Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Angotti Cap10 PDF
Angotti Cap10 PDF
10.1 Introduzione
I modelli tirante-puntone (S&T – Strut and Tie) sono utilizzati per la progettazione delle
membrature in c.a. che non possono essere schematizzate come solidi snelli o “travi” alla
Saint Venant quali ad esempio i plinti tozzi di fondazione, le travi parete, le mensole tozze,
ma anche quelle regioni di travi snelle soggette a carichi concentrati o caratterizzate da
brusche variazioni di sezione.
Il modello consiste nel ricondurre ad un traliccio reticolare, con tiranti e puntoni, ovve-
ro con aste tese e compresse, il meccanismo strutturale resistente. Nella figura 10.1 è indi-
cato uno di questi meccanismi reticolari con riferimento ad una trave parete. Questa idea si
ritrova già alla fine dell’Ottocento ed agli inizi del Novecento nel traliccio di Ritter-
Mörsch (fig. 10.2) per il progetto a taglio delle travi in c.a. ed è stata ripresa recentemente
dalla scuola di Stoccarda di Schlaich, che ne ha esteso l’applicazione alla progettazione di
tutte le membrature “tozze” in c.a.
Le aste compresse (puntoni) sono materializzate dal calcestruzzo, mentre le aste tese
(tiranti) sono costituite dalle armature.
Secondo l’EC2 i modelli tirante-puntone possono essere utilizzati per il progetto delle strut-
ture allo stato limite ultimo (SLU) sia di zone di “continuità” sia di zone di “discontinuità”.
Le regioni di continuità sono indicate come regioni “B” (da “Bernoulli” o dall’inglese
“beam”) e sono costituite da quelle zone di travi e piastre dove l’ipotesi di Saint Venant è
soddisfatta. Nello stadio fessurato sono schematizzate alla Mörsch con tralicci reticolari di
aste tese (corrente teso ed armature di parete) e compresse (corrente compresso e bielle in-
clinate di calcestruzzo).
Le regioni di discontinuità sono invece caratterizzate dalla presenza di discontinuità di
tipo statico o geometrico (regioni tipo “D”, dall’inglese “discontinuity”), dove l’ipotesi di
Bernoulli non è soddisfatta. Le discontinuità di tipo statico comprendono la presenza di
carichi concentrati, zone di appoggio di estremità, zone di ancoraggio di cavi di precom-
pressione, ecc., mentre quelle di tipo geometrico includono brusche variazioni di sezione o
di direzione dell’asse, presenza di aperture, elementi tozzi (mensole, travi parete, selle
Gerber, ecc.).
I modelli tirante-puntone possono essere utilizzati anche per alcune verifiche agli stati
limite di esercizio (SLE). A questo scopo l’EC2 suggerisce di orientare puntoni e tiranti
lungo le linee isostatiche ricavate dall’analisi della struttura in fase non fessurata. In realtà
è importante seguire questa strada anche per la verifica allo SLU (vedi par. 10.1.1).
10.1.1 Il metodo S&T come applicazione del primo teorema dell’analisi limite
Una volta sostituiti eventuali carichi distribuiti con carichi concentrati equivalenti, il pro-
getto di una membratura in c.a. con il metodo S&T consiste nella schematizzazione del
campo di sforzi presente nell’elemento strutturale mediante un traliccio reticolare di aste
rettilinee in equilibrio con i carichi esterni.
L’analisi limite può essere applicata alle strutture in c.a. solo se sono sufficientemente
duttili. Ad esempio in una struttura intelaiata è necessario che le sezioni delle aste abbiano
una capacità di rotazione tale da consentire la formazione di tutte le cerniere plastiche là
dove il modello dell’analisi limite le prevede, pertanto il collasso delle sezioni deve avere
luogo per flessione con le armature in campo plastico. Al contrario l’analisi limite non è
applicabile ad un telaio le cui sezioni collassano a taglio o per flessione con schiacciamen-
to del calcestruzzo ed armature in campo elastico o poco sopra la soglia elastica. Allo stes-
so modo la geometria di un modello S&T deve essere scelta in modo tale che tutte le aste
del traliccio possano attingere la loro resistenza di progetto e non si verifichi la rottura an-
ticipata di un’asta o di un nodo. A questo scopo è sufficiente seguire alcune regole pratiche
(vedi par. 10.5), le quali garantiscono che il calcestruzzo sopporti le deformazioni anelasti-
che associate al modello S&T.
Si fa osservare che l’EC2 non pone nessuna condizione sul controllo della capacità di
deformazione del calcestruzzo e quindi non fornisce in tal senso nessuna regola per la de-
finizione della geometria del traliccio. L’EC2 si limita ad indicare:
– al p.to [6.5.1(1)P] la possibilità di impiegare modelli S&T nelle regioni dove esiste
una distribuzione di tensioni non lineare (per esempio agli appoggi, in prossimità di
carichi concentrati o in stati piani di tensione);
– al p.to [5.6.4(5)], fra i possibili mezzi per lo sviluppo di idonei modelli tirante-
puntone, la determinazione di linee isostatiche e di campi tensionali derivanti dalla
teoria dell’elasticità lineare oppure il ricorso al metodo dei percorsi di carico; preci-
sa inoltre che tutti i modelli tirante-puntone possono essere ottimizzati con criteri
energetici.
2h
h
B
D
b
b
Figura 10.3 Suddivisione di un portale in zone “D” e “B” (ogni zona “D” si estende su ciascun
lato della discontinuità per un tratto pari all’altezza dell’elemento strutturale).
L’EC2 non pone l’accento sull’importanza di identificare la geometria del traliccio per
riprodurre nel modo più aderente possibile il campo di sforzi ricavati dall’analisi elastica in
fase non fessurata (detta anche fase I) della membratura in c.a., ma si limita a presentarlo
come uno dei “possibili strumenti” per lo sviluppo dei modelli tirante-puntone.
In realtà è fortemente consigliabile definire la geometria del traliccio a partire dai cam-
pi tensionali ricavati nella fase elastica non fessurata, altrimenti la duttilità della membratu-
ra può non essere sufficiente ad attivare le resistenze di progetto di tutte le aste. In altre pa-
role il campo discreto di sforzi normali del modello S&T può non instaurarsi a causa della
rottura prematura di qualche elemento (asta o nodo). Quando si seguono altre strade per
definire la geometria del traliccio, la duttilità della membratura deve quindi essere verifica-
ta, ad esempio mediante un’analisi non lineare agli elementi finiti.
Il prospetto 10.1 elenca i principali passi del metodo S&T.
D D
a)
h
l<2h
b) D B D
h
l>2h
c) D B D B D
h
l>4h
Figura 10.4 Suddivisione in zone “D” e “B” di travi appoggiate di diversa snellezza (ogni zona
“D” si estende su ogni lato della discontinuità - rappresentata dal carico concentrato e
dalla reazione vincolare - per un tratto pari all’altezza h dell’elemento strutturale).
Questa regola è approssimata; del resto essa serve solo come uno strumento qualitativo
per l’identificazione delle regioni “D” e per il successivo sviluppo del modello tirante-
puntone. Se l’elemento in esame è tozzo (es. trave parete con luce non superiore a due vol-
te l’altezza, fig. 10.4a) la regione di discontinuità coincide con l’elemento stesso.
b
h
D B D B D
b>h
b 2b b
l>4b
Figura 10.5 Suddivisione in zone “D” e “B” di una trave con sezione a T
di larghezza b maggiore dell’altezza h.
h
l<2h
ql/2 ql/2
1 2
D B D
h
1 2
h h
l>2h
1 σ σ 1 2 σ σ 2
D τ τ B τ τ D
h
1 1 σ 2 2
h
ql/2 ql/2
Figura 10.6 Determinazione delle forze al contorno di una regione “D”: per la trave in alto (l ≤
2h) le forze al contorno coincidono con i carichi esterni e con le reazioni vincolari, mentre per la tra-
ve in basso (l > 2 h) le forze sul bordo delle regioni “D” all’interfaccia con la regione “B” sono date
dal momento risultante e dal taglio risultante nelle sezioni di estremità 1-1 e 2-2 della regione “B”.
10.2.2 Calcolo degli sforzi e progetto delle armature nelle regioni “B”
Una volta suddivisa la struttura in regioni “B” e “D”, le regioni “B” possono essere analiz-
zate con i modelli validi e codificati per le travi snelle. Si possono così determinare le ca-
ratteristiche della sollecitazione in tutte le sezioni, in particolare in quelle che segnano il
confine con le regioni “D”, e progettare le armature.
ql/2 ql/2
q l/4 l/2 l/4
D D
h
h
l<2h l<2h
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2
a b
q1
R1 R2
q2
D D
h
l<2h l<2h
R1 R2 R1 R2
Figura 10.7 Schematizzazione di carichi distribuiti sui bordi (a sinistra) con forze concentrate
equivalenti (a destra).
Una volta determinate tutte le forze agenti su un’assegnata regione “D”, prima di passa-
re all’individuazione del modello S&T, occorre verificarne l’equilibrio di corpo rigido.
Se una struttura non è piana oppure non è a sezione costante, la sua analisi può essere
ricondotta a modelli piani, che vengono analizzati separatamente, ossia sviluppando un
modello S&T per ciascuno dei piani sui quali viene scomposto il problema tridimensiona-
le. Questi modelli consentono di progettare agevolmente le armature, ma non permettono
di analizzare lo stato di sforzo triassiale nei nodi, che può essere studiato solo mediante un
modello spaziale.
Eventuali forze distribuite sui bordi sono schematizzate con forze concentrate equiva-
lenti: per esempio nelle travi della figura 10.7 il carico uniforme e quello trapezoidale sono
suddivisi ciascuno in due parti di intensità pari alle corrispondenti reazioni vincolari. Infine
eventuali forze distribuite agenti all’interno delle regioni “D”, come per esempio il peso
proprio, possono essere sostituite da forze distribuite sui bordi, che a loro volta possono
essere ricondotte a forze concentrate equivalenti (figura 10.8).
F=ql/2 F=ql/2
q=ph/2 l/4 l/2 l/4
p
h
h
q=ph/2
l<2h
(ph) l/2 (ph) l/2 ql ql ql F=ql/2 F=ql/2 ql
l<2h l<2h
Figura 10.8 Schematizzazione di un carico distribuito per unità di superficie all’interno di una
trave parete (carico p a sinistra) con carichi distribuiti sui bordi (carichi q al centro) e
forze concentrate equivalenti (carichi F a destra).
ql ql
q q
d d
z z
α
l l
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2
d d
z z
α
l l
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2
Figura 10.9 Possibili modelli S&T per una trave parete (linee tratteggiate = puntoni,
linee continue = tiranti).
Si pone pertanto il problema di operare una scelta tra tutti i possibili modelli S&T.
Come richiamato sopra, la tecnica di progettazione S&T rappresenta un’applicazione del
teorema del limite inferiore dell’analisi limite (o teorema statico), che è valido per materia-
li rigido-plastici. Tuttavia il calcestruzzo non è un materiale indefinitamente plastico, bensì
consente solo limitate deformazioni plastiche. Il teorema statico può essere pertanto appli-
cato alle membrature in c.a. solo se la verifica dell’equilibrio è accompagnata dalla verifica
di congruenza delle deformazioni plastiche. In sintesi il modello S&T va scelto in modo
tale che in nessun elemento del traliccio sia superata la capacità di deformazione del mate-
riale, prima che gli sforzi normali di tutte le aste abbiano attinto i valori di progetto.
Nelle regioni maggiormente sollecitate questo requisito è soddisfatto se i puntoni ed i
tiranti sono orientati nella direzione delle linee isostatiche ricavate dall’analisi elastica in
fase I della regione “D” in esame. Al contrario nelle regioni meno sollecitate i puntoni ed i
tiranti possono deviare anche significativamente dalle isostatiche di compressione e di tra-
zione della fase I senza che venga superata la capacità di deformazione del calcestruzzo.
