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10 Progetto con modelli tirante-puntone

10.1 Introduzione
I modelli tirante-puntone (S&T – Strut and Tie) sono utilizzati per la progettazione delle
membrature in c.a. che non possono essere schematizzate come solidi snelli o “travi” alla
Saint Venant quali ad esempio i plinti tozzi di fondazione, le travi parete, le mensole tozze,
ma anche quelle regioni di travi snelle soggette a carichi concentrati o caratterizzate da
brusche variazioni di sezione.
Il modello consiste nel ricondurre ad un traliccio reticolare, con tiranti e puntoni, ovve-
ro con aste tese e compresse, il meccanismo strutturale resistente. Nella figura 10.1 è indi-
cato uno di questi meccanismi reticolari con riferimento ad una trave parete. Questa idea si
ritrova già alla fine dell’Ottocento ed agli inizi del Novecento nel traliccio di Ritter-
Mörsch (fig. 10.2) per il progetto a taglio delle travi in c.a. ed è stata ripresa recentemente
dalla scuola di Stoccarda di Schlaich, che ne ha esteso l’applicazione alla progettazione di
tutte le membrature “tozze” in c.a.
Le aste compresse (puntoni) sono materializzate dal calcestruzzo, mentre le aste tese
(tiranti) sono costituite dalle armature.
Secondo l’EC2 i modelli tirante-puntone possono essere utilizzati per il progetto delle strut-
ture allo stato limite ultimo (SLU) sia di zone di “continuità” sia di zone di “discontinuità”.
Le regioni di continuità sono indicate come regioni “B” (da “Bernoulli” o dall’inglese
“beam”) e sono costituite da quelle zone di travi e piastre dove l’ipotesi di Saint Venant è
soddisfatta. Nello stadio fessurato sono schematizzate alla Mörsch con tralicci reticolari di
aste tese (corrente teso ed armature di parete) e compresse (corrente compresso e bielle in-
clinate di calcestruzzo).
Le regioni di discontinuità sono invece caratterizzate dalla presenza di discontinuità di
tipo statico o geometrico (regioni tipo “D”, dall’inglese “discontinuity”), dove l’ipotesi di
Bernoulli non è soddisfatta. Le discontinuità di tipo statico comprendono la presenza di
carichi concentrati, zone di appoggio di estremità, zone di ancoraggio di cavi di precom-
pressione, ecc., mentre quelle di tipo geometrico includono brusche variazioni di sezione o
di direzione dell’asse, presenza di aperture, elementi tozzi (mensole, travi parete, selle
Gerber, ecc.).
I modelli tirante-puntone possono essere utilizzati anche per alcune verifiche agli stati
limite di esercizio (SLE). A questo scopo l’EC2 suggerisce di orientare puntoni e tiranti
lungo le linee isostatiche ricavate dall’analisi della struttura in fase non fessurata. In realtà
è importante seguire questa strada anche per la verifica allo SLU (vedi par. 10.1.1).

10.1.1 Il metodo S&T come applicazione del primo teorema dell’analisi limite
Una volta sostituiti eventuali carichi distribuiti con carichi concentrati equivalenti, il pro-
getto di una membratura in c.a. con il metodo S&T consiste nella schematizzazione del
campo di sforzi presente nell’elemento strutturale mediante un traliccio reticolare di aste
rettilinee in equilibrio con i carichi esterni.

Bozza 1 marzo 2011


552 CAPITOLO 10

Figura 10.1 Modello S&T di una trave parete.

Le curvature delle linee isostatiche vengono concentrate in corrispondenza di punti det-


ti nodi, che rappresentano le intersezioni degli assi delle aste con quelli di altre aste, con i
carichi applicati o con le reazioni vincolari. Una volta definita la geometria del traliccio, si
calcolano gli sforzi normali nelle aste, si progettano le armature metalliche e si esegue la
verifica di resistenza dei puntoni e dei nodi.
La tecnica S&T rientra tra i metodi di analisi plastica delle strutture in c.a. ed in parti-
colare può essere vista come un’applicazione del primo teorema dell’analisi limite (teore-
ma del limite inferiore o teorema statico). Questo teorema può enunciarsi nel seguente mo-
do: se la distribuzione degli sforzi all’interno di una struttura soddisfa tutte le condizioni di
equilibrio (interne ed esterne) e non viola la condizione di resistenza dei materiali (condi-
zione di plasticità), allora il carico associato a tale distribuzione non supera quello di col-
lasso.

Figura 10.2 Traliccio di Ritter-Mörsch.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 553

Prospetto 10.1 Passi per l’applicazione del metodo S&T.

1 Individuazione delle regioni di discontinuità (“D”) in corrispondenza di carichi concentrati


e/o di discontinuità geometriche
2 Definizione della estensione delle regioni di discontinuità mediante l’applicazione
del postulato del Saint-Venant e conseguente suddivisione della struttura in regioni
di continuità (“B”) e regioni di discontinuità (“D”)
3 Determinazione dello stato di sforzo e progetto delle armature delle regioni “B”
4 Calcolo delle forze agenti sul contorno delle regioni “D”
5 Definizione della geometria del traliccio S&T per ciascuna regione “D”
6 Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio di ogni regione “D”
7 Progetto delle armature (aree resistenti e disposizione geometrica), eventuale raffinamento
del modello (per esempio per semplificare la disposizione delle armature), ricalcolo degli
sforzi nelle aste e riprogetto delle armature
8 Verifica dei puntoni e dei nodi, eventuale ridimensionamento dei puntoni e dei nodi sulla
base di considerazioni geometriche, raffinamento del modello, ricalcolo degli sforzi nelle
aste e riverifica dei puntoni e dei nodi
9 Progetto dell’ancoraggio delle armature e delle armature diffuse per controllare
la fessurazione

L’analisi limite può essere applicata alle strutture in c.a. solo se sono sufficientemente
duttili. Ad esempio in una struttura intelaiata è necessario che le sezioni delle aste abbiano
una capacità di rotazione tale da consentire la formazione di tutte le cerniere plastiche là
dove il modello dell’analisi limite le prevede, pertanto il collasso delle sezioni deve avere
luogo per flessione con le armature in campo plastico. Al contrario l’analisi limite non è
applicabile ad un telaio le cui sezioni collassano a taglio o per flessione con schiacciamen-
to del calcestruzzo ed armature in campo elastico o poco sopra la soglia elastica. Allo stes-
so modo la geometria di un modello S&T deve essere scelta in modo tale che tutte le aste
del traliccio possano attingere la loro resistenza di progetto e non si verifichi la rottura an-
ticipata di un’asta o di un nodo. A questo scopo è sufficiente seguire alcune regole pratiche
(vedi par. 10.5), le quali garantiscono che il calcestruzzo sopporti le deformazioni anelasti-
che associate al modello S&T.
Si fa osservare che l’EC2 non pone nessuna condizione sul controllo della capacità di
deformazione del calcestruzzo e quindi non fornisce in tal senso nessuna regola per la de-
finizione della geometria del traliccio. L’EC2 si limita ad indicare:
– al p.to [6.5.1(1)P] la possibilità di impiegare modelli S&T nelle regioni dove esiste
una distribuzione di tensioni non lineare (per esempio agli appoggi, in prossimità di
carichi concentrati o in stati piani di tensione);
– al p.to [5.6.4(5)], fra i possibili mezzi per lo sviluppo di idonei modelli tirante-
puntone, la determinazione di linee isostatiche e di campi tensionali derivanti dalla
teoria dell’elasticità lineare oppure il ricorso al metodo dei percorsi di carico; preci-
sa inoltre che tutti i modelli tirante-puntone possono essere ottimizzati con criteri
energetici.

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554 CAPITOLO 10

2h

h
B
D

b
b

Figura 10.3 Suddivisione di un portale in zone “D” e “B” (ogni zona “D” si estende su ciascun
lato della discontinuità per un tratto pari all’altezza dell’elemento strutturale).

L’EC2 non pone l’accento sull’importanza di identificare la geometria del traliccio per
riprodurre nel modo più aderente possibile il campo di sforzi ricavati dall’analisi elastica in
fase non fessurata (detta anche fase I) della membratura in c.a., ma si limita a presentarlo
come uno dei “possibili strumenti” per lo sviluppo dei modelli tirante-puntone.
In realtà è fortemente consigliabile definire la geometria del traliccio a partire dai cam-
pi tensionali ricavati nella fase elastica non fessurata, altrimenti la duttilità della membratu-
ra può non essere sufficiente ad attivare le resistenze di progetto di tutte le aste. In altre pa-
role il campo discreto di sforzi normali del modello S&T può non instaurarsi a causa della
rottura prematura di qualche elemento (asta o nodo). Quando si seguono altre strade per
definire la geometria del traliccio, la duttilità della membratura deve quindi essere verifica-
ta, ad esempio mediante un’analisi non lineare agli elementi finiti.
Il prospetto 10.1 elenca i principali passi del metodo S&T.

10.2 Identificazione della geometria del modello S&T


L’identificazione del modello tirante-puntone all’interno di una struttura in c.a. richiede
innanzitutto l’individuazione delle regioni “D” di discontinuità e la definizione della loro
estensione. Successivamente si suddivide la struttura in regioni “B” di continuità e regioni
“D” di discontinuità e si seguono i passi elencati nel prospetto 10.1.

10.2.1 Posizione ed estensione delle regioni “D”


Le regioni “D” si collocano in corrispondenza di discontinuità statiche (carichi concentrati)
e/o di discontinuità geometriche (ad es. brusche variazioni della linea d’asse). La loro e-
stensione può essere determinata applicando il postulato del Saint Venant, secondo il quale
a sufficiente distanza dall’area su cui sono applicati i carichi esterni, lo stato di tensione
non dipende dalla particolare distribuzione di questi carichi, ma solo dalla risultante e dal
momento risultante. La distanza alla quale questa condizione può ritenersi soddisfatta è
all’incirca uguale alla maggiore delle dimensioni dell’area caricata (fig. 10.3, 10.4, 10.5).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 555

D D
a)

h
l<2h

b) D B D

h
l>2h

c) D B D B D

h
l>4h

Figura 10.4 Suddivisione in zone “D” e “B” di travi appoggiate di diversa snellezza (ogni zona
“D” si estende su ogni lato della discontinuità - rappresentata dal carico concentrato e
dalla reazione vincolare - per un tratto pari all’altezza h dell’elemento strutturale).

Questa regola è approssimata; del resto essa serve solo come uno strumento qualitativo
per l’identificazione delle regioni “D” e per il successivo sviluppo del modello tirante-
puntone. Se l’elemento in esame è tozzo (es. trave parete con luce non superiore a due vol-
te l’altezza, fig. 10.4a) la regione di discontinuità coincide con l’elemento stesso.

b
h

D B D B D

b>h
b 2b b
l>4b

Figura 10.5 Suddivisione in zone “D” e “B” di una trave con sezione a T
di larghezza b maggiore dell’altezza h.

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556 CAPITOLO 10

h
l<2h
ql/2 ql/2

1 2

D B D

h
1 2
h h
l>2h
1 σ σ 1 2 σ σ 2

D τ τ B τ τ D
h

1 1 σ 2 2
h
ql/2 ql/2
Figura 10.6 Determinazione delle forze al contorno di una regione “D”: per la trave in alto (l ≤
2h) le forze al contorno coincidono con i carichi esterni e con le reazioni vincolari, mentre per la tra-
ve in basso (l > 2 h) le forze sul bordo delle regioni “D” all’interfaccia con la regione “B” sono date
dal momento risultante e dal taglio risultante nelle sezioni di estremità 1-1 e 2-2 della regione “B”.

10.2.2 Calcolo degli sforzi e progetto delle armature nelle regioni “B”
Una volta suddivisa la struttura in regioni “B” e “D”, le regioni “B” possono essere analiz-
zate con i modelli validi e codificati per le travi snelle. Si possono così determinare le ca-
ratteristiche della sollecitazione in tutte le sezioni, in particolare in quelle che segnano il
confine con le regioni “D”, e progettare le armature.

10.2.3 Forze agenti sulle regioni “D”


Le forze al contorno delle regioni “D” sono date dai carichi e dalle reazioni vincolari diret-
tamente applicati su di esse e dalle caratteristiche della sollecitazione agenti nelle sezioni
terminali delle zone “B” adiacenti (vedi par. 10.2.2). Per gli elementi tozzi formati solo da
regioni tipo “D” (ad esempio travi parete, plinti di fondazione, mensole) le forze al contorno
coincidono con i carichi applicati e le reazioni vincolari.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 557

ql/2 ql/2
q l/4 l/2 l/4

D D
h

h
l<2h l<2h
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2

a b
q1
R1 R2
q2

D D
h

l<2h l<2h
R1 R2 R1 R2

Figura 10.7 Schematizzazione di carichi distribuiti sui bordi (a sinistra) con forze concentrate
equivalenti (a destra).

Una volta determinate tutte le forze agenti su un’assegnata regione “D”, prima di passa-
re all’individuazione del modello S&T, occorre verificarne l’equilibrio di corpo rigido.
Se una struttura non è piana oppure non è a sezione costante, la sua analisi può essere
ricondotta a modelli piani, che vengono analizzati separatamente, ossia sviluppando un
modello S&T per ciascuno dei piani sui quali viene scomposto il problema tridimensiona-
le. Questi modelli consentono di progettare agevolmente le armature, ma non permettono
di analizzare lo stato di sforzo triassiale nei nodi, che può essere studiato solo mediante un
modello spaziale.
Eventuali forze distribuite sui bordi sono schematizzate con forze concentrate equiva-
lenti: per esempio nelle travi della figura 10.7 il carico uniforme e quello trapezoidale sono
suddivisi ciascuno in due parti di intensità pari alle corrispondenti reazioni vincolari. Infine
eventuali forze distribuite agenti all’interno delle regioni “D”, come per esempio il peso
proprio, possono essere sostituite da forze distribuite sui bordi, che a loro volta possono
essere ricondotte a forze concentrate equivalenti (figura 10.8).

10.3 Scelta del modello S&T di progetto


All’interno di un’assegnata regione “D” di discontinuità è possibile identificare più di un
modello S&T in equilibrio con le forze applicate sul suo contorno e che soddisfa la condi-
zione di resistenza dei materiali (figura 10.9).

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558 CAPITOLO 10

F=ql/2 F=ql/2
q=ph/2 l/4 l/2 l/4

p
h

h
q=ph/2
l<2h
(ph) l/2 (ph) l/2 ql ql ql F=ql/2 F=ql/2 ql
l<2h l<2h

Figura 10.8 Schematizzazione di un carico distribuito per unità di superficie all’interno di una
trave parete (carico p a sinistra) con carichi distribuiti sui bordi (carichi q al centro) e
forze concentrate equivalenti (carichi F a destra).

ql ql
q q

d d
z z
α

l l
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2

ql/2 ql/2 ql/2 ql/2


q q

d d
z z
α

l l
ql/2 ql/2 ql/2 ql/2

Figura 10.9 Possibili modelli S&T per una trave parete (linee tratteggiate = puntoni,
linee continue = tiranti).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 559

Si pone pertanto il problema di operare una scelta tra tutti i possibili modelli S&T.
Come richiamato sopra, la tecnica di progettazione S&T rappresenta un’applicazione del
teorema del limite inferiore dell’analisi limite (o teorema statico), che è valido per materia-
li rigido-plastici. Tuttavia il calcestruzzo non è un materiale indefinitamente plastico, bensì
consente solo limitate deformazioni plastiche. Il teorema statico può essere pertanto appli-
cato alle membrature in c.a. solo se la verifica dell’equilibrio è accompagnata dalla verifica
di congruenza delle deformazioni plastiche. In sintesi il modello S&T va scelto in modo
tale che in nessun elemento del traliccio sia superata la capacità di deformazione del mate-
riale, prima che gli sforzi normali di tutte le aste abbiano attinto i valori di progetto.
Nelle regioni maggiormente sollecitate questo requisito è soddisfatto se i puntoni ed i
tiranti sono orientati nella direzione delle linee isostatiche ricavate dall’analisi elastica in
fase I della regione “D” in esame. Al contrario nelle regioni meno sollecitate i puntoni ed i
tiranti possono deviare anche significativamente dalle isostatiche di compressione e di tra-
zione della fase I senza che venga superata la capacità di deformazione del calcestruzzo.
La scelta del traliccio sulla base della teoria dell’elasticità finisce però con il trascurare
una parte della capacità resistente ultima della struttura, che potrebbe essere tenuta in conto
applicando la teoria della plasticità. Se la geometria di un modello S&T ricavato in fase I
viene adattata alla distribuzione degli sforzi dello stato limite ultimo, è possibile ottenere
stime molto accurate della capacità portante ultima. Per esempio nel caso della trave parete
mostrata nella figura 10.10, in fase fessurata il puntone orizzontale si sposta verso l’alto e
allo SLU si colloca in prossimità del bordo superiore. Si può allora adottare il modello
S&T mostrato nella figura 10.10, dove il tirante aggiuntivo Ft2 posto all’incirca a metà al-
tezza della parete tiene conto della presenza di un’armatura diffusa su entrambe le facce.
Questo modello fornisce una stima del carico ultimo molto prossima alla reale capacità
portante della parete, mentre un modello sviluppato sulla base del comportamento elastico
lineare fornisce una resistenza ultima pari a meno della metà di quella reale.
D’altro canto un traliccio ricavato in fase I ha il vantaggio di essere utilizzabile sia per
la verifica a rottura sia per le verifiche in esercizio, mentre un modello basato sulla distri-
buzione di sforzi dello SLU non garantisce il soddisfacimento delle verifiche in esercizio.

F/2 F/2
q

Fc1

Fc2
73

Ft2
°

Fc3
78

Ft1
°

F/2 F/2

Figura 10.10 Modello della trave parete della figura 10.1 adattato alla distribuzione di sforzi
dello SLU (puntoni = linee tratteggiate, tiranti = linee continue).

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560 CAPITOLO 10

Generalmente le regioni “D” progettate con modelli ricavati in fase plastica presentano
un eccessivo stato di fessurazione e di deformazione in esercizio. Inoltre l’identificazione
del traliccio in fase elastica ha il vantaggio di non richiedere la conoscenza a priori della
distribuzione delle armature, necessario invece per sviluppare il modello in fase fessurata.
Secondo quanto suggerito da Schlaich (1987), e come già ampiamente richiamato so-
pra, per evitare grosse incompatibilità e per adattare il modello S&T al comportamento
reale dell’elemento strutturale, i puntoni ed i tiranti del traliccio vanno posizionati ed o-
rientati secondo le linee isostatiche determinate nella fase elastica non fessurata.
Al crescere del carico e prima del collasso, l’elemento strutturale può adattare il proprio
stato di sforzo a quello considerato in fase di progetto, solo se è in grado di sopportare de-
formazioni plastiche anche notevoli. Le barre di armatura possono assicurare elevate de-
formazioni plastiche senza perdita di resistenza, mentre la duttilità del calcestruzzo è molto
limitata. Se il modello tirante-puntone è stato orientato secondo le isostatiche del compor-
tamento elastico non fessurato, le deformazioni plastiche necessarie per la ridistribuzione
degli sforzi sono facilmente tollerate dai materiali. In caso contrario è necessario verificare
la duttilità disponibile mediante un’analisi non lineare agli elementi finiti.
Infatti nel progetto della membratura in c.a. si è fatto riferimento ad un traliccio non
aderente ai campi tensionali della fase I, la capacità di ridistribuzione degli sforzi può risul-
tare estremamente limitata o addirittura nulla e la rottura può avvenire prematuramente a
un livello di carico inferiore a quello di progetto. Peraltro gli elementi strutturali così pro-
gettati manifestano in esercizio un quadro fessurativo molto accentuato.
Tuttavia si possono verificare rotture premature anche quando la geometria del modello
S&T segue le isostatiche della fase I, ma non è sufficientemente accurata. Ad esempio se il
modello non contiene tiranti atti a schematizzare le trazioni derivanti dalla diffusione degli
sforzi di compressione nei puntoni, il progetto delle armature può risultare carente e favori-
re la rottura anticipata dei puntoni o dei nodi.
Nel selezionare tra tutti i possibili tralicci quello da utilizzare per il progetto di una re-
gione “D” occorre tenere presente che i carichi tendono a seguire i percorsi ai quali corri-
spondono le minime tensioni e le minime deformazioni. Poiché i tiranti sono molto più de-
formabili dei puntoni di calcestruzzo, il modello con il minore sviluppo complessivo di ti-
ranti (meno tiranti e più corti) è quello che funziona meglio. Questo semplice criterio per la
scelta del modello S&T è stato introdotto da Schlaich e può essere espresso nella seguente
forma:
Σ Fi li εmi = minimo
dove:
Fi forza nell’i-esima asta del traliccio,
li lunghezza dell’i-esima asta,
εmi deformazione media dell’i-esima asta (εmi = εi = costante per i tiranti, mentre per i
puntoni, fatta eccezione per quelli a sezione prismatica, la deformazione assiale varia
lungo l’asse a causa della variazione di sezione dalle estremità verso il centro, come
descritto al par. 10.9 per i puntoni a “collo di bottiglia”).
L’equazione deriva dal principio della minima energia di deformazione elastica appli-
cato al sistema di aste del traliccio, nell’ipotesi che i puntoni ed i tiranti abbiano un com-
portamento elastico-lineare: ½ Σ (Fi Δli) = ½ Σ (Fi li εmi) = minimo, dove Δli è la variazione
di lunghezza dell’i-esima asta.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 561

F F

T T
C C

F B B F B B
Figura 10.11 Percorsi di carico di una trave parete (puntoni = linee tratteggiate,
tiranti = linee continue).

Il contributo deformativo dei puntoni di calcestruzzo può essere generalmente trascura-


to, perché le deformazioni dei puntoni sono molto minori di quelle dei tiranti di acciaio1.
Se nel progetto dei tiranti si adottano aree di acciaio prossime al valore di calcolo (Asi =
Fi / fyd per l’i-esimo tirante), la deformazione è all’incirca uguale in tutti i tiranti e pari alla
deformazione al limite di elasticità dell’acciaio (εyd). L’espressione precedente si semplifi-
ca così nella seguente:
Σ Fi li εmi = Σ Fi li εyd = εyd Σ Fi li = minimo → Σ Fi li = minimo.
Sulla base delle considerazioni svolte sopra, è opportuno orientare le aste del modello
S&T di una membratura in c.a. lungo le linee isostatiche della fase I non fessurata. A que-
sto scopo si può utilizzare uno dei metodi richiamati di seguito.
Metodo basato sull’utilizzo di modelli S&T noti
Rappresenta il metodo più rapido per la definizione di un traliccio S&T e consiste nell’a-
dattare uno dei modelli S&T noti al caso in esame (par. 10.6).
___________________________________
1
Secondo Schlaich e al. (1987) nel calcolo dell’energia di deformazione di un modello tirante-puntone
l’energia di deformazione nei puntoni può essere trascurata. In realtà alcuni ricercatori (Brown e Bayrak,
2008) hanno verificato che l’ipotesi di Schlaich non è sempre soddisfatta. A questo risultato sono giunti
calcolando l’energia di deformazione di 596 provini di travi con luce di taglio non superiore a due volte
l’altezza della sezione, considerando per ciascun provino sia il traliccio della figura 10.18b con due soli
puntoni inclinati che collegano il carico agli appoggi sia quello della figura 10.18c con più puntoni e due
tiranti verticali. Per il primo traliccio, dalla geometria molto semplice, l’energia di deformazione dei pun-
toni supera quella dei tiranti nel 39% dei casi; al contrario, per il secondo traliccio, che ha una geometria
più articolata, solo nel 5 % dei casi l’energia di deformazione dei puntoni supera quella dei tiranti. Ne di-
scende che al crescere della complessità del modello S&T, il contributo dei puntoni di calcestruzzo
all’energia di deformazione diminuisce rispetto a quello dei tiranti di acciaio e può ritenersi trascurabile,
ma per modelli semplici con pochi puntoni l’energia di deformazione immagazzinata nei puntoni non è in
genere trascurabile (ipotesi di Schlaich non verificata).

