muscolare (effetto anabolizzante) e stimolano il tessuto emopoietico
(motivo per il quale gli uomini hanno più RBC delle donne).
Il testosterone permette la differenziazione dei genitali interni dai dotti di Wolff durante la vita fetale
e promuove la spermatogenesi, mentre il DHT è responsabile della differenziazione dei genitali
esterni e della prostata durante la vita fetale. Entrambi permettono la maturazione dell’apparato
genitale e lo sviluppo dei CSS (caratteri sessuali secondari) durante la pubertà. A livello osseo ha
azione diretta, soprattutto nella prima fase della pubertà favorendo l’accrescimento staturale, e
indiretta tramite la conversione in estrogeni da parte dell’aromatasi.
Il testosterone influenza anche il comportamento del soggetto, aumentando la libido e al di fuori
della sfera sessuale lo sviluppo di un atteggiamento competitivo e aggressivo, tramite l’azione sul
sistema limbico.
Ipogonadismi maschili
Riduzione della funzione testicolare (ipogonadismo). Può essere o meno associata a ginecomastia.
Distinguiamo forme primarie, dovute a patologia testicolare, associate ad ipergonadotropinemia e
delle forme secondarie, associate ad ipogonadotropinemia, generalmente dovute a disfunzioni
dell’asse. Entrambe comunque sono differenti dalle forme di ipogonadismo dovute a resistenza del
recettore verso androgeni ed LH. L’ipogonadismo può essere globale se vi è interessamento della
componente interstiziale e di quella tubulare, o può essere parziale con interesse della sola
componente tubulare.
L’ipogonadismo ipogonadotropo può essere congenito o acquisito. Le forme congenite sono quasi
sempre dovute a deficit di GnRH, mentre le forme acquisite, più comuni, possono dipendere da
masse sellari o da lesioni infiltrative e la maggior parte di esse sono definite idiopatiche. Possono
anche essere dovute a malattie gravi croniche, stress, malnutrizione, obesità.
L’ipogonadismo ipergonadotropo è legato principalmente a disgenesie gonadiche, alterazione della
differenziazione dei genitali ed anomalie del cariotipo (Klinefelter e Noonan detta anche Turner
Maschile).
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Ipogonadismo primario (o ipergonadotropo)
• sindrome di Klinefelter (cariotipo 47XXY) e sue varianti
• anorchia, criptorchidismo
• difetti enzimatici (17a-idrossilasi, 17-chetoreduttasi)
• sindrome a “sole cellule del Sertoli” (infertili, adeguato sviluppo CSS)
• orchite post-parotitica, si può manifestare qualche giorno o settimana dopo l’infezione con
rigonfiamento scrotale ed associarsi a sintomi come vomito, mal di testa e malessere generale. La
sterilità è un evento raro.
• iatrogeno (chirurgia, chemioterapia, radiazioni)
• sindrome di Turner maschile (o S. di Noonan)
• distrofia miotonica
• altre anomalie della differenziazione sessuale maschile:
femminilizzazione testicolare (sindrome di Morris);
• deficit di 5a-reduttasi
Segni e sintomi
Le manifestazioni variano a seconda del periodo di insorgenza. Nella vita fetale la carenza di
androgeni provoca incompleta differenziazione dei genitali con pseudoermafrotidismo. L’insorgenza
prepuberale potrà presentare dei segni premonitori come micropene e criptorchidismo che di per sé
non sono comunque segni di deficit androgenico, mentre saranno assenti le alterazioni
somatopsichiche tipiche del periodo. L’insorgenza nell’adulto può determinare dapprima un calo
della libido ed in seguito disfunzione erettile. La prostata diminuisce velocemente di volume mentre
la riduzione di volume di pene e testicoli è più tardiva. Si osserverà anche riduzione delle masse
muscolari e innalzamento del tono della voce. Tra le complicanze a lungo termine la più temuta è
l’osteoporosi.
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-Ginecomastia (presenza di tessuto mammario) presente soltanto in alcune forme (Klinefelter,
Reifenstein);
-Volume testicolare ridotto;
-Peli sul corpo e scarsi/assenti;
-Alterazioni antropometriche, Apertura delle braccia superiore all’altezza (almeno 5 cm), con
segmento corporeo inferiore più lungo del superiore;
-Ipotrofia muscolare evidente agli arti;
-Disposizione ginoide del grasso (ai fianchi);
Laboratorio;
Ci concentriamo su: FSH, LH, PRL, esame del liquido seminale (ove possibile e/o opportuno).
Anorchia congenita:
Mancano i testicoli a causa di un evento lesivo che colpisce il testicolo fetale dopo la 16ma
settimana. Prende il nome anche di vanishing testis, ad indicare un testicolo inizialmente normale e
poi sparito. I pazienti fenotipicamente sono maschi e hanno uno sviluppo normale. L’assenza di
testicoli viene inizialmente intesa come criptorchidismo, ma all’esplorazione chirurgica non si rileva
presenza del testicolo. Il testosterone è bassissimo e non responsivo a stimoli con gonadotropine
corioniche mentre LH ed FSH sono alte. Questi soggetti possono presentare anche dei peli perché
il testosterone viene prodotto anche a livello della surrenale.
Klinefelter.
È stata descritta per la prima volta nel 1942 come una entità clinica caratterizzata da:
- Ginecomastia;
- Testicoli piccoli e duri (tubuli sostituiti da tessuto fibroso) che contrastano con un
pene normale;
- Spermatogenesi assente;
- Elevata statura con notevole velocità di crescita tra i 5 e gli 8 anni;
- Problemi cognitivi;
- Normale o ridotta funzione delle cellule del Leydig;
- Aumento dei livelli di FSH.
È la causa genetica più comune di infertilità maschile. L’80% dei maschi affetti presenta la forma
classica mentre il 20% ha mosaicismo. La diagnosi di certezza con cariotipo e nella forma classica
è 47XXY. Il fatto che ci sia una x in più, fa funzionare meno il cromosoma y e da quindi infertilità,
anche se nelle forme con mosaicismo la fertilità può essere conservata e i sintomi i generale sono
meno gravi. Le tecniche di fecondazione assistita hanno migliorato la fertilità dei pazienti: TESE
(preleva gli spermatozoi anche forme meno mature tramite biopsia) e ICSI (lo spermatozo viene
inoculato dentro l’ovocita).
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Laboratorio
In fase prepuberale i livelli di LH ed FSH sono normali e poi aumentano fino al grado di
ipergonadotropia mentre il testosterone dopo un iniziale aumento raggiunge un plateau e
successivamente i livelli saranno bassi.
Se analizziamo il liquido seminale notereo azoospermia (pochi spermatozoi). Alcuni spermatozoi
possono completare il processo di maturazione, ma avremo un rischio elevato di alterazioni
genetiche.
Esame del liquido seminale – parametri normali
(si effettua dopo un periodo di astinenza dai rapporti sessuali di 3-4 giorni)
• volume >1.5 ml
• pH 7.2-8.0
• concentrazione spermatozoi >20 x 106/ml
• motilità >50% alla 2a h
• motilità valida >25% del totale
• morfologia >20% forme tipiche
• concentrazione leucociti <1 x 106/ml
• spermioagglutinazioni assenti
• parametri biochimici utili: fruttosio (vescicole seminali); acido citrico, fosfatasi acida, zinco
(prostata) glicerilfosforilcolina, carnitina (epididimo) PgE1 + PgE2 (prostata, vescicole seminali).
Terapia
La terapia sostitutiva è con testosterone e se c’è ginecomastia si opera.
Distrofia Miotonica
Testicoli piccoli e molli per distruzione completa o parziale delle cellule germinali con sclerosi
tubulare e ialinizzazione peritubulare. Cellule di Leydig normali ma funzione compromessa.
Presenza di calvizie, cataratta, affaticabilità muscolare.
Sindrome di Morris (Sindrome da resistenza agli androgeni o sindrome delle belle donne)
Cariotipo: 46XY
Difetto congenito del recettore per gli androgeni. Disturbo della differenziazione sessuale con
Pseudoermafroditismo maschile: Presenza di testicoli bilateralmente (inguinali o addominali),
genitali esterni femminili (assenza di ovaie). Livelli di testosterone normali/alti per sesso maschile
ma LH ed estradiolo ridotti rispetto al fenotipo. Ginecomastia.
Data l’assenza di responsività periferica al testosterone, si avrà una elevata secrezione di GnRH e
quindi di LH con massiccia stimolazione delle cellule del Leydig. Queste oltre a produrre
testosterone producono in minima parte anche estrogeni. La particolarità sta nel fatto che
mancando completamente il meccanismo di feedback negativo, una secrezione elevata di LH porta
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l’estradiolo prodotto a diventare biologicamente importante, influenzando in senso femminile
l’individuo. Infatti alla nascita non vi sarà nessun sospetto e la patologia può essere individuata
quando i testicoli presenti nel canale inguinale vengono scambiati per un’ernia inguinale e quindi
ritrovati durante l’operazione. L’attenzione del medico viene richiamata quando in età puberale non
vi è il menarca. Nonostante l’assenza dei cicli si ha comunque uno sviluppo ginoide completo sia
dal punto di vista somatico (disposizione adipe e sviluppo della mammella) sia psicologico. Il
soggetto avrà un aspetto tipicamente femminile fatta eccezione per l’assenza o la ridotta presenza
di peli a livello ascellare e pubico. Dato che le gonadi possono andare incontro a degenerazione
neoplastica (al pari del criptorchidismo) si sceglie di asportarli (si preferisce sempre dopo la
pubertà).
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Endocrinologia - Lezione 8
Pubertà
È il periodo di transizione dall’età infantile a quella adulta. Vi sono una serie di cambiamenti che
riguardano non solo la maturazione delle gonadi e dei caratteri sessuali secondari ma anche
l’aspetto psicologico. Essa è caratterizzata da:
- Maturazione delle gonadi;
- Maggior rapidità di accrescimento;
- Sviluppo dei caratteri sessuali secondari (CSS);
- Acquisizione di capacità procreativa.
Nei paesi industrializzati si verifica tra i 10 e 14 anni. La malnutrizione o alcune condizioni come
l’obesità grave, ne ritardano l’inizio, mentre l’obesità lieve sembra anticiparla di poco. L’aspetto
nutrizionale ha un ruolo importante nell’avvio della pubertà, ma la componente maggiore è di tipo
genetico, infatti è da valutare in anamnesi anche l’inizio di questa nei genitori.
L’evento che da inizio dal punto di vista ormonale della pubertà è l’attivazione dell’asse
ipotalamo-ipofisi-gonadi, grazie al centro nervoso generatore della pulsatilità (Pulse Generator) che
si trova nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, sensibile al feedback esercitato dagli ormoni sessuali e
dall’inibina che influenzano l’ampiezza e la frequenza dei picchi secretivi di GnRH. Questo sistema
è attivo durante la vita fetale e nella prima infanzia (sino ai 2 anni circa) dove comunque la
secrezione è di tipo continuo, successivamente riduce la sua attività (pausa giovanile). Si riattiva
all’avvicinarsi della pubertà inizialmente con una secrezione pulsatile notturna che si estende
successivamente nell’arco delle 24 ore a maturazione sessuale raggiunta (circa 12 picchi di LH/die),
attivando così l’asse. La conseguente attivazione delle gonadi, provoca un aumento di androgeni ed
estrogeni, che raggiungono una concentrazione sufficiente ad
influenzare a livello ipotalamico il centro di controregolazione
negativo (Nota bene, la secrezione continua di GnRH come
avviene durante l’infanzia, inibisce l’asse, non lo attiva. Vedi
lez 4). In tal modo si stabilisce l’equilibrio tipico dell’adulto in
cui il feedback negativo è sempre operante a un livello più
elevato. Negli stadi finali della pubertà (più o meno
rapidamente dopo il menarca) nella femmina si sviluppa il
meccanismo di feedback positivo tra estrogeni ed LH
indispensabile per rendere i cicli mestruali ovulatori. Immagine:
Se andassimo ad effettuare dei prelievi seriali di LH, noteremo
come nel periodo prepuberale, troveremo delle concentrazioni
simili, senza differenze tra notte e giorno. Già a metà della
pubertà vediamo dei picchi durante la notte, che man mano
che procede il periodo si fanno più alti finché non aumentano di
ampiezza e coinvolgono anche il giorno.
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La natura è fatta in modo tale che in condizione di malattie importanti, croniche o profondo stress, la
procreazione venga meno in modo tale da preservare la specie. Le donne sviluppano prima, circa
due anni, rispetto ai maschi per motivazioni genetiche.
Definizioni importanti
Adrenarca: Aumento degli androgeni di origine surrenalica. Circa 2-3 anni prima della pubertà, con
meccanismi ancora non ben compresi, la corteccia surrenalica aumenta la secrezione di DHEA
(deidroepiandrosterone), DHEA-S, e D4-androstenedione. Questi sono tutti androgeni deboli ma
sono proprio loro i responsabili della comparsa dei peli pubici e ascellari.
Pubarca: è la comparsa dei peli pubici.
Ircarca: comparsa dei peli ascellari
Telarca: sviluppo mammario
Menarca: prima mestruazione.
Nella femmina il primo segno della pubertà è l’accrescimento staturale (spurt puberale) che però se
non monitorato costantemente è difficile da evidenziare pure per i genitori. Infatti viene considerato
come primo segno di pubertà lo sviluppo della ghiandola mammaria (telarca) determinato
principalmente dagli estrogeni ovarici, responsabili anche dello sviluppo dei genitali interni. Lo
sviluppo pilifero pubico inizia qualche mese più tardi e si completa dopo circa 2 anni. A pubertà
istituita (pubarca 4), circa due anni dopo lo sviluppo mammario compare il menarca (prima
emorragia nella donna) ad un'età media di 12-13 anni. I primi cicli sono spesso anovulatori, infatti
fare diagnosi di PCOS in questa fase è difficile. Lo scatto staturale (spurt puberale) è ravvicinato
allo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e avviene in una fase precoce rispetto al maschio.
Nel maschio il primo segno di sviluppo puberale, oltre allo spurt, è l’aumento del volume testicolare
(> 4ml), grazie allo sviluppo dei tubuli seminiferi e solo in piccola parte all’aumento delle cellule del
Leydig, che mediamente si verifica tra gli 11 ei 12 anni. Accanto a questo, aumenta anche la
pigmentizzazione a livello scrotale. L’accelerazione della crescita è preceduta dallo sviluppo pilifero
pubico che, da un’iniziale distribuzione triangolare, nel corso di 4-5 anni si distribuisce a losanga. Lo
sviluppo dei peli ascellari inizia circa 2 anni dopo rispetto alla comparsa dei primi peli pubici. Gli altri
CSS si sviluppano in tempi diversi da soggetto a soggetto. Lo spurt puberale è più tardivo rispetto
alla femmina.
Pubertà Precoce
Parliamo di pubertà precoce quando la comparsa dei caratteri sessuali secondari ad un’età:
- < 9 anni nel maschio;
- < 8 anni nella femmina.
Si devono dinstingere:
- Pubertà precoce vera (o GnRH-dipendente). È dovuta ad una prematura
attivazione dell’asse Ipotalamo-ipofisi-gonadi, quindi vi è un aumento delle
gonadotropine. Può essere idiopatica (sporadica o familiare) oppure secondaria a
disordini del SNC (neoplasie, meningiti, traumi, idrocefalo, craniofaringioma) cioè
tutto ciò che può fare attivare l’asse; Nelle femmine si osservano sviluppo mammario
e dei peli pubici che generalmente rimangono solitari e possono rimanere tali per più
di un anno. Nei maschi si ha aumento del volume testicolare. Entrambi i sessi sono
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caratterizzati da un spurt precoce rispetto e quindi ad un iperstaturalismo rispetto alla
fascia di età che, a causa della saldatura delle cartilagini di coniugazione, risulterà in
una bassa statura finale.
La diagnosi viene posta grazie al fatto che i livelli di gonadotropine e steroidi sessuali
sono aumentati rispetto all’età cronologica e la risposta delle gonadotropine alla
stimolazione con GnRH è di tipo puberale;
- Pseudopubertà precoce (o GnRH-indipendente), non c’è attivazione che dipende
dal GnRH quindi è indipendente, le gonadotropine non vengono dall’ipofisi ma da
una sede ectopica. Questa produzione ectopica può essere dovuta ad un tumore
secernenti hCG (human gonadotropin), alla produzione di ormoni sessuali dal
testicolo, ovaio o dal surrene in maniera autonoma a causa di tumori, o a sindromi
adrenogenitali (CAH). Quindi GnRH è basso così come le gonadotropine.
La produzione di steroidi sessuali provoca manifestazioni in genere molto evidenti di
maturazione sessuale, caratterizzate dal contrasto tra CSS e sviluppo delle gonadi.
L’eccesso di ormoni gonadici in circolo inibisce la secrezione di gonadotropine e
inibisce lo sviluppo delle gonadi, si ha pertanto infertilità con anovularietà nelle
femmine e azospermia nel maschio.
- Pseudopubertà precoce incompleta (Rugarli), è caratterizzata da un’aumentata
responsività di alcuni tessuti periferici agli ormoni sessuali presenti in quantità
fisiologiche. È caratterizzata dalla presenza di segni di sviluppo isolati. Queste
vengono considerate come anomalie dello sviluppo prive di importanza clinica.
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Questi stadi sono importanti perché si deve sempre valutare lo stadio di sviluppo puberale.
42
Per valutare la crescita di un bambino, valutiamo 6 parametri:
- Altezza dei genitori, dobbiamo calcolare il bersaglio
genetico del bambino;
- Epoca di sviluppo puberale dei genitori;
- Età anagrafica;
- Età staturale su carte auxologiche: età
corrispondente al 50° percentile per quella altezza. Non
è detto che il bambino che stiamo valutando abbia
un’altezza relativa alla propria età. 50° percentile vuol
dire che il 50% dei bambini di quell’età sono sotto
quella curva. Valutando l’altezza, si traccia una retta dal
50° percentile e si va a congiungere con l’età
anagrafica del bambino e non è detto che coincida.
Curva tra maschio e femmina è diversa;
- Età scheletrica;
- Velocità di accrescimento, quindi l’intervallo di
crescita con almeno 2 misurazioni in 6 mesi.
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possono valutare le cartilagini a livello del ginocchio, soprattutto per vedere se ci sono ancora
margini di crescita essendo questa l’ultima cartilagine che si chiude. Consiglio: Quando si fa l’rx per
l’età ossea in un reparto di radiologia, loro danno indicazioni ma lo fanno con dei programmi al pc
che non sempre corrispondono al vero (sono grossolani) e quindi quando si fa rx è bene valutare
sempre con l’atlante perché dobbiamo essere molto certi.
Cause di ipostaturalismo
- 1/3 dei casi è dovuto al ritardo di crescita;
- La bassa statura familiare è la causa più frequente. Dipende dal fatto che i genitori
sono bassi.
Tra le condizioni patologiche:
- Anomalie cromosomiche (turner, Down, Prader-WIlli);
- Cattivo sviluppo intrauterino. In questo caso i fattori possono essere tanti come
deficit di vascolarizzazione della placenta, abuso di sostanze (alcol, fumo, droghe),
patologie durante la gravidanza di stampo infettivo. In generale quindi qualsiasi cosa
che ha effetto sull’utero e quindi sul bambino;
- Disordini endocrini (circa il 15% delle cause di ipostaturalismo). Il dato numerico è
un po’ antiquato, ma anche se arrivassimo al 25% vuol dire che molti dipendono da
cause endocrine, ma non tutti e quindi prima di valutare questa ipotesi dobbiamo
escludere le due varianti normali e le altre cause;
- Il malassorbimento determina un’alterazione della crescita, prima fra tutte la
celiachia quando ancora non è diagnosticata. Una dieta priva di glutine permette di
superare il problema;
- Anomalie rare della cartilagine e dell’osso (acondroplasia);
- Gravi malattie sistemiche renali o cardiache. In generale qualsiasi malattia del
bambino ha effetto sulla crescita:
- Cause psicologiche come ad esempio il Maltrattamento o in generale lo stress.
Ipostaturalismi Endocrini.
- Deficit di GH/IGF-1 (il più frequente tra questi);
- Ipotiroidismo;
- Terapia cortisonica prolungata;
- Pubertà precoce (varie cause);
- Diabete mellito scompensato;
- pseudoipoparatiroidismo.
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Esempio clinico. Anna entra in ambulatorio, ha un altezza di cm 98 e peso di 21 kg. Ha 3 anni di età
staturale mentre lei ne ha 7 anagraficamente. Dal punto di vista dell'anamnesi dei genitori è tutto
nella norma (quindi nulla di genetico). Non esiste nessuna malattia. Il ritardo genetico di crescita lo
escludiamo per i genitori. Ci orientiamo sulle patologie endocrine perché la distanza tra età
anagrafica ed ossea è troppo elevata.
Deficit di GH
Il quadro clinico variabile a seconda dell’eziologia, dall’età di insorgenza, dal grado del difetto (totale
o parziale) e dalla sua associazione con deficit secretivi di altre tropine ipofisarie. La maggior parte
dei deficit non è dovuta a processi patologici malformativi documentabili a carico di ipofisi o
ipotalamo ma a forme idiopatiche. Ci sono anche delle forme genetiche con mutazioni a carico di
GHRH, gene del GH, GH-R, geni per la sintesi di IGF-1).
Nel deficit di GH i neonati hanno un peso e una lunghezza appropriata per l’epoca (AGA-
Appropriate Gestational Age) e questo conferma che GH ed IGF-1 durante la vita fetale hanno un
ruolo marginale mentre sono importantissimi IGF-2 ed insulina. . Posso fare insospettire il pediatra:
- Velocità di crescita molto inferiore alla norma dopo 6-12 mesi;
- Episodi ipoglicemici a digiuno nei primi 6 mesi di vita. Questi sono difficilmente
trattabili tendono a ridursi e scomparire tra il 2° e il 5° anno di vita;
- Chiusura tardiva della fontanella anteriore;
- Pannicolo adiposo ben sviluppata soprattutto ai fianchi e in addome per mancanza
dell’effetto lipolitico del GH.
- Età ossea molto ritardata rispetto all’età anagrafica (valutazione rx radio-carpica).
- Rapporto è di tipo armonico (nanismo ipofisario).
Diagnosi
Prima cosa dobbiamo escludere le altre cause (es. Celiachia, ipotiroidismo, diabete, malattie renali)
che sono più frequenti.
Se sono già state escluse, facciamo dei test:
- Livelli di IGF-1 ridotti per l’età e stadio puberale;
- Risposta ridotta o assente del GH ad almeno 2 test di stimolo (ipoglicemia insulinica,
argininica, clonidina). Per poter prescrivere il GH sono necessari due test
concordanti;
- RMN ipotalamo-ipofisi per escludere cause organiche;
- Studio degli altri assi ipotalamo-ipofisari per differenziare tra deficit isolati e
combinati.
La terapia andrebbe terminata al raggiungimento di questi obiettivi, però chi ha deficit di GH totale
può avere un beneficio con una terapia continuativa grazie ai vantaggi anche a livello
cardiovascolare (se il deficit è parziale si deve valutare la terapia in età adulta).
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Nanismo di Laron
È una forma un po’ più rara del deficit di GH. Essa è una sindrome da resistenza ormonale dovuta a
mutazioni del recettore di GH (GH-R). È molto frequente tra gli ebrei sefarditi e i peruviani (Secondo
l’ipotesi del prof.Longo, questi soggetti a causa del deficit recettoriale e dei bassi livelli di IGF-1
sarebbero meno propensi allo sviluppo di tumori, si attendono maggiori approfondimenti a riguardo).
I soggetti con sindrome di Laron hanno alla nascita peso e lunghezza normali.
Diagnosi
In questa forma il GH è ovviamente alto ma troviamo basso IGF-1 (viene sempre valutato per età e
per sesso con i proprio valori di riferimento) che non aumenta dopo test di stimolazione con GH
(livelli bassi di IGFBP-3).
Trattamento
Terapia con IGF-1 e non GH. Per la mancanza di IGFBP-3, per la difficoltà di somministrare dosi
ottimali di IGF-1, la risposta terapeutica è incompleta.
Ipotiroidismo Congenito
AGA alla nascita, ritardata chiusura delle fontanelle, relativa brevità degli arti rispetto al tronco
(nanismo disarmonico). L’avvento delle screening neonatale, rapida diagnosi e trattamento con
Tiroxina precocemente, ha ridotto i casi di ipostaturalismo per questa causa.
Ipotiroidismo Acquisito
In fase evolutiva può determinare ipostaturalismo ed essere di difficile individuazione. Il pediatra se
ne ne deve accorgere quando:
- Il bambino è svogliato;
- Meno concentrato;
- Sente sempre freddo;
- Cresce poco;
- Tendenza al sovrappeso;
- Stipsi;
- pallore.
Le cause non sono note, c’è sicuramente una malnutrizione mentre l’asse GH/IGF-1 non sembra
compromesso. L’ipostaturalismo non sembra dovuto al deficit di GH a causa dell’iperglicemia. Si
corregge correggendo lo sviluppo glicemico.
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Pseudoipoparatiroidismo
È una resistenza al PTH per mutazione della subunità ɑ delle proteine G accoppiate al recettore. Il
soggetto sarà caratterizzato da bassa statura lievemente disarmonica per brevità degli arti e del IV
e V metacarpo. Spesso sono coinvolti tutti gli ormoni i cui recettori sono accoppiati a proteine G
(TSH, LH, FSH, ACTH, ecc). Essendo una resistenza al PTH esso è alto ma c’è comunque una
ipocalcemia ed una ipofosfatemia.
Caso clinico. Vincenzo ha un’altezza di 137 cm e pesa 35 kg. La velocità di accrescimento è di 4,5
cm/anno, mentre dovrebbe essere 6 cm/anno, non ha nessuna patologia degna di nota e fa tennis.
L’anamnesi familiare psicologica è normale. La madre ha avuto una pubertà ritardata (menarca a 15
anni) mentre il papà normale. L’età staturale è un po’ più di 10 anni, quindi c’è un ritardo rispetto a
quello che ci aspettiamo. Ci orientiamo su un ritardo costituzionale di crescita. L’età ossea e quella
staturale hanno lo stesso ritardo (qui sono simili quindi non ci aspettiamo un problema ormonale).
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Endocrinologia - lezione 5
L’apporto iodico giornaliero raccomandato da WHO, UNICEF ed ICCIDD) varia in base alla fascia di
età:
- 90 µg nei bambini in età prescolare;
- 120 µg nei bambini in età scolare;
- 150 µg negli adulti;
- 250 µg nelle donne in gravidanza ed allattamento.
Lo iodio introdotto con la dieta (circa 500 µg) viene in parte captato dai tireociti mediante un
trasporto attivo contro gradiente di concentrazione da parte della proteina NIS (Na I symporter),
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permettendo di raggiungere concentrazioni endocellulari di iodio di circa 20-50 volte maggiori
rispetto alla controparte plasmatica. Questo meccanismo permette alla tiroide di sintetizzare gli
ormoni anche in periodo di privazione. La quasi totalità (488 µg) viene eliminato con le urine e
soltanto una minima parte viene eliminato con le feci. La quantità di iodio che l’individuo urina
(ioduria) è per certi versi proporzionale alla quantità di iodio che ha ingerito. Se volessimo valutare
in una popolazione se presente una carenza di iodio, preleveremo un certo numero di campioni di
urine e doseremo la ioduria: Se questa è bassa indirettamente capiremo che l’assunzione di iodio in
quella zona è bassa. Negli studi sulla popolazione, la ioduria è uno degli elementi più importanti per
dire se quella popolazione è esposta o meno a una condizione di carenza iodica, non viene invece
usata per valutare la concentrazione di iodio nel singolo soggetto perché influenzata da una serie di
fattori individuali.
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tg viene inglobata all'interno della cellula mediante pinocitosi, viene inglobata dai lisosomi che la
degradano liberando T3, T4, MIT e DIT. Questo processo è stimolato da TSH e inibito dallo Iodio.
Essendo T4 circa l’80% della quota totale di produzione (anche se questo viene prodotto
esclusivamente a livello della tiroide mentre il T3 è prodotto qui solo per il 15-20%), una parte viene
deiodinata ad opera delle 5’-deiodinasi tiroidee (D1 e D2), permettendo di ottenere un rapporto
T4:T3 di 11:1.
50
Il complesso ormone tiroideo-proteina costituisce una rapida fonte di ormoni in caso di necessità.
Variazioni della concentrazione delle proteine determinano delle variazioni nello stesso senso di T4
o T3 totali, ma mai delle loro forme libere, quindi in presenza di un asse ipotalamo-ipofisi-tiroide
funzionante, questi non determinano effetti biologici rilevanti. Ad esempio, un aumento della TBG si
ha in gravidanza, nella terapia estrogenica o anche nelle patologie epatiche. In questo caso la
minore disponibilità di T4 a livello periferico, determina aumento nella produzione del TSH e quindi
della quota ormonale che satura le proteine in più e ripristina il normale valore della quota libera.
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- Aumentano il metabolismo basale (catabolismo) il dimagrimento del pz iper- non è
tanto dovuto all’aumento della lipolisi bensì ad un aumento del catabolismo generale;
- Aumentano il metabolismo osseo. I soggetti iper- possono andare incontro ad un
peggioramento dell’osteoporosi soprattutto nella menopausa;
- Effetti su cute e sistema pilifero. La pelle del soggetto ipo- è secca, vi è accumulo
di mucopolisaccaridi con tipica facies mixedematosa. Il pz iper- avrà invece una cute
umida e sudata, si potrà avere caduta dei capelli, fragilità delle unghie e una
caratteristica particolare, è rappresentata la caduta del terzo esterno delle
sopracciglia;
- Mantenimento di una corretta funzione respiratoria.
Sintomi tipici dell’ipertiroideo sono: aumento della differenziale, è nervoso, agitato, suda,
intolleranza al caldo, tachicardia, cardiopalmo, dimagrimento. L’ipotiroideo invece presenta come
sintomi stanchezza, depressione, sonnolenza, bradicardia, tendenzialmente stitico, intolleranza al
freddo.
Tutto questo va visto nell’ottica di un quadro di insieme, perchè non tutti gli ipo- o gli iper- devono
avere questi sintomi.
Semeiotica
La tiroide è apprezzabile all’ispezione solamente quando molto ingrossata. Il momento
fondamentale è rappresentato dalla palpazione, con il pz disposto avanti e con collo inclinato
posteriormente ed il medico posto dietro. Durante la palpazione si invita il pz a deglutire al fine di
poter attribuire la presenza di tumefazioni alla tiroide, infatti sia essa che le sue derivazioni
seguiranno i movimenti di trachea e laringe. Particolare importanza riveste l’identificazione dei
noduli tiroidei e la loro caratterizzazione su piano dimensionale e nei rapporti. Nei pz iper- l’esame
può essere completato all'ascoltazione che metterà in evidenza un soffio dovuto
all’ipervascolarizzaizone.
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Domanda tipica del paziente è : perchè la mia tiroide ha un sacco di noduli e funziona bene o non
ha noduli ma funziona male?
Attenzione a non confondere la funzione con la dimensione. Si potrebbe avere un gozzo enorme
che funziona normalmente e una tiroide perfettamente normale per dimensioni che funziona male.
Il gozzo sporadico può essere causato da: una carenza di iodio, un eccesso di iodio, da fattori
ormonali: Il gozzo è più frequente nel sesso femminile perché dipendente degli estrogeni, infatti in
gravidanza aumentando la TBG, si legano gli ormoni tiroidei diminuendo così le quote periferiche di
T4-T3, e questo fa salire il TSH (ormone tireostimolante) che favorisce la crescita del volume della
tiroide e la produzione di nuovi ormoni che equilibrano sia le quote libere sia l’eccesso di TBG
portando ad un aumentato valore globale di ormoni tiroidei - Rugarli (il prof dice che aumentando la
quota totale di ormoni tiroidei il TSH scende). Anche i fattori genetici sono importanti. Facendo
riferimento agli studi epidemiologici (in Sicilia) la frazione che detiene il record di Gozzo, circa l'80%
della popolazione è la frazione di San Giorgio, questo perché gli abitati erano tutti parenti tra di loro,
quindi al fattore ambientale si univa il fattore genetico. Importante è anche il fattore socio-culturale:
In degli studi condotti in periodo universitario, il prof notò che c'erano due scuole in un paese (preso
in considerazione per i suoi studi epidemiologici riguardo alla carenza iodica) una in pieno centro e
una in periferia, i ragazzi che vivevano in pieno centro non avevano il gozzo, mentre quelli che
vivevano in campagna lo avevano, questo perché i ragazzi che vivevano in campagna si nutrivano
dei prodotti autoctoni poveri di iodio, mentre al centro i ragazzi avevano un livello socio-culturale più
elevato quindi dal punto di vista epidemiologico il gozzo era meno diffuso.