La scelta del traliccio sulla base della teoria dell’elasticità finisce però con il trascurare
una parte della capacità resistente ultima della struttura, che potrebbe essere tenuta in conto
applicando la teoria della plasticità. Se la geometria di un modello S&T ricavato in fase I
viene adattata alla distribuzione degli sforzi dello stato limite ultimo, è possibile ottenere
stime molto accurate della capacità portante ultima. Per esempio nel caso della trave parete
mostrata nella figura 10.10, in fase fessurata il puntone orizzontale si sposta verso l’alto e
allo SLU si colloca in prossimità del bordo superiore. Si può allora adottare il modello
S&T mostrato nella figura 10.10, dove il tirante aggiuntivo Ft2 posto all’incirca a metà al-
tezza della parete tiene conto della presenza di un’armatura diffusa su entrambe le facce.
Questo modello fornisce una stima del carico ultimo molto prossima alla reale capacità
portante della parete, mentre un modello sviluppato sulla base del comportamento elastico
lineare fornisce una resistenza ultima pari a meno della metà di quella reale.
D’altro canto un traliccio ricavato in fase I ha il vantaggio di essere utilizzabile sia per
la verifica a rottura sia per le verifiche in esercizio, mentre un modello basato sulla distri-
buzione di sforzi dello SLU non garantisce il soddisfacimento delle verifiche in esercizio.
F/2 F/2
q
Fc1
Fc2
73
Ft2
°
Fc3
78
Ft1
°
F/2 F/2
Figura 10.10 Modello della trave parete della figura 10.1 adattato alla distribuzione di sforzi
dello SLU (puntoni = linee tratteggiate, tiranti = linee continue).
Generalmente le regioni “D” progettate con modelli ricavati in fase plastica presentano
un eccessivo stato di fessurazione e di deformazione in esercizio. Inoltre l’identificazione
del traliccio in fase elastica ha il vantaggio di non richiedere la conoscenza a priori della
distribuzione delle armature, necessario invece per sviluppare il modello in fase fessurata.
Secondo quanto suggerito da Schlaich (1987), e come già ampiamente richiamato so-
pra, per evitare grosse incompatibilità e per adattare il modello S&T al comportamento
reale dell’elemento strutturale, i puntoni ed i tiranti del traliccio vanno posizionati ed o-
rientati secondo le linee isostatiche determinate nella fase elastica non fessurata.
Al crescere del carico e prima del collasso, l’elemento strutturale può adattare il proprio
stato di sforzo a quello considerato in fase di progetto, solo se è in grado di sopportare de-
formazioni plastiche anche notevoli. Le barre di armatura possono assicurare elevate de-
formazioni plastiche senza perdita di resistenza, mentre la duttilità del calcestruzzo è molto
limitata. Se il modello tirante-puntone è stato orientato secondo le isostatiche del compor-
tamento elastico non fessurato, le deformazioni plastiche necessarie per la ridistribuzione
degli sforzi sono facilmente tollerate dai materiali. In caso contrario è necessario verificare
la duttilità disponibile mediante un’analisi non lineare agli elementi finiti.
Infatti nel progetto della membratura in c.a. si è fatto riferimento ad un traliccio non
aderente ai campi tensionali della fase I, la capacità di ridistribuzione degli sforzi può risul-
tare estremamente limitata o addirittura nulla e la rottura può avvenire prematuramente a
un livello di carico inferiore a quello di progetto. Peraltro gli elementi strutturali così pro-
gettati manifestano in esercizio un quadro fessurativo molto accentuato.
Tuttavia si possono verificare rotture premature anche quando la geometria del modello
S&T segue le isostatiche della fase I, ma non è sufficientemente accurata. Ad esempio se il
modello non contiene tiranti atti a schematizzare le trazioni derivanti dalla diffusione degli
sforzi di compressione nei puntoni, il progetto delle armature può risultare carente e favori-
re la rottura anticipata dei puntoni o dei nodi.
Nel selezionare tra tutti i possibili tralicci quello da utilizzare per il progetto di una re-
gione “D” occorre tenere presente che i carichi tendono a seguire i percorsi ai quali corri-
spondono le minime tensioni e le minime deformazioni. Poiché i tiranti sono molto più de-
formabili dei puntoni di calcestruzzo, il modello con il minore sviluppo complessivo di ti-
ranti (meno tiranti e più corti) è quello che funziona meglio. Questo semplice criterio per la
scelta del modello S&T è stato introdotto da Schlaich e può essere espresso nella seguente
forma:
Σ Fi li εmi = minimo
dove:
Fi forza nell’i-esima asta del traliccio,
li lunghezza dell’i-esima asta,
εmi deformazione media dell’i-esima asta (εmi = εi = costante per i tiranti, mentre per i
puntoni, fatta eccezione per quelli a sezione prismatica, la deformazione assiale varia
lungo l’asse a causa della variazione di sezione dalle estremità verso il centro, come
descritto al par. 10.9 per i puntoni a “collo di bottiglia”).
L’equazione deriva dal principio della minima energia di deformazione elastica appli-
cato al sistema di aste del traliccio, nell’ipotesi che i puntoni ed i tiranti abbiano un com-
portamento elastico-lineare: ½ Σ (Fi Δli) = ½ Σ (Fi li εmi) = minimo, dove Δli è la variazione
di lunghezza dell’i-esima asta.
F F
T T
C C
F B B F B B
Figura 10.11 Percorsi di carico di una trave parete (puntoni = linee tratteggiate,
tiranti = linee continue).
P P P P
P+Δ P
C1 C1 C1
C2
C2 C2 C3 C3
T1 T1
P P P P
a) b)
Figura 10.12 Esempio di modello tirante-puntone isostatico (a sinistra) e labile ma
staticamente determinato (a destra) (nella figura di destra è evidenziato il cinematismo conse-
guente all’applicazione di un incremento di carico ΔP solo al carico di sinistra).
P1 P2
C1 C5
C2
C3 C6
=
C4
θ’’
θ'
T1
P1 > P2
R1 R2
P2 P2 P1 − P2
C1’ C5 C1’’
C2
= +
C3’ C6 C3’’
C4
θ’’
θ'
θ'
θ'
T1’ T1’’
P2 P2 R 1 − P2 R2 − P2
Figura 10.13 Esempio di modello tirante-puntone staticamente determinato per una trave
parete soggetta a due carichi concentrati non simmetrici; il traliccio si può pensare come
sovrapposizione di un traliccio labile (in basso a sinistra) e di uno isostatico (in basso a destra).
Si esegue l’analisi elastica sul modello modificato. Al termine di questa seconda analisi
si ripete la stessa operazione di abbattimento del modulo elastico degli elementi poco sol-
lecitati e si va avanti con altri passi fino a conservare solo gli elementi maggiormente sol-
lecitati, che identificano così le aste del modello S&T. Per descrivere le aste del traliccio
con sufficiente approssimazione occorre utilizzare una discretizzazione agli elementi finiti
sufficientemente fitta (D. Angotti D. & P. Spinelli, 2001).
P1 P2
C1 C5
C2
C3 C6
θ’’
θ'
T1
P1 > P2
R1 R2
P1 P2
θ'
θ’’
R1 R2
Figura 10.14 Trave parete soggetta a due carichi concentrati non simmetrici: identificazione
del modello S&T a partire dal diagramma del momento flettente della trave snella con la stessa
luce e soggetta agli stessi carichi.
In alternativa il modello S&T di una trave parete soggetta a carichi concentrati non
simmetrici può essere ricavato ribaltando il diagramma del momento flettente della trave
snella con la stessa luce e soggetta agli stessi carichi (figura 10.14). Si fa notare che anche
il traliccio così ottenuto è labile, ma staticamente determinato per la particolare condizione
di carico considerata.
F F F
h=l
h=l
h=l
Ft1 Ft1 Ft1
a) b) c)
Figura 10.15 Trave parete soggetta a carico concentrato: a) modello S&T di base, b) modello
raffinato con tiranti inclinati, c) modello raffinato con tiranti orizzontali (puntoni = linee tratteg-
giate, tiranti = linee continue).
a) b) c)
Figura 10.16 Variazione del modello S&T di una trave parete al variare dell’angolo tra puntoni
inclinati e tirante orizzontale da 30° (valore minimo) a valori maggiori di 45°: intersezione di un
puntone con uno (a) o con due tiranti ortogonali (b e c).
P P
2°
2°
≅3
≅3
≅3
2°
P
δ< 4 5
°
°
γ >4 5
L=h
δ> 4
γ< 4 5°
h
5°
P
L=3h
(b)
h
P/2 P/2
P
L=3h
(d) = (b+c)
h
L=3h
(c)
P/2 P/2
Figura 10.18 Modelli tirante-puntone di una trave parete al variare della snellezza.
1 2
0,8 x
h1
h2
h1 h2
Figura 10.19 Distanza minima delle aste dai bordi: il corrente superiore avrà una distanza dal
bordo non inferiore a 0,4 x, dove x è la profondità dell’asse neutro calcolata nella regioni “B”
adiacenti (si può assumere x = max (x1; x2) essendo x1 e x2 le profondità dell’asse neutro nella se-
zione 1-1 a sinistra della regione “D” e nella sezione 2-2 a destra).
Nel caso (b), affinché l’angolo γ non risulti inferiore a 45°, è opportuno modificare il
modello S&T inserendo su ogni lato un tirante verticale posto a metà strada tra l’asse
dell’appoggio ed il carico applicato. Si ottiene così il traliccio mostrato nella figura 10.18c,
che può anche essere combinato con il modello (b) a formare un traliccio iperstatico. Per il
calcolo degli sforzi nelle aste di quest’ultimo modello S&T occorre pertanto considerare la
rigidezza delle aste.
Gli assi dei puntoni devono essere posizionati a sufficiente distanza dai bordi dell’ele-
mento strutturale per tenere conto dell’ingombro trasversale dei puntoni stessi (figura
10.19); lo stesso discorso vale anche per i tiranti formati da armature distribuite su più stra-
ti e per i nodi.
È possibile infine adottare tralicci iperstatici, dati dalla sovrapposizione di due diversi
modelli S&T, che assorbono ciascuno una parte del carico applicato: esempi sono dati dal
traliccio della trave parete già mostrato nella figura 10.18d e dai modelli S&T utilizzati per
il progetto di mensole tozze (vedi esempi 7, 8 e 9).
Diffusione di forze
Puntoni di tutti i modelli S&T
concentrate centrate
(tranne i campi
D1 all’interno
di compressione prismatici o
H
di un puntone
a ventaglio)
(par. 10.6.1)
F/2 F/2
a/4 a/4
H
H/2
e
F
45°
θ
Diffusione di un carico
D2 Precompressione eccentrica
eccentrico (par. 10.6.2)
F B B
qL/2 qL/2
1
C1 C1
C2 Trave parete
2
Precompressione centrata con
Carico distribuito sul
due cavi posti ai lembi della
D3 bordo di una trave pa- C3 C3
sezione (si immagini di sosti-
rete (par. 10.6.3) 3 T1 tuire nella figura i pilastri con
θ
qL/2 qL/2
a
F
a
D
b
F
H>2b
H−2b
B
b
H≤2b
D
b
F F
b b
a) b)
Figura 10.20 Puntone con discontinuità parziale (H > 2⋅b) e con discontinuità totale (H ≤ 2⋅b).
F a/ 2
a F/ 2 F/ 2
s
b/ 2
S
T
h=b
F/ 2
σ = F/ (s b)
a) b)
Figura 10.21 Schema di diffusione di un carico concentrato secondo Mörsch.
a
a/4 a/4 b/4
a/4
F/2 F/2
b F/2
a/4
F
1 1’ 1 C=T
b/2
b/2
b
θ
b
2 2’ 2 T
F/A
a) b) c)
Figura 10.22 Modello tirante-puntone per il calcolo della forza T nel tirante trasversale di un
puntone con discontinuità parziale (puntoni = linee tratteggiate, tiranti = linee continue)
[Figura 6.25].
