"Il fulminante leone Nemeo, compresso nella tua stretta provò la tua forza"
Al margine settentrionale della pianura di Argo, poco lontano da Micene, si elevano i monti
attraverso i quali passa la strada che conduce a Corinto. Il più alto è l'Apesas, sotto cui si
estende l' ampia vallate di Nemea, presso la quale ci sono molte caverne: in questa regione
viveva un leone che rendeva mal sicura tutta la zona montuosa. Questa fiera invulnerabile,
nata da Echidna e Tifone, sarà strozzata da Eracle su ordine di Euristeo. (Euristeo è re di
Micene. Eracle rimane al suo servizio fino a quando completerà le dodici fatiche assegnategli
dal re; dopo, il figlio di Zeus otterrà l'immortalità che gli spetterà per le sue gesta).
Significativo sarà il gesto di scuoiare il leone, compresi la testa e gli artigli e di indossare il
manto invulnerabile: "ciò che prima minacciava di morte gli uomini, si trasformò in una
promessa di salvezza." (Kerényi K., Gli Dei e gli Eroi della Grecia, Garzanti, Milano 1982,
vol.2, pag.157)
Zeus, per onorare suo figlio, assume l'animale prodigioso in cielo come ricordo: esso diviene il
Leone dello Zodiaco.
Il leone è simbolo di potenza, di sovranità, ma anche del Sole, dell'oro, della Forza penetrante
della luce e del verbo. [ Il leone, quale aspetto interpretativo secondario, rappresenta anche la
giustizia, da cui i leoni del trono di Salomone, del trono dei re di Francia, di quello dei vescovi
medioevale ].
Ed il leone di Nemea, che poteva essere vinto solo da un Eracle, aveva certamente in se
qualche cosa di speciale. Egli deve aver simboleggiato la morte e gli Inferi in particolare. I
leoni, che antichi artisti collocavano sulla tombe, ci ricordano questa capacità
rappresentativa, anche se non volevano rappresentare il leone di Nemea; tale motivo si ritrova
su tombe cristiane: " in se stesso il leone è simbolo di risurrezione". (da CHAMPEAUX G. &
STERCKX S., Introduction au monde des symboles, Paris 1966, p.278. -
L'UCCISIONE DELL'IDRA DI LERNA
"L'Idra, ad ogni amputazione subita non crebbe più forte contro Ercole,
dolente di essere vinto.
(ORAZIO, Carmi, IV, IV, 61-2)
L'Idra di Lerna è un mostruoso serpente con otto teste mortali ed una immortale; nasce da
Tifone ed Echidna. Infesta i dintorni di Lerna, nell'Argolide, dove vive in una palude; non solo
divora chiunque gli capiti a tiro, ma col suo fiato esiziale appesta l'aria e rende sterile la
campagna. Il mostro è ucciso da Eracle, che l'affronta insieme a Iolao (figlio del fratellastro
Ificlo), tagliandogli le teste con la spada. Ma al posto di ogni testa mozzata ne spuntano due
allora Iolao incendia un bosco vicino per avere dei tizzoni ardenti utilizzati da Eracle al
fine di bruciare i colli mozzati (la purificazione -scena dei tizzoni ardenti, con il fuoco fa parte
del processo d'iniziazione -attraverso "le prove"negli inferi.. )
L'eroe finisce la belva prima schiacciandole la testa immortale con un grande masso e poi
intingendo nel sangue velenoso le proprie frecce, così da rendere incurabili le ferite da esse
prodotte.
Il sangue dell'idra è un veleno: Eracle vi attingeva le frecce; se si mescolava con l'acqua dei
fiumi i pesci non erano più commestibili. Questo confermerebbe l'interpretazione simbolica:
tutto ciò che è collegato con i vizi, o ne deriva, si corrompe e corrompe.
Eracle cattura, nella terza delle sue dodici fatiche, questa mostruosa fiera che devastava il
territorio presso il monte Erimànto, in Arcadia. L'eroe prese vivo il feroce cinghiale e lo portò
sulle spalle Euristeo che, spaventato, corse a nascondersi in una botte.