Cause frequenti di gozzo sporadico sono anche i fattori iatrogeni.
Tra le cause più frequenti abbiamo la carenza di iodio, ma anche l’eccesso di iodio può essere alla
base della formazione di un gozzo, ad es. nella zona di Hokkaido in Giappone per il nutrimento con
alghe che sono ricche di iodio.
Altra causa sono i gozzigeni alimentari, in realtà è una causa teorica più che pratica (il professore
stesso ha smontato questa teoria, dice che nei libri c'è scritto che un'alimentazione ricca di vegetali
della famiglia delle brassicacee e crucifere, per esempio i cavoli, cavolfiori, broccoletti favoriscono
l’insorgenza di gozzo perché contengono tiocianato che è un alogeno e che quindi compete con lo
iodio nell'ingresso a livello della tiroide, il professore fece uno studio per vedere gli effetti che aveva
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un’alimentazione ricca di tiocianato in alcuni suoi colleghi e li costrinse a mangiare per una
settimana soltanto cavolfiore e misurò il tiocianato nelle loro urine, il professore sapeva che il
tiocianato era contenuto anche nel fumo di sigaretta infatti le urine dei fumatori di sigaretta avevano
una concentrazione 10 volte maggiore rispetto ai soggetti che avevano assunto soltanto broccoli e
cavolfiori, quindi questa teoria è facilmente contestabile). Esistono anche causa come quelle dovute
ad agenti infettivi, ma rappresentano dei casi sporadici.
Patologie da carenza iodica Le alterazioni sono diverse a seconda della fase della vita.
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Gozzo endemico e iodoprofilassi
La principale causa di gozzo endemico è la carenza nutrizionale di iodio e quindi la prevenzione
deve basarsi sull aumento dell’apporto di iodio alla popolazione che vive in quell’area. In presenza
di un apporto giornaliero di 100-150 microgrammi la prevalenza di gozzo nella popolazione si riduce
drasticamente.
Il metodo di iodoprofilassi più usato e che si propaganda da decenni in Italia è quello del Sale
iodato. Si è diretti verso questa scelta perché il sale è consumato da tutta la popolazione, il
consumo è abbastanza stabile e i costi di produzione sono molto contenuti. Il sale iodato presenta
alcuni svantaggi pratici come la perdita di contenuto di iodio se la conservazione non è ottimale
(una volta sconfezionato conviene metterlo in barattoli ben chiusi per evitare l’evaporazione) e il
fatto che dovrebbe essere usato a crudo perché sennò tenderebbe ad evaporare con le alte
temperature.
L’eccesso di sale in determinate categorie di individui fa male (instaurarsi di ipertensione arteriosa,
aumento di rischio di malattie cardiache, renale e dei vasi). La fortificazione del sale iodato è
standardizzata (30 μg/g di sale). Normalmente noi consumiamo 9g di sale al giorno. Se
dimezzassimo questa quantità a 4-5g di sale, significherebbe che l’individuo assuma 120-150μg di
iodio e quindi riesca a soddisfare il proprio fabbisogno di iodio L’indicazione è poco sale ma iodato.
Il programma sperimentale di iodazione dell’acqua potabile, forse unico al mondo, è stato fatto a
Troina. Nel ‘78 a troina il 55% della popolazione infantile di Troina aveva il gozzo. Venne aggiunto
sperimentalmente lo iodio nell’acqua per 9 anni. Si conducevano valutazioni sia sulla
concentrazione delle urine sia sulla concentrazione dello iodio nei serbatoi dell’acqua. Nell’87 siamo
arrivati al 5.5% quindi a limite del cut-off per parlare di gozzo endemico. Qualcuno poteva pensare
che questo fosse dovuto all’effetto della iodoprofilassi silente. Fu allora presa un’altra città campione
nella stessa zona ovvero Maniace per vedere se era scesa la prevalenza del gozzo. Questa
scendeva ma con una velocità molto minore, si era arrivati nello stesso momento al 30%.
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Endocrinologia - Lezione 6
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Quando ci si trova di fronte ad un nodulo, in qualsiasi parte del nostro organismo, la prima cosa che
ci viene in mente è capire se è benigno o maligno.
La frequenza dei noduli tiroidei e del carcinoma della tiroide è nella popolazione generale:
- incidenza clinica dei noduli 5-10%;
- incidenza ecografica 20-50%:
- Incidenza del carcinoma tiroideo è del 4-5% dei noduli clinicamente rilevabili (non di
quelli ecograficamente rilevabili).
Nonostante la prevalenza del gozzo nodulare sia abbastanza presente nella popolazione adulta,
questo raramente è un carcinoma. Nella popolazione infantile invece si associa un bassa
prevalenza ad una più elevata possibilità di malignità.
Il carcinoma Midollare
ha un alto grado di
familiarità. Questo prevede la necessità di eseguire oltre all’anamnesi familiare anche uno
screening genetico familiare per valutare la presenza di una neoplasia sporadica, familiare o di un
MEN (Multi Endocrine Neoplasia). Questo ci fa capire l’importanza dell’anamnesi e dell’esame
obiettivo. Soltanto alla fine di questi si passa alla diagnostica.
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Oltre agli esami riportati in
tabella, possiamo effettuare una
scintigrafia. Essa permette la
diagnosi di noduli caldi e freddi.
(la chiedi nel soggetto con valori
di laboratorio di sospetta
tireotossicosi, quindi ipertiroideo
con valori molto alterati di TSH
(basso) quindi ci aspettiamo un
nodulo caldo, se il TSH è alto
non si fa perché sarebbe
comunque freddo e questo
vorrebbe dire somministrare
delle radiazioni inutili al
paziente).
Esami di laboratorio
Si inizia facendo TSH e poi T4. In America fanno solo il TSH perché sono meno spendaccioni (si
perdono l’ipotiroidismo secondario). La Tireoglobulina, sarà elevata per molte cause, infatti il
dosaggio nel preoperatorio non serve a nulla. È estremamente importante quando è stata eseguita
una tiroidectomia totale per un carcinoma della tiroide perché in questo caso dovrebbe essere 0. Se
la troviamo elevate i motivi sono due: o il chirurgo ha lasciato un pezzo di tiroide o ci sono delle
metastasi. Nel preoperatorio è invece utile la calcitonina, che in genere è bassissima ma se è alta ci
fa pensare ad un carcinoma.
Il TSH ci fa seguire una strada. Se il TSH è normale ci può indirizzare verso l’ago aspirato. I noduli
caldi nel 99% dei casi sono iperfunzionanti ma benigni e quindi non c’è necessità di fare l’ago
aspirato. Quindi:
- Dosare sempre il TSH nella valutazione iniziale di un paziente con nodulo tiroideo;
- Dosare fT4 ed fT3, AbTPO e AbTg (se positivi possono suggerire tiroidite
autoimmune) in presenza di valori TSH alterati;
- Dosaggio della Tg non è raccomandato nella valutazione iniziale del nodulo della
tiroide, bensì nel follow up del carcinoma;
- Dosaggio della Calcitonina è raccomandato nella valutazione iniziale.
Sul dosaggio della calcitonina c’è un contenzioso. Le linee guida europee raccomandano il
dosaggio della calcitonina mentre quelle americane lo raccomandano solo nei noduli sospetti. In
America il rapporto costo beneficio non conviene. Gli europei invece ragionano al contrario perché i
casi sono pochi ma se il carcinoma midollare non lo diagnostici in tempo diventa uno dei più brutti.
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L’Ecografia è l’esame principe, il primo step, e deve essere eseguita in maniera scrupolosa e
contenendo tutte le informazioni richieste. Essa deve essere sempre eseguita:
- Tutti i pz con uno o più noduli;
- Pz ad alto rischio per carcinoma (vedi sopra) anche in assenza di noduli palpabili;
- Estesa alle stazioni linfonodali cervicali, per valutare possibile presenza di
linfoadenomegalie che possano rappresentare la spia per una patologia neoplastica.
L’ecografia ci deve:
- Misurare la dimensione dei noduli e della tiroide definendone le caratteristiche
(ecogenicità, margini, presenza di calcificazioni, vascolarizzazione);
- Permette di rilevare presenza di noduli non palpabili;
- Aiuta a selezionare i noduli da sottoporre ad agoaspirato nel caso di noduli non
palpabili o di gozzo multinodulare e di guidare FNA nella componente soldi dei noduli
misti
- Evidenzia linfoadenopatie nelle stazioni del collo, definendone le caratteristiche.
Il nodulo ha una forma ellissoide, e per calcolarne il volume si usa il Modello di Brun (qualcosa del
genere ma comunque è il volume dell’ellissoide che si fa con l’integrale triplo).
Parametri da valutare in eco:
- Parenchima tiroideo;
- Volume ghiandola;
- Dimensioni del nodulo (nei tre diametri);
- Caratteristiche ecografiche del nodulo;
- Presenza o assenza di linfonodi cervicali sospetti.
1) Il nodulo può essere:
- Solido, compatto (grigio in ecografia);
- Cistico, a contenuto liquido (anecogeno, scuro);
- Misto, in parte solido e in parte liquido che a volte assume un aspetto spongiforme
se il liquido è maggiore del 50%.
2) A seconda dell’ecogenicità:
- Isoecogeno, stessa ecogenicità del parenchima delle tiroide;
- Iperecogeno (bianco);
- Ipoecogeno (scuro);
- Anecogeno (cistico quindi presenza di liquido all’interno).
3) Margini:
- Regolari
- Irregolari (sospetto!!!!)
4) Presenze e tipo di calcificazioni:
- Grossolane non sono un problema (a guscio d’uovo) e sono generalmente di
vecchia data;
- Microcalcificazioni (sono sospette) da non confondere con le Pitfall (benigne)
5) Rapporti dei diametri:
- Diametro A-P maggiore del trasverso è segno sospetto;
6) Vascolarizzazione:
- Perinodulare (normalmente);
- Intranodulare (da attenzionare, ma nella gerarchia è l’ultimo da considerare);
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Metanalisi (sono delle valutazioni scientifiche che prendono più studi e tirano le somme). La
metanalisi di 31 studi e 18288 noduli ha detto che i caratteri con maggiore potere predittivo di
malignità se:
- Aspetto più alto che largo;
- Microcalcificazioni interne;
- Margini irregolari;
- Ipoecogenicità;
- Ipervascolarizzazione (una delle ultime per importanza).
Mentre i caratteri con maggiore potere predittivo di benignità:
- Aspetto spongiforme;
- Nodulo cistico.
Caso clinico
Viene ragazza di 30 anni inviata da un collega con nodulo da 2,5 cm. Si guarda eco, si descrive
nodulo isoecogeno, margini regolari senza microcalcificazioni, apparentemente tranquillo ma di 2.5
cm si punge lo stesso ovvero di fa l’FNA (le linee guida indicano l’agoaspirato quando il nodulo
è solido, palpabile o comunque di diametro superiore a 1-1,5 cm in assenza di segni di
autonomia funzionante (quindi si fa sul nodulo freddo) oppure su noduli più piccoli se sono
presenti segni ecografici di malignità, segni clinici, se presenti fattori di rischio o noduli che
aumentano di volume durante monitoraggio -Rugarli). Siccome si l’FNA è ecoassistito nel
passare la sonda troviamo nodulo non descritto nell’altro lobo di 7 mm con margini irregolari,
microcalcificazioni interne ecc quindi si deve fare puntura dall’altro lato. Il nodulo di 2,5 cm era
tranquillo mentre quello di 7 mm era un carcinoma papillifero. Il risultato è che si deve scendere nei
dettagli. La TAC non serve a niente.
Linfonodi devono essere descritti bene. Il nodulo infiammatorio (tipico) facile da averlo nel
soggetto giovane è :
- Solido;
- Ipoecogeno;
- Ellittico;
- Stria centrale (iperecogena) presente (rappresenta l’ilo del linfonodo).
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del 5%. Quando abbiamo un adenoma tossico il resto della tiroide non si vede perché il TSH è
basso: la tiroide quindi non capta, ma il nodulo è autonomo poiché ha i recettori costitutivamente
attivi e quindi non ha bisogno del TSH per produrre. Il nodulo cresce, produce più ormone, il TSH si
abbassa (feedback negativo) e la captazione della tiroide, che è regolata dal TSH, si abbassa.
Sinonimi di: nodulo caldo: nodulo autonomo, Morbo di Plummer, Adenoma tossico.
Nel nodulo cistico il rischio che sia un carcinoma è inferiore all’1%. Se il nodulo è spongiforme il
rischio è inferiore al 3% (lo facciamo solo se il nodulo è maggiore di 2 cm). Man mano aumentano i
rischi e quindi si fa l’agoaspirato.
La differenza numerica dipende da autore ad autore. Gli anglosassoni utilizzano i numeri progressivi
mentre il prof. Regalbuto utilizza dividere lo stadio 3 in A e B secondo le linee guida Italiane ma dal
punto di vista classificativo non cambia assolutamente nulla (prof. Veroux).
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L’elastosonografia è un esame diagnostico relativamente nuovo, va a misurare il grado di durezza:
quanto più il nodulo è duro, tanto più aumenta il rischio di malignità. L’importante è che questo
esame vada coadiuvato con le informazioni che noi abbiamo, quali ecografia, esami di laboratorio,
citologia, ecc! Un carcinoma può anche avere una consistenza molle: l’elastosonografia non può
essere usata da sola e non può sostituire la l’ecografia o il doppler, ma potrebbe essere integrato
con queste tecniche, ad esempio su un nodulo TIR3 per aiutarmi a decidere. Quindi
l’elastosonografia è un esame coadiuvante, non determinante.
Terapia
Oggi un nodulo benigno in tiroide normofunzionale nella stragrande maggioranza dei casi prevede
solo monitoraggio. Nel nodulo tiroideo isolato l’efficacia del trattamento è controversa e prima della
prescrizione devono essere accuratamente escluse le condizioni che lo controindicano. I noduli
benigni all’FNA richiedono monitoraggio clinico ogni 12 mesi (max 6). Se il nodulo ha dimensioni
stabili nel tempo gli intervalli possono essere allungati.
La terapia medica si basa sulla tiroxina. Si diceva ai pz che dando questa pillola si metteva a
riposo la tiroide. Il principio teorico è abbassare i livelli di TSH, in questo modo non stimola la
crescita della tiroide e quindi del nodulo. In 40 anni sono stati pubblicati molti lavori che hanno
messo in evidenza il rapporto costo beneficio di questa e i rischi della terapia con tiroxina dopo una
certa età. La terapia soppressiva sottopone il paziente ad ipertiroidismo soppressivo quindi
considerando il rapporto costo beneficio la tiroxina non va data. I rischi sono:
- Sovrastimolazione a livello cardiaco;
- Osteoporosi (soprattutto dopo la menopausa);
- Sintomi dell’ipertiroidismo;
Terapia con LT4 (tiroxina) dei noduli tiroidei
Le principali linee guida internazionali non raccomandano più l’utilizzo routinario della terapia
soppressiva con LT4 nei noduli benigni tiroidei. Il trattamento con tiroxina è indicato nel caso di
coesistenza di gozzo nei soggetti giovani-adulti, soprattutto se provenienti da aree a carenza iodica,
con normali livelli di TSH, al fine di ridurre i livello dello stesso (terapia semi soppressiva). Il 10-30%
di questi pazienti sviluppa un ipertiroidismo subclinico.
Chirurgia
Trova indicazione in presenza di malignità alla citologia (TIR5). Nel nodulo a citologia indeterminata
o sospetta (TIR3B e TIR4) e/o in presenza di anamnesi o clinica di sospetto carcinoma. In caso di
gozzi voluminosi multinodulari con segni di compressione. (vedi appunti di chirurgia).
Radioterapia (radioiodio).
Il radioiodio nelle patologie benigne (anche se trova l’applicazione nelle maligne) viene indicato in
caso di nodulo tiroideo iperfunzionante o multinodulare iperfunzionante dove il trattamento
chirurgico non è possibile.
Caso clinico
Paziente di sesso maschile, anni 24, riferisce da qualche settimana una tumefazione in sede
tiroidea non dolente.
Faccio un’accurata a namnesi: il paziente nega familiarità e precedenti patologie degne di nota,
assenza di sintomi soggettivi ed obiettivi.
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Esame obiettivo: tiroide aumentata di volume x2, nodulo dx di circa 2 cm alla palpazione, di
consistenza lievemente aumentata, mobile, non dolente. Ricordate che questi sono elementi
indicativi, il 99% dei carcinomi sono mobili, per essere fisso deve essere un nodulo molto avanzato.
Alla palpazione, linfoadenomegalia bilaterale, non dolente alla palpazione.
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La conclusione del caso è che il ragazzo aveva un nodulo verosimilmente benigno (TIR3A ha
rischio massimo 15%) normofunzionante con livelli di TSH normali nel contesto di tiroidite cronica
autoimmune. Si decide, solo perché è giovane, di dare tiroxina con terapia soppressiva o
semi-soppressiva, se il follow up va bene il paziente si tiene il nodulo, se il follow up va male il
paziente viene mandato, con suo piacere alla chirurgia.
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Endocrinologia - Lezione 7
Alterazioni Funzionali
Ipotiroidismo Primitivo
In gran parte dei casi l’ipotiroidismo è primitivo, quindi causato da patologie che riguardano
direttamente la tiroide con conseguente compromissione della secrezione ormonale. Meno
frequentemente è causato da patologia che riguardano la secrezione di TSH (secondario). Ancor
più raro è l’ipotiroidismo causato da resistenza dei recettori periferici (Sindrome di Refetoff).
L’ipotiroidismo primitivo, può essere congenito o acquisito.
Cause di ipotiroidismo primitivo:
Distruzioni del tessuto tiroideo:
- Tiroidite cronica autoimmune;
- Radiazioni (I 131, RTE);
- Tiroidectomia totale o subtotale;
- Raramente le malattie infiltrative della tiroide.
Alterazione sintesi degli ormoni tiroidei:
- Alterazione congenita (gozzo disormonogenetico);
- Carenza iodica.
Farmaci:
- Antitiroidei di sintesi (metimazolo, propiltiouracile, usati nella terapia dell’ipertiroidismo.
Qualora il pz in terapia ne prendessi troppi, si verrebbe a determinare un ipotiroidismo
iatrogeno), Iodio, litio (terapia del bipolarismo), fenilidantoina, carbamazapina, rifampicina,
interferone ɑ.
L’assi ipofisi tiroide ci permette di valutare la funziona della ghiandola e quindi la capacità degli
ormoni tiroidei di svolgere il meccanismo di controregolazione. In caso di ipotiroidismo primitivo il
TSH sarà aumentato, mentre in caso di ipotiroidismo secondario, il TSH sarà basso.
Possiamo ulteriormente distinguere:
- Ipotiroidismo clinico, bassi livelli di fT4 e alti livelli di TSH;
- Ipotiroidismo sub-clinico, normali livelli di fT4 (generalmente tendenti verso il limite basso)
e alti livelli di TSH in pazienti spesso asintomatici.
Nel caso del sub-clinico si parla di una condizione abbastanza frequente tra la popolazione
generale (4-10%) che può raggiungere anche il 20% nelle donne in età geriatrica. Studi recenti
hanno dimostrato che non si parla di una mera entità laboratoristica quanto di una condizione
patologica che può portare anche alla sintomatologia e, specialmente se cronica, a complicanze
cardiovascolari (disfunzione diastolica, dislipidemie, ipertensione arteriosa). Comunque,
generalmente l’ipotiroidismo sub-clinico non è cronico, ma nel 5% dei casi si normalizza mentre nel
5-15%, evolve verso il tipo clinico. L’indicazione al trattamento del pz con ipotiroidismo sub-clinico è
accettata, il problema risiede sul quando iniziare il trattamento. Le recenti linee guida suggeriscono
di iniziare il trattamento quando:
- TSH > 10 mU/L, poiché in questo caso il rischio di evoluzione è molto alto;
- TSH > 2,5-3,0 mU/L per le donne in gravidanza;
- Soggetti giovani con gozzo nodulare;
Il trattamento non viene iniziato quando:
- TSH < 4,5 mU/L (escludendo giovani e donne in gravidanza).
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Per i valori compresi tra 4,5 e 10 mU/L non è ancora stato chiarito come agire. In questi casi si deve
scegliere paziente per paziente valutando età e rischio dell’utilizzo dell’ormone tiroideo (es
Fibrillazione atriale, quindi avremo cautela nel trattare il cardiopatico). Vengono trattati solo pz
sintomatici o con patologia tiroidea importante (gozzo, noduli), pz con Ab anti-TPO, pz con
ipercolesterolemia. Se non hanno queste condizioni si aspetta e si valuta.
Esistono delle condizioni dove il TSH è alterato (Sindromi da inappropriata secrezione di TSH)
ma non associato ad ipotiroidismo subclinico come:
- Adenoma ipofisario TSH secernente (abbastanza raro ndr)
- Sindrome di Refetoff. In questo caso si nota una resistenza periferica agli ormoni tiroidei,
dovuta ad alterazioni del TRβ a livello del sito di legame dell’ormone che comporta
l’incapacità di legare il T3 determinando repressione nella trascrizione del gene bersaglio.
Quindi saranno elevati sia il TSH che T3 e T4. dal punto di vista clinico si avrà il gozzo, con i
pz che tendono a sviluppare noduli a causa del TSH elevato, e una sintomatologia che può
variare dall’assenza di sintomi (resistenza generalizzata), alla presenza di tireotossicosi
organica (la resistenza degli organi non è la stessa) soprattutto a livello cardiaco (resistenza
parziale). La patologia, si può manifestare durante il corso della vita con un quadro clinico
anche molto soft. Il trattamento prevede dosi sovra fisiologiche di tiroxina per cercare di
forzare la resistenza, basandosi sulla resistenza dell’organo e quindi sulla sintomatologia
piuttosto che sui valori di TSH. Per quanto riguarda l’esperienza clinica, di fronte a valori
del genere si fanno ripetere gli esami. In caso di nuova conferma, essendo la patologia
familiare (trasmissione autosomica dominante) si guardano i familiari e casomai si esegue
una RMN (per escludere l’adenoma TSH secernente);
- Ritmo pulsatile del TSH (picco notturno);
- Uso di antidopaminergici (Plasil, Domperidone), aumenta il TSH poiché il suo rilascio
viene inibito anche dalla dopamina;
- Anticorpi anti-TSH;
- Malattie non tiroidee.
Nell’adenoma TSH secernente il pz è ipertiroideo (gli ormoni agiscono in periferia), mentre nel caso
della Refetoff il pz sarà ipotiroideo (gli ormoni non possono agire in periferia). Nonostante dal punto
di vista biochimico sono identiche, poiché le concentrazioni ormoni TSH e T3-T4 aumentano in
entrambe, saranno estremamente diverse dal punto di vista clinico.
Ipotiroidismo congenito
Si tratta di una forma presente già alla nascita, con una prevalenza variabile in base all’area
geografica di endemia gozzigena. In questo caso è strettamente correlata alla carenza iodica.
L’importanza della funzione degli ormoni tiroidei nello sviluppo neuro-somatico del bambino è di
fondamentale importanza, poiché se non diagnosticato in tempo, si può andare incontro a delle
alterazioni irreversibili soprattutto dal punto di vista neurologico (cretinismo). Per questo motivo si è
arrivati alla necessità dello screening neonatale, valutando al 4-5° giorno di vita il valore di TSH. Se
il test è positivo, la diagnosi viene completata dal dosaggio dell’interno pattern ormonale su sangue
venoso. Se il bambino ipotiroideo screenato non sia più rintracciabile, è obbligo del medico avvisare
i CC per procedere alle ricerche.
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Nelle aree ad endemia gozzigena, la carenza iodica causa una ridotta funzionalità tiroidea sia nella
madre che nel figlio e pertanto l’ipotiroidismo comincia più precocemente con gravi conseguenze
nello sviluppo neurologico di madre e feto. Mentre nei casi sporadici, la secrezione materna riesce a
supplire durante la fase fetale e l’ipotiroidismo si manifesta alla nascita. Oltre al problema
neurologico, qualora non venisse curato l’ipotiroidismo, si assisterà ad un deficit dell’accrescimento
che esiterà in una statura bassa e disarmonica.
La disgenesia,
letteralmente diverso
dal fisiologico, in termini
di posizione o forma, è
la causa più frequente.
Questa può essere
distinta in agenesia,
ovvero la mancanza
totale dell’organo,
emiagenesia, oppure
più frequentemente,
possiamo assistere
all’ectopia linguale. In
quest’ultimo caso, la
bozza embrionale della
tiroide non scende
lungo il canale
tireoglosso, rimanendo localizzata alla base della lingua. La caratteristica principale è che non tutti i
pz sono ipotiroidei sin da subito, poiché il deficit di funzionalità si può estrinsecare in qualsiasi
momento. Per la diagnosi si esegue una scintigrafia, individuando il tessuto iodocaptante, in questo
caso alla base della lingua. Casi rarissimi sono quelli di carcinomi insorti su ectopie linguali.
Caso clinico.
Ricordo, quando venne un’informatrice farmaceutica (quindi un soggetto adulto) con una situazione
di ipotiroidismo quasi subclinico, lei aveva 35 anni. Ho fatto la diagnosi di ectopia con ’ecografia,
perché non vedevo la tiroide all’eco del collo. Teoricamente il metodo più certo è la scintigrafia, che
ti fa vedere dove è localizzato il tessuto iodocaptante. Caratteristicamente, nella paziente in
questione si vedeva un abbozzo della tiroide nell’istmo delle fauci: lei non se n’era accorta perché
non dava fastidio. Lei era stata eutiroidea tutta la vita: quando ormai la sua tiroide non ce la faceva
più, stava cominciando a diventare ipotiroidea e, pian piano, avrebbe avuto uno sviluppo del suo
ipotiroidismo. Il TSH sarebbe aumentato ed avrebbe fatto aumentare di dimensioni la tiroide, che,
con la sua sede, avrebbe dato sintomatologie più gravi quali disfagia e asfissia.
L’Alterazione della biosintesi ormonale è dovuta a mutazioni germinali dei geni che codificano
proteine essenziali per la sintesi degli ormoni. Clinicamente può presentarsi modesto o sub-clinico.
Esempio Sindrome di Pendred, caratterizzata da ipotiroidismo e sordità neurosensoriale. È
causata da un difetto di organificazione della Tg. (test del perclorato, Rugarli pag 1454).
67
L'ipotiroidismo mediato da Ab materni contro il TSHR. questi anticorpo attraverso la placenta e
possono permanere nel circolo neonatale qualche mese dopo il parto. Possono essere sia di tipo
inibente (ipotiroidismo) sia di tipo eccitatorio (ipertiroidismo). Questo è uno dei casi che è
impossibile rilevare allo screening, ma per fortuna piuttosto raro.
Gli affetti da ipotiroidismo centrale TSH è inappropriatamente normale/basso e quindi non viene
individuato con lo screening (leggasi in basso).
Causa di ipotiroidismo congenito di breve durata, può essere dovuto all’assunzione di iodio o di
farmaci antitiroidei da parte della madre (Rugarli).
Ipotiroidismo nell’adulto
Sintomi
La pressione diastolica alta
perché aumentano le
resistenze vascolari.
Diminuzione della
resistenza al freddo per
diminuita termoregolazione.
La voce rauca è dovuta al
mixedema.
Segni
La lentezza nei movimenti
viene rilevata facendo
spogliare il paziente.
Bradilalia, vuol dire parlare
lentamente.
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Nello Score Zulawski, ogni segno e sintomo ha un valore. Se ne prendono 6-7 tra quelli più
specifici, si fa la somma e tanto più alto è questo score, tanto maggiore è la probabilità che il
paziente sia ipotiroideo.
Terapia si effettua mediante somministrazione di tiroxina per sondino naso-gastrico o endovena.
Fondamentale che essa sia accompagnata da terapia di supporto con liquidi ipertonici, correzione
dell’ipoglicemia, somministrazione di cortisone e di antibiotici a largo spettro.
Mortalità è del 4-50% e dipende molto dal trattamento e dalle malattie concomitanti.
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Caso clinico
il primo che vidi fu da appena laureato, nel 1980 alla guardia medica; la figlia della paziente mi
chiamo perchè la mamma stava male, aveva il comodino pieno zeppo di farmaci
ipocolesterolemizzanti (il medico di base le provava tutte per farle abbassare la colesterolemia).
Questo perché l’ipercolesterolemia è una conseguenza dell’ipotiroidismo. Appena spostai il
lenzuolino, subito mi colpì la facies, che mi fece pensare al fatto che fosse ipotiroidea. Chiesi alla
figlia: ha mai sofferto di tiroide: la figlia disse no –probabilmente non lo sapeva-. La signora aveva
una cicatrice al collo, era probabilmente stata operata alla tiroide. La donna aveva una voce rauca
ed era soporosa, risposte che era stata operata ai tempi di Mussolini. Lei probabilmente subì un
intervento di tiroidectomia subtotale: la sua povera tiroide ce l’ha fatta fino ad un certo punto e poi
ovviamente, senza terapia ormonale, non ce l’ha fatta più, e l’ipotiroidismo andò via via
peggiorando.
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Tireotossicosi
Sono patologie caratterizzate da un eccesso di ormoni tiroidei in circolo. Queste possono essere
distinte in tireotossicosi causate da iperfunzione ghiandolare (ipertiroidismo) e senza
iperfunzionalità ghiandolare. Gli ipertiroidismi a loro volta possono essere divisi in primitivi e
secondari (tiroide normale ma bersaglio di una iperstimolazione da parte del TSH) o extratiroidei
(produzione ectopica di ormoni). La tireotossicosi può anche essere dovuta ad un eccesso di
terapia (tireotossicosi iatrogena) o anche ad una tiroidite che causa la lisi delle cellule follicolari con
rilascio massivo di ormoni (Tiroidite di De Quervain).
Cause:
Aumentata produzione di ormoni tiroidei:
- Morbo di Basedow. Forma in assoluto più frequente. Causa autoimmunitaria (Ab
anti-TSHR di tipo stimolante). La famiglia di Anticorpi (Ab) è quella dei TRAB
(TireoTropinAntiBody) divisi in:
- TSab stimolatori;
- TBab inibitori.
- Gozzo multinodulare tossico (fra le più frequenti);
- Adenoma tossico (Morbo di Plummer, tra le tireotossicosi più frequenti. Si intende il
classico nodulo sganciato dal controllo del TSH. Man mano il TSH si sopprime, alla
scintigrafia scompare il parenchima e rimane solo il nodulo;
- Adenoma ipofisario TSH secernente;
Aumentata liberazione di ormoni tiroidei:
- Tiroidite linfocitaria;
- Tiroidite Postpartum;
- Tiroidite Subacuta Dolente (tra le cause più frequenti);
Iatrogena
- Factizia. Il termine è presente in molte patologie e vuol dire finto, poiché spesso dovuto a
manifestazioni psichiatriche o isteriche. In queste il pz attira l’attenzione di familiari e parenti
auto provocandosi una patologia. Il pz prende ormoni tiroidei e non lo dice. Esiste anche
l’ipoglicemia fattizia, dove i pz usano insulina senza dirlo e stanno male attirando le
attenzioni della famiglia. La differenza dalla iatrogena sta nel fatto che il medico non è a
conoscenza dell’utilizzo del farmaco.;
- Jod-basedow;
- Da Amiodarone;
71
Endocrinologia - Lezione 9
Tra i sintomi elencati, a proposito del dimagrimento, i pz di questo sono felici perché mangiano tanto
senza ingrassare. Esiste però, circa il 2% dei casi, un particolare tipo di Basedow dove i pz invece
di dimagrire ingrassano perché la patologia li fa mangiare di più di quello che riescono a smaltire
(Basedow grasso). Ovviamente quando l’ipertiroidismo viene compensato, il pz ingrassa perché è
come se si togliesse il piede dall’acceleratore del metabolismo.
IMPORTANTE: all’aumentare degli ormoni tiroidei circolanti, qualunque sia la causa, si sopprime il
rilascio di TSH a causa del meccanismo di feedback negativo.
