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RIASSUNTO

ALLE RADICI
DELL'EURO

Quando la moneta fa la storia

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INDICE
Pagina

1. La moneta greca 1

2. “Servius rex primus signavit eas ...” Breve storia della


moneta a Roma 8

3. La monetazione bizantina: un ruolo internazionale


tra oriente ed occidente 14

4. Tra ideali di universalità, spinte del mercato e particolarismi


politici:
La moneta in Italia e nell'Occidente medioevali 20

5. Dalla nascita della monetazione moderna alle soglie


della prima guerra mondiale 30

(parti non fondamentali)

6. Breve storia della lunga marcia verso l'unione


monetaria europea 35

7. Dal denarius all'Euro : Polonia 38

8. La moneta, un elemento centrale della società 40

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La moneta greca : forme e modi di un segno dell'uomo

La nascita della moneta è un segno particolare di una lenta e lunga evoluzione e


punto di arrivo di un processo durato diversi secoli.
Per sintetizzare si possono vedere le prime forme di scambio premonetale nei
“obeloi” o spiedi, negli anelli e nei pani di bronzo egeo-cretesi.

Inoltre nei poemi omerici questi oggetti sono ricordati come premi dei giochi e con
funzione monetaria. In questi poemi si attesta anche l'uso della moneta bestiame: ex,
una schiava che sappia lavorare bene è valutata quattro buoi.

L'uso del metallo prezioso come oro, argento o elettro, era diffuso in tutto il vicino
Oriente sotto forma di verghe, globetti, lingotti o porzioni informi di questi.
Il momento successivo è quello della introduzione della moneta vera e propria di cui
abbiamo una prima testimonianza nel deposito delle fondazioni del tempio
dell'Artemision di Efeso, si tende a porre al 580 a.C. In ionia microasiatica si giunse
al tondello monetale di materiale prezioso recante l'impronta dell'autorità emittente.

L'adozione della moneta non ha per fine esigenze commerciali ma piuttosto queste
vanno ricercate nelle finalità della polis, per pagamenti di ogni sorta.

Secondo le testimonianze di Erodoto i Lidi furono i primi a coniare monete in metalli


preziosi, rappresentate da piccoli pezzi di elettro con impressa una sola faccia con
delle striature o un impronta animale, e nel rovescio uno o due punzoni.

Il passaggio successivo a quello di un controllo da parte dello stato della emissione


della moneta.
Numerose sono le zecche dell'Asia Minore che producono monete, che si riesce con
difficoltà ad attribuire alle singole città, in quanto sono senza leggenda e se essa è
presente di limita ad una sola lettera.
– Efeso il tipo dell'ape
– Focea la foca
– Cizio nel Mar Nero il tonno
– ecc.

Anche Creso conia i suoi Creseidi d'oro, che recano le protoni di leone e di toro,
queste monete sono le prime in oro puro.
I Lidi invece furono i primi a separare i metalli di oro e argento, prima infatti le due
leghe erano unite nell'elettro.

Successivamente i Creseidi furono adottati anche dell'impero persiano e sotto Dario I


vi fu la creazione di un nuovo tipo monetario, chiamato da lui “darico” in oro, dal

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peso di 8,3 g e il “siclo” in argento.
(Darico, vedi riassunto precedente)

L'età arcaica : Grecia Continentale


Dall'Asia Minore la moneta si diffonde nel continente e si evolve anche in canoni di
eleganza. Infatti ben presto le monete assunsero un immagine a doppio rilievo, molto
simili alle attuali monete.
A tutti sono note le monete di Egina , tra le primissime del continente greco, con il
impressa su un lato la tartaruga terrestre (in una prima fase) e poi quella marina, e al
rovescio un quadrato incuso a bandiera inglese.
Il peso dei Didrammi nel sistema eginetico è 12,2g.

Contemporaneamente alle prime emissioni di queste due zecche si possono


considerare le emissioni, un tempo attribuite ad Atene, con i rovesci di tipo araldico,
queste monete sono quasi tutte a rovescio e a quadrato incuso, e sono stato oggetto di
numerosi studi ed attribuzioni, tra le quali ha prevalso la vecchia ipotesi che
appartenessero alle famiglie nobili che dominavano l'oligarchia cittadina, da cui il
nome di “monete araldiche”
Se questa spiegazione è corretta, avremmo qui la prima affermazione di una lega
monetale in cui le diverse città si accordano per produrre delle monete che presentano
unfaccia simile, in questo caso lo stesso rovescio incuso e l'altra diversa a seconda a
seconda delle diverse realtà culturali locali.

Lo stadio successivo della moneta ateniese, legato soprattutto alla scoperta ed alo
sfruttamento delle miniere d'argento, sono le famose civette che dal periodo di Ippia
(515 aC) fino al I secolo, rimarranno con poche modifiche il tipo unico della città di
Atene, ampiamente circolanti in tutto il bacino del Mediterraneo. (dcracme e
tetradracme, decadrammi, sono considerati i dollari dell'antichità)

Dal suo inizio la moneta tende, per essere accettata, a recare un'immagine nota e
popolare a tutti, lo stemma della città emittente, contemporaneamente per facilitare
gli scambi si creano aree monetali omogenee, sia sotto il profilo ponderale, con l'uso
del medesimo sistema metrolofico, ma anche sotto quello tipologico: sono le
cosiddette leghe, di cui abbiamo ampia testimonianza nel mondo greco.
La funzione iniziale della moneta, sembra limitata a funzioni legate ai pagamenti
delle polis ed un elemento inoltre che conferma la tesi che la moneta, nella sua fase
iniziale non ha potuto adempier alla funzione di favorire lo scambio commerciale.

Una delle ragioni principali per l'adozione della moneta, consiste nel fatto che essa
simboleggia l'autonomia della polis e dell'autorità emittente.
Spesso la moneta quindi è coniata con un sistema ponderale proprio, per cui lo statere
si divide in diverse quantità di cambio tra le varie polis.

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La moneta circolava, con potere liberatorio garantito dalla leggo sono all'interno della
polis, mentre fuori veniva accetta per il suo prestigio e per il suo valore intrinseco: è
questo il caso delle monete internazionali, come quella di Atene, Rodi, Taranto,
Neapolis.

Ben presto la moneta si diffuse in diverse isolo delle Cicladi, ed in regioni della
Grecia Continentale, Le moneta Abdera sono particolarmente importanti per la
presenza dei monogrammi dei magistrati, forse monetali.