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562 CAPITOLO 10

P P P P

P+Δ P

C1 C1 C1
C2

C2 C2 C3 C3

T1 T1

P P P P
a) b)
Figura 10.12 Esempio di modello tirante-puntone isostatico (a sinistra) e labile ma
staticamente determinato (a destra) (nella figura di destra è evidenziato il cinematismo conse-
guente all’applicazione di un incremento di carico ΔP solo al carico di sinistra).

Metodo dei percorsi di carico


Con questo metodo sviluppato da Schlaich si uniscono le forze applicate sul contorno della
regione “D” con “percorsi di carico” ad andamento curvilineo. A questo scopo il diagram-
ma degli sforzi viene suddiviso in modo tale che ogni carico agente su un lato della regione
trovino la sua controparte sul lato opposto. Ogni percorso fa capo a due forze situate su lati
opposti della regione e ha nei punti di applicazione delle forze la loro stessa direzione.
Possono inoltre esistere percorsi che iniziano e terminano sullo stesso lato e hanno una
forma ad “U”, come ad esempio il percorso B-B della trave parete in figura 10.11. Nel di-
segnare i percorsi di carico occorre evitare intersezioni ed è opportuno seguire la via più
breve. I percorsi di carico ad andamento curvilineo sono poi sostituiti da percorsi poligona-
li, i quali sono infine integrati con altre aste per assicurare l’equilibrio dei nodi. Si ottiene
così il modello S&T cercato.
Metodo delle linee isostatiche
Con il metodo delle linee isostatiche le aste del modello tirante-puntone vengono collocate
nella posizione e direzione delle linee isostatiche delle tensioni calcolate in campo elastico
lineare. A questo scopo si esegue un’analisi elastica lineare agli elementi finiti della membra-
tura in c.a. e si raggruppano i nodi dove gli sforzi principali hanno all’incirca la stessa inten-
sità e direzione, separando gli sforzi positivi da quelli negativi. Ogni gruppo viene poi suddi-
viso in sottogruppi formati da nodi vicini ed ognuno di questi viene infine sostituito da una linea
retta che passa per il centro di gravità degli sforzi principali del sottogruppo e ha direzione u-
guale a quella media di tali sforzi (Harisis e Fardis, 1991).
Metodo dell’abbattimento del modulo elastico (metodo iterativo)
Si esegue l’analisi elastica lineare agli elementi finiti della membratura in c.a. Alla fine
dell’analisi si individuano gli elementi poco sollecitati, ossia quelli dove l’energia di de-
formazione è inferiore a un valore minimo prefissato, e si modifica il modello assegnando
a questi elementi un valore molto piccolo del modulo elastico, che equivale ad eliminarli
dal modello.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 563

P1 P2

C1 C5
C2

C3 C6
=
C4

θ’’
θ'
T1

P1 > P2

R1 R2

P2 P2 P1 − P2

C1’ C5 C1’’
C2

= +
C3’ C6 C3’’
C4

θ’’
θ'
θ'

θ'

T1’ T1’’

P2 P2 R 1 − P2 R2 − P2

Figura 10.13 Esempio di modello tirante-puntone staticamente determinato per una trave
parete soggetta a due carichi concentrati non simmetrici; il traliccio si può pensare come
sovrapposizione di un traliccio labile (in basso a sinistra) e di uno isostatico (in basso a destra).

Si esegue l’analisi elastica sul modello modificato. Al termine di questa seconda analisi
si ripete la stessa operazione di abbattimento del modulo elastico degli elementi poco sol-
lecitati e si va avanti con altri passi fino a conservare solo gli elementi maggiormente sol-
lecitati, che identificano così le aste del modello S&T. Per descrivere le aste del traliccio
con sufficiente approssimazione occorre utilizzare una discretizzazione agli elementi finiti
sufficientemente fitta (D. Angotti D. & P. Spinelli, 2001).

10.4 Modelli S&T labili


Il modello tirante-puntone può essere labile e l’equilibrio è possibile solo per la particolare
condizione di carico esaminata. Ad esempio il modello S&T mostrato nella figura 10.12b,
valido per una trave parete soggetta a due carichi concentrati simmetrici, non è idoneo per
l’analisi della stessa trave soggetta a due carichi non simmetrici (sotto l’azione dei quali il
traliccio non è equilibrato). Occorre pertanto definire un nuovo traliccio, come mostrato
nella figura 10.13.

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564 CAPITOLO 10

P1 P2

C1 C5

C2

C3 C6

θ’’
θ'
T1

P1 > P2
R1 R2
P1 P2
θ'

θ’’
R1 R2

Figura 10.14 Trave parete soggetta a due carichi concentrati non simmetrici: identificazione
del modello S&T a partire dal diagramma del momento flettente della trave snella con la stessa
luce e soggetta agli stessi carichi.

In alternativa il modello S&T di una trave parete soggetta a carichi concentrati non
simmetrici può essere ricavato ribaltando il diagramma del momento flettente della trave
snella con la stessa luce e soggetta agli stessi carichi (figura 10.14). Si fa notare che anche
il traliccio così ottenuto è labile, ma staticamente determinato per la particolare condizione
di carico considerata.

10.5 Regole pratiche per l’identificazione del traliccio


Per l’identificazione del modello a traliccio il Model Code 1990 (CEB/FIP, 1991) suggeri-
sce una serie di regole pratiche, che vengono richiamate di seguito.
Inizialmente conviene adottare modelli S&T semplici, con poche aste, che possono es-
sere perfezionati successivamente (fig. 10.15).
Le aste del traliccio vanno orientate nella direzione delle linee isostatiche ricavate in
fase elastica non fessurata, in modo da riprodurre con sufficiente approssimazione il flusso
medio degli sforzi in campo elastico. Tuttavia conviene disporre i tiranti in modo da sem-
plificare la distribuzione delle armature, utilizzando armature parallele oppure ortogonali ai
bordi dell’elemento strutturale (come per esempio nella figura 10.15c). Nelle zone meno
sollecitate infatti la struttura è in grado di adattarsi alla geometria del traliccio scelto, anche
se questo si discosta un po’ dal campo di sforzi in fase I.
Gli angoli tra i puntoni ed i tiranti devono preferibilmente essere almeno pari a 45°, fat-
ta eccezione per quei nodi dove un puntone interseca due tiranti ortogonali, caso per il qua-
le l’EC2 fornisce una riduzione del 25% della resistenza di progetto del calcestruzzo rispet-
to ad un nodo tutto compresso (vedi par. 10.10.5); in particolare bisogna evitare angoli in-
feriori a 30° (fig. 10.16).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 565

F F F

Fc2 Fc2 Ft2 Ft2 Ft2 Ft2

h=l

h=l

h=l
Ft1 Ft1 Ft1

F/2 F/2 F/2 F/2 F/2 F/2


l l l

a) b) c)

Figura 10.15 Trave parete soggetta a carico concentrato: a) modello S&T di base, b) modello
raffinato con tiranti inclinati, c) modello raffinato con tiranti orizzontali (puntoni = linee tratteg-
giate, tiranti = linee continue).

θ 2 > 30° θ 2 > 30°


θ > 45° θ1 > 30° θ1 > 30°

a) b) c)

Figura 10.16 Variazione del modello S&T di una trave parete al variare dell’angolo tra puntoni
inclinati e tirante orizzontale da 30° (valore minimo) a valori maggiori di 45°: intersezione di un
puntone con uno (a) o con due tiranti ortogonali (b e c).

La limitazione sull’angolo tra puntoni e tiranti confluenti in un nodo serve a limitare la


fessurazione ed evitare che l’accorciamento dei puntoni e l’allungamento dei tiranti avven-
gano all’incirca nella stessa direzione. Questa limitazione sull’angolo si ritrova anche nel
traliccio ad inclinazione variabile utilizzato per il progetto a taglio delle travi snelle, dove
l’angolo θ tra le bielle compresse e le armature longitudinali non può assumere valori infe-
riori a 21,8° (cot θ ≤ 2,5).
Le forze concentrate applicate sul bordo di un elemento strutturale tendono a diffonder-
si secondo un angolo di circa 32,5°, come si deduce dalla teoria dell’elasticità in un semi-
spazio infinito (fig. 10.17).
In funzione della forma e delle condizioni al contorno della regione “D” l’angolo di dif-
fusione di un carico concentrato varia ed il modello S&T deve essere adattato di conse-
guenza. Con riferimento alla trave parete mostrata nella figura 10.18, al crescere del rap-
porto L/h, l’angolo δ di diffusione del carico aumenta e l’angolo γ tra il puntone inclinato
e il tirante orizzontale diminuisce. In particolare per L = h (figura 10.18a) si ha δ ≅ 26,5° e
γ ≅ 63,5° > 45°, mentre per L = 3h (figura 10.18b) risulta δ ≅ 56,5° e γ ≅ 33,5° < 45°.

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566 CAPITOLO 10

P P


≅3

≅3

≅3

Figura 10.17 Angolo di diffusione di un carico concentrato (dalla teoria dell’elasticità).

P
δ< 4 5
°

°
γ >4 5

L=h

P/2 (a) P/2


P

δ> 4
γ< 4 5°
h


P
L=3h
(b)
h

P/2 P/2
P
L=3h
(d) = (b+c)
h

γ > 4 5° P/2 P/2

L=3h
(c)
P/2 P/2

Figura 10.18 Modelli tirante-puntone di una trave parete al variare della snellezza.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 567

1 2

0,8 x
h1

h2
h1 h2

regione "B" regione "D" regione "B"


1 2

Figura 10.19 Distanza minima delle aste dai bordi: il corrente superiore avrà una distanza dal
bordo non inferiore a 0,4 x, dove x è la profondità dell’asse neutro calcolata nella regioni “B”
adiacenti (si può assumere x = max (x1; x2) essendo x1 e x2 le profondità dell’asse neutro nella se-
zione 1-1 a sinistra della regione “D” e nella sezione 2-2 a destra).

Nel caso (b), affinché l’angolo γ non risulti inferiore a 45°, è opportuno modificare il
modello S&T inserendo su ogni lato un tirante verticale posto a metà strada tra l’asse
dell’appoggio ed il carico applicato. Si ottiene così il traliccio mostrato nella figura 10.18c,
che può anche essere combinato con il modello (b) a formare un traliccio iperstatico. Per il
calcolo degli sforzi nelle aste di quest’ultimo modello S&T occorre pertanto considerare la
rigidezza delle aste.
Gli assi dei puntoni devono essere posizionati a sufficiente distanza dai bordi dell’ele-
mento strutturale per tenere conto dell’ingombro trasversale dei puntoni stessi (figura
10.19); lo stesso discorso vale anche per i tiranti formati da armature distribuite su più stra-
ti e per i nodi.
È possibile infine adottare tralicci iperstatici, dati dalla sovrapposizione di due diversi
modelli S&T, che assorbono ciascuno una parte del carico applicato: esempi sono dati dal
traliccio della trave parete già mostrato nella figura 10.18d e dai modelli S&T utilizzati per
il progetto di mensole tozze (vedi esempi 7, 8 e 9).

10.6 Modelli S&T ricorrenti


Alcune tipologie di modelli S&T si ritrovano identiche in strutture apparentemente molto di-
verse l’una dall’altra. Di seguito vengono presentati tre modelli S&T ricorrenti, relativi a:
– diffusione di un carico concentrato applicato in asse ad una trave parete o ad un pi-
lastro (D1);
– diffusione di un carico concentrato eccentrico (D2);
– trave parete su due appoggi soggetta ad un carico distribuito (D3).

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568 CAPITOLO 10

Prospetto 10.2 Modelli S&T ricorrenti.

Sigla Descrizione Geometria Dove si utilizza


b
a
a/4 a/4
F/2 F/2

Diffusione di forze
Puntoni di tutti i modelli S&T
concentrate centrate
(tranne i campi
D1 all’interno
di compressione prismatici o
H

di un puntone
a ventaglio)
(par. 10.6.1)

F/2 F/2
a/4 a/4

H
H/2
e
F

45°
θ
Diffusione di un carico
D2 Precompressione eccentrica
eccentrico (par. 10.6.2)

F B B
qL/2 qL/2

1
C1 C1
C2 Trave parete
2
Precompressione centrata con
Carico distribuito sul
due cavi posti ai lembi della
D3 bordo di una trave pa- C3 C3
sezione (si immagini di sosti-
rete (par. 10.6.3) 3 T1 tuire nella figura i pilastri con
θ

le testate dei due cavi)


L

qL/2 qL/2

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 569

a
F

a
D
b

F
H>2b
H−2b

B
b
H≤2b

D
b

F F
b b
a) b)
Figura 10.20 Puntone con discontinuità parziale (H > 2⋅b) e con discontinuità totale (H ≤ 2⋅b).

10.6.1 Modello di diffusione di una forza concentrata all’interno di


un puntone (D1)
Sia assegnato un puntone di larghezza b ed altezza H soggetto sulle due sezioni di estremi-
tà a due carichi centrati uguali ed opposti.
In funzione del rapporto H/b all’interno del puntone possono aversi sia regioni tipo “B”
sia regioni tipo “D” o soltanto queste ultime.
Ciascuno dei due carichi concentrati F applicati agli estremi del puntone si diffonde
all’interno di una regione “D” che, secondo il postulato di Saint Venant, si estende per un
tratto b a partire dall’estremo caricato. Se il puntone ha un’altezza H maggiore del doppio
della sua larghezza b (discontinuità parziale) (fig. 10.20a), le due regioni “D” non occupa-
no tutto il puntone ed al centro rimane definita una regione “B” di altezza (H-2b) dove le
isostatiche sono parallele all’asse del puntone.
Viceversa se H≤2b le regioni “D” si sovrappongono (o al limite per H=2b risultano
contigue) e la diffusione del carico avviene su una larghezza ridotta bef, mentre viene a
mancare la regione “B” centrale (discontinuità totale) (fig. 10.20b).

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570 CAPITOLO 10

F a/ 2
a F/ 2 F/ 2
s

b/ 2
S
T

h=b
F/ 2

σ = F/ (s b)
a) b)
Figura 10.21 Schema di diffusione di un carico concentrato secondo Mörsch.

a
a/4 a/4 b/4
a/4
F/2 F/2
b F/2
a/4

F
1 1’ 1 C=T
b/2
b/2
b

θ
b

2 2’ 2 T
F/A

F/2 F/2 F/2


b/4 b/4
F b

a) b) c)
Figura 10.22 Modello tirante-puntone per il calcolo della forza T nel tirante trasversale di un
puntone con discontinuità parziale (puntoni = linee tratteggiate, tiranti = linee continue)
[Figura 6.25].

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 571

10.6.1.1 Regioni di parziale discontinuità


Quando il puntone ha una larghezza b inferiore alla metà dell’altezza H, la forza di trazio-
ne T ortogonale all’asse del puntone si calcola adottando un modello tirante-puntone che
ricalca lo schema di diffusione di un carico concentrato già adottato da Mörsch
(fig. 10.21a).
Dall’equilibrio alla rotazione del puntone inclinato 1-2 si ha (figura 10.22c):
b F ⎛b a⎞ F b−a T ⎛ a⎞
T = ⎜ − ⎟ ⇒ T= ⇒ = 0,25 ⎜1 − ⎟ [(6.58)]
2 2 ⎝4 4⎠ 4 b F ⎝ b⎠
L’inclinazione dei puntoni è misurata dal loro angolo θ con l’orizzontale; la tangente di
θ è funzione del rapporto a/b tra la larghezza della piastra e la larghezza della sezione:
b/ 2 2
tan θ = =
b/ 4 − a/ 4 1 − a/b
Il prospetto 10.3 riporta i valori del rapporto T/F, di tan θ e dell’angolo θ al variare del
rapporto a/b. In particolare per a/b = 0, risulta T = 0,25 F, tan θ = 2 e θ = 63,43°.
Il diagramma della figura 10.23 mostra l’andamento teorico elastico e quello approssi-
mato ricavato con il modello S&T sia del rapporto T/F sia dell’angolo θ al variare del rap-
porto a/b.
Le armature di frettaggio saranno disposte come indicato nella figura 10.24.

Prospetto 10.3 Valori di T/F e dell’angolo θ di inclinazione dei puntoni per il caso di disconti-
nuità parziale al variare del rapporto a/b.

a/b 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9
T/F 0,25 0,23 0,20 0,18 0,15 0,13 0,10 0,08 0,05 0,03
tan θ 2,00 2,22 2,50 2,86 3,33 4,00 5,00 6,67 10,00 20,00
θ (°) 63,43 65,77 68,20 70,71 73,30 75,96 78,69 81,47 84,29 87,14

T/F θ
0,4 90°
θ
0,3 80°
approx
0,2 70°
T = 0,25 F (1 - a/b)
T/F
0,1 60°
teoria elastica lin.

0,1 0,3 0,5 0,7 0,9 a/b

Figura 10.23 Andamento della forza trasversale e dell’inclinazione θ dei puntoni inclinati al va-
riare di a/b ricavati con il modello S&T della figura 10.22 (la curva tratteggiata è invece relativa ai
risultati ottenuti dall’analisi elastica del problema).

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572 CAPITOLO 10

a
a/4 a/4
F/2 F/2
a
a/4

0,3 b
1 1’
b/2

0,6 b
b

b
2 2’ F/A

0,3 b
F/2 F/2
b/4 b/4
b b

Figura 10.24 Disposizione delle armature di frettaggio (le armature sono centrate sul tiran-
te 2-2’ del modello S&T ed interessano un tratto lungo 0,6 b).

10.6.1.2 Regioni di totale discontinuità


Quando H ≤ 2⋅b, si considera la diffusione dello sforzo F su una larghezza bef pari a
(fig. 10.25b):
bef = 0,5 H + 0,65 a
Come per il caso precedente si assume un braccio z della coppia interna pari alla metà
dell’altezza della zona di diffusione: z = h / 2 = H /4.
Dall’equilibrio alla rotazione del puntone inclinato si ottiene:
h F ⎛⎜ bef a ⎞⎟
T = − ⎟
2 2 ⎜⎝ 4 4⎠
che, con le sostituzioni h/2 = H/4 e bef = 0,5 H + 0,65 a, diventa:

H F 0 ,5 H − 0,35 a
⇒ T = ⎛⎜ 0,5 − 0,35 ⎞⎟ = ⎛⎜1 − 0,7 ⎞⎟ ⇒
F a F a
T =
4 2 4 2 ⎝ H⎠ 4 ⎝ H⎠

T ⎛ a⎞
⇒ = 0 ,25 ⎜1 − 0,7 ⎟ [(6.59)]
F ⎝ H ⎠

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 573

b
F

h=H/2
b

F
a)

a
a/4 a/4 a/4
F/2 F/2 F/2
a/4

a/4

1 1’ 1 C=T
h/2

h/2
h=H/2

h=H/2
θ

2 2’ 2 T
F/A

F/2 F/2 F/2


b ef /4 bef /4 b ef /4
b ef
b
b) c)
Figura 10.25 Modello tirante-puntone per il calcolo della forza T nel tirante trasversale di un
puntone con discontinuità totale [Figura 6.25]: a) sovrapposizione delle regioni “D” nella zona cen-
trale del puntone; b) modello S&T; c) equilibrio alla rotazione di metà modello.

La tangente dell’angolo θ che misura l’inclinazione dei puntoni 1-2 e 1'-2' rispetto
all’orizzontale è data dalla seguente espressione:
H/ 4 H 1
tan θ = = = .
bef / 4 − a/ 4 (0,5 H + 0,65a )-a 0 ,5 − 0 ,35a/H
Il prospetto 10.4 riporta i valori del rapporto T/F, di tan θ e dell’angolo θ al variare del
rapporto a/H.

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574 CAPITOLO 10

Prospetto 10.4 Valori di T/F e dell’angolo θ di inclinazione dei puntoni per il caso di disconti-
nuità totale al variare del rapporto a/H.

a/H 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5
T/F 0,25 0,24 0,23 0,22 0,22 0,21 0,20 0,19 0,18 0,17 0,16
tan θ 2,00 2,07 2,15 2,23 2,33 2,42 2,53 2,65 2,78 2,92 3,08
θ (°) 63,43 64,24 65,06 65,89 66,73 67,58 68,45 69,32 70,20 71,09 72,00

10.6.2 Modello di diffusione di un carico eccentrico (D2)


Si consideri una regione “D” limitata inferiormente da una regione “B” e caricata supe-
riormente da una forza concentrata eccentrica, posizionata in prossimità di uno degli spigo-
li superiori.
Il relativo modello S&T può essere identificato utilizzando il metodo dei percorsi di ca-
rico di Schlaich. A questo scopo si suddivide il diagramma degli sforzi agenti sul bordo
inferiore della regione in due parti: la parte sinistra con risultante uguale a F e la parte de-
stra con risultante nulla (due forze uguali e contrarie, ciascuna indicata con B nella figura
10.26).
Il percorso di carico associato alle due forze B uguali e contrarie entra nella regione
“D” nel punto B1 ed esce nel punto B2, seguendo un andamento curvilineo a U (figura
10.26a), a cui rimane associata una distribuzione di forze C di deviazione degli sforzi di
compressione. Approssimando il percorso di carico curvilineo con un poligono di aste
compresse e tese, si ottiene il modello S&T da utilizzare per il progetto della regione “D”
in esame (figura 10.26b).
Nell’effettuare questa operazione bisogna prestare attenzione che i puntoni compressi
non presentino deviazioni angolari superiori a 60° (figura 10.27), in modo che l’angolo tra
essi ed i tiranti convergenti nel nodo interessato dalla deviazione sia almeno pari a 30° (va-
lore minimo per assicurare la compatibilità delle deformazioni nel modello, secondo quan-
to già sottolineato nel par. 10.5 dedicato alle regole pratiche per la definizione della geo-
metria del traliccio).
Il braccio della coppia interna z può essere assunto pari alla distanza tra le due forze B,
che equivale ad orientare la biella compressa C2 nella figura 10.26b a 45° rispetto
all’orizzontale. Di seguito si riporta il calcolo delle forze nelle aste del traliccio.
Nella figura 10.26b le lunghezze h' e h'' individuano il punto di nullo del diagramma
delle tensioni normali sulla sezione posta a distanza H dalla sezione di estremità, dove H è
l’altezza della sezione; esse sono date dalle seguenti espressioni:
h' = (H/2) [1 + H / (6 e)]
h'' = (H/2) [1 – H / (6 e)]
con la limitazione H/6 < e < H/2. Il rispetto del limite inferiore garantisce una distribuzione
delle tensioni normali del tipo mostrato nella figura 10.26b (infatti per e = H/6 il diagram-
ma delle tensioni normali sarebbe triangolare, mentre per e < H/6 sarebbe trapezoidale),
mentre il limite superiore corrisponde al caso teorico di forza applicata sullo spigolo della
sezione.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 575

a) b)
Figura 10.26 Modello “D2”: a) percorsi di carico; b) modello S&T con numerazione delle aste
e dei nodi.