Malattia di Graves-Basedow
(gozzo tossico diffuso o ipertiroidismo primitivo autoimmune)
È la forma più frequente di ipertiroidismo, circa 50-80% dei casi, ed ha una prevalenza dello 0,5%
nella popolazione generale, seppure con qualche variabilità regionale. Predilige per lo più il sesso
femminile con un rapporto M/F di 1:10. Può colpire a qualsiasi età, ma il picco è nelle donne in età
fertile tra i 20 ed i 40 anni. La patologia è conosciuta in Europa come Malattia di Basedow mentre
nei paesi anglosassoni come Malattia di Graves. La patologia è caratterizzata da un incremento
nella sintesi degli ormoni tiroidei da parte della tiroide, la quale appare aumentata di volume in toto
a causa della presenza di anticorpi in grado di stimolarne la crescita e la funzione cellulare,
attraverso l’attivazione incontrollata del recettore (TSAb Tireotropin Stimulating Antibodies).
La diagnosi si fa classicamente attraverso la triade sintomatologica (non necessariamente presente
nel 100% dei pz):
- Gozzo diffuso tossico, tiroide aumentata di volume in toto con grandezza modesta.
Quando raggiunge dimensioni ragguardevoli è possibile anche auscultare un soffio
dovuto all’aumento della vascolarizzazione;
- Oftalmopatia basedowiana (20-30%) oggi non si usa basedowiana ma
esoftalmopatia tiroide correlata. Non è tanto il Basedow quando l’autoimmunità che si
associa a questo problema, quindi può essere presente anche in altre patologie a
patogenesi autoimmune. È da sottolineare come utilizzando degli esami strumentali,
la percentuale di pz in cui essa viene rilevata sale al 50-60%;
- Ipertiroidismo: aumento fT3, fT4 e soppressione del TSH.
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La patologia rappresenta uno dei due estremi dello spettro di presentazione delle Tireopatie
autoimmuni (all’altro estremo si trova la Hashimoto). È possibile che nello stesso pz vi sia una
transizione da un estremo all’altro a seconda del comportamento della risposta autoimmunitaria. La
coesistenza di risposte diverse e della produzione di classi separate di autoanticorpi con proprietà
biologiche diverse rappresenta il substrato immunologico delle diverse espressioni anatomocliniche
delle tireopatie autoimmuni.
Gli anticorpi più coinvolti nella patologia sono quelli anti recettore del TSH. Sono degli anticorpi
tireostimolanti che legandosi alla porzione amminica del recettore, attivano tutta la cascata del
segnale che porta poi alla sintesi ed al rilascio degli ormoni e all’iperplasia ed ipertrofia delle cellule
tiroidee.
Un meccanismo autoimmune sta anche alla base dello sviluppo dell’oftalmopatia tiroide correlata. I
linfociti T diretti contro il TSHR riconoscerebbero lo stesso antigene espresso sulla superficie dei
fibroblasti orbitali in via di differenziazione ad adipociti. Questo legame innescherebbe un processo
infiammatorio autoimmune con liberazione di citochine, che stimolano i fibroblasti a produrre GAG
(glicosaminoglicani) che si accumulerebbero con effetto massa nei muscoli e nei tessuti retrorbitali.
Si pensa che i TSAb possano svolgere un ruolo di innesco ma ancora non è sicuro. (Rugarli)
73
velocemente lo rilascia. Questo esame ci aiuta tantissimo per la diagnosi differenziale. Scintigrafia
mostra una tiroide diffusamente aumentata.
74
Terapia dell’oftalmopatia è cortisonica a
scopo immunosoppressivo perché
l’eziopatogenesi è autoimmune mentre
quando il quadro è grave si ricorre ad
interventi di decompressione orbitaria (anche
per via transcranica).
La prima cosa da dire al pz è di smettere di
fumare. Il fumo in generale è un fattore di
rischio per tutte le patologia autoimmuni. La
patologia una volta prevalentemente il sesso
maschile mentre al giorno d’oggi colpisce di
più le donne perché fumano più degli uomini
e sono anche più restie a smettere.
L’oftalmopatia rappresenta anche un
problema dal punto di vista estetico, dato che
il pz prova vergogna a farsi vedere in quel
modo, ma nonostante tutto, difficilmente smette di fumare.
La radioterapia esterna, con azione linfocitolitica serve a contrastare l’azione autoimmunitaria,
causa dell’oftalmopatia.
75
Da questo momento la terapia è uguale per le varie tireotossicosi, ma la riporto qui per completare il
discorso.
Lo iodio radioattivo può essere utilizzato come prima scelta (lo è negli USA) o in caso di:
- Allergia ai farmaci antitioridei;
- Scarsa collaborazione del paziente (spesso manca la compliance, succede che
questi pz stanno male si da l’antitiroideo, stanno bene e pensano di essere guariti,
sospendono e poi stanno nuovamente male);
- Costanti recidive di ipertiroidismo;
- Controindicazioni alla chirurgia.
Le controindicazioni:
- Età inferiore a 5 anni;
- Gravidanza e allattamento;
- Noduli sospetti
- Voluminoso gozzo con segni di compressione.
Terapia chirurgica ha come vantaggio quello di risolvere immediatamente l’ipertiroidismo. Per
essere efficace devono essere rimossi almeno 9/10 di tiroide. Un effetto collaterale può essere
l’ipocalcemia da ipoparatiroidismo postchiurgico che può essere funzionale (transitorio) o
permanente.
Il problema del Basedow è che ha degli alti e dei bassi, come in tutte le malattie autoimmuni ed è
fastidioso da trattare perché bisogna trovare il giusto dosaggio ormonale, ovvero, fare numerosi
controlli per cambiare la terapia di volta in volta. Fin dal primo giorno bisogna dire al pz che c’è la
possibilità di una terapia definitiva ed il pz potrebbe decidere di eliminare il problema con la
chirurgia invece che fare questa via crucis (controlli abbastanza frequenti).
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Noduli tiroidei
Gozzo Multinodulare e Adenoma tossico (Malattia di Plummer)
Quando vediamo dei noduli
con ipertiroidismo è una delle
poche situazione in cui siamo
costretti a ricorre alla
scintigrafia per identificare la
presenza di un unico nodulo
caldo o di un plurinodulare
tossico (alternanza di noduli
caldi e freddi). Anche qui
avremo fT3, fT4 alti, TSH
basso. Gli anticorpi sono neg
perché l’eziopatogenesi non è
autoimmunitaria. In questo
caso c’è una mutazione
costitutiva del recettore del
TSH che essendo
costitutivamente attivato porta
alla attivazione continua del recettore.
Nella terapia vengono utilizzati i due farmaci
che bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei:
metimazolo (in commercio in Italia) e il
propiltiouracile (non è in commercio in italia)
che serve a ridurre la conversione di T4 in T3.
Viene utilizzato nella donna in gravidanza
durante il primo trimestre per i minori effetti
collaterali o in caso di allergie al metimazolo.
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Tireotossicosi iatrogena o factizia
La differenza tra le altre e la iatrogena o
fattizia si vede tramite la Tg bassa
(l’unico spazio dove questa trova valore
dal punto di vista diagnostico in pz che
hanno la tiroide). Ci serve dosarla
quando ci sono gli anticorpi negativi. Nel
caso della fattizia è bassa il pz perché
prende ormoni dall’esterno e quindi si
blocca il TSH (e quindi la tg è
bassissima).
La scintigrafia non è eseguibile perché
il TSH è soppresso e quindi la tiroide
non capta lo iodio. Nel caso del
Basedow la captazione dello iodio è
veloce nonostante il TSH è soppresso
perché ci sono gli anticorpi che
simulazione l’azione del TSH e quindi la ghiandola capta lo stesso.
Una captazione alta fa pensare al morbo di Basedow. La captazione bassa fa pensare alla factizia o
ad una tiroidite (dove l’aumento degli ormoni tiroidei è dovuto alla lisi cellulare e comunque sempre
il TSH è soppresso).
Ecografia: tiroide normovascolarizzata.
Tiroiditi.
Vuol dire infiammazione della tiroide. Possiamo utilizzare vari criteri come quello eziologico o di
frequenza. Le forme più frequenti sono:
- Tiroidite subacuta dolente (de Quervain);
- Tiroidite subacuta silente (post-partum) presente comunque anche negli uomini;
- Tiroidite cronica linfocitaria (Hashimoto), la più frequente in assoluto.
Le forme rarissime sono:
- Tiroidite acuta suppurativa (si forma un ascesso nella tiroide, molto ma molto rara);
- Tiroidite fibrosa o lignea (di Riedel).
Le forme batterica è più facile nella suppurativa, mentre la causa più frequente della dolente sono i
virus. Nel caso della silente autoimmunitaria sappiamo che il sistema immunitario durante la
gravidanza è minore e poi aumenta rapidamente nel post partum. Nella linfocitaria l’eziopatogenesi
è anche essa immunitaria. La tiroidite fibrosa di Riedel ha eziologia sconosciuta.
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Tiroidite subacuta dolente
L’eziologia fa capire perché le tiroiditi subacute si
manifestano di più in periodi ben precisi, la maggior
parte si vedono da luglio agosto, perché sono dovute
a dei gastroentero virus.
Queste sono rare perché la tiroide per sua fortuna è
una ghiandola ben protetta.
È difficile che l’agente eziologico si vada ad insinuare
nella tiroide. Il problema è che una volta che entra è
molto difficile fermarlo e far passare una tiroidite
richiede anche mesi. Appena si riduce la terapia si ha
la recidiva.
Clinica
Si capisce che quel pz ha la tiroidite anche
dal punto di vista clinico perché il pz arriva
disfatto (possibilmente il medico di medicina
generale ha dato aspirina ma non passa) e
riferisce ingrossamento della tiroide, dolore
che si irradia alla mandibola ed orecchio sia
spontaneo che evocato, febbre, disfagia ecc.
Quindi in generale una manifestazione
infiammatoria (tumor, rubor, calor, dolor). La
sintomatologia è molto ma molto importante
e a volte i pz cambiano anche personalità talmente stanno male, poi con la terapia migliora.
Il dolore si dice migrante perché dopo la somministrazione di cortisone il dolore si sposta.
La tireotossicosi da tiroidite non può essere mai cronica perché prima o poi se la tiroidite dovesse
continuare all’infinito, il meccanismo cronico di citolisi distruggerebbe tutto il parenchima tiroideo e
quindi non ci sarebbero più ormoni. Spesso le tiroiditi vanno in tireotossicosi, poi vanno in
eutiroidismo, poi possono andare anche in ipotiroidismo. Generalmente, da questa ultima fase di
ipotiroidismo, il 95% recupera poi la funzione, il 5% rimane in ipotiroidismo. Questa è la storia
naturale delle tiroiditi subacute.
Terapia
Per il dolore si utilizzano cortisonici e fans. Gli antitiroidei sono
inutili perché l’eziopatogenesi non è da aumentata sintesi ma da
aumentata liberazione. Sono molto utili i beta bloccanti perché nella
fase tireotossica si aggiungono anche i sintomi dell’ipertiroidismo.
Il cortisone, nonostante sia una patologia virale, si da perché: se
non ce la fai con i cortisonici figurati con i FANS. Se è una forma
lieve possiamo utilizzare i FANS ma se è la forma grave neanche i
cortisonici ce la fanno. Gli antivirali non fanno niente.
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Tiroidite Acuta Suppurativa
È una patologia molto rara caratterizzata dalla
formazione di un ascesso purulento legato
prevalentemente a batteri. Si manifesta con
dolore e febbre (sintomi tipici della flogosi).
La terapia è basata su antibiotici, drenaggio del materiale purulento fatto con una siringa bella
grossa e utilizzo di FANS.
Tiroiditi croniche
sono le più frequenti in assoluto:
- Tiroidite asintomatica;
- Tiroiditi di Hashimoto;
- Mixedema Idiopatico.
Queste tiroiditi possono durare anche tutta la vita senza dare alterazioni strutturali o funzionali
(tiroiditi asintomatiche). Gli Ab della Hashimoto possono comunque fare danno che porta
frequentemente all’ipotiroidismo da danno funzionale. La causa più frequente di ipotiroidismo è
questa soprattutto nelle donne post menopausa.
Gli anticorpi che possiamo andare a titolare come marker di laboratorio quando sospettiamo una
tiroidite cronica autoimmune:
- Anti-microsomi tiroidei (AAM) o Anti-tireoperossidasi (ANTI-TPO);
- Anti-tireoglobulina (AAT);
- Anti-recettore del TSH (TRAb = Thyrotropin receptor antibodies):
- Stimolanti (TSAb);
- Bloccanti (TBAb).
Dal punto di vista clinico quelli che hanno più importanza sull'evoluzione della disfunzione tiroidea
verso l’ipo- o l’iper- tiroidismo sono rappresentati dai TRAb.
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Subacuta silente (post-partum)
Una donna ha più possibilità di sviluppare una tiroidite post partum se ci sono determinati fattori di
rischio quali:
- Familiarità per ATD (malattie tiroidee autoimmuni);
- Presenza di TPOAb prima della gravidanza;
- Precedente episodio di tiroidite post-partum;
- Diabete tipo 1;
- Altre patologie autoimmuni;
- Progresso aborto;
- Fumo;
- Allattamento artificiale.
Se asintomatica: Attenzione!!! Questo è un punto critico: la maggior parte dei pazienti che arrivano
alla vostra osservazione saranno pazienti con tiroidite cronica autoimmune asintomatica, dove la
parola asintomatica dice tutto. I pazienti arrivano all’osservazione del medico molto allarmati perché
hanno gli anticorpi anti-tiroide, ma valutando la funzionalità tiroidea questa risulta perfettamente
funzionale. Il paziente è eutiroideo con valori FT3, FT4 e TSH normali. Non hanno alterazioni
ecografiche se non il quadro classico tipico delle tiroiditi.
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Questi pazienti vanno monitorati, non vanno trattati. Pazienti arrivano allarmati e con terapie
inopportune date dai medici curanti o specialisti che danno la tiroxina con l'obiettivo di prevenire o
curare. La tiroxina non va utilizzata! Così come non vanno utilizzati FANS o cortisonici per evitare
gli effetti collaterali.
La fascia di pazienti asintomatici è la più ricca della popolazione. Se andassimo a cercare gli
anticorpi antitiroide nella popolazione soprattutto nel sesso femminile siamo intorno al 15-20%.
Questo vuol dire che 1:5 ragazze ha gli anticorpi anti-tiroide positivi senza saperlo. Questo è meno
frequente nel sesso maschile siamo intorno al 5%. La stragrande maggioranza di questo 5% e 20%,
decorre in maniera asintomatica.
Il fatto che i pazienti siano asintomatici in un determinato momento non vuol dire che questi lo
resteranno per tutta la loro vita. Ci può essere un’evoluzione verso l’ipertiroidismo, più spesso verso
l’ipotiroidismo quindi il follow-up è necessario, così come si raccomanda, dato che c’è una certa
suscettibilità genetica di fare uno screening sugli altri elementi della famiglia. Inoltre si deve
indagare nello stesso soggetto sulla presenza di altre eventuali patologie su base autoimmunitaria
siano esse di tipo endocrino o non endocrino. Ovviamente spesso e volentieri la malattia può
trovarsi come unica manifestazione dell’autoimmunità.
Il semplice monitoraggio dei pazienti asintomatici è un concetto importante perché è uno degli
errori più frequenti della pratica clinica quotidiana.
Caso clinico
E.O: Altezza 165 cm, Peso 68kg, P.A. 150/70. Cute leggermente sudata, fini tremori alle mani,
lieve retrazione palpebrale. F.C. 120 bpm.
82
quindi possiamo escludere l’adenoma tossico! Non è così perché abbiamo detto che sono palpabili
solo nel 5% dei casi ma sono presenti nel 30%, bisogna aspettare la conferma ecografica.
Richiediamo e sami di laboratorio. Esami da richiedere: TSH, FT3, FT4, anticorpi.Quali anticorpi?
Per fare un esempio nel morbo di Basedow gli anticorpi anti-tireoglobulina sono presenti nel 40%
dei casi, gli anticorpi anti-tireoperossidasi intorno al 60%-70%, i TRAb intorno al 90%- 95%. Vedete
come la probabilità varia quindi si vanno a dosare prima i TRAb, poi gli anti-TPO, poi AAT.
Qualcuno farebbe altri esami? La tireoglobulina la fareste? Nessuno vuole farla, il prof è d’accordo
perché è troppo aspecifica, non va fatta in questa fase. Paradossalmente poteva essere utile se era
bassissima nel caso di tireotossicosi factizia/iatrogena.
- FT3: 14,6 pg/ml (vn: 2,7 - 5,7);
- FT4: 27,4 pg/ml (v.n. 7 - 17);
- TSH: <0,06 U/L (v.n. 0,3 – 3,4);
Richiediamo E coColor-Doppler perché nel Basedow c’è l’inferno tiroideo, quindi una
vascolarizzazione imponente, se è una tiroidite la vascolarizzazione è normale o addirittura scarsa
così come lo è nella tireotossicosi factizia.
Ecografia tiroidea:
- Volume aumentato (34 ml);
- ecostruttura ipoecogena e disomogenea;
- Intensa vascolarizzazione;
- Non noduli distinti.
83
Si inizia una quindi terapia con gli anti-tiroidei, si fa il follow-up aggiustando la terapia in base ai
risultati. Si controlla il paziente dopo un anno la terapia medica può funzionare nel 30% dei casi ma
nel 70% avrò una recidiva. Focus sulla terapia con radioiodio: Negli anni ‘80 il maestro del prof non
voleva che si trattassero con il radioiodio i pazienti sotto i 50 anni, cioè soggetti giovani. Le evidenze
in letteratura erano molto scarse quindi si preferiva non farla nei giovani. Questa soglia dei 50 anni
si è abbassata sempre di più. Se leggiamo le ultime linee guida americane questo cut-off è stato
portato a 5 anni. Generalmente in età pediatrica non si usa il radioiodio (teoricamente in casi
eccezionali potrebbe anche essere usata ad esempio se ci sono controindicazioni alla chirurgia).
Sicuramente il radioiodio non verrà usato come terapia di scelta nel giovane perché si è più
radiosensibili in tenere età quindi si rischia l’insorgenza di eventuali secondi tumori o altri problemi.
Negli anziani questo rischio si riduce al minimo. Quindi il radioiodio è sicuramente indicato negli
anziani, in assenza di noduli sospetti. La signora di 37 anni che non aveva noduli, poteva anche
essere un’ottima candidata, in caso di fallimento della terapia medica, alla terapia con radioiodio.
Non si dovrebbe dare il radioiodio durante la gravidanza o l’allattamento perché questo avrebbe
effetti anche sulla tiroide del feto o del neonato.
L’indicazione alla tiroidectomia viene posta nel caso in cui il paziente è un bambino o se c’è un
gozzo multinodulare di grandi dimensioni che dà sintomi da compressione. La chirurgia è indicata in
caso di gravidanza o noduli sospetti. Vediamo le controindicazioni che sono le stesse di quelle della
chirurgia. Per quanto riguarda la grandezza della tiroide prima si era detto che la terapia con il
radioiodio faceva sì che il volume della tiroide diminuisce man mano durante la terapia. In questo
caso i pazienti inoperabili o che non si vogliono operare per loro scelta e che hanno un grosso
gozzo con sintomi da compressione possono trarre beneficio dal trattamento con il radioiodio.
Bisogna valutare attentamente insieme al paziente i pro e i contro di entrambe le tecniche e
decidere quale sia quella più vantaggiosa da utilizzare nel caso specifico
Potenziali complicanze del trattamento con radioiodio, con particolare attenzione a quelle renali
dato che l’eliminazione di questo avviene soprattutto attraverso il rene:
Molti si domandano quali siano le complicanze soprattutto neoplastiche di questo trattamento,
poiché abbiamo detto che negli USA hanno già studi di terza generazione, in quanto gli studi sono
iniziati negli anni 40, fino ad ora non ci sono evidenze in letteratura (parlo di linee guida, perché
alcuni lavori sporadici non vengono considerati come reale riscontro scientifico) di grossi effetti
collaterali sia a livello renale che di altra natura, quindi è una terapia che fino ad oggi viene
considerata sicura.
Perché la terapia con radioiodio non si utilizzi nei gozzi voluminosi? Qualora ci sia un gozzo di
grandi dimensioni, mettiamo caso sia un gozzo plurinodulare, la terapia con radioiodio è più
rischiosa perché non si è sicuri della percentuale di recidive che potrebbero insorgere, quindi,
tra le due terapie, si preferisce fare una tiroidectomia perché è una soluzione definitiva; se
però il paziente ha 80 anni e non si vuole operare oppure ha delle controindicazioni, si può provare
la terapia con radioiodio che in questo caso è di seconda scelta.
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Tumori della tiroide.
Epidemiologicamente è un problema che ci riguarda molto vivendo vicino ad un vulcano. In
generale circa il 5% dei noduli clinicamente manifesti possono andare incontro a degenerazione
neoplastica.
L’incidenza annua nella popolazione mondiale è di 2/100mila uomini e 3/100mila donne (si parla di
popolazione mondiale dato che nelle nostre zone l’incidenza è molto più elevata).
Il carcinoma tiroideo viene classificato a seconda della sua origine istologica e del suo
differenziamento in:
- Carcinoma che deriva dalle cellule follicolari:
- 80% papilifero;
- 11% follicolare;
- 3% a cellule di Hurtle;
- Carcinoma che deriva dalle cellule parafollicolari:
- 4% midollare (che deriva dalle cellule parafollicolari o cellule C);
- Carcinoma indifferenziato:
- 2% anaplastico, scarsamente differenziato, molto raro per fortuna perché
è un carcinoma devastante e con una prognosi pessima. Al contrario degli
altri dove si può vivere anche per decenni, qui si vive massimo per 6 mesi-
1 anno. Nell’essere indifferenziato ha una crescita esagerata e molto
veloce e si può morire addirittura per compressione della trachea e quindi
asfissia. Colpisce soprattutto gli anziani.
Fattori di rischio
I fattori genetici sono importanti soprattutto nel midollare, ma un minimo rischio c’è anche per quelli
follicolare e papillifero.
I fattori ambientali sono fondamentali:
- Radiazioni, basti pensare a Chernobyl dove dati riportano circa 4000 casi di tumori
alla tiroide in soggetti da 0 a 18 anni dopo l’incidente. La maggior parte comunque
con prognosi favorevole (al 2002 si contavano 15 morti);
- Carenza iodica (follicolare ed anaplastico);
- Altro (nutrizionali, ormoni sessuali, inquinamento, ambiente vulcanico).
Secondo dati del 2002: In Islanda 8/100 mila, in Giappone 9.3, In sicilia 13,4 su centomila abitanti.
La nostra regione è l’unica che ha fatto il registro dei tumori tiroidei (facendolo anche molto bene)
con una netta e maggiore incidenza nelle donne (sono più frequenti i noduli). Quando sono andati a
scannerizzare provincia per provincia ne è emerso che erano tutti a Catania praticamente.
Quando è stato fatto lo studio, uscì fuori che alcuni ricercatori avevano trovato una maggiore
incidenza di tumori tiroidei a Catania.
L’ambiente vulcanico o meglio le acque di origine vulcanica (radon, vanadio ecc). Questa
comunque è una ipotesi, mentre sul giornale era uscito che era proprio questa a fare venire i tumori.
Il prof ha preso topi nei quali hanno inoculato queste sostanze sospette ed alcuni topini è venuto il
tumore della tiroide.
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Follow up del carcinoma differenziato della tiroide. PUNTO IMPORTANTE.
Il prof chiede: il pz è stato operato e il chirurgo lo manda dal clinico perché ha trovato carcinoma. Gli
elementi più importanti da seguire nel pz sono:
- Dosaggio della Tg (se è 0
siamo tranquilli, se alta o è
un residuo o ci sono delle
metastasi);
- Scintigrafia totale corporea
con I131 (total body). Questa
si utilizza per cercare le
metastasi, che qualora
saranno presenti vengono
indicate come aree altamente
captanti (occhio nelle foto a
quelli che sono i punti di
repere);
- Ecografia del collo
(il papillifero coinvolge i
linfonodi del collo mentre il
follicolare metastatizza per via ematica quindi è più facile che si ritrovi al polmone o nelle ossa).
Sospetto metastasi:
- Collo (ecografia del collo). Se il linfonodo è sede di metastasi apparirà più
rotondeggiante, perde l’ilo (quindi perde la stria iperecogena) e può andare in
colliquazione. Occhio a saperlo riconoscere;
- Mediastino (TC spirale). A causa della presenza dello sterno i linfonodi non sono
visibili con l’eco;
- A distanza:
- Polmoni: scintigrafia, TC spirale;
- Ossa: scintigrafia, RMN;
- Cervello: TC
Prevalenza di recidive
Benché la prognosi del carcinoma differenziato della tiroide sia complessivamente favorevole, le
recidive (più frequenti nei primi 5 anni) possono comparire anche tardivamente (circa il 30% in
generale). È noto infatti che lo 0,5 - 0,6% dei pazienti possono recidivare anche dopo tempi medi di
12- 15 anni dal momento in cui sono stati considerati guariti. Il follow up dei pazienti deve durare
per tutta la vita!
La sopravvivenza libera da malattia nel carcinoma differenziato della tiroide è circa 90% a 10 anni.
Il 5-20% di tali casi presenta persistenza di malattia o sviluppa recidive locali o regionali.
Il 10% manifesta metastasi a distanza nel tempo.
Il 5% decede a causa della malattia.
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Endocrinologia - Lezione 10
Per ulteriori approfondimenti si consiglia la visione dei relativi argomenti dagli Appunti di chirurgia
del prof.Veroux (lezioni su MEN e patologie delle paratiroidi).
Carcinoma midollare tiroideo (CMT)
Tumore maligno con evidenza di differenziazione a cellule C (WHO). La calcitonina è il marker più
importante insieme al CEA (che non ha nessuna utilità nel carcinoma a derivazione follicolare). La
calcitonina è utile anche nella diagnosi preoperatoria, infatti si diagnostica il carcinoma midollare
perché in presenza di noduli della tiroide ci troviamo di fronte a livelli di calcitonina elevati.
Ricordiamo che questo rappresenta il 4-5% di tutti i tumori della tiroide, quindi è abbastanza raro, ed
ha un’incidenza molto bassa 1-2/milione di abitanti anno. Il rapporto F/M è di 1,5:1. Rispetto a quello
follicolare, questo ha una spiccata tendenza all’ereditarietà (circa il 20% dei casi), è quindi
estremamente importante essere certi che l’individuo non abbia anche una componente di
familiarità che va valutata.
Sospetto clinico
- Spesso, ma non in assoluto, si localizza nel terzo superiore e nel terzo medio dove
c’è maggiore concentrazioni di cellule C;
- Può essere dolente;
- Spesso siccome metastatizza per via linfatica (anche ematica) ci troviamo di fronte a
linfoadenopatie loco-regionali;
- A causa della calcitonina e di altri mediatori ci possono essere flushing cutanei e
diarrea;
- Familiare nel 20% dei casi.
Test genetico
Se si individua un carcinoma midollare la prima cosa da capire è se sia sporadico o familiare. Il test
genetico indirizza verso le decisioni terapeutiche e permette di individuare le forme familiari
erroneamente classificate come sporadiche. Evita il rischio di ulteriori indagini ai familiari, se infatti
notiamo una mutazione del gene RET (responsabile del carcinoma midollare) si devono screenare
gli altri familiari, poiché sono portatori di mutazioni e quindi a rischio, mentre se è negativo è una
forma sporadica che colpisce solo l’individuo. Il test genetico inoltre allarga lo screening alle altre
patologie associate.
Considerando la totalità dei carcinomi midollari vediamo come l’80% sporadico e il 20% sia
familiare. Di questo 20% bisogna stare attenti perché questo può entrare nell’ambito delle MEN
(Multi Endocrine Neoplasie):
- FMTC (10%), semplice carcinoma midollare familiare;
- MEN 2A (65%) sono associati:
- carcinoma midollare tiroideo;
- feocromocitoma;
- Adenoma paratiroideo:
- MEN 2B (25%):
- Neurinomi;
- Habitus marfanoide (dismorfismi)
Nel MEN 2B non è presente l’adenoma paratiroideo ed ha una prognosi più cattiva.
L’argomento è stato trattato approfonditamente negli Appunti di chirurgia del prof Veroux.
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Per quanto riguarda la ricerca di
metastasi è molto simile a quanto
visto per il carcinoma follicolare. In
questo caso però per quanto
riguarda le metastasi a distanza,
unica differenza è il fegato (che nel
caso del follicolare è rarissimo,
mentre il midollare è molto facile
che vada al fegato).
Terapia
Quando ci troviamo di fronte ad un carcinoma midollare la terapia di scelta è chirurgica
(tiroidectomia totale). Siccome spesso sono coinvolti i linfonodi (Il compartimento centrale e
laterale del collo sono metastatizzati con uguale frequenza: 75%) soprattutto nelle forme
sporadiche, si fa spesso anche la dissezione dei linfonodi al comparto centrale e anche laterale.
È ancora più importante dell’altro tumore la completezza del quadro chirurgico.
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La menina (proteina prodotta dal gene MEN 1) è un'altra valutazione genetica che si fa per dire che
il pz ha la MEN2 (il prof non ha approfondito molto la cosa, secondo internet comunque è presente
nel caso di MEN1 e non 2).
Quando si diagnostica un carcinoma midollare e non si pensa ad una possibile MEN 2A, se si opera
il pz senza sapere se ha un feocromocitoma (non diagnosticato) esso potrebbe anche morire per
una potenziale crisi ipertensiva grave. Prima di operare quindi si deve escludere la MEN. Se si fa
diagnosi, prima si opera per il feocromocitoma e poi per la tiroide.
Una volta al prof è capitato che un ambulatorio sono arrivate due donne, madre e figlia vestite a
lutto. Avevano tutte e due noduli e calcitonina elevata. L’orientamento per un carcinoma midollare
era alto. Il prof ha chiesto come mai fossero a lutto, le donne risposero che era morta l’altra figlia
all’ospedale durante il parto. Al prof si accende la lampadina e capisce che la figlia è morta per un
feocromocitoma non diagnosticato e quindi per una crisi ipertensiva (ovviamente poi si è scoperto
che le donne avessero la MEN 2A).
Paratiroidi
Anatomia
Sono 4 (raramente 6) ghiandole disposte postero-lateralmente alla capsula della tiroide. La
vascolarizzazione è molto importante per quanto riguarda la patologia della ghiandola, sono irrorate
dalle arterie paratiroidee inferiori e superiori, rami dell’arteria tiroidea inferiore.
Il PTH è formato da 84 aa. La parte attiva è quella costituita dai primi 34 della porzione ammino
terminale. Il PTH ha numerosi organi bersaglio, ed ha azione sul metabolismo del calcio e del
fosforo con azione ipercalcemizzante e ipofosforemizzante, agendo su:
- Osso attivando il riassorbimento osseo, spostando il calcio dall’osso al sangue;
- Rene aumenta il riassorbimento del calcio e favorisce la seconda idrossilazione della
vitamina D in posizione 25. Aumenta l’escrezione di fosfato;
- Intestino, agendo in maniera indiretta aumentando l’azione della vitamina D.
Sul rene e sull’osso agisce in maniera diretta mentre sull’intestino in maniera indiretta.
I livelli di calcio nel sangue sono mantenuti tramite il PTH. Potenzialmente la calcitonina è il contro
ormone ma non ce la fa completamente a competere. È per questo che il pz senza tiroide, senza
calcitonina, mantiene la calcemia normale, a dimostrazione che prevalenteme i livelli di calcio sono
regolati da PTH. Eccessiva calcemia tende ad inibire PTH, mentre bassa calcemia tende ad
aumentare la secrezione (Meccanismo di controregolazione).
Il calcio totale nel nostro corpo (quello che si dosa in laboratorio) è costituito da:
- Calcio ionizzato 45% (agisce a livello metabolico);
- Calcio complessato a sali e proteine 55%.
Quando valutiamo la calcemia compresa tra 8,6-10,4 mg/dl dobbiamo ricordare che:
- Massima parte è legata all’albumina 45%;
- Citrato e fosfato 10%;
- Libero ionizzato 45%.
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Se noi vogliamo sapere effettivamente qual è la parte ionizzata del calcio, o la calcoliamo in
laboratorio, ma il calcolo è difficile e da molti falsi negativi, oppure dobbiamo applicare una formula:
Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl).
Viene valutata l’albumina perché essa modifica i livelli del calcio, infatti in caso di ipoalbuminemia i
livelli rilevati nella calcemia totale saranno più bassi rispetto al valore reale (soprattutto del calcio
ionizzato).
Esiste anche un rapporto tra valore di pH e livelli di calcio, infatti 0,1 di aumento del pH equivale a
0,2 mg/dl di aumento del calcio legato.
