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IL TRICOLORE ITALIANO:
l’evoluzione di una bandiera
tra storia, Costituzione e
crisi d’identità

di Vincenzo Sofo

Introduzione

Nel 2011 ricorrono i centocinquanta anni dell’unità d’Italia, tra polemiche, ritrovati nazionalismi,
indipendentismi e revisioni storiche. Mai come ora torna sotto la luce dei riflettori l’effettivo stato
di unità del nostro paese, non soltanto a causa della ricorrenza storica, ma soprattutto perché sta
iniziando a prendere piede un’importante cambiamento riguardante il tipo di Stato che potrebbe
incidere notevolmente sull’assetto politico e sociale italiano: il federalismo. La riforma del titolo V
della Costituzione ha posto le basi (sebbene tuttora molto incerte) per la revisione delle attribuzioni
delle competenze tra Stato e Regioni che abbracceranno dapprima l’ambito fiscale per poi toccare
altre questioni.
Si tratta di una svolta rilevante per la storia del nostro paese in quanto l’ipotesi federalista, fino a
poco tempo fa rigettata dalla quasi totalità dell’opinione pubblica, allo stato attuale è largamente
condivisa sia dalle forze politiche sia dalla popolazione. Il Consiglio d’Europa nel 1985 ha proposto
la Carta europea dell’autonomia locale, che vincola i firmatari ad applicare regole fondamentali per
garantire l’indipendenza politica, amministrativa e finanziaria degli enti locali, riconoscendo
l’autonomia locale come necessaria per l’edificazione di un Europa democratica.
Peraltro questo fenomeno non può essere circoscritto ad una richiesta di maggiore efficienza da
parte dei cittadini, in quanto si colloca in un contesto che vede – in Italia come in Europa – la

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progressiva crescita delle correnti indipendentiste. In questo senso la Lega Nord rappresenta un caso
eclatante di movimento che ha ottenuto un sensibile incremento del consenso elettorale negli ultimi
anni e soprattutto nel 2010, anno dei preparativi dei 150 anni.
Accanto alla crescita di questa voglia di autonomia, vi è anche una sempre più forte rivendicazione
da parte della politica e delle istituzioni dello spirito unitario, considerato imprescindibile per il
futuro dell’Italia. In questa direzioni, in particolare, sono numerosi gli interventi del Presidente della
Repubblica.
Quando si parla di unità d’Italia, avviene inevitabilmente e inconsciamente l’associazione con la
bandiera tricolore. La forza simbolica di quest’ultima è talmente forte da godere di tutela
costituzionale, al pari di qualsiasi altro principio fondamentale su cui si fonda la Repubblica
italiana. D’altronde ciò non può essere motivo di stupore, in quanto riproduzione visiva e sintetica
proprio dei suddetti principi. Prima di approfondire il discorso sul significato simbolico della
bandiera, è dunque utile soffermarsi sul ruolo che ricopre all’interno della nostra Costituzione.