Prospetto 10.3 Valori di T/F e dell’angolo θ di inclinazione dei puntoni per il caso di disconti-
nuità parziale al variare del rapporto a/b.
a/b 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9
T/F 0,25 0,23 0,20 0,18 0,15 0,13 0,10 0,08 0,05 0,03
tan θ 2,00 2,22 2,50 2,86 3,33 4,00 5,00 6,67 10,00 20,00
θ (°) 63,43 65,77 68,20 70,71 73,30 75,96 78,69 81,47 84,29 87,14
T/F θ
0,4 90°
θ
0,3 80°
approx
0,2 70°
T = 0,25 F (1 - a/b)
T/F
0,1 60°
teoria elastica lin.
Figura 10.23 Andamento della forza trasversale e dell’inclinazione θ dei puntoni inclinati al va-
riare di a/b ricavati con il modello S&T della figura 10.22 (la curva tratteggiata è invece relativa ai
risultati ottenuti dall’analisi elastica del problema).
a
a/4 a/4
F/2 F/2
a
a/4
0,3 b
1 1’
b/2
0,6 b
b
b
2 2’ F/A
0,3 b
F/2 F/2
b/4 b/4
b b
Figura 10.24 Disposizione delle armature di frettaggio (le armature sono centrate sul tiran-
te 2-2’ del modello S&T ed interessano un tratto lungo 0,6 b).
H F 0 ,5 H − 0,35 a
⇒ T = ⎛⎜ 0,5 − 0,35 ⎞⎟ = ⎛⎜1 − 0,7 ⎞⎟ ⇒
F a F a
T =
4 2 4 2 ⎝ H⎠ 4 ⎝ H⎠
T ⎛ a⎞
⇒ = 0 ,25 ⎜1 − 0,7 ⎟ [(6.59)]
F ⎝ H ⎠
b
F
h=H/2
b
F
a)
a
a/4 a/4 a/4
F/2 F/2 F/2
a/4
a/4
1 1’ 1 C=T
h/2
h/2
h=H/2
h=H/2
θ
2 2’ 2 T
F/A
La tangente dell’angolo θ che misura l’inclinazione dei puntoni 1-2 e 1'-2' rispetto
all’orizzontale è data dalla seguente espressione:
H/ 4 H 1
tan θ = = = .
bef / 4 − a/ 4 (0,5 H + 0,65a )-a 0 ,5 − 0 ,35a/H
Il prospetto 10.4 riporta i valori del rapporto T/F, di tan θ e dell’angolo θ al variare del
rapporto a/H.
Prospetto 10.4 Valori di T/F e dell’angolo θ di inclinazione dei puntoni per il caso di disconti-
nuità totale al variare del rapporto a/H.
a/H 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5
T/F 0,25 0,24 0,23 0,22 0,22 0,21 0,20 0,19 0,18 0,17 0,16
tan θ 2,00 2,07 2,15 2,23 2,33 2,42 2,53 2,65 2,78 2,92 3,08
θ (°) 63,43 64,24 65,06 65,89 66,73 67,58 68,45 69,32 70,20 71,09 72,00
a) b)
Figura 10.26 Modello “D2”: a) percorsi di carico; b) modello S&T con numerazione delle aste
e dei nodi.
C
<6
0°
> 30
°
C
Figura 10.27 Deviazione massima (< 60°) dell’asse di un puntone.
La distanza della forza F dal bordo sinistro è data dalla seguente espressione:
2
⎛ H ⎞ 18e − H
b' = ⎜ ⎟ ,
⎝ e ⎠ 216
mentre il braccio b della coppia di forze B e la distanza b'' della forza B applicata in B2 dal
bordo destro valgono:
b'' = h'' /3 = (H/6) [1 – H / (6 e)],
b = 4 h'' / 3 = (2H/3) [1 – H / (6 e)].
Prospetto 10.6 Valori degli sforzi nelle aste del traliccio espressi sia in funzione di F,
sia in funzione di B.
C1 F / cos θ B / sen θ
C2 √2 F tan θ √2 B
C3 F tan θ B
C4 F B / tan θ
C5 F tan θ B
T1 F tan θ B
T2 F tan θ B
Figura 10.28 Forza B (adimensionalizzata rispetto alla forza applicata F) in funzione del rapporto
e/H; la forza B coincide con lo sforzo normale nei tiranti T1 e T2 e nei puntoni C3 e C5.
qL/2 qL/2
1
C1 C1
2 C2
(0,6 ÷ 0,7) L’
H
< 0,67 H
C3 C3
3 T1
θ
L’
qL/2 qL/2
L
Figura 10.29 Trave parete su due appoggi soggetta ad un carico uniformemente distribuito
sul bordo superiore.
Prospetto 10.7 Valori degli sforzi nelle aste del traliccio della trave parete (D3).
C1 qL/2
C2 qL/(2 tan θ)
C3 qL/(2 sen θ)
T1 qL/(2 tan θ)
La limitazione degli sforzi di compressione nel calcestruzzo (vedi par. 10.9 e 10.10), la
scelta di angoli non troppo piccoli tra puntoni e tiranti e tutte le considerazioni svolte nel
par. 10.5 consentono di estendere la teoria della plasticità alle strutture di calcestruzzo, an-
che se questo materiale non soddisfa appieno le ipotesi alla base di questa teoria.
Le tensioni limite nel calcestruzzo sono scelte in modo da scongiurare lo schiacciamen-
to localizzato del calcestruzzo o la fessurazione longitudinale (“splitting”) dei puntoni e dei
nodi e sono generalmente basate sul grado di confinamento del calcestruzzo. Così nei nodi
in cui convergono tre o più puntoni si possono accettare livelli tensionali maggiori, grazie
all’elevato grado di confinamento del materiale, mentre nei nodi dove confluiscono uno o
più tiranti il livello tensionale nel calcestruzzo deve essere minore.
Ld
a) b) c) d)
Figura 10.31 Campi tensionali di compressione: (a) “prismatico”, (b) a “collo di bottiglia”,
(c, d) a “ventaglio”.
Secondo le NTC 2008, per calcestruzzi di classe non superiore alla C70/85 il coeffi-
ciente υ è pari a 0,5 3; essendo poi υ’ e υ legati dalla relazione υ' = (5/3)υ, si ha: υ' = 5/6 =
0,83. Per le classi di resistenza C80/95 e C90/105 si utilizza invece il valore suggerito
dall’EC2: υ' = 1 – fck/250.
Per fck ≤ 70 N/mm2 la resistenza di progetto dei nodi in presenza di tensioni trasversali
di trazione assume pertanto il seguente valore:
4
σ Rd, max = 0 ,60 ⋅ 0,83 ⋅ f cd = 0,5 f cd
Il valore ridotto della resistenza dei puntoni in presenza di campi trasversali di trazione
tiene conto del fatto che le fessure indotte dalle trazioni trasversali, interrompendo la com-
pattezza del puntone, riducono la resistenza del calcestruzzo, anche quando esse sono pa-
rallele al puntone. La riduzione di resistenza è poi più accentuata per fessure inclinate ri-
spetto alla direzione del puntone.
Il prospetto 10.8 elenca le espressioni della resistenza di progetto dei puntoni a seconda
della presenza e del tipo di tensioni trasversali e della classe di resistenza del calcestruzzo.
Infine nella figura 10.32 si riporta l’andamento della resistenza del calcestruzzo del
puntone al variare dell’angolo θs tra l’asse del puntone e la direzione del campo di defor-
mazione trasversale (ad esempio quello associato ad un tirante che attraversa il puntone),
ottenuta applicando la formula proposta dalle AASHTO (2007):
f cd
σ Rd, max = ≤ 0 ,85 f cd
0 ,8 + 170 ε l
con ε1 = εs + (εs + 0,002) cotg2θs
dove ε 1 deformazione principale di trazione in direzione normale all’asse del puntone,
εsdeformazione nelle armature inclinate di θs rispetto all’asse del puntone.
L’espressione di ε1 è valida per deformazione principale di compressione ε2=0,002 nel-
la direzione del puntone; al diminuire di θs, ε1 aumenta e la resistenza σRd,max diminuisce.
___________________________________
3
La resistenza a compressione del calcestruzzo fessurato per taglio è espressa come 0,5 fcd nelle NTC 2008
(formula 4.1.19) e come υ1 fcd nell’EC2 (formula 6.14), ne discende che secondo le NTC risulta υ1 = 0,5.
Inoltre la Nota 1 al p.to 6.2.3(3) dell’EC2 raccomanda di assumere υ = υ1, pertanto risulta anche υ = 0,5.
4
Si fa osservare che, in presenza di trazioni trasversali, la resistenza del calcestruzzo dei puntoni è pari a
quella del calcestruzzo fessurato per taglio (f 'cd = 0,5 fcd), che compare nel calcolo della resistenza a taglio-
compressione della travi dotate di armature trasversali (4.1.19-NTC).
a1 = b ef1
f3
C3
be
a3
C1
a2
(a) C2 (b)
bef2
(c) (d)
Figura 10.33 Nodi concentrati (a,b) e nodi diffusi (c,d).
Le forze che agiscono sui nodi devono essere equilibrate; inoltre per nodi tridimensio-
nali occorre considerare la diffusione degli sforzi su due piani ortogonali (par. 10.10.4.1).
La capacità resistente dei nodi è strettamente connessa al dimensionamento e alla di-
sposizione delle armature, in particolare al loro ancoraggio.
σ1
Distribuito
σ 2 < σ1
puntone
puntone
nodo con più nodo con più
di tre puntoni di tre puntoni
4F 12,92 F 3,69 F
Figura 10.35 Esempi di nodi in cui confluiscono più di tre aste (in alto è mostrata la suddivisio-
ne di un nodo poligonale in tre nodi triangolari).
Ne derivano tre diversi valori della resistenza: σ1Rd,max per i nodi CCC, σ2Rd,max per i
nodi CCT e σ3Rd,max per i nodi CTT (prospetto 10.9). Il prospetto 10.10 riporta i valori di
σ1Rd,max, σ2Rd,max, σ3Rd,max al variare della classe di resistenza del calcestruzzo.
Di seguito si descrivono i vari tipi di nodo.
a3
a2 Fc3
Fc2 σc2 σc3 Fc3
a3
θ2 Fc0
Fc2 σc3
a0
a2
3
θ
σc0
3
θ
σc2
σc1
F’c1 F’’
c1
σc1
Fc1
a1 Fc1
a1
a) b)
Figura 10.36 Nodi compressi con tre puntoni complanari: a) nodo sull’appoggio di continuità di
una trave parete, b) nodo nell’angolo di un portale soggetto a momento negativo (che tende a
chiudere il nodo).
C2
a2
C1 a1
a3
C3
a) Geometria
C 1 / a1 = C2 / a 2 = C3 / a 3
a1
C1
C1
C2 1 2
C3 C2
a2
3
α
Δθ
α
θ
C3
r
θ
a) b)
Figura 10.38 Esempio di nodo non idrostatico.
a 3 = a12 + a 22
ed è inclinata dell’angolo α = arctan (a1 / a2) rispetto all’orizzontale.
Si evince pertanto che il nodo è idrostatico solo se il terzo puntone è orientato lungo la
direzione r, ortogonale alla faccia 2-3, mostrata nella figura 10.38b, ossia se la sua inclina-
zione θ con l’orizzontale coincide con α. In realtà la direzione del terzo puntone è già defi-
nita dalla geometria del traliccio ed in generale è ruotata di un angolo Δθ rispetto alla di-
rezione r.
a3
a2 Fc3
Fc2 σc2 σc3
A A
Fc0
σc0
a0
D
σc0,idr D
(=σc1)
E E B E C
σc1
F’c1 F’’
c1
Fc1
a1
Figura 10.39 Nodo non idrostatico (ABC) e nodo idrostatico (DBC): i due nodi hanno la stessa
base, ma altezze diverse (il nodo idrostatico è di altezza minore).
Per il nodo idrostatico DBC la tensione sulla faccia DE (a0,idr) è uguale alla tensione i-
drostatica σc1, mentre per il nodo non idrostatico ABC la tensione σc0 sulla faccia AE (a0),
essendo AE ≥ DE (a0 ≥ a0,idr), è certamente inferiore a σc1. In questo caso è sufficiente ve-
rificare la sola tensione σc1.
