Sei sulla pagina 1di 56

Lezione

PONTI E GRANDI STRUTTURE


Prof. Pier Paolo Rossi
Università degli Studi di Catania

1
Modello tirante‐puntone

2
Modello tirante‐puntone
Introduzione

Il metodo di verifica con modello tirante puntone prevede


l’applicazione del primo teorema dell’analisi plastica (teorema
del limite inferiore o teorema statico)

Questo teorema può enunciarsi nel seguente modo:


Se la distribuzione degli sforzi all’interno di una struttura
soddisfa tutte le condizioni di equilibrio
e non viola le condizioni di resistenza dei materiali,
il carico associato a tale distribuzione non supera quello di collasso.

3
Modello tirante‐puntone
Introduzione

L’analisi limite può essere applicata alle strutture in c.a. solo se


sono sufficientemente duttili.

Ad esempio, in una struttura intelaiata è necessario che le sezioni delle aste


abbiano una capacità di rotazione tale da consentire la formazione di tutte
le cerniere plastiche là
dove il modello dell’analisi limite le prevede, pertanto il collasso delle
sezioni deve avere luogo per flessione con le armature in campo plastico.
Allo stesso modo la geometria di un modello tirante‐puntone deve essere
scelta in modo tale che tutte le aste del traliccio possano attingere la loro
resistenza di progetto e non si verifichi la rottura anticipata di un’asta o di
un nodo.

4
Modello tirante‐puntone
Introduzione

Il modello prevede l’individuazione di un traliccio reticolare


quale modello strutturale resistente.

• Le aste compresse (puntoni)


sono materializzate dal calcestruzzo
• Le aste tese (tiranti)
sono costituite dalle armature

5
Modello tirante‐puntone
Introduzione

Secondo l’Eurocodice 2, il modello tirante‐puntone può essere


utilizzato per il progetto
• di zone di continuità
• di zone di discontinuità.

Le regioni di continuità sono indicate come regioni “B” (da


“Bernoulli” o dall’inglese “beam”) e sono costituite da quelle zone di
travi e piastre dove l’ipotesi di Saint Venant è soddisfatta.

Le regioni di discontinuità sono invece caratterizzate dalla presenza


di discontinuità di tipo statico o geometrico (regioni tipo “D”,
dall’inglese “discontinuity”), dove l’ipotesi di Saint Venant non è
soddisfatta.
tratto da: Eurocodice 2 (6.5) 6
Modello tirante‐puntone
Individuazione zone di discontinuità

La loro estensione può essere determinata applicando il postulato


del Saint Venant, secondo il quale a sufficiente distanza dall’area su
cui sono applicati i carichi esterni, lo stato di tensione non dipende
dalla particolare distribuzione di questi carichi, ma solo dalla
risultante e dal momento risultante.
La distanza alla quale questa condizione può ritenersi soddisfatta è
all’incirca uguale alla maggiore delle dimensioni dell’area caricata.

7
Modello tirante‐puntone
Individuazione zone di discontinuità

8
Modello tirante‐puntone
Forze agenti sulle zone di discontinuità

Le forze al contorno delle regioni “D”


sono date dai carichi e dalle reazioni vincolari applicate su tali zone
e dalle caratteristiche della sollecitazione agenti nelle sezioni terminali delle
zone “B” adiacenti.

9
Modello tirante‐puntone
Forze agenti sulle zone di discontinuità

Per gli elementi tozzi formati solo da regioni tipo “D”


(ad esempio travi parete, plinti di fondazione, mensole)
le forze al contorno coincidono
con i carichi applicati e le reazioni vincolari.

10
Modello tirante‐puntone
I carichi

I carichi distribuiti sui bordi della regione di discontinuità


sono sostituiti con carichi concentrati equivalenti.

Per esempio, nelle travi sotto il carico uniforme e quello trapezoidale sono suddivisi
ciascuno in due parti di intensità pari alle corrispondenti reazioni vincolari.