C
<6

> 30
°

C
Figura 10.27 Deviazione massima (< 60°) dell’asse di un puntone.

La distanza della forza F dal bordo sinistro è data dalla seguente espressione:
2
⎛ H ⎞ 18e − H
b' = ⎜ ⎟ ,
⎝ e ⎠ 216
mentre il braccio b della coppia di forze B e la distanza b'' della forza B applicata in B2 dal
bordo destro valgono:
b'' = h'' /3 = (H/6) [1 – H / (6 e)],
b = 4 h'' / 3 = (2H/3) [1 – H / (6 e)].

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576 CAPITOLO 10

Prospetto 10.5 Valori di b'/H, b''/H, a/H, b/H e θ al variare di e/H..

e/H b'/H b''/H a/H b/H (= z/H) θ (°)


0,1666 0,333 0,000 0,333 0,000 0,000
0,2 0,301 0,028 0,300 0,111 0,477
0,25 0,259 0,056 0,250 0,222 2,386
0,3 0,226 0,074 0,200 0,296 5,080
0,35 0,200 0,087 0,150 0,349 8,197
0,4 0,179 0,097 0,100 0,389 11,539
0,45 0,162 0,105 0,050 0,420 14,981
0,5(1) 0,148 0,111 0,000 0,444 18,435
(1)
Il valore e/H = 0,5 è teorico, perché la massima eccentricità con cui la forza F è applicata sulla regione
D è strettamente inferiore a 0,5; tuttavia i valori che si ottengono per e/H = 0,5 possono essere utili ai fini
progettuali perché rappresentano valori limite superiori delle grandezze in gioco.

Posto z = b, l’angolo θ è infine dato dalla seguente espressione:


θ = arctan [(b' – a) / z].
Il prospetto 10.5 riporta i valori di b'/H, b''/H, a/H e b/H al variare di e/H.
Nota la geometria del modello è possibile determinare tutte le forze nelle aste del tra-
liccio; a questo scopo è sufficiente scrivere le equazioni di equilibrio alla traslazione verti-
cale ed orizzontale di tutti in nodi.
Nodo 1
Equilibrio alla traslazione verticale:
C1 cos θ = F C1 = F / cos θ (< 1,054 F),
dove 1,054 F è il valore limite superiore che si ottiene per il caso limite e/H = 0,5 (dal pro-
spetto 10.5 si ha: θ = 18,435°, cos θ = 0,9487, 1/cos θ = 1,054)
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
T1 = C1 sen θ → T1 = (F / cos θ) sen θ = F tan θ
Nodo 2
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
T1 = C2 sen 45° → C2 = √2 T1 = √2 F tan θ
Equilibrio alla traslazione verticale:
T2 = C2 cos 45° → T2 = (√2 F tan θ) / √2 = F tan θ = B
Nodo 3
Equilibrio alla traslazione verticale:
C4 = C1 cos θ = F
Equilibrio alla traslazione orizzontale:
C3 = C1 sen θ = (F / cos θ) sen θ = F tan θ
Nodo 4
Equilibrio alla traslazione verticale:
C5 = C2 cos 45° = √2 F tan θ / √2 = F tan θ
Il diagramma riportato nella figura 10.28 mostra l’andamento della forza B, adimensio-
nalizzata rispetto alla forza F applicata, in funzione del rapporto e/H.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 577

Prospetto 10.6 Valori degli sforzi nelle aste del traliccio espressi sia in funzione di F,
sia in funzione di B.

C1 F / cos θ B / sen θ
C2 √2 F tan θ √2 B
C3 F tan θ B
C4 F B / tan θ
C5 F tan θ B
T1 F tan θ B
T2 F tan θ B

Figura 10.28 Forza B (adimensionalizzata rispetto alla forza applicata F) in funzione del rapporto
e/H; la forza B coincide con lo sforzo normale nei tiranti T1 e T2 e nei puntoni C3 e C5.

10.6.3 Modello di trave parete soggetta a carico uniformemente distribuito


(D3)
Si considera una trave parete su due appoggi soggetta sul bordo superiore ad un carico uni-
formemente distribuito. Il modello a traliccio per lo studio di questo elemento strutturale è
mostrato nella figura 10.29.
Discretizzato il carico distribuito in due forze concentrate (par. 10.2.3) e fissata la posi-
zione delle armature inferiori del tirante T1, la geometria del traliccio è definita una volta
fissata la posizione del puntone orizzontale C2. A questo scopo si può seguire quanto sug-
gerito dal Model Code 1990 al punto 6.8.2.1 ed adottare un braccio della coppia interna
pari a 0,6 ÷ 0,7 volte la distanza L′ tra gli appoggi, ma non superiore al braccio di leva di
una trave snella con la stessa luce: (0,6 ÷ 0,7) L’ ≤ 0,67 H. Le espressioni degli sforzi nelle
aste sono elencate nel prospetto 10.7.

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578 CAPITOLO 10

qL/2 qL/2

1
C1 C1
2 C2

(0,6 ÷ 0,7) L’
H

< 0,67 H
C3 C3

3 T1
θ

L’

qL/2 qL/2
L

Figura 10.29 Trave parete su due appoggi soggetta ad un carico uniformemente distribuito
sul bordo superiore.

Prospetto 10.7 Valori degli sforzi nelle aste del traliccio della trave parete (D3).

C1 qL/2
C2 qL/(2 tan θ)
C3 qL/(2 sen θ)
T1 qL/(2 tan θ)

10.7 Verifica del traliccio


La rottura di un traliccio S&T può essere causata da:
– snervamento di uno o più tiranti;
– schiacciamento di un puntone di calcestruzzo;
– schiacciamento di un nodo;
– sfilamento di uno o più tiranti in corrispondenza di un nodo.
Se un elemento strutturale in c.a. è stato progettato correttamente utilizzando un tralic-
cio tirante-puntone, la rottura si verifica secondo la prima delle quattro modalità sopra e-
lencate 2.
___________________________________
2
Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14.1.2008) al p.to 4.1.2.1.5 prescrivono che nella verifica
dei modelli S&T la resistenza associata allo snervamento delle armature sia inferiore a quella associata agli
altri meccanismi di collasso, per garantire una rottura di tipo duttile dell’elemento strutturale (gerarchia
delle resistenze).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 579

La limitazione degli sforzi di compressione nel calcestruzzo (vedi par. 10.9 e 10.10), la
scelta di angoli non troppo piccoli tra puntoni e tiranti e tutte le considerazioni svolte nel
par. 10.5 consentono di estendere la teoria della plasticità alle strutture di calcestruzzo, an-
che se questo materiale non soddisfa appieno le ipotesi alla base di questa teoria.
Le tensioni limite nel calcestruzzo sono scelte in modo da scongiurare lo schiacciamen-
to localizzato del calcestruzzo o la fessurazione longitudinale (“splitting”) dei puntoni e dei
nodi e sono generalmente basate sul grado di confinamento del calcestruzzo. Così nei nodi
in cui convergono tre o più puntoni si possono accettare livelli tensionali maggiori, grazie
all’elevato grado di confinamento del materiale, mentre nei nodi dove confluiscono uno o
più tiranti il livello tensionale nel calcestruzzo deve essere minore.

10.8 Progetto delle armature


Le armature metalliche sono utilizzate sia come tiranti del modello tirante-puntone (arma-
ture principali) sia come elementi atti a resistere alle forze di trazione dovute alla diffusio-
ne del carico, che si instaurano in direzione ortogonale ai campi di compressione (armatura
di frettaggio, par. 10.6.1). L’area A della sezione di ciascun tirante si ottiene dividendo lo
sforzo normale di progetto NEd per la resistenza di progetto dell’acciaio: A ≥ NEd/fyd.
L’armatura principale va distribuita sull’altezza del nodo nel quale è ancorata; i tiranti
formati da più barre vanno disposti su più strati per evitare la congestione delle barre
d’armatura e per migliorare la forma del nodo. Nel nodo le armature possono essere anco-
rate con piastre metalliche, con uncini oppure con moiette a U; queste ultime devono esse-
re dotate di un raggio minimo di curvatura che soddisfi le prescrizioni del p.to [8.3]. Per
ancoraggi in rettilineo la lunghezza di ancoraggio è scelta seguendo le indicazioni del
p.to [8.4], riportate nel cap. 12.
Si assume che la lunghezza di ancoraggio inizi in corrispondenza della sezione dove le
traiettorie degli sforzi di compressione nel puntone intercettano la barra o le barre di arma-
tura e sono deviate da queste (figura 10.30). Le armature devono essere poi prolungate al-
meno fino alla faccia opposta del nodo, ossia devono attraversarlo completamente.

Baricentro del tirante

Ld

Figura 10.30 Ancoraggio in rettilineo delle armature in un nodo.

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580 CAPITOLO 10

a) b) c) d)

Figura 10.31 Campi tensionali di compressione: (a) “prismatico”, (b) a “collo di bottiglia”,
(c, d) a “ventaglio”.

10.9 Verifica dei puntoni


I campi di compressione, ovvero i puntoni, sono sostanzialmente di tre tipi (figura 10.31):
paralleli o prismatici, a “collo di bottiglia”, diffusivi a ventaglio.
I campi prismatici a) sono tipici delle regioni “B” e possono essere trattati alla stregua dei
pilastri soggetti a sforzo normale centrato oppure del corrente compresso nel traliccio resi-
stente delle travi inflesse.
I campi tensionali b), c) e d) riproducono invece la diffusione dello stato di sforzo:
quelli a collo di bottiglia rappresentano stati di sforzo biassiali o triassiali nelle zone di ap-
plicazione di carichi concentrati, mentre il ventaglio rappresenta campi di compressione
prevalentemente rettilinei (curvatura trascurabile) e pertanto con sforzi trasversali trascura-
bili. Quest’ultimo è il caso per esempio dei campi di compressione che in una trave parete
soggetta a carico uniformemente distribuito si sviluppano a partire dalla superficie di ap-
plicazione del carico fino agli appoggi (figura 10.31d).
La verifica dei puntoni consiste nel controllare che la massima compressione del calce-
struzzo sia inferiore alla resistenza di progetto. Inoltre per campi di compressione a collo di
bottiglia occorre progettare un’apposita armatura in grado di assorbire le trazioni trasversa-
li, calcolate con gli schemi riportati nel par. 10.6.1.
In assenza di campi di tensione trasversali o in presenza di campi trasversali di com-
pressione, la resistenza di progetto di un puntone di calcestruzzo coincide con la resistenza
di progetto del calcestruzzo:
σ Rd, max = f cd [(6.55)]
mentre se sono presenti tensioni trasversali di trazione, la resistenza di progetto è inferiore
a quella del calcestruzzo ed è data dalla seguente espressione:
σRd,max = 0,60 υ ′ fcd [(6.56)]
dove: υ ' = 1 – fck/250 = (5/3)υ [(6.57N)]
con υ = 0,6 (1 – fck/250) (fck in N/mm ). 2
[(6.6N)]

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 581

Secondo le NTC 2008, per calcestruzzi di classe non superiore alla C70/85 il coeffi-
ciente υ è pari a 0,5 3; essendo poi υ’ e υ legati dalla relazione υ' = (5/3)υ, si ha: υ' = 5/6 =
0,83. Per le classi di resistenza C80/95 e C90/105 si utilizza invece il valore suggerito
dall’EC2: υ' = 1 – fck/250.
Per fck ≤ 70 N/mm2 la resistenza di progetto dei nodi in presenza di tensioni trasversali
di trazione assume pertanto il seguente valore:
4
σ Rd, max = 0 ,60 ⋅ 0,83 ⋅ f cd = 0,5 f cd
Il valore ridotto della resistenza dei puntoni in presenza di campi trasversali di trazione
tiene conto del fatto che le fessure indotte dalle trazioni trasversali, interrompendo la com-
pattezza del puntone, riducono la resistenza del calcestruzzo, anche quando esse sono pa-
rallele al puntone. La riduzione di resistenza è poi più accentuata per fessure inclinate ri-
spetto alla direzione del puntone.
Il prospetto 10.8 elenca le espressioni della resistenza di progetto dei puntoni a seconda
della presenza e del tipo di tensioni trasversali e della classe di resistenza del calcestruzzo.

Prospetto 10.8 Resistenze di progetto dei puntoni.

Tipo di tensioni trasversali Resistenza di progetto


per tutte le classi di resistenza del calce-
nulle o di compressione fcd
struzzo
0,5 fcd se fck ≤ 70 N/mm2
di trazione 0,41 fcd se fck = 80 N/mm2
0,38 fcd se fck = 90 N/mm2

Infine nella figura 10.32 si riporta l’andamento della resistenza del calcestruzzo del
puntone al variare dell’angolo θs tra l’asse del puntone e la direzione del campo di defor-
mazione trasversale (ad esempio quello associato ad un tirante che attraversa il puntone),
ottenuta applicando la formula proposta dalle AASHTO (2007):
f cd
σ Rd, max = ≤ 0 ,85 f cd
0 ,8 + 170 ε l
con ε1 = εs + (εs + 0,002) cotg2θs
dove ε 1 deformazione principale di trazione in direzione normale all’asse del puntone,
εsdeformazione nelle armature inclinate di θs rispetto all’asse del puntone.
L’espressione di ε1 è valida per deformazione principale di compressione ε2=0,002 nel-
la direzione del puntone; al diminuire di θs, ε1 aumenta e la resistenza σRd,max diminuisce.
___________________________________
3
La resistenza a compressione del calcestruzzo fessurato per taglio è espressa come 0,5 fcd nelle NTC 2008
(formula 4.1.19) e come υ1 fcd nell’EC2 (formula 6.14), ne discende che secondo le NTC risulta υ1 = 0,5.
Inoltre la Nota 1 al p.to 6.2.3(3) dell’EC2 raccomanda di assumere υ = υ1, pertanto risulta anche υ = 0,5.
4
Si fa osservare che, in presenza di trazioni trasversali, la resistenza del calcestruzzo dei puntoni è pari a
quella del calcestruzzo fessurato per taglio (f 'cd = 0,5 fcd), che compare nel calcolo della resistenza a taglio-
compressione della travi dotate di armature trasversali (4.1.19-NTC).

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582 CAPITOLO 10

Figura 10.32 Resistenza di un puntone in presenza di una deformazione trasversale εs = 2 ‰ al


variare dell’angolo θs tra asse del puntone e direzione del campo di deformazione trasversale
(AASHTO, 2007).

10.9.1 Armature trasversali


Generalmente non è necessario verificare gli sforzi nei puntoni se le verifiche nei nodi so-
no soddisfatte e se viene adottata un’apposita armatura trasversale rispetto all’asse dei pun-
toni. La forza trasversale totale tra un’estremità ed il bulbo centrale di un puntone può es-
sere assunta al massimo pari al 25 % dello sforzo di compressione nel puntone, come si
evince dal modello S&T “D1” per la diffusione di un carico concentrato (vedi par. 10.6.1).

10.10 Verifica dei nodi


Un nodo di un modello S&T è definito come un volume di calcestruzzo contenuto
all’interno delle intersezioni tra i campi di compressione dei puntoni e tra questi e le barre
di armatura e/o le forze esterne.
I nodi sono “zone critiche” perché sede di un brusco cambiamento di direzione delle
forze con conseguente concentrazione degli sforzi. In base a geometria ed estensione i nodi
si classificano in “concentrati” e “diffusi”: nei primi gli sforzi sono deviati in una zona
molto ristretta rispetto alla lunghezza delle aste che vi confluiscono (figura 10.33a, b), nei
secondi questa zona è più estesa (figura 10.33c, d). Normalmente i nodi “diffusi” sono me-
no critici e per essi non è necessaria la verifica degli sforzi di compressione nel calcestruz-
zo, viceversa in quelli “concentrati” occorre verificare sia lo sforzo massimo di compres-
sione nel conglomerato sia l’ancoraggio delle armature.
Esempi di nodi concentrati sono: i punti di applicazione di carichi concentrati, gli ap-
poggi, le zone di ancoraggio dove si ha concentrazione di armature ordinarie o da precom-
pressione, le piegature delle armature, gli angoli dei portali.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 583

a1 = b ef1
f3
C3

be

a3
C1

a2

(a) C2 (b)
bef2

(c) (d)
Figura 10.33 Nodi concentrati (a,b) e nodi diffusi (c,d).

Le forze che agiscono sui nodi devono essere equilibrate; inoltre per nodi tridimensio-
nali occorre considerare la diffusione degli sforzi su due piani ortogonali (par. 10.10.4.1).
La capacità resistente dei nodi è strettamente connessa al dimensionamento e alla di-
sposizione delle armature, in particolare al loro ancoraggio.

10.10.1 Tipi di nodi


In funzione del tipo di aste che vi confluiscono, i nodi possono essere suddivisi in quattro
tipologie (fig. 10.34):
– CCC: tre puntoni,
– CCT: due puntoni ed un tirante,
– CTT: un puntone e due tiranti,
– TTT: tre tiranti.
In un nodo possono inoltre confluire anche più di tre aste, come mostrato nella figura
10.35.

10.10.2 Resistenza dei nodi


Una volta che la geometria e le dimensioni del nodo sono state definite occorre eseguire la
verifica a schiacciamento del calcestruzzo. La resistenza di progetto dei nodi è un’aliquota
ν della resistenza a compressione del calcestruzzo, dove il coefficiente ν è detto fattore di
efficienza.
Il fattore di efficienza assume valori diversi per i nodi CCC, CCT e CTT: i nodi CCT e
CTT hanno fattori di efficienza più piccoli dei nodi CCC, perché le tensioni di trazione tra-
smesse per aderenza dalle barre d’armatura ne diminuiscono la resistenza.

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584 CAPITOLO 10
Tipo

CCC CCT CTT TTT


Concentrato

σ1
Distribuito

σ 2 < σ1

i. nodo CCC ii. nodo CCT iii. nodo CTT

Figura 10.34 Tipi di nodo.

F F F F 4,08 F 2,54 F 1,61 F F


tirante tirante

puntone
puntone
nodo con più nodo con più
di tre puntoni di tre puntoni

4F 12,92 F 3,69 F

Figura 10.35 Esempi di nodi in cui confluiscono più di tre aste (in alto è mostrata la suddivisio-
ne di un nodo poligonale in tre nodi triangolari).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 585

Ne derivano tre diversi valori della resistenza: σ1Rd,max per i nodi CCC, σ2Rd,max per i
nodi CCT e σ3Rd,max per i nodi CTT (prospetto 10.9). Il prospetto 10.10 riporta i valori di
σ1Rd,max, σ2Rd,max, σ3Rd,max al variare della classe di resistenza del calcestruzzo.
Di seguito si descrivono i vari tipi di nodo.

Prospetto 10.9 Resistenze di progetto dei nodi.

Tipo di nodo Fattore di efficienza Resistenza di progetto (1)

CCC k1 = 1,0 σ1Rd,max 1,0 (ν ' fcd) = 0,83 fcd


CCT k2 = 0,85 σ2Rd,max 0,85 (ν ' fcd) = 0,705 fcd
CTT k3 = 0,75 σ3Rd,max 0,75 (ν ' fcd) = 0,622 fcd
TTT – – min (fyd; fy,ader)
Compressione triassiale (3D) σRd,max 3,00 (ν ' fcd) = 2,49 fcd
(1)
Valori validi per calcestruzzi di classe ≤ C70/85.

Prospetto 10.10 Valori delle tensioni σ1Rd,max, σ2Rd,max, σ3Rd,max in N/mm2


(σ1Rd,max > σ2Rd,max > σ3Rd,max).

fck fcd σ1Rd,max σ2Rd,max σ3Rd,max


(N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2)

12 6,80 5,64 4,80 4,23


16 9,07 7,53 6,40 5,64
20 11,33 9,41 8,00 7,06
25 14,17 11,76 10,00 8,82
28 15,87 13,17 11,19 9,88
30 17,00 14,11 12,00 10,58
35 19,83 16,46 14,00 12,35
40 22,67 18,81 16,00 14,11
45 25,50 21,17 18,00 15,87
50 28,33 23,52 20,00 17,64
55 31,17 25,87 22,00 19,40
60 34,00 28,22 24,00 21,17
70 39,67 33,60 28,56 25,20

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586 CAPITOLO 10

a3
a2 Fc3
Fc2 σc2 σc3 Fc3

a3
θ2 Fc0
Fc2 σc3
a0

a2
3
θ

σc0

3
θ
σc2
σc1
F’c1 F’’
c1
σc1
Fc1
a1 Fc1
a1
a) b)
Figura 10.36 Nodi compressi con tre puntoni complanari: a) nodo sull’appoggio di continuità di
una trave parete, b) nodo nell’angolo di un portale soggetto a momento negativo (che tende a
chiudere il nodo).

10.10.3 Nodi compressi (CCC)


I nodi tutti compressi si trovano in corrispondenza di carichi concentrati e sopra gli appog-
gi intermedi di travi snelle e travi parete, così come negli angoli rientranti di telai, nelle
mensole tozze ed in corrispondenza di aperture.
Questi nodi sono caratterizzati dalla presenza di uno stato di compressione biassiale; il
loro contorno viene schematizzato con superfici piane, che individuano regioni triangolari
o poligonali.
La massima tensione che può essere applicata ai bordi di un nodo compresso ossia la
tensione di progetto, è data dalla seguente espressione:
σ1Rd,max = k1 υ' fcd = 1,0 ⋅ 0,83 ⋅ fcd = 0,83 fcd (per fck ≤ 70 N/mm2)
[(6.60)]
La figura 10.36 mostra due diversi tipi di nodi compressi con tre puntoni complanari. Il
primo nodo è relativo all’appoggio di continuità di una trave parete ed il secondo è tipico
degli angoli rientranti dei portali soggetti a momento flettente negativo.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 587

C2

a2

C1 a1
a3

C3
a) Geometria
C 1 / a1 = C2 / a 2 = C3 / a 3

Figura 10.37 Nodo idrostatico.

10.10.3.1 Nodi compressi idrostatici


Se un nodo compresso è delimitato da facce ortogonali ai puntoni e le dimensioni delle se-
zioni trasversali dei puntoni sono proporzionali agli sforzi normali di compressione, le ten-
sioni normali su tutte e tre le facce nodali sono uguali. In questo caso lo stato di sforzo nel
nodo è idrostatico, ossia la tensione normale è la stessa su qualsiasi giacitura e d’ora in poi
un nodo così fatto sarà denominato “nodo idrostatico” (figura 10.37).
A rigore il termine idrostatico implicherebbe l’uguaglianza di tutte e tre le tensioni
principali; convenzionalmente nei modelli S&T piani questo termine è utilizzato per indi-
care lo stato di sforzo di un nodo dove sono uguali solo le due tensioni principali nel piano
del modello. Se nel piano ortogonale al modello S&T si ha una significativa diffusione de-
gli sforzi, lo stato tensionale fuori dal piano va studiato con un altro modello S&T (vedi
par. 10.10.4.1).
In un nodo idrostatico non ci sono tensioni tangenziali, tuttavia il calcestruzzo della re-
gione nodale è in grado di sopportarle, cosicché si possono accettare anche nodi non idro-
statici. Per i nodi non idrostatici Schlaich (1987) raccomanda che il rapporto tra le tensioni
di compressione massima e minima non sia superiore a due.
Peraltro non è facile avere nodi idrostatici, perché la geometria del nodo è dettata dalla
disposizione delle armature e/o dalle dimensioni delle piastre di appoggio, dalle dimensio-
ni trasversali dei pilastri oltre che dalla geometria del traliccio. Per esempio per il nodo in
alto a destra della trave parete di spessore b mostrata nella figura 10.38, si può fissare la
larghezza a1 del puntone verticale e la larghezza a2 di quello orizzontale affinché la tensio-
ne normale σ sulle due facce nodali 1-2 e 1-3 sia la stessa; se si pone σ = σ1Rd,max (ossia
pari alla resistenza del calcestruzzo in un nodo CCC) si ricavano i seguenti valori di a1 e
a 2:
a1 = C1 / (σ1Rd,max ⋅ b)
a2 = C2 / (σ1Rd,max ⋅ b)

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588 CAPITOLO 10

a1

C1
C1
C2 1 2
C3 C2

a2
3

α
Δθ
α
θ
C3

r
θ

a) b)
Figura 10.38 Esempio di nodo non idrostatico.