In modo analogo si dimostra che se l’altezza del nodo è minore di quella del nodo idro-
statico con la stessa base a1, allora la tensione principale σc0 sulla faccia AE è maggiore di
quella sulla base BC (σc0 > σc1) e quindi occorre verificare la tensione σc0.
Più in generale lo stato di sforzo in un nodo non idrostatico può essere determinato se-
condo la seguente procedura (Marti, 1985) (fig. 10.40):
1. si tracciano le circonferenze di Mohr dello stato di sforzo in ciascun puntone (per
esempio la circonferenza di Mohr del puntone C2 passa per l’origine degli assi e per
il punto di ascissa σc2 = C2/ (AD⋅s), dove σc2 è la tensione di compressione nel pun-
tone e s è lo spessore del nodo);
2. si determina il polo di ciascuna delle circonferenze dei tre puntoni (QA, QB e QC)5;
3. si tracciano le rette parallele ai lati BC, CA ed AB del nodo passanti per i poli QA,
QB e QC delle circonferenze di Mohr dei singoli puntoni; i punti di intersezione A,
B e C di queste rette con le corrispondenti circonferenze di Mohr definiscono la cir-
conferenza di Mohr dello stato di sforzo di compressione biassiale nel nodo ABC; il
centro di questa circonferenza giace sull’asse delle tensioni normali e le rette QAA,
QBB e QCC si intersecano nello stesso polo Q.
___________________________________
5
Il polo P della circonferenza di Mohr è quel particolare punto appartenente alla circonferenza tale che la
retta passante per P, parallela ad una giacitura prefissata π, interseca la circonferenza nel punto rappresen-
tativo dello stato di sollecitazione sulla giacitura π.
C3 A QC
B C1 2 1 σ
A C
C1 Q
D σ1
σ2
C2 B QB
C3 QA
C2
a) b)
Figura 10.40 Costruzione grafica di Mohr per la determinazione dello stato di sforzo in un nodo
CCC (Marti, 1985).
a3 a3
a2 Fc3 a2 Fc3
Fc2 σ c2 Fc2 σ c2
θ
A σc A σc
3 3
a0
C’ C’
B’ B’ H1
B C B C
F’c1 F’’
c1
σc1 σc1
Fc1 a) Fc1 b)
a1 a1
a3 a3
a2 Fc3 a2 Fc3
Fc2 σ c2 Fc2 σ c2
A σc A σc
3 3
FCH2
H2 H2 H3
C’ C’
B’ B’
B C B C
FBH3
σc1 σc1
Fc1 c) Fc1 d)
a1 a1
Figura 10.41 Nodo CCC: a) verifica sulle facce ortogonali agli assi dei puntoni (AB', AC', BC);
b), c), d) verifica sulle sezioni del nodo perpendicolari alle facce nodali.
Ci sono poi molti casi in cui la regione nodale ha una forma poligonale e l’analisi del
suo stato di sforzo richiede la suddivisione in regioni triangolari collegate da puntoni in-
termedi aggiuntivi rispetto a quelli originari (figura 10.42).
Nell’eseguire questa suddivisione occorre verificare che la nuova geometria sia compa-
tibile con quella dell’elemento strutturale, perché l’ingombro del nodo dopo la suddivisio-
ne risulta maggiore di quello iniziale (zone tratteggiate nella figura 10.42c). Nel nodo della
figura 10.42 la risultante Fc delle forze Fc1 e Fc2 coincide con la forza di compressione nel
puntone BCEF interno al nodo; la forza Fc è inoltre in equilibrio con le forze Fc3 e Fc4.
Fc1 Fc1
B
A
Fc2 Fc2 C
Fc3 Fc3
F
E D
Fc4 Fc4
a) b)
Fc1
Fc2
B
A
Fc2 C Fc1
Fc3 Fc4 Fc
Fc
F
E D
Fc3
Fc4
c) d)
Figura 10.42 Nodo quadrangolare: a) geometria, b) suddivisione del nodo, c) puntone BCEF
interno al nodo, con tratteggiate le porzioni non comprese nella geometria iniziale, d) poligono del-
le forze.
l b,net
lunghezza di ancoraggio
u = 2 c*
a2
Fc2 il prolungamento della
σc2 barra per un tratto c*
oltre il campo di com-
un solo strato di armatura che si pressione deviato, con-
> c* prolunga oltre il puntone di alme- sente una distribuzione
Ft no c*, dove c* è la distanza dello sforzo a partire
dell’asse dell’armatura dal bordo dall’estremo della barra
u
inferiore
θ
a1 s
en a2
θ
θ
θ uc
os
θ
u
θ
a1
u = 2 c* + (n-1) s
n strati di armatura posti ad inte-
rasse s, che si estendono oltre il come per il caso prece-
a
σc2 Fc2 2 campo di compressione deviato dente, considerando una
per un tratto pari al valore massi- diffusione a 45° degli
mo tra c* e s/2 sforzi dalle estremità
c*
Ft
s
σc1
c*
Fc1
> (c*; s/2) a1
a2
Fcd2 σRd,2
Ftd
s
u
σRd,1
Fcd1
a1
l bd
a) b)
Figura 10.43 Nodo CCT di un appoggio di estremità: a) barre ancorate per aderenza nel nodo,
b) tirante ancorato con piastra.
Fc2
a1 s a2
en
θ uc σc2
θ os θ
θ
Ft
u
θ
θ
a1
σc1
Fc1
Figura 10.44 Schema per il calcolo della larghezza a2 del puntone diagonale di un nodo CCT
sull’appoggio di estremità di una trave parete.
C’è da tenere presente che in presenza di armature disposte su più strati, la resistenza
del nodo può essere aumentata del 10 % (vedi par. 10.10.60).
La larghezza a1 dell’appoggio, l’angolo θ del puntone, l’altezza effettiva u e la larghez-
za a2 del campo di compressione diagonale sono legate dalla seguente relazione
(fig. 10.44)
a2 = a1 sen θ + u cos θ.
Per la verifica del nodo occorre calcolare la pressione di contatto alla base del nodo
Fc1
σ c1 =
a1 b
Prospetto 10.12 Valori del rapporto σc2 / σc1 al variare dell’angolo θ e del rapporto (u/a1)
(le caselle con valori inferiori all’unità sono evidenziate con sfondo grigio).
u/a1
θ (°)
0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0
30 3,41 2,97 2,63 2,36 2,14 1,96 1,81 1,68 1,56 1,46
32,5 2,99 2,64 2,35 2,13 1,94 1,78 1,65 1,54 1,44 1,35
35 2,66 2,36 2,13 1,93 1,77 1,64 1,52 1,42 1,33 1,25
37,5 2,39 2,14 1,94 1,77 1,63 1,51 1,41 1,32 1,24 1,17
40 2,16 1,95 1,78 1,64 1,52 1,41 1,32 1,24 1,17 1,10
42,5 1,98 1,80 1,65 1,53 1,42 1,32 1,24 1,17 1,11 1,05
45 1,82 1,67 1,54 1,43 1,33 1,25 1,18 1,11 1,05 1,00
47,5 1,69 1,55 1,44 1,35 1,26 1,19 1,12 1,06 1,01 0,96
50 1,57 1,46 1,36 1,28 1,20 1,13 1,07 1,02 0,97 0,93
52,5 1,48 1,38 1,29 1,22 1,15 1,09 1,03 0,98 0,94 0,90
55 1,39 1,31 1,23 1,16 1,10 1,05 1,00 0,96 0,91 0,88
57,5 1,32 1,25 1,18 1,12 1,07 1,02 0,97 0,93 0,89 0,86
60 1,26 1,20 1,14 1,08 1,03 0,99 0,95 0,91 0,88 0,85
62,5 1,21 1,15 1,10 1,05 1,01 0,97 0,93 0,90 0,87 0,84
65 1,16 1,11 1,07 1,03 0,99 0,95 0,92 0,89 0,86 0,83
67,5 1,12 1,08 1,04 1,01 0,97 0,94 0,91 0,88 0,85 0,83
70 1,09 1,06 1,02 0,99 0,96 0,93 0,90 0,88 0,85 0,83
72,5 1,07 1,03 1,00 0,98 0,95 0,92 0,90 0,88 0,86 0,84
75 1,04 1,02 0,99 0,97 0,95 0,92 0,90 0,88 0,86 0,85
a2 u
ed essendo = senθ + cos θ ,
a1 a1
Figura 10.45 Andamento delle tensioni σc1 e σc2 nei due puntoni di un nodo CCT
sull’appoggio di estremità al variare dell’angolo θ.
si perviene all’espressione
σ c2 a1 1 1
= = ⋅
σ c1 senθ ⋅ a 2 senθ u
senθ + cos θ
a1
La verifica del nodo è soddisfatta se risulta
max(σ c1 , σ c 2 ) ≤ σ 2 Rd ,max
Per la lunghezza di ancoraggio delle armature nel nodo si segue quanto riportato nei pa-
ragrafi [8.4] “Ancoraggio dell’armatura longitudinale” e [8.6] “Ancoraggio mediante barre
saldate” dell’EC2.
Il prospetto 10.12 riporta i valori del rapporto (σc2 / σc1) al variare dell’angolo θ e del
rapporto (u/a1) tra l’altezza del nodo e la larghezza della stessa piastra.
Si nota come per un assegnato valore di u/a1 il rapporto σc2/σc1 diminuisce al crescere
dell’angolo θ; lo stesso avviene per lo sforzo nel tirante. Inoltre se si dispone l’armatura
del tirante su più strati, si ha un aumento sia dell’altezza effettiva u del nodo sia della lar-
ghezza a2 del puntone diagonale e la tensione σc2 si riduce.
La figura 10.45 mostra l’andamento del rapporto σc2/σc1 al variare dell’angolo θ per tre
diversi valori del rapporto u/a1.
10.10.4.1 Nodi CCT con tiranti in una sola direzione e diffusione nel piano
ortogonale a quello del nodo
Un caso particolare di nodo CCT è rappresentato dagli appoggi di estremità dotati di pia-
stre di carico la cui larghezza b1 è inferiore allo spessore b dell’elemento strutturale.
Fc1/ 2 Fc1 / 2
Ft
b/2
Fc
a) b)
σc1 sez. A−A
Fc1 / 2 Fc1/ 2
a2
B Fc2
σc2
b1
b
u
θ
A A σc1 Ft
a1
a1
Fc1
B c) sez. B−B d)
Figura 10.46 Nodo CCT con diffusione sia nel piano dell’elemento strutturale (in basso a destra)
sia nel piano ortogonale allo spessore (in alto a sinistra).
F t,1 Fc
A
θ1
B O
θ2
C
θ1 D
Ft,2
2
θ
dm
Figura 10.47 Nodo CTT con barra piegata.
Fc
F t,1
A
θ2
O
B
θ1 C
1 D
θ
Ft,2
2
θ
dm
Figura 10.48 Nodo CTT con tiranti ortogonali (θ1 + θ2 = 90°).
Fc
Ft3
σc
φ
Ft2 Ft1
<6φ <6φ
l b,net
⎛ σ ⎞
dove f ck,c = f ck ⎜⎜1,00 + 5 2 ⎟⎟ per σ 2 ≤ 0 ,05 ⋅ f ck [(3.24)]
⎝ f ck ⎠
⎛ σ ⎞
f ck,c = f ck ⎜⎜1,125 + 2,50 2 ⎟⎟ per σ 2 > 0 ,05 ⋅ f ck [(3.25)]
⎝ f ck ⎠
essendo σ2 la tensione di compressione laterale efficace allo SLU.
Il prospetto 10.13 fornisce i valori del rapporto tra la resistenza caratteristica fck,c del
calcestruzzo confinato e quella fck del calcestruzzo non confinato al variare di σ2/fck. Si noti
come una compressione laterale pari a solo il 5% di fck, fornisca un incremento di resisten-
za del 25 % rispetto allo stato di compressione monoassiale.
Prospetto 10.13 Rapporto tra la resistenza caratteristica del calcestruzzo confinato e quella del
calcestruzzo non confinato al variare di σ2/fck.
