Analisi - Sonata Op 22 Beethoven

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Analisi della Sonata op.22 in Sib per pianoforte di L.V.

Beethoven

Paolo Rotili

In questa appendice approfondiamo le tecniche di analisi relative alla forma Sonata classica e del
Motivo. Si presentano i grafici che rappresentano la forma di tutti e 4 i tempi e si svolge una analisi
tematica evidenziando le relazioni motiviche tra i 4 tempi.

Analisi armonico-formale

Gli schemi che seguono indicano il percorso delle modulazioni nei quattro tempi della sonata.

Alcune precisazione sul modello grafico che utilizziamo per l’analisi formale.

Per una forma sonata importante ci sembra relazionare i piani tonali al tempo (battute).
Lo schema, basato su un asse cartesiano, dispone sull’asse verticale le tonalità disposte secondo
l’ordine di lontananza dal centro. Dato Sib come tonalità d’impianto, e disposta al centro dell’asse,
in alto disponiamo le tonalità dominantiche con i relativi minori (FA, re), in basso quelle di SD
(MIb, do). Se troviamo altre tonalità nel corso dell’analisi le disporremo continuando a seguire lo
stesso schema: DO e la ancora più in alto, Lab e fa ancora più in basso. E così via.
Questo ci permette di rendere con precisione grafica il grado di lontananza dal centro della tonalità
analizzata.

Sull’asse orizzontale disponiamo il numero di battute.


Siccome è una analisi delle tonalità presenti nel brano, la linea prosegue orizzontale li dove c’è
stabilità armonica, altrimenti collega obliquamente due tonalità (quella di arrivo con quella di
partenza)

Durante il grafico troviamo linee tratteggiate. Esse rappresentano ciò che è armonicamente
sottinteso. Ad esempio il pedale di dominante dell’Esposizione, che pur rappresenta già la nuova
tonalità, è indicato come tratteggiato, perché il punto formale della seconda regione armonica non è
stato raggiunto. Un altro esempio sono le tonalità toccate o implicite, ma non stabilizzate, nello
Sviluppo. Esse sono tratteggiate, mentre la linea obliqua continua sino alla Ripresa.

Il cambio maggiore/minore non è stato segnalato sull’asse delle y perché si considera in Beethoven
che questo sia un cambio timbrico e non sintattico. Nei grafici sono segnate entro un cerchio le
tonalità maggiori trasformate in minori.

Nei grafici sono segnalate esplicitamente le presenze dei temi. Nel grafico del Rondò le diverse idee
musicali sono indicate con differenti lettere. Gli apici su queste ultime stanno ad indicare le varianti
delle stesse.
Solo pochi accenni su le forme dei vari tempi, allo studente il compito di verificare con la partitura
tali grafici.

L’Allegro è in Forma Sonata. Con due temi, come spesso succede in Beethoven, nella seconda
regione armonica.

L’Adagio è anch’esso in Forma Sonata.

Il Minuetto e il Trio sono forme tripartite, ma mentre il Minuetto non ha la modulazione alla
dominate e il B è costituito di un gioco di successione di dominanti secondarie, il Trio, più
classicamente, modula al termine di A alla dominante (pur essendo in minore) e B è il ritorno al
tono d’impianto.

Il Rondò, pur con la caratteristica tematica che lo contraddistingue, di essere un brano ad episodi
alternati, segue anch’esso lo schema della Forma Sonata. Il Tema principale (A), infatti, torna
sempre in tonica, mentre gli altri episodi seguono lo schema sonatistico.
Nel primo rigo abbiamo il tracciato tipico dell’Esposizione; nel secondo, dopo il ritornello, lo
Sviluppo; nel terzo la Ripresa e nel quarto una coda conclusiva.
In questo tempo, cioè, la tipicità tematica del Rondò è regolata dalle planimetrie tonali della Forma
Sonata, creando una fusione formale che spesso troviamo nel comporre beethoveniano (pensiamo
alle interferenze del rondò e delle variazioni nei tempi lenti delle sue prime sonate).

Un aspetto da sottolineare è l’abbondante uso del passaggio al minore localizzato nei momenti di
Sviluppo, al centro della forma, in tutti i quattro tempi di questa Sonata.
Analisi della Figura
In questa sonata troviamo un modo piuttosto particolare di pensare il tema.
Un incipit brillante, fortemente legato alla tecnica pianistica, viene ripetuto sino al punto
culminante, dal quale si distende un frammento melodico piuttosto pronunciato.
Abbiamo nel I° tema non un motivo che si ripete variato, quanto due motivi di diversa natura. Il
primo sembra essere pensato quasi fosse un elemento introduttivo, il secondo la vera idea musicale.
In realtà il primo motivo contiene in se tutti gli elementi importanti e il secondo, come vedremo, è
già una trasformazione molto avanzata del I°. Torneremo in seguito su questo aspetto importante di
derivazione dei motivi dal I°.

