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Robe da Pacs(zi)… (oggi… ahahah DICO)………………………….. pag. 3
L’argomento del giorno: lutti e rancori del secolo scorso..……….. pag. 5
Fuori dai denti… con serenità e fermezza……………………………. pag. 7
Soffrire di ducismo……………………………………………………….. pag. 11
Irak: una guerra contro l’Europa..………………………………….... pag. 13
La vera storia della nascita dell’ONU...……………………………… pag. 15
L’evoluzionismo e le scienze biologiche……………….…………… pag. 17
Curve: RK Cremona………………………..……………………………. pag. 20
Un libro……………………………………………………………………... pag. 25
Povera Patria……………………………………………………………… pag. 27
Atomi………………………………………………………….……………. pag. 28
Ad Ale………………….…………...……………………………………… pag. 31
Lettera ad Ale………………………………………………………..…… pag. 33
Alle porte d’Europa la Croazia dalla memoria corta, cerca verso Occidente
appoggi e sostegni per entrare nell’Unione Europea.
Stando a quel che si è visto nei giorni scorsi, il Governo croato non prevede di
presentarsi a questo suo futuro appuntamento in punta di piedi o con un
bell’inchino. Al contrario la Croazia, per pochi ma intensi giorni, è parsa perseguire
parallelamente la strategia duplice e allo stesso tempo paradossale, di cercare
raccomandazioni e referenze da una parte, attaccando dall’altra politicamente
l’Italia, che pure non le avrebbe fatto mancare il proprio appoggio.
Il Presidente Napolitano ha scatenato reazioni accese sulle quali è bene
meditare. Egli aveva denunciato il colpevole oblio, in cui era caduto il ricordo
della persecuzione subita da 350 mila italiani in fuga dall’Istria, da Fiume e dalla
Dalmazia, allorquando essi furono scacciati ferocemente dai partigiani di Tito.
Persero i propri beni e in molti persero la vita.Fulmini e saette sono stati lanciati da
Zagabria, verso Roma. Come si spiega questa condotta politica?
A cosa si deve il raptus irriguardoso manifestatosi attraverso le parole del
Presidente Mesic in risposta al discorso di Napolitano pronunciato al Quirinale
durante la consegna delle medaglie ad alcuni parenti degli infoibati? Il rifiuto del
governo di Zagabria di fare i conti col proprio passato è emerso limpidamente. La
sfuriata di qualche giorno fa lo dimostra ampiamente. Mesic, pur di riconoscere la
verità ha incautamente preferito sostenere, che il discorso di Napolitano
contenesse «elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo
politico».
Il messaggio politico del Presidente italiano al contrario è stato chiaro e pensiamo
di poterlo così interpretare: è necessario riflettere e commemorare su quanto
accaduto a quei poveri italiani; niente di più, niente di meno. Ciò che è accaduto
è di fondamentale importanza poiché la verità emerge col proprio carico di lutto,
una fetta di storia importante, riaffiora dopo più di cinquant’anni. Ora e solo ora,
entra a far parte della memoria storica dell’intera Nazione. Da tanto attendevamo
che qualcuno di realmente rappresentativo, che godesse di rispettabilità e
caratura morale, ponesse l’accento su quel torbido passato. Una parte sino ad
ora trascurata e svilita dai libri scolastici scritti perlopiù da distratti e faziosi
pseudostorici, trova finalmente la propria sacrosanta collocazione. Forse qualcuno
a scuola sarà pure interrogato dal professore sull’argomento.
Non sarò sintetico per arrivare al dunque, al mio dunque passando per l’idea,
quella assoluta.
Questo non concorda con chi, anteponendo ragioni strategiche, glorifica, con
contestabili giustificazioni, il cavalier Berlusconi.
Non arriverò a mettere le mani avanti offendendo chiunque non la pensasse
come me, consapevole che, la mia militanza, ha sempre cresciuto quella idea
che, anticapitalista ed anticomunista, fu la più rivoluzionaria, sociale e
mediterranea delle idee.
Per questo comincerò con il dire che non mi piacerebbe, ancora una volta, essere
associato a braccio armato del capitalismo o dell’ordine precostituito, o ancora
chi fa il gioco sporco di sfruttatori falsi, pronti a scaricarci all’evenienza.
Ancora: traviare centinaia di ragazzi che si affacciano solo ora alla politica con la
pantomima dello spettro comunista, mi sembra che porti solo a bruciare una
generazione nel senso mussoliniano del termine.
Dove andrà a finire la nostra gioventù, o, come oggi più scaltramente si definisce,
l’”area”? Anticomunismo unico riferimento? “Il fascismo è una democrazia
organizzata, centralizzata, autoritaria, nella quale i diritti del popolo sono
riconosciuti, tutelati, armonizzati”.