Magna Grecia
Dal continente greco alla Magna Grecia e alla Sicilia il passo è breve e fu subito
eseguito, lungo le rotte degli insediamenti coloniali occidentali e lungo tutto le
sponde del Mediterraneo.

Se prima le monete nella Ionia e nella Grecia Continentale erano tutte a quadrato
incuso, piuttosto spesse, globulari e irregolari, in Magna Grecia si hanno invece
monete sottili e a largo diametro, e si sviluppa una particolare tecnologia, “a rovescio
incuso” che vede lo stesso tipo del dritto ripreso al rovescio in incavo, appunto.
Monete incuse dal 525/520 a.C. - 505 a.C.
Una delle ipotesi per questo stile di produzione è che sia stato Pitagora giunto da
Samo a Ctotone dopo il 530 a.C. ed appartenente ad un ambito artistico
particolarmente esperto nel sistema della fusione a cera persa, tecnica con cui sono
stati prodotti i tondelli.

Tali emissioni si articolano in tre momenti successivi caratterizzato dal


– tondello largo (termine nel 505)
– tondello medio (fino al 480/470) a Caulonia, Crotone e Metaponto
– tondello stretto (fino al 440) nelle zecche di Crotone e Metaponto

Un posto particolare spetta invece a Velia e Cuma.


La prima, colonia focese e sede di una famosa scuola filosofica, che non segue la
tecnica del rovescio incuso, ma si ispira alla tipologia della madrepatria, con il tipo
del leone che divora la preda e quadrato incuso al rovescio.
La seconda, colonia di Calcide e Eretria, ha una monetazione variata come
pondometria ma sostanzialmente fissa nel rovescio con la costante presenza di un
mitile, segno di una vocazione marinara della fondazione coloniale greca.

Sicilia
Nel medesimo tempo sono attive anche alcune zecche siciliane che iniziando delle tre
colonie di Zancle Nazzo e Imera emettono dracme di tipo calcidese, A questo gruppo
iniziale si aggiunge quello dele città che emettono dei didrammi a sistema euborico
attico es. Gela con al dritto una protome taurina a testa umana e al rovescio un
cavaliere al galoppo.

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Queste ultime zecche presentano una tipologia che richiama elementi guerreschi e
che forse fa riferimento ai mercenari che venivano pagati con queste monete.
Completa il quadro la zecca di Siracusa con l'emissione di tetradrammi, si conoscono
280 coni del dritto e 340 del rovescio per un periodo di 140 anni. La sua tipologia
gira attorno ai cavalli ad alle qudrighe con auriga incoronate, una Nike volante sui
rovesci, mentre al dritto compare la testa della ninfa Aretusa.

Tra le più significative della prima metà del V secolo si segna il Demareteion, per
commemorare la battaglia di Imera del 480 a.C in quanto presenta il nome della
regina Demarete moglie del tiranno Gelone.

L'età classica : Grecia Continentale


Dopo la vittoria sui persiani del 480 Atene emerse non solo come il campione morale
del mondo greco, ma anche come lo stato guida.
Atene in questo secolo coniò una quantità di denominazioni : oboli, dioboli, trioboli,
dracme, didracme ecc. in grande quantità e queste monete si diffusero in tutto il
mondo antico.
Venne quindi definito l'imperialismo economico di Atene cos' che nel 415 non vi
erano più zecche dalla Tracia all'Ellesponto, documento fondamentale per questa
azione è un decreto del V sec. che impone l'uso della moneta ateniese alle città della
Lega Marittima egemonizzata da Atene. Il popolo è quindi costretto a cambiare il
denaro straniero in moneta ateniese.

Inoltre il recente ritrovamento ad Atene di una iscrizione in cui si parla dell'esistenza


di un dokimastés, cioè di un addetto alla verifica della moneta circolante sul mercato
ateniese, fa supporre che in città circolassero esemplari imitati o falsi o suberati.

Corinto modifica la sua moneta in quanto sul rovescio appare la testa della dea Atena
con elmo corinzio e al rovescio il classico pegaso, queste monete si diffondono in
tutto l'Occidente greco, soprattutto in Sicilia e Magna Grecia.

Egina rimane fedele alla tartaruga e al quadrato incuso.

Infine un fenomeno particolarmente diffuso nel mondo greco è quello delle leghe
monetali, sorte da un lato per contrastare lo strapotere di alcune monete forti come
quella di Atene, dall'altro per ridurre le spese proponendo un'unica moneta
presentante uno stesso dritto ma differenti rovesci.

Magna Grecia
Ancora più variegata e composita è la monetazione in Magna Grecia a doppio rilievo
del V e IV sec.
Emerse Eraclea con i didrammi con testa di Atena ed Eracle al rovescio.
Seguono Terina con la ninfa eponima al dritto e al rovescio Nike seduta.

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Neapolis e le zecche campane, con il tipo della Nike che incorona un toro.

Rarissime sono invece le emissioni in oro limitate a poche eccezioni a differenza di


quelle successive in bronzo, destinate a divenire in età ellenistica il numerario
quotidiano della vita di una polis occidentale.
Altro momento significativo dei Greci d'Occidente nel IV e III sec, è il rapporto con
le popolazioni indigene, nelle zone della Campania, Puglia, Lucania e Calabria
fioriscono monetazioni che si ispirano a modelli greci, mentre talvolta il substrato
culturale è locale, con nomi e divinità indigene.

Sicilia
Per la moneta in Sicilia seguiamo la tripartizione proposta, che vede a Nasso il tipo
della testa di Dioniso
Poi Messana con il tipo della lepre e della quadriga
Imera con il tipo del gallo
Una delle più antiche zecche è sicuramente quella di Siracusa, una delle tappe
principali dell'evoluzione della monetazione siracusana è senz'altro la tirannide di
Dionigi I. (ved. Pag23)

L'età ellenistica : Alessandro Magno


Alla morte de padre nel 336 aC Alessandro gli susseguì, grazie alle sue vaste
conquiste, Alessandro stabilì venti zecche imperiali e nello stesso tempo unificò la
moneta per tutto il suo vasto dominio. Per gli stateri e i doppi stateri in oro usò i tipi
della testa di Atena con elmo corinzio e della Nike alata.
Con le sue conquiste anche la moneta greca si diffuse soprattutto verso Oriente
giungendo fino alle rive dell'Indo e dell'attuale Afganistan.
Nella monetazione di questo periodo si ha una innovazione destinata ad aver una
grande importanza a largo seguito nella evoluzione successiva della moneta greca e
poi romana : l'apparizione sul dritto delle monete del ritratto del sovrano con un
processo di assimilazione che comporta un passaggio del volto di Eracle a quello di
Alessandro.