11
Modello tirante‐puntone
I carichi

Eventuali forze distribuite nelle regioni di discontinuità (ad


esempio il peso proprio) possono essere sostituite da forze
distribuite sui bordi, e quindi da forze concentrate equivalenti.

12
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

L’Eurocodice 2 non pone nessuna condizione sul controllo della


capacità di deformazione del calcestruzzo e si limita ad indicare:

• al p.to [6.5.1(1)P] la possibilità di impiegare modelli S&T nelle regioni


dove esiste una distribuzione non lineare di tensioni (per esempio agli
appoggi o in prossimità di carichi concentrati);

• al p.to [5.6.4(5)], fra i possibili mezzi per lo sviluppo di idonei modelli,


la determinazione di linee isostatiche e di campi tensionali derivanti
dalla teoria dell’elasticità lineare oppure il ricorso al metodo dei percorsi
di carico; precisa inoltre che tutti i modelli tirante‐puntone possono
essere ottimizzati con criteri energetici.

13
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Ricorda che:
• il comportamento in fase non fessurata
dipende dalle caratteristiche elastiche della membratura.
• il comportamento in fase fessurata, e ancora più ultima,
dipende dalla disposizione dell’armatura
(perché il calcestruzzo non reagisce a trazione).

Per non richiedere alla struttura una elevata capacità di distribuzione


degli sforzi in fase plastica è opportuno che le armature siano
disposte secondo le isostatiche di trazione in fase non fessurata.
14
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Le curvature delle linee isostatiche vengono concentrate in corrispondenza


di punti detti nodi, che rappresentano le intersezioni degli assi delle aste
con quelli di altre aste, con i carichi applicati o con le reazioni vincolari.

15
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Quando si seguono altre strategie


per definire la geometria del traliccio,
la duttilità della membratura deve quindi essere verificata,
ad esempio mediante un’analisi non lineare agli elementi finiti.

(da preferirsi) (da non preferirsi)

16
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Il modello basato sulle isostatiche in fase non fessurata è idoneo :


• per le verifiche in fase di esercizio
• per le verifiche in fase di collasso

Il modello basato sulle isostatiche in fase non fessurata può comunque portare a
rotture premature quando la geometria del modello non è sufficientemente
accurata, ad esempio se il modello non contiene tratti atti a schematizzare le
trazioni derivanti dalla diffusione degli sforzi di compressione nei puntoni.

17
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Nel selezionare tra tuti i possibili tralicci quello da utilizzare per il progetto
di una regione di discontinuità, occorre tenere presente che i carichi
tendono a seguire i percorsi ai quali corrispondono le minime tensioni e le
minime deformazioni.
Poiché i tiranti sono molto più deformabili dei puntoni di calcestruzzo,
il modello con il minore sviluppo complessivo di tiranti è quello che
funziona meglio.

18
Modello tirante‐puntone
Individuazione del modello

Applicando il principio della minima energia di deformazione elastica al


sistema di aste del traliccio, si ha:

1 2    Fi li   1 2   Fi li  mi   minimo
dove:
F forza nell’asta del traliccio
l lunghezza dell’asta
 deformazione media dell’asta

Se si trascura il contributo deformativo dei puntoni di calcestruzzo e si adottano


aree di acciaio prossime al valore di calcolo (quindi la deformazione è quasi uguale
in tutti i tiranti e pari alla deformazione di primo snervamento) il criterio può essere
espresso nella forma:

 Fi l i
(tiranti)
 minimo
19
Individuazione del modello
Regole pratiche

Conviene disporre i tiranti in modo da semplificare la distribuzione


delle armature, utilizzando armature parallele oppure ortogonali ai
bordi dell’elemento strutturale.

20
Individuazione del modello
Regole pratiche

Gli angoli tra i puntoni ed i tiranti devono preferibilmente essere


almeno pari a 45°, fatta eccezione per quei nodi dove un puntone
interseca due tiranti ortogonali. In particolare, bisogna evitare angoli
inferiori a 30° .