Insomma, mettere lo stato davanti alla condizione di dover per forza intervenire…
smuovere le acque con fermezza ed audacia, il prefetto Cesare Mori (il “prefetto
di ferro”) ci avrà pur insegnato qualcosa?!?
Questa assieme all’autarchico e rivoluzionario Mutuo Sociale dovrebbe essere la
spina dorsale della nostra strategia.
Non devi odiare il tuo nemico. Ti offusca il cervello. (Al Pacino a Andy
Garcia in "Il Padrino parte III")
Spesso la storia non è così come appare in superficie. Spesso, troppo spesso, essa
racchiude fatti non suffragabili dalla mera scansione temporale degli eventi. Per
spiegarla occorre sempre non essere offuscati da visioni manichee, non rimanere
ancorati ad una prospettiva che vorrebbe mostrarci il buono e disinteressato eroe
che combatte e finisce per prevalere, in puro e zuccheroso stile "happy end", sul
cattivo e reietto nemico dell' umanità. Siamo ormai grandi per credere alla fola di
un mondo che linearmente volge verso "magnifiche sorti e progressive". Se
peraltro dovessimo considerare l' attuale guerra in Iraq come un conflitto di civiltà,
o meglio della Civiltà contro il Terrore, sbaglieremmo di grosso. Troppe cose sono
state dette a mezza voce od omesse quando non addirittura bollate come
elucubrazioni della mente di un folle. Duole a tal proposito rammentare, nel poco
spazio che qui ci concediamo, almeno per ora, la valenza anti-Europea
dell' attuale conflitto tra un occidente materialista e i fondamentalismi islamici di
stampo spirituale. Facilmente, in questo tipo di scontro tra una visione di società
materialista edonista, ed una di tipo spirituale, noi simpatizziamo per quella che ha
riferimenti più “alti”, ma dobbiamo tenere conto che i fondamentalisti islamici ci
spazzerebbero via, ci annienterebbero, ne conviene, quindi, compiacersi del fatto
che non sono e non saranno mai nostri alleati. La soluzione è sempre una e
sempre la stessa: EUROPA.
Al momento dello scoppio della guerra in Irak in Europa si parlava di costituzione,
di unità politica e di intenti di unificazione. Certo, non della nostra Europa, l’Europa
delle patrie e della tradizione, ma di un Europa che comunque faceva e fa paura
al potere che risiede nelle centrali economiche dell’America. Con l’attacco
all’Irak l’operazione “americana” funziona, l’Europa si divide in due blocchi.
Consideriamo per un momento la suddivisione del vecchio continente verso la
prospettiva bellica: da un lato l' asse "carolingio" (Francia e Germania),
quantomeno basculante, se non addirittura fermamente contrario alla prospettiva
di una guerra all’Irak; dall' altro nazioni come Italia, Gran Bretagna e
precedentemente anche la Spagna del deposto presidente Aznar, in forma più
contenuta , la Polonia e le altre nazioni dell' Europa dell' est che troppo spesso sono
propense a seguire in modo un poco pedissequo le direttive impartite da
Washington.
Se volessimo annettere al discorso anche la Russia, una potenza che pur
anch' essa qualche piccola intemperie con il terrorismo fondamentalista l' ha
avuta, e l’ha ancora, ecco allora che ci troveremo nella condizione ben delineata
dall' apoftegma latino "divide et impera". Infatti lo sforzo militare statunitense
Non è storia recente che dietro una parvenza di una nobile causa vi si possa
nascondere un fine non esclusivamente umanitario.
Quella che oggi conosciamo come O.N.U. (Organizzazione delle Nazioni Unite),
che un tempo portava il nome di “Società delle Nazioni” doveva in realtà
chiamarsi “League to enforce peace” ossia “Lega per imporre la pace”.
Che a proporre questa organizzazione sia stato il presidente americano Woodrow
Wilson al termine della Grande Guerra non è altro che una fola falsamente
accreditata dai libri di storia: quest’ultimo infatti era stato ispirato ed eterodiretto
da una persona forse meno in vista ma con ogni probabilità più potente: il
superfinanziere ebreo-americano Bernard Baruch.
Questi, messo nel 1916 a capo dell’ente preposto alla pianificazione dello sforzo
bellico, si attivò al fine di instaurare un organismo sopranazionale volto alla
creazione di un “nuovo ordine mondiale”.
Arrivò – davanti ad una commissione del Congresso americano - con
spudoratezza ad affermare: “Era mia la decisione finale se i materiali dovessero
arrivare all’Armata o alla Marina, all’amministrazione ferroviaria o agli alleati…se
le locomotive dovessero essere usate in Russia o Francia”.
Dopo la guerra eccolo allora ideare appunto la “Lega per imporre la pace”.