La monetazione celtica
Tra la fine del IV sec e la fine del II sec. si sviluppa in Centro Europa un processo di
imitazione soprattutto delle monete di Filippo II di Macedonia e di Alessandro
Magno, Queste popolazioni celtiche erano giunte alla moneta tramite i frequenti
contatti con truppe mercenarie.
Questo processo imitativo porta ad una progressiva astrazione delle immagini.
Tra queste un posto particolare è occupato dalle imitazioni di tipo venetico che si
rinvengono particolarmente nelle aree che hanno dato resti della cultura dei Veneti
antichi.

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“Servius rex primus signavit eas ...” Breve storia della moneta a Roma

Le fasi premonetali
Roma giunse a coniare e ad utilizzare la moneta relativamente tardi, solamente a
partire dalla fine del IV secolo
A Roma fino a quel periodo non circolarono monete straniere perchè non si sentiva la
necessità.
D'altro canto l'assenza non vuol dire che non fossero diffusi altri strumenti omologhi,
nell'antico mondo romano la ricchezza veniva calcolata in quantità di bestiame.
Oltre al bestiame impieghi analoghi a quello della moneta venivano attribuiti al
metallo, principalmente il bronzo perchè :
– pratico per il trasporto
– aveva una scarsa deperibilità nel tempo
– poteva essere frazionato mantenendo proporzionalmente il proprio valore

Spesso veniva scambiato direttamente in forma grezza (aes rude) secondo una
consuetudine Etrusca.

Il rame era trasportato in lingotti fusi entro forme quadrangolari sulle quali erano
ricavati segni molto semplici, per lo più a ramo secco o a spina di pesce, questa
marcatura non doveva essere ancora un contrassegno ufficiale di una autorità
emittente, quanto piuttosto un semplicemente marchio di fabbrica indicate il luogo di
origine del metallo.
La diffusione di questi lingotti, fu relativamente ampia, ma molto raramente
oltrepassò i limiti della penisola italica.
La fabbricazione di questo tipo di manufatti può essere collocato nelle fasi iniziali del
VI sec. aC

La moneta vera e propria comparirà a Roma, che secondo la tradizione locale viene
imputata al re Servio Tullio
Tuttavia la tradizione più diffusa lega questo evento a Servio Tullio, e in modo
particolare si rifà a un passo di Plinio, “fu il re Servio Tullio il primo ad imporre un
signum, un impronta sul bronzo”

A Servio Tullio, non andrebbe quindi attribuita l'invenzione di una forma specifica
premonetale, l'aes signatum, ne un qualche tipo di moneta in bronzo, quanto piuttosto
l'istituzione di un'unità di misura del valore del tutto funzionale alle innovazione
amministrative da lui introdotto, la quale si sostanziava in una determinata quantità di
bronzo. (primo passo per la creazione di una moneta vera e propria)

Quale fosse l'unità di misura introdotta da Servio Tullio non possiamo dirlo con
certezza, la più antica unità di riferimento metallica conosciuta a Roma fu la libra in
bronzo, in altre parole l'asse.

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Nel 450 nelle leggi delle dodici tavole, viene chiaramente citato l'impiego di unità di
bronzo per il pagamento delle ammende.

Dal V secolo prese piene 'uso di esigere le tasse in “denaro” ossia in quantità di
bronzo, che veniva poi convogliato nel tesoro pubblico di Roma. (l'Aerarium Saturni)
che indica il bronzo.
Tale uso si diffuse e si passò al pagamento dei soldati in denaro.
Pertanto la nascita della moneta a Roma fu una conseguenza logica. In quanto
caratterizzava un metodo migliore di pagamento rispetto agli standard pre monetali.

Nel III secolo l'asse divenne anche una moneta effettiva, ma nel tempo cominciò a
svalutarsi, portandola a 1/24 del suo originale valore.
Durante la seconda metà del II secolo, la contabilità pubblica e privata dovette
impiegare un altra unità evidentemente più funzionale : il sesterzio.

La nascita della moneta a Roma


Roma poco dopo il 326 ritenne necessario dare corso alla prima emissione monetale,
la prima emissione fu di caratteristiche molto simili a quelle della moneta coeva della
zecca magno greca di Napolis, in quanto la sua stessa legenda che fece riferimento
all'autorità emittente fu impressa in greco, tutto questo perchè l'officina che produsse
la moneta non si trovava a Roma ma bensì a Napolis.

La prima emissione fu in bronzo del peso di 6gr essa si distingueva dalle monete
neopolitane in quanto recava la scritta PΩMAIΩN = (dei Romani) nel luogo di
NEOΠOΛITΩN = (dei cittadini di Neapolis)

La prima moneta nasce dalla necessità di operare in un'area già da lungo tempo
abituata ad utilizzare un determinato tipo di moneta. Gli studi moderni non a caso
definiscono tale moneta romano-campane.

L'importanza della serie romano-campana ne quadro della monetazione romana


repubblicano non appare fondamentale solo per la sua priorità rispetto alle altre serie,
ma soprattutto perchè nel suo ambito rientrano anche le prime monete romane
d'argento.
La prima moneta d'argento corrisponde ad una doppia dracma di peso campano 7,3g
le raffigurazioni che vi furono impresse sono, al dritto, una testa di Marte e al
rovescio, una testa equina sul cui collo compare la legenda ROMANO.

La prima emissione di monete d'argento invece provenienti da una zecca


completamente Romana, possono essere attribuite alla Prima Guerra Punica 264/241.

Per la monetazione Romana si tende a scandire la sequenza cronologia di molte di tali

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coniazioni in riferimento a singolo avvenimenti o episodi di natura militare, tipo la
guerra contro Pirro oppure La Prima Guerra Punica.
Resta ora da considerare un altro elemento costituente le fasi iniziale della
monetazione romana repubblicana, si tratta della serie delle monete fuse che
generalmente va sotto il nome di eas grave o bronzo pesante e riguarda le tecniche
antiche di lavorazione delle stesse.
Nella serie romano-campana si è fatto ampio uso dei termini “battitura” e
“coniazione” alludendo al fatto che ad essa appartengano esemplari realizzati
secondo modalità tecniche che prevedevano l'impiego di due coni, l'uno per il dritto e
l'altro per il rovescio.
In alternativa a questa tecnica in antichità era nota un'altra procedura basata sulla
fusione del metallo, che era versato entro matrici di materiale refrattario
precedentemente preparate allo scopo: una volta solidificato il metallo, si otteneva il
pezzo finito. (come già illustrato nel precedente riassunto)

Questo metodo portava a un ampio spazio di falsificazione, pertanto la circolazione


dei pezzi fusi rimase limitata essenzialmente all'Italia Centrale, l'aes grave era quindi
essenzialmente usato per i bisogni di Roma , oppure nelle colonie romane e latine
della penisola, o ancora delle truppe di Roma e dei suoi alleati italici.