In ogni caso la resistenza di progetto del nodo non dovrà superare il seguente valore
massimo
σ Rd, max = k 4 υ' f cd = 3 ⋅ 0,83 ⋅ f cd = 2 ,5 f cd [p.to 6.5.4(6)]
A A A
+
- + M>0 M>0
σ2
σ1
B B
M>0 M>0
b) c)
a)
2 Fs
A A
A Fc
M>0 fessura z
M>0 M<0
diagonale
Fs B
B B 2 Fs
Fc Fs
Figura 10.52 Modello ed armatura di un nodo trave-pilastro con 2/3 < h1/h2 < 3/2 soggetto a
momento negativo [Figura J.2a].
Se le altezze delle sezioni della trave e del pilastro sono molto diverse, il modello ap-
pena descritto non è applicabile, perché l’angolo tra il puntone diagonale e il tirante verti-
cale risulterebbe eccessivamente piccolo. Il modello va pertanto modificato come indicato
nella figura 10.53b e nella figura 10.54a, affinché l’angolo θ non sia superiore a 45°.
In particolare l’EC2 nell’appendice J [p.to J.2.2(3)] raccomanda valori di tan θ compre-
si tra 0,4 e 1, ossia angoli θ compresi tra 21,8° e 45°.
Si fa osservare che i tralicci S&T per il progetto di angoli di portali soggetti a momenti
flettenti negativi sono gli stessi di quelli che si utilizzano per il progetto delle mensole toz-
ze. Infatti lo stato di sforzo può essere analizzato considerando il nodo alla stregua di una
mensola verticale incastrata nella sezione del pilastro posta a filo trave e caricata sull’es-
tremo libero dalla forza concentrata trasmessa dall’armatura tesa della trave (figura 10.55).
F t1 F t1
5°
θ≤4
F t3= F t1
z1
z1
θ > 45°
F c1 Fc1
θ
z2 a) z2 b)
F t2 F c2 F t2 F c2
Figura 10.53 Modello S&T di un nodo soggetto a momento flettente negativo con htrave >> hpil:
a) modello non accettabile per l’eccessiva ampiezza dell’angolo θ e la piccola ampiezza
dell’angolo tra il puntone diagonale e l’armatura tesa del pilastro; b) modello corretto.
a) b)
Figura 10.54 Modello S&T di un nodo con htrave >> hpil soggetto a momento flettente negativo
(a) e relativa disposizione di armatura (b) [Figura J.2b].
h2
z2
F t1 Ft1
Ft1
Ft1
MENSOLA
z1
h1
TRAVE M
h1
TRAVE
z1
z1
Fc1=Ft1 F c1
h2 Fc1
z2
Ft2 Fc2
Ft2 Fc2
M PILASTRO
PILASTRO
h2
z2
F t1 Ft1
Ft1
T1 Ft1
MENSOLA
h1
z1
TRAVE M
z1
z1
h1
TRAVE
Fc1 =Ft1 F c1
h2
Fc1
z2
PILASTRO
Figura 10.55 Modelli S&T per angoli di portali soggetti a momenti flettenti negativi: analogia
con i modelli S&T di mensole tozze.
Figura 10.56 Angoli di portali soggetti a moderati momenti flettenti positivi: a) modello S&T,
b) e c) dettagli costruttivi dell’armatura [Figura J.3].
Le armature possono essere disposte come mostrato nella figura 10.56b e c, ossia conforma-
te a cappio oppure come due barre a U sovrapposte in combinazione con staffe inclinate.
Passando poi a scrivere l’equilibrio del nodo 2 nella direzione 2-5 della bisettrice
dell’angolo 124, si ricava:
Ft3 = Ft1 = 0,3 Ft
infine per determinare il valore dello sforzo nel tirante 3-5 è sufficiente scrivere l’equi-
librio del nodo 3 nella direzione 3-5:
Ft2 = C13 cos 61,5° = Ft cos 61,5° / cos 16,5° ≅ 0,5 Ft
,5 °
16
Fc
Ft2
3
z
61
,5 ° Ft2 4
5 F t3
°
1 6,5 Ft
,5°
67
1 F t1 2
45°
C 13
22,5°
Fc
,5 ° C 25
16
F t3
1
F t1 F t1
Fc Ft
nodo 1 z
nodo 2
Figura 10.57 Angolo di portale soggetto ad elevato momento flettente positivo: modello S&T
(in alto) e possibili disposizioni delle armature (in basso) [Figura J.4].
a) b) c)
Figura 10.58 Efficienza dell’angolo di un portale soggetto a momento flettente positivo in funzione
della tipologia di armatura: a) 100 %, b) e c): 25 ÷ 35 %.
10.12 Esempi
10.12.1 Esempio 1 – Trave parete su due appoggi soggetta a carico
uniformemente distribuito di 280 kN/m
Si progetti una trave parete di dimensioni 8000×5500×300 mm, soggetta ad un carico uni-
formemente distribuito di 280 kN/m, da intendersi come carico di progetto allo SLU com-
prensivo del peso proprio della parete. La trave poggia su due pilastri di 300×500 mm; il
calcestruzzo è di classe C25/30 e l’acciaio è del tipo B450C.
Materiali: calcestruzzo C25/30 fck = 25 N/mm2, acciaio B450C fyk = 450 N/mm2
Resistenza di progetto del calcestruzzo
0 ,85 f ck 0 ,85 ⋅ 25
f cd = = = 14 ,17 N/mm 2
1,5 1,5
Resistenza di progetto dell’acciaio
f yk 450
f yd = = = 391,3 N/mm 2
1,15 1,15
Resistenza a compressione nodi
Dal prospetto 10.10 si hanno le seguenti resistenze per i nodi:
nodi CCC: σ 1Rd, max = 11,76 N/mm 2
nodi CCT: σ 2 Rd, max = 10,00 N/mm 2
nodi CTT: σ 3 Rd, max = 8,82 N/mm 2
Definizione della geometria del modello S&T
Come già anticipato al par. 10.6.3, il Model Code 1990 (6.8.2.1) suggerisce di adottare
un braccio della coppia interna pari a 0,6 ÷ 0,7 volte la luce della trave, ma non superiore
al braccio di leva di una trave snella con la stessa luce: (0,6 ÷ 0,7) L ≤ 0,67 H. Nel presente
caso si ha:
L = 8000 mm (lunghezza totale),
L′ = 7500 mm (distanza tra gli assi dei pilastri),
H = 5500 mm,
(0,6 ÷ 0,7) L′ = (4500 ÷ 5250) mm,
0,67 H = 3685 mm.
qL/2 qL/2
2000 4000 2000
C3 1
1900
C1 C1 C1
3 C2
θ
2
C2
5500
nodo 2
C3 C3
3500
3 T1
θ
C3
R
100
3 1750
θ
T1
nodo 3 R R
250 7500 250
qL/2 qL/2
8000
Si adotta: z = 3500 mm (≅ 0,64 H), a cui corrisponde una quota del puntone C2, misura-
ta dall’intradosso della trave, pari a: 100 + 3500 = 3600 mm.
Reazioni dei pilastri
Risulta:
R = q L / 2 = 280 ⋅ 8,00 / 2 = 1120 kN
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio (cfr. prospetto 10.7)
Equilibrio nodo 1
qL
C1 = = 1120 kN
2
Equilibrio nodo 3
R 3500
C3 = = 1252 kN dove θ = arctg = 63,43° ≥ 45° ,
senθ 1750
R
T1 = C 3 cos θ = = 560 kN
tan θ
Equilibrio nodo 2
C 2 = C 3 cos θ = T1 = 560 kN
53 20
7 0c
C3 osθ
σc2
100
50
50
0s
en
200
θ
T1
θ
σc1
500
50
qL/2
500
legature
Ø8/150 su entrambe le facce
3Ø18
OPPURE
3Ø18
moietta moietta
Per garantire l’equilibrio del nodo, le armature dei tiranti devono essere totalmente an-
corate al di là dei nodi rialzando le barre, utilizzando piegature ad U o dispositivi di anco-
raggio, a meno che non sia disponibile la lunghezza di ancoraggio lbd tra il nodo e l’estre-
mità della trave. Nel presente caso le barre del tirante inferiore non possono essere ancora-
te in rettilineo perché non c’è lo spazio necessario; questa soluzione sarebbe ad esempio
applicabile se i pilastri fossero spostati verso l’interno invece di essere allineati con i fili
esterni della trave. Di conseguenza occorre adottare barre conformate ad esempio come in
figura 10.61, ossia barre dotate di un gancio a U oppure barre diritte sovrapposte a moiette.
Carichi:
– variabili: Qk = 120 kN
h 2 =400
650
48°
h 1 =250
1500
Figura 10.62 Plinto tozzo.
Carico di progetto:
Fd = 1,3 Gk + 1,5 Qk = 544 kN
Materiali:
calcestruzzo: fck = 25 N/mm2
acciaio: fyk = 450 N/mm2
Caso a: eccentricità nulla (sforzo normale centrato)
N = Fd = 544 kN
Se si ammette che il peso proprio e la reazione del terreno si compensino reciproca-
mente, la pressione di contatto da utilizzare per il calcolo degli sforzi interni è quella pro-
dotta solo da N
p = N / Abase = 544 / 2,25 = 242 kN/m2 = 0,242 N/mm2;
la distanza del baricentro dell’armatura orizzontale dal lembo inferiore è pari a 50 mm 7.
Geometria del traliccio
La figura 10.63 mostra il traliccio S&T spaziale del plinto soggetto al solo carico verticale N.
Indicata con a la dimensione comune dei lati del pilastro, i vertici superiori dei quattro pun-
toni inclinati distano in pianta a/4 dalle facce del pilastro e in altezza a/4 dalla sezione di base
del pilastro. I vertici inferiori sono posti alla stessa quota delle armature inferiori e distano
b/4 da tutti e quattro gli spigoli della base del plinto (b è il lato di base del plinto).
Il traliccio spaziale può essere scomposto in due tralicci piani disposti secondo le dia-
gonali del plinto (fig. 10.63b), soggetti ciascuno alla metà del carico verticale. Gli sforzi
nei quattro puntoni inclinati, uguali tra di loro, risultano pertanto pari a:
C1,2,3,4 = (N/4) / senθdiag
dove θdiag è l’angolo di inclinazione dei quattro puntoni rispetto al piano orizzontale.
___________________________________
7
Il copriferro minimo per un plinto di fondazione è pari a 40 mm (vedi cap. 3); adottando per le barre infe-
riori un diametro non superiore a 20 mm, la distanza minima tra il baricentro delle barre e la base del plinto
non sarà inferiore a 10 + 40 = 50 mm.
4 x (N/4)
B
C3
C2
C4
C1 2
A A
b/4
b/2
1
b/4
b/4 b/2 b/4 SEZ. A−A
z
B y a) 2 x (N/4) 2 x (N/4)
a/2
x
a/4
SEZ. DIAGONALE 1−2
pro + C 4
+C i
C1 ne d
2
C3
iez
io
ion
iez
h
z
e
pro
di
b)
θ
a √2 x x
N/4 N/4
d’
a/4
θdiag
1 2
d’
b √2 / 4 b √2 / 2 b √2 / 4 SEZ. B−B
b √2
2 x (N/4) 2 x (N/4)
a/2
a/4
3
pro + C 3
+C i
C1 ne d
4
C2
c)
iez
o
ezi
ion
h
z
7
i
e
pro
di
θ
C’2
y T’y y y
d’
C’1 C’3
1 2 b/4 b/4 b/4
5 6
45° b
x T’x C’4
e)
8
Lo sforzo di trazione nelle armature si ottiene proiettando sul piano orizzontale gli sforzi
nei puntoni inclinati e scomponendo le proiezioni nelle due direzioni x e y. Per esempio
con riferimento al puntone C1, indicata con C1′ la sua proiezione sul piano orizzontale
(fig. 10.63c), si ha:
( )
T ' x = T ' y = C1 ' cos 45° = C1 cos θ diag cos 45° =
N/ 4
tan θ diag
cos 45°
ed essendo
z 4z
tan θ diag = =
(b − a ) 2 (b − a ) 2
4
risulta
N (b − a ) 2 2 N (b − a )
T 'x = T ' y = =
4 4z 2 16 z
Lo sforzo complessivo Tx nelle armature poste in direzione x (tiranti 5-8 e 6-7 in figu-
ra 10.63c) si ottiene quindi moltiplicando per due il risultato ottenuto
N (b − a )
Tx = 2T ' x =
8z
e lo stesso risultato vale per lo sforzo complessivo Ty nei tiranti 5-7 e 6-8 in direzione y.