Ipercalcemia
Le cause più frequenti di ipercalcemia sono:
- Iperparatiroidismo primario;
- Neoplasie maligna (Ca mammario, renale, polmonare, neoplasie ematologiche)
Queste due cause rappresentano il 90% dei casi di ipercalcemia.
Iperparatiroidismo primitivo:
- Adenoma (85%);
- Iperplasia (14%);
- Carcinoma (1%) sia esso sporadico o familiare.
Nota: Solo il 10% dei casi di iperparatiroidismo ha spiccata familiarità ed è importante pensarci
perché potremmo trovarci di fronte ad una MEN. Si possono anche avere delle forme associate a
tumori della mandibola.
Iperparatiroidismo secondario:
- Ipovitaminosi D. A volte può succedere che il PTH possa essere elevato per
ipovitaminosi D (che abbiamo tutti o quasi -prof) quindi non riusciamo ad assorbire il
calcio a livello intestinale e la calcemia tende ad abbassarsi e quindi PTH ad alzarsi;
- Insufficienza renale. I pz nefropatici (dializzati) hanno problemi anche
nell’eliminazione del fosforo (iperfosforemia). Se aumenta il fosforo questo lega il
calcio ionizzato e forma fosfato di calcio e quindi diminuendo il calcio ionizzato
aumenta il PTH. Una delle cose da fare è abbassare i livelli di fosforo in questi pz
tramite l’utilizzo di chelanti di fosfato.
L’iperparatiroidismo primitivo nell’80% dei casi, soprattutto nella fase iniziale è asintomatico o
paucisintomatica. Spesso la scoperta è incidentale. Per qualche altro motivo il pz scopre una
calcemia alta, si valuta il PTH e lo si trova alto, ma sta bene.
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Clinicamente il pz presenta alterazioni a carico di diversi organi:
Rene:
- Calcolosi, perché la calcemia è talmente elevata che passa talmente tanto calcio nel
rene che può accumularsi (i calcoli si trovano nei tubuli);
- Nefrocalcinosi, il calcio si accumula a livello parenchimale:
- Poliuria;
- polidipsia.
Osso, aumenta il riassorbimento dal tessuto osseo e quindi:
- Osteoporosi (debolezza muscolare e rischio di fratture);
- Osteomalacia;
- Osteite fibrosa cistica (Morbo di Recklinghausen), si formano delle cisti nel
tessuto osseo (soprattutto alle falangi) che poi vengono sostituite da tessuto fibroso.
Alterazioni psichiche:
- Astenia;
- Depressione;
- Letargia;
- Perdita della memoria (soprattutto a breve termine)
- Difetti di concentrazione;
- Psicosi;
- Alterazioni di personalità;
- Coma.
Apparato digerente:
- Nausea;
- Vomito;
- Stipsi e diarrea alternate;
- Ulcera peptica gastrica e duodenale;
- Pancreatite (prof. Veroux)
La sintomatologia dipende molto dai livelli di calcemia, tanto più sono elevati tanto più è grave:
- <13 mg/dl segni aspecifici come: Nausea, anoressia, vomito, astenia, depressione,
letargia;
- 13-15 mg/dl: calcificazioni parenchimali, insufficienza renale;
- >15 mg/dl: coma e arresto cardiaco.
Esami di laboratorio
- PTH (molecola intatta 1-84);
- Calcemia;
- Albuminemia.
Se vogliamo avere altre informazioni:
- Fosforemia;
- Calciuria 24h;
- Vitamina D;
- Marker turnover osseo (fosfatasi alcalina, osteocalcina ecc)
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Esami strumentali
- Ecografia cervicale, nodulo nella faccia posteriore della tiroide (alto valore predittivo
positivo, se si individuano le paratiroidi possono essere considerate malate, se non si
individuano non vuol dire che non ci siano adenomi. Appunti chirurgia - Veroux);
- Scintigrafia paratiroidea, viene eseguita con il sestamibi (sostanza coniugata a
Tz99), serve per valutare la presenza di un adenoma, ma anche per permettere di
evidenziare possibili lesioni ectopiche mediastiniche (per questo la finestra della
scintigrafia viene fatta un po’ più ampia e allargata al mediastino) o un
coinvolgimento multiplo ghiandolare. I falsi positivi possono essere dati da una
patologia nodulare tiroidea, mentre i falsi negativi da paratiroidi di piccole dimensioni;
- FNA + PTH wash, se avessimo il dubbio che il nodulo che abbiamo punto sia
tiroideo o paratiroideo, sul liquido di lavaggio si fa il dosaggio di Tg e PTH, se il
nodulo è tiroideo sarà positiva la Tg, mentre se è paratiroideo sarà positivo il PTH.
Se confermiamo l’iperparatiroidismo, è necessario anche valutare anche la presenza di possibili
complicanze:
- Ecografia apparato urinario, per valutare presenza di calcoli;
- Densitometria ossea.
- Rx, utilizzata soprattutto per la ricerca delle compromissioni ossee: riassorbimento
osseo subperiostale e cisti ossee (Osteite Fibrocistica), degranulazione della teca
cranica detta ‘’a sale di pepe’’, tumore bruno a livello della mandibola con comparsa
della lamina dura (Appunti chirurgia - Veroux).
Fattori confondenti: variabilità della sede della paratiroidi, patologia nodulare tiroidea,
linfoadenopatie cervicali.
Esame citologico
L’aspetto citologico è sovrapponibile a quello delle lesioni tiroidee, mancano infatti aspetti citologici
caratteristici e spesso è anche molto difficile da eseguire. Per tale motivo l’esame più accurato è
l’FNA + PTH wash.
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Indicazioni chirurgiche nell’iperparatiroidismo primitivo
Se il pz è sintomatico perché ha calcolosi o nefrocalcinosi, osteoporosi, fratture, segni radiologici o
sintomatologia classica neuromuscolare è chiaro che si deve intervenire.
Il problema si pone quando è asintomatico. Le linee guida consigliano l’intervento quando:
- Calcemia >1 mg/dl dei valori massimi del range di normalità;
- Calciuria >400 mg/die;
- Clearance creatinina <30%;
- T-score <2,5 in qualsiasi sito. (Il T-score è un punteggio numerico che indica la
BMD misurata attraverso la dual energy x-ray absorptiometry (DEXA) o tramite
Mineralometria ossea computerizzata (MOC));
- Età < 50 anni;
- Follow up medico difficile per scarsa compliance.
Questi sono i criteri per cui si va ad operare il pz con adenoma paratiroideo mentre se non ha
queste seppur presenta una calcemia più alta non si opera e si può solo monitorare.
Terapia
Il trattamento per l’ipercalcemia si basa sull’idratazione perché bisogna ridurre i livelli di calcemia e
usare diuretici dell'ansa. Se c’è coinvolgimento osseo quindi osteoporosi si fa uso dei bifosfonati
che riducono il riassorbimento osseo. Gli estroprogestinici nelle donne post in menopausa e il
Raloxifene. Il trattamento recettoriale si fa con Cinacalcet ovvero calciomimetici agonisti del
recettore del calcio che bloccano la produzione del PTH.
Questo farmaco si utilizza anche qualora vi siano dei pz con adenoma non operabile.
Ipoparatiroidismo chirurgico
Una delle patologie più frequenti è l'ipoparatiroidismo post chirurgico, conseguenza rara (2% delle
complicanze dell’intervento di tiroidectomia in mani esperte, figuriamoci in mani inesperte), seppur
presente. Tra le gli interventi a rischio troviamo:
- Interventi di tiroidectomia totale/parziale (TN);
- Dissezioni estese del collo per neoplasie maligne;
- Paratiroidectomia (PTN).
Le cause più frequenti sono:
- Legatura prossimale dell’a. Tiroidea prima dell’emergenza dei rami paratiroidei;
- Danno da elettrobisturi;
- Asportazione involontaria delle paratiroidi (rara).
A volte l’ipoparatiroidismo chirurgico può essere transitorio (stunning) ed essere sintomatico o
asintomatico. Si definisce permanente se dura per più di 6 mesi. A volte a causa
dell’invecchiamento, l’ipoparatiroidismo in seguito ad intervento chirurgico, può manifestarsi anche
ad anni di distanza.
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Clinica
La sintomatologia acuta dipende molto anche dai livelli di calcemia. Nel caso dell’acuta i sintomi
prevalenti sono dati da alterazioni neuromuscolari che possono sia essere spontanee (forme più
gravi) che provocate (generalmente nelle forme più lievi).
Se ipocalcemia acuta lieve il pz può avvertire:
- Formicolio periorale e alle estremità;
- Occasionali crampi muscolari.
Qualora l’ipocalcemia sia acuta moderata:
- Irritabilità generale;
- Stato ansioso;
- Crampi muscolari;
- Alterazioni ECG (prolungamento del QT)
Fino ad arrivare alla forma acuta grave:
- Crampi muscolari;
- Spasmo carpopedale. In questo caso il pz arriva già con la mano da ostetrico. È
necessario infondere subito calcio endovena per far passare la crisi;
- Laringospasmo, può portare alla morte del pz;
- Convulsioni;
- Coma.
Questo è il motivo per il quale la maggior parte dei chirurghi mette subito il pz in terapia con il calcio
e poi pian piano si svezza il pz abbassando la dose se si vede che i livelli di calcio sono buoni.
Laboratorio
Se sospettiamo un ipoparatiroidismo:
- PTH;
- Calcemia e fosforemia;
- Magnesemia poiché i livelli di Ca e Mg sono correlati;
- Vitamina D, potrebbe essere una causa.
Calciuria e fosfaturia non si fanno perché non avrebbe senso.
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Caso clinico
Donna 69 anni giunge alla nostra attenzione appena dopo la dimissione dal reparto di chirurgia per
tiroidectomia totale (1a giornata post operatoria).
È giustificato effettuare il dosaggio della calcemia in tutti i pazienti chirurgici post tiroidectomia? Sì, è
giustificato effettuare il dosaggio .
Esistono elementi clinico anamnestici che possono indirizzare verso un sospetto di ipoparatirodismo
chirurgico nella paziente? Nei casi più lievi può avere formicolii, crampi alle mani, ecc. e questi
segni indirizzano verso l'ipocalcemia.
In alcuni casi di tetania latente si può svelare dal punto di vista semeiologico se è presente
ipocalcemia, tramite due segni:
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Nota bene: come detto sopra, nella pratica clinica la calcemia viene spesso misurata come calcio
totale e non come quello ionizzato. La concentrazione di albumina modifica i valori della calcemia
totale, infatti nell’ipoalbuminemia (malattie croniche, malnutrizione e/o ospedalizzati) determina una
riduzione del calcio totale. Pertanto per una corretta valutazione della calcemia si deve eseguire
l’adeguata correzione per l’albumina. Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl).
Alla luce di ciò, notiamo come il valore sia calcemia 8,4 mg/dl, quindi ci troviamo di fronte ad una
pseudoipocalcemia.
Terapia dell’ipocalcemia
Se il nostro pz è ipocalcemico il nostro obiettivo è normalizzare i valori di calcemia e fosforemia.
Meglio è tenere i livelli normali-bassi allo scopo di prevenire ipercalciuria (PTH basso) e
ipercalcemia iatrogena.
L’aumento di calcio nella dieta non è sufficiente né attendibile e costante.
Molta gente si rifiuta di fare il calcio perché è sotto forma di bustine. Si è costretti all’utilizzo di
preparazioni di calcio e vitamina D. Si preferiscono le preparazione 1ɑ-idrossilate perché il PTH
è basso. Si preferiscono le preparazioni con emivita più breve per un migliore aggiustamento della
posologia.
Piccola esercitazione riguardante la tiroide fatta dal prof per riepilogare il tutto.
96
Endocrinologia - Lezione 11
Surrenale
Le ghiandole surrenali dal punto di vista anatomo-istologico sono caratterizzate da due regioni:
- Corticale (regione esterna) costituente circa l’80-90% di tutta la ghiandola produce
mineralcorticoidi, glucocorticoidi e androgeni;
- Midollare (regione interna) per la restante parte, produce le catecolamine.
La regione corticale viene ulteriormente distinta in tre diverse regioni, diverse sia per produzione
ormonale sia per aspetto istologico:
- Glomerulare: mineralcorticoidi (aldosterone e deossicorticosterone);
- Fascicolata: glucocorticoidi (cortisolo) e in minima parte anche androgeni;
- Reticolare: androgeni (testosterone, DHT, Δ4-androstenedione) e in minima parte
anche glucocorticoidi.
Le cellule di ogni regione sono caratterizzate da un diverso contenuto enzimatico che permette la
realizzazione, partendo da un substrato comune: il nucleo ciclopentanoperidrofenantrenico del
colesterolo, dei diversi tipi ormonali.
Biosintesi ormonale
Comprendere il processo di sintesi dei vari ormoni e la fisiologia surrenalica è fondamentale per
capirne la fisiopatologia e quindi determinate patologie quali ad esempio quelle in cui per una
mutazione genetica, viene a mancare un qualsiasi enzima di sintesi, evenienza che causa una
sintomatologia dovuta alla mancata secrezione degli ormoni a valle e contemporaneamente da un
accumulo di quelli a monte.
97
Il precursore di tutti gli ormoni steroidei è il colesterolo, senza il quale non può avvenire la sintesi
degli ormoni steroidei. Partendo da questo, tappa dopo tappa, vengono sintetizzati gli ormoni
steroidei.
Segue una descrizione delle varie tappe della sintesi, senza nulla aggiungere all’immagine allegata
sopra, tranne quanto riportato sotto.
Se un soggetto avesse un deficit della 20-22 desmolasi e della 20.22 idrossilasi, la patologia
sarebbe talmente grave da non essere compatibile con la vita perché non si avrebbe la produzione
di nessuno degli ormone della corticale. In questi soggetti il minimo comune denominatore è
l’iperplasia delle surrenali perché mancando il cortisolo si avrebbe un’aumentata secrezione di
ACTH che stimola i surreni che quindi iperplasizzano. Inoltre i surreni vanno incontro alla necrosi
lipoidea risultando infarciti di colesterolo.
Ad esempio, se c’è un deficit di 17-idrossilasi, dobbiamo partire dal presupposto che viene a
mancare tutto ciò che c’è a valle e si accumula tutto ciò che c’è a monte. I soggetti quindi avranno
iperplasia surrenalica congenita per lo stesso motivo di sopra. Potrebbero anche avere un aumento
dei mineralcorticoidi.
Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene
La secrezione ipotalamica del CRF (o CRH) cioè il fattore di rilascio per la corticotropina (ACTH) è
regolata da tutta una serie di stimoli nervosi centrali:
- Ritmo circadiano;
- Ipoglicemia;
- Stress fisico e/o psichico;
- Dolore;
- Stress tossico o infettivo.
Il CRF stimola a livello ipofisario il rilascio di ACTH che a sua volta stimola tramite cascata del
cAMP l’innesco della biosintesi del colesterolo che viene poi trasformato in pregnenolone ecc.
98
Una cosa estremamente importante è che non tutti gli ormoni della corticale vengono influenzati allo
stesso modo dall’ACTH. Esso è il principale, se non esclusivo, fattore di rilascio del cortisolo, ma già
gli androgeni ne risentono in minor parte. L’aldosterone è quello minimamente influenzato dallo
ACTH perché viene secreto tramite il SRA (Sistema Renina Angiotensina).
Il meccanismo di feedback negativo del cortisolo si esplica sia a livello ipotalamico che ipofisario.
99
Glucocorticoidi
Il termine glucocorticoidi identifica il ruolo importante di questi ormoni nella regolazione della
glicemia. Tuttavia tale definizione appare riduttiva, in quanto la loro attività biologica interessa molti
altri aspetti del metabolismo intermedio e regola l’attività di numerosi organi e apparati.
Analogamente agli altri ormoni steroidei presentano un recettore contenuto nel citoplasma cellulare.
I recettori dei glucocorticoidi sono presenti praticamente in tutti i tessuti ed i principali effetti sono:
100
Ipersurrenalismo: Morbo o Sindrome di Cushing
La patologia descritta per la prima volta nel 1932 da Harvey Cushing è causata dagli effetti tissutali
derivati da un eccesso cronico di glucocorticoidi da qualsiasi causa (ipercortisolismo). Le donne
sono più colpite degli uomini con un rapporto F/M di 6:1. Si presenta ad ogni età, ma più spesso tra
i 10 e i 50 anni. Esistono diverse cause, con prevalenza diversa:
- Forma ACTH-dipendente (centrali, patologie ipotalamo-ipofisarie):
- Morbo di Cushing (68%) ovvero Adenoma Ipofisario ACTH secernente;
- ACTH ectopico (12%) quindi una produzione da parte di cellule che
normalmente non lo producono ad esempio un microcitoma;
- CRH ectopico (<1%);
- Forma ACTH-indipendente (patologie a carico della Surrenale):
- Adenoma Surrenalico (10%);
- Carcinoma surrenalico (8%);
- Iperplasia micronodulare (1%);
- Iperplasia macronodulare (<1%);
- Pseudo-Cushing (patologie che mimano fenotipicamente il Cushing):
- Depressione e alcolismo (1%).
Nota: per sindrome intendiamo un insieme di segni e sintomi dovuti all’ipercortisolemia mentre per
Morbo si intende l’adenoma ACTH-secernente.
La causa piu frequente è l’Adenoma ipofisario ACTH secernente (Morbo di Cushing), quindi di
origine centrale. Spesso l’adenoma in questione viene rilevato quando ancora di piccole dimensioni
(microadenoma se <1 cm) poiché la clinica è molto evidente e ne permette la diagnosi. Caso
opposto quello del GH dipendente o del prolattinoma (nello specifico per il maschio) dove la
sintomatologia specifica si presenta tardivamente permettendo all’adenoma di crescere oltre 1 cm
(macroadenoma), infatti a volte vengono diagnosticati per conseguenze relative all’effetto massa
(vedasi lezione su adenomi per maggiori informazioni).
Se nel caso di una forma ACTH dipendente facessimo un imaging delle due surrenali, noteremo
iperplasia della ghiandola (nello specifico della corticale) a causa della stimolazione da parte
dell’ACTH. Se è invece una forma ACTH indipendente, quindi a carico del surrene, noteremo un
adenoma a carico di una sola ghiandola facendo un'ecografia e una TC, facendo una scintigrafia
l’altra surrene non sarà visibile a causa della soppressione dell’ACTH dovuto agli alti livelli di
cortisolo (meccanismo di feedback).
Se l’ipersurrenalismo è dovuto ad una produzione ectopica di ACTH avremo iperplasia delle
surrenali.
101
Manifestazioni Cliniche
- Aumento di peso (Obesità centripeta tipica del Cushing, è
caratterizzata da assottigliamento degli arti e aumento del
grasso nel tronco: il primo per via del maggiore catabolismo
proteico, gli arti infatti sono composti principalmente da muscoli,
il secondo in quanto si ha obesità per aumentato senso di fame
e per via dell'iperglicemia la quale, a sua volta, determina un
iperinsulinemia reattiva, quindi aumento dell’insulina con azione
lipogenetica e di conseguenza aumento del grasso nelle zone in
cui c’è più grasso);
- Problemi gastrici per aumenta produzione acida gastrica, più
frequentemente quando si usano farmaci cronicamente;
- Ipertensione per l’aumento delle resistenze periferiche e per la
ritenzione idro-salina;
- Diabete o intolleranza al glucosio per l'azione
iperglicemizzante;
- Osteoporosi, spesso molto grave a livello della
colonna vertebrale in cui si avranno problemi di
schiacciamento, fratture, cifosi ecc;
- Facies lunaris (pletorica), con colorito acceso
- Stempiatura dovuta agli androgeni;
- Debolezza muscolare, soprattutto prossimale;
- Malessere;
- Depressione o psicosi, con aggressività o
nervosismo;
- Irsutismo, acne, oligomenorrea o amenorrea nelle
donne, diminuzione della libido e impotenza
nell'uomo, poiché parallelamente al cortisolo
aumenta la secrezione androgenica che causa un
riduzione delle gonadotropine. Questo è più
caratteristico delle forme ACTH-indipendenti
(Adenomi o Carcinomi surrenalici ) ed il cortisolo in sé
ha poco effetto;
- Cute assottigliata e strie rubrae, smagliature rossastre causate dall’atrofia del derma
superficiale che si assottiglia e, in seguito a superficializzazione dei vasi sanguigni, si formano le
strie rubrae, più caratteristicamente localizzate nelle parti laterali dell'addome o sotto le ascelle;
- Riduzione capacità di cicatrizzazione delle ferite;
- Ecchimosi (per aumentata fragilità vascolare);
- Poliuria e Nicturia causata dall'ipernatriemia e dall’ ipopotassiemia conseguenti all'aumentato
riassorbimento di sodio e acqua a scapito del potassio;
- Gibbo, accumulo di grasso sottonucale.
È possibile che nelle forme ACTH-dipendenti (o da produzione ectopica) formandosi ɑ-MSH si abbia
una stimolazione dei melanociti e successiva melanodermia. È comunque raro che i livelli di ACTH
e ɑ-MSH raggiungano livelli tali da determinare melanodermia.
102
Diagnosi
Non solo vedendo quelle che sono le manifestazioni possiamo diagnosticare il Cushing, così come
queste potrebbero non essere visibili ma si ha il Cushing (specialmente in fase preclinica).
- Cortisolo libero urinario 24h (CLU - Cortisolo Libero Urinario). Se nel pz si trova
il cortisolo alto (>10microgrammi/24h) si sospetta che l’individuo presenta una
produzione aumentata di cortisolo durante il giorno. Come in tutti i test delle urine
24h è necessario che si conosca la quantità totale di urina prodotta al giorno e di
questa se ne analizza una quota.
Il principio del dosaggio nelle 24h vale per tutti gli ormoni caratterizzati da un ritmo
circadiano (vedasi ad esempio la PRL) dove il prelievo random da poche
informazioni.
La cortisolemia, specialmente se eseguita alle 8 del mattino non serve quasi a nulla,
poiché lo stesso stress del prelievo può far salire il cortisolo, quindi trovarlo oltre i 25
(35-40) non vuol dire nulla. Al massimo si potrebbe fare il serale, ma come sappiamo
il ritmo secretorio del cortisolo è variabile a seconda di quelle che sono le abitudini
del pz e quindi questo sarà poco utile.
- Cortisolo salivare serale (ore 23), rappresenta l’ultimo derivato della diagnostica di
primo livello. Non viene eseguito in tutti i centri, ma sta prendendo sempre più piede.
Caso clinico.
Sulla sorella del ginecologo mandata per problemi tiroidei, il prof ha visto che gli ormoni aveva una
ft4 ai limiti bassi ed un tsh tendenzialmente basso. Praticamente prima di arrivare al Cushing il prof
ha sospettato qualcosa di centrale. La donna aveva 58 anni e quindi si dosa il FSH e LH che
dovrebbe essere elevati nella menopausa mentre in questo caso erano basse. A questo punto il
problema potrebbe essere centrale. La pz presentava però altri segni quali ipertensione ecc che
facevano pensare al Cushing. Fatto il test di soppressione si è scoperto il Cushing. È stata fatta
RMN e si è visto microadenoma e la signora è stata operata per un microadenoma acth secernente.
103
Screening di secondo livello (trovare la sede del Cushing) per diagnosi differenziale:
- Dosaggio ACTH, se una forma acth dipendente questo è alto mentre se non acth
dipendente non è soppresso o bassissimo ma è inappropriatamente normale (si
creano nuovi set point)
- TSD ad alte dosi (molto specifico e difficile anche per lo specialista stesso);
- Test al CRH (molto specialistico)
- RMN ipofisario (se sospettiamo adenoma ipofisario)
- Cateterismo bilaterale dei seni petrosi inferiori. Questo test, eseguito soltanto
alcuni centri, viene utilizzando quando la diagnosi di adenoma ipofisario non è
semplice e cateterizzando i seni petrosi inferiori, si dosa ACTH in maniera
sequenziale cercando di capire la sede di partenza dell’ACTH dato che non è
presente l’adenoma, potrebbe esserci qualche altra lesione secernente ACTH (ACTH
ectopico);
- TC o RMN surrenalica (se sospettiamo una causa surrenalica);
- Indagini radiologiche per la ricerca di tumori occulti secernenti ACTH (ACTH
ectopico).
Pseudo-Cushing
È un reale stato di ipercortisolismo lieve senza sindrome di Cushing e quindi il pz presenta livelli di
cortisoluria borderline (valori normali-alti). Le cause sono varie:
Alcolismo, gravidanza (cortisolo prodotto dalla placenta), resistenza familiare ai glucocorticoidi (rara,
cortisolo aumenta per superare resistenza recettoriale), ansia, depressione, obesità.
Nello pseudo cushing si cura la causa primaria e così si cura l’ipercortisolismo che anche se è lieve
è bene curarlo. (lezione della prof.ssa Sciacca sugli Adenomi Ipofisari)
104
Iposurrenalismo o Insufficienza surrenalica primitiva:
Morbo di Addison
Il morbo di Addison è una ipofunzione insidiosa e generalmente progressiva della corteccia
surrenalica. L’incidenza del morbo di Addison è di 4/100mila abitanti all’anno. Può manifestarsi a
tutte le età e colpisce uomini e donne quasi con lo stesso rapporto, rendendosi evidente
clinicamente dopo stress o traumi.
Cause dell’Insufficienza surrenalica primitiva:
- Autoimmune, la più frequente al giorno d’oggi (80-90% dei casi);
- Tubercolosi (10-20% dei casi) in passato era la causa più frequente;
- Congenite (sindrome surrenogenitali);
- Iatrogene (surrenectomia, radiazioni, inibitori enzimatici);
- Altre cause (emorragia, sepsi, neoplasie, sarcoidosi, emocromatosi, AIDS).
105
Quadro clinico e di laboratorio
MANIFESTAZIONE ACUTA:
- Grave ipotensione e shock iposurrenalico e ipovolemico;
- Dolori addominali;
- Febbre;
- Nausea e vomito;
- Stato confusionale;
LABORATORIO:
- Iponatriemia;
- Iperpotassiemia (dosando sodio e potassio il rapporto sarà inferiore a 30 generalmente);
- Anemia normocitica;
- Linfocitosi (eosinofilia);
- Ipoglicemia.
106
Endocrinologia - Lezione 12
Terapia
Di fronte ad un deficit di ghiandola che non
produce ormoni (in generale) si esegue
terapia sostitutiva con gli ormoni mancanti,
e questo vale anche per il surrene. In
carenza di glucocorticoidi si danno
cortisonici come il cortisone acetato (per
l’emivita) per tutta la vita, cercando di
rispettare il ritmo circadiano del cortisolo. Il
cortisone acetato si da ad esempio una
compressa la mattina e mezza il
pomeriggio. Nei casi in cui si sospetta una
carenza di mineralcorticoidi (ricordiamo che
i glucocorticoidi hanno azione
mineralcorticoide e ce le fanno a
compensare tranne in casi gravi) si da il
Fluoroidrocortisone.
Esistono una serie di esami che permettono di valutare la terapia:
- Cortisolemia (60-120 minuti dopo l’assunzione per os);
- Curva giornaliera;
- Cortisolo salivare;
- Cortisoluria 24h.
E altri parametri quali (peso, pressione arteriosa, bilancio elettrolitico, metabolismo glicidico, lipidico
e osseo), ma l’obiettivo principale è paradossalmente un target clinico: Il benessere del pz. Spesso
infatti queste informazioni non sono decisive nello stabilire la terapia e il nostro obiettivo è migliorare
la sintomatologia del pz (risultato più che soddisfacente). Se vediamo che il pz è ipoteso, il rapporto
Na/k è basso ecc, si aggiusta la terapia ad esempio somministrando il mineralcorticoide.
107
Le zone che vanno più facilmente incontro ad iperpigmentazione sono il volto e le mani. Quando si
fa la terapia il pz diventa nettamente più
chiaro.
108
Con questi sintomi si parla di Sindrome di Cushing. Resta da capire quale sia la sede.
Il paziente si ricovera in un reparto di endocrinologia per approfondimento diagnostico. Esegue:
- Ecografia addome superiore: segni ecografici di steatosi epatica; nella loggia
surrenalica sinistra, piccola formazione nodulare da meglio definire con TAC;
nient'altro da rilevare a carico degli altri organi;
- TAC Surreni: alle surrene sinistro formazione omogeneamente ipodensa,
tondeggiante, di pochi millimetri di diametro. Si pensa ad un nodulo surrenalico
(adenoma o carcinoma).
Durante il ricovero si ricontrolla anche:
- CLU= 993 mg/24 h;
- Cortisolemia ore 8= 19,0 mg/dl;
- Cortisolemia dopo 8 mg DEXA per os alle 24:00= 22.0 mg/dl;
- ACTH= 97 pg/ml (v.n. 10-65)
C’è qualcosa che non torna, poiché ACTH è alto: Potrebbe essere un falso positivo, ma anche una
patologia ipofisaria e per questo si esegue:
- RMN sella turcica: peduncolo ipofisario normale per forma e dimensioni.
- Ghiandola ipofisaria di forma e volume normale.
Anche a livello ipofisario non si nota nulla. Si passa alla valutazione dell'ipotalamo e viene
consigliata una consulenza neurochirurgica e viene prospettata l'esecuzione di cateterismo dei seni
petrosi in reparto neurochirurgia e quattro esatto:
- Cateterismo dei semi petrosi inferiori con dosaggio dell'ACTH su prelievi di sangue
venoso periferico e sangue dei seni petrosi: l'indagine non rivela alcun gradiente
centro/periferia.
Si pensa allora ad una produzione ectopica di ACTH (frequente nei microcitomi polmonari). A
seguito di tale indagine, nella stessa sede, il paziente viene sottoposto a surrenectomia sinistra.
Alcune settimane dopo l'intervento, quadro clinico invariato: CLU=1220 mg/24 h. Viene quindi
fatta una scintigrafia con un analogo della somatostatina perché molti tumori da sindrome
paraneoplastica hanno recettori per la somatostatina:
- Osteoscan: si ritrova un sospetto accumulo di radiofarmaco in sede pancreatica;
- TAC addome mirata al pancreas, ad alta risoluzione: l esione di circa 2 cm alla
coda del pancreas;
- RMN addome, mirata al pancreas: conferma il risultato della TAC.
Alla fine di tutto era un tumore alla coda del pancreas producente ACTH.
109
Mineralcorticoidi
Sono prodotti nella zona glomerulare ed il prodotto finale è l’aldosterone. Un precursore molto
importante è il deossicorticosterone.
SRAA (Sistema Renina Angiotensina Aldosterone)
Tutte le condizioni che causano un riduzione del
volume ematico, provocano una diminuita repressione
del letto alveolare, che stimola le cellule
iuxtaglomerulari provocando rilascio di renina, che
agisce su angiotensinogeno, convertendolo in
Angiotensina I. Questa grazie all’azione dell’ACE,
viene convertita in Angiotensina II, la quale oltre ad
avere effetto vasocostrittore determina il rilascio di
aldosterone a livello della surrenale, con aumento del
riassorbimento di sodio e acqua e successivo
incremento della volemia.
110
Il segno più importanti è
l’ipertensione arteriosa. Essa è
accompagnata da sintomi
importanti correlati
l'ipopotassiemia: astenia
muscolare, cefalea, crampi,
paralisi flaccida, poliuria,
nicturia. Anche il cushing
produce ipopotassemia ma se
grave pensiamo anche
all’iperaldosternosimo.
Nota: Ricordiamoci che c’è accumulo a monte e riduzione degli ormoni a valle. Per una migliore
comprensione si consiglia di guardare la slides di sintesi degli ormoni della surrenale presente nella
prima pagina del capitolo.
111
Deficit di 20.22 Desmolasi
Data la mancanza totale di tutti gli ormoni derivati dal colesterolo è una condizione incompatibile
con la vita.
Deficit di 21 Idrossilasi
È il deficit più comune (fa parte della diagnosi differenziale dell'iperandrogenismo nella donna),
caratterizzato da una mancata produzione di aldosterone e cortisolo,e da un accumulo di androgeni.
Estremamente importante è il ‘’quando’’ si manifestano le alterazioni poiché se sono congenite già
alla nascita potrebbero essere presenti i sintomi:
- A causa di questo si capisce il perché della pericolosità per la vita dato che si
potrebbe morire per un arresto cardiaco dovuto ad un grave ipotensione con
squilibrio elettrolitico (si distinguono delle condizioni più o meno gravi sulla base
dell’omozigosi o dell’eterozigosi);
- Genitali ambigui perché il feto si sta sviluppando ma c’è eccesso di androgeni.