Riassumendo quanto detto fin'ora, possiamo definire la monetazione romana, una


monetazione ibrida poiché costituita da due generi di emissioni :
– una riconducibile ad una matrice di tipo magno greca
– una seconda derivante da una tradizione locale centro italica

A partire dal 225aC, vediamo la scomparsa della serie bronzea fusa, sostituita da una
nova coniazione proveniente dalla zecca di Roma, delle didracme recanti al dritto una
testa giovanile gianiforme ed al rovescio Giove in quadriga, queste nuove monete
vengono chiamate “quadrigati”.

La nascita del Denarius


Nel 218 Annibale in seguito ad una serie di brillanti vittorie riuscì a sottrarre a Roma
il controllo di vaste aree d'Italia, questo portò Roma ad una riduzione delle risorse
umane e materiali.
La moneta di bronzo fu così ridotta di peso, mentre quella d'argento subì modifiche
sia di peso che di contenuto di metallo. Pertanto Roma si vide costretta a emettere per
la prima volta nella sua storia una moneta d'oro, dal valore di uno statere e di mezzo
statere

In una situazione del genere (214 o il 212/211aC), che minacciava l'esistenza dalla
stessa Urbe, Roma seppe dare vita ad un nuovo sistema monetario imperniato su una
nuova moneta d'argento puro, il denarius. (rimase fondamento portante dal sistema
monetario romano almeno fino al IIIsec dC, ma anche dopo la sua scomparsa, questa

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moneta continuò a sopravvivere come unità di misura effettiva.

Fin dal momento della nascita del denarius, vi furono dei sottomultipli che lo
accompagnarono, il quinario ed il sesterzio. (dritto, la testa galeata personificazione
di Roma, rovescio, Dioscuri)
Altre innovazioni in ambito monetale :
– emissioni in oro (da 60,40,20 assi) Queste piccole monete, oltre ad aumentare
la disponibilità di moneta in un momento particolarmente difficile, ebbe
indirettamente anche l'effetto di accrescere la fiducia del pubblico verso la
nuova moneta d'argento, in queste circostanze il denario appariva
sopravvalutato e ciò contribuiva ad aumentare l'apprezzamento da parte del
pubblico.
– In un simile contesto, nel quale l'intervento sulla moneta fu così organico e
sostanziale, non si mancò di riformare anche i nominali in bronzo, ricorrendo
però in questo caso ad una progressiva e rapida riduzione del peso dell'asse.

214/211 Roma batté un nuovo nominale di ispirazione ellenica, il vittoriato, destinato


a circolare in aree abituate ad unità di conto di matrice greca.

Dopo la vittoria contro Cartagine e la sconfitta di Filippo V di Macedonia, Roma


riconobbe soltanto ed a altre pochissime città dell'Italia meridionale, la facoltà di
produrre moneta.
Il II secolo aC non comportò mutamenti sostanziali, la moneta in oro non trovò più
motivo di essere battuta, così pure i nominali minori in argento, quinario e sesterzio,
evidentemente anch'essi generati da bisogni contingenti legato allo scontro con
Annibale.
Nella metà del II sec. la circolazione monetaria romana si basava essenzialmente su
denari, vittoriati ed assi. Quest'ultimo però perse progressivamente valore tanto da
essere sostituito dal denario, come moneta per eccellenza dello Stato romano.

(49/50 libro)

La riforma di Augusto
Nel 23 a.C., vi furono una serie di riforme monetai ad opera di Augusto, che
portarono alla unificazione monetaria di gran parte del mondo allora conosciuto, con
Augusto, ovvero Gaio Giulio Cesare Ottaviano, ebbe fine della fase repubblicana di
Roma, ed ebbe inizio quella imperiale. (in quanto nel 27, Cesare si fece riconoscere
dal senato il titolo di Augustus,e nel 23 si fece attribuire l'imperium proconsolare per
il controllo militare e la tribunicas potestas ovvero le funzioni del tribuno della plebe)

La riforma augustea ebbe il compito di generare la presenza di una monetazione


affidabile ed abbondante e riconoscibile in ogni angolo del vastissimo Stato romano,
la quale potesse essere accettata e impiegata in qualsiasi ambito pubblico e privato.

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– le emissioni di moneta di bronzo, se erano di fatto interrotte
– la moneta d'oro poteva essere impiegata per le esigenze di Stato
– l'affidabilità di parte di queste monete in metallo prezioso era venuta meno
durante i conflitti civili in seguito alle alterazioni apportata nel peso e nel fino.

Le emissioni successive alla battaglia di Azio, infatti, non si distinguono da quelle


precedenti questo evento.
Il loro grado di purezza però, poté essere riportato al massimo grado così come il
peso.
Perciò l'aureo fu coniato con oro praticamente pure, e tagliato su un piede pari ad
1/40 della libbra romana.
Ottaviano sfruttò queste zecche anche per produrre una serie di nominali fiduciari in
bronzo del valore ( sesterzio, dupondio, asse, semiasse ).

Per distinguere i nominali furono adottati due criteri differenti :


– il primo basato sul peso e sul diametro
– il secondo invece sul colore
(asse bronzo, gli altri tre in ottone)

In questo modo Ottaviano ottenne un duplice vantaggio:


– in primo luogo riuscì ad diffondere l'uso del sistema di conto romano
– in secondo luogo fu in grado di incrementare la circolazione monetaria
risparmiando però il metallo prezioso grazie all'emissione di monete fiduciarie
in leghe differenti di rame.

23 a.C riaprì la zecca di Roma dando attuazione alla riforma monetaria.