La limitazione sull’angolo tra puntoni e tiranti confluenti in un nodo


serve a limitare la fessurazione ed evitare che l’accorciamento dei
puntoni e l’allungamento dei tiranti avvengano all’incirca nella
stessa direzione.

21
Individuazione del modello
Regole pratiche

Le forze concentrate applicate sul bordo di un elemento strutturale


tendono a diffondersi secondo un angolo di circa 32,5°, come si
deduce dalla teoria dell’elasticità in un semispazio infinito

22
Individuazione del modello
Regole pratiche

In funzione della forma e delle condizioni al contorno della regione


di discontinuità l’angolo di diffusione di un carico concentrato varia
ed il modello tirante‐puntone deve essere adattato di conseguenza.

23
Individuazione del modello
Regole pratiche

Gli assi dei puntoni devono essere posizionati a sufficiente distanza


dai bordi dell’elemento strutturale per tenere conto dell’ingombro
trasversale dei puntoni stessi.
Lo stesso discorso vale anche per i tiranti formati da armature
distribuite su più strati e per i nodi.

24
Esempio 1
Modello di diffusione di una forza all’interno di un puntone

Sia assegnato un puntone di larghezza b ed altezza H soggetto sulle


due sezioni di estremità a due carichi centrati uguali ed opposti.

• Se H>2b (discontinuità parziale),


le due regioni “D” non occupano tutto il puntone
ed al centro rimane una regione “B” di altezza (H‐2b)
dove le isostatiche sono parallele all’asse del puntone.

• Se H≤2b (discontinuità totale),


le due regioni “D” si sovrappongono
e la diffusione del carico avviene su una larghezza
ridotta bef.

25
Esempio 1
Modello di diffusione di una forza (parziale discontinuità)

La geometria del modello tirante‐puntone è definita


sulla base delle isostatiche in fase non fessurata

26
Esempio 1
Modello di diffusione di una forza (parziale discontinuità)

Dall’equilibrio alla rotazione del


puntone inclinato 1‐2 si ha:

b F b a T  a
T      0.25 1  
2 2 4 4 F  b

La tangente dell’angolo di
inclinazione  dei puntoni con
l’orizzontale vale :
b2 2
tg   
b 4  a 4 1 a b

tratto da: Eurocodice 2 (6.5.3) 27


Esempio 1
Modello di diffusione di una forza (parziale discontinuità)

Disposizione delle armature di frettaggio

28
Esempio 1
Modello di diffusione di una forza (totale discontinuità)

La larghezza bef della zona di Il braccio della coppia interna è


diffusione della forza F vale: pari alla metà dell’altezza della
bef  0.5 H  0.65a zona di diffusione: z  h 2  H 4

Dall’equilibrio alla rotazione del


puntone inclinato si ha:
T  a
 0.25 1  0.7 
F  H

La tangente dell’angolo  vale :


1
tg  
0.5  0.35 a H
29
Esempio 2
Modello di diffusione di una forza eccentrica

Il diagramma degli sforzi agenti sul bordo inferiore della regione


è suddiviso in due parti: la parte sinistra con risultante uguale a F
e la parte destra con risultante nulla (due forze uguali e contrarie).

Il percorso di carico associato alle due


forze B uguali e contrarie entra nella
regione di discontinuità nel punto B1
ed esce nel punto B2, con un andamento
curvilineo a U.
In corrispondenza di tale andamento
curvilineo nasce una distribuzione di
forze C di deviazione degli sforzi di
compressione

30
Esempio 2
Modello di diffusione di una forza eccentrica

Il braccio della coppia interna z può essere assunto pari alla distanza
tra le due forze B (la biella compressa C2 è orientata a 45°)
Le lunghezze h' e h'' valgono:
h '  0.5 H 1  H  6e 
h ''  0.5 H 1  H  6e 
con la limitazione : H 6eH 2