Ipotizziamo che si stia sviluppando una femmina, in una condizione che prevede un
aumento netto di androgeni (androstenedione e testosterone). I suoi genitali esterni
tenderanno quindi a svilupparsi in senso maschile. In casi importanti avremo
ipertrofia clitoridea simulante un pene e le grosse labbra si uniscono formando una
borsa scrotale. Il termine genitale ambigui nasce proprio per questo e a volte non si
riesce a capire se è un maschio o una femmina. Diverso il discorso se è maschio
perché in questo caso i genitali esterni non ci dicono nulla;
- Il maschio nella fase successiva può andare in contro a pseudopubertà precoce (più
alti all’inizio ma alla fine più bassi) con virilizzazione precoce.
L‘incidenza è molto frequente, soprattutto della forma moderata che può presentarsi tardivamente e
con un’incidenza di 1:1000 donne (in questo caso avremo alterazioni mestruali e ipertricosi). Per
questo motivo è uno degli screening da fare quando si presenta all’osservazione una ragazza in età
puberale con problemi di irsutismo e ipertricosi. La differenziamo con PCOS grazie al dosaggio
basale del 17 OH- progesterone (aumenta perché a monte).
Deficit di 11-idrossilasi
Nel caso di un deficit di 11-idrossilasi diminuiscono l’aldosterone e il cortisolo, ma si accumula il
desossicorticosterone e quindi il pz è iperteso perché è più potente. Anche in questo caso abbiamo
accumulo di androgeni.
112
Deficit della 3-beta-olo-deidrogenasi
Se il deficit è nella 3-beta-olo-deidrogenasi avremo mancanza di aldosterone, cortisolo e
testosterone:
- Maschio: ipotensione con squilibrio elettrolitico, genitali ambigui in senso femminile;
- Femmina: sviluppo normale con leggera virilizzazione sulla bambina (accumulo
DHEA).
Deficit 18-idrossilasi
Accumulo di desossicorticosterone che causa una grave ipertensione.
Deficit di 17-idrossilasi
Pz sarà iperteso. Mancheranno gli androgeni, quindi se il paziente è maschio non si sviluppa
correttamente e avrà genitali ambigui in senso femminile.
113
Midollare del surrene.
Produce le catecolamine (Adrenalina, Noradrenalina e Dopamina). Gli effetti delle catecolamine
dipendono dal recettore presente nel tessuto:
- Cuore (β-2), aumento della forza di contrazione e della frequenza;
- Intestino (ɑ e β), ne riduce la motilità e aumenta il tono degli sfinteri;
- Fegato (ɑ e β) favorisce la glicogenolisi;
- T. Adiposo (β) aumenta la lipolisi;
- Tessuti (β) aumenta la termogenesi;
- Cute/annessi (ɑ) aumenta la sudorazione;
- Bronchioli (β) dilatazione;
- Vasi (ɑ) vasocostrizione, (β) vasodilatazione;
- Pancreas (ɑ) ridotto rilascio di insulina e glucagone, (β) li aumenta;
- Utero (ɑ) contrazione, (β) rilassamento.
Feocromocitoma
È un tumore delle cellule cromaffini che secernono catecolamine, tipicamente localizzato al surrene.
Ha una prevalenza: 1-2/100mila abitanti anno e un’incidenza dell’1,9%. Colpisce ugualmente
maschi e femmine. È responsabile dello 0,1% dei casi di ipertensione.
La localizzazione surrenalica è più frequente negli anziani mentre la regione extra surrenalica
(gangli del simpatico) lo è nei giovani. Il 90% dei feocromocitomi è sporadico ed il 10% familiare,
maligno e bilaterale.
Viene chiamato caratteristicamente il tumore del 90% perché ha tanta roba al 90%:
- 90% dei casi è sporadico;
- 90% dei casi è benigno;
- 90% dei casi determina ipertensione.
Sintomi
114
Una delle caratteristiche, comunque non costante, è che la sintomatologia si manifesta con delle
crisi in seguito ad una scarica adrenalinica acuta. Talvolta queste crisi sono talmente importanti che
il pz ha come una sensazione di morte imminente. Queste crisi spesso si manifestano in maniera
ravvicinata, quindi dobbiamo pensarci quando ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo.
Diagnosi
Per la diagnosi si valutano i
metaboliti delle catecolamine
nelle urine, perché esse
hanno un’emivita brevissima e
non si troveranno elevate nel
sangue già a pochi minuti da
una crisi.
Una volta fatta diagnosi di feocromocitoma bisogna localizzarlo perché nel 10% dei casi è
extrasurrenalico.
La localizzazione strumentale del tumore surrenalico si avvale di molte indagini: -
- TC;
- RMN;
- Scintigrafia (ha perso parte del valore);
- PET con 18F-dopamina marcata o con il gaglio (analogo della somatostatina).
Nota: Dato che tutti i settori del surrene possono determinare ipertensione dobbiamo studiare tutto il
surrene.
115
Endocrinologia - Lezione 13
Obesità
Per obesità si intende una condizione caratterizzata da eccessivo peso corporeo per accumulo di
tessuto adiposo (non il mero aumento di peso), tale da influire negativamente sullo stato di salute
dell’individuo. L’aumento della massa magra non è obesità. É una malattia cronica, ad elevata
prevalenza ed eziologia multifattoriale (malattia complessa) che è accompagnata da un aumentato
rischio di morbilità e mortalità (OMS).
L’accumulo di grasso influenza la condizione del soggetto non solo in quel momento ma anche per
il futuro. È una malattia cronica, e come tale, per la sua cronicità, è difficile da trattare. La patologia
è associata ad aumentato rischio di patologie associate ma anche ad aumentata mortalità.
Per valutare se un soggetto è obeso o meno si calcola il BMI (Body Mass Index o Indice di Massa
peso (Kg)
Corporea) :
altezza (m)2
-Normale da 18.5 - 24.9;
-Sovrappeso 25-29.9;
-Obesità >30. All’interno di questa distinguiamo diverse classi:
- Obesità di I grado 30-34.9;
- Obesità di II grado 35-39.9
- Obesità di III grado (grande obesità) >40
Considerando quest’ultimo stato si suole suddividere ulteriormente i pz in super obesi con un BMI
tra 50-60 e super super obesi con un BMI > 60. (Nota: un BMI > 50 è già il doppio di un BMI
normale).
Il sottopeso, anch’essa condizione da valutare, viene indicata quando il BMI è < 18.5.
Nella popolazione asiatica, magra per costituzione della popolazione,l’obesità viene considerata a
partire da BMI 27 in poi.
116
Nota: In soggetti che presentano:
- Aumento della massa magra (atleti);
- Accumulo di liquidi (edemi, anasarca, ascitico);
- Gravidanza;
- Altezza <1,5m o >2m;
- Anziani (si ha una riduzione della massa muscolare e aumento di quella grassa ed
inoltre il pz tende fisiologicamente ad accorciarsi),
- Bambini (deve essere adattato all’altezza del bambino e normalizzato ai percentili per
età e sesso),
Non si può misurare l’indice di massa corporea (BMI), poiché questo risulterebbe alterato/maggiore
in assenza di accumulo di grasso e quindi non affidabile.
Il BMI non è costoso da eseguire, ma non è un esame completo, infatti non misura la percentuale di
massa grassa. Per misurarla esistono tecniche più costose, ma si usano raramente.
Oltre alla quantità di grasso presente nel corpo è fondamentale conoscere la sua distribuzione,
poiché questa è importante dal punto di vista del rischio cardiovascolare.
La misurazione viene eseguita con un metro da sarta (che dobbiamo avere in ambulatorio). Si
prendono le creste iliache ed il metro si poggia al di sopra delle creste, parallelo al pavimento. Il
nastro deve essere ben teso, non comprimere la pelle. Si prende la misurazione in fase di
espirazione normale (chiunque tenderebbe a trattenere la pancia).
La cresta iliaca in qualche modo coincide con l’ombelico (non sempre). Ma mano che aumenta il
grasso viscerale e quindi l’obesità, non si riescono a prendere le creste iliache e quando già si è al
terzo grado la circonferenza è difficile da misurare.
117
Esistono dei valori di riferimento al di sopra dei quali il grasso viscerale è maggiore di quello che
dovrebbe essere e quindi predispone a maggior rischio cardiovascolare.
I valori normali sono:
- Donne < 88 cm;
- Uomini < 102 cm.
La federazione diabetologica americana adotta valori inferiori di 8 cm come normali, ma il nostro
riferimento è quello di sopra.
Se consideriamo insieme i valori di BMI e quelli della circonferenza, essi rappresentano un ottimo
indicatore del rischio cardiovascolare:
- Se il soggetto ha un BMI normale,
ed ha una circonferenza vita o maggiore o
minore (in mancanza di altri fattori di rischio
cv) il rischio non aumenta;
- Se presenta un BMI sovrappeso,
quando la circonferenza vita è normale, il
rischio cardiovascolare è poco elevato.
Diventa elevato quando aggiungiamo al
sovrappeso anche la circonferenza vita;
- L’obesità di I grado ha un rischio
elevato di per sé, diventa molto elevato se
si aggiunge la circonferenza vita.
È comunque raro avere un BMI elevato e non avere circonferenza vita elevata. A volte può
succedere nel caso di obesità puramente ginoide (tipo di obesità che, a parità di BMI, è meno
correlata a patologie cardiovascolari).
Epidemiologia
Tutte le organizzazioni e società scientifiche, riconoscono l’obesità come una patologia importante e
globale da tenere in considerazione.
L’idea della donna, ad esempio, nel corso degli anni si è modificata: Anticamente, gli ideali di
bellezza erano quelli di donne con obesità gravi o in sovrappeso. Erano tempi in cui non vi era
sempre la disponibilità di cibo, quindi il benessere era collegato ad un peso eccessivo ed alla
fertilità. Quella che nel paleolitico era simbolo di bellezza, oggi si stima avesse un BMI di 41 (grande
obesità (donna in carne con fianchi larghi). Oggi gli ideali di bellezza sono cambiati radicalmente, e
l’obesità rappresenta oltre ad un problema relativo alle complicanze ad essa correlate, anche
all’aspetto psicologico dell’individuo.
118
L’obesità è un processo multifattoriale in
cui in fin dei conti si ha sempre un bilancio
tra quello che entra e quello che si spende:
Non è raro sentirsi dire dal pz ‘’mangio
meno della persona vicino a me’’. Il nostro
compito è far capire che la persona a lato
spende di più. A questo si aggiunge un
coinvolgimento ormonale, a partire
dall’ipotalamo con i centri della fame, e
tutto l’aspetto psicologico legato ad essa.
L’ambiente nel corso degli anni ha avuto un effetto molto negativo per cui l’incidenza di obesità è
andata ad aumentare, tanto che oggi si parla di pandemia (problema globale). Negli ultimi 20 anni si
è assistito ad un problema drammatico di obesità, accompagnato dal diabete di tipo 2 (l’eccesso di
peso determina insulino-resistenza, quindi le due malattie vanno di pari passo).
La prof.ssa mostra una serie di slides riguardanti la prevalenza di obesità e diabete negli USA negli
gli ultimi 20 anni. In queste si nota come negli stessi stati, all’aumentare dell’obesità, si nota
parallelamente un aumento del diabete. In quasi tutti gli stati si ha una prevalenza di almeno il 26%
della popolazione, quindi circa 1/4 americani è obeso.
Da sottolineare che recentemente è emerso come a livello mondiale, la malnutrizione in eccesso,
abbia superato quella in difetto.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati del 2005 hanno avuto un incremento, rispetto ad una precedente
analisi fatta nel 1991, per cui:
- Maschi: 1/2 risulta sovrappeso e 1/10 obeso;
- Donne 1/2 sovrappeso e 1/10 obesa.
L’incremento dal 1991 al 2005 è stato del 9%. Questo ha coinvolto per lo più la popolazione
maschile. Nelle donne si nota di meno l’incremento per una pura questione relativa all’attenzione al
controllo del peso (questioni psicologiche). Per quanto riguarda lo stile di vita (tra tutti spiccano il
cibo sempre reperibile ma di qualità pessima) si nota come il problema abbia coinvolto per lo più la
popolazione di ceto basso poiché generalmente questa utilizza maggiormente prodotti con
presenza di grassi idrogenati (fanno particolarmente male. L’aumento dei grassi nei cibi, servono
per dare gusto e quindi invogliare a comprare il prodotto), contenuti in alimenti di bassa qualità e a
basso costo. Sebbene l’obesità sia diffusa in tutta la penisola, esiste un trend geografico Nord-Sud.
Lo stesso trend si è visto con i bambini con aumento dell'obesità infantile.
119
Nel grafico: prevalenza obesità infantile in Sicilia.
In italia il sovrappeso e l'obesità colpiscono
circa 1/4 bambini. L’incremento è dovuto allo
stile di vita: I bambini giocano meno, quindi
spendono meno energia, stanno per lo più seduti
e mangiano di più e male.
Dato che in generale l’obesità si associa a
complicanze che aumentano la mortalità e
riducono l’aspettativa di vita, è facile
comprendere come questi bambini partano da
una condizione sfavorevole.
120
Per quanto riguarda tutte queste patologie associate all’obesità, la prof.ssa mostra una serie di
slides riportanti le percentuali di prevalenza correlate al BMI del pz. Si nota come nella maggior
parte dei casi (eccezione per le dislipidemie, più frequenti quando il pz è in sovrappeso)
queste aumentino all’aumentare del BMI. Si riporta ad esempio quella relativa al diabete di tipo 2:
Quello che si è visto nel tempo è che il BMI con la mortalità ha un andamento a j. Quando si ha un
BMI basso è come averlo alto. I due estremi ai fini della mortalità sono uguali. L’ideale è avere un
peso normale o al limite anche un sovrappeso (rischio di mortalità paragonabile al normopeso) fino
al 27.
Dal dopoguerra ai giorni nostri, è migliorata l’aspettativa di vita (di circa 9 anni). Il problema del 21°
secolo è dato dal fatto che continuando con questo stile di vita, i progressi ottenuti con il trattamento
medico di molte malattie verrebbero vanificati dagli effetti negativi dell’obesità e delle sue
121
complicanze, tanto che la crescita dell’aspettativa di vita tende a fermarsi. Negli USA l’aspettativa di
vita per tutta la popolazione sarebbe maggiore di 4-11 mesi se tutti i soggetti obesi fossero
normopeso. Questo vuol dire, per i soggetti obesi, una riduzione dell’aspettativa di vita di 6-7 anni in
media.
Oltre al dato diretto relativo alla salute del singolo individuo, l’obesità costituisce anche un danno
indiretto alla salute della collettività: Tenendo conto della strettissima relazione tra
obesità/sovrappeso (circa il 50% della popolazione adulta), diabete (5-6%), e pre-diabete (3-4%)
vediamo come il SSN spenda per la cura di queste due complicanze circa il 10% dell’intera spesa
sanitaria. Se ne deduce che riducendo l’obesità si ridurrebbe anche la spesa.
Genetica e ambiente
Si diventa obesi perché il tutto risponde alla prima legge della termodinamica: ΔU = Q − W (Energia
conservata = Energia introdotta - Energia consumata, che si traduce come: Grasso accumulato =
Cibo - (Metabolismo basale + attività)). Come già detto, l’obesità è una patologia ad eziologia
eterogenea. Le due componenti principali sono:
- Componente genetica ha si un suo peso nel 40-80%;
- Componente ambientale e comportamentale (Un esempio è la popolazione di antichi
indiani d’America, adesso costretti a vivere nelle riserve, non si muovono più e hanno
cambiato il loro stile di vita: tra essi la prevalenza dell'obesità è dell'80%, del diabete
del 50-60%).
Associati ai fattori ambientali e genetici, si nota come l’obesità abbia un fattore familiare, legato si ai
geni ma anche allo stile di vita presente nei familiari. Quando si curano i bambini si parla con i
genitori perché quasi sempre c’è un problema educativo, cercando di modificare quello che è
sbagliato nel comportamento dei genitori.
La quantità di tessuto adiposo è uno dei tratti umani con maggior ereditabilità. Dati recenti sui
gemelli confermano che indipendentemente dalla forza dell’ambiente obesiogeno, vi è una forte
influenza genetica nella regolazione della massa adiposa sia in età infantile che in età adulta (a
livello genetico quindi, ognuno possiede la tendenza ad avere una determinata quantità di grasso).
Non si parla di una malattia monogenica, ma alcuni individui hanno delle varianti genetiche
‘’ambiente-sensibili’’ che li rendono particolarmente suscettibili all’aumento di peso quando sono
esposti allo stile di vita occidentale (visibile soprattutto nei migranti).
L'uomo del paleolitico doveva cacciare e spendere energia per mangiare. C'erano giorni in cui il
cibo abbondava, dopo aver procurato la preda, e giorni in cui c'era carenza. Quindi, per
sopravvivere, bisognava accumulare energia: il glicogeno dei muscoli e del fegato rappresenta una
riserva di 1000 kcal, mentre i trigliceridi del nostro tessuto adiposo possono arrivare a fornire
120.000 kcal. Vi è quindi necessità di questa importante riserva energetica e essa che sia sempre
disponibile. Il muscolo esercitato utilizza preferibilmente gli acidi grassi (β-ossidazione),
conservando il glicogeno. Gli zuccheri sono indispensabili per alcuni organi (cuore e cervello) e se
mancano vengono formati tramite gluconeogenesi utilizzando aminoacidi (consumo di proteine
strutturali).
La donna, per esigenza della procreazione, ha una percentuale di tessuto adiposo maggiore
rispetto all'uomo, quindi avrà più grasso e meno muscoli, perché il tessuto adiposo è visto come
riserva anche in caso di gravidanza.
122
Anticamente, il problema era di saturare al massimo i depositi per prepararsi alla carenza, infatti chi
non aveva i depositi "ben riempiti" sopravviveva con meno probabilità. Nei millenni si è quindi
selezionato un assetto genetico dei processi biochimici (enzimatici) delle nostre cellule che
favorisce il risparmio e l’accumulo di energia. Questa è la teoria del Thrifty genotype o Genotipo
risparmioso (consuma poco e accumula molto). In poche parole, sono stati selezionati gli individui
resistenti al dimagrimento e si sono selezionati quelli che riuscivano ad accumulare meglio
l’energia.
Negli ultimi 40-50 anni (era tecnologica) si è assistito ad un progressivo aumento della vita
sedentaria e dell’inattività fisica (automazione, trasporto, comunicazione ecc). L’alternanza dei cicli
di abbondanza e carenza dei cibi si è bloccata data la disponibilità pressoché continua di cibo e allo
stesso tempo non si deve fare molta fatica per procurarsi il cibo. Tutto ciò ha portato ad un
riempimento cronico ed in eccesso dei depositi energetici.
Conclusioni: Sebbene a livello della popolazione, l’obesità può essere attribuita alle modifiche dello
stile di vita, a livello individuale, il BMI è invece determinato dal modo in cui le varianti genetiche di
alcuni geni gli permettono di rispondere agli stimoli ambientali.
Eziologia dell’obesità
Autoregolazione
In rapporto al ridotto consumo energetico (sedentarietà) dovrebbe essere ridotto il desiderio, la
ricerca e l’assunzione di cibo (energia). In pratica non è così: Il sistema di regolazione del bilancio
energetico è organizzato per favorire la sopravvivenza in condizioni sfavorevoli (carenza di cibo),
mentre è poco efficiente l’azione inversa (favorire il consumo energetico e/o ridurre l’assunzione di
cibo in condizioni di abbondanza). A questo si aggiunge il sistema industriale che promuove
l’utilizzo di alimenti a fini psicologici e di gratificazione.
Nei paesi occidentali un adulto aumenta generalmente dello 0,4% del peso corporeo totale in un
anno. Quindi il sistema di regolazione della stabilità del peso è molto preciso (SNC, app. Digerente,
app. Muscolare, t. adiposo).
123
Gli ormoni a lungo termine sono leptina e insulina (azione lipogenetica, protidosintetica,
glicogenosintetica).
Quelli a breve termine sono Grelina, PYY (il più potente di tutti), CCK, prodotti una volta introdotto il
cibo. Questi ormoni agiscono a livello del SNC (nucleo arcuato) determinando produzione di NPY
(Neuropeptide Y), il quale agisce a livello centrale attivando tutti i meccanismi che favoriscono le
azioni ed i sistemi volti alla ricerca del cibo.
Una piccola parte di pz con obesità grave ha una condizione di leptino-deficienza: Assenza o
riduzione della leptina (o modifiche al recettore). La mancanza totale della trasmissione di segnale
causa sin dall’infanzia:
- Iperfagia;
- Riduzione della spesa energetica;
- Obesità grave;
- Insulino-resistenza;
- Ipogonadismo ipogonadotropo;
- ipotiroidismo.
124
In questi pz, il trattamento con leptina causa perdita di peso e miglioramento dell’ipogonadismo e
dell’ipotiroidismo.
Tessuto Adiposo
Il tessuto adiposo bruno è un tessuto importante perché sulla membrana mitocondriale vi sono i
recettori beta3 adrenergici che fanno sì che l'energia, in questo tessuto, anziché venire accumulata,
venga dispersa sottoforma di calore. Tempo fa si è pensato di sviluppare dei farmaci 3-agonisti,
ovvero farmaci che riescano ad attivare questi recettori aumentando il dispendio energetico, con
produzione di calore, anziché depositare l’energia sotto forma di riserva. (attività dimostrata nei
roditori ma non ancora nell’uomo - pubmed).
Prima si pensava che il tessuto adiposo bruno fosse presente nel neonato, invece, adesso, con le
PET, si è notato che esiste anche nell'adulto: esso è situato nelle zone sottoscapolari e lungo la
colonna vertebrale; inoltre, si è notato che i soggetti sovrappeso ed obesi hanno riduzione del
tessuto adiposo bruno ed aumento di quello chiaro.
Se abbiamo un soggetto in condizioni termoneutrali, il tessuto adiposo bruno è poco espresso; se,
invece, lo esponiamo a 16 gradi, il tessuto adiposo bruno compare: l'esposizione al freddo aumenta
la quantità di tessuto adiposo bruno (si è pensato in USA come aiuto nella prevenzione dell’obesità,
di ridurre solamente di un grado i riscaldamenti nelle case, cosa che non viene comunque fatta).
125
II tessuto adiposo bruno si riduce con l'età e questo potrebbe spiegare il fatto che gli anziani
tendano ad aumentare di peso, poiché si riduce il dispendio energetico. A seconda delle condizioni
a cui è esposto il soggetto, il tessuto adiposo bianco si trasforma in bruno e viceversa e ciò prende il
nome di transdifferenziazione del tessuto adiposo.
Classificazione dell’obesità
Quando ci troviamo di
fronte ad un soggetto
obeso è importante
fare un’attenta
anamnesi. Alcuni
soggetti, ad esempio
prendono peso dopo il
matrimonio. Bisogna
indagare anche se ci
sono state fluttuazioni
del peso e se ci sono
stati tentativi di dieta (effetto yoyo perde peso e poi ri riacquista).
Si deve calcolare la spesa energetica totale del soggetto, tenendo conto del metabolismo basale e
delle attività fisiche lavorative/ricreative.
126
Bisogna valutare se ci sono già patologie associate e fare una valutazione psicologica.
Terapia
La diminuzione del peso porta ad un
calo della pressione arteriosa. Riduce
anche la glicemia e questi soggetti
partendo da un pre diabete tornano
normali. Riducono anche i trigliceridi.
In 10 anni fisiologicamente si ha un
aumento di circa 3 kg. Questo
andamento naturale dobbuamo cercare
di non acclararlo ingrassando. Nella
valutazione dell'obiettivo terapeutico, il
massimo è la normalizzazione del
peso, cosa abbastanza rara. Molto più
realistico è avere degli obiettivi a step
raggiungibili dal pz, altrimenti potrebbe risentirne psicologicamente qualora non li raggiungesse. Si
punta al dimagrimento del 5-6% del peso in 6 mesi, già buono sia dal punto di vista sia della
pressione che dell’assetto lipidico. L'obiettivo successivo, ed anche il più importante, è mantenere il
peso (anche se non quello ideale) che permette al pz di migliorare la qualità della vita, ad esempio
soggetti allettati da molto tempo che si alzano e iniziano a fare delle piccole cose. Ancor meglio è
far passare il pz da una categoria (di obesità) ad un altra riducendo il rischio. Ridurre il proprio peso
corporeo ed essere in grado di mantenerlo è un segno di forte volontà del pz, infatti vuol dire che il
soggetto ha modificato il suo atteggiamento. Se questo non avviene e si fa solo per un periodo si
ritorna al peso di prima.
Dieta e terapia
Esistono molti tipi di dieta, tutte con vantaggi e svantaggi. L’importante è che queste vengano
somministrate da gente esperiente, dato che il pz deve essere preparato adeguatamente. In
generale, osservando la piramide alimentare, verdure ed ortaggi sono gli alimenti che si dovrebbero
mangiare di più mentre si dovrebbero mangiare meno grassi.
L’abbinamento oltre alla dieta di un presidio farmacologico dipende molto anche dal BMI.
127
Se abbiamo solo un leggero sovrappeso bastano solo dieta, esercizio e giusto comportamento.
Questo vale anche se ci sono alcuni fattori di rischio. La terapia farmacologia subentra quando
siamo in condizione di obesità.
I trattamenti che sono oggi disponibili sono tutti palliativi ed efficaci solo mentre utilizzati, infatti il
trattamento dell’obesità è un trattamento cronico e alla sospensione di esso, il pz tornerà ad
aumentare di peso. L’ultimo presidio è la terapia iniettiva, che sta dando buoni risultati.
La terapia chirurgica bariatrica è, negli ultimi anni, un trattamento che ha preso sempre più piede
perché ha dato molti risultati nel lungo termine. Il problema è che una terapia che necessita di
terapie sostitutive perché si ha malassorbimento e non tutti la possono fare. Deve essere fatta nei
soggetti che hanno rischio aumentato. Questa può esser fatta ad esempio nel BMI di 35 associato a
diabete (mentre il normale 35 no). Sopra il 40 viene sempre proposta. Sotto 35 se ci sono patologie
importanti.
128
Endocrinologia - Lezione 14
Precisazione: a causa delle poche ore rimaste, le seguenti lezioni sul diabete sono molto più integrate con il Rugarli rispetto alle altre. Il
tutto comunque segue l’ordine delle slides della prof.ssa approfondendo, ma non troppo, gli argomenti non trattati o trattati
superficialmente a lezione.
Diabete mellito
È un disordine metabolico ad eziologia multipla caratterizzato da iperglicemia cronica con
alterazioni del metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine, secondarie ad un difetto di secrezione o
di attività dell’insulina o più spesso, di entrambi.
È una sindrome cronica, che ha come caratteristiche l’elevata frequenza, è associata a morbilità e
può dare complicanze acute, evitabili con la buona educazione del pz, ma soprattutto croniche
(anche esse in parte evitabili).
Epidemiologia
La conoscenza del diabete è fondamentale per il medico, dato che nel tempo è diventato sempre
più frequente, soprattutto il tipo 2 perché associato ad obesità (vedi lezione precedente).
Secondo dati della IDF (International Diabetes Federation) risalenti al 2015 si stima che vi siano 3
nuovi casi di diabete mellito ogni 10 secondi ed in totale 10 milioni l’anno, numeri talmente elevati
da essere di grande impatto mediatico. Si pensa che continuando in questo modo nel 2030, 1
adulto su 10 avrà il diabete.
Per l’IGT (Impaired Glucose Tolerance - alterata tolleranza al glucosio) la prevalenza globale al
2011 era di circa l’8% (344 milioni di individui), si stima che nel 2030 arrivi all’8.4% (472 milioni di
individui).
Negli anni il dato relativo alla mortalità è molto migliorato, rimane comunque una patologia
altamente mortale nonostante le tante conoscenze e le buone terapie che abbiamo. La mortalità è
quasi sempre legata a malattie cardiovascolari, anche se si può morire per complicanze acute
(meno frequentemente). Si stimano circa 5 milioni di morti l’anno dovuti al diabete, molti più di quelli
di HIV, tubercolosi e malaria messi insieme.
In Italia oltre 3 milioni e mezzo di individui (5-6% della popolazione) hanno il diabete
(prevalentemente tipo 2). Così come per l’obesità, nonostante la patologia sia ampiamente diffusa a
livello nazionale, esiste un gradiente Nord-Sud.
129
Il seguente grafico mostra la proiezione
dal 2012 al 2030 della prevalenza del
diabete in Italia. Essa prevede che dal
6,2% attuale si arriverà ad un 9% di
prevalenza diabetica. Questi dati
comunque sono soggetti a delle
variazioni dovute a modalità diagnosi,
etnia, regionalità ecc.
L’obiettivo che si prefigge la medicina
per spezzare questa tendenza in
aumento è soprattutto quello della
prevenzione. Mentre però si parla molto
di prevenzione a livello mediatico e
scientifico, a livello di sanità si fa poco perché anche fare esami ha un costo e molti soggetti che
dovrebbero fare degli screening periodici non lo fanno per questioni economiche poiché non
rientrano nei livelli essenziali di assistenza.
Il tasso di mortalità complessiva per diabete mellito è sempre maggiore al Sud Italia.
Dal 1985 sono stati istituiti i centri di diabetologia: si è visto nel tempo, fino all’ultimo rapporto ARNO
del Novembre 2019 che i pz seguiti nei centri di diabetologia in media vanno meglio rispetto a quelli
seguiti dal medico di medicina generale. Questo perché non tutte le terapie oggi a disposizione
sono disponibili dal medico di medicina generale, e quest’ultimo non ha i mezzi giusti per
l’educazione del pz, mezzi che sono presenti nei centri specializzati.
130
Classificazione eziologica del diabete
Attualmente la maggior parte dei casi di diabete sono rappresentati dal tipo 2, fortemente correlato
con la vita sedentaria e l’obesità.
Il diabete di tipo 1 è però la malattia cronica più frequente nei bambini. È importante sottolineare
che il diabete di tipo 1 si può trovare a qualsiasi età a partire dai 6 mesi (a partire da questa data
poiché il sistema immunitario deve essere completo). Le forme di diabete che insorgono prima dei 6
mesi difficilmente sono autoimmunitarie ma per lo più congenite. Sebbene possa insorgere a
qualsiasi età è più frequentemente infantile, dai 9-14 anni. Ultimamente si è notato che esiste un
altro picco tra i 25-30 anni, ma comunque tutte le fasce di età possono essere colpite.
Sono sempre più sono frequenti i casi di diabete di tipo 2 in bambini ed adolescenti. Questo
potrebbe modificare nel giro di vent’anni il rapporto tra le due forme di diabete in bambini ed
adolescenti. Ad esempio quando si riscontra una clinica tipica del diabetico in un bambino obeso,
difficilmente questo sarà un diabete di tipo 1, come se compaiono i chetoni è difficile che sia di tipo
2.
L’esame che ci permette di differenziare le due forme è il dosaggio degli anticorpi, poiché in loro
presenza siamo di fronte ad un diabete di tipo 1. Altro elemento d’aiuto può essere la familiarità (es
un fratello che presenta diabete di tipo 1) anche se comunque deve essere valutata insieme alle
altre caratteristiche.
Il Peptide C, viene utilizzato per la sua emivita (30 min), dato che quella dell’insulina è solamente di
pochi minuti (5). In generale non viene utilizzato nella diagnostica qualora si sia già iniziata la
terapia insulinica. Se esso è <0,2 nmol/l siamo di fronte ad un deficit di secrezione pancreatica,
cosa che comunque avviene anche in una fase successiva di diabete di tipo 2.
131
Diabete autoimmune (DT1)
Una volta veniva definito insulino dipendente o diabete ad insorgenza giovanile. Oggi non si
utilizzano più questi termini, soprattutto il primo, perché creavano confusione dato che il diabetico di
tipo 2 una volta che non ha più secrezione dalle β-cellule prende l’insulina e quindi oggi si utilizzano
semplicemente i numeri 1 e 2.
Il diabete autoimmune è caratterizzato dal punto di vista etiopatogenetico, da una distruzione di tipo
linfocitario delle β-cellule con insulino deficienza assoluta. Gli anticorpi contro le β-cellule vengono
utilizzati come markers e sono presenti frequentemente al momento della diagnosi.
Può presentarsi in forma rapidamente progressiva, specie nel giovane ed in forma a lenta
insorgenza, specie in età adulta (NIRAD o LADA). Nei LADA abbiamo una secrezione di Peptide C
un po’ più alta del limite normale (tipo 1 o 0,9), sono presenti gli anticorpi, ma proprio perché esiste
una certa riserva pancreatica, questi soggetti non necessitano di terapia insulinica per circa 6 mesi.