“La rimozione di Set, del cinghiale e del maiale fanno parte della rimozione della Grande
Madre, dei suoi riti e dei suoi simboli. Mentre nel matriarcato il maiale è l'animale preferito e
sacro alle grandi divinità materne Iside, Demetra, Persefone, Bona Dea e Fraia, con la
rivoluzione patriarcale esso diventa l'epitone del male. Il "grande dio" Set era associato come
cinghiale alla bianca scrofa Iside. Però, mentre inizialmente il cinghiale rappresenta la forza
ctonia selvaggia e distruttiva della grande madre uroborica, successivamente esso diventa Set,
lo zio materno omocida, e infine l'emblema stesso del male". (NEUMANN E., Storia delle origini
della coscienza. Astrolabio Roma, pag.201, nota)
LA CATTURA DELLA CERVA DI CERINEA
Questa cerva dalle corna d'oro viveva sui monti dell'Arcadia. Qui vi regnava Artemide, dea
della castità ed alla quale erano sacri animali come, appunto, i cervi. Eracle doveva recarsi
ora colà, poiché Euristeo gli aveva dato come incarico di portare viva a Micene la cerva dalle
corna dorate, che cercava di nascondersi anche da Artemide.
L'eroe la insegue, al fine di catturarla viva, attraverso tutta l'Arcadia, fino al fiume Ladone,
che segnava il confine con l'aldilà. La raggiunse prima che passasse il fiume. Una volta presa
e poi legatele le zampe, se la carica sulla spalle per attraversare di nuovo l'Arcadia e
consegnarla ad Euristeo a Micene.
Note sulla simbologia della quarta fatica: Se consideriamo il suo carattere selvatico, la sua
lunga fuga fin presso gli Iperborei, la cerva dai piedi di bronzo, che Eracle vuole catturare
viva al termine di un lungo inseguimento verso il Nord, sarà il simbolo della saggezza, così
difficile da raggiungere. Secondo il simbolismo del bronzo, questo metallo poiché era sacro
isolava la cerva dal mondo profano e poiché era pesante l'assoggettava alla terra. La caccia
alla cerva nella tradizione mistica celtica è anche il simbolo della saggezza che Eracle,
persegue instancabilmente e senza posa perché vuole e sa come catturarla.
"Lo stuolo Stinfalio percorso dalle sue frecce precipitò dall'alto cielo".
(SENECA, id.)
Questi favolosi uccellacci del lago Stinfalo (in Arcadia) avevano ali, rostri ed artigli in bronzo.
Si servivano delle loro penne (anch'esse di bronzo), che lanciavano come frecce, per uccidere
gli uomini.Eracle li avrebbe uccisi tutti a completamento della sua quinta fatica.
Note sulla simbologia della quinta fatica:"Uno dopo l'altro, come uccelli portati da ali leggere,
più rapidi ancora del fuoco distruggitore, li vedi volare verso le coste del dio tramonto".
In queste parole di Callimaco di Cirene, la costa occidentale, dove il dio del sole tramonta,
significa il regno dei morti. Gli uccelli della palude di Stinfalo ci richiamano questo regno.
Ercole continua nella sua purificazione. Avendo acquisito la saggezza, con la cattura della
cerva, Eracle cammina più spedito. Egli è consapevole che deve tirar fuori i mostri che
ostacolano la sua ascesa. Minerva gli fornisce una specie di timpani di bronzo che servono a
spaventare gli uccellacci i quali usciti fuori dal bosco sono stati uccisi dalle frecce avvelenate.
(Seneca, Id.)
Ippolita era regina della Amazzoni, figlia di Ares e della amazzone Otrere. Ella possedeva un
ricco cinto donatogli dal padre e, poichè Admeta, capricciosa figlia di Euristeo, desiderava a
sua volta il prezioso ornamento, fece inviare Eracle a Temiscira per entrarne in possesso.
L'eroe dovette sostenere una guerra cruenta con le Amazzoni, ma infine riuscì nell'impresa,
aiutato da Teseo, il quale ebbe in premio la stessa Ippolita.
"Ma il più gradito oggetto era Teseo e su carro eccelso, cui traean superbi quattro destrier vie
più che neve bianchi nè Ippolita è minor vaghezza e speme del popolo, già placida in
sembiante, e al dolce nodo maritale avvezza." (STAZIO, Tebaide, XII, 798 e seg.)
Note sulla simbologia della sesta fatica:
La cintura è un simbolo della protezione del corpo e implica le "virtù" difensive della persona,
essendo l'allegoria della verginità. Consegnare la cintura significa "darsi" e non solo
rinunciare al potere. Per Ippolita significa abbandonare la condizione di Amazzone e donarsi
ad Eracle. Essere Amazzone significa agire da uomo, comportarsi da uomo, ma non
essere accettata né dagli uomini né dalle donne. Ella esprime il rifiuto della femminilità ed il
mito della sostituzione impossibile del suo ideale virile alla sua natura reale.
"Augia, secondo alcuni figlio di Elios o, secondo altri, di Posidone o di Forba, fu re dell'Elide.
Si dice che egli possedesse ricchi armenti (Circa tremila capi di bestiame).