Le lunghezze b, b' e b'' valgono:


b   2 H 3 1  H  6e 
b '   H e  18e  H  216
2

b ''  H 6 1  H  6e 
31
Esempio 2
Modello di diffusione di una forza eccentrica

Dagli equilibri ai nodi


si ottiene:

C1  F cos  T1  F tg
C2  2 F tg T2  F tg
C3  F tg
C4  F
C5  F tg

32
Esempio 3
Modello di trave parete

Dagli equilibri ai nodi


si ottiene:

C1  qL 2 T1  qL  2 tg 
C2  qL  2 tg 
C3  qL  2sen 

33
Verifica del traliccio

La rottura di un traliccio tirante‐puntone può essere causata da:


• snervamento di uno o più tiranti;
• schiacciamento di un puntone di calcestruzzo;
• schiacciamento di un nodo;
• sfilamento di uno o più tiranti in corrispondenza di un nodo.

Le Norme Tecniche per le Costruzioni prescrivono che nella verifica dei


modelli tirante-puntone la resistenza associata allo snervamento delle
armature sia inferiore a quella associata agli altri meccanismi di collasso, per
garantire una rottura di tipo duttile dell’elemento strutturale.
34
Verifica del traliccio
Le armature

Le armature metalliche sono utilizzate come :


• tiranti del modello tirante‐puntone (armature principali)
• elementi atti a resistere alle forze di trazione dovute alla
diffusione del carico, che si instaurano in direzione ortogonale
ai campi di compressione (armatura di frettaggio).

L’area A della sezione di ciascun tirante si ottiene dividendo


lo sforzo normale di progetto NEd per la resistenza di progetto dell’acciaio:
A ≥ NEd/fyd.

35
Verifica del traliccio
Le armature

L’armatura principale va distribuita sull’altezza del nodo.


I tiranti formati da più barre vanno disposti su più strati per
evitare la congestione delle barre d’armatura e per migliorare la
resistenza del nodo.
La lunghezza di ancoraggio inizia in
corrispondenza della sezione dove le
traiettorie degli sforzi di
compressione nel puntone
intercettano le barre e sono deviate
da queste. Le armature devono
essere poi prolungate almeno fino
alla faccia opposta del nodo.

36
Verifica del traliccio
I puntoni di calcestruzzo

In assenza di campi di tensione trasversali,


la resistenza di progetto di un puntone di calcestruzzo coincide con la
resistenza di progetto del calcestruzzo:

 Rd  f cd
In presenza di campi di tensione trasversali,
la resistenza di progetto di un puntone di calcestruzzo vale
(per calcestruzzi di classe non superiore alla C70/85):

 Rd  0.6  ' f cd
(1)
 Rd  0.5 f cd
(NTC08)
(1)  '  1  fck 250 con fck in MPa
tratto da: Norme tecniche per le costruzioni 2008 e Eurocodice 2 (6.5.2) 37
Verifica del traliccio
I nodi

Un nodo di un modello S&T è definito come un volume di


calcestruzzo contenuto all’interno delle intersezioni tra i campi
di compressione dei puntoni e tra questi e le barre di armatura
e/o le forze esterne.
I nodi sono “zone critiche” perché sede di un brusco
cambiamento di direzione delle forze con conseguente
concentrazione degli sforzi.

38
Verifica del traliccio
I nodi

In base a geometria ed estensione i nodi si classificano in


“concentrati” e “diffusi”:
• nei primi gli sforzi sono deviati in una zona molto ristretta
rispetto alla lunghezza delle aste che vi confluiscono
• nei secondi questa zona è più estesa.

Nodo
diffuso

Nodo
concentrato

39
Verifica del traliccio
I nodi

In funzione del tipo di aste che vi confluiscono, i nodi possono


essere suddivisi in quattro tipologie :
• CCC tre puntoni
• CCT due puntoni ed un tirante
• CTT un puntone e due tiranti
• TTT tre tiranti

CCC CCT CTT


40
Verifica del traliccio
I nodi

Una volta nota la geometria e le dimensioni del nodo,


occorre eseguire la verifica a schiacciamento del calcestruzzo.