Nei bambini, anche se questo nel tempo è cambiato, spesso la prima manifestazione è la
cheto-acidosi. Questa può manifestarsi all’insorgenza o come complicanza acuta dovuta ad una
mancata o inadeguata somministrazione di insulina. Ancora oggi ci sono casi di diagnosi di diabete
in chetoacidosi, anche se per fortuna la sensibilità è aumentata, grazie anche alle pubblicità
progresso (la prof.ssa racconta di una pubblicità progresso che istruiva le mamme a far eseguire un
controllo per il diabete se il bambino chiedeva sempre acqua per bere o andava di frequente ad
urinare). In Italia, nonostante tutto c'è ancora qualche caso di mortalità per mancata diagnosi di
diabete di tipo 1.
Il diabete di tipo 1 può fare parte delle SPA (sindromi polighiandolari autoimmuni). Esse
comprendono una serie di patologia come vitiligine, artrite reumatoide, ma anche sindromi
endocrine. Per la patogenesi del diabete di tipo 1 si rimanda alla lezione successiva.
Diabete Idiopatico
Comprende delle forme di diabete di tipo 1 ad eziologia sconosciuta. É per lo più presente tra
individui di origine africana o asiatica. In questi soggetti non vi è evidenza di autoimmunità, alcuni
individui presentano insulinopenia permanente e sono predisposti alla chetoacidosi. Da noi questa
forma di diabete è molto rara.
132
È molto forte l’associazione con altri fattori di rischio cardiovascolare (sindrome metabolica).
ICA (anti-cellula pancreatica) non vengono fatti da molti laboratori e non utilizzati per scopi clinici
ma soltanto nella ricerca.
133
Caratteristiche differenziali del Diabete di tipo 1 e 2
Livelli di insulina:
Nel diabete di tipo 1 esiste la cosiddetta luna di miele, una fase in cui dopo la diagnosi certa di
diabete di tipo 1, ritorna una certa funzione delle β-cellule che poi si esaurisce nel giro di mesi ed in
alcuni casi può arrivare anche a 1-2 anni. Normalmente i livelli di insulina sono assenti o molto
ridotti.
Sintomatologia:
Nel diabete di tipo 1 la sintomatologia è importante e non solo di tipo osmotico ma anche perdita di
concentrazione, anoressia, nausea, vomito, dolori addominali ecc. Si può arrivare anche al coma.
Nel diabete di tipo 2 ci possono essere i sintomi osmotici (poliuria e polidipsia) ma a volte questi non
vengono quasi rilevati dal pz perché si abitua e non ritiene opportuno andare a fare un controllo.
Questo ai fini della gestione del pz è un problema poiché dato che la sintomatologia può rendersi
evidente anche dopo molto tempo, il medico, non riesce a capire il momento della diagnosi certa
(cosa che si riesce a fare nel caso del tipo 1), e quindi a capire da quanto dura la patologia. Questo
è molto importante per le complicanze croniche dato che gli screening devono essere eseguiti in un
determinato momento.
Peso
Negli anni il sovrappeso si vede anche nei soggetti con tipo 1. Se vediamo un sovrappeso e
anticorpi positivi non dobbiamo entrare in confusione, perché possono coesistere.
Complicanze croniche
Per far si che insorgano le complicanze croniche lo scompenso glicemico deve anare avanti da
molti anni.
Nel diabete di tipo 1 non si trovano all’insorgenza, data la giovane età dei pz.
Nel diabete di tipo 2 si possono trovare già alla diagnosi, per quanto scritto sopra.
134
Familiarità
Nel diabete di tipo 1 è presente ma modesta.
Terapia
Nel diabete di tipo 1 è sostituiva (insulina).
Nel diabete di tipo 2 è la dieta, insulino sensibilizzanti e tutta una serie di farmaci che si possono
utilizzare e quando necessario fare insulina.
OGTT: Il test consiste nella somministrazione di 75g di glucosio (nel bambino si somministrano
1,75g glucosio x Kg di peso corporeo) in soluzione orale in 300ml di acqua. Anche in questo caso il
test deve essere preceduto da 8h di digiuno. Si valuta la glicemia a tempo 0 e dopo 2h. Se questa
(nell’adulto) è >200 mg/dl si fa diagnosi di diabete di tipo 2. Se i valori della glicemia a 2h sono
compresi tra 140-199 mg/dl si parla di IGT (Alterata Tolleranza al Glucosio).
135
Glicemia occasionale: si parla di diabete quando il valore di glicemia random >200 mg/dl ed in
presenza di sintomi osmotici (poliuria e polidipsia).
Emoglobina glicosilata (HbA1c)
Il calcolo dell’emoglobina glicosilata sembra essere un parametro più affidabile rispetto alla glicemia
per i seguenti motivi:
- Migliore standardizzazione del dosaggio;
- È espressione della glicemia media di un lungo periodo (3 mesi circa) e non di un
singolo momento;
- Ha una minore variabilità biologica;
- Minore instabilità pre-analitica;
- Non necessita di 8h di digiuno precedenti al prelievo o un carico orale di glucosio;
- Non soffre di influenze dovute al prelievo (stress da prelievo).
Eseguire il dosaggio di HbA1c è come eseguire una media delle glicemie degli ultimi 3 mesi. Infatti
dal test viene fuori la parte di emoglobina che è stata glicosilata in maniera non enzimatica,
proporzionale al livello di glicemia: più alta e duratura è la glicemia, più alto sarà il valore
dell’emoglobina glicosilata.
L’emoglobina glicosilata è normale quando i valori sono tra 4.25-5.85% (.può variare a seconda
della modalità con cui si esegue).
- Si parla di diabete quando è > 6.5% (dell’Hb totale).
Nota: La percentuale che serve per fare diagnosi non deve essere confusa con la percentuale da
raggiungere come obiettivo terapeutico.
Comunque anche il valore dell Hb glicosilata deve essere confermato da un altro test.
Esiste una relazione fortissima tra quelli che sono i valori di Hb glicosilata e lo sviluppo del diabete:
- È stato suggerito che i soggetti che presentano dei valori tra 6.0 - 6.49% hanno un
elevato rischio di diabete e quindi meritano una particolare attenzione e un intervento
per ridurre il rischio.
Nei soggetti <6,0% vanno considerati ulteriori fattori di rischio quali: obesità (soprattutto centrale),
dislipidemie, ipertensione, cioè tutti fattori facenti parte della sindrome metabolica.
Quindi: Se la Hb glicosilata è < 6.5% ma non nei valori normali, prima si fa una glicemia a digiuno:
- Se essa è alterata, abbiamo la nostra risposta vuol dire questo valore di Hb
glicosilata deriva dallo stato iperglicemico;
- Se questa è normale è il caso di fare una curva da carico orale.
Perché non si fa subito la curva? La curva da carico orale non viene fatta subito, in primis perché è
un esame più lungo (si devono aspettare 2h) ed il costo è maggiore (si devono eseguire 2 test).
Inoltre va ricordato che è test un tantino scomodo perché prendere 75 g di glucosio in una singola
somministrazione non è pochissimo.
136
Diabete gestazionale (GDM)
Forma di diabete che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza ed è una forma transitoria. Riguarda
circa 4-10% delle gravide (percentuali variabili come visto nel paragrafo dell’epidemiologia). Il
diabete gestazionale è un campanello d'allarme per l’eventuale successivo diabete di tipo 2. La
gravidanza è di per sé una condizione diabetogena perché per permettere il passaggio di nutrienti
da madre a feto ci deve essere insulino resistenza fisiologica. In soggetti predisposti geneticamente
questa è maggiore e quindi compare iperglicemia in gravidanza. Quindi anche se transitoria si
necessita un follow up periodico perché potrebbe comparire diabete di tipo 2. La percentuale di
donne che rimangono diabetiche varia, perché al passare degli anni le percentuali di donne con
diabete di tipo 2 aumenta comunque (10 anni si parla del 50%). Anche in questo caso come per il
diabete nel tempo si deve cercare di migliorare la percentuale facendo prevenzione.
In primis alla donna si consiglia l'allattamento perché riduce il rischio di sviluppare diabete. Tra gli
altri consigli che possiamo dare alla donna: Perdere peso e fare attività fisica, quindi modificare lo
stile di vita in modo da fare prevenzione.
Le donne con l’ovaio policistico hanno insulino resistenza. La PCOS comunque non è stata inserita
nelle motivazione per chiedere lo screening del diabete, ma siccome si sa che è un forte fattore di
rischio si consiglia comunque di farlo. Un'altra condizione non inserita è quella della fecondazione
assistita perché a causa di farmaci che si utilizzano le donne possono andare incontro a diabete
gestazionale, ma questo comunque chi pratica queste tecniche lo sa e richiede lo screening.
È importante fare diagnosi di diabete gestazionale perché la mancata diagnosi espone a rischio di
complicanze fetali e materne. Riconoscere e trattare il diabete gestazione riduce drasticamente le
complicazioni e fa tornare la donna agli stessi rischi delle non diabetiche.
Così come nei diabetici di tipo 2, anche nel caso di DGM viene persa la prima secrezione, come se
quindi venisse formata meno insulina.
Nota: si ricorda che esistono due modalità di secrezione dell’insulina: una rapida (o prima) dove
vengono liberati granuli già formati, ovvero la riserva, ed una seconda fase dove vengono liberati
granuli appena formati. È come se viene formata meno insulina.
137
Se c’è una condizione che peggiora
l'insulino resistenza, quello che succede
è che si espandono le β-cellule ed
aumenta la secrezione di insulina e
quindi normoglicemia. Se questa
espansione non è adeguata all’insulino
resistenza si ha iperglicemia
(gravidanza, obesità, cushing,
acromegalia).
La prima cosa da fare nel momento in cui è accertata la condizione di gravidanza è escludere nel
primo trimestre (la gravidanza dura 40 settimane, e di solito il primo trimestre termina tra la
12-13ima settimana) che vi sia un diabete di tipo 2 misconosciuto, quindi si fa subito una glicemia a
digiuno.
Sono definite affetta da diabete pregestazionale (preesistente non noto), donne con uno o più
dei seguenti valori:
- Glicemia plasmatica a digiuno >126 mg/dl;
- glicemia plasmatica random >200 mg/dl;
- HbA1c >6,5% (standardizzata ed eseguita entro le 12 settimane di gestazione).
Indipendentemente dalla modalità utilizzata è necessario che i risultati superiori alla norma siano
confermati in un secondo prelievo.
Qualora si abbia la conferma di diabete pregestazionale, la donna viene trattata come un normale
pz diabetico di tipo 2.
Se la glicemia risulta normale <100 mg/dl ma anche tra 100 - 125 mg/dl si deve comunque fare lo
screening per il diabete
gestazionale e si devono
valutare i fattori di rischio:
queste in slide sono delle
condizioni che ci mettono in
allarme, e ci inducono a
cercare una diagnosi di
diabete gestazionale in
secondo trimestre (si fa circa
tra la 16-18ima settimana di
gestazione).
Una volta escluso il diabete
di tipo 2 (pregestazionale)
se c’è almeno un fattori di
rischio si esegue la curva..
138
Se la donna non ha nessuna condizione della slide di sx si esegue lo screening tra la 24-28esima
settimana se sono presenti le altre condizioni della slide di dx: già la semplice età > 35 anni impone
di eseguire uno screening tra la 24-28ima settimana.
La glicemia alta nel primo trimestre predispone allo sviluppo alterazioni fetali perché viene alterata
l’embriogenesi. Il diabete gestazionale che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza, non è
caratterizzato da malformazioni congenite, ricordiamo comunque che di base tutte le gravidanze
presentano un certo rischio di malformazione (il diabete comunque aumenta il rischio di 4-5 volte). Il
fatto di fare lo screening tra la 16-18ima settimana perchè sono presenti fattori di rischio e ripeterlo
tra la 24-28esima settimana è motivato dal fatto che dopo la 20esima settimana aumenta il livello
degli ormoni visti sopra prodotti da placenta e fegato e quindi aumenta l’insulino resistenza.
Algoritmo diagnostico
riassuntivo
Del GDM:
139
Terapia del DGM
Nel diabete gestazionale si inizia sempre con dieta ed attività fisica esattamente come nel diabete
di tipo 2. Nella donna in gravidanza però l’attività fisica potrebbe anche essere vietata (dipende
dalla placenta ecc). Se non funzionano la dieta o l’attività fisica si fa l’insulina, l’unico farmaco
approvato in Italia in periodo di gravidanza. In alcuni stati si usa la metformina, ma in italia questa è
off label e chi la usa deve chiedere consenso.
140
Sebbene l’incremento dell’insulina inibisca il rilascio di glucagone, l’aumento del glucagone di contro
aumenta il rilascio di insulina, poiché prepara il corpo al successivo rialzo glicemico.
L’insulina secreta dal pancreas entra nel circolo portale e arriva al fegato dove per il 50% viene
estratta e degradata. La quota che sfugge al fegato entra nel circolo sistemico e lega il proprio
recettore sito nei tessuti insulino-dipendenti. Una volta avvenuto il legame avviene
l’autofosforilazione del recettore e l’attivazione delle vie di segnale responsabili dell’azione biologica
dell’insulina:
141
Sintesi e secrezione di glucagone
Il glucagone viene prodotto a livello delle cellule ɑ. Esso è l'ormone che agisce di più a digiuno per
mantenere i valori di glicemia normali: attiva la gluconeogenesi e la glicogenolisi a livello epatico
determinando rilascio di glucosio.
Come già esposto sopra, a livello del tessuto adiposo stimola la lipolisi dei trigliceridi.
142
Patogenesi del Diabete di tipo 2 (DT2)
Dato che salta all’occhio è come l’80% dei pz con diabete sia obeso. Come approfondito nella
lezione n°13, il tessuto adiposo presenta delle funzioni endocrine peggiorate che possono portare a
delle patologie metaboliche, tra le quali il diabete.
Si assiste ad una saturazione della
capacità di accumulo dei lipidi nel tessuto
adiposo.
Insulinoresistenza
Si intende la riduzione dell’azione biologica dell’insulina a livello dei tessuti bersaglio o meglio,
quando le azioni dell’insulina nel rimuovere il glucosio circolante tramite la captazione nel muscolo
periferico e nella soppressione della produzione/rilascio epatico di glucosio sono inferiori a quanto
atteso.
È chiaro che l’insulino resistenza è a carico dei
tre organi bersaglio: fegato, muscolo e tessuto
adiposo.
Il ruolo cruciale del fegato nello sviluppo
dell’insulino resistenza è dimostrato dal fatto
che insulinoresistenza e intolleranza glucidica si
manifestano nell’animale da laboratorio privo
del recettore insulinico a livello epatico e non in
quello privo a livello muscolare e adiposo.
Sebbene non sia stata ancora completamente
chiarita la causa dell'instaurarsi
dell’insulinoresistenza, è noto che essa è
associata all’obesità (viscerale) e all’inattività
fisica. Il tessuto adiposo rilascia ormoni, citochine proinfiammatorie e adipochine in grado di
modulare l’azione dell’insulina in altri tessuti. Un aumento dei trigliceridi nel tessuto adiposo causa
la formazione di adipociti ipertrofici e uno stadio di infiammazione locale che riduce l’azione
insulinica. Gli adipociti ipertrofici risentono meno dell’azione dell’insulina e rilasciano più acidi grassi
che accumulandosi in altri tessuti (muscolo ed epatociti) rendono tali cellule insulino resistenti.
I meccanismi molecolari attraverso i quali gli acidi grassi, le adiponectine e le citochine
interferiscono con l’azione dell’insulina non sono ancora noti, ma si ipotizza un’azione post
recettoriale con interferenza sulla trasduzione del segnale attivata dal legame tra insulina e
recettore.
143
Alterata secrezione insulinica (la cellula β)
Sebbene i livelli basali di insulina siano aumentati nel soggetto diabetico e superiori alla norma in
fase post-prandiale, a parità di livelli glicemici, la secrezione di insulina nel soggetto con diabete di
tipo 2 è inferiore a quella del non diabetico. Il difetto delle cellule β è riscontrabile già prima dello
sviluppo del diabete e riconosce una componente genetica. La stessa iperglicemia può determinare
una riduzione della funzione delle cellule β aumentando lo stress ossidativo (glucotossicità).
L’aumento degli acidi grassi liberi, causato dall’insulinoresistenza, determina un deposito di essi a
livello delle cellule β contribuendo al deterioramento cellulare (lipotossicità).
Nella storia naturale del DT2 si assiste ad una riduzione della funzionalità secretiva di insulina tanto
da rendere a volte necessaria la terapia sostitutiva con insulina.
La pulsatilità dell’insulina viene persa. Normalmente essa non viene prodotta solo dopo il pasto ma
durante tutta la giornata in maniera oscillante per far si che la glicemia sia tra 70-100 mg/dl
(vengono prodotte delle piccole quantità).
144
La cellula ɑ
Negli anni la patogenesi si è arricchita. La base rimane comunque l'insulino resistenza però ad
esempio si è visto che oltre ad essere coinvolta la cellula β con un'alterata secrezione di insulina,
viene coinvolta anche la cellula ɑ con una aumentata produzione di glucagone e quindi alterato
equilibrio tra i due.
Per chi guarda in bianco e nero, nel primo gruppo di onde vediamo sopra i diabetici e sotto i
soggetti normali (iperglicemia). Nel secondo gruppo sopra i normali e sotto di diabetici (ridotta
secrezione di insulina). Nel terzo gruppo sopra i diabetici e sotto i normali (glucagone non
soppresso dopo il pasto).
145
Le incretine sono GLP-1 e GIP, stimolanti entrambe con effetto additivo la sintesi e il rilascio di
insulina.
GLP-1 viene prodotto nelle cellule L dell’ileo. Per struttura è simile al glucagone, viene infatti
formato a partire dal proglucagone, ma l'effetto è opposto. Il GIP viene prodotto nelle K cellule del
digiuno. Insieme, GIP e GLP-1 funzionano da amplificatori del rilascio di insulina. Il GLP-1 lega il
suo recettore e tramite la formazione di un secondo messaggero (cAMP) amplifica la liberazione del
calcio portando ad un maggior rilascio di insulina.
Tra i due GLP-1 è quello più studiato: non solo promuove la sintesi ed il rilascio di insulina,
aumentando la captazione periferica di glucosio e riducendo il senso della fame, ma riduce anche la
secrezione di glucagone ed ha numeri effetti sistemici.
A livello sistemico il GLP-1 determina:
- Cuore, effetto cardioprotettivo ed aumento della gittata cardiaca;
- Cervello, aumenta la protezione e diminuisce il senso della fame;
- Stomaco, riduce lo svuotamento gastrico;
- Pancreas, aumenta la proliferazione delle cellule β, riducendone l’apoptosi e
aumenta la secrezione di insulina;
- Muscolo e tessuto adiposo, aumenta la sensibilità all’insulina e diminuisce quella al
glucagone;
- Fegato. Diminuisce il rilascio di glucosio.
Nei soggetti diabetici e IGT, i livelli di GLP-1 sono più bassi e per questo si è pensato di utilizzare
degli analoghi o degli inibitori dell’enzima che
lo degrada.
146
Endocrinologia - Lezione 15
Il Rene
Il rene produce glucosio, vediamo infatti che il 40% della gluconeogenesi totale del corpo avviene a
livello renale, ovviamente la maggior parte avviene a livello epatico. Sebbene da una parte lo
produce, dall’altra lo consuma contribuendo a mantenere l'omeostasi glucidica. Il rene filtra il
glucosio (circa 180 g/die) e la quota maggiore viene riassorbita.
Il processo di riassorbimento dipende strettamente dalla glicemia: il processo avviene grazie a dei
trasportatori sodio/glucosio chiamati SGLT (Sodium-glucose transport proteins). Di questi ne
esistono vari tipo, differentemente distribuiti nei vari tessuti:
Quelli che ci interessano a livello renale sono SGLT1 e SGLT2, gli altri non sono espressi, o se
espressi come SGLT4 o non sono direttamente coinvolti o non se ne conoscono ancora i
meccanismi di funzionamento.
Favorire la perdita del glucosio favorisce la perdita di calorie, mentre il riassorbimento aumenta la
glicemia, contribuendo all’omeostasi.
147
Quella che era nata come una risposta adattiva per conservare glucosio (necessità energetiche -
Thrifty genotype) diventa dannosa nel caso del diabete. Quindi: la capacità del rene di risparmiare
glucosio nel pz diabetico è aumentata in termini assoluti per un’aumentata capacità di
riassorbimento del glucosio.
Cervello.
Sebbene l’insulina a livello cerebrale non sia necessaria per la captazione del glucosio (questo
rappresenta un meccanismo di sopravvivenza in caso di ipoglicemia, poiché permette al cervello di
estrarre glucosio dal circolo sanguigno anche in caso di basse concentrazioni), vediamo come la
sua azione sia importante a livello cerebrale poiché essa è un potente regolatore dell’appetito
stimolando i centri di regolazione dell’appetito inducendo sazietà. Questi centri di regolazione
dell’appetito da parte dell’insulina sono stati identificati a livello di alcuni nuclei ipotalamici.
Soggetti obesi, sia diabetici che non, sono caratterizzati da insulinoresistenza ed iperinsulinemia
compensatoria, ma nonostante ciò l’apporto di cibo è aumentato, poiché esiste una
insulinoresistenza anche a livello dei nuclei ipotalamici regolatori dell’appetito e ciò comporta una
minore inibizione del senso della fame in seguito all’ingestione di glucosio (ovviamente questo non
influenza l’ingresso di glucosio a livello cerebrale, poiché ricordiamo che il tessuto è insulino
indipendente). Questo può essere rilevato tramite una RM funzionale:
L'insulina è un ormone fondamentale per molte funzioni corporee, compresa la salute delle cellule
cerebrali. Il team ha identificato parecchie anormalità nell'attività delle due principali vie di
segnalazione dell'insulina e del fattore di crescita insulino simile (IGF-1) in pazienti non diabetici
affetti dalla malattia di Alzheimer. Questi percorsi potrebbero essere bersaglio di farmaci in grado di
148
re-sensibilizzare il cervello all’insulina, rallentando o forse anche migliorando il declino cognitivo
legato alla malattia. Si tratta del primo studio che dimostra direttamente che l'insulino-resistenza si
verifica effettivamente nel cervello di persone affette da malattia di Alzheimer.
Il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer aumenta del 50% nelle persone con diabete. Il team
di ricerca ha scoperto che la resistenza all’insulina nel cervello si verifica indipendentemente dalla
presenza del diabete. I ricercatori hanno utilizzato campioni di tessuto cerebrale post-mortem da
pazienti non diabetici con la malattia di Alzheimer: dopo aver stimolato il tessuto con l'insulina
hanno misurato la quantità di insulina attiva e questa è stata riscontrata in misura
decisamente minore nei casi di Alzheimer rispetto ai campioni di pazienti non affetti dalla
malattia neurodegenerativa.
Nel tessuto delle persone affette da morbo di Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve (MCI), i
ricercatori hanno scoperto che le modifiche apportate a una proteina chiamata substrato recettore
dell'insulina-1 (IRS-1 e pS636/639 pS616) nelle cellule cerebrali erano legati alla gravità del deficit
di memoria, indipendentemente da età, sesso, presenza di diabete, o di apolipoproteina E (APOE). I
livelli di IRS-1 erano significativamente associati alla presenza di placche di beta amiloide e
grovigli neurofibrillari, i marcatori più noti della malattia di Alzheimer. Questo suggerisce che la
resistenza all'insulina contribuisce al declino cognitivo indipendente dalla patologia classica
del morbo di Alzheimer.
I ricercatori hanno notato che ben tre farmaci insulino-sensibilizzanti sono in grado attraversare la
barriera emato-encefalica e potrebbero correggere l’insulino-resistenza nel morbo di Alzheimer e
nel deterioramento cognitivo lieve (MCI). Dovranno quindi essere condotti degli studi clinici per
determinare l’impatto di questi farmaci in pazienti non diabetici affetti da Alzheimer e MCI.
"La nostra ricerca dimostra chiaramente che la capacità del cervello di rispondere all'insulina non
solo modula l'assorbimento del glucosio, ma promuove anche la salute delle cellule cerebrali – ha
dichiarato Steven E. Arnold, MD, professore di Psichiatria e Neurologia e primo autore dello studio -
Noi crediamo che la resistenza all'insulina del cervello possa essere un fattore importante per il
declino cognitivo associato alla malattia di Alzheimer. Se siamo in grado di prevenire la
resistenza all'insulina del cervello, o ri-sensibilizzare le cellule cerebrali per l'insulina con
una qualsiasi delle terapie attualmente disponibili, potremmo essere in grado di rallentare,
impedire, o forse anche di migliorare il declino cognitivo.”
149
La patogenesi del DT2 può essere riassunta nel cosiddetto ‘’ottetto minaccioso’’:
- Alterata secrezione insulinica della β cellula;
- Aumentata secrezione di glucagone da parte dell’ɑ-cellula;
- Riduzione dell’effetto incretinico nell’intestino;
- Aumento della lipolisi a livello adiposo;
- Aumentato riassorbimento di glucosio renale;
- Ridotta captazione di glucosio da parte del muscolo;
- Aumentata gluconeogenesi epatica e rilascio di glucosio;
- Disfunzione della neurotrasmissione nel cervello.
Le complicanze croniche, derivano da tutta una serie di elementi quali: iperglicemia, dislipidemia,
alterazioni della coagulazione, insulinoresistenza ed ipertensione. Agendo in tempo su questi fattori
possiamo prevenire o ritardare la loro insorgenza.
Glicemia
Sebbene questa sia fondamentale, nella valutazione degli obiettivi terapeutici in un soggetto con
diabete 2 non si guarda solo alla glicemia: il diabetologo non è un glicemologo. Se sistemassimo la
glicemia ma non controllassimo altre cose come lipidi, fumo, ipertensione ecc non avremo risolto
niente e il pz resterà comunque ad alto rischio.
Generalmente le persone
trascorrono la maggior parte
della giornata in uno stato
post-prandiale
150
I target glicemici per i pz diabetici sono riportati in tabella.
La Consensus (SID/AMD) è usata in Italia e prevede questi obiettivi per evitare le complicanze
croniche:
- Glicata <6,5 - 7%;
- Glicemia a digiuno tra 80-130 mg/dl;
- Glicemia postprandiale <160 mg/dl.
Sebbene si consideri anziano un soggetto di età > 65 anni, per quanto riguarda il diabete, possiamo
considerare questo limite un po’ più in avanti.
Per svilupparsi le complicanze, lo scompenso deve durare da circa 10 anni: se il soggetto ha una
diagnosi di diabete ad 80 anni, possiamo anche permetterci di lasciarlo con una glicata un tantino
più alta, dato che possiamo anche permetterci che a 90 anni si sviluppino delle complicanze. Se
prendessimo ad esempio un soggetto diabetico 80enne che sta bene e non presenta complicanze o
151
altre patologie, possiamo permetterci di
attuare un target terapeutico un po’ più
aggressivo, cercando sempre di evitare le
ipoglicemie.
Lipidi
Dipende anche dal soggetto: un aumento
delle LDL aumenta il rischio cardiovascolare.
All’aumentare dei livelli di colesterolo sia nei
non diabetici, che nei diabetici aumenta il
rischio cv, comunque maggiormente nei
diabetici. È stato visto che l’aumento del 10%
del colesterolo si associa ad un aumento del
27% delle malattie cardiovascolari e una
riduzione del 10% del colesterolo si
accompagna ad una riduzione del rischio del
25% di malattie cardiovascolari in 5 anni.
Le alterazioni delle lipoproteine nel diabete mellito portano alla dislipidemia aterogena,
caratterizzata da:
- Aumento dei trigliceridi;
- Aumento delle VLDL;
- Aumento delle LDL e delle LDL piccole e dense;
- Aumento della Lipoproteina a;
- Riduzione delle HDL
152
Il diabete viene considerato come un equivalente di rischio di malattie cardiovascolari:
- Rischio di eventi coronarici maggiore/uguale a quello dei pz con CHD conclamata;
- Rischio in 10 anni di CDH > 20%.
Come si vede nella lezione sulle dislipidemie, non esiste un valore soglia al di sotto del quale la
colesterolemia non sia associata ad un rischio più basso, ma vale sempre la regola che più è basso
il colesterolo LDL minore è il rischio per il pz.
Ridurre il colesterolo quanto più possibile può compensare l’effetto negativo del diabete e quindi
ridurre il rischio ad esso associato.
Se diamo una terapia che riduce il colesterolo totale riduciamo anche HDL quindi dobbiamo trovare
un compromesso (ad oggi non ci sono farmaci che aumentano HDL, l’unica cosa per ora dimostrata
è l’attività fisica).
Pressione
All'aumentare della pressione sistolica aumenta il
rischio cv più nei diabetici che nei non diabetici.
153
Sicuramente non si può parlare di un singolo obiettivo per tutti uguale per i pz diabetici ma oggi si
parla di terapia sartoriale che deve essere costruita intorno ai pz.
Terapia
Dieta
La dieta è una parte cruciale del trattamento ed i pz diabetici dovrebbero ricevere un’adeguata
dieta. Una moderata riduzione dell’apporto calorico, associata ad un aumento del dispendio
energetico, è raccomandata nei pz diabetici sovrappeso e obesi. Il calo ponderale in questo caso è
il principale obiettivo e si associa ad un miglioramento del compenso glicemico poiché riduce
l’insulinoresistenza. La composizione della dieta non differisce sostanzialmente dalla dieta
bilanciata consigliata a tutti gli individui. L’obiettivo è quello di evitare rapide escursioni dei livelli
glicemici ma anche e soprattutto di prevenire lo sviluppo delle complicanze croniche.
Esercizio fisico
Riduce il rischio cardiovascolare, la pressione arteriosa, il peso corporeo, la massa grassa, la
glicemia (durante e dopo l’esercizio) e l’insulinoresistenza ed inoltre può avere grandi effetti
psicologici positivi. Un programma di esercizio fisico è consigliabile in tutti i soggetti diabetici e
rientra nel piano terapeutico.
Terapia medica
Abbiamo vari tipi di farmaci che agiscono sui vari protagonisti (visti sopra) che determinano
iperglicemia:
- Per quanto riguarda i tessuti insulino sensibili (fegato, tessuto adiposo, muscolo),
possiamo utilizzare i farmaci sensibilizzatori dell’insulina come la Metformina.
Questa a livello epatico ad esempio, permette di ridurre l’insulinoresistenza
bloccando la gluconeogenesi epatica e quindi il rilascio di glucosio. È il farmaco di
154
prima scelta poiché ha una buona azione (riduzione HbA1c dell'1,5%), induce un
lieve calo ponderale, riduce gli FFA e i TG e non causa ipoglicemia.
Altri farmaci con la stessa azione sono i Glitazoni. Questi agiscono meglio in
periferia aumentando la captazione del glucosio (tessuto adiposo e muscolare, molto
di più sul primo) piuttosto che a livello epatico;
- Per bloccare l’aumentato riassorbimento del glucosio a livello renale utilizziamo gli
inibitori di SGLT2 o Gliflozine. Questi inibitori determinano la perdita del 40% del
glucosio filtrato a livello renale con le urine. Questi farmaci presentano anche degli
ottimi effetti extrarenali che li rendono particolarmente interessanti per la terapia del
DT2, tra questi: parziale inibizione di SGLT1 che a sua volta comporta una riduzione
dell’assorbimento di glucosio a livello intestinale, riduzione del peso corporeo per
dissipazione di parte delle calorie introdotte tramite la glicosuria, riduzione dei valori
pressori per azione diuretica osmotica. I farmaci inibitori del SGLT2 causano anche
una riduzione dei livelli di HbA1c (0,79% in monoterapia e 0,61% in associazione ad
un altro ipoglicemizzante orale). Essi inoltre hanno un basso rischio di determinare
ipoglicemia tranne che associati a terapia insulinica. Tra gli effetti collaterali, a causa
della grande quantità di glucosio che viene persa con le urine e quindi transita a
livello uretrale, vi è un lieve aumento del rischio di contrarre infezioni uro-genitali (di
dice al pz di bere di più per aumentare la diuresi e quindi pulire le vie urinarie);
155
- Per attivare il senso della sazietà a livello centrale si utilizzano degli agonisti del
GLP-1R in gradi di attraversare la barriera emato encefalica, agire sul recettore a
livello ipotalamico e dare sensazione di sazietà. Questa viene data anche perché
riducono lo svuotamento gastrico e questo attiva il senso della sazietà (distensione
della parete gastrica).