La larghezza a3 della terza faccia del nodo (faccia 2-3) vale

a 3 = a12 + a 22
ed è inclinata dell’angolo α = arctan (a1 / a2) rispetto all’orizzontale.
Si evince pertanto che il nodo è idrostatico solo se il terzo puntone è orientato lungo la
direzione r, ortogonale alla faccia 2-3, mostrata nella figura 10.38b, ossia se la sua inclina-
zione θ con l’orizzontale coincide con α. In realtà la direzione del terzo puntone è già defi-
nita dalla geometria del traliccio ed in generale è ruotata di un angolo Δθ rispetto alla di-
rezione r.

10.10.3.2 Nodi compressi non idrostatici


Nei nodi non idrostatici le facce nodali non sono ortogonali agli assi dei puntoni e le ten-
sioni di compressione nei puntoni sono diverse. La verifica di un nodo non idrostatico può
essere ricondotta a quella del nodo idrostatico con la stessa base, secondo la procedura de-
scritta di seguito (fig. 10.39).
Si consideri il nodo con tre puntoni complanari, che potrebbe rappresentare per esem-
pio il nodo di continuità di una trave parete. Se le facce a2 e a3 dei due puntoni inclinati
formano un angolo diverso da 90° con le direzioni dei due puntoni diagonali, solo sulla
faccia a1 la pressione σc1 risulta ortogonale e quindi coincide con una delle due tensioni
principali nella regione nodale. Circa il valore dell’altra tensione principale σc0, agente sul-
la faccia a0, normale alla faccia a1 di base, si dimostra che:
σc0 ≤ σc1 se a0 ≥ a0,idr
σc0 > σc1 se a0 < a0,idr
dove a0 è l’altezza del nodo e a0,idr è l’altezza del nodo idrostatico con la stessa base a1.
La dimostrazione delle espressioni appena scritte è immediata se si fa riferimento alla
figura 10.39, dove sono stati disegnati sia il nodo non idrostatico ABC sia il nodo idrosta-
tico DBC con la stessa base.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 589

a3
a2 Fc3
Fc2 σc2 σc3

A A
Fc0
σc0

a0
D
σc0,idr D
(=σc1)
E E B E C

σc1
F’c1 F’’
c1
Fc1
a1
Figura 10.39 Nodo non idrostatico (ABC) e nodo idrostatico (DBC): i due nodi hanno la stessa
base, ma altezze diverse (il nodo idrostatico è di altezza minore).

Per il nodo idrostatico DBC la tensione sulla faccia DE (a0,idr) è uguale alla tensione i-
drostatica σc1, mentre per il nodo non idrostatico ABC la tensione σc0 sulla faccia AE (a0),
essendo AE ≥ DE (a0 ≥ a0,idr), è certamente inferiore a σc1. In questo caso è sufficiente ve-
rificare la sola tensione σc1.
In modo analogo si dimostra che se l’altezza del nodo è minore di quella del nodo idro-
statico con la stessa base a1, allora la tensione principale σc0 sulla faccia AE è maggiore di
quella sulla base BC (σc0 > σc1) e quindi occorre verificare la tensione σc0.
Più in generale lo stato di sforzo in un nodo non idrostatico può essere determinato se-
condo la seguente procedura (Marti, 1985) (fig. 10.40):
1. si tracciano le circonferenze di Mohr dello stato di sforzo in ciascun puntone (per
esempio la circonferenza di Mohr del puntone C2 passa per l’origine degli assi e per
il punto di ascissa σc2 = C2/ (AD⋅s), dove σc2 è la tensione di compressione nel pun-
tone e s è lo spessore del nodo);
2. si determina il polo di ciascuna delle circonferenze dei tre puntoni (QA, QB e QC)5;
3. si tracciano le rette parallele ai lati BC, CA ed AB del nodo passanti per i poli QA,
QB e QC delle circonferenze di Mohr dei singoli puntoni; i punti di intersezione A,
B e C di queste rette con le corrispondenti circonferenze di Mohr definiscono la cir-
conferenza di Mohr dello stato di sforzo di compressione biassiale nel nodo ABC; il
centro di questa circonferenza giace sull’asse delle tensioni normali e le rette QAA,
QBB e QCC si intersecano nello stesso polo Q.
___________________________________
5
Il polo P della circonferenza di Mohr è quel particolare punto appartenente alla circonferenza tale che la
retta passante per P, parallela ad una giacitura prefissata π, interseca la circonferenza nel punto rappresen-
tativo dello stato di sollecitazione sulla giacitura π.

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590 CAPITOLO 10

C3 A QC
B C1 2 1 σ

A C
C1 Q
D σ1
σ2
C2 B QB
C3 QA
C2
a) b)

Figura 10.40 Costruzione grafica di Mohr per la determinazione dello stato di sforzo in un nodo
CCC (Marti, 1985).

10.10.3.3 Resistenza di un nodo CCC


Ai fini pratici il calcolo della resistenza di un nodo può essere condotto come suggerito
nelle ACI (2008). Fatta eccezione per i nodi idrostatici, dove la resistenza del nodo può
essere calcolata con riferimento ad una giacitura qualunque, per i nodi non idrostatici la
resistenza si ottiene moltiplicando la resistenza del calcestruzzo (che a sua volta è funzione
del tipo di nodo - CCC, CCT, CTT) per la più piccola delle seguenti dimensioni:
– l’area della faccia nodale sulla quale agisce lo sforzo di compressione Fc, presa per-
pendicolarmente alla retta di azione di Fc; con riferimento alla figura 10.41a, poiché
i due puntoni inclinati non sono ortogonali alle corrispondenti facce nodali, si pren-
de per ognuna di esse la proiezione ortogonale all’asse del puntone (a2 per il punto-
ne di sinistra e a3 per quello di destra), oppure
– l’area di una sezione che divide il nodo in due; nelle figure 10.41b,c,d sono indicate
le sezioni passanti per i tre vertici del nodo ed ortogonali alle facce nodali; per e-
sempio per la sezione AH1 la risultante coincide con la proiezione orizzontale dello
sforzo nel puntone 3 (o in modo equivalente di quello nel puntone 2).
La resistenza σR del nodo mostrato nella figura 10.41 è data da:
⎛ F F F F F F ⎞
σ R = min⎜⎜ c1 ; c 2 ; c 3 ; AH 1 ; CH 2 ; BH 3 ⎟⎟
⎝ a1 ⋅ b a 2 ⋅ b a 3 ⋅ b AH 1 ⋅ b CH 2 ⋅ b BH 3 ⋅ b ⎠
dove b è lo spessore dell’elemento strutturale nella direzione normale al piano del nodo.

10.10.3.4 Suddivisione delle regioni nodali


In molti casi per semplificare i calcoli è utile suddividere un nodo in più parti; ciascuna
porzione in cui il nodo viene suddiviso trasferisce una parte delle forze agenti su di esso.
Per esempio nel nodo mostrato nella figura 10.41b la reazione Fc1 è suddivisa in una com-
ponente F 'c1, che equilibra la componente verticale di Fc2, ed in una componente F ''c1, che
equilibra la componente verticale di Fc3.

Bozza 1 marzo 2011


PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 591

a3 a3
a2 Fc3 a2 Fc3
Fc2 σ c2 Fc2 σ c2

θ
A σc A σc
3 3

FAH1= Fc3 cosθ

a0
C’ C’
B’ B’ H1
B C B C
F’c1 F’’
c1
σc1 σc1

Fc1 a) Fc1 b)
a1 a1

a3 a3
a2 Fc3 a2 Fc3
Fc2 σ c2 Fc2 σ c2

A σc A σc
3 3
FCH2
H2 H2 H3
C’ C’
B’ B’
B C B C
FBH3
σc1 σc1

Fc1 c) Fc1 d)
a1 a1

Figura 10.41 Nodo CCC: a) verifica sulle facce ortogonali agli assi dei puntoni (AB', AC', BC);
b), c), d) verifica sulle sezioni del nodo perpendicolari alle facce nodali.

Ci sono poi molti casi in cui la regione nodale ha una forma poligonale e l’analisi del
suo stato di sforzo richiede la suddivisione in regioni triangolari collegate da puntoni in-
termedi aggiuntivi rispetto a quelli originari (figura 10.42).
Nell’eseguire questa suddivisione occorre verificare che la nuova geometria sia compa-
tibile con quella dell’elemento strutturale, perché l’ingombro del nodo dopo la suddivisio-
ne risulta maggiore di quello iniziale (zone tratteggiate nella figura 10.42c). Nel nodo della
figura 10.42 la risultante Fc delle forze Fc1 e Fc2 coincide con la forza di compressione nel
puntone BCEF interno al nodo; la forza Fc è inoltre in equilibrio con le forze Fc3 e Fc4.

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592 CAPITOLO 10

Fc1 Fc1
B
A
Fc2 Fc2 C
Fc3 Fc3
F
E D
Fc4 Fc4
a) b)
Fc1
Fc2
B
A
Fc2 C Fc1
Fc3 Fc4 Fc
Fc
F
E D
Fc3
Fc4
c) d)
Figura 10.42 Nodo quadrangolare: a) geometria, b) suddivisione del nodo, c) puntone BCEF
interno al nodo, con tratteggiate le porzioni non comprese nella geometria iniziale, d) poligono del-
le forze.

10.10.4 Nodi compressi-tesi con tiranti ancorati disposti in una sola


direzione (CCT)
I nodi compressi-tesi sono nodi nei quali l’armatura viene ancorata o deviata; si distinguo-
no nodi nei quali sono ancorate barre in una sola direzione (CCT) e nodi con tiranti dispo-
sti in più di una direzione (CTT). I nodi CCT sono tipici degli appoggi di estremità delle
travi. Questo tipo di nodi si ritrova anche sotto le piastre di carico delle mensole, negli an-
goli dei telai e nelle selle Gerber (si vedano gli esempi 5 e 7). L’analisi di un nodo CCT
può essere ricondotta a quella di un nodo CCC, se il tirante viene ancorato mediante una
piastra posta dalla parte opposta del tirante stesso (figura 10.43b).
La pressione di progetto di un nodo CCT è data dalla seguente espressione:
σ2Rd,max = k2 υ ' fcd = 0,85 ⋅ 0,83 ⋅ fcd = 0,71 fcd (per fck ≤ 70 N/mm2) [(6.61)]
dove σ2Rd,max = max (σRd,1; σRd,2) (figura 10.43a).
Rispetto ad un nodo CCC, la resistenza risulta diminuita del 15 % a causa della fessu-
razione indotta nel nodo dalla diffusione dello sforzo di trazione trasmesso dal tirante.
Analizzando il nodo nel suo piano medio, l’armatura può essere immaginata diffusa u-
niformemente sull’intero spessore b dell’elemento strutturale (b = dimensione ortogonale
al piano del modello S&T) e con un’altezza effettiva u, sulla quale avviene la deviazione
dei campi di compressione. Le espressioni da utilizzare per l’altezza effettiva u, secondo
quanto indicato nel Model Code 1990, sono riportate nel prospetto 10.11.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 593

Prospetto 10.11 Altezza effettiva u di un nodo CCT.

Tipo di nodo Altezza effettiva

un solo strato di armatura che non


prosegue oltre il campo di com- u=0
pressione deviato

l b,net
lunghezza di ancoraggio

u = 2 c*
a2
Fc2 il prolungamento della
σc2 barra per un tratto c*
oltre il campo di com-
un solo strato di armatura che si pressione deviato, con-
> c* prolunga oltre il puntone di alme- sente una distribuzione
Ft no c*, dove c* è la distanza dello sforzo a partire
dell’asse dell’armatura dal bordo dall’estremo della barra
u

inferiore
θ

su un’altezza almeno pari


σc1 a 2 c*, nell’ipotesi di
c*

diffusione degli sforzi a


Fc1 45° su ambo i lati della
a1 barra

a1 s
en a2
θ
θ

θ uc
os
θ
u

θ
a1
u = 2 c* + (n-1) s
n strati di armatura posti ad inte-
rasse s, che si estendono oltre il come per il caso prece-
a
σc2 Fc2 2 campo di compressione deviato dente, considerando una
per un tratto pari al valore massi- diffusione a 45° degli
mo tra c* e s/2 sforzi dalle estremità
c*

delle barre verso il nodo


θ

Ft
s

σc1
c*

Fc1
> (c*; s/2) a1

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594 CAPITOLO 10

a2

Fcd2 σRd,2

Ftd
s
u

σRd,1

Fcd1
a1
l bd
a) b)
Figura 10.43 Nodo CCT di un appoggio di estremità: a) barre ancorate per aderenza nel nodo,
b) tirante ancorato con piastra.

Fc2

a1 s a2
en
θ uc σc2
θ os θ

θ
Ft
u

θ
θ

a1
σc1
Fc1
Figura 10.44 Schema per il calcolo della larghezza a2 del puntone diagonale di un nodo CCT
sull’appoggio di estremità di una trave parete.

C’è da tenere presente che in presenza di armature disposte su più strati, la resistenza
del nodo può essere aumentata del 10 % (vedi par. 10.10.60).
La larghezza a1 dell’appoggio, l’angolo θ del puntone, l’altezza effettiva u e la larghez-
za a2 del campo di compressione diagonale sono legate dalla seguente relazione
(fig. 10.44)
a2 = a1 sen θ + u cos θ.
Per la verifica del nodo occorre calcolare la pressione di contatto alla base del nodo
Fc1
σ c1 =
a1 b

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 595

Prospetto 10.12 Valori del rapporto σc2 / σc1 al variare dell’angolo θ e del rapporto (u/a1)
(le caselle con valori inferiori all’unità sono evidenziate con sfondo grigio).

u/a1
θ (°)
0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0
30 3,41 2,97 2,63 2,36 2,14 1,96 1,81 1,68 1,56 1,46
32,5 2,99 2,64 2,35 2,13 1,94 1,78 1,65 1,54 1,44 1,35
35 2,66 2,36 2,13 1,93 1,77 1,64 1,52 1,42 1,33 1,25
37,5 2,39 2,14 1,94 1,77 1,63 1,51 1,41 1,32 1,24 1,17
40 2,16 1,95 1,78 1,64 1,52 1,41 1,32 1,24 1,17 1,10
42,5 1,98 1,80 1,65 1,53 1,42 1,32 1,24 1,17 1,11 1,05
45 1,82 1,67 1,54 1,43 1,33 1,25 1,18 1,11 1,05 1,00
47,5 1,69 1,55 1,44 1,35 1,26 1,19 1,12 1,06 1,01 0,96
50 1,57 1,46 1,36 1,28 1,20 1,13 1,07 1,02 0,97 0,93
52,5 1,48 1,38 1,29 1,22 1,15 1,09 1,03 0,98 0,94 0,90
55 1,39 1,31 1,23 1,16 1,10 1,05 1,00 0,96 0,91 0,88
57,5 1,32 1,25 1,18 1,12 1,07 1,02 0,97 0,93 0,89 0,86
60 1,26 1,20 1,14 1,08 1,03 0,99 0,95 0,91 0,88 0,85
62,5 1,21 1,15 1,10 1,05 1,01 0,97 0,93 0,90 0,87 0,84
65 1,16 1,11 1,07 1,03 0,99 0,95 0,92 0,89 0,86 0,83
67,5 1,12 1,08 1,04 1,01 0,97 0,94 0,91 0,88 0,85 0,83
70 1,09 1,06 1,02 0,99 0,96 0,93 0,90 0,88 0,85 0,83
72,5 1,07 1,03 1,00 0,98 0,95 0,92 0,90 0,88 0,86 0,84
75 1,04 1,02 0,99 0,97 0,95 0,92 0,90 0,88 0,86 0,85

la compressione nel puntone diagonale


Fc 2 Fc1 /senθ
σ c2 = =
a2b a2b
e la lunghezza di ancoraggio delle armature.
Le espressioni di σc1 e σc2 sono state calcolate nell’ipotesi che la piastra abbia una lar-
ghezza b pari allo spessore dell’elemento in c.a.; questa ipotesi esclude la diffusione dello
sforzo di compressione nel piano ortogonale a quello del modello S&T.
Il rapporto tra le due tensioni di compressione σc2 e σc1 può essere espresso in funzione
dell’angolo θ e del rapporto u/a1, mediante
σ c 2 (Fc1 /senθ ) a1b a1 1
= ⋅ = =
σ c1 a2b Fc1 senθ ⋅ a 2 senθ ⋅ (a 2 a1 )

a2 u
ed essendo = senθ + cos θ ,
a1 a1

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596 CAPITOLO 10

Figura 10.45 Andamento delle tensioni σc1 e σc2 nei due puntoni di un nodo CCT
sull’appoggio di estremità al variare dell’angolo θ.

si perviene all’espressione
σ c2 a1 1 1
= = ⋅
σ c1 senθ ⋅ a 2 senθ u
senθ + cos θ
a1
La verifica del nodo è soddisfatta se risulta
max(σ c1 , σ c 2 ) ≤ σ 2 Rd ,max

Per la lunghezza di ancoraggio delle armature nel nodo si segue quanto riportato nei pa-
ragrafi [8.4] “Ancoraggio dell’armatura longitudinale” e [8.6] “Ancoraggio mediante barre
saldate” dell’EC2.
Il prospetto 10.12 riporta i valori del rapporto (σc2 / σc1) al variare dell’angolo θ e del
rapporto (u/a1) tra l’altezza del nodo e la larghezza della stessa piastra.
Si nota come per un assegnato valore di u/a1 il rapporto σc2/σc1 diminuisce al crescere
dell’angolo θ; lo stesso avviene per lo sforzo nel tirante. Inoltre se si dispone l’armatura
del tirante su più strati, si ha un aumento sia dell’altezza effettiva u del nodo sia della lar-
ghezza a2 del puntone diagonale e la tensione σc2 si riduce.
La figura 10.45 mostra l’andamento del rapporto σc2/σc1 al variare dell’angolo θ per tre
diversi valori del rapporto u/a1.

10.10.4.1 Nodi CCT con tiranti in una sola direzione e diffusione nel piano
ortogonale a quello del nodo
Un caso particolare di nodo CCT è rappresentato dagli appoggi di estremità dotati di pia-
stre di carico la cui larghezza b1 è inferiore allo spessore b dell’elemento strutturale.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 597

Fc1/ 2 Fc1 / 2

Ft
b/2
Fc
a) b)
σc1 sez. A−A
Fc1 / 2 Fc1/ 2
a2
B Fc2
σc2
b1
b

u
θ

A A σc1 Ft
a1

a1

Fc1
B c) sez. B−B d)
Figura 10.46 Nodo CCT con diffusione sia nel piano dell’elemento strutturale (in basso a destra)
sia nel piano ortogonale allo spessore (in alto a sinistra).

Questa situazione si può presentare ad esempio sull’appoggio di estremità di una trave


parete o sotto la piastra di carico di una mensola tozza.
In queste situazioni occorre considerare anche la diffusione nel piano ortogonale a
quello dell’elemento strutturale (figura 10.46), adottando lo stesso modello già descritto al
par. 10.6.1.1.
La forza di trazione trasversale Ft si calcola quindi con il modello S&T mostrato nella
figura 10.46a, dove il braccio della coppia interna tra il tirante ed il puntone orizzontale è
assunta pari alla metà dello spessore; risulta:
b − b1
Ft = Fc1
4b
Le armature del tirante Ft vanno distribuite su un’altezza pari allo spessore b
dell’elemento strutturale.

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598 CAPITOLO 10

F t,1 Fc

A
θ1
B O

θ2
C

θ1 D
Ft,2
2
θ

dm
Figura 10.47 Nodo CTT con barra piegata.

10.10.5 Nodi compressi-tesi con tiranti disposti in più di una direzione


(CTT)
Nei nodi compressi tesi con tiranti disposti in più di una direzione, la tensione di compres-
sione nel calcestruzzo non deve superare il seguente valore
σ3Rd,max = k3 υ' fcd = 0,75 ⋅ 0,83 ⋅ fcd = 0,62 fcd (per fck ≤ 70 N/mm2)
[(6.62)]
Un esempio tipico di nodo CTT è quello presente negli angoli dei portali (ad esempio il
nodo A nella figura 10.50e). Con riferimento al nodo della figura 10.47, il puntone ha la
seguente larghezza (FIB, 1999)
a = d m sin θ
dove
dm è il diametro del mandrino,
θ min(θ1; θ2), essendo θ1 e θ2 gli angoli che le armature formano con il puntone
e la tensione σc nel puntone risulta:
Fc
σc =
ab
dove b è lo spessore del nodo.
Per nodi con tiranti ortogonali (θ1 + θ2 = 90°) (fig. 10.48) la tensione di compressione
nel calcestruzzo è data dalla seguente espressione
max Ft max Ft
σc = =
b d m sen θ1 cos θ1 b d m sen θ 2 cos θ 2
dove max Ft = max (Ft1; Ft2) e senθ1 cosθ1 = senθ2 cosθ2, essendo in questo caso θ1 e θ2
angoli complementari.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 599

Fc
F t,1

A
θ2
O
B

θ1 C
1 D
θ

Ft,2
2
θ

dm
Figura 10.48 Nodo CTT con tiranti ortogonali (θ1 + θ2 = 90°).

Quest’ultima espressione si ricava immediatamente da quella generale nel seguente


modo. Sia θ1 < θ2, allora Ft1 = max Ft e Fc = Ft1 / cos θ1 = max Ft / cos θ1 ; sostituendo
quest’ultima relazione e l’espressione di a (a = dm sen θ) in
F
σc = c
ab
max Ft
si ottiene σc =
b (d m senθ1 ) cos θ1
In conclusione per la verifica occorrerà controllare che sia σc ≤ σ3Rd,max, dove σc è la
tensione corrispondente alle azioni di progetto.
I raggi di curvatura ed i diametri dei mandrini devono essere conformi al p.to [8.3],
come illustrato nel cap. 12. Per limitare gli sforzi trasversali di trazione dovuti alla diffu-
sione nel piano ortogonale (ossia nella direzione dello spessore), è bene che l’armatura
principale sia distribuita uniformemente sullo spessore; in ogni caso eventuali sforzi di tra-
zione trasversali possono essere assorbiti da apposite armature (vedi par. 10.10.4.1).
I nodi con tiranti posti in direzioni ortogonali sono tipici delle travi (figura 10.49).
L’ancoraggio delle barre longitudinali è essenzialmente garantito dal puntone diagonale di
calcestruzzo in combinazione con le armature trasversali (staffe). La lunghezza lb,net del
tratto di intersezione tra il puntone e l’armatura flessionale si assume estesa su ogni lato
dell’armatura trasversale di non più di 6 volte il diametro delle barre longitudinali (figura
10.49) (AASHTO, 2007).
Se le barre trasversali (cioè le staffe verticali che formano il tirante Ft3 nella figura
10.49) sono distribuite su un tratto sufficientemente lungo dell’armatura principale, il nodo
è del tipo “diffuso” e non occorre eseguire la verifica. Viceversa quando le staffe sono
molto ravvicinate, la necessità di ancorare grossi sforzi di trazione su un tratto molto breve
produce elevati sforzi di compressione nella biella diagonale di calcestruzzo.