Eracle, senza dirgli che ne aveva ricevuto l'ordine di Euristeo, promise al re di ripulirgli in
una sola giornata le stalle (Che da trent'anni non erano state curate) se gli avesse dato la
decima parte del bestiame. Augia non prestò fede alle parole di Eracle, tuttavia promise
quanto gli aveva richiesto. L'eroe ripulì le stalle deviando in esse le acque dei fiumi Alfeo e
Peneo: Ma Augia, quando seppe del comando di Euristeo non volle concedere la mercede
pattuita." (APOLLODORO, Biblioteca, II)
(SENECA, Agamennone)
Minosse, re dell'isola di Creta, promette a Poseidone (dio del mare) di sacrificargli tutto quello
che dal mare fosse giunto a Creta, ma non vuole immolare un meraviglioso toro bianco
inviato dal dio stesso; manda questo ai suoi armenti, sacrificando in sua vece un'altro toro.
Secondo alcuni mitografi, Poseidone si vendicherà rendendo feroce il toro (ma che poi sarà
domato e catturato da Eracle), secondo altri, ispirando Pasifae (moglie del re) una insana
passione per quell'animale superbo.
...Eravi Creta
Da l'altro lato, alto dal mar levata,
Ch'avea del tauro istoriata intorno.
E di Pasìfe il bestiale amore.
E la bestia di lor nata biforme,
Di si nefando ardor memoria infame.
L'eroe porta il toro a Micene, come convenuto con Euristeo, dove lo lascia libero. Per lungo
tempo l'animale indomito vagherà per il Peloponneso, fino a giungere attraverso l'Istmo a
Maratona, dove Teseo lo prenderà di nuovo ed infine lo sacrificherà ad Apollo.
"Viene Ippodamo poi d'Enomao figlio, e Cromo nato dal famoso Alcide
Né sai ben dir qual con più destra mano i freni regga dè destrier feroci.
Guida il secondo quei che 'l padre tolse a Diomede,
ed il primiero affrena quelli che fur del genitor crudele:
ed hanno ancora l'uno e l'altro i carri di putrefatto sangue aspersi e tinti."
Diomède, re dei Bistoni (nella Tracia), era figlio di Ares. Possedeva una mandria di cavalli,
spiranti fiamma dalla bocca, che nutriva con il sangue degli stranieri. Lotta con Eracle ed il "
suo sangue fu l'ultimo che tinse le fauci dei feroci corsieri".
Eracle, "insultando, schiacciò con un colpo di clava il triplice mostruoso corpo dei fratelli
gemelli, nati con un solo busto, e ne condusse il bestiame, privato del triforme Gerione, dalle
terre d'occidente a quelle di oriente.
Gerione era figlio di Crisaore e di Galliroe o, secondo altri favolisti, di posidone; aveva tre
corpi "dalla cintola in su" e sei braccia. Dimorava nell' isola Eritea, presso Cadice Eracle,
dopo aver ucciso il mostro, con un colpo di clava gli porta via i numerosi buoi. L'armento di
Gerione era custodito dal cane bicipite Orto, dal gigante Euritione e da un drago con sette
teste; anche questi mostri sono soppressi dall'eroe. Per giungere all'isola Eritea Eracle
si serve della navicella di Elios, che ottiene in prestito dal dio del sole dopo averlo minacciato
con l' arco. A testimonianza di questa sua impresa, che avviene ai confini del mondo allora
conosciuto, l'eroe pone due grandi colonne ( le colonne d'Ercole) all'imbocco dell'Oceano
Atlantico.
Note sulla simbologia della decima fatica: Ancora una volta il nostro Eracle è costretto a dure
prove per portare a termine quanto ordinato da Euristeo. In questa decima fatica, marciando
da Oriente ad Occidente deve sostenere diversi scontri. Tra i parerga connessi con
quest'impresa si ricorda lo scontro avuto con il re della Libia, il gigante Anteo e con Erice
candidato re diuna parte della Sicilia e con Alcioneo formidabile Gigante sull' Istimo. Molto
significativo, dal punto di vista Iniziatico e Magico, è l' ardire di Ercole di aver puntato verso il
dio Elios, il suo arco per entrare in possesso della navicella che lo avrebbe portato poi ad
Eritea. Eracle dopo impossessatosi dal gregge volle continuare il suo viaggio completando il
"cerchio" da Occidente verso Oriente passando per l'Iberia, la Gallia e l'Italia. Dal punto di
vista alchemico, i Naasseni consideravano Gerione possessore di tre parti: una spirituale,
una psichica ed una materiale e che la conoscenza di lui fosse l'inizio della capacità di
conoscere Dio.