Secondo dati del 1989, la nazione con più casi di diabete di tipo 1 al mondo è la Finlandia, segue
subito l’Italia e nello specifico la Sardegna (si pensa che questo sia dovuto alla migrazione in tempi
remoti da parte di abitanti finlandesi). Nel corso dei secoli, si sono selezionati delle famiglie
(ricordiamo che stiamo sempre parlando di un’isola) in cui c’è familiarità per il diabete di tipo 1.
Patogenesi
Il diabete di tipo 1 è causato dalla distruzione autoimmune delle cellule β del pancreas. Ancora non
si ha la certezza sul perché il sistema immunitario si attivi, ma si pensa che un ruolo fondamentale
sia svolto da fattori ambientali nei soggetti il cui sistema immunitario è predisposto a sviluppare una
156
reazione autoimmune contro un antigene danneggiato della cellula β (meno probabilmente contro
molecole β simili ad antigeni virali per mimetismo molecolare. Può capitare che il DMT1 compaia
dopo un’infezione virale, ma questo ancora non è stato pienamente dimostrato). Si era parlato
anche di fattori dietetici ipotizzando un ruolo degli alimenti contenenti glutine, dello svezzamento
precoce o dell’utilizzo del latte vaccino (presenza di anticorpi che non riuscendo ad essere
contrastati da quelli del bambino, arriverebbero al pancreas e lo distruggerebbero poiché simili agli
anticorpi contro le isole pancreatiche), ma tutte queste ipotesi hanno perso valore nel corso del
tempo. Che qualcosa a livello ambientale dia origine al processo è quasi certo, il problema è che
non sappiamo quale sia.
157
Presentazione del DMT1
Rispetto al tipo 2 la presentazione del diabete di tipo 1 è molto chiara e ci permette di fare diagnosi.
La presentazione può essere:
Classica:
- Poliuria, nicturia, enuresi;
- Polidipsia;
- Perdita di peso;
- Scarso accrescimento;
- Facile affaticamento;
- Polifagia o inappetenza;
- Vomito;
- Facili infezioni (vaginali);
Chetosi con o senza acidosi:
- Dolori addominali;
- Nausea, vomito;
- Tachipnea e respirazione profonda (respiro di Kussmaul);
- Alito acetonemico è una delle cose che ci permette di fare diagnosi;
- Letargia, shock, coma.
Asintomatico:
- Scoperta casuale.
Oggi sempre più diffusa la scoperta casuale, poiché ai primi sintomi il medico si insospettisce e
consiglia di eseguire un controllo della glicemia.
158
Terapia con microinfusore
Si tratta di un dispositivo portatile, piccolo e
discreto, che tramite un set infusionale e un
ago-cannula, somministra insulina ad azione rapida
24 ore su 24. Generalmente, il microinfusore è
piccolo e discreto e può essere indossato durante
tutte le attività della vita quotidiana, compresa
l’attività fisica
Comprende un set d’infusione ed un serbatoio che
vanno sostituiti in genere ogni 2-3 giorni e, per
evitare l’insorgenza di infezioni, è necessario
ruotare il sito di applicazione dell'ago cannula.
Il microinfusore insulinico imita l’azione del pancreas, rilasciando durante l’intera giornata il
quantitativo di insulina necessario all’organismo.
Tale dispositivo somministra l’insulina in due differenti modi:
- Attraverso un’infusione basale continua, che mantiene normali i valori glicemici
lontano dai pasti;
- Con un’infusione di boli, che permette durante i pasti di fornire la corretta quantità di
insulina a seconda degli alimenti assunti e della glicemia.
A seconda del modello, il microinfusore può essere applicato direttamente sulla cute (patch pump o
microinfusore a cerotto) oppure indossato, attaccandolo alla cintura, portandolo in tasca o
applicandolo al reggiseno.
Il microinfusore è sempre dotato di un set infusionale che collega il serbatoio contenuto all'interno
del dispositivo all'ago cannula che somministra l'insulina sottocute. L'ago viene generalmente
applicato con un insertore dedicato.
Rispetto alla terapia insulinica tradizionale, il microinfusore permette di ricevere un apporto di
insulina preciso e costante nel tempo, emulando la funzionalità del pancreas; la velocità basale di
somministrazione dell’insulina, inoltre, può essere regolata a seconda delle necessità e dello stato
psicofisico del paziente. Essendo molto discreto, può essere portato sotto i vestiti senza essere
notato, lasciando al paziente diabetico la libertà di vivere la propria quotidianità senza limiti e senza
rinunce.
Gli infusori sono degli strumenti che devono stare sempre con il pz. Se il soggetto non ha il
microinfusore non può fare l’insulina. Non tutti vogliono il microinfusore e non per tutti c’è
l'indicazione. Se il soggetto normalmente fa pochi controlli, un po’ se ne frega, con una terapia di
questo tipo c’è il rischio che si vada in chetoacidosi, perché lo strumento è semiautomatico (molto
più alto il rischio che rispetto alle penne perché facendo la basale c’è una riserva, in questo caso
dopo 2-3 ore non c’è più niente). In soggetti che non sono attenti e che non fanno una gestione
attiva della terapia è bene non metterlo perché più rischioso. Alcuni non lo vogliono per una
questione psicologica poiché è come se portassero la malattia con loro, mentre con la penna, fai
l’infusione e si chiude la.
Chi ha il microinfusore fa un solo tipo di insulina, mentre chi fa terapia con la penna ne ha due tipi:
quella basale e quella dopo i pasti.
Spesso i microinfusori sono collegati a dei sensori.
159
Monitoraggio domiciliare della glicemia
Alcuni tipi di farmaci o quelli che fanno terapia insulinica
devono controllare la glicemia a casa. Il monitoraggio della
glicemia è uno strumento indispensabile per ottenere un
buon compenso glicemico in pazienti che praticano terapia
insulinica. Il monitoraggio della glicemia a domicilio può
essere fatto con un glucometro (glicemia capillare), non
c’è bisogno di disinfettarsi le mani ma queste devono
essere pulite per fare la glicemia. Oppure nei pazienti con
diabete tipo 1 il monitoraggio si può fare anche con un
sensore glicemico, che permette di misurare in continuo nelle 24 ore i livelli di glucosio a livello
dell’interstizio. Inserito nel sottocute, il sensore rileva i livelli glicemici a intervalli di 5 minuti (288
rilevazioni al giorno).
Ci sono altri sensori come quelli impiantabili (a fluorescenza), cioè sono dei sensori che vengono
messi sottocute con una piccola incisione nel braccio e stanno là dentro 180 giorno (6 mesi)
registrando ogni giorno. Dopo 6 mesi se ne mette un altro. Questi sono dotati di un trasmettitore che
invia i dati al telefono.
160
Pre-diabete
Una condizione di:
- Elevata glicemia a digiuno (IGF) tra 100 - 126 mg/dl o
- Alterata tolleranza al glucosio (IGT) = Glicemia 2h tra i 140 - 200 mg/dl dopo
carico orale
viene definita Pre-diabete: condizione nella quale i livelli di glicemia sono più alti della norma, ma
non sufficientemente elevati per fare una diagnosi di diabete.
Il pre-diabete può essere considerato come una fase precoce del diabete poiché una grande
percentuali di questi soggetti svilupperà la patologia. La gran parte dei prediabetici è asintomatica
ma hanno un rischio cardiovascolare 1,5 volte maggiore rispetto a chi ha una normoglicemia.
Oltre il 12% della popolazione tra 40 e 74 anni ha un pre-diabete;
Circa l’11% di questi diventano diabetici. In questi casi comunque riducendo l’insulinoresistenza
possiamo prevenire la progressione verso il diabete di tipo 2.
È chiaro che nella scelta dello screening oggi abbiamo la Hb-glicata che comunque non basta da
sola perché dobbiamo capire se è pre diabetico o diabetico. Quindi siamo costretti a fare il OGTT
che non si fa come screening di massa ma serve per identificare più soggetti a rischio. di quelli che
potremo fare.
Nei pre diabetici non si agisce tramite farmaci ma modificando lo stile di vita (se è presente obesità
ad esempio BMI >35 con una complicanza possiamo agire con alcuni farmaci). Se il soggetto ha un
BMI di 30-31 è comunque a rischio ma possiamo agire solo con la dieta, se utilizziamo dei farmaci
161
in questo caso sono off-label. Questo è un problema perché questa è la vera terapia però sappiamo
che l’aderenza non è a lungo termine e quindi la prevenzione è difficile da fare.
Sindrome metabolica
È una patologia multifattoriale eterogenea che ha alla base l'insulinoresistenza. La sindrome
metabolica raggruppa diverse alterazioni metaboliche e fattori di rischio per malattia cardiovascolare
facili da identificare:
- Dislipidemia aterogena;
- Ipertensione;
- Iperglicemia;
- Stato protrombotico;
- Stato proinfiammatorio.
Si accompagna ad un aumento della probabilità di evoluzione del pz verso il diabete di tipo 2 e ad
un aumento del rischio cardiovascolare.
Consente di identificare i soggetti a rischio elevato e di intervenire per prevenire morbilità e
mortalità.
Diagnosi
I criteri del NCEP-ATP III report indicano che devono essere presenti almeno 3 di queste
alterazioni:
- Obesità addominale CV > 102 cm (M), >88 cm (F);
- Glicemia a digiuno > 110 mg/dl;
- PA > 130/85 mmHg (o pz in terapia);
- Colesterolo HDL < 40 mg/dl (M) o < 50 mg/dl (F);
- Trigliceridi > 150 mg/dl (o pz in terapia).
I criteri dell’IDF (International Diabetes Federation) indicano che devono essere presenti:
- Obesità addominale CV > 94 (M), > 80 (F); + 2 dei seguenti fattori:
- Glicemia a digiuno > 100 mg/dl;
- PA > 130/85 mmHg (o pz in terapia);
- Colesterolo HDL < 40 mg/dl (M), <50 mg/dl (F) o pz in terapia;
- Trigliceridi > 150 mg/dl (o terapia).
La differenza è che nei criteri dell’IDF deve essere per forza presente un’alterazione della cv e che
la glicemia a digiuno deve essere un tantino più bassa.
162
Come per il diabete all’aumentare dell’età
aumenta il rischio di sindrome metabolica.
163
Patogenesi Sindrome Metabolica
Alla base della patogenesi della sindrome metabolica sta l’insulino resistenza. Da essa derivano
tutte le condizioni che caratterizzano la sindrome:
- Ipertensione;
- Dislipidemia;
- Iperglicemia;
- Infiammazione;
- Iperinsulinemia;
- Disfunzione endoteliale;
- Alterazioni della coagulazione.
Ipotesi infiammatoria
- Introito di cibo fa
aumentare tutti i fattori
dell’infiammazione. A
questo contribuiscono
obesità e fattori genetici;
- I fattori dell’infiammazione
causano stress ossidativo
con blocco dell IRS-1 ed
interruzione del segnale
insulinico;
- Il blocco del segnale
insulinico causa
insulinoresistenza (che
contribuisce di per sé allo
stato infiammatorio);
- A causa dell’insulinoresistenza aumenta la lipolisi e quindi la liberazione di acidi
grassi liberi che da un lato incrementano l’insulinoresistenza e dall’altro stimolano lo
stato infiammatorio.
Domanda su diabete e attività fisica: il famoso 250 mg/dl di glicemia che impedisce di fare attività
fisica. Il discorso è che in linea di massima l’attività fisica fa ridurre la glicemia, ma in questo caso la
differenza viene fatta dai chetoni: se non c’è insulina aumenta la glicemia e se l’insulina non è
sufficiente compaiono i corpi chetonici. Se la glicemia a 250 persiste per almeno 3 ore, si devono
controllare i chetoni: se positivi vuol dire che siamo in riserva di insulina, quindi manca da tanto
tempo e si sono dovuti bruciare gli acidi grassi, quindi prima si deve correggere la glicemia facendo
si che i chetoni ritornino normali e poi si fa attività fisica. Se i chetoni sono negativi si fa la
correzione comunque, in qualsiasi caso la glicemia viene corretta, tenendo conto che si deve fare
attività fisica e poi si può fare (iperglicemia continua da poco). Se la glicemia è normale e si hanno
120-130 si deve fare uno spuntino, soprattutto se si sa che la glicemia si abbassa (carboidrati
complessi). L’attività fisica può anche far aumentare la glicemia, siccome questo è dipendente da
molti fattori, non si può far fare attività fisica con rischio che la glicemia si alzi. Quello che si
consiglia ai soggetti che vogliono fare attività fisica è di farsi osservare per vedere come risponde
l’organismo all’attività fisica (fare controlli prima e fino a molte ore dopo l'attività fisica perché la
risposta può essere tardiva).
164
Endocrinologia - Lezione 16
Il glucosio per poter esercitare i suoi effetti deve essere internalizzato a livello cellulare: è
interessante notare come le complicanze croniche del diabete non colpiscano i tessuti la cui
captazione è regolata dall’insulina, poiché il deficit assoluto o relativo di insulina ostacolando
l’ingresso di glucosio all'interno della cellula proteggerebbe questi tessuti, sono infatti colpiti i tessuti
in cui l’internalizzazione cellulare è mediata dal trasportatore GLUT-1 indipendente dall’insulina.
165
Fondamentalmente la patogenesi è da ricondursi all’iperglicemia ed in particolare alle alterazioni
metaboliche che da essa derivano che causano una seguente disfunzione a livello endoteliale. Tra
esse annoveriamo:
- Stress ossidativo. L’aumentata produzione di radicali liberi con aumento dello
stress ossidativo causa una ridotta disponibilità di NO di origine endoteliale e quindi
vasocostrizione, attivazione piastrinica e proliferare delle cellule muscolari lisce.
Questo causa poi un aumento delle LDL nella parete vascolare;
- Aumentata produzione di AGE (Prodotti Avanzati della Glicazione) che si legano
ai rispettivi recettori inducendo deposizione e ossidazione delle LDL con formazione
delle cellule schiumose (patogenesi della placca) ;
- Aumentata attività dell’aldoso reduttasi nella via dei polioli con conseguente
accumulo intracellulare di sorbitolo e fruttosio e incremento dello stress ossidativo. In
particolare il sorbitolo ha effetto osmotico, riducendo l’attività della pompa Na-ATPasi
(pompa sodio-potassio) e quindi richiama acqua. In questo modo si determina
alterazione della struttura delle cellule e rottura.
I polioli sono dei composti chimici che contengono più gruppi ossidrilici. Sono
carboidrati idrogenati usati come dolcificanti in sostituzione dello zucchero;
- Attivazione della PKC (in particolare le isoforme beta e delta) a causa
dell’aumentata produzione di DAG. Questa causa:
- Proliferazione cellulare;
- Alterazione del metabolismo glucidico e lipidico;
- Attivazione dei geni che promuovono l’aterosclerosi;
- Ridotta vasodilatazione;
- Aumentata permeabilità vasale.
- Glicosilazione non enzimatica della Hb. Allo stesso modo dell’Hb vengono glicate
proteine, acidi nucleici e tutta una serie di substrati alterandone la struttura e la
funzione (per le proteine in parte dovuto anche agli AGE);
- Fattori vasoattivi;
Retinopatia diabetica
Spesso indicata con l’acronimo RD, è la principale causa di cecità negli adulti tra i 20 ed i 75 anni:
- 4% dei diabetici di tipo 1;
- 2% dei diabetici di tipo 2;
È quindi il doppio più frequente nei tipo 1 rispetto che ai tipo 2: i soggetti con diabete di tipo 1 sono
più predisposti poiché presentano un compenso glicemico più difficile da raggiungere e mantenere
rispetto al tipo 2 ed è quindi più probabile che si sviluppi retinopatia. Sebbene all’inizio i soggetti
possano riferire un’alterazione della visione, questa non è dovuta alla retinopatia bensì all’effetto
edemigeno a livello dell’occhio (edema della macula), fase iniziale che si risolve normalmente con il
compenso glicemico. Prendendo un soggetto diabetico, nell’80-90% dei casi un deficit visivo è
legato alla retinopatia, che aumenta all’aumentare della durata del diabete, poiché a parte il danno
legato all’effetto osmotico, la retina viene danneggiata dalla glicemia persistente nel tempo.
166
In caso di diagnosi di RD prima dei 30 anni la prevalenza è:
- 25% a 5 anni dalla diagnosi;
- 60% a 10 anni dalla diagnosi;
- 80% a 15 anni della diagnosi.
Fattori di rischio
Per la RD è stata fatta un’ipotesi genetica, infatti la presenza dell’aplotipo DR3 si è associato ad
un aumento di 5 volte dell’incidenza di RD proliferativa (RDP).
L’età è un fattore importante:
- Nel DMT1 aumenta progressivamente all’aumentare dell’età;
- Nel DMT2 è più facile che si abbia RD se l’insorgenza del diabete è precoce. Si nota
una percentuale del 5,3% in soggetti di età tra i 30-45 anni mentre dello 0-1% se l’età
è > 75 anni.
Come visto sopra in generale, la durata del diabete (scompensato) è importante anche per
l’incidenza e la progressione della malattia. Essa comunque è rara nei primi 5 anni della malattia.
Il controllo metabolico è un altro importante fattore di rischio ed è stata vista la forte correlazione
tra i livelli di HbA1c con l’insorgenza e la progressione del RD, tant'è che è reversibile, poiché se
siamo in grado di compensare possiamo far regredire la retinopatia (solo nella fase iniziale). Tra gli
altri fattori di rischio:
- Fumo;
- Dislipidemia;
- Consumo di alcol.
Classificazione ed eziopatogenesi
Sono stati identificati due stadi di retinopatia diabetica: semplice e proliferativa. Nel primo stadio
(retinopatia semplice o non proliferante) la perdita dei periciti e delle cellule endoteliali e
l’ispessimento della membrana basale determinano aumento della permeabilità vasale e sviluppo di
alterazioni microvascolari (formazione di microaneurismi, vasi tortuosi e dilatati, shunt artero venosi
e occlusione vasale). L’aumentata permeabilità vascolare, evidenziata dalla fuoriuscita di colorante
dai capillari, causa il passaggio extravasale di materiale plasmatico (lipidi e proteine) con
formazione di caratteristici essudati duri. I microaneurismi si possono rompere dando origine ad
emorragie retiniche che negli strati profondi sono puntiformi, mentre negli strati superficiali
assumono un aspetto ‘’a fiamma’’. L’obliterazione dei vasi, oltre a causare microinfarti denominati
‘’essudati cotonosi’’ è responsabile della produzione di VEGF che stimolano la formazione di nuovi
vasi nel tentativo di rivascolarizzazione.
167
In questa fase intervengono tutti i fattori di rischio: tra di questi notiamo la microalbuminuria (perdita
di tracce di albumina con le urine, siamo già nelle fasi iniziali della nefropatia). C’è una correlazione
tra microalbuminuria e retinopatia. Soprattutto nei soggetti con diabete di tipo 1 è possibile che
siano presenti entrambe le complicanze, quindi dobbiamo preoccuparci di fare indagini sia per la
nefropatia che la retinopatia.
168
Quando viene eseguito lo screening tramite con valutazione del fondo dell’occhio in dilatazione,
possiamo classificare secondo la International Clinical Diabetic Retinopathy (DR) Desease Severity
Scale la retinopatia in:
Sintomatolgoia
La sintomatologia non è molto presente, infatti vi è discrepanza con il quadro clinico. L’assenza di
sintomi non costituisce un dato significativo per valutare la presenza e la gravità delle RD e da qui
nasce la necessità di eseguire indagini strumentali. Spesso il pz lamenta una lieve riduzione
dell’acuità visiva a lenta insorgenza (edema della regione maculare). Per quanto riguarda i bruschi
cali della vista sono invece dovuti a fenomeni emorragici.
169
Screening
Tutti i pz diabetici devono essere sottoposti periodicamente a visita oculistica (valutazione fondo
dell’occhio in dilatazione). I controlli devono essere ravvicinati qualora siano presenti delle
alterazioni tipiche della RD.
Prima visita
Per il diabete 1 si deve fare entro 5 anni dalla diagnosi, questo poiché l'esordio è certo e aspettiamo
un po’ di anni prima di ricercare una complicanza. Nel caso del diabete di tipo 2 si fa alla diagnosi,
perché non è noto il momento esatto in cui è comparso il diabete dato che generalmente la diagnosi
non coincide con insorgenza della patologia (iperglicemia a lungo asintomatica).
Partendo dal presupposto che la gravidanza si deve programmare, si devono fare un sacco di
controlli e mantenere HbA1c < 6%, l’esame del fundus si deve fare prima del concepimento o nel I
trimestre. Siccome la gravidanza comporta nella maggior parte dei casi un buon compenso
glicemico, anche un passaggio da buono a cattivo compenso può causare un peggioramento della
retinopatia (comunque reversibile). Per questo si esegue un follow up ogni trimestre.
Donna con diabete gestazionale: Una donna che sviluppa diabete gestazionale e al controllo
regolare dopo 6-7 mesi viene rilevato il diabete di tipo 2, secondo la tabella saremo tentati di fare
subito lo screening, ma dato che sappiamo che il diabete è di recente insorgenza, si aspettano i 5
anni. Questo esempio viene portato dalla prof.ssa per rimarcare il concetto che per lo sviluppo delle
complicanze microvascolari sono necessari alcuni anni di patologia.
Follow-up
Il follow up si fa ogni anno sia nel tipo 1 che nel tipo 2. Questo vale se non ci sono dei fattori perché
se nel tempo è peggiorato il compenso o è comparsa una complicanza cronica lo si fa con maggior
frequenza.
170
Terapia
Per la retinopatia diabetica, si fanno terapie sistemiche:
- Controllo glicemico;
- Controllo pressorio;
- ACE-inibitori/sartani. In soggetti con pressione arteriosa normale ma con inizio di
albuminuria, si danno ACE-inibitori o sartani a basso dosaggio. Per la retinopatia
diabetica ci sono dati discordanti perché alcuni hanno visto che non progredisce la
patologia così come succede per la nefropatia, mentre altri no. Al momento non c’è
l’indicazione per il trattamento della retinopatia lieve con questi farmaci.
Terapie locali:
- Fotocoagulazione;
- Iniezioni intravitreali con VEGF;
- Vitrectomia.
Nefropatia Diabetica
È la causa più frequente di insufficienza renale cronica nei paesi occidentali. Circa il 33% dei pz che
va incontro ad emodialisi è affetto da nefropatia diabetica. Si presenta nel 30% dei pz con diabete e
più frequentemente:
- Negli individui di sesso maschile;
- Pz in cui il diabete è insorto prima dei 15 anni.
Fattori di rischio
Si ritiene che fattori genetici ed elevati livelli di pressione arteriosa conferiscono suscettibilità allo
sviluppo della complicanza. Alcuni fattori di rischio hanno peso diverso se si parla di DMT1 e DMT2:
I fattori con la freccia sono quelli maggiormente importanti nello sviluppo della complicanza.
171
La presenza di tracce di albumina (microalbuminuria) è un fattore di rischio per entrambi i tipi di
diabete. Il sesso maschile è maggiormente coinvolto in entrambe le forme così come la familiarità.
L’aumento della pressione arteriosa è più importante per il tipo 2 che per il tipo 1.
Eziopatogenesi
Come già detto nel caso della retinopatia, i fattori di rischio visti sopra sono alla base di tutte le
complicanze microangiopatiche e l’iperglicemia costituisce sempre il fattore scatentate. Insieme ad
essa, fattori metabolici e fattori emodinamici causano un'alterata espressione di citochine e fattori di
crescita con alterato rimodellamento glomerulare e infine nefropatia diabetica.
La patologia inizialmente
colpisce il glomerulo
renale ed è caratterizzata
da perdita di podociti e
accumulo di matrice
extracellulare nel
mesangio che diventa
sclerotico, e dalla
membrana basale
glomerulare che si
ispessisce. Ciò si traduce
dal punto di vista
funzionale in un aumento
della permeabilità
glomerulare alle proteine
con conseguente aumento della loro concentrazione nelle urine (microalbuminuria) e in una
progressiva perdita della funzionalità renale con caduta della filtrazione.
Fondamentale per valutare la patologia è la valutazione della microalbuminuria che può essere
eseguita secondo diverse modalità:
- Velocità di escrezione di albumina (AER - Albumin Excretion Rate) su campioni con
raccolta temporizzata. Viene espressa come mg albumina/24h (milligrammi);
- Tasso di escrezione temporizzato (TAER) su campioni di urine raccolte durante la
notte ed espresso in μg/min;
- Concentrazione di massa dell’albumina urinaria, espressa in mg/l (semplice
concentrazione urinaria di albumina presa al mattino). Questa viene utilizzata per una
più rapida valutazione nel campione estemporaneo;
172
-
Rapporto albumina urinaria/creatinina urinaria (RACU o ACR), espresso in mg/g.
Questo metodo è quello attualmente più utilizzato poiché corregge le variazioni
dovute all’equilibrio dei fluidi corporei e presenta quindi meno errori.
Le forme di raccolta delle urine nelle 24h (AER) o durante la notte (TAER), sono state ormai
abbandonate poiché fastidiose per il pz (Nel caso delle 24h dovrebbe restare tutto il giorno a casa
oppure portarsi dietro il bidoncino) ma anche perché condite da errori. È per questo che hanno
preso piede le ultime due metodiche, ovvero il dosaggio dell’albumina nelle urine del mattino e la
correzione per la creatinina urinaria (RACU).
Accanto a questo dobbiamo valutare il filtrato. La malattia renale viene distinta in 5 stadi a seconda
del filtrato:
Il danno renale è definito dalla presenza di albuminuria, anormalità del sedimento urinario,
alterazioni ematochimiche, anatomopatologiche o degli esami strumentali.
Vediamo come nello stadio 1, il GFR sia aumentato o normale e successivamente dallo stadio 2
inizia a diminuire fino allo stadio 5 (ESRD).
173
Danno anatomico
Prevenzione e trattamento
Si procede al trattamento e al controllo dei fattori di rischio e di progressione, quindi: controllo
glicemico, controllo pressorio e controllo dei lipidi.
Per quanto riguarda le misure non farmacologiche: cessazione del fumo e dieta ipoproteica. I
soggetti diabetici devono assumere una minore quantità di proteine rispetto alla popolazione
normale (0,9 g x kg di peso corporeo, mentre nel soggetto normale circa 1,1 - 1,2 g x kg). Scendere
174
sotto 0,9 non è troppo buono, dato che al diabetico non possiamo dare né tanti carboidrati né tanti
lipidi. Quando siamo di fronte ad una sindrome nefrosica avanzata, a causa della grave perdita di
proteine con le urine, queste devono essere reintegrate con la dieta.
Alla malattia renale cronica sono legate anche altre alterazioni come anemia, squilibri Ca-P,
squilibri elettrolitici che devono essere trattate.
In via preventiva si deve stare molto attenti al controllo dei fattori precipitanti quali: farmaci
nefrotossici, mezzi di contrasto, infezioni delle vie urinarie, ostruzione delle vie urinarie,
disidratazione.
Neuropatia diabetica
Presenza di segni e/o sintomi di disfunzione nervosa periferica in soggetto con diabete, escluse le
altre cause. Colpisce circa il 50% dei soggetti con diabete di lunga durata. Le neuropatie diabetiche
sono delle entità cliniche eterogenee per:
- Fattori di rischio;
- Meccanismi patogenetici;
- Alterazioni istopatologiche;
- Distribuzione regionale;
- Presentazione di segni e sintomi;
- Storia naturale e prognosi.
Cause di neuropatia
Non tutti i meccanismi hanno trovato una giustificazione nella neuropatia diabetica. Tra essi
annoveriamo:
- Iperglicemia, che in questo caso non è il fattore principale;
- Ridotta capacità rigenerativa;
- Fattori ambientali;
- Difetto genetico;
Dal punto di vista epidemiologico la più frequente di tutti è la polineuropatia simmetrica (>80% dei
casi), seguono le mononeuropatia al 15% e le altre (<5%).
175
Polineuropatia diabetica
Fattori di rischio:
- Durata del diabete;
- Grado di controllo metabolico;
- Età del pz;
- Fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa sistemica, iperlipidemia,
fumo);
- Presenza di altre complicanze microangiopatiche.
Sintomi:
- Parestesie, iper-disestesie (allodinie provocate dal lenzuolo), dolore (sotto per le
caratteristiche del dolore);
- Astenia muscolare.
Segni:
- Ipo- anestesia tattile, termica, dolorifica, vibratoria e di posizione;
- Atassia;
- Riduzione-assenza dei riflessi osteo-tendinei;
- Ipostenia ed atrofia muscolare.
A differenza delle forme che abbiamo visto prima (retinopatia e nefropatia) la neuropatia è
fortemente legata ai sintomi, soprattutto al dolore che altera molto la qualità della vita dei pz e al
momento non tutti i farmaci sono efficaci. Il dolore della neuropatia ha delle caratteristiche
particolari:
176
Possiamo riconoscere un dolore neuropatico perché:
- È continuo e bruciante, ma spesso sono presenti delle crisi parossistiche, con dolore
lancinante ‘’a scossa elettrica’’ e intermittente, è quindi mal sopportato dal pz;
- È avvertito anche a distanza, lungo il percorso di innervazione;
- Non passa con i FANS;
- Si possono sperimentare anche sensazioni esagerate più o meno spiacevoli come
formicolii, bruciori ecc..
Diagnosi
Viene articolata in più punti:
- Anamnesi;
- Esame obiettivo;
- Rilievo quantitativo della sensibilità con monofilamento o biotesiometro;
- Studio della funzione autonomica;
- Studio elettrofisiologico (elettroneurografia: valutazione delle velocità di conduzione
sensitiva e motoria)
Screening
Si esegue valutando l’anamnesi dei sintomi neurologici. Si prosegue successivamente ad
un’accurata ispezioni di piedi e arti inferiori. Infine si esegue l’esame neurologico con valutazione
di:
- Sensibilità termica, valutata appoggiando sulla pianta dei piedi due provette, una
contenente acqua calda ed una contenente acqua fredda e valutando la risposta del
pz;
- Sensibilità alla puntura di spillo;
177
- Sensibilità pressoria. Viene eseguita con un
monofilamento 10g e vengono valutati 9 punti sulla pianta
e sul dorso del piede (come si vede in figura). La sensibilità
viene considerata normale per una positività di 9/9 mentre
compromessa qualora si abbia una positività < 5/6;
- Sensibilità vibratoria, viene valutata con un diapasón 128
Hz oppure con un biotensiometro. Questi vengono applicati
o a livello malleolare oppure sul I dito (alluce). Nel caso del
biotensiometro viene fatto ruotare lo strumento e se il
soggetto non avverte la vibrazione quando si è sopra 25, vi
è un rischio molto alto di ulcera;
- Valutazione dei riflessi tendinei achillei.
Lo screening viene eseguito alla diagnosi per i pz DM2, mentre a 5 anni per il DM1. Il follow up in
entrambi i casi viene eseguito ogni anno.
È importante la diagnosi della neuropatia diabetica per prevenire le complicanze tardive a livello
degli arti inferiori quali:
- Ulcere plantari;
- Osteoartropatia di Charcot o piede di Charcot (deformazione del piede secondarie a
fratture multiple silenti e alterata postura);
- Amputazione non traumatica degli arti inferiori.
Oltre a prevenire le complicanze tardive è importante fare diagnosi per individuare i soggetti a
rischio operatorio (in determinate situazioni qualora non si proceda con la chirurgia, si potrebbe
arrivare alla gangrena con notevole rischio per la vita del pz) e per le indicazioni della prognosi a
vita.
178
L’educazione del pz è fondamentale nella prevenzione: ad esempio si consiglia di non camminare a
piedi nudi, specialmente sulla sabbia, di non indossare delle calzature strette, di ispezionare i piedi
quotidianamente e di avere una buona igiene. L’utilizzo di plantari può migliorare la situazione di
carico.
L’eco-doppler arterioso e l’arteriografia permettono di valutare la compresenza di insufficienza
vascolare. Le procedure di rivascolarizzazione favoriscono la guarigione e riducono il rischio di
amputazione. Riposo e toilette chirurgica e antibiotici ad ampio
spetto diminuiscono il rischio di ulteriori complicanze.