Le emissioni in oro ed argento furono caratterizzate dallo stesso tenore di fino e dal
medesimo peso con i quali erano state prodotte le precedenti emissioni imperatorie e
a queste furono affiancate quelle in rame e oricalco. Ma l'elemento maggiormente
innovativo fu la creazione di un articolo insieme di nominali, ciascuno dei quali era
collegato agli altri da un rigido sistema di rapporti fissi di cambio. (pag. 54)

infatti tutte le monete battute dalla zecca di Roma, almeno fino al primo decennio del
I sec dC, continuarono a portare l'indicazione della magistratura.
La spiegazione che Augusto abbai condiviso con il Senato la responsabilità
dell'emissione della moneta: a sé stesso avrebbe riservato il controllo della
produzione in oro e argento, dall'altra parte avrebbe demandato la moneta urbica in
lega di rame ai senatori.

In seguito però le linee della politica monetaria augustea si fecero più elastiche e
finirono con il generare due aree monetarie differenti :

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– 1° l'Italia e le provincie occidentali europee, si servirono dei nominali
riconducibili all'ordinamento di Augusto.
– 2° tutto il mediterraneo orientale, la Sicilia e il Nord-Africa, ricorsa ad una
pratica diversamente articolata integrata, i nominali maggiori come aurei e
denari ebbero libera circolazione, ma a questi si affiancarono anche i cristofori.
In altre parole, possiamo documentare che grazie alla riforma di Augusto, per la
prima volta nel mondo antico, la moneta divenne uno strumento in tutto simile a
quello odierno, ossia il principale intermediario negli scambi.
Gli sviluppi della moneta imperiale romana dopo Augusto
64 d.C., durante il regno di Nerone , il peso dell'aureo venne ridotto da 1/40 ad 1/45
di libbra, mantenendo però inalterata la purezza del materiale utilizzato.
Nei denari invece fece aggiungere una piccola percentuale di rame, circa il 5%, al
metallo per la coniazione. Grazie a queste piccole modifiche, si cercava di aumentare
la liquidità dello Stato in un momento in cui bisognava affrontare le spese di nuove
azioni militari in Oriente e soprattutto quelle derivanti dalla ricostruzione di Roma
distrutta dell'incendio avvenuto proprio nel 64.

La soluzione per mantenere alta la produzione monetaria fu quella di abbassare


progressivamente il peso e la qualità del metallo fino nel denario.
La riduzione più marcate riguardano l'età di Marco Aurelio che portò il peso del
denario da 1/107 ad 1/120 di libbra, ed durante il periodo che intercorse tra il regno di
Commodo e quello di Caracalla il denario scese da 1/134 a 1/192.

Caracalla tentò di porre rimedio alla disastrata situazione introducendo nel 215 d.C
un nuovo nominale in lega d'argento, l'antoniniano, che corrispondeva a un denario e
mezzo. Caracalla tuttavia, ebbe l'accortezza di non immettere sul mercato grandi
quantità di antoniniani.
Le misure prese da Caracalla per quanto del tutto insufficienti a risanare una
situazione finanziaria, crearono uno stato di equilibrio, le abbondanti emissioni di
antoniniani misero fuori mercato il denario che cessò di essere coniato.

III sec d.C., è il periodo degli imperatori militari, fu il periodo in cui nuovo e
sanguinose incursioni di popolazioni barbare portarono morte e devastazione in vasta
aree della compagine imperiale.
Anche la moneta non fu risparmiata da questa crisi, l'antoniano si trasformò in una
monetina pesante attorno ai tre grammi.
In queste condizioni risultò evidente peraltro che doveva essere revocata quella
libertà di coniare monete divisionali di cui fin dall'età augustea si erano valse
numerose comunità.
L'imperatore aureliano imposte la chiusura di tutte le officine monetarie provinciali
dando vita nel medesimo tempo ad un limitato numero di zecche imperiali.

(59/60/61 libro)

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La monetazione bizantina: un ruolo internazionale tra oriente ed
occidente

La crisi dell'impero romano tra il IV e V secolo, aveva coinvolto anche il sistema


monetario. Nonostante questo evento però, la moneta d'oro, il solido costantiniano,
aveva conservato inalterate la purezza e la stabilità.
Ben diverse erano state le sorti dei nominali in bronzo, la cui perdita di valore aveva
portato alla coniazione di enormi quantità di piccole monete svalutate (con al dritto il
busto dell'imperatore e al rovescio monogrammi, oppure una croce o altri elementi
iconografici)

Tale situazione fece si che ci volesse una sempre maggior quantità di monete bronzee
per acquistare l'oro con cui si era obbligati a pagare le imposte. Questa svalutazione
portò al ritiro degli antoniniani ormai troppo svalutati.

Nello stesso tempo si verificarono delle diversità nella circolazione e nell'emissione


di moneta tra la parte orientale e occidentale dell'impero. Nei nuovi regni barbarici, se
da una parte veniva conservata la metrologia romano bizantina per l'oro, dell'altra
alcune peculiarità interessarono la moneta d'argento e di bronzo.

Fu però la struttura dei nominali ostrogoti, molto più semplice di quella vandalica e di
fatto in stretta continuità con quella dell'impero romano, a rappresentare una sorta di
prototipo per la riforma del bronzo costantinopilitano con Anastasio, a questo
imperatore si fa risalire l'inizio di quel sistema che noi definiamo bizantino.

Anastasio si pose due obbiettivi essenziali, entrambi legati alla moneta di bronzo.
– rendere stabile il rapporto oro / bronzo
– si rendeva indispensabile creare multipli del nummo (bronzo) di conto

498, in pratica ebbe corso una serie di multipli del nummo di conto, cui valore fu
indicato ricorrendo a numerali in lettere greche.
La riforma però, non intervenne direttamente sull'argento e neppure sull'oro, il perno
del sistema restava dunque il solido, moneta effettiva, il cui valore nominale
corrispondeva al valore intrinseco.
Se il peso del solido si mantenne nei secoli molto stabile, non di meno lo fu
l'iconografia, Sul dritto l'immagine del busto dell'imperatore, la cui differenza tra
imperatore ed un altro è dovuta alla legenda. Al rovescio la Vittoria recava il simbolo
essenziale del cristianesimo, la croce e del potere imperiale, il globo crucigero.
Il solido divenne la moneta di conto negli scambi europei e mediterranei.

La moneta d'oro bizantina, in sintesi, esercitò un'assoluta influenza sulle monete


occidentali dei popoli che si erano stallati nei territori dell'impero romano e nelle

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regioni vicine.
Con Giustiniano l'estensione dell'impero fu accompagnata dalla creazione ex-novo o
della riapertura di numerose zecche in particolare in Occidente, Cartagine, Ravenna e
Roma ripresero a coniare soldi e tremissi, in accordo con il monopoli dell'oro
Bizantino.