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600 CAPITOLO 10

Fc
Ft3
σc

φ
Ft2 Ft1

<6φ <6φ
l b,net

Figura 10.49 Nodi con tiranti posti in direzioni ortogonali.

L’ancoraggio dell’armatura nei nodi compressi - tesi, come quello su un appoggio di


estremità, inizia sulla faccia interna del nodo, figura 10.30. La lunghezza di ancoraggio si
estende per l’intera lunghezza del nodo ed in certi casi l’armatura può essere ancorata die-
tro il nodo.
Indicazioni sugli ancoraggi e sulle piegature delle armature sono contenute ai p.ti [8.4]
e [8.6], trattati nel cap. 12.

10.10.6 Incremento di resistenza dei nodi e nodi confinati


Le tensioni resistenti di progetto nei nodi possono essere aumentate del 10 % se si verifica
almeno una delle seguenti condizioni [p.to 6.5.4(5)]:
1. presenza di compressione triassiale,
2. tutti gli angoli tra tiranti e puntoni sono maggiori o uguali a 55°,
3. le tensioni agli appoggi o in corrispondenza di carichi concentrati sono uniformi ed
il nodo è confinato con staffe,
4. le armature sono distribuite su più strati,
5. il nodo è confinato in modo affidabile con particolari dispositivi di appoggio o per
attrito (EC2 non fornisce nessuna indicazione sul grado di vincolo richiesto).
È il caso di sottolineare come l’incremento di resistenza dei nodi nei casi appena elen-
cati non dia nessun beneficio se la resistenza del modello S&T è governata dalla resistenza
dei puntoni.
Per i nodi soggetti ad uno stato di compressione triassiale, nota la distribuzione del ca-
rico in tutte e tre le direzioni, si può assumere come resistenza di progetto quella del calce-
struzzo confinato:
f ck,c
f cd ,c =
γC

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 601

⎛ σ ⎞
dove f ck,c = f ck ⎜⎜1,00 + 5 2 ⎟⎟ per σ 2 ≤ 0 ,05 ⋅ f ck [(3.24)]
⎝ f ck ⎠

⎛ σ ⎞
f ck,c = f ck ⎜⎜1,125 + 2,50 2 ⎟⎟ per σ 2 > 0 ,05 ⋅ f ck [(3.25)]
⎝ f ck ⎠
essendo σ2 la tensione di compressione laterale efficace allo SLU.
Il prospetto 10.13 fornisce i valori del rapporto tra la resistenza caratteristica fck,c del
calcestruzzo confinato e quella fck del calcestruzzo non confinato al variare di σ2/fck. Si noti
come una compressione laterale pari a solo il 5% di fck, fornisca un incremento di resisten-
za del 25 % rispetto allo stato di compressione monoassiale.

Prospetto 10.13 Rapporto tra la resistenza caratteristica del calcestruzzo confinato e quella del
calcestruzzo non confinato al variare di σ2/fck.

σ2/fck 0,05 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,55


fck,c/fck 1,25 1,375 1,625 1,875 2,125 2,375 2,5

In ogni caso la resistenza di progetto del nodo non dovrà superare il seguente valore
massimo
σ Rd, max = k 4 υ' f cd = 3 ⋅ 0,83 ⋅ f cd = 2 ,5 f cd [p.to 6.5.4(6)]

10.11 Angoli di portali


Gli angoli dei portali sono caratterizzati dalla presenza di una discontinuità geometrica as-
sociata alla brusca variazione della direzione dell’asse: si passa dalla direzione orizzontale
della trave a quella verticale del pilastro.
Ipotizzando le sezioni del pilastro e della trave di uguale altezza ed analizzando ini-
zialmente il caso teorico di sola flessione, sulla sezione diagonale AB del nodo si registra-
no tensioni normali σ1 di compressione sul bordo esterno e di trazione su quello interno
(fig. 10.50b). Sulle giaciture ortogonali ad AB si hanno inoltre tensioni normali σ2, che so-
no di compressione se il momento è positivo, ossia se tende ad aprire il nodo (fig. 10.50c),
e di trazione se il momento è negativo e tende a chiudere il nodo. Il segno delle tensioni σ2
risulta evidente se si analizza lo stato di sollecitazione attraverso i semplici modelli S&T
mostrati nella figura 10.50d e nella figura 10.50f: dall’equilibrio dei nodi A e B in direzio-
ne AB risulta che per M > 0 l’asta diagonale AB è tesa (σ2 > 0), mentre per M < 0 essa ri-
sulta compressa (σ2 < 0).
Per M > 0 il nodo tende a rompersi con la formazione di fessure ortogonali ad AB
(figura 10.50e), pertanto occorre disporre un’idonea staffatura parallela ad AB. Tuttavia
questa armatura non è in grado di trattenere anche il calcestruzzo del copriferro sul bordo
esterno del nodo, che per elevati sforzi di compressione, ossia valori elevati del momento
flettente, può staccarsi (figura 10.51). Per questo motivo, quando si progetta un nodo sog-
getto a momento positivo, nelle verifiche è consigliabile trascurare il calcestruzzo del co-
priferro.

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602 CAPITOLO 10

A A A

+
- + M>0 M>0
σ2
σ1
B B

M>0 M>0

b) c)

a)
2 Fs
A A
A Fc

M>0 fessura z
M>0 M<0
diagonale

Fs B
B B 2 Fs

Fc Fs

M>0 M>0 M<0


d) e) f)
Figura 10.50 Angolo di portale soggetto a momento flettente positivo: a) linee isostatiche, b)
tensioni normali di trazione parallele alla diagonale, c) tensioni normali sulla sezione diagonale, d)
modello S&T, e) fessura diagonale. Oppure a momento flettente negativo: f) modello S&T.

Figura 10.51 Rottura del copriferro dell’angolo di un portale soggetto a momento


flettente positivo (Nilsson, 1973).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 603

10.11.1 Angoli di portali soggetti a momenti flettenti negativi


In presenza di momento flettente negativo e per altezze delle sezioni della trave e del pila-
stro paragonabili (2/3 < h1/h2 < 3/2), lo stato di sforzo del nodo può essere analizzato con il
modello S&T della figura 10.52. Se tutta l’armatura tesa è piegata intorno all’angolo, non è
necessario verificare le armature di collegamento (staffe) o le lunghezze di ancoraggio
all’interno del nodo. Il modello rappresenta un affinamento di quello della figura 10.50f: il
puntone diagonale AB è infatti scomposto in due puntoni per seguire meglio l’andamento
dell’armatura tesa.
Nello scrivere le equazioni di equilibrio occorre considerare anche il taglio nella trave,
nonché lo sforzo normale ed il taglio nel pilastro. Il taglio nella trave e lo sforzo normale
nel pilastro compaiono insieme agli sforzi Ft2 e Fc2 nell’equilibrio alla traslazione verticale,
mentre il taglio nel pilastro compare insieme a Ft1 e Fc1 nell’equilibrio alla traslazione o-
rizzontale.

Figura 10.52 Modello ed armatura di un nodo trave-pilastro con 2/3 < h1/h2 < 3/2 soggetto a
momento negativo [Figura J.2a].

Se le altezze delle sezioni della trave e del pilastro sono molto diverse, il modello ap-
pena descritto non è applicabile, perché l’angolo tra il puntone diagonale e il tirante verti-
cale risulterebbe eccessivamente piccolo. Il modello va pertanto modificato come indicato
nella figura 10.53b e nella figura 10.54a, affinché l’angolo θ non sia superiore a 45°.
In particolare l’EC2 nell’appendice J [p.to J.2.2(3)] raccomanda valori di tan θ compre-
si tra 0,4 e 1, ossia angoli θ compresi tra 21,8° e 45°.
Si fa osservare che i tralicci S&T per il progetto di angoli di portali soggetti a momenti
flettenti negativi sono gli stessi di quelli che si utilizzano per il progetto delle mensole toz-
ze. Infatti lo stato di sforzo può essere analizzato considerando il nodo alla stregua di una
mensola verticale incastrata nella sezione del pilastro posta a filo trave e caricata sull’es-
tremo libero dalla forza concentrata trasmessa dall’armatura tesa della trave (figura 10.55).

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604 CAPITOLO 10

F t1 F t1

θ≤4
F t3= F t1

z1

z1
θ > 45°
F c1 Fc1

θ
z2 a) z2 b)
F t2 F c2 F t2 F c2

Figura 10.53 Modello S&T di un nodo soggetto a momento flettente negativo con htrave >> hpil:
a) modello non accettabile per l’eccessiva ampiezza dell’angolo θ e la piccola ampiezza
dell’angolo tra il puntone diagonale e l’armatura tesa del pilastro; b) modello corretto.

a) b)

Figura 10.54 Modello S&T di un nodo con htrave >> hpil soggetto a momento flettente negativo
(a) e relativa disposizione di armatura (b) [Figura J.2b].

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 605

h2
z2
F t1 Ft1
Ft1
Ft1

MENSOLA
z1

h1
TRAVE M

h1
TRAVE

z1

z1
Fc1=Ft1 F c1
h2 Fc1

z2
Ft2 Fc2
Ft2 Fc2
M PILASTRO

PILASTRO
h2
z2
F t1 Ft1
Ft1
T1 Ft1

MENSOLA
h1
z1

TRAVE M

z1
z1

h1
TRAVE

Fc1 =Ft1 F c1
h2
Fc1
z2

Ft2 Fc2 Ft2 Fc2


M PILASTRO

PILASTRO

Figura 10.55 Modelli S&T per angoli di portali soggetti a momenti flettenti negativi: analogia
con i modelli S&T di mensole tozze.

10.11.2 Angoli di portali soggetti a momenti flettenti positivi

10.11.2.1 Angoli di portali soggetti a moderati momenti flettenti positivi (As / bh ≤ 2 %)


In presenza di moderati momenti flettenti positivi, lo stato di sforzo dell’angolo di un por-
tale può essere determinato con riferimento al traliccio della figura 10.56, dove per sezioni
della trave e del pilastro di uguale altezza, le armature inclinate formano un angolo di 45°
con l’orizzontale6. In questa ipotesi lo sforzo in ciascuna delle due armature inclinate è pari
allo sforzo nell’armatura tesa della trave e del pilastro (assunte uguali) divisa per √2:
Ft/√2 ≅ 0,7 Ft.
___________________________________
6
In realtà, anche se le sezioni della trave e del pilastro hanno la stessa altezza, non è detto che i bracci delle
coppie interne siano gli stessi, dipendendo questi ultimi anche dalla profondità della zona compressa di
calcestruzzo.

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606 CAPITOLO 10

Figura 10.56 Angoli di portali soggetti a moderati momenti flettenti positivi: a) modello S&T,
b) e c) dettagli costruttivi dell’armatura [Figura J.3].

Le armature possono essere disposte come mostrato nella figura 10.56b e c, ossia conforma-
te a cappio oppure come due barre a U sovrapposte in combinazione con staffe inclinate.

10.11.2.2 Angoli di portali soggetti ad elevati momenti flettenti positivi (As / bh ≥ 2 %)


Per valori elevati del momento flettente positivo, si può fare riferimento al traliccio della
figura 10.57, che presenta un tirante diagonale Ft3. Questo tirante attraversa le staffe della
trave e del pilastro fino ai correnti compressi della trave e del pilastro, quindi le staffe gra-
dualmente deviano lo sforzo di compressione nei correnti già prima della regione nodale;
per questo motivo occorre rinforzare in modo adeguato le regioni di estremità di trave e
pilastro adiacenti al nodo.
Il traliccio si può costruire con i seguenti passi: si sceglie la posizione dell’asta orizzon-
tale 1-2; si traccia l’asta 2-4 inclinata di 45° che assorbe le trazioni presenti sullo spigolo
interno; dal nodo 2 si manda la bisettrice dell’angolo 12̂4 fino ad incontrare il tirante oriz-
zontale in 5; infine da 5 si traccia il tirante inclinato di 45° fino ad incontrare in 3 l’asta 1-3
inclinata di α (scelto pari a 16,5° nella figura 10.57) rispetto alla verticale. Si possono infi-
ne tracciare le altre aste del traliccio tenendo conto della simmetria rispetto al piano biset-
tore del nodo.
In presenza di solo momento flettente si ha Fc = Ft e dall’equilibrio del nodo 1 risulta:
Ft1 = Fc tan 16,5° = Ft tan 16,5° ≅ 0,3 Ft
C13 = Fc / cos 16,5° = Ft / cos 16,5° ≅ 1,043 Ft (sforzo nel puntone 1-3)

Passando poi a scrivere l’equilibrio del nodo 2 nella direzione 2-5 della bisettrice
dell’angolo 124, si ricava:
Ft3 = Ft1 = 0,3 Ft
infine per determinare il valore dello sforzo nel tirante 3-5 è sufficiente scrivere l’equi-
librio del nodo 3 nella direzione 3-5:
Ft2 = C13 cos 61,5° = Ft cos 61,5° / cos 16,5° ≅ 0,5 Ft

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 607

,5 °
16
Fc

Ft2
3

z
61
,5 ° Ft2 4
5 F t3
°
1 6,5 Ft

,5°
67
1 F t1 2

45°
C 13

22,5°
Fc
,5 ° C 25
16
F t3
1
F t1 F t1
Fc Ft
nodo 1 z
nodo 2

Figura 10.57 Angolo di portale soggetto ad elevato momento flettente positivo: modello S&T
(in alto) e possibili disposizioni delle armature (in basso) [Figura J.4].

10.11.2.3 Efficienza dei nodi soggetti a momenti flettenti positivi


L’efficienza di un nodo è definita come il rapporto tra il momento resistente del nodo ed il
momento resistente degli elementi – trave e pilastro - che vi convergono. Sperimentalmen-
te i nodi con le armature del tipo mostrato nella figura 10.58a esibiscono un momento resi-
stente pari a quello della trave senza deformarsi eccessivamente. In questi nodi le armature
tese della trave e del pilastro sono dotate di uncini che confinano tutto il nodo e sono inol-
tre presenti barre diagonali. Secondo lo schema visto al par. 10.11.2.2 (fig. 10.57) lo sforzo
nelle armature diagonali è pari alla metà di quello nelle armature longitudinali della trave.
Le barre diagonali limitano l’ampiezza della fessura diagonale sullo spigolo interno e ne
rallentano la propagazione all’interno del nodo. Viceversa i nodi dotati delle armature mo-
strate nella figura 10.58b e c hanno una bassa efficienza: per rapporti geometrici di armatu-
ra della trave dell’ordine dell’1% sono in grado di trasmettere solo il 25 ÷ 35 % del mo-
mento resistente (Nilsson & al., 1976).

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608 CAPITOLO 10

a) b) c)

Figura 10.58 Efficienza dell’angolo di un portale soggetto a momento flettente positivo in funzione
della tipologia di armatura: a) 100 %, b) e c): 25 ÷ 35 %.

10.12 Esempi
10.12.1 Esempio 1 – Trave parete su due appoggi soggetta a carico
uniformemente distribuito di 280 kN/m
Si progetti una trave parete di dimensioni 8000×5500×300 mm, soggetta ad un carico uni-
formemente distribuito di 280 kN/m, da intendersi come carico di progetto allo SLU com-
prensivo del peso proprio della parete. La trave poggia su due pilastri di 300×500 mm; il
calcestruzzo è di classe C25/30 e l’acciaio è del tipo B450C.
Materiali: calcestruzzo C25/30 fck = 25 N/mm2, acciaio B450C fyk = 450 N/mm2
Resistenza di progetto del calcestruzzo
0 ,85 f ck 0 ,85 ⋅ 25
f cd = = = 14 ,17 N/mm 2
1,5 1,5
Resistenza di progetto dell’acciaio
f yk 450
f yd = = = 391,3 N/mm 2
1,15 1,15
Resistenza a compressione nodi
Dal prospetto 10.10 si hanno le seguenti resistenze per i nodi:
nodi CCC: σ 1Rd, max = 11,76 N/mm 2
nodi CCT: σ 2 Rd, max = 10,00 N/mm 2
nodi CTT: σ 3 Rd, max = 8,82 N/mm 2
Definizione della geometria del modello S&T
Come già anticipato al par. 10.6.3, il Model Code 1990 (6.8.2.1) suggerisce di adottare
un braccio della coppia interna pari a 0,6 ÷ 0,7 volte la luce della trave, ma non superiore
al braccio di leva di una trave snella con la stessa luce: (0,6 ÷ 0,7) L ≤ 0,67 H. Nel presente
caso si ha:
L = 8000 mm (lunghezza totale),
L′ = 7500 mm (distanza tra gli assi dei pilastri),
H = 5500 mm,
(0,6 ÷ 0,7) L′ = (4500 ÷ 5250) mm,
0,67 H = 3685 mm.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 609

qL/2 qL/2
2000 4000 2000

C3 1

1900
C1 C1 C1
3 C2
θ

2
C2
5500

nodo 2
C3 C3
3500

3 T1
θ

C3
R
100

3 1750
θ

T1
nodo 3 R R
250 7500 250
qL/2 qL/2
8000

Figura 10.59 Modello S&T della trave parete.

Si adotta: z = 3500 mm (≅ 0,64 H), a cui corrisponde una quota del puntone C2, misura-
ta dall’intradosso della trave, pari a: 100 + 3500 = 3600 mm.
Reazioni dei pilastri
Risulta:
R = q L / 2 = 280 ⋅ 8,00 / 2 = 1120 kN

Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio (cfr. prospetto 10.7)
Equilibrio nodo 1
qL
C1 = = 1120 kN
2
Equilibrio nodo 3
R 3500
C3 = = 1252 kN dove θ = arctg = 63,43° ≥ 45° ,
senθ 1750
R
T1 = C 3 cos θ = = 560 kN
tan θ
Equilibrio nodo 2
C 2 = C 3 cos θ = T1 = 560 kN

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610 CAPITOLO 10

Progetto del tirante


Le armature del tirante inferiore vengono disposte su un’altezza pari a 200 mm; è necessa-
rio adottare un’area di acciaio non inferiore a:
T 560000
As1 ≥ 1 = = 1431 mm 2
f yd 391,3
si adottano 6φ18 = 1524 mm2 disposti su tre file.
Verifica del nodo 3 sull’appoggio sinistro
La geometria del nodo è univocamente definita dalla larghezza del pilastro, dallo spessore
della parete (300 mm), dall’altezza del tratto sul quale sono distribuite le armature inferiori
e dall’inclinazione del puntone C3.
Il nodo 3 è un nodo compresso-teso con armature ancorate in una sola direzione (nodo
CCT), pertanto occorre verificare che la massima compressione nel calcestruzzo non supe-
ri il valore
σ 2 Rd, max = 10,00 N/mm 2
con riferimento alla figura 10.60 risulta
1120000
σ c1 = = 7 ,47 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
300 ⋅ 500
1252000
σ c2 = = 7 ,78 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
300 ⋅ (200 ⋅ cos θ + 500 ⋅ senθ )
dove 200 mm è l’altezza u del nodo, tenuto conto del numero e dell’interasse verticale del-
le armature longitudinali.
Osservazione. Calcolata la tensione σc1, una stima approssimata della tensione σc2 si può
ottenere utilizzando il prospetto 10.12; per u/a1 = 200/500 = 0,4 e per θ = 62,5° si ha:
σc2 / σc1 = 1,05 → σc2 = 1,05 ⋅ 7,47 = 7,84 N/mm2
questo valore è leggermente maggiore di quello calcolato sopra, perché relativo ad un valo-
re dell’angolo θ di poco inferiore a quello effettivo di 63,43°.
Armatura minima sulle due facce della trave parete
Al p.to [9.7] EC2 raccomanda di prevedere su ciascuna faccia una rete di armature ortogo-
nali, con una sezione minima pari a As,dbmin = 0,001 Ac, ma non minore di 150 mm²/m in
ogni direzione.
La distanza s tra due barre adiacenti della rete deve rispettare la seguente limitazione:
s ≤ min(2 t; 300 mm)
dove t è lo spessore della trave parete.
Nel presente caso si ha
As,dbmin = 0,001 Ac = 0,001 · 300 · 1000 = 300 mm2/m > 150 mm²/m
si adotta una rete φ 8 / 150 = 333 mm2 / m su ciascuna faccia
Le armature sulle due facce sono inoltre collegate da legature trasversali, per il progetto
delle quali si possono seguire le regole valide per le pareti (vedi par. 12.2.5.3).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 611

53 20
7 0c
C3 osθ

σc2
100

50
50

0s
en

200
θ
T1

θ
σc1
500
50

qL/2
500

Figura 10.60 Nodo 3.

legature
Ø8/150 su entrambe le facce

armatura tirante inferiore (A oppure B)

armatura tipo A 3Ø18

3Ø18

OPPURE

armatura tipo B 3Ø18

3Ø18
moietta moietta

Figura 10.61 Schema delle armature della trave parete.

Per garantire l’equilibrio del nodo, le armature dei tiranti devono essere totalmente an-
corate al di là dei nodi rialzando le barre, utilizzando piegature ad U o dispositivi di anco-
raggio, a meno che non sia disponibile la lunghezza di ancoraggio lbd tra il nodo e l’estre-
mità della trave. Nel presente caso le barre del tirante inferiore non possono essere ancora-
te in rettilineo perché non c’è lo spazio necessario; questa soluzione sarebbe ad esempio
applicabile se i pilastri fossero spostati verso l’interno invece di essere allineati con i fili
esterni della trave. Di conseguenza occorre adottare barre conformate ad esempio come in
figura 10.61, ossia barre dotate di un gancio a U oppure barre diritte sovrapposte a moiette.

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612 CAPITOLO 10

10.12.2 Esempio 2 – Trave parete su due appoggi soggetta a carico


uniformemente distribuito di 380 kN/m
Si ripeta il progetto della trave parete dell’Esempio 1 in presenza di un carico di progetto
allo SLU di 380 kN/m.
Tutte le grandezze risultano incrementate del coefficiente 380/280 ≅ 1,36; in particolare lo
sforzo nel tirante vale
T1 = 560⋅1,36 ≅ 760 kN
e quindi il quantitativo di acciaio richiesto risulta pari a
760000
As1 ≥ = 1942 mm 2
391,3
si adottano 8φ18 = 2032 mm2 disposti su quattro file.
Per quanto riguarda la verifica del nodo 3, risulta:
1120000 ⋅1,36
σ c1 = = 10,15 N/mm 2 > σ 2 Rd, max
300 ⋅ 500
1252000 ⋅1,36
σ c2 = = 10 ,15 N/mm 2 > σ 2 Rd, max
300 ⋅ (250 ⋅ cos θ + 500 ⋅ senθ )
dove nel calcolo di σc2 è stata assunta un’altezza u del tratto di diffusione delle armature di
250 mm e non di 200 mm, essendo presente uno strato di armatura in più rispetto
all’Esempio 1. Sia la tensione σc1 sia la tensione σc2 sono superiori alla resistenza di pro-
getto σ2Rd,max.
Affinché risulti σc2 ≤ σ2Rd,max si potrebbero distribuire gli strati di armatura su un’altez-
za maggiore, ma il problema rimarrebbe per σc1, a meno di non aumentare la larghezza del-
la sezione del pilastro. Tuttavia, essendo tutti gli angoli tra i puntoni ed i tiranti maggiori di
55° (θ = 63,43°), si può incrementare del 10% la resistenza dei nodi [p.to 6.5.4(5)] (vedi
par. 10.11.2.3). Alla luce di questo fatto, la verifica si può ritenere soddisfatta senza appor-
tare nessuna modifica alla geometria del nodo.