Osteoartropatia di Charcot
Malattia degenerativa su base infiammatoria che può
insorgere in pazienti affetti da neuropatia, caratterizzata
da un progressivo riassorbimento osseo delle articolazioni
del piede, associato talvolta a crolli strutturali ed a
marcate deformità, tali da richiedere, nei casi più gravi, il
ricorso ad interventi chirurgici di correzione o di
amputazione
Neuropatia Autonomica
Questa neuropatia colpisce il sistema nervoso vegetativo con manifestazioni a carico dei sistemi
cardiovascolare, gastrointestinale, genitourinario e sudoriparo, tutti sistemi regolati dal sistema
nervoso autonomo. La sintomatologia compare generalmente dopo molti anni di malattia, anche se
alterazioni subcliniche possono essere presenti poco tempo dopo la diagnosi. Le complicanze
legate alla neuropatia autonoma contribuiscono in maniera significativa alla morbilità e mortalità del
diabete, peggiorando la qualità della vita dei pz e sono causa di aumento dei costi per l’assistenza.
È la complicanza cronica meno riconosciuta e studiata, nonostante questo la presenza è elevata sia
nei pz con DM1 che DM2.
179
Come già detto sopra, i sintomi riguardano un po’ tutto quello in cui è coinvolto il sistema nervoso
autonomo.
L’ischemia miocardica è nella maggior parte dei casi silente e non dando angina rende più difficile la
diagnosi.
Dal punto di vista metabolico una cosa che espone al rischio è la mancata risposta e la mancata
sensibilità all'ipoglicemia che viene persa, così come è presente una ridotta risposta agli ormoni
controregolatori.
La vescica neurogenica è una vescica che non si riesce a svuotare bene a causa dell’alterazione
dei nervi che permettono la contrazione dei muscoli e quindi lo svuotamento.
A livello cardiovascolare sono presenti (alcuni aspetti possono essere utilizzati per fare diagnosi):
- Ipotensione ortostatica;
- Perdita del ritmo circadiano della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca;
- Anomala risposta cardiovascolare all’esercizio fisico;
- Alterazioni del flusso coronarico;
- Ischemia miocardica silente;
- Allungamento dell’intervallo QT;
- Sclerosi di Monckeberg (arteriosclerosi con depositi di calcio nella tonaca media);
- Alterazioni del flusso periferico.
L’ipotensione ortostatica è definita come una caduta della pressione arteriosa sistolica pari o
superiore a 30 mmHg nel passaggio dal clino- all’ortostatismo. Può essere più marcata al mattino e
dopo l’assunzione di cibo e/o dopo l’assunzione di insulina; può presentare un andamento variabile
180
nel tempo. Dati sperimentali indicano che il principale meccanismo patogenetico è una diminuita
vasocostrizione periferica. L’ipotensione ortostatica potrebbe anche determinare una sincope nel pz
ed è per questo che si consiglia di non alzarsi direttamente dopo esser stati per periodo di tempo
coricati, ma di alzarsi dopo essere passati dalla posizione seduta.
Apparato gastroenterico
I i soggetti possono lamentare o diarrea o costipazione, dato che viene alterata la motilità gastrica.
La diarrea diabetica è caratterizzata da attacchi di diarrea acquosa con intervalli di alvo regolare
e/o stipsi. Fino a 20-30 scariche al giorno prevalentemente post-prandiali e
notturne, senza dolore, con incontinenza fecale e a volte steatorrea.
La Gastroparesi diabetica è caratterizzata da sazietà precoce,
inappetenza, nausea e vomito.
Possiamo diagnosticare la gastroparesi poiché, specialmente nel DM1 di
lunga durata, avremo una completa ritenzione del bario dopo 1 ora dalla
somministrazione.
Apparato genitourinario
Si possono presentare:
- Vescica diabetica;
- Disfunzione erettile (aumenta all’aumentare dell’età, ed è molto più presente in
soggetti diabetici con neuropatia autonomica che in quelli senza);
- Eiaculazione retrograda (lo sperma viene immesso nella vescica anziché fuoriuscire
dall'uretra peniena).
La cistopatia diabetica è caratterizzata da: fase asintomatica dove aumenta la frequenza delle
minzioni e si hanno > 2 infezioni/anno; una fase sintomatica con svuotamento incompleto e mitto
ipovalido; fase complicata con incontinenza e infezioni.
181
Alterazioni della sudorazione sono presenti nel 60-100% dei diabetici neuropatici. Si riscontra
anidrosi distale degli arti inferiori con eventuale iperidrosi compensatoria della metà superiore del
corpo.
Ictus
182
Esistono dei fattori di rischio modificabili e altri non modificabili:
Epidemiologia
Nel DM1 il rischio relativo di sviluppare ictus è aumentato di oltre 4 volte. In particolare in età
giovanile (15-34 anni) il rischio è oltre 16 volte quello della popolazione generale.
Nel DM2 il rischio relativo è aumentato di 1,5-2 volte nell’uomo e di 2-6,5 volte nella donna. I pz più
giovani (30-44 anni) hanno un rischio maggiore rispetto ai pz anziani. Il rischio di ictus è aumentato
anche nella condizione di prediabete.
Dal 16-24% dei pz con evento acuto presentano un diabete non diagnosticato al momento del
ricovero.
HbA1c > 6% aumenta di 2-3 volte il rischio di ictus in soggetti adulti non diabetici.
Sono più frequenti le forme ischemiche rispetto alle emorragie e alle forme silenti, meno frequenti
sono i TIA. Dopo un ictus:
- L’ospedalizzazione è più lunga e di deficit neurologici maggiori;
- La mortalità a breve termine è significativamente maggiore;
- Aumenta il rischio di deficit funzionali a lungo termine (compresa la demenza
post-ictus).
Complicanze Acute.
Le complicanze acute sono:
- Ipoglicemia;
- Chetoacidosi diabetica;
- Sindrome iperglicemica iperosmolare (SII)
183
Ipoglicemia
Viene definita una condizione dove la concentrazione plasmatica di glucosio è < 70 mg/dl. Questa
può essere causata da:
- Non corretto utilizzo di insulina:
- Sovradosaggio;
- Somministrazione di un tipo diverso di insulina, soprattutto soggetti con
la penna che invece di fare la basale somministrano quella per i pasti;
- Iniezione in sede di lipodistrofia (se non si ruotano bene le sedi della
puntura si può alterare il tessuto cutaneo e questo fa sì che l’insulina
non sia adeguata. Ricordiamo che la basale si può fare ovunque,
mentre la rapida si deve fare in pancia perché viene assorbita in modo
più omogeneo).
- Omissione di un pasto o spuntino;
- Esercizio fisico non programmato;
- Aumento del flusso di sangue nella sede di iniezione per surriscaldamento;
- Assunzione di bevande alcoliche. Si deve istruire il pz sul fatto che l’alcol ritarda o
riduce la gluconeogenesi e quindi i soggetti potrebbero avere dei sintomi legati
all’ipoglicemia. Si consiglia di assumere alcol solo dopo aver verificato la glicemia o
dopo l’assunzione di carboidrati;
- Insufficienza renale e/o epatica;
- Farmaci che potenziano l’azione degli ipoglicemizzanti orali.
184
- Neuropatia autonomica;
- Assunzione di alcolici, farmaci, esempio β-bloccanti. Un tempo l’utilizzo di questi era
proibito nei pz diabetici, oggi non c’è questa controindicazione, ma il pz deve essere
informato sui rischi del loro uso;
- Cattivo controllo metabolico;
- Durata della malattia.
Sintomi dell’ipoglicemia
Classificazione
Distinguiamo:
- Ipoglicemia asintomatica, include la unawareness, quindi senza sintomi d’allarme;
- Ipoglicemia sintomatica lieve-moderata, il pz è capace di riconoscerla e trattarla;
- Ipoglicemia sintomatica grave, è temporaneamente disabilitante, richiede
assistenza da parte di terzi.
Bisogna stare attenti agli ipoglicemizzanti orali ad azione prolungata come le sulfaniluree: in
soggetti anziani o con insufficienza renale e/o epatica possono comportare:
- Personalità simil-demenza;
- Mortalità nel 10% casi circa;
- Deficit neurologici permanenti nel 5% casi (ictus);
- IMA.
185
Prevenzione
L’educazione del pz è il capo saldo della prevenzione: automonitoraggio della glicemia, corretta
somministrazione dell’insulina e attività fisica programmata (spuntino e/o ridurre insulina).
Altra cosa che si può fare, soprattutto a casa perché non si ha la glucosata, è la somministrazione
del glucagone. Il familiare pratica il glucagone con una siringa pre fatta (si può fare sia intramuscolo
sia sottocutanea). È importante ricordare al pz che dopo il glucagone, alla ripresa di coscienza deve
fare un pasto con carboidrati complessi.
186
mortalità intorno al 15% (anche in centri qualificati) specie nelle prime 72 ore, dovuto spesso alla
gravità dei fattori precipitanti.
Manifestazioni cliniche
Lo stato neurologico nel SII è molto alterato mentre è variabile nella chetoacidosi.
La disidratazione è molto più grave nel SII dove è proprio la causa scatenante (anziani che bevono
poco, o in corso di infezioni o malessere generale).
Patogenesi
Nella chetoacidosi diabetica
è il deficit di insulina che
porta poi alla chetoacidosi.
Nel SII si ha un deficit
relativo di insulina con
assente o minima
chetogenesi, e la patogenesi
è più legata a fattori che
possono causare la
disidratazione (malessere,
vomito, diarrea, diuretici,
infezioni ecc).
187
Fattori precipitanti la DKA
Cause Organiche:
- DM di nuova insorgenza (20-25%);
- Infezioni (30-40%). Durante queste si ha una richiesta maggiore di insulina a causa
dell’insulinoresistenza. Ai soggetti viene spiegato di aumentare la dose dell’insulina
in caso di infezione, ma questo non viene quasi mai fatto;
- IMA, Ictus, Embolia polmonare;
- Stress emozionale;
- Pancreatite;
- Terapia steroidea (la terapia con cortisonici induce insulinoresistenza);
- Interventi maggiori;
- Traumatismi importanti;
Cause Inorganiche:
- Omissione della terapia (volontaria o per errore);
- Malfunzionamento degli strumenti di somministrazione (penne o microinfusori)
La disidratazione si vede
con perdita del turgore delle
mucose. I pz possono
presentare un’occlusione
intestinale con dolori molto
forti tali da manifestare un
addome acuto.
188
Quadro clinico della SII
Nel caso di una DKA, la glicemia è molto più bassa (>250 mg/dl), ci troviamo in uno stato di acidosi
(pH < 7.0-7.3) con chetosi, i bicarbonati sono bassi (<15) e il Gap Anionico è aumentato.
189
Principi di trattamento del DKA
Nel caso della DKA è il trattamento è problematico, perché devono essere bilanciate un sacco di
varianti. Si prosegue nel seguente modo:
- Somministrazione dei fluidi persi;
- Correzione dell’acidosi metabolica (Il bicarbonato potrebbe dare edema cerebrale
quindi si da in un secondo momento dopo un’attenta valutazione del pH e del
bicarbonato, generalmente non si da);
- Graduale riduzione dell’osmolalità;
- Graduale correzione della glicemia;
- Normalizzazione dei livelli di elettroliti;
- Identificazione e trattamento dei fattori precipitanti;
- Terapia antibiotica empirica;
- Monitoraggio stretto (inizialmente i controlli di glicemia e potassio vengono fatti ogni
ora, poi man mano che si va avanti e glicemia e potassio rientrano si possono
diradare i controlli facendoli ogni 2-3 ore);
- Conversione ad un regime di mantenimento per il diabete;
- Prevenzione delle ricadute. Questa è di fondamentale importanza poiché un soggetto
che è arrivato alla DKA è un soggetto che tende a controllarsi poco, quindi lo si
dovrebbe educare a cambiare il suo atteggiamento, oppure il tutto è destinato a
ripetersi.
Quasi sempre viene eseguita anche terapia antibiotica empirica perché quasi sempre c’è leucocitosi
e malessere e poi si valuta nel tempo
190
Endocrinologia - Lezione 15 - Parte 2
Per la trattazione dell’argomento sono state utilizzate molto le sbobine del 2015, poiché l’argomento è stato trattato molto velocemente a
lezione.
Dislipidemie
Le dislipidemie sono delle condizioni cliniche molto diffuse nella popolazione generale ed in molti
casi collegata al diabete. Dati del 2009 riportano che:
- 21% degli uomini e il 23% delle donne sono ipercolesterolemici;
- 37% degli uomini e il 3% delle donne sono in condizioni borderline;
L’importanza clinica delle iperlipidemie è dovuta all’aumentato rischio di aterosclerosi che si associa
alla presenza di elevati livelli circolanti di alcune lipoproteine. In sintesi quando parliamo di
iperlipemia vuol dire che i valori di colesterolo totale e/o delle varie lipoproteine non sono a target,
dando origine a delle forme diverse con rischio cardiovascolare di peso diverso.
Evidenze osservabili
Le osservazioni sui livello di colesterolo e la
mortalità coronarica come ad esempio il Seven
Countries Study ci mostrano come al ridursi del
livello di colesterolo totale, progressivamente si
riduca il rischio di andare incontro a malattia
coronarica
Non esiste un valore soglia, ma in generale: più il
colesterolo è basso, più il rischio si riduce (LDL).
Secondo studi ormai storici di prevenzione primaria, un livello di LDL < 55 mg/dl tenderebbe ad
azzerare il rischio di CHD (Coronary Heart Desease), mentre secondo studi di prevenzione
secondaria, affinché un pz con precedente evento ischemico possa azzerare il rischio di un
secondo evento, i valori di colesterolo LDL dovrebbero essere <30 mg/dl. Questi due valori non
vengono posti come obiettivo terapeutico (70 mg/dl in pz con pregresso IMA) né tantomeno
vengono considerati come limite inferiore di colesterolo LDL poiché troppo bassi. Addirittura il valore
di 30 mg/dl non è mai stato raggiunto in nessuno studio.
191
Sottolineiamo da subito che per le iperlipidemie, la valutazione deve essere fatta a digiuno e di
questo ne dobbiamo essere assolutamente certi perché potremmo avere dei valori falsamente
aumentati. Il tempo di digiuno necessario è di 10 ore (Questo ha importanza soprattutto per i
trigliceridi).
Lipidi
Sono una classe eterogenea di composti chimici scarsamente solubili in acqua. Rappresentano la
forma più efficace di conservazione dell’energia (1 g grasso = 9 Kcal). I due grandi gruppi sono
rappresentati da:
- Colesterolo, indispensabile elemento costituente delle membrane cellulari
garantendone la loro fluidità. Fa parte della struttura degli acidi biliari. È il precursore
di tutti gli ormoni steroidei;
- Trigliceridi, rappresentano la forma principale di conservazione a lungo termine e di
produzione di energia. Vengono immagazzinati nel tessuto adiposo e liberati qualora
vi sia necessità di energia.
Rappresentano una quota significativa della dieta, circa 1/3 dell’apporto calorico globale. I trigliceridi
depositati nel tessuto adiposo costituiscono circa 1/6 del peso totale di un individuo.
Lipoproteine
Il colesterolo e i trigliceridi sono insolubili in acqua e quindi devono essere trasportati in circolo da
dei trasportatori proteici denominati Apolipoproteine. Quando complessate insieme alla parte
lipidica, questi complessi carrier prendono il nome di Lipoproteine.
Sono dei complessi chimici costituiti da un nucleo lipidico idrofobo (esteri del colesterolo, trigliceridi)
circondato da uno strato superficiale idrofilo (fosfolipidi, proteine, colesterolo libero). All’esterno della
capsula esistono degli elementi che prendono il nome di apoproteine A, E, B che permettono il
legame e l’entrata di questi carrier nei tessuti bersaglio e la liberazione del colesterolo e dei
trigliceridi trasportati che poi vengono utilizzati a seconda delle necessità cellulari.
Alcune patologie che portano ad alterazione dei livelli lipidici non sono dovute al loro eccesso bensì
ad alterazioni della struttura delle lipoproteine o dei recettori di queste che non consentiranno il
legame con le cellule bersaglio.
192
A seconda delle dimensioni e del principale componente del core lipidico, le lipoproteine possono
essere distinte in (dalla più grande alla più piccola):
- Chilomicroni, sono i più grossi
ed i meno densi di tutti,
contengono trigliceridi di
provenienza alimentare e non
sono aterogene;
- VLDL, contenenti trigliceridi e
colesterolo, sono parzialmente
aterogene;
- IDL, contenenti colesterolo, sono
aterogene;
- LDL, contenenti colesterolo e
pochi trigliceridi endocrini, sono
aterogene;
- HDL, sono quelle più piccole e
più dense, contengono colesterolo e sono anti-aterogene, dato che trasportano il
colesterolo dalla periferia al centro (fegato).
I diversi tipi di lipoproteine presentano diverse apoproteine: quella che si trova nella maggior parte
dei casi è B-100 che permette il legame con i tessuti bersaglio. La scoperta delle apoproproteine in
generale ed in particolare della B-100 ha spiegato qual è il meccanismo attraverso cui il colesterolo
entra nelle cellule bersaglio (questa scoperta è valsa il premio Nobel a Brown e Goldstein nel 1985).
Elettroforesi
Per poter differenziale le lipoproteine in base alla loro densità,
possiamo fare una elettroforesi, sfruttando la diversa capacità di
migrazione sotto l’azione di un campo elettrico:
- Chilomicroni non migrano;
- β-Lipoproteine (LDL);
- Pre-β-Lipoproteine (VLDL);
- ɑ-Lipoproteine (HDL)
193
cui cuspidi corrispondono ai diversi tipi di lipoproteine mentre l’altezza è in relazione alla loro
quantità (Slide medicina di laboratorio - Arcidiacono).
Metabolismo lipidico
Assorbimento: i lipidi introdotti con la dieta sono per lo più Trigliceridi e Colesterolo. Il Colesterolo è
assorbito come tale mentre i trigliceridi introdotti con la dieta vengono:
- Scissi nel lume intestinale ad Acidi Grassi e Monogliceridi o Glicerolo;
- Assorbiti come Acidi Grassi o come monogliceridi;
- Ricombinati nelle cellule della parete intestinale a riformare Trigliceridi;
- Immessi in circolo nei Chilomicroni;
- Captati dal tessuto adiposo tramite la Lipoproteinlipasi (LPL). Su questo enzima
agisce in maniera significativa l’insulina e quindi si spiega perché nelle condizioni di
insulinoresistenza o nelle condizioni di insulinodeficienza aumentano i trigliceridi,
condizione tipica nei diabetici.
194
- Produzione endogena. Qualora tutta l’importo esogeno venisse eliminato, ci
sarebbe comunque una quota ematica che proviene dal fegato. Il pool intraepatico
scaturisce per la maggior parte dalla sintesi del colesterolo a partire dall’acetil-CoA.
Questa trasformazione a colesterolo avviene attraverso una serie di tappe intermedie
sulle quali agiscono le statine. Questo colesterolo esce dal fegato attraverso le VLDL
e poi si trasforma in IDL. Questa frazione intermedia in parte ritorna al fegato a
costituire parte del pool, mentre l’altra parte costituita da LDL va ai tessuti bersaglio,
si lega ai recettori e viene internalizzato nella cellula. L’eccesso di colesterolo esce
dalla cellula e torna al fegato attraverso le HDL.
Nella terapia somministriamo al pz sia la dieta sia una terapia che blocca la secrezione del
colesterolo endogeno.
Se si dovesse trovare un soggetto con dei valori borderline, potremo avere diverso rischio
cardiovascolare, dato che il soggetto potrebbe avere HDL elevate e LDL basse e quindi questo ha
195
un basso rischio, rispetto ad un soggetto che presenta lo stesso livello di colesterolo totale ma delle
LDL alte e HDL basse. Allo stesso identico modo, anche rilevando un soggetto con valori di
colesterolo totale normale, il rischio cardiovascolare sarà elevato se la quota di LDL è alta e la
quota HDL bassa.
Diciamo questo perché in laboratorio di norma si calcolano solamente colesterolo totale e HDL che
non sono sufficienti a darci un’indicazione sul rischio del soggetto. Dobbiamo tenere in mente che
nel richiedere il dosaggio dei lipidi si devono richiedere almeno: colesterolo totale, trigliceridi e HDL
poiché grazie a queste possiamo calcolare il colesterolo LDL.
Questa formula per calcolare le LDL non si può fare se i trigliceridi > 400 mg/dl. In questi casi o si fa
dosare LDL oppure possiamo fare il colesterolo non HDL che si calcola come colesterolo totale -
HDL.
LDL è il principale elemento che caratterizza il rischio nei pz. Il livello plasmatico del colesterolo LDL
deve essere valutato ed eventualmente ridotto con dieta e/o farmaci solo nell’ambito della
considerazione del rischio cardiovascolare globale:
- Più basso è il suo valore, minore è il rischio cardiovascolare;
- Maggiore è il suo valore, maggiore è il rischio cardiovascolare e quindi la necessità di
abbassare il colesterolo LDL effettuando una terapia più aggressiva.
Per i trigliceridi non facciamo lo stesso discorso fatto con le LDL perché non abbiamo una certezza
che il loro valore sia correlato al rischio cardiovascolare. Valori >500 mg/dl possono essere non
indicativi di sindrome metabolica, dato che esistono delle condizioni dove si possano raggiungere
anche valori tra 2000-3000 mg/dl che comunque possono essere ridotti in qualche settimana
eliminando la causa. Ad esempio in un soggetto alcolista si ha un danno epatico e valori di
trigliceridi molto alti. Questi con la sola eliminazione dell’alcol dalla dieta si possono ridurre ai valori
normali: ecco perché considerati meno importanti dal punto di vista del rischio cardiovascolare. Nel
diabetico sono indice di scompenso glicemico.
196
(dislipidemie secondarie). Quando si presenta un pz con dislipidemia si devono escludere prima le
cause secondarie (conseguenti ad altre patologie o all’utilizzo di farmaci) e poi si va alla ricerca di
eventuali forme primitive.
Le forme classiche risentono molto della dieta, che agisce molto sui trigliceridi mentre è
responsabile della perdita del 20-30% del colesterolo, cosa che potrebbe non essere sufficiente in
base a qual è l’obiettivo. Con la dieta si agisce sia sui carboidrati che sui lipidi riducendone
l’apporto.
Nel caso delle forme dovute ad altre patologie, correggendo la patologia di base si dovrebbe
risolvere pure la dislipidemia.
Anche nel caso di forme dovute all’utilizzo di farmaci, se si toglie la il farmaco si corregge la
dislipidemia, ma in alcuni casi tale farmaco non si può togliere e quindi dobbiamo trattare entrambe
le condizioni.
Questa classificazione
non ci da indicazioni sui
fattori di rischio e non
indica la causa per cui
una forma fenotipica è
presente. È per questo
che la classificazione più
utilizzata è quella
genotipica.
197
Classificazione genotipica
Ipercolesterolemia poligenica
La forma più comune è la poligenica, determinata
da un alterazione di più geni, nel complesso
aspecifici. Le alterazioni sono lievi ed è la forma
che di più risente dell’apporto esterno del
colesterolo (fattori ambientali). Si accompagna ad
un basso rischio di cardiopatia ischemica.
198
Iperlipidemia familiare combinata
Troviamo un aumento del colesterolo e dei trigliceridi. Il rischio cardiovascolare è un po’ più alto
rispetto a quello della semplice ipercolesterolemia comune, ma non è particolarmente elevato.
Non presenta rischio per la pancreatite. È la forma più frequente in assoluto ed è legata ad un
eccesso di colesterolo introdotto con la dieta. Si differenzia dalla FH perché si riscontrano un
aumento dei TG e delle LDL che però non raggiunge i livelli della FH, inoltre nella storia familiare
non sono presenti evidenze di eventi cardiovascolari.
La patologia è causata da un'aumentata sintesi di apoB-100, TG ed aumentata secrezione di VLDL
in parte convertite in LDL. La variabilità del quadro clinico è legata all’efficienza dell’idrolisi di VLDL
in LDL.
Diagnosi:
- LDL-C > 160 mg/dl e/o TG > 200 mg/dl +
- Documentazione nella stessa famiglia (I grado di parentela) di più casi di
ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. Se in assenza di informazioni sui parenti, la
diagnosi può essere sospettata in presenza di clinica o tramite indagini strumentali di
aterosclerosi precoce.
È necessario escludere dalla diagnosi le famiglie in cui sia presente solo ipercolesterolemia o solo
ipertrigliceridemia o iperlipidemie secondarie.
- Forma monozigote (più grave) è molto più rara 1/1 milione di abitanti. Si
riscontrano valori di colesterolo totale da 550 ai 1000 mg/dl. È associata a malattie
cardiovascolari (CHD) in giovane età. Solitamente si osservano fin dall'infanzia
xantomi, xantelasmi e arco corneale. Caratteristiche cliniche:
- LDL-C estremamente elevato (>300 mg/dL);
- Xantomi cutanei e tendinei (infanzia)
- Stenosi arco aorta;
- Angina, IMA, morte improvvisa entro 3a decade (LDL-aferesi,
trapianto fegato).
199
A causa degli alti livelli di
colesterolo in circolo il rischio
aterogeno è molto alto.
Per quanto riguarda la patogenesi, essa è caratterizzata dalla mutazione del gene che codifica per il
recettore di apo-B100 (cromosoma 19) trasmesso con carattere autosomico dominante. L’attività
recettoriale sarà del 50% in eterozigote, 0% se omozigote o doppio eterozigote. La mutazione
comporta:
- Mancata sintesi della proteina recettoriale;
- Mancata maturazione nel Golgi;
- Incapacità di legare le LDL;
- Assenza di internalizzazione del complesso recettore-LDL (entrato dentro la cellula
normalmente libera il colesterolo);
- Mancato riciclo del recettore.
- Colesterolo totale > 260 mg/dl o LDL-C >155 mg/dl nei bambini <16 anni;
- Una delle precedenti associata a riscontro di xantomi in parenti di I/II grado (diagnosi
certa);
- In presenza di storia familiare per CHD precoce (IMA <60 anni) o Colesterolo totale
>290 mg/dl in parenti di I/II grado (diagnosi possibile).
200
Esiste anche un
algoritmo per la
diagnosi presunta di FH
che dà un punteggio a
diverse condizioni. Per
un punteggio superiore
a 4, si può porre con
sicurezza la diagnosi di
ipercolesterolemia
familiare.
Questa tabella (Nota 13) viene utilizzata dal medico di medicina generale, il primo a fare diagnosi
(anche perché conosce la famiglia) ed indirizzare i pz verso i centri. Anche per prescrivere i farmaci
bisogna far riferimento alla nota 13, in modo tale che il pz possa essere esentato dal pagamento
(esenzione del ticket).
Terapia
La terapia per rallentare questa evoluzione, è rappresentata da una sorta di dialisi (aferesi) per
eliminare quante più LDL possibili dal sangue, ma è chiaro che esaurito tale intervento
progressivamente si formeranno nuovamente e si accumuleranno.
201
Forme con aumento dei trigliceridi: ipertrigliceridemie primitive
Ipertrigliceridemia familiare
È definita familiare perché più
membri della stessa famiglia si
trovano con aumento
prevalentemente dei trigliceridi
rispetto al colesterolo. Il rischio
cardiovascolare è modesto,
ma aumenta il rischio di
pancreatite, in quanto
potrebbe esserci
un’infiltrazione del pancreas
esocrino.
Rapporto colesterolo/trigliceridi
0,2/1,0 (prevalgono i trigliceridi).
Le macchie giallastre
che si vedono a livello
retinico sono Lipemia
retinalis.
Quando i trigliceridi
sono alti, il siero può
assumere aspetto
lattescente,
all’elettroforesi
aumentano la banda
Pre-β e la ɑ.
Disbetalipoprotidemia
È una condizione rara caratterizzata dalla presenza degli Xantomi palmari (o striati piani). Per
queste condizioni rare è utile mandare subito il pz in un centro specialistico. Dal punto di vista
clinico, notiamo:
- Aterosclerosi e prime manifestazioni trombotiche con esordio tra i 38-40 anni;
- Xantomi palmari, piccole macchie bianche/gialle non rilevate;
- Xantomi tuberosi, spesso molto diffusi alle articolazioni.
Diagnosi:
- Colesterolo totale e/o trigliceridi intorno ai 400 mg/dl +
- Larga banda-β;
- Presenza di xantomi striati palmari e xantomi tuberosi rende la diagnosi più
probabile.
202
Un’altra manifestazione caratteristica è la Lipemia retinalis, cioè
l’infarcimento lipidico della retina visibile all’esame del fondo dell’occhio. Si
vedono nettamente i vasi, le striature a raggiera e al centro un accumulo
giallastro di grasso.
Dislipidemie secondarie
Su un pz obeso, prima di
trattare la dislipidemia, bisogna trattare l’obesità: la riduzione del peso riduce i livelli dei TG in
maniera molto rapida (la dieta come già detto agisce molto sui TG ma meno sul colesterolo). Stessa
cosa vale per il soggetto diabetico. L’elevato livello di TG si associa ad un elevato rischio di
pancreatite, una condizione di altissimo rischio per la vita del pz. Il danno a carico del pancreas,
porta alla distruzione delle cellule che producono gli enzimi digestivi e questi digeriscono il pancreas
stesso.
Algoritmo diagnostico
Se ci orientiamo verso le
forme familiari chiediamo
l’analisi genetica.
203
Formazione della placca aterosclerotica
Ci preoccupiamo molto del colesterolo (dei lipidi in generale) perché questi sono alla base della
formazione della placca ateromasica.
I Chilomicroni, sono delle grosse molecole che non possono penetrare nelle pareti delle arterie e
quindi non sono implicate nella sviluppo della placca.
Le VLDL sono coinvolte nelle vie biochimiche di formazione delle LDL. Sono indirettamente
coinvolte nello sviluppo della placca.
Recentemente è stato dimostrato come elevati livelli di IDL predispongono allo sviluppo
dell’aterosclerosi.
Il colesterolo trasportato dalle LDL contribuisce allo sviluppo dell’aterosclerosi sia danneggiando
l’endotelio, prima tappa del processo aterosclerotico, sia accumulandosi nell’intima dell’arteria,
inducendo la formazione e l’accrescimento della placca ateromasica. In particolare, una recente
ricerca ha identificato le LDL piccole e dense come le più aterogene tra le tre sottoclassi di LDL.
Inoltre, le LDL vengono chimicamente modificate, probabilmente nel sottoendotelio, in LDL ossidate
(ox-LDL), la loro forma più aterogena.
204
Elevati livelli di Trigliceridi sono associati ad alterazioni del metabolismo delle altre lipoproteine. I
trigliceridi sono correlati con la ripartizione delle sottoclassi delle LDL: è stato notato che i pazienti
con ipertrigliceridemia hanno una predominanza di LDL piccole e dense, notevolmente aterogene.
Per questo motivo, i livelli dei trigliceridi vengono monitorati insieme alle lipoproteine nei pazienti a
rischio di CVD.
Si nota come questi fattori di rischio siano quasi tutti correlati allo stile di vita del pz.
L’obiettivo del medico è quello di individuare i soggetti maggiormente a rischio per tentare di
educarli ad abbassare questo rischio.
205
Trattamento
- Dieta e stile di vita sano;
- Statine per l’ipercolesterolemia;
- Fibrati per l’ipertrigliceridemia;
Nella dislipidemia combinata si dovrebbe scegliere una delle due classi o, alternativamente statine +
omega-3.
L’associazione di statine e fibrati più essere potenzialmente pericolosa (si fa solo in casi
selezionati).
Quando non si raggiunge l’obiettivo con le statine ma dobbiamo raggiungerlo perché siamo in un
soggetto a rischio o nel caso di un soggetto intollerante alle statine (possono dare rabdomiolisi)
possiamo aggiungere questo anticorpo monoclonale anti PCSK9. Questi si possono dare solo se
il soggetto è intollerante o se abbiamo dato il massimo della statina ma non abbiamo raggiunto
l’obiettivo. Non è prescrivibile da tutti, così come le statine che non possono essere descritte se non
con la nota 13 (dopo che dieta ed attività fisica non hanno funzionato o nei casi di dislipidemia
familiare).
PCSK9 è una proteasi prodotta dal fegato si lega con un «abbraccio mortale» al complesso LDL-
recettore LDL: la presenza del PCSK9 fa sì che tutto il complesso venga digerito nei lisosomi,
bloccando di fatto il ciclo vitale del recettore LDL. In pratica questo comporta una riduzione dei
recettori epatici e quindi un aumento della concentrazione di LDL nel sangue circolante.
“ 2016 ACC Expert Consensus Decision Pathway on the Role of Non-Statin Therapies for LDLCholesterol Lowering in the Management
of Atherosclerotic Cardiovascular Disease Risk “
206