Figlio di Tifone e di Echidna, era un cane con tre teste (ma Esiodo dice che ne aveva
cinquanta, mentre Pindaro ed Orazio addirittura cento), posto a guardia del palazzo di Ades;
qui doveva qui doveva impedire alle ombre di uscire dall' Inferno e vietare ai vivi di varcare la
soglia. Viene addormentato dal suono della lira di Orfeo, allorché questi discende nell'Ade
per riprendersi Euridice Eracle, nella sua dodicesima fatica, riesce a legarlo e a condurselo
dietro.
Note sulla simbologia della dodicesima fatica: Cerbero rappresenta il terrore della morte per
coloro che temono l'Inferno, più ancora. l'Inferno stesso e anche l'Inferno interiore di ogni
essere umano. Eracle riesce a vincerlo solo con le proprie forze e Orfeo riesce a pacificarlo per
un' istante con un'azione spirituale , cioè il canto della sua lira: questi sono due indizi a
favore dell'interpretazione neo-platonica, che vedeva in Cerbero il genio stesso del demone
interiore, lo spirito del male; per vincerlo, si può contare solo su di sè.
La dodicesima fu l'ultima e la più grave fatica che Ercole per affrancarsi da Euristeo ha
dovuto sostenere. Di fronte a tanto coraggio, Ades gli diede il permesso di portar via il
tricipite Cerbero a patto che lo domasse senza usare delle armi. Con le mani strinse il collo
dell' infernale animale caricandolo sulla spalle portandolo alla luce del sole.
Ercole rappresenta l'Uomo di desiderio che vuole penetrare nella Verità e vuole morire da
Iniziato per rinascere immortale. Ognuno di noi può essere un Ercole a patto che, come Lui,
si sappia imbarcarsi sul sentiero iniziatico uccidendo le bestie che ci sono dentro e
purificandoci costruire il nostro Tempio interiore.
Accendendo il primo Athanor, bisogna uccidere il Leone; il che vuol dire che il Neofita, come
primo dovere deve saper domare la carne. Uccidere l'Idra dalle nove teste con tizzoni ardenti e
torce avvelenate, è il secondo dovere. Bisogna distruggere in se i pregiudizi, le superstizioni, e
di vincere ogni falsa scienza e qualsiasi dogmatismo con l'aiuto di quel fuoco intellettuale che
è la Mente "le cui fiamme divorano a poco a poco le minime cose del Cosmo, ne estraggono il
soffio, e permettono subito dopo di riedificare una Sintesi, purificata da ogni elemento
inarmonico".
Non basta la sola Forza per vincere le bestie e superare gli ostacoli; non è sufficiente
l'attrazione della bellezza di Venere [ forza magica dell'Amore che evolve la natura inferiore e
fa cessare il duello fra la Carne e lo Spirito] per renderci Uomini liberi, ma è soprattutto la
Saggezza che fonde armonicamente la forza di amore e la fermezza, qualità sterili se prese
separatamente e potentemente creatrici se riunite da essa.
Chi non può fare uso della libertà, deve essere escluso dai nostri misteri perché non può
disporre di sé, né contrarre, validamente , degli obblighi. "Chi non ha il coraggio di
abbandonare il carnevale delle illusioni mondane e porre l' intelletto al disopra di tutte le fugaci
ed illudenti sensazioni della materia graveolente di putredine umana; chi, pur dichiarandosi
uomo forte e di cuore adamantino, non sa dominare il piacere ed il dolore della natura umana,
deve rinunziare al mondo in cui le esistenze più pure e perfette
hanno l'intelletto della verità" (G.Kremmerz Vol.I° - La scienza dei Magi).
RAM
BIBLIOGRAFIA
1) - J. Chevalier A.Gheerbrant - Dizionario dei simboli Bur - Rizzoli Ed.1986
2) - Declaustre - Dizionario Mitologico - Ed.Brenner Cosenza
3) - A. Morelli - Dei e Miti - Edizioni Librarie Italiane
4) - G. Cairo - Dizionario Ragionato dei Simboli - Forni Ed.
5) - H. Biedermann - Enciclopedia dei Simboli - Garzanti Ed.
7) - P. Grimal - Enciclopedia dei Miti - Garzanti Editore
8) - G. Ronchetti - Dizionario Illustrato dei Simboli - U.Hoepli Editore – Rep. Cisalp.-Goliarda
9) - F. Ramorino - Mitologia Classica - Ulrico Hoepli Editore
10) - J. E. Cirlot - Dizionario dei Simboli - Siad Edizioni