538, venne attuata una riforma su tutti i nominali in bronzo, iniziarono così a
comparire le datazioni degli anni del regno, accompagnate da altri elementi di
validazione legale, necessari perché era una moneta fiduciaria.

Il grande follis (bronzeo) di Giustiniano nel 542 per impedire che il suo valore
intrinseco superasse quello nominale fu progressivamente ridotto di peso.

A Ravenna in particolare, si mantenne una cospicua coniazione di argento con


l'indicazione del valore in nummi di conto.
Con Giustiniano si dispiegò in tutto il bacino del mediterraneo la forza del sistema
monetario bizantino, testimoniato dall'ampia circolazione dei nominali aurei, e
sopratutto del follis con le sue frazione nelle aree di campagna, nei porti e nelle città
dell'impero, ma anche al di fuori dello stesso, soprattutto lungo le vie fluviali.

(Nei solidi di Giustino II ad esempio la Vittorio venne sostituita da un'immagine


femminile).

Il cambiamento iconografico innovativo e destinato a durare molto allungo fu quello


di Tiperio II, con un solido con al rovescio la croce potenziata su gradini, e
quell'emblema così raffigurato sarà riportato nei secoli successivi sarà riprodotto da
molti imperatori.

La guerra contro i Persiani sul confine orientale, creò le condizione per una ripresa
della coniazione della moneta d'argento nel 616 (l'esagramma), la cui coniazione però
non durò molto allungo.
La guerra contro i Persiani, ma soprattutto l'inizio della repentina esplosione araba,
influenzò anche le attività di numerose zecche orientali con una notevole contrazione
della produzione del bronzo.

Ne susseguì anche la caduta del peso del follis, che di fatto subì una repentina perdita
di valore, la riprova di questo furono da prima la sua rarefazione e in seguito la
sparizione dei suoi divisionali.

Tuttavia il fenomeno più eclatante fu la rapida rarefazione e in molti casi addirittura


la sparizione del circolante bronzeo, le ultime monete in bronzo attestate in quantità
significative sono quelle di Costante II, una ripresa arriverà solamente verso la metà
del IX secolo.

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Nel 721 Leone III creò un nuovo nominale, anche questo in argento, il miliarense
( 1/12 del solido, 1/1000 di libbra d'oro). La nuova moneta bizantina, al dritto recava
un'iscrizione a cinque linee nel campo circondate di norma da una triplice
circonferenza di puntini, inneggiante a Cristo vincitore, essa fu una moneta molto
politica perché rappresentò un tentativo di risposta iconografica all'aniconicità delle
emissioni arabe.
Nel corso della sua vita il miliarense, subì periodiche variazioni di peso, un'altra
funzione importante del miliarense fu quella di rimpiazzare le frazioni del solido
nomisma, in particolare del tremisse.

Possiamo quindi ritenere che a partire dell'VIII secolo l'intero sistema monetario
fosse stato sottoposto a un progressivo processo di semplificazione, in quanto
sparirono i divisionali del follis.

Verso la metà del VIII secolo, dunque l'intero sistema monetario bizantino si
presentava completamente modificato in quanto vi erano battuti solo il solido-
nomisma, il miliarense e il follis.

Il sistema mantenne dunque queste sue caratteristiche per tutto il IX e per buona parte
del X secolo. Tra la fine del X e per buona parte del XI secolo la moneta subì
profonde trasformazione e l'intero impianto entrò in crisi irreversibile.
Basilio II creò le condizione per un aumento delle spese del bilancio statale. La
conseguenza fu l'incremento del commercio e quindi della richiesta di monete per
sostenerlo.
L'alterazione del contenuto d'oro del nomisma si manifestarono in tre tape successive:
– Costantino VII e Michele IV con un lento peggioramento della lega della
moneta d'oro, il cui intrinseco passò da circa il 90 al 70 %, con conseguente
aumento di argento e bronzo. (con Romano IV la percentuale d'argento
raggiunse il 25 %
– Un analogo processo di adulterazione della lega coinvolse anche la moneta
d'argento, il miliarense. Fino a Costantino X il suo intrinseco si mantenne
alquanto elevato, intorno a percentuali del 90%, tuttavia con Romano I passò
circa al 70%, e con Niceforo III ad appena i 45%, tale diminuzione va
probabilmente spiegata con la necessità di procurarsi l'argento da legare all'oro
per coniare l'histamenon adulterato.
– 1092 venne impiegato il piombo nella coniazione delle monete

(riforma di Alessio I) Fu la riforma di questo imperatore a rimettere ordine nel


sistema, il primo passo fu la creazione di una nuova moneta d'oro, l'iperpero, con
elevato titolo e la messa appunto di nuovi nominali in oro, elettro e in bilione (rame
ed argento)
1 iperpero valeva 3 nomisma (in elettro) e 48 stamina (bronzo)
Tuttavia nonostante il successo di questa moneta l'impianto di Alessio fu sottoposto a

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notevoli contraccolpi nel XII secolo (campagne militari nei Balcani e in Asia Minore)
L'iperpero, però mantenne una sua sostanza stabile, fu sopratutto il nomisma e la
stamina a subire consistenti alterazioni.

Nel impero bizantino restaurato, venne mantenuto l'iperpero accompagnato però nel
1295 da un nuovo nominale il basilikon, una moneta di puro argento il cui valore
dipendeva dal grosso veneziano.

Il contesto economico e le forze che si opponevano in Asia Minore erano ormai


decisamente sfavorevoli all'impero bizantino, Il mondo mussulmano continuava ad
esercitare un'attrazione svantaggiosa per i nominali bizantini, ma erano soprattutto
alcune nuove città mercantili dell'Occidente ad afferma con decisione i loro interessi
nella politica monetaria. La stessa Venezia aveva importato la sua moneta d'argento il
grosso.

Visigoti e Ostrogoti
Nella lontana penisola iberica, si erano stabilite due popolazioni
– a nord-est gli Svevi
– al centro-sud i Visigoti
che coniavano entrambi rari solidi ma soprattutto tremissi.