10.12.3 Esempio 3 – Plinto tozzo di un pilastro a sezione quadrata


Si progetti l’armatura di un plinto tozzo (1500×1500×650 mm) di un pilastro a sezione
quadrata di 300×300 mm; il pilastro sia soggetto ad uno sforzo normale di 400 kN (Gk =
280 kN, Qk = 120 kN). Si consideri sia il caso con eccentricità nulla sia quello con eccen-
tricità pari a 0,25 m o a 0,20 m. I materiali sono i seguenti: calcestruzzo di classe C25/30
ed acciaio B450C.

Carichi:

– permanenti: Gk = 280 kN (tutti i permanenti non strutturali si ipotizzano compiu-


tamente definiti e pertanto ad essi si applica lo stesso coefficiente di sicurezza
γG = 1,3 dei permanenti strutturali),

– variabili: Qk = 120 kN

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 613

600 300 600

h 2 =400
650

48°
h 1 =250

1500
Figura 10.62 Plinto tozzo.

Carico di progetto:
Fd = 1,3 Gk + 1,5 Qk = 544 kN
Materiali:
calcestruzzo: fck = 25 N/mm2
acciaio: fyk = 450 N/mm2
Caso a: eccentricità nulla (sforzo normale centrato)
N = Fd = 544 kN
Se si ammette che il peso proprio e la reazione del terreno si compensino reciproca-
mente, la pressione di contatto da utilizzare per il calcolo degli sforzi interni è quella pro-
dotta solo da N
p = N / Abase = 544 / 2,25 = 242 kN/m2 = 0,242 N/mm2;
la distanza del baricentro dell’armatura orizzontale dal lembo inferiore è pari a 50 mm 7.
Geometria del traliccio
La figura 10.63 mostra il traliccio S&T spaziale del plinto soggetto al solo carico verticale N.
Indicata con a la dimensione comune dei lati del pilastro, i vertici superiori dei quattro pun-
toni inclinati distano in pianta a/4 dalle facce del pilastro e in altezza a/4 dalla sezione di base
del pilastro. I vertici inferiori sono posti alla stessa quota delle armature inferiori e distano
b/4 da tutti e quattro gli spigoli della base del plinto (b è il lato di base del plinto).
Il traliccio spaziale può essere scomposto in due tralicci piani disposti secondo le dia-
gonali del plinto (fig. 10.63b), soggetti ciascuno alla metà del carico verticale. Gli sforzi
nei quattro puntoni inclinati, uguali tra di loro, risultano pertanto pari a:
C1,2,3,4 = (N/4) / senθdiag
dove θdiag è l’angolo di inclinazione dei quattro puntoni rispetto al piano orizzontale.
___________________________________
7
Il copriferro minimo per un plinto di fondazione è pari a 40 mm (vedi cap. 3); adottando per le barre infe-
riori un diametro non superiore a 20 mm, la distanza minima tra il baricentro delle barre e la base del plinto
non sarà inferiore a 10 + 40 = 50 mm.

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614 CAPITOLO 10

4 x (N/4)

B
C3
C2
C4
C1 2
A A
b/4
b/2
1
b/4
b/4 b/2 b/4 SEZ. A−A
z
B y a) 2 x (N/4) 2 x (N/4)
a/2
x

a/4
SEZ. DIAGONALE 1−2

pro + C 4
+C i
C1 ne d
2

C3
iez
io

ion
iez

h
z

e
pro

di
b)

θ
a √2 x x
N/4 N/4

d’
a/4

b/4 b/4 b/4


b
C1 C3
d)
h
z

θdiag

1 2
d’

b √2 / 4 b √2 / 2 b √2 / 4 SEZ. B−B
b √2
2 x (N/4) 2 x (N/4)
a/2
a/4

3
pro + C 3
+C i
C1 ne d
4

C2

c)
iez
o
ezi

ion

h
z

7
i

e
pro

di
θ

C’2
y T’y y y
d’

C’1 C’3
1 2 b/4 b/4 b/4
5 6
45° b
x T’x C’4
e)
8

Figura 10.63 Modello S&T di un plinto tozzo con carico centrato.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 615

Lo sforzo di trazione nelle armature si ottiene proiettando sul piano orizzontale gli sforzi
nei puntoni inclinati e scomponendo le proiezioni nelle due direzioni x e y. Per esempio
con riferimento al puntone C1, indicata con C1′ la sua proiezione sul piano orizzontale
(fig. 10.63c), si ha:
( )
T ' x = T ' y = C1 ' cos 45° = C1 cos θ diag cos 45° =
N/ 4
tan θ diag
cos 45°

ed essendo
z 4z
tan θ diag = =
(b − a ) 2 (b − a ) 2
4
risulta
N (b − a ) 2 2 N (b − a )
T 'x = T ' y = =
4 4z 2 16 z
Lo sforzo complessivo Tx nelle armature poste in direzione x (tiranti 5-8 e 6-7 in figu-
ra 10.63c) si ottiene quindi moltiplicando per due il risultato ottenuto
N (b − a )
Tx = 2T ' x =
8z
e lo stesso risultato vale per lo sforzo complessivo Ty nei tiranti 5-7 e 6-8 in direzione y.
Allo stesso risultato si perviene più semplicemente se si considerano i tralicci delle fi-
gure 10.63d ed e, ottenuti proiettando le aste del traliccio spaziale sulle sezioni A-A e B-B
parallele ai lati del plinto. Questi tralicci consentono un calcolo rapido degli sforzi nelle
armature, infatti dall’equilibrio alla rotazione (fig. 10.64) si ha:
N (b − a )
T1 = T x = T y =⋅
2 4z
ma i puntoni che vi compaiono sono fittizi, essendo solo le proiezioni dei puntoni effettivi
del traliccio spaziale.
Tutto ciò premesso si passa al progetto delle armature del plinto, con riferimento al
modello S&T piano della figura 10.64.
Geometria del traliccio piano
Si divide lo sforzo N in due parti uguali, che vengono applicate in modo simmetrico a di-
stanza a/4 dall’asse del pilastro, dove a è il lato del pilastro. I nodi 2 e 3 sono posti sulla
retta di azione delle due forze N/2 e distano a/4 dall’estradosso del plinto (fig. 10.64).
Il braccio di leva e l’inclinazione delle bielle C1 rispetto all’orizzontale valgono
z = d – a / 4 = 600 – 75 = 525 mm
z 525
θ = arctan = = 60 ,25°
(b − a)/ 4 ( 1500 − 300 )/ 4

Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio


Equilibrio nodo 1
N/ 2
C1 = ≅ 313 kN
senθ

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616 CAPITOLO 10

75 a/4=75 (b/4−a/4)=300 a/4=75


N/2 N/2 N/2

75
C2
2 C2 3 2
h 2 =400

75

d=600

z=525
C1

z=525
650

C1 C1
θ≅

θ≅
°

60
60
1 T1 4 1

°
T1
h 1 =250

N/2 375 N/2 N/2 b/4=375

50
b/4=375 750 375
b=1500
a) b)
Figura 10.64 Modello S&T ottenuto sezionando indifferentemente secondo A-A o B-B il plinto; il
tirante T1 rappresenta lo sforzo Tx se si considera la sez. A-A e lo sforzo Ty se si considera la sez. B-B.

N/ 2
T1 = = 155 kN
tan θ

Equilibrio nodo 2
C 2 = C1 cos θ = T1 = 155 kN

Progetto del tirante


È necessario adottare un’area di acciaio non inferiore a
T 155000
As1 ≥ 1 = = 396 mm 2
f yd 391,3
si adottano 4φ12 = 452 mm2.
Essendo T1 = (N/2) / tan θ e tan θ = z / [(b-a)/4], l’area del tirante può essere espressa
anche nella seguente forma
T1 N/ 2 N ⋅ (b-a )
As1 ≥ = = 0 ,125
f yd tan θ ⋅ f yd z ⋅ f yd

Caso b: eccentricità e = 250 mm


N = Fd = 544 kN
M = N e = 544 · 0,25 = 136 kNm
Essendo e = b/6, la pressione di contatto sul terreno ha un andamento triangolare con valo-
re massimo pari a
pmax = N / Abase + M / Wbase = 544 / 2,25 + 136 / (1,503 / 6) = 484 kN/m2 =
= 0,484 N/mm2
come sopra la distanza del baricentro dell’armatura orizzontale dal lembo inferiore è pari a
50 mm.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 617

M
N

e=250 c+φst+φl /2
dN1 d N2
N N1 N2

75
2
h 2 =400

θ ’’’
650

C1 C3

525
C2 π−
θ’’

1 T1 θ’’
3 4
θ'
h 1 =250

50
b=1500
2 x1 x2 y2

p max
R1 R2

(2/3)b=1000
Figura 10.65 Modello S&T per plinto con carico eccentrico (e = b/6).

Geometria del traliccio


La risultante N1 delle compressioni nella sezione di base del pilastro è posta a distanza
0,4 x dal lembo compresso della stessa sezione, dove x è la profondità dell’asse neutro a
rottura.
La posizione della risultante delle trazioni N2 è invece quella del baricentro delle arma-
ture tese nel pilastro: queste armature distano c + φst + φl/2 dal lembo teso della sezione,
dove c è il copriferro, φst il diametro delle staffe e φl il diametro dei ferri longitudinali.
La retta di azione del carico eccentrico N divide il diagramma delle pressioni di contat-
to sul terreno in due parti di risultanti R1 e R2.
Il nodo 1 e il nodo 3 sono individuati dall’intersezione delle rette di azione di R1 e R2
con l’asse del tirante inferiore T1; il nodo 2 del traliccio si colloca sulla retta di azione di N1
(risultante delle compressioni nella sezione di incastro del pilastro) a profondità a/4 dalla
sezione di base del pilastro; infine il nodo 4 è dato dall’intersezione della retta di azione di
N2 (risultante delle trazioni nelle armature tese del pilastro) con il tirante inferiore T1.
Come per il caso di sforzo normale centrato, avendo posto il nodo 2 a distanza a/4
dall’estradosso del plinto, il braccio di leva risulta z = 525 mm.
Calcolo della posizione di N2
Per il pilastro si ipotizza un copriferro di 25 mm, che sommato al diametro delle staffe
e dei ferri verticali, fornisce una distanza del baricentro dei ferri verticali dalla faccia più
vicina di 41 mm (25 + 8 + 16/2). L’altezza utile della sezione del pilastro è pertanto pari a

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618 CAPITOLO 10

259 mm e la forza N2 si colloca alla distanza dN2 = (150 – 41) = 109 mm dall’asse del pila-
stro.
Calcolo della posizione di N1
Si suppone che il pilastro sia dotato di armatura verticale simmetrica costituita da 4φ16 (u-
na barra per ogni spigolo) e di staffe φ8/200.
Si calcola la posizione dell’asse neutro a rottura imponendo l’equilibrio alla traslazione
lungo l’asse del pilastro; si utilizza il diagramma rettangolare (“stress-block”) per la distri-
buzione delle tensioni di compressione nel calcestruzzo e si ipotizza che entrambi gli acciai
siano snervati
(0,8 x) a fcd + A's fyd – As fyd = N
x = N / (0,8 a fcd) = 544000 / (0,8 ⋅ 300 ⋅ 0,85 ⋅ 25 / 1,5) = 160 mm
x/d = 160 / 259 = 0,62 < 0,641 → acciaio teso snervato8
si può verificare facilmente che anche l’acciaio compresso è snervato, come ipotizzato
nell’equazione di equilibrio.
La risultante delle compressioni nel calcestruzzo vale:
N1,cls = 0,8 a x fcd = 0,8 ⋅ 300 ⋅ 160 ⋅ 14,17 = 544128 N 9
mentre la risultante delle trazioni nelle armature vale
N2 = As fyd = 400 ⋅ 391,3 = 156520 N
che coincide anche con la risultante N1,acc delle compressioni nell’acciaio compresso.
Si ha infine:
N1 = N1,cls + N1,acc = 544128 + 156520 = 700648 N
Il momento resistente vale10
MRd = (0,8 x) a fcd (h/2 – 0,4x) + A's fyd (h/2 – d') + As fyd (d – h/2) =
= 0,8 ⋅ 160 ⋅ 300 ⋅ 14,17 ⋅ (150 – 0,4 ⋅ 160) + 400 ⋅ 391,3 ⋅ (150 – 41) + 400 ⋅ 391,3 ⋅
(259 – 150) = 80916368 Nmm ≅ 80,92 kNm

La risultante delle compressioni nel calcestruzzo N1,cls dista 0,4x = 64 mm dal bordo
compresso, mentre quella nell’acciaio compresso N1,acc dista 41 mm; pertanto la risultante
delle compressioni N1 dista dal lembo compresso
(544128 ⋅ 64 + 156520 ⋅ 41) / (544128 + 156520) ≅ 59 mm
e la sua distanza dall’asse del pilastro è pari a dN1 = (150 – 59) = 91 mm.
___________________________________
8
Il rapporto x/d è pari a 0,641 quando il calcestruzzo attinge la sua deformazione ultima del 3,5 ‰ e
l’acciaio la sua deformazione al limite di elasticità (εel = 1,96 ‰, per fyd = 391,3 N/mm2 ed Es = 200000
N/mm2 – per il modulo di elasticità dell’acciaio è stato adottato il valore suggerito dalla EN1992-1-1 al
p.to 3.2.7(4); le NTC 2008 al par. 11.3.4.1 indicano invece un valore di Es pari a 210000 N/mm2, a cui cor-
risponde una deformazione al limite di elasticità εel = 1,86 ‰).
9
N1,cls dovrebbe essere coincidente con N = 544 kN (essendo As = A's ed entrambi gli acciai snervati); la
piccola differenza è dovuta alle approssimazioni di calcolo.
10
Si ricorda che in presenza di sforzo normale il momento resistente va valutato con riferimento al baricen-
tro geometrico della sezione di calcestruzzo.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 619

Calcolo della posizione di R1 e R2


R2 è la risultante del blocco triangolare di pressioni di contatto posto a destra della retta di
azione del carico N
R2 = [(2/3 b) ⋅ (2/3 pmax) ⋅ b] / 2 = [1000 ⋅ (2/3 ⋅ 0,484) ⋅ 1500] / 2 = 242000 N = 242 kN
La retta di azione di R2 è posta a (4/9 b) dallo spigolo destro
y2 = 4/9 b = 667 mm
e alla distanza x2 dalla retta di azione di N
x2 = (2/3 b) – y2 = 1000 – 667 = 333 mm
La risultante R1 vale
R1 = N – R2 = 544 – 242 = 302 kN
e la sua retta di azione può essere determinata dall’equilibrio alla rotazione intorno ad un
punto posto sulla retta di azione del carico N (fig. 10.65)
R1 ⋅ x1 = R2 ⋅ x2
da cui:
x1 = (R2 / R1) ⋅ x2 = (242 / 302) ⋅ 333 = 267 mm
Le distanze di R1 e R2 dall’asse del pilastro valgono, rispettivamente
dR1 = (x1 + e) = 267 +250 = 517 mm
dR2 = (x2 – e) = 333 – 250 = 83 mm

Calcolo dell’inclinazione delle bielle


L’inclinazione della biella C1 rispetto all’orizzontale vale
z 525
θ' = arctan = arctan = 50,94° > 45°
d R1 − d N 1 517 − 91
mentre per le bielle C2 e C3 si ha:
z 525
θ'' = arctan = arctan = 71,66° > 45°
d R 2 + d N1 83 + 91
z 525
θ''' = arctan = arctan = 69,14° > 45°
dN2 + d N1 109 + 91
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio
Equilibrio nodo 1
R
C1 = 1 = 389 kN
senθ'
R
T1( 1−2 ) = 1 = 245 kN (sforzo nel tirante nel tratto 1-2)
tan θ'
Equilibrio nodo 4
N2
C3 = = 167 kN
senθ'''
N2
T1( 3− 4 ) = = 60 kN (sforzo nel tirante nel tratto 3-4)
tan θ'''

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620 CAPITOLO 10

Progetto del tirante


Per il tirante T1 è necessario adottare un’area di acciaio non inferiore a:
T1( 1- 2 ) 245000
As1 ≥ = = 626 mm 2 si adottano 6φ12 = 678 mm2.
f yd 391,3
Per il progetto delle armature nel piano ortogonale a quello di flessione, si adotta lo
stesso modello S&T simmetrico utilizzato per il caso di eccentricità nulla.
La figura 10.66 mostra la disposizione schematica delle barre di armatura nel plinto.

armature superiori di armature di


chiusura pos. C (al centro) ripresa pilastro

pos. C
armature inferiori
armature inferiori pos. A pos. B (ai lati)
pos. B armature inferiori
pos. A (al centro)
armature inferiori pos. B

Figura 10.66 Disposizione schematica delle armature nel plinto di fondazione.

Caso c: eccentricità e = 200 mm


Questo caso è simile al precedente; l’unica differenza significativa è rappresentata dalla
forma del diagramma delle pressioni di contatto sul terreno che invece di essere triangolare
è trapezia. Ci si limita pertanto a riportare nella figura 10.67 lo schema del traliccio resi-
stente, essendo il procedimento di calcolo uguale a quello del caso e=250 mm.
M
N

e=200 c+φst+φl /2
d N1 d N2
N N1 N2
75

2
h 2 =400

C2
650

C1
525

C3

1 T1 4 3
h 1 =250

50

b=1500
2 x1 x2 y2

R1 R2

Figura 10.67 Modello S&T di plinto con carico eccentrico (e < b/6).

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 621

10.12.4 Esempio 4 – Plinto di fondazione su quattro pali


Identificare il modello S&T per il plinto di fondazione su pali mostrato nella figura 10.68,
soggetto ad un carico verticale NEd e ad un momento MEd; determinare inoltre gli sforzi
nelle aste del traliccio.
Si suppone che il trasferimento delle azioni del pilastro avvenga secondo il seguente sche-
ma: le azioni trasmesse dal pilastro sono trasferite nel piano π1 (figura 10.68) fino ai piani
π2 e π3 ad esso ortogonali e passanti per i pali.
Il trasferimento delle forze prosegue quindi all’interno di ciascuno dei piani π2 e π3 fino
ai pali; il traliccio tiranti-puntoni indicato nella figura 10.69 è relativo al trasferimento nel
piano π1, mentre quelli nella figura 10.70 ai piani π2 e π3.
Con riferimento al traliccio nel piano π1 e nell’ipotesi che sia MEd / L > NEd / 2 11, si ha:
compressione: A' = (MEd / L + NEd/2), trazione: B' = (MEd / L – NEd/2),
da cui:
su ogni palo compresso: A = A'/2; su ogni palo teso: B = B'/2
Di seguito si riportano le espressioni degli angoli indicati nelle figure 10.69 e 10.70:
θ11 = arctg (h / e) nel piano π1,
θ12 = arctg (h / f) nel piano π2,
θ13 = arctg (h / l) nel piano π3.
Il prospetto 10.14 riporta le espressioni degli sforzi nei tiranti, in funzione degli angoli
θ11, θ12 e θ13 e delle forze A, A', B e B' nei pali.
La figura 10.71 mostra la disposizione schematica delle armature.

Prospetto 10.14 Forze nei tiranti dei modelli S&T del plinto su quattro pali.

Tirante Forza

T10 Fs (1)

T11 A' / tan θ11 = A' e / h

T12 B' / tan θ12 = B' f / h

T13 A

T14 A / tan θ13 = A l / h

T15 B / tan θ13 = B l / h

T16 B

(1)
Fs = forza di trazione nelle armature del pilastro

___________________________________
11
MEd e NEd indicano i moduli (senza segno) del momento flettente e del carico verticale.

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622 CAPITOLO 10

π1
L
φ φ

π2 A’=A+A
φ

c2

p
L

π3
φ

B’=B+B
c1

p
π1
Figura 10.68 Plinto di fondazione su pali.

NEd
MEd

a b c
π2 π3
Fc Fs

d e T10
g

T12
θ12
h

θ11 T11

f
i

A’ B’

L
π2 π3

Figura 10.69 Modello S&T nel piano π1.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 623

piano π 2 piano π 3

l m l

g
T15
θ1 T13 T13
3
T16 T16

h
θ 13
T14 T10 T10

i
A A B B

Figura 10.70 Modelli S&T nel piano π2 e nel piano π3.

armature pilastro (T10 )

armature palo (T16 ) armature palo (T16 )

(T13 )

SEZIONE SUL PIANO Π 3 SEZIONE SUL PIANO Π 2


(T12 ) (T11 )

(T15 ) (T14 )

(T15 ) (T14 )

ARMATURE SUPERIORI ARMATURE INFERIORI

Figura 10.71 Disposizione schematica delle armature nel plinto su quattro pali.

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624 CAPITOLO 10

10.12.5 Esempio 5 – Sella Gerber


Definire il modello S&T di una sella Gerber ed indicare la disposizione delle armature.
Per il progetto di una sella Gerber si possono considerare due diversi modelli S&T, che
eventualmente possono essere combinati tra loro [p.to 10.9.4.6(1)]: un modello a) con ar-
matura di sospensione verticale (fig. 10.72a) ed un modello b) con armatura inclinata (fig.
10.72b). Sebbene l’EC2 lasci la possibilità di utilizzare anche solo uno dei due tralicci e
quindi una sola delle due disposizioni di armatura, il progetto con uno solo dei due modelli
non risulta soddisfacente.
Infatti se si utilizza solo il traliccio a) occorre prevedere un’armatura longitudinale su-
periore alla quale ancorare il tirante verticale 3-4 della figura 10.72a, nonché aggiungere le
armature di confinamento del puntone inclinato C1. Se viceversa si utilizza il modello b) si
lascia completamente privo di armature il bordo inferiore della sella, il cui comportamento
risulta pertanto carente in esercizio.
Il progetto delle armature può essere eseguito più correttamente combinando tra loro i
due tralicci, affidando per esempio a ciascuno il 50 % della reazione della sella.

a1 C5 A
3
C1 C2
h1
z1

T1 C4
1
θ2
θ1

2
h2
a
C3 z2
T2 45°
Ra
45°

T3
4 A
a)

2’ 4’
C’2
h1
z1

1’ C’1 C’3
h2
z2

a
T’1
Rb
45°

45°

T’2
3’

b)

Figura 10.72 Modelli S&T di una sella Gerber.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 625

Traliccio a)
Si indica con Ra l’aliquota della reazione della sella che viene assegnata al traliccio a); si
ribadisce che Ra può coincidere con tutta la reazione R della sella, se si fa riferimento solo
al traliccio a), oppure ad un’aliquota (normalmente il 50%) se si usa una combinazione del
traliccio a) con il traliccio b).
Definizione della posizione delle aste del traliccio
La posizione del corrente compresso è nota una volta determinato il momento resistente
della sezione della trave; essa si ricava infatti considerando il baricentro della risultante
delle compressioni nel calcestruzzo e nell’armatura superiore compressa. Gli altri dati ge-
ometrici del problema si ricavano con semplici calcoli trigonometrici.
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio a)
Equilibrio nodo 1
C1 = R a /sen θ1

T1 = R a / tan θ1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1

C 2 senθ 2 = C 3 sen 45°


da cui:
Ra
C 2 = T1 / (senθ 2 + cos θ 2 ) =
tan θ1 (senθ 2 + cos θ 2 )
Ra senθ 2 /sen 45° 2 Ra
C3 = C 2 senθ 2 /sen 45° = =
tan θ1 (senθ 2 + cos θ 2 ) tan θ1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 3
Ra senθ 2 Ra
T2 = C1senθ1 + C 2 senθ 2 = Ra + = Ra +
tan θ1 (senθ 2 + cos θ 2 ) tan θ1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 4
C 4 sen 45° + C 3 sen 45° = T2
da cui
C 4 = T2 /sen 45° − C 3
e sostituendo i valori di C3 e T2
⎡ Ra ⎤ 2 Ra 12
C 4 = ⎢ Ra + ⎥ 2− = 2 Ra
⎣ tan θ1 (1 + cotg θ 2 ) ⎦ tan θ1 (1 + cotg θ 2 )

___________________________________
12
L’espressione di C4 può essere ricavata direttamente anche dall’equilibrio alla traslazione verticale sulla
sezione di Ritter A-A: C4 sen 45° = Ra da cui: C4 = √2 Ra.