La resistenza di progetto dei nodi è un’aliquota della resistenza


a compressione del calcestruzzo ed è definita dal fattore di
efficienza ν
 Rd   f cd

Il fattore di efficienza assume valori diversi per i nodi CCC, CCT e CTT. In
particolare, i nodi CCT e CTT hanno fattori di efficienza più piccoli dei nodi
CCC, perché le tensioni di trazione trasmesse per aderenza dalle barre
d’armatura ne diminuiscono la resistenza.
41
Verifica del traliccio
Resistenza di progetto dei nodi

Tipo di nodo Fattore di Resistenza di progetto (1)


efficienza
CCC K1=1.0 1Rd,max 1.00 (’ fcd)(2)
CCT K2=0.85 2Rd,max 0.85 (’ fcd)
CTT K3=0.75 3Rd,max 0.75 (’ fcd)
TTT ‐ ‐ min (fyd fbd)
Compressione triassiale ()3D) 4Rd,max 3.00 (’ fcd)

Nota : (1) valori di resistenza validi per classi ≤C70/85


(2)  '  1  fck 250 con fck in MPa

tratto da: Eurocodice 2 (6.5.4) 42


Verifica del traliccio
I nodi compressi idrostatici (CCC)

Se un nodo compresso è delimitato da facce ortogonali ai puntoni e le


dimensioni delle sezioni trasversali dei puntoni sono proporzionali agli sforzi
normali di compressione, le tensioni normali su tutte e tre le facce nodali
sono uguali.
In questo caso lo stato di sforzo nel nodo è idrostatico, ossia la tensione
normale è la stessa su qualsiasi giacitura e d’ora in poi un nodo così fatto
sarà denominato “nodo idrostatico”

Nodo idrostatico
C1 a1  C2 a2  C3 a3

43
Verifica del traliccio
I nodi compressi non idrostatici (CCC)

Nei nodi non idrostatici le facce nodali non sono ortogonali agli assi dei
puntoni e le tensioni di compressione nei puntoni sono diverse.
Schlaich (1987) raccomanda che il rapporto tra le tensioni di compressione
massima e minima non sia superiore a due.

44
Verifica del traliccio
I nodi compressi non idrostatici (CCC)

Per i nodi non idrostatici la resistenza si ottiene moltiplicando la resistenza


del calcestruzzo per la più piccola delle seguenti dimensioni:
• l’area della faccia nodale sulla quale
agisce lo sforzo di compressione Fc,
presa perpendicolarmente alla retta
di azione di Fc;

 Fc1 Fc2 Fc3 


 R  min  ; ; ;...
 a1 b a2 b a3 b 

45
Verifica del traliccio
I nodi compressi non idrostatici (CCC)

Per i nodi non idrostatici la resistenza si ottiene moltiplicando la resistenza


del calcestruzzo per la più piccola delle seguenti dimensioni:

• l’area di una sezione  Fc1 Fc2 Fc3 FAH 1 FCH 2 FBH 3 


che divide il nodo in due.  R  min  ; ; ; ; ; 
 a1 b a 2 b a3 b AH 1 b CH 2 b BH 3 b 

46
Verifica del traliccio
I nodi compressi‐tesi (CCT) (senza diffusione in piano ortogonale)

Analizzando il nodo nel suo piano medio, l’armatura può essere immaginata
diffusa uniformemente sull’intero spessore b dell’elemento strutturale (b =
dimensione ortogonale al piano del modello) e con un’altezza effettiva u,
sulla quale avviene la deviazione dei campi di compressione.