Il tricolore nella Costituzione italiana

Il tricolore appare nella Costituzione della Repubblica Italiana nella parte dedicata ai principi
fondamentali: l’art. 12 afferma che “la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde,
bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Nella seduta del 24 marzo 1947, durante
i lavori preparatori per la promulgazione, la Commissione confermò tale scelta con le seguenti
parole: “un tricolore puro e schietto, semplice e nudo, quale fu alle origini, e lo evocò e lo baciò,
cinquant’anni fa, il Carducci; e così dev’essere la bandiera dell’Italia repubblicana”.
Guardando l’ordine dei contenuti ripartiti nei 12 articoli che compongono i principi fondamentali
della Costituzione, si può notare che l’accenno alla bandiera viene soltanto successivamente agli
altri principi: democratico, personalista, pluralista, solidarista, autonomista e internazionalista (o
pacifista). Insomma, vengono prima menzionati la forma repubblicana, il metodo di lavoro, i diritti
inviolabili e i doveri inderogabili dell’uomo, l’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, il
ripudio della guerra, i diritti degli stranieri, il riconoscimento e la tutela delle autonomie locali, delle
confessioni religiose, delle minoranze… soltanto alla fine trova spazio il tricolore.
Tuttavia questa posizione in calce non sembra fornire ad esso una connotazione marginale e
subordinata rispetto ai principi sopra citati; anzi, il fatto che la descrizione grafica della bandiera sia
posta sullo stesso piano di valori fondanti lo spirito di un popolo, è significativo: infatti, la
conclusione di questa prima (e più importante) parte della Costituzione con l’articolo riguardante il
tricolore, sembra voler dire che quest’ultimo è la sintesi e l’espressione dei principi elencati.
Questa posizione è ribadita dall’art. 292 del Codice Penale, che si occupa del vilipendio o
danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato, prevedendo consistenti sanzioni
pecuniarie e addirittura – in caso di danneggiamento della bandiera – la reclusione.
E’ inevitabile a questo punto approfondire le motivazioni che spingono le istituzioni e le
popolazioni ad usare un simile riguardo a quello che, in fin dei conti, si presenta ai nostri occhi
come un semplicissimo pezzo di stoffa. Per far ciò occorre tornare indietro nel tempo e ripercorrere
brevemente la storia per capire perché è come sono state introdotte le bandiere.

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La nascita della bandiera

Nel XII secolo nell’Europa occidentale compare l’arme, termine con il quale si intende il complesso
dello scudo, degli ornamenti e dei contrassegni onorifici propri di una famiglia o di un ente. Si tratta
di nuova formula emblematica destinata a trasformare profondamente tutte le pratiche simboliche
della società medievale; per parecchi secoli essa influenzerà tutti i segni visivi relativi all’identità,
alla parentela, al colore e all’immagine.
L’apparizione dell’arme nella storia medievale è legata soprattutto al fatto che dopo l’anno Mille la
società occidentale aveva vissuto delle trasformazioni considerevoli; ovviamente, tra le altre cose,
si assistette anche ad un’evoluzione della tecnica e – di conseguenza - dell’equipaggiamento
militare: i combattenti occidentali presero l’abitudine di far dipingere sui loro scudi figure
geometriche, animali o altri simboli utili come segni di riconoscimento durante le battaglie.
Di certo comunque, quando parliamo di importanti trasformazioni, non facciamo riferimento alle
innovazioni nel campo dei mestieri o cose simili: la nascita delle arme segue la formazione –
successiva al crollo dell’impero carolingio e ai conseguenti mutamenti – di un ordine sociale nuovo,
di tipo feudale. Il “rimescolamento” pone l’esigenza di trovare nuovi strumenti per potersi
identificare e riconoscere nelle nuove strutture sociali, di segnalare il proprio rango… l’arme è uno
di questi. La sua diffusione segue un processo che in ambito aziendale definirebbero up to bottom,
partendo inizialmente dai principi, dai grandi signori e dai combattenti per poi estendersi a tutta la
piccola e media nobiltà, ai non combattenti e ai non nobili, per raggiungere infine – attraverso l’uso
del sigillo – persino donne, plebei, ecc. In questo processo si ritaglia un ruolo secondario la Chiesa
che, mantenendo inizialmente una posizione di diffidenza, cederà solo in un secondo momento a
questa moda. Il che è confermato dalla poca influenza che essa ha avuto sulla determinazione dei
colori e – in parte – delle figure.
L’arme, appunto, si compone di figure e colori. Questi ultimi, in particolare, devono sottostare a
precise regole di associazione: i sei colori utilizzati sono divisi in due gruppi (bianco e giallo da una
parte, rosso, azzurro, nero e verde dall’altra) e i colori di uno stesso gruppo non possono essere
accostati. Ciò è dovuto principalmente a motivazioni di ordine ottico riconducibili all’esigenza
prima citata che l’arme fosse distinguibile da lontano, ma anche al significato simbolico dei colori.
L’araldica si pone all’origine dei diversi codici e formule che hanno contribuito alla genesi delle
bandiere. Tra il X e il XX secolo avviene il processo di trasformazione che permette il passaggio da
emblema feudale a bandiera governativa. Questo processo segue due differenti dinamiche a seconda
del tipo di rapporto tra Stato e Nazione di un paese: nei luoghi in cui la nascita dello Stato ha
preceduto quella della Nazione, l’emblema feudale o familiare si trasforma in dinastico, per poi
diventare emblema monarchico, governativo ed infine statale; dove la Nazione ha preceduto lo
Stato (ad esempio in Italia) invece all’emblema dinastico ha succeduto quello politico, poi nazionale
ed infine statale.
Sono le arme a fare da filo conduttore a questi passaggi, mentre figure e colori diventano strumenti
fondamentali per assicurare la continuità/storia/mitologia dei simboli che finiscono per svolgere un
ruolo determinante nella nascita di Stati e Nazioni.
Per quanto riguarda il tricolore, sebbene compaia nella Costituzione del 1947, certamente la sua
nascita risale a parecchi anni prima, agli albori del Risorgimento. Più precisamente, la prima
apparizione è datata 14 novembre 1794 quando a il Senato di Bologna deliberò: "Bandiera coi