Allo stesso risultato si perviene più semplicemente se si considerano i tralicci delle fi-
gure 10.63d ed e, ottenuti proiettando le aste del traliccio spaziale sulle sezioni A-A e B-B
parallele ai lati del plinto. Questi tralicci consentono un calcolo rapido degli sforzi nelle
armature, infatti dall’equilibrio alla rotazione (fig. 10.64) si ha:
N (b − a )
T1 = T x = T y =⋅
2 4z
ma i puntoni che vi compaiono sono fittizi, essendo solo le proiezioni dei puntoni effettivi
del traliccio spaziale.
Tutto ciò premesso si passa al progetto delle armature del plinto, con riferimento al
modello S&T piano della figura 10.64.
Geometria del traliccio piano
Si divide lo sforzo N in due parti uguali, che vengono applicate in modo simmetrico a di-
stanza a/4 dall’asse del pilastro, dove a è il lato del pilastro. I nodi 2 e 3 sono posti sulla
retta di azione delle due forze N/2 e distano a/4 dall’estradosso del plinto (fig. 10.64).
Il braccio di leva e l’inclinazione delle bielle C1 rispetto all’orizzontale valgono
z = d – a / 4 = 600 – 75 = 525 mm
z 525
θ = arctan = = 60 ,25°
(b − a)/ 4 ( 1500 − 300 )/ 4
75
C2
2 C2 3 2
h 2 =400
75
d=600
z=525
C1
z=525
650
C1 C1
θ≅
θ≅
°
60
60
1 T1 4 1
°
T1
h 1 =250
50
b/4=375 750 375
b=1500
a) b)
Figura 10.64 Modello S&T ottenuto sezionando indifferentemente secondo A-A o B-B il plinto; il
tirante T1 rappresenta lo sforzo Tx se si considera la sez. A-A e lo sforzo Ty se si considera la sez. B-B.
N/ 2
T1 = = 155 kN
tan θ
Equilibrio nodo 2
C 2 = C1 cos θ = T1 = 155 kN
M
N
e=250 c+φst+φl /2
dN1 d N2
N N1 N2
75
2
h 2 =400
θ ’’’
650
C1 C3
525
C2 π−
θ’’
’
1 T1 θ’’
3 4
θ'
h 1 =250
50
b=1500
2 x1 x2 y2
p max
R1 R2
(2/3)b=1000
Figura 10.65 Modello S&T per plinto con carico eccentrico (e = b/6).
259 mm e la forza N2 si colloca alla distanza dN2 = (150 – 41) = 109 mm dall’asse del pila-
stro.
Calcolo della posizione di N1
Si suppone che il pilastro sia dotato di armatura verticale simmetrica costituita da 4φ16 (u-
na barra per ogni spigolo) e di staffe φ8/200.
Si calcola la posizione dell’asse neutro a rottura imponendo l’equilibrio alla traslazione
lungo l’asse del pilastro; si utilizza il diagramma rettangolare (“stress-block”) per la distri-
buzione delle tensioni di compressione nel calcestruzzo e si ipotizza che entrambi gli acciai
siano snervati
(0,8 x) a fcd + A's fyd – As fyd = N
x = N / (0,8 a fcd) = 544000 / (0,8 ⋅ 300 ⋅ 0,85 ⋅ 25 / 1,5) = 160 mm
x/d = 160 / 259 = 0,62 < 0,641 → acciaio teso snervato8
si può verificare facilmente che anche l’acciaio compresso è snervato, come ipotizzato
nell’equazione di equilibrio.
La risultante delle compressioni nel calcestruzzo vale:
N1,cls = 0,8 a x fcd = 0,8 ⋅ 300 ⋅ 160 ⋅ 14,17 = 544128 N 9
mentre la risultante delle trazioni nelle armature vale
N2 = As fyd = 400 ⋅ 391,3 = 156520 N
che coincide anche con la risultante N1,acc delle compressioni nell’acciaio compresso.
Si ha infine:
N1 = N1,cls + N1,acc = 544128 + 156520 = 700648 N
Il momento resistente vale10
MRd = (0,8 x) a fcd (h/2 – 0,4x) + A's fyd (h/2 – d') + As fyd (d – h/2) =
= 0,8 ⋅ 160 ⋅ 300 ⋅ 14,17 ⋅ (150 – 0,4 ⋅ 160) + 400 ⋅ 391,3 ⋅ (150 – 41) + 400 ⋅ 391,3 ⋅
(259 – 150) = 80916368 Nmm ≅ 80,92 kNm
La risultante delle compressioni nel calcestruzzo N1,cls dista 0,4x = 64 mm dal bordo
compresso, mentre quella nell’acciaio compresso N1,acc dista 41 mm; pertanto la risultante
delle compressioni N1 dista dal lembo compresso
(544128 ⋅ 64 + 156520 ⋅ 41) / (544128 + 156520) ≅ 59 mm
e la sua distanza dall’asse del pilastro è pari a dN1 = (150 – 59) = 91 mm.
___________________________________
8
Il rapporto x/d è pari a 0,641 quando il calcestruzzo attinge la sua deformazione ultima del 3,5 ‰ e
l’acciaio la sua deformazione al limite di elasticità (εel = 1,96 ‰, per fyd = 391,3 N/mm2 ed Es = 200000
N/mm2 – per il modulo di elasticità dell’acciaio è stato adottato il valore suggerito dalla EN1992-1-1 al
p.to 3.2.7(4); le NTC 2008 al par. 11.3.4.1 indicano invece un valore di Es pari a 210000 N/mm2, a cui cor-
risponde una deformazione al limite di elasticità εel = 1,86 ‰).
9
N1,cls dovrebbe essere coincidente con N = 544 kN (essendo As = A's ed entrambi gli acciai snervati); la
piccola differenza è dovuta alle approssimazioni di calcolo.
10
Si ricorda che in presenza di sforzo normale il momento resistente va valutato con riferimento al baricen-
tro geometrico della sezione di calcestruzzo.
pos. C
armature inferiori
armature inferiori pos. A pos. B (ai lati)
pos. B armature inferiori
pos. A (al centro)
armature inferiori pos. B
e=200 c+φst+φl /2
d N1 d N2
N N1 N2
75
2
h 2 =400
C2
650
C1
525
C3
1 T1 4 3
h 1 =250
50
b=1500
2 x1 x2 y2
R1 R2
Figura 10.67 Modello S&T di plinto con carico eccentrico (e < b/6).
Prospetto 10.14 Forze nei tiranti dei modelli S&T del plinto su quattro pali.
Tirante Forza
T10 Fs (1)
T13 A
T16 B
(1)
Fs = forza di trazione nelle armature del pilastro
___________________________________
11
MEd e NEd indicano i moduli (senza segno) del momento flettente e del carico verticale.
π1
L
φ φ
π2 A’=A+A
φ
c2
p
L
π3
φ
B’=B+B
c1
p
π1
Figura 10.68 Plinto di fondazione su pali.
NEd
MEd
a b c
π2 π3
Fc Fs
d e T10
g
T12
θ12
h
θ11 T11
f
i
A’ B’
L
π2 π3
piano π 2 piano π 3
l m l
g
T15
θ1 T13 T13
3
T16 T16
h
θ 13
T14 T10 T10
i
A A B B
(T13 )
(T15 ) (T14 )
(T15 ) (T14 )
Figura 10.71 Disposizione schematica delle armature nel plinto su quattro pali.
a1 C5 A
3
C1 C2
h1
z1
T1 C4
1
θ2
θ1
2
h2
a
C3 z2
T2 45°
Ra
45°
T3
4 A
a)
2’ 4’
C’2
h1
z1
1’ C’1 C’3
h2
z2
a
T’1
Rb
45°
45°
T’2
3’
b)
Traliccio a)
Si indica con Ra l’aliquota della reazione della sella che viene assegnata al traliccio a); si
ribadisce che Ra può coincidere con tutta la reazione R della sella, se si fa riferimento solo
al traliccio a), oppure ad un’aliquota (normalmente il 50%) se si usa una combinazione del
traliccio a) con il traliccio b).
Definizione della posizione delle aste del traliccio
La posizione del corrente compresso è nota una volta determinato il momento resistente
della sezione della trave; essa si ricava infatti considerando il baricentro della risultante
delle compressioni nel calcestruzzo e nell’armatura superiore compressa. Gli altri dati ge-
ometrici del problema si ricavano con semplici calcoli trigonometrici.
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio a)
Equilibrio nodo 1
C1 = R a /sen θ1
T1 = R a / tan θ1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1
___________________________________
12
L’espressione di C4 può essere ricavata direttamente anche dall’equilibrio alla traslazione verticale sulla
sezione di Ritter A-A: C4 sen 45° = Ra da cui: C4 = √2 Ra.
infine
2 Ra 2 2
T3 = C3 cos 45° + C 4 cos 45° = + 2 Ra =
tan θ1 (1 + cotg θ 2 ) 2 2 13
Ra
= + Ra
tan θ1 (1 + cotg θ 2 )
Il prospetto 10.15 riepiloga le espressioni degli sforzi nelle aste del traliccio a).
Prospetto 10.15 Sforzi nelle aste del traliccio a) della sella Gerber
C1 Ra / sen θ1
C2 Ra / [tan θ1 ⋅ (sen θ2 + cos θ2)]
C3 √2 Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]
C4 √2 Ra
T1 Ra / tan θ1
T2 Ra + Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]
T3 Ra + Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]
Traliccio b)
Si indica con Rb l’aliquota della reazione della sella che viene assegnata al traliccio b).
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio b)
Equilibrio nodo 1'
C'1 = Rb
Equilibrio nodo 2'
T' 1sen 45° = C'1
da cui
T' 1 = 2 C' 1 = 2 Rb
Prospetto 10.16 Sforzi (in modulo) e dimensioni delle aste del traliccio b) della sella Gerber.
C '1 Rb
C '2 Rb
C '3 √2 Rb
T '1 √2 Rb
T '2 2 Rb
moiette pos. E
armature a U pos. A
staffe pos. G staffe pos. F
pos. E
pos. G pos. A (e po
v e s.
pos. A’ nt B
ua
po le
s. )
pos. F B
pos. C
Figura 10.73 Disposizione schematica delle armature nella sella Gerber. Se il progetto è
eseguito con riferimento al solo traliccio a), l’armatura inclinata (pos. B) non è necessaria.
A B
3 6
θ1=
45°
C1 C2
h1
z1
M V T2
θ2
1 T1 T1 2 C4
z2
h2
V M
T4
C3
z 2 −z 1
A T2 45°
T3
4 5
a B
A B
3 6
C2
C1
h1
T2
z1
M V
T1 T1
θ2
C4
z2
h2
1 C1 2 T4 V M
z 2 −z1
A T C3
2
45°
45°
4 T3 5
a B
Figura 10.74 Modello S&T per una brusca variazione dell’intradosso di una trave inflessa con
h2 > 2h1: a) con taglio positivo, b) con taglio negativo (i valori di V e M sono calcolati in corri-
spondenza della variazione di sezione; il tirante verticale T2 tra i nodi 3 e 4 è posto a distanza a dal
cambio di sezione, perché le staffe verticali che lo costituiscono sono distribuite su un tratto lungo
2a, fig. 10.75).
Nella figura 10.74 sono illustrati i modelli S&T sia per il caso di taglio positivo sia per
quello di taglio negativo, assumendo in entrambi i casi che le bielle di calcestruzzo siano
inclinate di 45°. Di seguito si riportano inoltre i calcoli per la determinazione degli sforzi
nelle aste di entrambi i tralicci.