L’esempio 1 descrive i sub-motivi a partire dal Motivo. Ne abbiamo individuati cinque.

Se scorriamo tutta la composizione ci accorgiamo che le figure che si dipanano derivano da questi
elementi primi.
Non faremo una descrizione delle varianti, in che modo sono state scritte e del loro senso musicale,
ma ci limiteremo a indicare i sub-motivi attivi nelle stesse.

Il motivo melodico del I° tema è basato sull’incipit di quartine, sulla risoluzione piana e sul
ribattuto (pedale)
Il ponte è basato sulla aumentazione del profilo melodico della quartina (vedere il profilo melodico
superiore) e sul pedale.
Il primo dei due temi della seconda regione armonica è l’arpeggio della nuova tonica rinforzato,
nella seconda battuta, dalle terze parallele. Al basso abbiamo ancora un pedale, anche se ora in
semicrome (diviene una sorta di trillo).
La seconda idea della II^ regione è ancora basata tutta sulle terze, anche se l’omoritmia connota in
modo molto diverso il motivo.
Anche tutte le altre figure secondarie sono desunte dai sub-motivi iniziali.

Ovviamente tutte le varianti danno un senso musicale diverso ad ogni figura, fatto che però esula
dalla seguente analisi, che qui si limita solo a far vedere le relazioni strutturali e non si occupa della
varietà di senso, della Forma come intreccio di azioni.

***

Ma non solo i motivi del primo tempo derivano tutti dall’inciso iniziale.
Tutti i temi degli altri tempi si basano sullo stesso motivo.

L’esempio 2 rappresenta, a partire dagli elementi x e y del motivo, ciò che accomuna tutti i motivi
della Sonata.
Più precisamente, se esplicitiamo le quattro forme canoniche (qui rappresentate da A B C D ) della
quartina di semicrome (l’elemento x), ci accorgiamo che tutti gli incipit dei quattro tempi derivano
da una di queste quattro forme melodiche.
Anche la conclusione di ogni frase di ciascun motivo è basata sull’altro elemento (y) del motivo
originario.

Il motivo iniziale è dunque l’origine di tutte le varianti successive. I motivi di ciascun tempo
espandono sia l’incipit che la conclusione del motivo.
Gli andamenti, il metro, l’agogica, ecc. cambiano, ma i profili melodici sono gli stessi e quelli
ritmici sono varianti del primo.
Questa compattezza tematica è un elemento particolare per il primo Beethoven. Non il fatto che le
figure derivino da trasformazioni del motivo, quanto l’unità tematica dei tempi.

Ma il fatto più caratteristico è la natura del motivo.


Esso, in realtà è solo un inciso e, in sostanza, più che un motivo è quasi una cellula.

Questo è veramente particolare. Non troviamo analoghi in altre composizioni.

Ma perché Beethoven sceglie di far originare tutti i motivi da una sola cellula?
Perché le trasformazioni della linea si basano su modalità tipiche del Barocco (variare la cellula
secondo i principi dello specchio, elaborando il retrogrado, l’inverso e il retrogrado dell’inverso è
un modo del tutto contrappuntistico di scrivere)?

In una lettera del gennaio 1801 Beethoven scrive all’editore Hoffmeister: “ Il suo proposito di
pubblicare le opere di J.S.Bach è qualcosa che fa bene al mio cuore che batte tutto per l’alta, grande
arte di questo progenitore dell’armonia” e di seguito, offrendo alla pubblicazione le sue opere “ le
propongo quanto appresso: settimino (di cui già Le scrissi) 20 ducati; Sinfonia, 20 ducati; concerto,
10; grande sonata per solista, Allegro, Adagio, Minuetto, Rondò, 20 ducati. E’ una sonata coi
fiocchi, questa, amatissimo signor fratello!”1

La sonata in questione è proprio l’op. 22.