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colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per formare una bandiera, si è risposto il
Verde il Bianco ed il Rosso." Questa doveva essere il simbolo della rivoluzione che avrebbe dovuto
restituire al Comune di Bologna l’indipendenza dallo Stato della Chiesa. Ma la sommossa fallì.
Nel 1796 Napoleone adotta il bianco, il rosso e il verde come vessillo della Legione Lombarda della
Repubblica Transpadana; non si tratta però di una vera e propria bandiera nazionale, la quale
arriverà nel 1797, con l’emblema della Repubblica Cispadana. Da allora la bandiera subisce alcune
modifiche, prima di uscire di scena in seguito alla morte di Napoleone.
Il tricolore riappare poi nel 1831 con la Giovane Italia di Mazzini e da lì in avanti resterà pressoché
uguale fino ai giorni nostri, salvo i ritocchi avvenuti con i Savoia e con la Repubblica Sociale
Italiana.

Il significato simbolico della bandiera

Sant’Agostino affermava: “Ci sono cose che sono soltanto cose ed altre che sono anche segni
[…].Tra questi segni, alcuni sono solo dei segnali, altri dei contrassegni o degli attributi, altri ancora
dei simboli”. Tra questi simboli sicuramente hanno un ruolo fondamentale le bandiere, create
appositamente per sintetizzare e manifestare con immediatezza e chiarezza un sentimento di
appartenenza, di ideali e fini comuni. D’altronde il simbolo nell’antica Grecia (luogo d’origine del
termine) era un oggetto – solitamente una tessera di terracotta - che veniva spezzato in due parti,
ciascuna delle quali consegnata ad una delle due parti contraenti un patto. Il simbolo si differenzia
dal segnale perché dotato di potere evocativo e non puramente informativo; secondo Hegel, a
differenza del segno, il simbolo “è più o meno il contenuto che esprime come simbolo”, ossia
l’oggetto simbolizzato è simile alla sua espressione simbolica. Questo spiega anche il carattere
puramente evocativo dei colori utilizzati nell’araldica e successivamente nelle bandiere,
testimoniato dal fatto che soltanto negli ultimi anni si è provveduto alla loro esatta definizione
cromatica (per quanto riguarda il tricolore italiano, ciò è stato fatto con un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, datato 14 aprile 2006).
Essendo le bandiere una sottocategoria dei simboli, si capisce dunque la loro potenza e la loro
influenza nei sentimenti di un popolo. Inoltre le bandiere e i loro antenati costituiscono ricchi
documenti di storia politica e culturale: con riferimento alla storia politica italiana, proprio
analizzando l’uso che i partiti fanno della bandiera, si può comprendere l’evoluzione degli stessi.
Così, se un tempo la sinistra rifiutava l’utilizzo della bandiera nazionale prediligendo quella
sovietica, attualmente i nuovi partiti di sinistra – che hanno riposto nel cassetto la vecchia ideologia
– rivendicano uno spirito nazionalista accompagnato dalla riconsiderazione del tricolore, al punto
che i suoi colori figurano persino nel simbolo del Partito Democratico. Passando a destra dello
schieramento politico, lo sdoganamento dell’ambiente post-fascista istituzionale è passato per
l’abbandono della bandiera della Repubblica Sociale a favore del semplice tricolore: ciò può essere
conseguenza del fatto che, se inizialmente vi era una posizione di rigetto della forma repubblicana,
successivamente la Repubblica è stata assimilata ed è sorto uno spirito nazionalista nei confronti
dell’Italia così com’è (posizione diversa ha la destra extraparlamentare, che infatti continua a
preferire al bianco/rosso/verde la triade bianco/rosso/nero che richiama le antiche radici europee).