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio in presenza di taglio positivo (fig. 10.74a)
Sez. di Ritter (A-A)
C1 = 2 V
T1 = M/z1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1
M senθ 2 2 M
C3 = C 2 senθ 2 /sen 45° = =
z1 sen 45° (senθ 2 + cos θ 2 ) z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 3
2 M senθ 2 M
T2 = C1sen 45° + C 2 senθ 2 = 2 V + =V +
2 z1 (senθ 2 + cos θ 2 ) z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 4
C 4 sen 45° + C 3 sen 45° = T2
da cui
C 4 = T2 /sen 45° − C 3
e sostituendo le espressioni di C3 e T2
⎡ M ⎤ 2M 14
C 4 = ⎢V + ⎥ 2− = 2V
⎣ z1 (1 + cotg θ )
2 ⎦ z1 (1 + cotg θ 2 )
infine
2M 2 2 M
T3 = C3 cos 45° + C 4 cos 45° = + 2V = +V
z1 (1 + cotg θ 2 ) 2 2 z1 (1 + cotg θ 2 )
che coincide con l’espressione di T2. 15
Equilibrio nodo 6
2
T4 = C4sen 45° = 2 V =V .
2
___________________________________
14
L’espressione di C4 può essere ricavata direttamente dall’equilibrio alla traslazione verticale sulla sezio-
ne di Ritter B-B: V = C4 sen 45° da cui: C4 = √2 V.
15
L’uguaglianza T3 = T2 si può anche ricavare dall’equilibrio alla traslazione del nodo 4 nella direzione
degli assi dei puntoni C3 e C4 (inclinati di 45° rispetto all’orizzontale).
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio in presenza di taglio negativo (fig. 10.74b)
Sez. di Ritter (A-A)
C1 = 2 V ; T1 = M/z1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1
Il prospetto 10.17 riepiloga le espressioni degli sforzi nelle aste dei due tralicci (con ta-
glio positivo o negativo).
Nel caso particolare in cui risulti z1 = 0,5 z2 e quindi θ2=45° le espressioni degli sforzi
nei tiranti si semplificano nelle seguenti
se V > 0 (traliccio a)
T1 = M / z1 T2 = T3 = V + 0,5 M / z1 = V + M / z2 ; T4 = V
se V < 0 (traliccio b)
T1 = M / z1 T2 = T3 = 0,5 M / z1 = M / z2 ; T4 = V
___________________________________
16
In alternativa lo sforzo nel tirante T2 si può ricavare dall’equilibrio alla traslazione verticale del nodo 4:
M 2 2 M 1
T2 = C3 sen 45° = =
z1 (1 + cot gθ 2 ) 2 z1 (1 + cotg θ 2 )
Prospetto 10.17 Sforzi nelle aste dei tralicci della figura 10.74.
Si noti come nel traliccio a) il tirante T2 sia chiamato ad equilibrare sia il taglio sia la com-
ponente verticale delle bielle inclinate C2 e C3 per l’ancoraggio del tirante T1, mentre nel
traliccio b) T2 equilibra solo quest’ultima.
La figura 10.75 mostra la possibile disposizione delle armature in corrispondenza della
brusca variazione di sezione.
a + (h 2 − h1) + l a
staffe pos. E staffe pos. C (D) a h 2 − h1 la
h1
pos. A
h2
pos. D
h 2 − h1
pos. E
pos. C
45°
pos. B
2a
Figura 10.75 Disposizione schematica delle armature in corrispondenza di una brusca variazione
dell’intradosso di una trave inflessa con h2 > 2h1 (l’armatura in pos. A va prolungata di un tratto pari
ad (a + h2-h1 + la), dove a è pari alla metà del tratto su cui sono distribuite le staffe C e la è la lun-
ghezza di ancoraggio).
a c=100
VEd
HEd ac
a
150 F c1 =F Ed
VEd
s
h c=400
H Ed
Ft
1
a’
200 Fc2
h c=400
d=350
z
ψ
2 Fc3
400
a4
25 150 Fc4
50
Fc5 =VEd
a5
c=300
400
400 200
50
a) b)
Figura 10.76 Mensola tozza di 200×400 mm: a) geometria e modello S&T di mensola e pilastro
(il modello S&T indicato per il pilastro ipotizza la presenza di momenti antiorari nelle sezioni infe-
riore e superiore), b) modello S&T della mensola; per comodità di notazione lo sforzo nel puntone
inclinato è indicato con Fc2 nel nodo 1 e con Fc3 (= Fc2) nel nodo 1.
a1
Fc1 = FEd
d’=50
σc1 Fc3 =Fc2
a3
σc3
α
ψ
Ft Fc4
u=100
a4
σc4
σc2
ψ
Fc2 σc5
Fc5 = VEd
a2
a5
nodo 1 nodo 2
a) b)
Figura 10.77 Nodi 1 e 2 del traliccio.
Nodi compressi
σ1Rd,max = 16,46 N/mm2
Nodi compressi-tesi con tiranti ancorati disposti in una direzione
σ2Rd,max = 14,00 N/mm2
Nodi compressi-tesi con tiranti ancorati disposti in più di una direzione
σ3Rd,max = 12,35 N/mm2
(vedi anche i valori riportati nel prospetto 10.10 per fck = 35 N/mm2)
Calcolo degli sforzi Ft e Fc4
Si determina la larghezza a5 della porzione di puntone verticale del pilastro in equilibrio
con VEd, imponendo che la tensione di compressione sia pari a σ1Rd,max, poiché il nodo 2 è
un nodo tutto compresso
V Ed 700000
a5 = = ≅ 106 mm
σ 1Rd, max b 16 ,46 ⋅ 400
il nodo 2 è situato alla distanza a5/2 ≅ 53 mm dalla faccia esterna del pilastro, pertanto la
distanza orizzontale del punto di applicazione dei carichi esterni dal nodo 2 vale (figura
10.76b)
a = ac + a5/2 = 100 + 53 = 153 mm
Assunto il braccio della coppia interna z pari a 0,8⋅d (z = 0,8⋅350 = 280 mm) ed indicata
con a4 l’altezza del nodo 2 (fig. 10.77b), si ha che la distanza dello stesso nodo 2 dal lembo
inferiore della mensola è pari a
a4/2 = d – z = 0,2d = 0,2 ⋅ 350 = 70 mm
da cui si ricava: a4 = 140 mm.
Con riferimento alla figura 10.78 si ha:
– equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2
V Ed a' = (Ft − H Ed ) z
a’ =160
a=153 e=7
s=20
F Ed H Ed F Ed
Ft
150
s=20
1
e=7
a’=160
Fc2 F Ed VEd
z=280 F c1
70
d’=50
d
α=5,71°
a4
1
ψ
2 Fc3
Fc4 F c2
Fc5 a) b)
a5
α
F Ed
150
α
a1
a1 a1
α
α
β
u=100
β
a
u>100
2
β
a
β
ψ2 ψ
(β+ψ)−90°
a ∗
β
90
°−ψ
a) b)
Figura 10.80 Geometria del nodo 1 (nodo sotto la piastra di carico): a) u = 100 mm, b) u > 100 mm.
La verifica sulla faccia a1 non è soddisfatta; si adotta allora una larghezza c della pia-
stra di 350 mm
FEd 703491
σ c1 = = = 13,49 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
a1c 149 ⋅ 350
Si completa la verifica del nodo, considerando la tensione di compressione sulla faccia a2.
Con riferimento alla figura 10.80a, risulta β + ψ = 29,83° + 60,26° = 90,09° ≅ 90°, per-
tanto l’asse del puntone si può considerare ortogonale alla faccia a2 del nodo 1.
F 806187
σ c2 = c2 = = 13,47 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
a 2 c 171 ⋅ 350
Se fosse (β + ψ) > 90°, come si verifica per valori di u > 100 mm, la tensione di com-
pressione sulla faccia del nodo andrebbe valutata sulla sezione trasversale a* del puntone
inclinato, ossia ortogonalmente all’asse del puntone (fig. 10.80b).
Disposizione delle armature
Per la disposizione delle armature si rimanda all’Esempio 8.
ac ac
a
a
VEd av VEd
Ft Ft
1 3 1
Fc1
Fc2
hc
hc
z
Fwd
d
Fc3
2 2
4
Fc a/2 a/2
Fc a/2 a/2
1
y
VEd
x1
a) b)
Figura 10.81 Mensola tozza: a) ac ≤ hc/2, b) ac > hc/2.
caso a) a c < h c /2
a a
ac ac
VEd
’ VEd
’’ VEd
Ft’ Ft’’ Ft
1 1 1
ψ
+ =
hc
hc
z
z
4 Fwd 3 4 3
d
d
2 2 2
Fc’ Fc’’ Fc
V Ed
’ VEd
’’ VEd
(1 − γ h ) Fdiag TRALICCIO 1a γ h Fdiag TRALICCIO 2a
θ
a) b) c)
caso b) a c > h c /2
a
ac a
V Ed
’’ V
VEd
’ Ed
Ft’ Ft’’ Ft
1 1
3 3 1
ψ
+ =
hc
hc
z
z
Fwd
d
2 2 2
Fc’ Fc’’ 4 Fc 4
a/2 a/2
V’ V ’’ VEd
Ed Ed
(1 − γ h ) Fdiag TRALICCIO 1b γ h Fdiag TRALICCIO 2b
θ
d) e) f)
Figura 10.82 Modello S&T di una mensola tozza come somma di due tralicci elementari: caso
a) (in alto) per una mensola con ac ≤ hc / 2; caso b) (in basso) per una mensola con ac > hc/2.
Nel primo caso il puntone è poco inclinato rispetto alla direzione verticale (quindi le
tensioni di diffusione sono pressappoco orizzontali), mentre nel secondo caso l’asse del
puntone tende alla direzione orizzontale e pertanto le staffe verticali sono più idonee ad
assorbire le trazioni legate alla diffusione dello sforzo di compressione nel puntone.
Inoltre per ac > hc/2 l’adozione dell’armatura secondaria è suggerita dall’EC2 solo se
il taglio sollecitante supera il taglio resistente VRd,ct in assenza di armature trasversali;
tuttavia, per limitare la fessurazione, è opportuno ricorrere sempre all’adozione di staffe
verticali.
Il traliccio 2, sovrapposto al traliccio 1 (già utilizzato nell’Esempio 7 per il progetto
dell’armatura principale superiore), dà origine in entrambi i casi ad un traliccio iperstatico,
dove gli sforzi normali nelle singole aste non possono essere determinati con sole conside-
razioni di equilibrio.
Figura 10.83 Mensola tozza con ac ≤ hc/2: andamento dei rapporti V'Ed / VEd (linea continua) e
V''Ed / VEd (linea tratteggiata) al variare di a/z (V'Ed è l’aliquota di carico verticale sul traliccio 1a e
V''Ed quello sul traliccio 2a mostrati in fig. 10.82).
Per ciascuno dei due casi occorre allora individuare un criterio per ripartire il carico tra
i due tralicci. Di seguito si forniscono le indicazioni per effettuare la ripartizione.