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626 CAPITOLO 10

infine
2 Ra 2 2
T3 = C3 cos 45° + C 4 cos 45° = + 2 Ra =
tan θ1 (1 + cotg θ 2 ) 2 2 13
Ra
= + Ra
tan θ1 (1 + cotg θ 2 )
Il prospetto 10.15 riepiloga le espressioni degli sforzi nelle aste del traliccio a).

Prospetto 10.15 Sforzi nelle aste del traliccio a) della sella Gerber

C1 Ra / sen θ1
C2 Ra / [tan θ1 ⋅ (sen θ2 + cos θ2)]
C3 √2 Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]
C4 √2 Ra
T1 Ra / tan θ1
T2 Ra + Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]
T3 Ra + Ra / [tan θ1 ⋅ (1 + cotg θ2)]

Traliccio b)
Si indica con Rb l’aliquota della reazione della sella che viene assegnata al traliccio b).
Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio b)
Equilibrio nodo 1'
C'1 = Rb
Equilibrio nodo 2'
T' 1sen 45° = C'1
da cui
T' 1 = 2 C' 1 = 2 Rb

C' 2 = T' 1 cos 45° = Rb


Equilibrio nodo 3'
T' 1sen 45° = C' 3 sen 45° , C' 3 = T'1 = 2 Rb
⎛ 2 ⎞⎟
T' 2 = T' 1 cos 45° + C' 3 cos 45° = 2 ⎜ 2 Rb = 2 Rb .
⎜ 2 ⎟⎠

Il prospetto 10.16 riepiloga le espressioni degli sforzi nelle aste del traliccio b).
___________________________________
13
T3 = T2 per l’equilibrio nella direzione degli assi dei puntoni C3 e C4.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 627

Prospetto 10.16 Sforzi (in modulo) e dimensioni delle aste del traliccio b) della sella Gerber.

C '1 Rb
C '2 Rb

C '3 √2 Rb
T '1 √2 Rb
T '2 2 Rb

armature superiori pos. D

armature confez. pos. A’

moiette pos. E

armature a U pos. A
staffe pos. G staffe pos. F

pos. E

pos. G pos. A (e po
v e s.
pos. A’ nt B
ua
po le
s. )
pos. F B
pos. C

armature inferiori pos. C

Figura 10.73 Disposizione schematica delle armature nella sella Gerber. Se il progetto è
eseguito con riferimento al solo traliccio a), l’armatura inclinata (pos. B) non è necessaria.

10.12.6 Esempio 6 – Brusca variazione dell’intradosso di una trave inflessa


Identificare il modello tiranti tirante-puntone in corrispondenza di una brusca variazione
dell’intradosso di una trave inflessa.
Il modello S&T per l’analisi della regione “D” corrispondente ad una brusca variazione
dell’intradosso di una trave inflessa, con aumento di sezione e soggetta a momento fletten-
te positivo e taglio positivo, coincide con il primo dei due modelli utilizzati nel progetto
della sella Gerber dell’Esempio 5. L’unica differenza è rappresentata dal fatto che l’angolo
θ1 nella figura 10.74a è assunto pari a 45°, mentre nella sella Gerber il suo valore varia con
la snellezza della sella stessa.

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628 CAPITOLO 10

a) Taglio positivo (V > 0)

A B
3 6
θ1=
45°
C1 C2
h1
z1

M V T2

θ2
1 T1 T1 2 C4

z2
h2
V M
T4
C3
z 2 −z 1

A T2 45°

T3
4 5
a B

b) Taglio negativo (V < 0)

A B
3 6

C2
C1
h1

T2
z1

M V
T1 T1
θ2

C4
z2
h2

1 C1 2 T4 V M
z 2 −z1

A T C3
2
45°
45°

4 T3 5
a B

Figura 10.74 Modello S&T per una brusca variazione dell’intradosso di una trave inflessa con
h2 > 2h1: a) con taglio positivo, b) con taglio negativo (i valori di V e M sono calcolati in corri-
spondenza della variazione di sezione; il tirante verticale T2 tra i nodi 3 e 4 è posto a distanza a dal
cambio di sezione, perché le staffe verticali che lo costituiscono sono distribuite su un tratto lungo
2a, fig. 10.75).

Nella figura 10.74 sono illustrati i modelli S&T sia per il caso di taglio positivo sia per
quello di taglio negativo, assumendo in entrambi i casi che le bielle di calcestruzzo siano
inclinate di 45°. Di seguito si riportano inoltre i calcoli per la determinazione degli sforzi
nelle aste di entrambi i tralicci.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 629

Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio in presenza di taglio positivo (fig. 10.74a)
Sez. di Ritter (A-A)
C1 = 2 V

T1 = M/z1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1

C 2 senθ 2 = C 3 sen 45°


da cui
M
C 2 = T1 / (senθ 2 + cos θ 2 ) =
z1 (senθ 2 + cos θ 2 )

M senθ 2 2 M
C3 = C 2 senθ 2 /sen 45° = =
z1 sen 45° (senθ 2 + cos θ 2 ) z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 3
2 M senθ 2 M
T2 = C1sen 45° + C 2 senθ 2 = 2 V + =V +
2 z1 (senθ 2 + cos θ 2 ) z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 4
C 4 sen 45° + C 3 sen 45° = T2
da cui
C 4 = T2 /sen 45° − C 3
e sostituendo le espressioni di C3 e T2
⎡ M ⎤ 2M 14
C 4 = ⎢V + ⎥ 2− = 2V
⎣ z1 (1 + cotg θ )
2 ⎦ z1 (1 + cotg θ 2 )
infine
2M 2 2 M
T3 = C3 cos 45° + C 4 cos 45° = + 2V = +V
z1 (1 + cotg θ 2 ) 2 2 z1 (1 + cotg θ 2 )
che coincide con l’espressione di T2. 15
Equilibrio nodo 6
2
T4 = C4sen 45° = 2 V =V .
2

___________________________________
14
L’espressione di C4 può essere ricavata direttamente dall’equilibrio alla traslazione verticale sulla sezio-
ne di Ritter B-B: V = C4 sen 45° da cui: C4 = √2 V.
15
L’uguaglianza T3 = T2 si può anche ricavare dall’equilibrio alla traslazione del nodo 4 nella direzione
degli assi dei puntoni C3 e C4 (inclinati di 45° rispetto all’orizzontale).

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630 CAPITOLO 10

Calcolo degli sforzi nelle aste del traliccio in presenza di taglio negativo (fig. 10.74b)
Sez. di Ritter (A-A)
C1 = 2 V ; T1 = M/z1
Equilibrio nodo 2
C 2 cos θ 2 + C 3 cos 45° = T1

C 2 senθ 2 = C 3 sen 45°


da cui
M 1
C 2 = T1 / (senθ 2 + cos θ 2 ) =
z1 (senθ 2 + cos θ 2 )
M 2
C 3 = C 2 senθ 2 /sen 45° =
z1 1 + cotg θ 2 )
(
Equilibrio nodo 3
M 1 16
T2 = C 2 senθ 2 =
z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 4
M 2 2 M 1
T3 = C3 cos 45° = = = T2
z1 (1 + cotg θ 2 ) 2 z1 (1 + cotg θ 2 )
Equilibrio nodo 5
T4 = C1sen 45° = V
Equilibrio nodo 6
C 4 sen 45° = T4
da cui
C 4 = 2 T4 = 2 V

Il prospetto 10.17 riepiloga le espressioni degli sforzi nelle aste dei due tralicci (con ta-
glio positivo o negativo).

Nel caso particolare in cui risulti z1 = 0,5 z2 e quindi θ2=45° le espressioni degli sforzi
nei tiranti si semplificano nelle seguenti
se V > 0 (traliccio a)
T1 = M / z1 T2 = T3 = V + 0,5 M / z1 = V + M / z2 ; T4 = V
se V < 0 (traliccio b)
T1 = M / z1 T2 = T3 = 0,5 M / z1 = M / z2 ; T4 = V

___________________________________
16
In alternativa lo sforzo nel tirante T2 si può ricavare dall’equilibrio alla traslazione verticale del nodo 4:
M 2 2 M 1
T2 = C3 sen 45° = =
z1 (1 + cot gθ 2 ) 2 z1 (1 + cotg θ 2 )

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 631

Prospetto 10.17 Sforzi nelle aste dei tralicci della figura 10.74.

Asta Traliccio a) con taglio V positivo Traliccio b) con taglio V negativo


C1 √2 V √2 V
C2 (M / z1) / (sen θ2 + cos θ2) (M / z1) / (sen θ2 + cos θ2)
C3 √2 (M / z1) / (1 + cotg θ2) √2 (M / z1) / (1 + cotg θ2)
C4 √2 V √2 V
T1 M/z1 M/z1
T2 V + (M / z1) / (1 + cotg θ2) (M / z1) / (1 + cotg θ2)
T3 V + (M / z1) / (1 + cotg θ2) (M / z1) / (1 + cotg θ2)
T4 V V

Si noti come nel traliccio a) il tirante T2 sia chiamato ad equilibrare sia il taglio sia la com-
ponente verticale delle bielle inclinate C2 e C3 per l’ancoraggio del tirante T1, mentre nel
traliccio b) T2 equilibra solo quest’ultima.
La figura 10.75 mostra la possibile disposizione delle armature in corrispondenza della
brusca variazione di sezione.

a + (h 2 − h1) + l a
staffe pos. E staffe pos. C (D) a h 2 − h1 la
h1

pos. A

h2
pos. D
h 2 − h1

pos. E
pos. C
45°

pos. B

2a

armature inferiori pos. B

Figura 10.75 Disposizione schematica delle armature in corrispondenza di una brusca variazione
dell’intradosso di una trave inflessa con h2 > 2h1 (l’armatura in pos. A va prolungata di un tratto pari
ad (a + h2-h1 + la), dove a è pari alla metà del tratto su cui sono distribuite le staffe C e la è la lun-
ghezza di ancoraggio).

10.12.7 Esempio 7 – Mensola tozza


Si progetti la mensola tozza avente le dimensioni mostrate nella figura 10.76. I materiali
sono i seguenti: calcestruzzo C35/45 - fck = 35 N/mm2, acciaio B450C - fyk = 450 N/mm2.
La mensola è soggetta ai seguenti carichi: carico verticale VEd = 700000 N = 700 kN e ca-
rico orizzontale: HEd = 70000 N = 70 kN.

Bozza 1 marzo 2011


632 CAPITOLO 10

a c=100
VEd
HEd ac
a
150 F c1 =F Ed
VEd

s
h c=400
H Ed
Ft
1
a’
200 Fc2

h c=400
d=350
z
ψ
2 Fc3
400
a4

25 150 Fc4
50

Fc5 =VEd
a5
c=300
400

400 200
50

a) b)
Figura 10.76 Mensola tozza di 200×400 mm: a) geometria e modello S&T di mensola e pilastro
(il modello S&T indicato per il pilastro ipotizza la presenza di momenti antiorari nelle sezioni infe-
riore e superiore), b) modello S&T della mensola; per comodità di notazione lo sforzo nel puntone
inclinato è indicato con Fc2 nel nodo 1 e con Fc3 (= Fc2) nel nodo 1.

La risultante dei carichi verticale e orizzontale è pari a


FEd = (VEd2 + HEd2)0,5 = 703491 N
e l’inclinazione α della risultante rispetto alla direzione verticale vale
α = arctan (HEd/VEd) = 5,71°
L’armatura principale è disposta su due strati di altezza u pari a 100 mm (fig. 10.77),
cosicché il baricentro dell’armatura dista d'=50 mm dall’estradosso della mensola e l’al-
tezza utile vale d = hc – 50 = 350 mm, dove hc = 400 mm è l’altezza della mensola.
Resistenza di progetto del calcestruzzo
0 ,85 f ck 0 ,85 ⋅ 35
f cd = = = 19 ,83 N/mm 2
1,5 1,5

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 633

a1
Fc1 = FEd

d’=50
σc1 Fc3 =Fc2

a3
σc3
α

ψ
Ft Fc4

u=100

a4
σc4
σc2
ψ

Fc2 σc5
Fc5 = VEd
a2

a5

nodo 1 nodo 2
a) b)
Figura 10.77 Nodi 1 e 2 del traliccio.

Resistenza di progetto dell’acciaio


f yk 450
f yd = = = 391,3 N/mm 2
1,15 1,15
Resistenza a compressione nodi
Dal prospetto 10.10 per fck = 35 N/mm2 risulta

Nodi compressi
σ1Rd,max = 16,46 N/mm2
Nodi compressi-tesi con tiranti ancorati disposti in una direzione
σ2Rd,max = 14,00 N/mm2
Nodi compressi-tesi con tiranti ancorati disposti in più di una direzione
σ3Rd,max = 12,35 N/mm2
(vedi anche i valori riportati nel prospetto 10.10 per fck = 35 N/mm2)
Calcolo degli sforzi Ft e Fc4
Si determina la larghezza a5 della porzione di puntone verticale del pilastro in equilibrio
con VEd, imponendo che la tensione di compressione sia pari a σ1Rd,max, poiché il nodo 2 è
un nodo tutto compresso
V Ed 700000
a5 = = ≅ 106 mm
σ 1Rd, max b 16 ,46 ⋅ 400
il nodo 2 è situato alla distanza a5/2 ≅ 53 mm dalla faccia esterna del pilastro, pertanto la
distanza orizzontale del punto di applicazione dei carichi esterni dal nodo 2 vale (figura
10.76b)
a = ac + a5/2 = 100 + 53 = 153 mm

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634 CAPITOLO 10

trovandosi il baricentro dell’armatura superiore alla distanza d' = 50 mm dall’estradosso


della mensola ed ipotizzando uno spessore s della piastra di carico pari a 20 mm, la distan-
za orizzontale del nodo 1 dal punto di applicazione dei carichi sulla piastra è uguale a
(figura 10.78b)
e = (d' + s) tan α = 70 ⋅ (HEd/VEd) = 7 mm
dove α è l’angolo calcolato sopra che la risultante FEd dei carichi esterni forma con la dire-
zione verticale, mentre la distanza orizzontale del nodo 2 dal nodo 1 vale
a' = a + e = 153 + 7 = 160 mm

Assunto il braccio della coppia interna z pari a 0,8⋅d (z = 0,8⋅350 = 280 mm) ed indicata
con a4 l’altezza del nodo 2 (fig. 10.77b), si ha che la distanza dello stesso nodo 2 dal lembo
inferiore della mensola è pari a
a4/2 = d – z = 0,2d = 0,2 ⋅ 350 = 70 mm
da cui si ricava: a4 = 140 mm.
Con riferimento alla figura 10.78 si ha:
– equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2
V Ed a' = (Ft − H Ed ) z

700000 ⋅160 = Ft ⋅ 280 − 70000 ⋅ 280

700000 ⋅160 + 70000 ⋅ 280


Ft = = 470000 N ≅ 470 kN
280
– equilibrio alla traslazione orizzontale
Fc 4 = Ft − H Ed = 470000 − 70000 = 400000 N = 400 kN

Calcolo della forza di compressione nel puntone inclinato (Fc2 = Fc3)


L’angolo ψ che il puntone forma con la direzione orizzontale è pari a:
z 280
ψ = arctan = arctan = 60,26°
a' 160
dall’equilibrio alla traslazione verticale del nodo 1 si ha
Fc2 sen ψ = VEd
V 700000
Fc 2 = Ed = = 806187 N ≅ 806 kN
sen ψ sen 60 ,26°

Verifica del nodo 2


Risulta (fig. 10.77b)
a 3 = a 42 + a 52 = 70 2 + 106 2 ≅ 127 mm
Fc 3 Fc 2 806187
σ c3 = = = = 15,87 N/mm 2 ≤ σ1Rd, max
a3b a3b 127 ⋅ 400
F 400000
σ c4 = c4 = = 7 ,14 N/mm 2 ≤ σ 1Rd, max
a 4 b 140 ⋅ 400

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 635

a’ =160
a=153 e=7

s=20
F Ed H Ed F Ed
Ft
150

s=20
1
e=7
a’=160
Fc2 F Ed VEd
z=280 F c1

70
d’=50
d
α=5,71°
a4

1
ψ

2 Fc3
Fc4 F c2

Fc5 a) b)
a5

Figura 10.78 Schema di calcolo della forza di trazione nell’armatura principale.

Progetto dell’armatura principale superiore


Ft 470000
As = = = 1201 mm 2
f yd 391,3
si adottano 8φ14 (As = 1232 mm2)
Verifica del nodo 1 (sotto la piastra di carico)
Le dimensioni a1 e u valgono
a1 = 150 cosα = 149 mm (fig. 10.79) ; u = 100 mm
inoltre con riferimento alla figura 10.80a, si ha
a1 cos α = a 2 cos β
a1senα + a 2 senβ = u
da cui
u − a1senα
β = arctan = 29 ,83°
a1 cos α
u − a1senα
a2 = = 171 mm
senβ
La verifica delle tensioni nel nodo 1 va eseguita con riferimento alla larghezza della
piastra c = 300 mm:
FEd 703491
σ c1 = = = 15,74 N/mm 2 > σ 2 Rd, max = 14 ,08 N/mm 2
a1c 149 ⋅ 300

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636 CAPITOLO 10

α
F Ed
150

α
a1

Figura 10.79 Larghezza a1 del puntone Fc1.

a1 a1
α

α
β

u=100

β
a

u>100
2
β

a
β
ψ2 ψ

(β+ψ)−90°

a ∗
β
90
°−ψ

a) b)

Figura 10.80 Geometria del nodo 1 (nodo sotto la piastra di carico): a) u = 100 mm, b) u > 100 mm.

La verifica sulla faccia a1 non è soddisfatta; si adotta allora una larghezza c della pia-
stra di 350 mm
FEd 703491
σ c1 = = = 13,49 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
a1c 149 ⋅ 350
Si completa la verifica del nodo, considerando la tensione di compressione sulla faccia a2.
Con riferimento alla figura 10.80a, risulta β + ψ = 29,83° + 60,26° = 90,09° ≅ 90°, per-
tanto l’asse del puntone si può considerare ortogonale alla faccia a2 del nodo 1.
F 806187
σ c2 = c2 = = 13,47 N/mm 2 ≤ σ 2 Rd, max
a 2 c 171 ⋅ 350
Se fosse (β + ψ) > 90°, come si verifica per valori di u > 100 mm, la tensione di com-
pressione sulla faccia del nodo andrebbe valutata sulla sezione trasversale a* del puntone
inclinato, ossia ortogonalmente all’asse del puntone (fig. 10.80b).
Disposizione delle armature
Per la disposizione delle armature si rimanda all’Esempio 8.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 637

10.12.8 Esempio 8 – Progetto dell’armatura secondaria di una mensola tozza


Si progetti l’armatura secondaria della mensola dell’Esempio 7.
Per tenere conto della diffusione dello sforzo di compressione all’interno del puntone
inclinato compreso tra i nodi 1 e 2, il traliccio dell’Esempio 7 va completato in modo da
assumere una delle due configurazioni mostrate nella figura 10.81. Questi tralicci consen-
tono di progettare un’idonea armatura trasversale, orizzontale oppure verticale, in grado di
assorbire le tensioni di trazione associate alla diffusione del carico. Senza perdere di gene-
ralità si fa riferimento al caso di solo carico verticale, poiché le considerazioni riportate di
seguito non cambiano in presenza di un carico orizzontale, fatto salvo che la posizione del
nodo 1 sotto la piastra di carico risulterà spostato verso destra o sinistra, come visto
nell’Esempio 7, e che lo sforzo nell’armatura principale risulterà maggiorato o diminuito
della forza orizzontale sollecitante.
L’armatura secondaria può essere progettata con riferimento a uno dei due tralicci mo-
strati nella figura 10.82: si adotterà il traliccio 2a per mensole con ac ≤ hc/2 ed il traliccio
2b per mensole con ac > hc/2. I due tralicci si differenziano per il diverso rapporto luce–
altezza ac/hc: EC2 suggerisce l’uso di staffe orizzontali o inclinate per ac ≤ hc/2 (fig. 10.85)
e l’uso di staffe chiuse verticali per ac > hc/2 (fig. 10.86). Le ragioni di queste diverse di-
sposizioni sono legate alla differente inclinazione del puntone compresso che trasferisce il
carico dalla faccia superiore della mensola fino al pilastro.

ac ac
a
a
VEd av VEd
Ft Ft
1 3 1
Fc1
Fc2
hc

hc
z

Fwd
d

Fc3
2 2
4
Fc a/2 a/2
Fc a/2 a/2
1
y

VEd
x1

a) b)
Figura 10.81 Mensola tozza: a) ac ≤ hc/2, b) ac > hc/2.

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638 CAPITOLO 10

caso a) a c < h c /2

a a
ac ac

VEd
’ VEd
’’ VEd
Ft’ Ft’’ Ft
1 1 1
ψ

+ =

hc
hc
z

z
4 Fwd 3 4 3
d

d
2 2 2
Fc’ Fc’’ Fc

V Ed
’ VEd
’’ VEd
(1 − γ h ) Fdiag TRALICCIO 1a γ h Fdiag TRALICCIO 2a
θ

a) b) c)

caso b) a c > h c /2

a
ac a
V Ed
’’ V
VEd
’ Ed
Ft’ Ft’’ Ft
1 1
3 3 1
ψ

+ =
hc

hc
z

z
Fwd
d

2 2 2
Fc’ Fc’’ 4 Fc 4
a/2 a/2
V’ V ’’ VEd
Ed Ed
(1 − γ h ) Fdiag TRALICCIO 1b γ h Fdiag TRALICCIO 2b
θ

d) e) f)
Figura 10.82 Modello S&T di una mensola tozza come somma di due tralicci elementari: caso
a) (in alto) per una mensola con ac ≤ hc / 2; caso b) (in basso) per una mensola con ac > hc/2.

Nel primo caso il puntone è poco inclinato rispetto alla direzione verticale (quindi le
tensioni di diffusione sono pressappoco orizzontali), mentre nel secondo caso l’asse del
puntone tende alla direzione orizzontale e pertanto le staffe verticali sono più idonee ad
assorbire le trazioni legate alla diffusione dello sforzo di compressione nel puntone.
Inoltre per ac > hc/2 l’adozione dell’armatura secondaria è suggerita dall’EC2 solo se
il taglio sollecitante supera il taglio resistente VRd,ct in assenza di armature trasversali;
tuttavia, per limitare la fessurazione, è opportuno ricorrere sempre all’adozione di staffe
verticali.
Il traliccio 2, sovrapposto al traliccio 1 (già utilizzato nell’Esempio 7 per il progetto
dell’armatura principale superiore), dà origine in entrambi i casi ad un traliccio iperstatico,
dove gli sforzi normali nelle singole aste non possono essere determinati con sole conside-
razioni di equilibrio.

