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Emancipazione femminile

L’ inferiorità della donna sul piano giuridico, economico e civile e la sua


esclusione da una serie di diritti e di attività erano motivate con ragioni in tutto o in
larga parte prive di fondamento, come l’inferiorità fisica, l’emotività e la scarsa
capacità logica, il ruolo predestinato di madre e di allevatrice della prole
all’interno della famiglia e di esecutrice della faccende domestiche. La millenaria
soggezione della donna aveva i suoi aspetti più evidenti nella subordinazione al
capofamiglia e nelle limitazioni dei suoi diritti legali. La donna infatti non soltanto
era discriminata rispetto ai maschi nelle successioni ereditarie, ma non
poteva amministrare il suo eventuale patrimonio personale o la propria dote, né
contrarre obblighi giuridici, senza il consenso del padre o del marito, e non poteva
ricoprire cariche pubbliche.

La coscienza dell’esistenza di una “questione femminile”

, cioè di uno stato di subalternità della donna rispetto all’uomo non voluto dalla
natura ma formatosi nel corso della storia, cominciò a nascere durante la Rivoluzione
francese. Negli anni rivoluzionari, sull’onda delle idee di libertà, eguaglianza e
progresso, si organizzarono per la prima volta gruppi di donne che chiedevano
l’emancipazione e l’elevazione giuridica e politica del loro sesso. Dopo la Rivoluzione
francese, il Codice Napoleone del 1804 ampliò la sfera dei diritti delle
donne: venne così concesso loro di mantenere il proprio cognome anche in caso di
matrimonio e di esercitare autonomamente attività commerciali, e fu abolita la
disparità di trattamento nella divisione per eredità del patrimonio familiare. Ma
neppure l’organica raccolta di disposizioni del Codice Napoleone eliminò la situazione
di inferiorità dell’universo femminile. La donna, anche se sposata, continuò a restare
per molti aspetti sotto la tutela maschile: non poteva intraprendere azioni giudiziarie
senza l’autorizzazione del marito, e neppure poteva donare, vendere, acquistare beni
senza l’assenso scritto del coniuge.

Soltanto dalla metà dell’Ottocento l’azione per porre fine all’oppressione


femminile e per la piena eguaglianza delle donne rispetto agli uomini
acquistò un carattere organizzato e di massa. A partire dai paesi anglosassoni
si formarono movimenti guidati e formati da donne che reclamavano la piena
parificazione giuridica, il diritto di voto, la possibilità di frequentare tutti i tipi di
scuola e le università e di accedere alle professioni sino ad allora riservate ai soli
maschi. La spinta iniziale all’azione femminista venne da donne appartenenti alla
borghesia, fornite di un buon livello culturale e legate ai movimenti politici
democratici e radicali. Dalla fine dell’Ottocento, grazie all’impegno dei socialisti, le
idee di emancipazione cominciarono a penetrare anche nel mondo delle
lavoratrici, che iniziarono a discutere il problema della parità di retribuzione a parità
di lavoro. Sul terreno della conquista della parità elettorale una prima battaglia fu
vinta negli Stati Uniti dalle donne del territorio del Wyoming, che nel 1869 ottennero
il diritto di voto nelle elezioni politiche, esteso successivamente a molte altre parti del
paese, dove nel 1920 tutte le donne godevano del suffragio politico.

Più dura e contrastata fu la lotta sostenuta dalle donne che si battevano per la
conquista del voto in Inghilterra, le “suffragette”. Le donne inglesi avevano
ottenuto nel 1869 il suffragio amministrativo; ma i governi britannici si opposero a
lungo alla concessione del voto politico. Le suffragette dal 1905 intensificarono la
loro azione, che a volte assunse aspetti violenti: nel Novembre 1911, per reazione a
una brutale carica della polizia, le militanti femministe fracassarono vetrine di negozi,
distrussero dei vagoni merci e intasarono di marmellata le cassette postali. La
“grande guerra”, durante il quale le donne diedero un importante contributo alle
attività produttive dei paesi belligeranti, accelerò il cammino per la conquista
della parità politica. Nel 1918, le donne inglesi conseguirono il diritto di voto
politico, seguite nel 1919 da quelle della Germania e di altri Stati europei; mentre in
Francia e in Italia le donne conquisteranno il suffragio soltanto nel 1945, dopo la
conclusione della seconda guerra mondiale.

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