Gli svevi iniziarono a imitare da prima i tremissi di Valentiniano III, deformandone le


legende e dando una ben chiara caratterizzazione al rovescio con una croce in corona.
In seguito i loro tremissi si differenziarono e cominciarono a comparire i nomi dei
sovrani.
Anche i Visigoti nello stesso periodo, tra la metà del V secolo e fino al 580 circa,
coniarono rari solidi e tremissi dapprima di netta impronta tardo-romana e in seguito
di imitazione bizantina.

Analogamente i popoli della Gallia seguirono in un primo tempo la monetazione


imperiale. Le maggiori innovazioni si devono però ai Merovingi. Infatti la loro serie
di tremissi è la prima ad avere il segno i un sovrano barbaro accanto a quello
dell'imperatore bizantino.

La rottura della sacralità imperiale fu opera di Teodoberto che fece coniare un solido
con la sua immagine accompagnata dal suo titolo.
La monetazione merovingia si sviluppò derivando senz'altro da modelli bizantini, ma
differenziandosene via via sempre più sia nell'iconografia sua nel titolo, che tendeva
progressivamente a diminuire.

In Italia in particolare con la monetazione ostrogota, vi sono maggiori legami con il


sistema tardo-romano che è più forte l'influenza della moneta bizantina.
Quanto gli Ostrogoti giunsero in Italia conservarono la moneta dell'impero romano,

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ma non sembra che in precedenza essi avessero dato corso a una produzione
autonoma.

La riforma di Odoacre che ha fatto coniare una moneta da 40 nummi, con al dritto
l'imperatore e al rovescio una vittoria alata, seguirono subito dopo nuove e più
articolate emissioni bronzee.
Dopo le prime emissione del periodo di Odeacre con Teodorico la strutta della serie
ostrogota, diventa trimetallica, con monete monete d'oro, argento e bronzo.
Le monete d'oro, corrispondevano per titolo e peso a quelle costantinopolitane, e con
una purezza d'oro pari al 97-98%, le monete d'argento si basavano su basi ponderali
standard basate sulla libbra, per quanto riguarda invece quelle in bronzo, si venne ad
utilizzare il sistema bizantino con la coniazione di pezzi da 40/20/10 nummi.
(approfondimento pag.89)

I Longobardi
Quando giunsero in Italia dalle pianure del centro Europa, I Longobardi non
possedevano una loro autonoma monetazione, ma senz'altro conoscevano la moneta
bizantina. Alla moneta d'oro in particolare veniva attribuita anche una funzione di
status all'interno di un gruppo, ne sono la prova le collane di tremissi.

Nei territori da loro occuparti nella seconda metà del VI secolo, era stata da poco
restaurato il potere dell'imperatore di Bisanzio, ed è facile immaginare come, accanto
all'oro e alla sopravvivenza di moneta d'argento ostrogota, circolassero anche
emissioni in bronzo.

In sostanza mentre nei territori bizantini della penisola italiana la produzione e la


circolazione restarono sostanzialmente tri-metalliche, in quelli occupati dai
Longobardi si andò verso una semplificazione economica, con un sempre maggior
ricorso al baratto accompagnato però dall'impiego di moneta aurea sia di emissione
propria sia bizantina.

Nei vari ducati nel corso del VII secolo, le zecche longobarde perpetuarono quindi
una monetazione aurea e in rari casi anche d'argento.

Fu alla fine del VII secolo, con Cuniperto, che si ebbero le più consistenti
modificazione, nel processo di costruzione di una moneta “longobarda”. Infatti dopo
una prima serie di tremissi con la Vittorio e con la sigla REX su entrambe le facce,
questo re ne emise una completamente nuova.
Si trattava di un ben noto tipo di tremisse con San Michele, il santo guerriero
venerato dai Longobardi.

La monetazione araba
La rapida conquista mussulmana dei territorio siro-palestinesi e dell'Egitto, ebbe ance

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ripercussione nell'area monetaria fino ad allora controllata dalla moneta bizantina.
Gli arabi non avevano, fino a quel momento, un loro sistema monetario autonomo e
nei loro scambi avevano usato monete bizantine in particolare d'oro.

La prima moneta che può essere attribuita ai Mussulmani è un'imitazione della


dracma sassanide.
Qualche altro tentativo di coniazione, questa volta in bronzo, fu effettuato durante
l'occupazione di Alessandria nel 641, essa aveva raffigurato il crescente lunare, chiaro
riferimento alla nuova iconografia islamica. Questi esemplari bronzei vennero
denominati fals con evidente derivazione dal termine fallis il nominale da 40 nummi.

Il sistema monetario arabo fu messa a punto nel 695, anno della 75 Egira, da
'Abd al-Malik, che permise di dare corso a una nuova moneta in argento, che fu
denominata dirhem.

Secondo i dettami coranici scomparve ogni personificazione o altro simbolo mentre


nel conio del dritto e del rovescio furono incese invocazione ad Allah e al profeta
Maometto in quattro linee orizzontali, con all'interno l'indicazione dell'anno
dell'Egira.

La produzione di monete d'oro islamiche iniziò probabilmente un po' prima di quella


del dirhem, forse già dal 694 in quanto si conoscono monete d'oro, raffiguranti un
califfo. (fu quasi certamente un'emissione sperimentale destinata a lasciare il posto
poco tempo dopo, forse già nello stesso anno, ad un “solido”chiamato da quel
momento dinar)

La moneta mussulmana d'oro, quindi si andò a sostituire completamente a quella


bizantina nel bacino del Mediterraneo.
L prescrizione coranica del divieto delle immagini, applicata anche alle monete,
tuttavia non fu sempre rispettata. Qualche secolo dopo la diffusione dell'Islam nei
territorio dell'Asia Centrale, i Turcomanni fecero coniare alcune serie di monete con
ritratti, imitanti tipi precedenti anche molto antichi.

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Tra ideali di universalità, spinte del mercato e particolarismi politici:
la moneta in Italia e nell'Occidente medioevali

La riforma di Carlo Magno e l'inizio della monetazione medioevale europea


( secoli VIII-IX)
Nei vari regni Romano barbarici era rimasto il sistema monetario di tradizione
romana, basato ancora sul solido d'oro (nomisma) e anche i suoi sottomultipli.
In Oriente il solido continuò ad essere effettivamente coniato, mentre in Occidente si
preferì, normalmente da corso al suo terzo, il tremisse, sotto Carlo Magno, avvenne
una riforma generale della moneta che possiamo considerare l'inizio vero e proprio
della monetazione medievale europea.