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Ci sono invece due forze politiche che, al giorno d’oggi, non fanno propri i colori nazionali: l’Udc e
la Lega Nord. Nel primo caso, una spiegazione plausibile è che – erede della Democrazia Cristiana -
si tratta di una forza legata storicamente alla Chiesa più che alla Nazione. Nel secondo invece la
motivazione è lo spirito indipendentista che rivendica il riconoscimento delle varie patrie che
continuano ad esistere all’interno della Nazione Italia.
Per comprendere meglio il significato contenuto in una bandiera è necessario aver ben presente la
distinzione tra Stato, Nazione e Patria:

• la Nazione è un concetto che si basa su un territorio i cui confini sono definiti sulla carta, sulla
base di guerre e trattati… è una risposta reazionaria nata in Germania con il Romanticismo al
concetto cosmopolita di matrice illuminista, in cui le tradizioni non sono contemplate;
• la Patria ha un contenuto fortemente identitario, formato dalla cultura, dalle tradizioni, dal
modo di pensare e da tutto ciò che è reale e verificabile;
• lo Stato è lo strumento per governare e difendere i cittadini, concettualmente suddivisibile in
Forma di Stato (gli obiettivi che persegue) e Tipo di Stato (le articolazioni e le modalità con le
quali persegue i suoi fini).

La bandiera coinvolge (ed è coinvolta) in tutti e tre i concetti appena esposti. Sino al Romanticismo
i termini “Patria” e “Nazione” si confondevano: nella Bibbia, dove si usa il secondo termine, si fa in
realtà riferimento al primo; la stessa cosa avviene nell’impero romano per quanto riguarda il
concetto di appartenenza. La distinzione tra Patria e Nazione è un fenomeno recente causato dal
fatto che quest’ultima ha assunto ormai una connotazione più che altro riferita al confine.
Altrettanto importante è la distinzione tra Stato e Nazione, così come l’ordine cronologico della loro
formazione: oltre a determinare, come già accennato, il processo di formazione del vessillo, bisogna
notare che nei paesi in cui lo Stato ha preceduto la Nazione, i vecchi simboli etnici non sono mai
riusciti a trasformarsi in figure statali ufficiali (es. trifoglio irlandese), al contrario degli antichi
emblemi dinastici divenuti monarchici, premiati con il ruolo di simboli nazionali.
L’emblema ha un forte potere federatore, capace di cristallizzare un sentimento nazionale o
accelerare la formazione di una Nazione, soprattutto quando questa è in lotta contro un potere
centralizzatore in carica. La bandiera non nasce in modo isolato, ma acquisisce il proprio significato
solo se associata o opposta ad un’altra bandiera. Tanto che gli stessi processi di creazione della
bandiera (scelta di colori e figure), di associazione e di opposizione ad altri vessilli seguono logiche
storiche e culturali. Esempio ne è quella della Grecia, nata dagli insorti greci e creata in opposizione
a quella dell’impero ottomano: la croce contrasta la mezzaluna, l’azzurro (mai apprezzato
dall’islam) si oppone al rosso. Così come, altro esempio, i colori della bandiera portoghese vengono
scelti in opposizione a quelli della monarchia decaduta e degli odiati vicini spagnoli.
Ciò non toglie che a posteriori, ossia dopo la creazione della bandiera, vengano date giustificazioni
storiche o mitologiche, anche se in realtà questa sia avvenuta nella fretta e nella confusione. In molti
casi infatti essa nasce come simbolo di gruppi insurrezionali che poi diventano un movimento più
vasto, fino alla vittoria e alla nascita di un nuovo Stato. Questo spiega i numerosi ritocchi al vessillo
successivi alla fine della lotta, volti a rimuovere la contingenza e a proiettarla in un’ottica di
stabilità e futuro.