Bozza 1 marzo 2011


PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 639

Figura 10.83 Mensola tozza con ac ≤ hc/2: andamento dei rapporti V'Ed / VEd (linea continua) e
V''Ed / VEd (linea tratteggiata) al variare di a/z (V'Ed è l’aliquota di carico verticale sul traliccio 1a e
V''Ed quello sul traliccio 2a mostrati in fig. 10.82).

Per ciascuno dei due casi occorre allora individuare un criterio per ripartire il carico tra
i due tralicci. Di seguito si forniscono le indicazioni per effettuare la ripartizione.
Caso a: ac ≤ hc / 2
Sulla base dell’andamento degli sforzi principali di compressione ricavato da analisi elasti-
che lineari agli elementi finiti, il carico VEd si può ripartire nelle due seguenti aliquote
(fig. 10.83):
z
4−
V' Ed = a ⋅ V Ed per il traliccio 1a
z
+3
a
z
2 −1
V'' Ed = a ⋅ V Ed per il traliccio 2a
z
+3
a
Lo sforzo nell’armatura secondaria si calcola considerando il traliccio 2a soggetto al
carico V''Ed; dall’equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2 si ha (figura 10.82b):
a
F''t = V'' Ed
z
e dall’equilibrio alla traslazione orizzontale dei nodi 1 e 4 si ricava che il tirante superiore
ed il tirante 3-4 devono sopportare lo stesso sforzo di trazione, pari alla componente oriz-
zontale dello sforzo di compressione nel puntone 1-4:
a
Fwd = F'' t = V'' Ed
z

Bozza 1 marzo 2011


640 CAPITOLO 10

dalla quale, sostituendo a V''Ed l’espressione scritta sopra, si ottiene

⎛ z ⎞
⎜ 2 −1 ⎟
Fwd =⎜ a ⋅ V Ed ⎟⋅ a
⎜ z ⎟ z
⎜ 3+ ⎟
⎝ a ⎠
L’espressione fornita dal Model Code 1990 per Fwd è la seguente

⎛ z ⎞ Ft
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟
⎝ a ⎠ 3 + V Ed /Ft
dove Ft è la forza complessiva nel tirante; esplicitando la forza Ft (Ft = VEd a / z), si consta-
ta facilmente che l’espressione di Fwd fornita dal Model Code 1990 si riduce a quella rica-
vata sopra
a z
V Ed 2 −1
⎛ z ⎞ z a a
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟ = ⋅ V Ed ⋅
⎝ a V
⎠ 3 + Ed z z z
3+
V Ed a a

La figura 10.84 mostra l’andamento del rapporto Fwd/VEd al variare di a/z: il massimo
valore si registra per a/z = 0,5 ed è pari a 0,3.
EC2 suggerisce un quantitativo minimo di armatura secondaria orizzontale non inferio-
re al 25 % dell’armatura principale [p.to J.3(2)].
Indicata con Ft la resistenza dell’armatura principale, quella dell’armatura secondaria
deve quindi soddisfare la condizione
Fwd,min ≥ 0,25 Ft

poiché Ft = VEd a / z (dall’equilibrio alla rotazione intorno al nodo 2, fig. 10.82c), la dise-
guaglianza può essere riscritta come

Fwd,min / VEd ≥ 0,25 a / z

Per a/z nell’intervallo [0,25; 0,5] il rapporto Fwd,min / VEd assume valori compresi tra
0,0625 e 0,125 ossia valori inferiori a quelli che si ottengono con la formula di progetto
riportata sopra ed i cui risultati sono diagrammati nella figura 10.84. Pertanto, la formula di
progetto fornisce un quantitativo di armatura secondaria che è sempre maggiore di quello
minimo raccomandato dall’EC2.
L’armatura minima può invece risultare superiore a quella di calcolo in presenza di un
carico orizzontale significativo; la forza nell’armatura principale assume in questo caso
l’espressione
Ft = VEd (a/z) + HEd
e quindi
Fwd,min/VEd ≥ 0,25 (a / z + HEd / VEd)

Bozza 1 marzo 2011


PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 641

Figura 10.84 Mensola tozza con ac ≤ hc/2: andamento del rapporto Fwd / VEd al variare di a/z.

As

Σ A sw _
< As

Figura 10.85 Mensola dotata di armatura secondaria orizzontale: A = dispositivi di ancoraggio


o cappi (vedi figura 10.87), As,main = armatura principale, ΣAs,lnk = armatura secondaria orizzontale.

Caso b: ac > hc / 2
La forza Fwd nel tirante verticale viene calcolata ipotizzando che essa vari linearmente al
variare di a e che si abbia
Fwd = 0 per a = z/2
Fwd = VEd per a = 2 z

Bozza 1 marzo 2011


642 CAPITOLO 10

In altre parole si ipotizza che per a ≤ z/2 (mensola molto tozza), il traliccio resistente si
riduca al solo traliccio 1b (fig. 10.82d) e per a ≥ 2 z al traliccio 2b (fig. 10.82e);
l’equazione di Fwd è quella di una retta di coefficiente angolare Fw1 ed intercetta Fw2
Fwd = Fw1 a + Fw2
imponendo che sia
Fwd = 0 per a = z/2
Fwd = VEd per a = 2 z
si ottiene
2 V Ed V
Fw1 = e Fw 2 = − Ed
3 z 3
infine l’espressione della retta che descrive la variazione di Fw al variare di a è la seguente
2 V Ed V 2a/z − 1
Fwd = a − Ed = V Ed
3 z 3 3
L’equilibrio alla traslazione verticale dei nodi 1 e 4 del traliccio 2b fornisce
Fwd = V ''Ed
il rapporto [(2 a/z–1) / 3] che compare nell’espressione di Fwd rappresenta quindi l’aliquota
di carico verticale V ''Ed assorbita dal traliccio 2b; in particolare per a/z = 1 questo rapporto
vale 1/3.
Il valore di Fwd è limitato inferiormente dal minimo quantitativo di staffe verticali sug-
gerito da EC2 (As,lnk ≥ 0,5 VEd / fyd) [p.to J.3(3)], che corrisponde a considerare una forza
minima nelle staffe Fwd,min = 0,5 VEd.
Il valore massimo di Fwd è pari a VEd/3 per a/z = 1; questo valore è inferiore a quello
corrispondente all’armatura secondaria minima verticale raccomandata da EC2, pertanto si
può concludere che per ac > hc / 2 l’armatura secondaria coincide sempre con quella mini-
ma.
Si passa ora al calcolo dell’armatura secondaria della mensola dell’Esempio 7. Innanzi-
tutto si verifica in quale caso ricade la mensola in oggetto, confrontando ac con hc / 2; risul-
ta
ac = 100 mm, hc / 2 = 200 mm
pertanto essendo ac = hc / 2, l’armatura secondaria potrebbe essere disposta in direzione
orizzontale e calcolata con riferimento al traliccio 2a oppure in direzione verticale e calco-
lata con riferimento al traliccio 2b.
A rigore la scelta tra i due tipi di armatura secondaria dovrebbe basarsi sul valore del
rapporto a/z (come indicato per esempio nel Model Code 1990) e non sul rapporto ac/hc
(rapporto suggerito da EC2 perché di più immediata valutazione), in quanto l’effettiva in-
clinazione della biella compressa è definita proprio dal rapporto a/z e dipende quindi anche
dal copriferro dell’armatura principale, nonché dalle dimensioni del nodo inferiore.
Con riferimento all’Esempio 7, ma considerando a′ al posto di a poiché il carico oriz-
zontale sposta il nodo 1 del modello S&T verso l’esterno, si ha:

Bozza 1 marzo 2011


PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 643

a' = 160 mm z = 280 mm tan ψ = 280/160 = 1,75 ≤ 2,5 17


essendo a' > z/2 il calcolo dell’armatura secondaria va eseguito con riferimento al traliccio
2b della figura 10.82. Tuttavia, per completezza e per consentire un confronto tra i risultati
ottenuti, il calcolo è eseguito sia con il traliccio 2a sia con il traliccio 2b.
Progetto dell’armatura secondaria orizzontale (traliccio 2a) per la mensola dell’Esempio 7
La forza nell’armatura secondaria orizzontale può essere calcolata con la formula ricavata
sopra
z
2 −1
a a
Fwd = ⋅ ⋅V
z z Ed
3+
a
oppure con quella equivalente del Model Code 1990
⎛ z ⎞ Ft
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟
⎝ a ⎠ 3 + V Ed
Ft
a condizione di sostituire in quest’ultima a Ft la differenza (Ft – HEd).
Inoltre, a causa della presenza del carico orizzontale, in entrambe le espressioni occorre
utilizzare al posto della distanza a = 153 mm, il braccio a' = 160 mm (fig. 10.78a); si ottie-
ne pertanto
280
2 −1
160 160 18
Fwd = ⋅ ⋅ 700000 = 210526 N
280 280
3+
160
L’armatura secondaria avrà un’area complessiva non inferiore a
Fwd 210526 19
Asw = = ≅ 538 mm 2 ≥ k1 ⋅ As = 0,25 ⋅1232 = 308 mm 2
f yd 391,3

si adottano 4 staffe φ 10 a due bracci (Asw = 628 mm2) (figura 10.85).


___________________________________
17
L’Appendice J dell’EC2 al p.to J.3(1) limita il campo di applicazione del modello tirante-puntone per il
progetto delle mensole a valori di tan ψ compresi tra 1 e 2,5 (N.B. nell’EC2 viene utilizzato il simbolo θ al
posto di ψ per indicare l’angolo del puntone inclinato con l’orizzontale).

18
Utilizzando la formula del Model Code 1990, con (Ft – HEd) al posto di Ft, si ottiene lo stesso risultato:
⎛ z ⎞ Ft − H Ed ⎛ 280 ⎞ 470000 − 70000
Fwd = ⎜ 2 − 1⎟ = ⎜2 − 1⎟ = 210526 N
⎝ a ⎠ 3 + V Ed ⎝ 160 ⎠3+ 700000
Ft − H Ed 470000-70000
19
La limitazione inferiore Asw ≥ 0 ,25 As è indicata nell’Appendice J al p.to [J.3(2)], come già richiama-
to sopra nel testo.

Bozza 1 marzo 2011


644 CAPITOLO 10

Progetto dell’armatura secondaria verticale (traliccio 2b) per la mensola dell’Esempio 7


Riprendendo l’espressione riportata sopra per il traliccio 2b, nell’armatura secondaria ver-
ticale si ha
2a/z − 1
Fwd = V Ed
3
Come per il caso precedente, essendo presente anche un carico orizzontale HEd, nel-
l’espressione di Fwd occorre utilizzare al posto di a=153 mm il braccio a' = 160 mm, otte-
nendo pertanto
2 ⋅160 / 280 − 1
Fwd = 700000 = 33333 N
3
l’armatura secondaria orizzontale avrà un’area complessiva pari a
F 33333
Asw = wd = ≅ 85 mm 2
f yd 391,3
che è inferiore a quella minima [p.to J.3(3)]20
Asw, min = k 1 ⋅ As = 0,25 ⋅1232 = 308 mm 2 ≥ Asw
si adottano pertanto 4 staffe φ 8 a due bracci (Asw = 400 mm2 ≥ Asw,min).
Nella disposizione delle armature bisogna prestare attenzione affinché l’armatura prin-
cipale sia efficacemente ancorata in corrispondenza della piastra di carico. L’ancoraggio
può essere garantito adottando (figura 10.87):
a) barre a forma di cappio,
b) barre rettilinee saldate ad una barra trasversale, alla quale sono inoltre saldate le
barre poste sul contorno della mensola,
c) barre piegate nel piano verticale che costituiscono sia l’armatura principale superio-
re sia l’armatura posta sul contorno,
d) barre ancorate mediante dispositivi meccanici o dotate di una testa ad ognuna delle
due estremità.

Figura 10.86 Mensola dotata di armatura secondaria verticale: A = dispositivi di ancoraggio o


cappi (vedi figura 10.87), B = armatura secondaria costituita da staffe chiuse verticali.
___________________________________
20
Per ac > hc / 2, risulta sempre Asw < Asw,min, come già evidenziato sopra.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 645

l c x bc l c x bc

Filo esterno
As As dell'apparecchio
A's lc di appoggio

As As

bc
bw

lc

a) b)

c) d)
Figura 10.87 Possibili configurazioni di armatura per una mensola tozza: a) conformazione a cap-
pio delle armature superiori, b) barre rettilinee saldate ad una barra trasversale, c) piastra di ancorag-
gio, c) barre ancorate con dispositivi meccanici.

10.12.9 Esempio 9 – Mensola tozza con traliccio, secondo la Circolare


alle NTC 2008
Si riprogetti la mensola dell’Esempio 7 adottando i tralicci S&T mostrati nella figura
10.88, ripresi dalla Circolare alle NTC 2008.
Si considera lo stesso meccanismo resistente dell’Esempio 7 costituito da un tirante oriz-
zontale superiore, corrispondente all’armatura tesa, e da un puntone di calcestruzzo incli-
nato di ψ. Nel modello A della Circolare alle NTC 2008 la larghezza del puntone compres-
so del pilastro è fissata a priori e pari a 0,4 d, cosicché risulta:
a = ac + 0,2d in assenza di carico orizzontale,
a' = a + e = (ac + 0,2 d) + e in presenza di un carico orizzontale, come avviene in
questo caso (fig. 10.89a e fig. 10.89b).

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646 CAPITOLO 10

Modello A Modello B
ac a

VEd VEd
H Ed

d hc z
ψ α

a ~ ac+0,2d

Figura 10.88 Modelli indicati dalla Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza: il progetto
può essere eseguito con riferimento al solo modello A, oppure considerando anche il modello B
funzionante in parallelo con il primo (sono stati adottati gli stessi simboli degli esempi precedenti,
diversi da quelli che compaiono nelle figure C4.1.7 e C4.1.8 della Circolare).

Si esprime la forza Ft nell’armatura principale come somma di due contributi


Ft = Ft,V + Ft,H
dove Ft,V è la forza di trazione nell’armatura principale prodotta dal carico verticale e Ft,H
quella prodotta dal carico orizzontale.
Con riferimento alla figura 10.89b, dall’equilibrio del nodo 1 sotto la piastra di carico
si ricava
Ft,V = VEd cotg ψ
e
Ft,H = HEd
quindi lo sforzo di trazione complessivo è pari a
Ft = VEd cotg ψ + H Ed
Per un prefissato valore HEd del carico orizzontale, la capacità portante VRd,s della men-
sola lato acciaio si ottiene ponendo Ft = Ft,max = As fyd nell’espressione di Ft
As f yd − H Ed
V Rd,s =
cotg ψ
dove As è l’area dell’armatura e cotg ψ = a' / (0,9d).21
Progetto dell’armatura
a' = (ac + 0,2 d) + e = 100 + 0,2 ⋅ 350 + 7= 177 mm
___________________________________
21
La Circolare alle NTC 2008 considera un valore del braccio della coppia interna pari a 0,9d e non di
0,8d, come assunto nell’Esempio 8.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 647

a
0,2d ac e
VEd
HEd F Ed

z=0,9 d
hc
VEd
ψ

1
2
0,4 d
0,1 d HEd

a’ = (a c + 0,2 d) + e b)
b a
a)
0,4
d sen
b’ ψ Ft,v
b’ ψ
ψ
2
ψ

VEd
Fc
0,4 d 0,4 d
0,1 d

c) d)
Figura 10.89 Modello A della Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza: a) modello S&T,
b) nodo 1, c) nodo 2, d) triangolo delle forze nel nodo 2.

z = 0,9 d = 0,9 ⋅ 350 = 315 mm


VEd cotg ψ + H Ed 700000 ⋅ (177 / 315) + 70000
As = = = 1184 mm 2
f yd 391,3
Per l’equilibrio alla traslazione verticale del nodo, la compressione nel puntone inclina-
to risulta pari a
VEd
Fc =
senψ
La portanza VRd,c della mensola lato calcestruzzo si ottiene ponendo Fc pari al suo valo-
re massimo Fc,max
Fc,max = b b' f cd = b (0,4 d sen ψ ) f cd

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648 CAPITOLO 10

dove b e b' sono le dimensioni della sezione trasversale del puntone (in particolare b è lo
spessore della mensola e b' è indicata nella figura 10.89c)
1
V Rd,c = Fc, max senψ = 0 ,4 d sen 2 ψ b f cd = 0 ,4 d b f cd
1 + cotg 2 ψ
sulla base di prove sperimentali questo valore può essere amplificato del fattore 1,5 per
sbalzi di travi dotate di staffatura.
Per la mensola dell’Esempio 7 si ottiene
1 1
VRd,c = 0 ,4 d b f cd = 0 ,4 ⋅ 350 ⋅ 400 ⋅ 19,83 = 843998 N
1 + cotg 2ψ 1 + (177 / 315)
2

La resistenza VRd,c del puntone di calcestruzzo non dovrà essere minore di quella lato
acciaio
V Rd,c ≥ V Rd,s
pertanto, sempre con riferimento alla mensola dell’Esempio 7, l’area di armatura deve
soddisfare la seguente condizione
As f yd − H Ed
≤ V Rd,c
cotg ψ

VRd,c cotg ψ + H Ed 843998 ⋅ 177 / 315 + 70000


As ≤ = = 1391 mm 2
f yd 391,3
dove, in sicurezza, il valore di VRd,c non è stato incrementato di 1,5 per tenere conto
dell’eventuale presenza di staffe.
L’area calcolata sopra per sopportare i carichi di progetto (As = 1184 mm2) risulta infe-
riore al valore massimo di 1391 mm2 e quindi accettabile.
Al Modello A può aggiungersi un secondo meccanismo funzionante in parallelo (Mo-
dello B nella figura 10.88 e figura 10.90), formato da un tirante inclinato e da un puntone
orizzontale inferiore la cui sezione trasversale è alta 0,2d.
Dall’equilibrio alla traslazione verticale del nodo 3 inferiore si ha (fig. 10.90)
V' Ed = F' t, max senα
per cui, indicata con As,diag l’area dell’armatura inclinata, il contributo di portanza in termi-
ni di resistenza dell’armatura risulta pari a
V' Rd,s = As,diag f yd senα
Sempre dall’equilibrio del nodo 3 si ottiene
V' Ed = F' c tan α
ed essendo F' c, max = 0,2 d b f cd , la portanza lato calcestruzzo è data da
V' Rd,c = 0 ,2 d b f cd tan α
Sostituendo i valori numerici si ottiene
V' Rd,c = 0,2 d b f cd tan α = 0,2 ⋅ 350 ⋅ 400 ⋅19 ,83 ⋅ (315 / 177 ) = 988139 N

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 649

e
ac F’Ed
V’Ed
H’Ed
tirante
4 modello 1 1
A

z=0,9d
hc
A s,diag 3 b)
α

2
F’c
0,2 d

0,1 d
V’Ed
a’ F’t
b (a’=a + 0,2d + e)

α
Figura 10.90 Modello B della Circolare alle NTC 2008 per la mensola tozza (si fa osservare
che l’armatura diagonale ha la stessa inclinazione della biella 1-2 del modello A, cosicché α = ψ).

Come sopra, anche per il modello B la resistenza lato calcestruzzo non deve essere in-
feriore alla resistenza lato acciaio
V' Rd,c ≥ V' Rd,s
l’area di armatura inclinata deve pertanto soddisfare la seguente diseguaglianza
As,diag f yd senα ≤ V' Rd,c
da cui
0,2 d b f cd 0,2 ⋅ 350 ⋅ 400 ⋅19 ,83
As,diag ≤ = = 2897 mm 2
f yd cos α 391,3 ⋅ cos 60 ,67°
La capacità portante globale della mensola provvista dei due ordini di armature può
calcolarsi, a partire dal contributo di ciascun meccanismo resistente, come
V Rd = V Rd,s + 0,8 V' Rd,s
considerando un contributo aggiuntivo dell’armatura inclinata ridotto del 20%.
L’armatura secondaria per assorbire le tensioni di trazione ortogonali al campo di com-
pressione inclinato e per contenere l’entità della fessurazione può essere calcolata con gli
schemi descritti nell’Esempio 8.
La Circolare non precisa le aliquote di carico da assegnare a ciascuno dei due modelli,
ma fornisce solo il limite superiore per la resistenza lato acciaio di ciascuno dei due e la
formula per la somma delle resistenze. La Circolare inoltre presenta il modello B come ag-
giuntivo rispetto al modello A e lascia pertanto intendere che per carichi applicati all’estra-
dosso il progettista può anche limitarsi a considerare il solo modello A. Non appare invece
corretto l’utilizzo del solo modello B, che lascia il bordo superiore della mensola sprovvi-

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650 CAPITOLO 10

sto di armatura e presenta una maggiore deformabilità ed un quadro fessurativo molto più
esteso. Occorre pertanto che almeno il 50 % del carico all’estradosso sia assegnato al mo-
dello A, mentre ci si può limitare al solo modello B se il carico è applicato all’intradosso
(fig. 10.91b); in quest’ultimo caso occorre comunque disporre un’armatura minima di con-
fezionamento nella parte superiore della mensola. Nessuna indicazione viene fornita per il
progetto dell’armatura secondaria, per la quale si può fare utile riferimento all’EC2 (vedi
Esempio 8).
Se il carico è posto all’intradosso, esso può essere trasferito in alto da un tirante verti-
cale, riconducendosi così allo schema di calcolo valido per carico direttamente applicato
all’estradosso (fig. 10.91a) oppure da un’armatura inclinata (fig. 10.91b). Quando la men-
sola sostiene una trave della stessa altezza (fig. 10.91c) si può adottare una combinazione
dei due modelli, tenendo presente che le modalità di trasmissione del carico variano con la
disposizione delle armature nella trave portata: il carico è trasferito in basso dalle bielle di
calcestruzzo della trave (fig. 10.91c1), mentre eventuali ferri piegati possono trasferire il
carico in alto (fig. 10.91c2).

VEd VEd

a) b)
reazione della carico trasmesso dalla
mensola sulla trave trave alla mensola

c1) c2)
c)
Figura 10.91 Mensola tozza: a) e b) carico all’intradosso, c) trave portata della stessa altezza della
mensola: c1) carico trasmesso dalle bielle inclinate di calcestruzzo c2) carico trasmesso da eventuali
ferri piegati.

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PROGETTO CON MODELLI TIRANTE-PUNTONE 651

10.13 Riferimenti bibliografici


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Roma
AA.VV. (2008), Progettazione delle Strutture di Calcestruzzo Armato. Guida all’Uso
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blicemento, Roma
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Angotti, D., Spinelli, P. (2001), Il metodo dell’abbattimento del modulo elastico per
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ne riflessioni ed esperienze, Atti del Workshop S&T-2001, Firenze, 16 marzo, Ed.
Centro Stampa 2P - Firenze, pp. 3-14.
Brown, M. D., Bayrak, O. (2008), Design of Deep Beams Using Strut-and-Tie Models-
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Schlaich, J., Schäfer, K., e Jennewein, M. (1987), Towards a Consistent Design of Struc-
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