a2  a1 sen  u cos 


u  2 c   n  1 s Fc1
c1 
a1b
Fc2 Fc1 sen
c2  
a2 b a2b

47
Verifica del traliccio
I nodi compressi‐tesi (CCT) (con diffusione in piano ortogonale)

Un caso particolare di nodo CCT è rappresentato


dagli appoggi con piastre la cui larghezza b1 è
inferiore allo spessore b dell’elemento.
La forza di trazione trasversale Ft si calcola
considerando un braccio della coppia interna tra il
tirante ed il puntone orizzontale pari b/2:

b  b1
Ft  Fc1
4b

48
Esempio 3
Trave parete su due appoggi con carico distribuito q=280 kN/m

Si progetti una trave parete di dimensioni 8000×5500×300 mm, soggetta ad un carico


uniformemente distribuito di 280 kN/m, da intendersi come carico di progetto allo SLU
comprensivo del peso proprio della parete. La trave poggia su due pilastri di 300×500 mm.
Il calcestruzzo è di classe C25/30 e l’acciaio è del tipo B450C.

1252 kN =
=1120 kN

560 kN =

1252 kN =
=1120 kN

560 kN = =1120 kN

49
Esempio 3
Trave parete su due appoggi con carico distribuito q=280 kN/m

Progetto del tirante:


T1 560000
As1    1431mm² Si adottano 618 =1524 mm² disposti su tre file.
f yd 391.3

Verifica del nodo 3 sull’appoggio sinistro:

 2Rd,max  0.85(1  f ck / 250) f cd  10.84 MPa

1120000
 c1   7.47 MPa
300  500
1252000
c2   7.78 MPa
300   200cos   500sen 

50
Esempio 3
Trave parete su due appoggi con carico distribuito q=280 kN/m

Armatura minima sulle due facce della trave parete

L’Eurocodice 2 (§ 9.7) raccomanda di prevedere su ciascuna faccia una rete di armature


ortogonali, con una sezione minima per faccia e direzione pari a :
As,dbmin = 0.001 Ac ≥ 150 mm²/m
Inoltre, la distanza s tra due barre adiacenti della rete deve rispettare la limitazione:
s ≤ min(2 t ; 300 mm)
dove t è lo spessore della trave parete.

Nel presente caso si ha :


As,dbmin = 0.001 Ac = 0.001 ∙ 300 ∙ 1000 = 300 mm2/m > 150 mm²/m
Si adotta una rete φ 8 / 150 = 333 mm2 / m su ciascuna faccia
Le armature sulle due facce sono inoltre collegate da legature trasversali, per il
progetto delle quali si possono seguire le regole valide per le pareti.
tratto da: Eurocodice 2 (9.7) 51
Esempio 4
Sela Gerber

La sella Gerber può essere progettata combinando i due schemi.

Ra  Rb  Rtot

Nota che l’Eurocodice 2 consente di


considerare anche uno solo dei due schemi
resistenti.

52
Esempio 4
Sela Gerber

Sforzi nelle aste


Dall’equilibrio del nodo 1

C1  Ra sen1
T1  Ra tg1

Dall’equilibrio del nodo 2 Dall’equilibrio del nodo 3

Ra Ra
C2  T2  Ra 
tg1  sen2  cos 2  tg1 1  cotg2 

2 Ra Dall’equilibrio del nodo 4


C3 
tg1 1  cotg2 
C4  2 Ra T3  T2
53
Esempio 4
Sela Gerber

Sforzi nelle aste


Dall’equilibrio del nodo 1’

C1'  Rb
Dall’equilibrio del nodo 2’

T1'  2 Rb
C2'  Rb Disposizione delle armature
nella sella Gerber
Dall’equilibrio del nodo 3’

T2'  2 Rb
C3'  2 Rb

54
Principali riferimenti
Angotti F.
Capitolo 10. Progetto con modelli tirante-puntone
Eurocodice 2.
Design of concrete structures – Part 1-1: General rules and rules for buildings

55
FINE

56

Potrebbero piacerti anche