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In ogni caso è rarissimo che avvenga un cambiamento totale del vessillo: neppure cambiamenti di
regime o ideologia si accompagnano sempre a una sua radicale trasformazione. Infatti ogni bandiera
pone il problema dei rapporti tra Stato e Nazione, ed è difficile capire quale dei due simboleggi.
Quasi sempre si parla di bandiera nazionale, ma ciò è sancito da costituzioni e leggi regolate dallo
Stato, mentre nella pratica essa è sottoposta a rituali tutt’altro che statali (vedi lo sport).

Il valore del nostro tricolore

Anche il nostro vessillo dunque, a giudicare dalla disposizione dei colori, risponde alle regole rigide
degli emblemi feudali di cui sopra. Tuttavia si tratta dell’evoluzione del simbolo della dinastia dei
Borbone di Francia, alla quale apparteneva anche il Luigi XIV che dovette fronteggiare – senza
successo – la rivoluzione francese. Come è stato già detto, il tricolore italiano nacque per dono di
Napoleone e si forgiò sulla base della bandiera francese nata dall’unione, durante la rivoluzione del
1789, dei colori del re (bianco) e della città di Parigi (rosso e blu), seguendo dunque i processi
prima menzionati che riguardavano la continuità con le dinastie e il pretesto delle rivolte.
L’anomalia riguarda il fatto che si ponga non in opposizione, ma ad imitazione del simbolo di
un’altra nazione. In effetti, viene introdotta con l’avanzata di Napoleone in Italia e adottata dalle
repubbliche giacobine e dalle truppe che sostenevano i francesi. La stessa Repubblica Cispadana era
uno Stato dell’Italia settentrionale posto sotto il controllo della Francia, che entrarono nel nostro
paese per muover guerra agli austriaci. Non si è trattato di una rivoluzione intrapresa dai popoli
dell’attuale territorio italiano contro uno Stato oppressore e centralizzatore, ma piuttosto di un
fiancheggiamento di alcune fazioni ad un altro Stato estero. I cittadini della Repubblica Cispadana
hanno avuto dunque un ruolo di terzo incomodo, tanto che con la restaurazione austriaca il tricolore
venne abbandonato. Fu poi ripreso in occasione del Risorgimento, quando i comuni italiani lo
rispolverarono - come simbolo della loro ribellione agli austriaci – in memoria dell’ultima volta in
cui questi ultimi erano stati cacciati… dai francesi.
Dunque le motivazioni di una mancanza di passione degli italiani verso la propria bandiera (così
come del proprio inno nazionale) possono essere ricondotte agli eventi storici. La forza del simbolo
è data dalla sua capacità di suggellare un sentimento, un ideale, un fine comune; il passaggio
dall’emblema feudale alla bandiera è conseguenza del passaggio di testimone che avviene tra
famiglia (in senso allargato) e popolazione dovuto alla dilatazione dei confini. Mentre prima ci si
identificava sotto lo stemma della propria famiglia o casata, ora i popoli si adunano sotto le
bandiere che rappresentano i propri obiettivi. Gli italiani, nel corso della storia, hanno visto il
proprio futuro essere perennemente dipendente da forze straniere e mai dalla propria iniziativa.
Probabilmente il senso di appartenenza nei confronti di una Nazione così giovane è inficiato dal
fatto che non è stato frutto del proprio operato, al punto che ancora oggi le popolazioni di alcune
aree si sentono tanto poco italiani da non parlare neppure la nostra lingua. Al contrario permane una
forte identificazione con la propria città, testimoniata dalle consistenti rivalità campanilistiche che
tuttora sussistono, dovuta al ruolo del Medioevo e dell’età comunale.
A differenza di moltissimi Stati, in Italia è rara l’usanza di esporre la bandiera nazionale, ed è
circoscritta soltanto a livello istituzionale. Il tricolore appare in mano alla popolazione soltanto in