Caso a: ac ≤ hc / 2
Sulla base dell’andamento degli sforzi principali di compressione ricavato da analisi elasti-
che lineari agli elementi finiti, il carico VEd si può ripartire nelle due seguenti aliquote
(fig. 10.83):
z
4−
V' Ed = a ⋅ V Ed per il traliccio 1a
z
+3
a
z
2 −1
V'' Ed = a ⋅ V Ed per il traliccio 2a
z
+3
a
Lo sforzo nell’armatura secondaria si calcola considerando il traliccio 2a soggetto al
carico V''Ed; dall’equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2 si ha (figura 10.82b):
a
F''t = V'' Ed
z
e dall’equilibrio alla traslazione orizzontale dei nodi 1 e 4 si ricava che il tirante superiore
ed il tirante 3-4 devono sopportare lo stesso sforzo di trazione, pari alla componente oriz-
zontale dello sforzo di compressione nel puntone 1-4:
a
Fwd = F'' t = V'' Ed
z
⎛ z ⎞
⎜ 2 −1 ⎟
Fwd =⎜ a ⋅ V Ed ⎟⋅ a
⎜ z ⎟ z
⎜ 3+ ⎟
⎝ a ⎠
L’espressione fornita dal Model Code 1990 per Fwd è la seguente
⎛ z ⎞ Ft
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟
⎝ a ⎠ 3 + V Ed /Ft
dove Ft è la forza complessiva nel tirante; esplicitando la forza Ft (Ft = VEd a / z), si consta-
ta facilmente che l’espressione di Fwd fornita dal Model Code 1990 si riduce a quella rica-
vata sopra
a z
V Ed 2 −1
⎛ z ⎞ z a a
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟ = ⋅ V Ed ⋅
⎝ a V
⎠ 3 + Ed z z z
3+
V Ed a a
La figura 10.84 mostra l’andamento del rapporto Fwd/VEd al variare di a/z: il massimo
valore si registra per a/z = 0,5 ed è pari a 0,3.
EC2 suggerisce un quantitativo minimo di armatura secondaria orizzontale non inferio-
re al 25 % dell’armatura principale [p.to J.3(2)].
Indicata con Ft la resistenza dell’armatura principale, quella dell’armatura secondaria
deve quindi soddisfare la condizione
Fwd,min ≥ 0,25 Ft
poiché Ft = VEd a / z (dall’equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2, fig. 10.82c), la dise-
guaglianza può essere riscritta come
Per a/z nell’intervallo [0,25; 0,5] il rapporto Fwd,min / VEd assume valori compresi tra
0,0625 e 0,125 ossia valori inferiori a quelli che si ottengono con la formula di progetto
riportata sopra ed i cui risultati sono diagrammati nella figura 10.84. Pertanto, la formula di
progetto fornisce un quantitativo di armatura secondaria che è sempre maggiore di quello
minimo raccomandato dall’EC2.
L’armatura minima può invece risultare superiore a quella di calcolo in presenza di un
carico orizzontale significativo; la forza nell’armatura principale assume in questo caso
l’espressione
Ft = VEd (a/z) + HEd
e quindi
Fwd,min/VEd ≥ 0,25 (a / z + HEd / VEd)
Figura 10.84 Mensola tozza con ac ≤ hc/2: andamento del rapporto Fwd / VEd al variare di a/z.
As
Σ A sw _
< As
Caso b: ac > hc / 2
La forza Fwd nel tirante verticale viene calcolata ipotizzando che essa vari linearmente al
variare di a e che si abbia
Fwd = 0 per a = z/2
Fwd = VEd per a = 2 z
In altre parole si ipotizza che per a ≤ z/2 (mensola molto tozza), il traliccio resistente si
riduca al solo traliccio 1b (fig. 10.82d) e per a ≥ 2 z al traliccio 2b (fig. 10.82e);
l’equazione di Fwd è quella di una retta di coefficiente angolare Fw1 ed intercetta Fw2
Fwd = Fw1 a + Fw2
imponendo che sia
Fwd = 0 per a = z/2
Fwd = VEd per a = 2 z
si ottiene
2 V Ed V
Fw1 = e Fw 2 = − Ed
3 z 3
infine l’espressione della retta che descrive la variazione di Fw al variare di a è la seguente
2 V Ed V 2a/z − 1
Fwd = a − Ed = V Ed
3 z 3 3
L’equilibrio alla traslazione verticale dei nodi 1 e 4 del traliccio 2b fornisce
Fwd = V ''Ed
il rapporto [(2 a/z–1) / 3] che compare nell’espressione di Fwd rappresenta quindi l’aliquota
di carico verticale V ''Ed assorbita dal traliccio 2b; in particolare per a/z = 1 questo rapporto
vale 1/3.
Il valore di Fwd è limitato inferiormente dal minimo quantitativo di staffe verticali sug-
gerito da EC2 (As,lnk ≥ 0,5 VEd / fyd) [p.to J.3(3)], che corrisponde a considerare una forza
minima nelle staffe Fwd,min = 0,5 VEd.
Il valore massimo di Fwd è pari a VEd/3 per a/z = 1; questo valore è inferiore a quello
corrispondente all’armatura secondaria minima verticale raccomandata da EC2, pertanto si
può concludere che per ac > hc / 2 l’armatura secondaria coincide sempre con quella mini-
ma.
Si passa ora al calcolo dell’armatura secondaria della mensola dell’Esempio 7. Innanzi-
tutto si verifica in quale caso ricade la mensola in oggetto, confrontando ac con hc / 2; risul-
ta
ac = 100 mm, hc / 2 = 200 mm
pertanto essendo ac = hc / 2, l’armatura secondaria potrebbe essere disposta in direzione
orizzontale e calcolata con riferimento al traliccio 2a oppure in direzione verticale e calco-
lata con riferimento al traliccio 2b.
A rigore la scelta tra i due tipi di armatura secondaria dovrebbe basarsi sul valore del
rapporto a/z (come indicato per esempio nel Model Code 1990) e non sul rapporto ac/hc
(rapporto suggerito da EC2 perché di più immediata valutazione), in quanto l’effettiva in-
clinazione della biella compressa è definita proprio dal rapporto a/z e dipende quindi anche
dal copriferro dell’armatura principale, nonché dalle dimensioni del nodo inferiore.
Con riferimento all’Esempio 7, ma considerando a′ al posto di a poiché il carico oriz-
zontale sposta il nodo 1 del modello S&T verso l’esterno, si ha:
18
Utilizzando la formula del Model Code 1990, con (Ft – HEd) al posto di Ft, si ottiene lo stesso risultato:
⎛ z ⎞ Ft − H Ed ⎛ 280 ⎞ 470000 − 70000
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟ = ⎜2 − 1⎟ = 210526 N
⎝ a ⎠ 3 + V Ed ⎝ 160 ⎠3+ 700000
Ft − H Ed 470000-70000
19
La limitazione inferiore Asw ≥ 0 ,25 As è indicata nell’Appendice J al p.to [J.3(2)], come già richiama-
to sopra nel testo.
l c x bc l c x bc
Filo esterno
As As dell'apparecchio
A's lc di appoggio
As As
bc
bw
lc
a) b)
c) d)
Figura 10.87 Possibili configurazioni di armatura per una mensola tozza: a) conformazione a cap-
pio delle armature superiori, b) barre rettilinee saldate ad una barra trasversale, c) piastra di ancorag-
gio, c) barre ancorate con dispositivi meccanici.
Modello A Modello B
ac a
VEd VEd
H Ed
d hc z
ψ α
a ~ ac+0,2d
Figura 10.88 Modelli indicati dalla Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza: il progetto
può essere eseguito con riferimento al solo modello A, oppure considerando anche il modello B
funzionante in parallelo con il primo (sono stati adottati gli stessi simboli degli esempi precedenti,
diversi da quelli che compaiono nelle figure C4.1.7 e C4.1.8 della Circolare).
a
0,2d ac e
VEd
HEd F Ed
z=0,9 d
hc
VEd
ψ
1
2
0,4 d
0,1 d HEd
a’ = (a c + 0,2 d) + e b)
b a
a)
0,4
d sen
b’ ψ Ft,v
b’ ψ
ψ
2
ψ
VEd
Fc
0,4 d 0,4 d
0,1 d
c) d)
Figura 10.89 Modello A della Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza: a) modello S&T,
b) nodo 1, c) nodo 2, d) triangolo delle forze nel nodo 2.
dove b e b' sono le dimensioni della sezione trasversale del puntone (in particolare b è lo
spessore della mensola e b' è indicata nella figura 10.89c)
1
V Rd,c = Fc, max senψ = 0 ,4 d sen 2 ψ b f cd = 0 ,4 d b f cd
1 + cotg 2 ψ
sulla base di prove sperimentali questo valore può essere amplificato del fattore 1,5 per
sbalzi di travi dotate di staffatura.
Per la mensola dell’Esempio 7 si ottiene
1 1
VRd,c = 0 ,4 d b f cd = 0 ,4 ⋅ 350 ⋅ 400 ⋅ 19,83 = 843998 N
1 + cotg 2ψ 1 + (177 / 315)
2
La resistenza VRd,c del puntone di calcestruzzo non dovrà essere minore di quella lato
acciaio
V Rd,c ≥ V Rd,s
pertanto, sempre con riferimento alla mensola dell’Esempio 7, l’area di armatura deve
soddisfare la seguente condizione
As f yd − H Ed
≤ V Rd,c
cotg ψ
e
ac F’Ed
V’Ed
H’Ed
tirante
4 modello 1 1
A
z=0,9d
hc
A s,diag 3 b)
α
2
F’c
0,2 d
0,1 d
V’Ed
a’ F’t
b (a’=a + 0,2d + e)
α
Figura 10.90 Modello B della Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza (si fa osservare
che l’armatura diagonale ha la stessa inclinazione della biella 1-2 del modello A, cosicché α = ψ).
Come sopra, anche per il modello B la resistenza lato calcestruzzo non deve essere in-
feriore alla resistenza lato acciaio
V' Rd,c ≥ V' Rd,s
l’area di armatura inclinata deve pertanto soddisfare la seguente diseguaglianza
As,diag f yd senα ≤ V' Rd,c
da cui
0,2 d b f cd 0,2 ⋅ 350 ⋅ 400 ⋅19 ,83
As,diag ≤ = = 2897 mm 2
f yd cos α 391,3 ⋅ cos 60 ,67°
La capacità portante globale della mensola provvista dei due ordini di armature può
calcolarsi, a partire dal contributo di ciascun meccanismo resistente, come
V Rd = V Rd,s + 0,8 V' Rd,s
considerando un contributo aggiuntivo dell’armatura inclinata ridotto del 20%.
L’armatura secondaria per assorbire le tensioni di trazione ortogonali al campo di com-
pressione inclinato e per contenere l’entità della fessurazione può essere calcolata con gli
schemi descritti nell’Esempio 8.
La Circolare non precisa le aliquote di carico da assegnare a ciascuno dei due modelli,
ma fornisce solo il limite superiore per la resistenza lato acciaio di ciascuno dei due e la
formula per la somma delle resistenze. La Circolare inoltre presenta il modello B come ag-
giuntivo rispetto al modello A e lascia pertanto intendere che per carichi applicati all’estra-
dosso il progettista può anche limitarsi a considerare il solo modello A. Non appare invece
corretto l’utilizzo del solo modello B, che lascia il bordo superiore della mensola sprovvi-
sto di armatura e presenta una maggiore deformabilità ed un quadro fessurativo molto più
esteso. Occorre pertanto che almeno il 50 % del carico all’estradosso sia assegnato al mo-
dello A, mentre ci si può limitare al solo modello B se il carico è applicato all’intradosso
(fig. 10.91b); in quest’ultimo caso occorre comunque disporre un’armatura minima di con-
fezionamento nella parte superiore della mensola. Nessuna indicazione viene fornita per il
progetto dell’armatura secondaria, per la quale si può fare utile riferimento all’EC2 (vedi
Esempio 8).
Se il carico è posto all’intradosso, esso può essere trasferito in alto da un tirante verti-
cale, riconducendosi così allo schema di calcolo valido per carico direttamente applicato
all’estradosso (fig. 10.91a) oppure da un’armatura inclinata (fig. 10.91b). Quando la men-
sola sostiene una trave della stessa altezza (fig. 10.91c) si può adottare una combinazione
dei due modelli, tenendo presente che le modalità di trasmissione del carico variano con la
disposizione delle armature nella trave portata: il carico è trasferito in basso dalle bielle di
calcestruzzo della trave (fig. 10.91c1), mentre eventuali ferri piegati possono trasferire il
carico in alto (fig. 10.91c2).
VEd VEd
a) b)
reazione della carico trasmesso dalla
mensola sulla trave trave alla mensola
c1) c2)
c)
Figura 10.91 Mensola tozza: a) e b) carico all’intradosso, c) trave portata della stessa altezza della
mensola: c1) carico trasmesso dalle bielle inclinate di calcestruzzo c2) carico trasmesso da eventuali
ferri piegati.