Idea accantonata poi (ma solo “pro tempore”) per via di uno scatto di orgoglio ed
indipendenza dello stesso Wilson e per misure ostative messe in atto da alcuni fra
deputati e senatori.
Frusto ma non domo un Baruch ormai attempato trovò modo di rilanciare il
progetto davanti ad un uditorio quanto mai eccelso: la commissione per l’ Energia
Nucleare dell’ O.N.U. nel 1946.
Da quel podio enucleò i concetti chiave del suo credo: le Nazioni Unite quali
autorità con il monopolio dell’uso dell’atomica a scopi punitivi, restringimento se
non addirittura annichilimento delle singole sovranità nazionali, applicazione di
misure quanto mai spicce per la risoluzione di controversie con stati recalcitranti
(l’uso appunto del deterrente nucleare).
Il ritardo nell’applicazione di tale progetto era semplicemente causato dalla
presenza dell’ Unione Sovietica a fare da contrappeso nei confronti del blocco
occidentale.
Dopo il disfacimento dell’URSS ecco allora porsi gli USA quale unico gendarme
mondiale con il paravento, avallato dall’ONU, del diritto di ingerenza negli affari
“... gli uomini che hanno saputo vegliare durante la notte dovranno
andare incontro a coloro che forse appariranno nel nuovo mattino”
(Hugo von Hofmannsthal)
Infatti, a differenza delle altre discipline biologiche (ad esempio la fisiologia) che
studiano il funzionamento degli organismi, l’evoluzionismo studia la loro origine.
Ciao “ragazzi cresciuti”, avete tempo per qualche domanda sugli RK? Diciamo
una decina circa?
RK - A tua disposizione!
1) Quando e come sono nati gli RK, quando si sono sciolti e come mai?
RK - Gli RK nascono alla fine del campionato 87/88 come sezione del Collettivo
Ultras, principalmente perché, essendo una quindicina dai 13 ai 16enni, pur se
agguerriti, non avevamo modo di avere troppi spazi.
La cosa però ci sta stretta, in quanto il Collettivo, pur essendo un gruppo che non si
è mai tirato indietro negli scontri, è estremamente politicizzato a sinistra, quasi
all’antitesi dei nostri.
Gli RK complici forme di aggregazione che vivono alle loro spalle (Fronte della
Gioventù, e ultras Ju-Vi Cremona del basket…) l’anno dopo diventano
prontamente gruppo autonomo per sopperire da una parte alla sterilità del gruppo
Longobards, prevalentemente impegnato alla vendita di materiale, e dall’altra a
quella ultra-sinistra presente in curva sponda Collettivo. Nel gruppo entra anche
gente più avanti con gli anni stimolati dal fatto che qualcosa in curva stava
cambiando…
6) Avevate qualche sezione? Come collaboravano alla vita del gruppo? Fanzine,
coreografie, materiale?
RK - Le sezioni erano 3: Porta Romana e Meta che rappresentavano, il primo un
quartiere, ed il secondo una compagnia di Cremona, e Sesto Cremonese, un
paese della provincia. Tutte e tre le sezioni collaboravano strettamente con il
gruppo tanto da farlo identificare come un’anima sola. A parte ricordiamo anche
una attiva sezione femminile, che era abbastanza autonoma e presente con noi
sia in casa che in trasferta, il simbolo del gruppo era una skin girl cerchiata da un
gladio tricolore.
Materiale poco ma di qualità, uno dei primi bomber in Italia: nero con tricolore e
Bulldog sulla schiena. Anche la maglietta “RK – Me ne frego”, con logo, ha avuto il
suo fascino.
7) Quali sono stati i nemici più acerrimi, e nemici più corretti ed i nemici?
RK - Beh, i principali chi ci conosce li sa, per il resto con quasi tutte le tifoserie che
incontravamo, o per un motivo, o per un altro, scoppiavano inimicizie, o cercate o
che si cercavano. Essendoci scordati di citare i motivi legati alla rottura con la
Doria, ci torniamo dicendo che questo è stato rotto per il comportamento scorretto
tenuto da molti di loro nei nostri confronti. Non in ultimo, quando andavamo a
Genova contro il Grifone, di loro neanche l’ombra se non un paio di ragazzini. Ai
tempi con i genoani i rapporti non erano certo tranquilli. Ricordiamo una
domenica di Pasqua con la serie A ferma, a Genova (in B) c’era Genoa-
Cremonese, di loro nessuno si presentò.