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occasione di eventi sportivi, quasi a significare che sia percepito come un simbolo sportivo (al pari
dei simboli delle squadre di calcio) più che politico o culturale o sociale.
L’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, disse che “non è un caso che i Padri
Costituenti, come simbolo di questo insieme di valori fondamentali, all'articolo 12, indicarono il
tricolore italiano. Il tricolore non è semplice insegna di Stato. È un vessillo di libertà, di una libertà
conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di
fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e della propria civiltà. Per
questo, adoperiamoci perché in ogni famiglia, in ogni casa ci sia un tricolore a testimoniare i
sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso Risorgimento”.
Questa affermazione rende l’idea della carica simbolica che le istituzioni hanno voluto dare a questo
simbolo per rafforzare l’unità di una Nazione, in realtà ancora un po’ difettosa. Questa
giustificazione è perfettamente in linea con i tentativi che vengono fatti solitamente a posteriori per
fornire alla bandiera un’evocazione mitologica non presente all’epoca dei fatti (azione del tutto
naturale che viene fatta pressoché con tutte le bandiere). E’ plausibile che il fatto di porre la
descrizione del tricolore tra i principi fondamentali della Costituzione celi la volontà di dare a
questo – tramite la legge - un’autorità ed una tutela che altrimenti avrebbe avuto difficoltà a
conquistare nei cuori degli italiani.
D’altronde è comprensibile che i Padri fondatori volessero cementificare una unificazione della
popolazione già carente a causa della recente nascita della Nazione italiana e ulteriormente minata
dalla guerra civile verificatasi in occasione della Seconda Guerra Mondiale.

Conclusioni

La Costituzione italiana annovera tra i principi fondamentali anche il tricolore italiano. Analizzando
la storia però si evince che nel nostro caso la bandiera – solitamente simbolo del raggruppamento di
un popolo per un obiettivo comune che solitamente consiste nell’indipendenza da uno Stato
oppressore – non è frutto della maturazione di un’unificazione cresciuta all’interno della Nazione,
bensì di una donazione fatta da un’altra Nazione. La costante sottomissione dell’Italia agli stranieri
ha impedito che alla Nazione e allo Stato si accompagnasse la nascita di un’unica Patria. Ciò ha
fatto sì che continuasse il senso di appartenenza alla propria città senza però squarciare il velo di
diffidenza verso un soggetto non pienamente familiare.
La Costituzione cerca di porre rimedio a tutto questo attribuendo al tricolore per legge l’autorità che
non è riuscito a conquistarsi nel sentimento popolare, tuttavia – come i fatti storici dimostrano – la
forza di un simbolo come questo non può nascere sulla carta, tanto che solitamente le bandiere che
godono di maggior “affetto” sono quelle dei popoli che non si sono visti riconoscere
l’indipendenza.
Il valore del tricolore e dell’unità d’Italia che rappresenta è una questione che torna in auge in un
momento in cui la voglia delle piccole patrie di ottenere riconoscimento aumenta a causa del
successo dei movimenti indipendentisti da un lato, e della riforma federalista dall’altro.

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BIBLIOGRAFIA

Alessandro Campi, Nazione, Il Mulino, 2004


Michel Pastoureau, Medioevo simbolico, Ed. Laterza, 2007
René Guénon, Il Simbolismo della Croce, Luni Editrice, 1998
Indro Montanelli, Storia d’Italia, 1789-1831, Corriere della Sera, 2003
Indro Montanelli, Storia d’Italia, 1831-1861, Corriere della Sera, 2003
Codice civile e leggi tributarie, Paramond, 2010
Carta europea dell’autonomia locale
www.quirinale.it
www.lexitalia.it

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