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1/4/2020 Arte moderna - Arte dopo gli anni '60 - Post-Human

Post-Human
di Vilma Torselli
pubblicato il 3/04/2007

Le biotecnologie e la manipolazione genetica che stanno trasformando l'uomo in un oggetto modificabile, smontabile e riassemblabile,
tema centrale di un'arte rivolta alla ricostruzione del corpo biologico.

"L'era moderna potrebbe essere definita come il periodo della scoperta dell'io. L'era postmoderna nella quale viviamo può essere intesa
come un periodo transitorio di disintegrazione dell'io. Forse l'era postumana che comincia a intravedersi all'orizzonte sarà
caratterizzata dalla ricostituzione dell'io". (Jeffrey Deitch, Losanna 1992)

Post-Human, termine ampio, che non si riferisce solo alle arti visive, ma ad una vera e propria filosofia, indica un nuovo modo di
leggere il mondo alla luce della fine dell'umanesimo ed all'alba di una nuova era in cui le biotecnologie e la manipolazione
genetica stanno trasformando l'uomo in un oggetto modificabile, smontabile e riassemblabile: l'essere biologico, divenuto uomo
bionico, può infatti oggi essere visto attraverso varie chiavi di lettura, secondo un nuovo concetto di umanità risultante dall'ibridazione
con forme altre da sè, contaminata nelle sue caratteristiche essenziali dal contagio con il non-umano.
Questo nuovo metodo di approccio alla realtà, questa mutata visione del mondo ha un suo testo programmatico, "The Posthuman
Manifesto", estratto da un libro di Robert Pepperell, "Lo Stato Di Posthuman: La coscienza oltre il cervello", un'indagine "all'estremità
dell'uomo" che rivoluziona le cognizioni tradizionali sullo stato umano, sulla filosofia umanistica, sulla coscienza e sul senso estetico.

Per ciò che riguarda l'arte, il termine Post-Human è stato coniato nel 1992 dal gallerista-critico americano Jeffrey Deitch in occasione di
un suo allestimento espositivo vertente proprio sul tema dello spostamento dal reale alla sua manipolazione, della trasformazione da
naturale ad artificiale della cultura contemporanea, non solo visiva, ma estetica in generale ed anche letteraria,
soprattutto fantascientifica.

Tra gli antesignani, personaggi trasgressivi oggi famosi, inquadrabili in questa corrente cito Jeff Koons e le sue stranianti opere
scultoree e Matthew Barneyche realizza foto, disegni, installazioni e sculture, ma soprattutto filmati nei quali è protagonista il corpo,
specialmente il suo.
Oggi, a distanza di più di venti anni da quella storica mostra, esiste una generazione di artisti (Franz Ackermann, Amy Adler, Doug
Aitken, Vanessa Beecroft, Gregory Crewdson, John Currin, Cai Guo-Qiang, Olafur Eliasson, Pierre Huyghe, Kurt Kauper e molti altri)
che realizzano mondi estetici in cui realtà e finzione, artificiale e reale sono separati da un confine sempre più sottile, fino a
confondersi in una totale perdita di identità in cui è sempre più difficile distinguere l'organico dal postorganico, l'originale dal clonato.

Per l'artista post-human, l'opera si identifica in una procedura ricostruttiva del corpo, alterato nella sua identità biologica in un
processo di bio-diversificazione tra arte, scienza e tecnologia, che ha come fine una mutazione genetica, un nuovo corpo, una nuova
personalità, una nuova psicologia, talvolta attraverso autoaggressive trasformazioni somatiche, a metà tra performance, body art e
chirurgia plastica: il corpo naturale, anacronisticamente superato ed inadatto al mondo tecnologico in cui si colloca, si adegua
artificializzandosi in una esasperata ricerca di identifcazione con una realtà nuova.

Per questa via l'arte visiva diventa un prodotto concettuale di cui nulla resta come "oggetto" artistico, che non si può conservare come
proprietà individuale, che non si può esporre in un museo, che non ha una connotazione definitiva e stabile, che non si riallaccia a
nessuna tradizione culturale o biologica.

Al di là delle sue innegabili e plateali forzature, delle sue istrioniche provocazioni, Post-Human è anche il tentativo di un avvio di
dialogo tra arte e scienza, seppure in termini apocalittici ed in alcuni casi dichiaratamente truci ed inquietanti, per una mutazione
(mostruosa?) della specie, ma anche delle emozioni e delle fantasie dell'uomo, senza limiti né confini, espressione più vera della libertà
dell'anima, che il moderno mondo artificiale potrebbe anche assecondare e potenziare.

https://www.artonweb.it/artemoderna/artedopo60/articolo28.htm 1/1

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