Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Gli attapirati
Ogni mattina, in Italia, milioni di persone provenienti da centinaia di
paesi e città si riuniscono idealmente in un esercito formato da uomini,
donne, bambini.
È l'esercito degli attapirati, che dalle prime luci dell'alba allo scoccare
della mezzanotte si muove verso le destinazioni più disparate.
Ragazzi che si attapirano dovendo andare a scuola e pensando alle facce
degli insegnanti che dovranno vedere. E al ministro Berlinguer che c'è
anche se non si vede e che sicuramente gliene sta combinando qualcuna.
Insegnanti che si attapirano pensando ai casini che i ragazzi
combineranno in classe e al ministro Berlinguer che già più di una l'ha
combinata.
Impiegati e operai che si attapirano perché dovranno avere a che fare
con capiufficio e titolari d'azienda. Imprenditori che si attapirano perché
dovranno avere a che fare con i sindacati.
Gente che si attapira in mezzo al traffico bloccato, vigili urbani che non
si attapirano mentre ti ammollano una multa.
Gente che si attapira negli aeroporti aspettando un aereo eternamente in
ritardo e altri che si attapirano aspettando un treno che si è ribaltato mentre
era fermo in stazione.
Confusione all'italiana
Dopo Di Pietro eletto nell'Ulivo, l'Italia dà i numeri:
Bertinotti scala la Fiat
Berlusconi diventa magistrato
Prodi presidente del Consiglio.
«Striscia la notizia»
Il 1998 segnerà un mio importante anniversario professionale:
venti anni di tv.
So che sembra impossibile, ma ho debuttato, con brevi, anzi
intramuscolari apparizioni, nel 1978 nella «Sberla» sull'allora
Primo Canale della Rai, trasmissione che ho poi rifatto sempre
con passaggi microscopici nel 1979.
Poi nell'81 è venuto «Tuttocompreso» per Rete Due.
E nel 1983 il vero debutto anche come autore con «Drive In»:
cinque anni di successi fino all'88.
Poi «Odiens», «Paperissima» e «Striscia la notizia» che mi
vede fra i fondatori e con la quale detengo un record: più di mille
conduzioni.
A «Striscia» sono particolarmente affezionato, perché è un tg
vero, perché i nostri telespettatori sono molti e perché... ci
divertiamo veramente tanto, sia in onda che e a luci spente.
Politically gnurant
E se il corpo di Bossi fosse secessionista?
E la testa volesse staccarsi dai piedi?
E se Rosy Bindi stregasse Alberto di Monaco?
Il collega e il travestito
Il mitico Emilio
Cosa sarebbe la nostra vita senza il mitico Emilio Fede?
Come potremmo andare a cena senza vederlo danzare di fronte
a quello schermo gigante dove in collegamento i suoi giornalisti
lo irritano perché non si fanno il segno della croce quando
parlano del suo Silvio?
Emilio è mitico come Mike Bongiorno: quando accendi sai
sempre cosa trovi.
Ma che ne sarà di lui ora che il suo telegiornale finirà sul
satellite?
Camerieri
Chi fa il mio mestiere, chi lavora nello spettacolo, passa una fetta del
proprio tempo nei ristoranti.
È normale, dopo aver lavorato in teatro, in televisione, o dopo una
giornata di riprese al cinema, trascorrere con colleghi e amici un paio d'ore
con le gambe sotto un tavolo.
Si cerca, logicamente, un posto dove si mangi bene, in cui l'ambiente sia
confortevole e magari la gestione sia premurosa nel tenere conto della tua
privacy.
Non c'è cifra che non valga, dopo una giornata faticosa, il fatto di
trovare un ristoratore che ti serva solo cose giuste, che non ti rifili pesci
ottuagenari o carne di mucca pazza, ma soprattutto che non ti affibbi un
cameriere rompiballe.
Le categorie di camerieri da assalto al personaggio famoso infatti si
sprecano...
C'è quello simpatico che ti fa la battuta a ogni portata. Se hai preso solo
una bistecca sei salvo, ma sei hai ordinato dall'antipasto al caffè sei
rovinato.
A ogni passaggio cerca di farti ridere con battute da galera, barzellette
sconce, ironie pesanti sulle donne della tv.
E qui si apre un'altra categoria, il cameriere giornalista, cioè quello che
nel tempo di una cena ti ha chiesto tutto il chiedibile sulla tua trasmissione
e inoltre «come sono le veline?», «ma Simona Ventura è una bella
sventola?», «è vero che la Marini e la Parietti sono tutte rifatte?», «Mike
Bongiorno ha il parrucchino?».
Poi c'è il cameriere di una certa età che, quando ti vede entrare con un
Lettera a Totò
Caro Principe,
perdonami se ti do del tu, ma sono uno dei milioni di italiani innamorati
di te, il Principe Antonio de Curtis, in arte Totò.
Da ragazzino, quando vedevo i tuoi film in tv o al cinema sentivo che
quell'uomo che stava sullo schermo aveva qualcosa di magico nel recitare,
era come se ti mettesse una mano sulla spalla e ti portasse con lui nella
farsa in cui stava recitando.
Ho visto tutti i tuoi film, alcuni li conosco quasi a memoria. E ho
imparato ad amarti subito.
Nelle tue storie c'è sempre la lotta quotidiana per mettere qualcosa sotto
i denti, l'arte di arrangiarsi con niente, l'uso della parola ricercata e
inusuale unita a quel voler mantenere sempre e comunque alta la dignità
dei tuoi personaggi, anche nelle situazioni più compromettenti.
Ricordo, negli ultimi anni della tua carriera, una tua apparizione a
«Studio Uno», l'allora trasmissione del sabato sera, condotta da Mina.
Si vedevano chiaramente i segni dell'età, ma le tue improvvisazioni, i
tuoi avvitamenti, la tua voce erano inimitabili.
Tempo fa un giornalista scrisse su un noto periodico italiano un pezzo
dal titolo «I nipoti di Totò», e fui onorato di essere parte di quella lista di
comici eletti a tuoi successori, con il rispetto e le dovute proporzioni
FINE