Capitolo gemellaggi: quelli storici che non abbiamo mai messo in discussione
sono Vicenza e Reggio Emilia. Spesso e volentieri ci si incontrava per partite di
interesse comune e per il piacere di stare insieme. Riguardo alle amicizie
ricordiamo sicuramente con piacere Avellino che, anche se non fatta da noi,
abbiamo vissuto in prima persona e che continua con orgoglio, da parte di tutta la
curva, ai giorni nostri. Non abbiamo vissuto l’amicizia con Busto Arsizio perché
nata dopo il nostro scioglimento, ma senz’altro è una amicizia che sentiamo e che
ci ha coinvolto piacevolmente nonostante i vecchi RK presenti allo stadio sono
rimasti proprio pochi, un po’ perché non si riconoscono in nessun gruppo attuale
della curva, un po’ perché essendo in età avanzata, ognuno è andato incontro
anche alla “vita reale”. E’ inutile essere ipocriti e spacciarsi per quello che non si è
più, difetto diffuso nel mondo ultras. I ragazzi di Busto sono eccezionali, magari
pochi, ma buoni. A tal proposito abbiamo sempre pensato che è la qualità che fa
la differenza e non la quantità; questo anche per tutto il mondo ultras. Una piccola
amicizia era nata anche fra il nostro direttivo e quello del Regime Rossonero del
Foggia ma la cosa non è stata portata avanti a seguito del nostro scioglimento. Li
ricordiamo comunque con stima. Della scena attuale della curva, da cinque/sei
anni a questa parte, non condividiamo nulla di amicizie strane, nate magari dopo
anni di rivalità, e non abbiamo mai capito il gemellaggio con Ravenna.
Caino & Abele libro di Pierluigi Felli e Giovanni Marzella – 10,00 euri
Non c’è che dire, “Caino e Abele” è uno di quei romanzi per molti ma non per
tutti, impegnato, ma non da fusione cerebrale, serio ma non da muro del pianto e,
oserei dire, allo stesso tempo divertente tanto quanto, con una certa sottile logica
non trascurabile, coraggioso!
Come recensore pronto agli allori, ma anche al vetriolo per il prodotto in graticola,
mi sento di parteggiare in questo caso,forse l’avrete capito, per le verdi foglie che
cingevano il capo dei sommi romani.
Ora basta con i salamelecchi. Il libro è una avvincente spy story con protagonista
un vecchio costretto su di una sedia a rotelle. Tom, il possessore di questo
indesiderato mezzo a due ruote, è il proprietario di una libreria paravento a
copertura di non ben precisati traffici, ed allo stesso tempo, un collezionista di libri
che sarebbe riduttivo chiamare “vecchi”; per il fascino particolare che desta la
parola li definirò “antichi”, anche se sarebbe più giusto considerarli rari. Al
collezionista rimangono due o tre anni di vita, per una delle solite bastarde
malattie che ti aspettano dietro l’angolo, e quindi decide di assoldare un
professionista per rintracciargli l’ultimo libro prezioso a completare la sua già ricca
collezione; ma ora ascoltate… in sottofondo il rullo di tamburi e lo squillo di
trombe perché è un libro che non va gettato lì come se fosse uno qualsiasi…
Trattasi… trattasi… badaben e badaben, dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, ma
non ditelo al siur Mastella…
“Atomi” vuole essere una rubrica all’interno di questa nostra nuova iniziativa.
La stessa vuole riassumere argomenti d’attualità, frasi storiche o contemporanee di
chicchessia con un rapido commento di chi ha trattato l’argomento, ed il tutto, in
uno spazio convenzionale da una a sei/sette righe salvo argomenti particolari.
A dire il vero l’idea nel tempo è già stata sfruttata con nomi del tipo “in pillole” o
più semplicemente “pillole” ma, al di là della brevità che si vuole significare, a me
questo termine non piace non lo sento mio e quindi rifuggo in un più umano
“Atomo” conscio che, uno solo magari non può far molto, ma tanti atomi possono
formulare reazioni devastanti…
Pur riconoscendo l’estrema e necessaria utilità di acqua, aria, terra e fuoco (come
anche l’eventuale effetto dirompente opposto) ho scelto di essere quest’ultimo per
la sacralità del simbolo e perché è il fuoco intrinseco in noi che fa ardere tutte le
nostre passioni.
ATOMO di FUOCO
- Ma vuoi vedere che DICO sia anche una pubblicità occulta alla catena di
supermercati-discount, che non funziona troppo, di proprietà della COOP? Un
nome che è tutto un programma (AdF)
Di Alberto N.
Qualcuno a noi molto vicino una volta disse “abbiamo gli stessi occhi, noi”… “…gli
stessi occhi commossi, gli stessi visi tagliati, obliqui, ribelli…”, ora io aggiungo che
abbiamo lo stesso sorriso, noi… il sorriso della lealtà, il sorriso della forza d’animo, il
sorriso dell’amicizia… quella che tu, fratello caro, mi hai insegnato a riconoscere
negli sguardi della gente… la gente come te, come noi!!!
Sintesi.Milano@hotmail.it