Beethoven ne è particolarmente soddisfatto.
Vedendola nel contesto delle sue opere essa rappresenta il punto conclusivo di un percorso che lo ha
visto assorbire e maturare tutto il mondo neo-classico di Haydn. Beethoven non scriverà più in
questo stile. O meglio, la sua ricerca lo porterà lontano dalla semplice adesione a tale stile.
Le Sonate che seguono, infatti (sonate in forma di fantasia), sono legate ad un periodo di ricerca che
terminerà con le tre composizioni dell’op.31, che introdurranno aspetti nuovi al modello sonatistico
haydniano.
La sonata op. 22 sembra scritta proprio come compendio di tutto ciò che l’autore ‘sapeva fare’
all’epoca. Sembra più una opera riassuntiva e di maniera che un prodotto della sua continua ricerca.
Anche la natura dei temi, pur nella bellezza del secondo tempo, sono meno profondi (se ci possiamo
permettere…) se confrontati con lavori precedenti. Anche l’equilibrio e la compiutezza formale di
tutti i tempi della Sonata sono indicativi di un dominio quasi virtuosistico dei mezzi compositivi
dell’epoca.
La sonata, a nostro avviso, è dunque una sintesi, una oggettivazione di un mondo compositivo
pienamente dominato dall’autore. Vi troviamo una sorta di distacco espressivo. La dimostrazione di
abilità compositiva (“una sonata coi fiocchi!” dice di lei Beethoven stesso) ci pare superiore alle
istanze espressive.

Nella lettera, poi, troviamo questa dimostrazione di conoscenza e di ammirazione per Bach…

In un’altra lettera, di tre mesi successiva, scritta all’altro editore Britkopf ed Hartel, Beethoven
comunica la pubblicazione dell’op. 22 per opera di Hoffmeister e, tra le altre cose, vi si legge:
“Quando recentemente sono andato da un mio buon amico ed egli mi ha mostrato l’importo di
quanto è stato raccolto per la figlia dell’immortale dio dell’armonia ( si fa riferimento a Regina
Susanna, l’ultima figlia di Bach), mi sono meravigliato per l’esiguità della somma che la Germania

1
L.V. Beethoven: Scritti e conversazioni; raccolti a cura di Nicolò Di Fede, Universale Cappelli, Bologna 1971, pag.
50
(e specialmente la sua Germania) ha offerto a questa persona che per me, per merito di suo padre, è
degna di ogni onore, e ciò mi ha fatto nascere il pensiero: che sarebbe se pubblicassi qualcosa a
beneficio di questa persona […] . Vogliano scrivermi subito come si possa fare per realizzare ciò
prima che questa Bach muoia, prima che questo torrente si asciughi, e noi non possiamo più
immettervi acqua.”2

Anche se l’op. 22 non è l’opera che può essere utilizzata per aiutarne finanziariamente la figlia, mi
sembra di particolare importanza questa attenzione di Beethoven per Bach.

Potremmo pensare che questa sonata di riepilogo e di conclusione del primo periodo beethoveniano,
sia dunque un segreto tributo all’arte di Bach.
Questo può essere una spiegazione proprio della concezione figurale che è alla base della sonata.
La cellula e le sue varianti di tipo meccanico (tipico di Bach) sono la base di tutte le invenzioni
motiviche (tipico di Beethoven). E’ una ipotesi suggestiva. Ma una ipotesi affatto forzata.

E ne abbiamo una possibile conferma nello Sviluppo della Forma sonata dell’Adagio (batt. 31/47).

Qui siamo di fronte ad un momento altissimo del pensiero beethoveniano, della sua capacità di
parlare con la musica di altre musiche (troveremo spesso in Beethoven maniere di scrivere che
esulano della stile che sta utilizzando e/o giochi di citazione stilistica).
Dopo la fase di allontanamento (batt. 31-38) realizzata con una progressione ascendente e con una
intensità sempre crescente, lo sviluppo si arresta a batt. 39 sul secondo rivolto dell’accordo di Lab
minore (quasi l’inizio di una cadenza) con un improvviso piano.
Da qui a batt. 46 lo stile della composizione cambia radicalmente. La texture è di tipo
completamente diverso: da monodica accompagnata, la scrittura si trasforma in un flusso
ininterrotto di sestine parallele alla maniera del Preambulum di certi Preludi del Clavicembalo ben
temperato. Il motivo melodico dello sviluppo si rapprende nella cellula di sestine che procedono per
compatti moti congiunti. L’armonia è meno scolpita, è sottesa morbidamente dal flusso di note.
Siamo in un altro mondo! Beethoven, compositore della memoria, immobilizza la dinamica del
Tempo e crea l’immagine del ricordo.
La dominante di batt. 46 interrompe, come uno sfumando, questa evocazione.

2
op. cit. pag. 52. Ricordiamo che il nome Bach in tedesco significa ruscello, da qui il gioco linguistico fatto da
Beethoven

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