In uno dei Regno Romano barbarici, quello dei Franchi Merovingi, insediatosi
nell'antica Gallia romana, vennero coniati soprattutto tremissi in oro, ma a differenza
che altrove, ad un certo punto questi non vennero più realizzato in poche zecche, ma
in un numero notevolissimo di ateliers ed a nome di autorità monetarie periferiche, i
cosiddetti “monetieri”.
Questi monetieri erano sicuramente personaggi di alto lignaggio, almeno a giudicare
dal più famosi di essi, Sant'Eligio, che fu anche vescovo di Noyon. (che divenne il
protettore degli operatori nelle zecche e degli orefici, ma anche talvolta dei fabbri)

Questi monetieri non avevano l'autorità di fissare le caratteristiche di peso e di lega


della monetazione, cosa che spettava solamente al re, ad essi era concessa “l'autorità”
di provvedere alla trasformazione in moneta del metallo.

VI secolo, i tremissi aurei cominciarono a perdere di peso, ad un certo punto questi


cominciarono ad essere registrati come solidi, cioè con un valore nominale tre volte
superiore.
Tale svalutazione dovette generare notevoli difficoltà di carattere contabile, perché
con la stessa parola , tremisse o forse solido, venivano indicate monete con identico
peso ma con caratteristiche di lega notevolmente diverse.

670 si abbandonò la coniazione di questo nominale, per una nuova moneta, ma di


puro argento, essa venne chiamata denarius.

Quando Pipino il Breve, nel 751, si sostituì agli inetti re merovingi, riuscendo ad
unificare sotto di se il territorio dei Granchi, la moneta del regno era costituita da
questi denari, 1,3g.
Pipino inoltre , dette avvio alla coniazione di esemplari di diametro maggiore e
normalmente privi di elementi figurativi. Il tipo monetale, pertanto, risultò
rappresentato soltanto dal nome e dal titolo del re, e da altri elementi epigrafici di
solito riferibili a zecche.
Carlo non cambiò nel complesso le caratteristiche della monetazione, limitandosi, a

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sostituire le sigle usate dal padre con il proprio nome CAROLVS.
L'annessione del Regno Longobardo di Desiderio nel 774 su sollecitazione di papa
Adriano, cambiò anche la tiratura ufficiale del monarca, che non si fece più indicare
come Rex Francorum , ma come Rex Francorum et Langobardorum.
All'inizio Carlo Magno non manifestò alcuna volontà di uniformare le monetazioni,
la Gallia e l'Italia longobarda: infatti in Italia fece battere a suo nome in zecche già
attive in precedenza, tremissi d'oro del tutto identici a quelli coniati dal re Desiderio
prima della conquista.

Pochi anni dopo, però la monetazione in Italia venne riformata, come ci attesta il
Capitolare di Mantova, il divieto di utilizzare di li a poco le monete in uso fino a quel
momento, e l'introduzione di nuovi esemplari (denari d'argento di tipo franco che
cominciarono a essere prodotti anche da zecche italiane)
(approfondimento p 107)

Comunque sia, una spia dell'esistenza di qualche difficoltà nella gestione della
moneta è rappresentata dal fatto che nel decennio successivo venne elaborata una
riforma generale della monetazione, quella che porto all'unificazione definitiva del
sistema monetario in Europa.
Il momento della riforma è testimoniato dal capitolare del Concilio di Francoforte del
794, questi “denari nuovi” probabilmente introdotti subito prima del Concilio, sono
stati facilmente riconosciuti dagli studiosi in quei pezzi caratterizzati in una faccia
della legenda CARLUS REX FR, e nella croce, nell'altra dal nome della zecca e dal
monogramma di Carlo Magno.

Infatti l'unica moneta effettiva prodotta, anche dopo questa riforma, fu il denario
d'argento, ma nella contabilità tale denaro fu associato a due altre unità teoriche, il
solido dal valore di 12 denari, e la libbra, dal valore di 240 denari.
Il primo indicava il tradizionale rapporto di cambio fra tremisse e denaro presso i
Merovingi, il secondo , il numero di pezzi che si potevano ricavare da una libbra di
peso.
All'inizio entrambe le unità avevano soltanto questo significato tecnico, questo
sistema di conto ebbe enorme successo, forse perché semplificava i calcoli e
probabilmente consentiva di valutare facilmente il valore delle nuove monete.
Comunque sia, da allora e fino all'introduzione del sistema decimale, tra XVIII e XIX
i prezzi vennero registrati in tutta Europa in lire, soldi e denari.

Il ruolo della riforma monetaria di Carlo Magno è stata giudicata così importante per
la storia d'Europa che, caso più unico che raro, un intervento di riorganizzazione della
moneta è stato collegato al centro del grande dibattito storico, quello dove
normalmente si discute solo di imperi, guerre, rivoluzioni, religioni etc.

Secondo la tesi di Pirenne, la vera cesura fra mondo antico e mondo medievale non

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avvenne nel VI secolo, con le “invasioni barbariche”, ma proprio nel VIII, quando
l'espansione dell'Islam bloccò i traffici nel Mediterraneo.

La moneta d'oro infatti sarebbe una testimonianza evidente del sussistere di traffici
internazionali e di una società opulenta, quella d'argento dell'assenza di questi traffici
e di una società nel complesso piuttosto povera.

Già nel corso del IX secolo, però, questo diritto cominciò ad essere ceduto ad altri,
sia ad autorità religiose, sia più tardi laiche. Questo trasferimento non implicava però
alcuna diminuzione delle prerogative regali. Infatti ogni decisione in merito alle
caratteristiche della moneta spettava comunque al sovrano, mentre tali autorità
periferiche potevano al massimo decidere se , quando ed in che quantità battere
moneta, nonché incamerare, in tutto od in parte, i guadagni della zecca.

In Italia denari d'argento di tipo franco, cominciarono ad essere prodotto anche dallo
Stato della Chiesa.

Le monete anglo sassoni ebbero un'enorme diffusione nell'Europa del nord.

Ludovico il Pio successore di Carlo Magno, si continuarono a formare nuove


innovazioni, divenne più frequente la coniazione dell'obole, un nominale del valore
della metà o di un terzo del denario.

Questi oboli sono la testimonianza della necessità di più nominali, nel momento in
cui le prime perturbazione nel valore della moneta potevano aver alterato l'importo di
alcune obbligazioni.
Sempre sotto Ludovico, cominciarono ad essere prodotto denari d'argento carolingio
anche dalla zecca di Venezia.
Probabilmente l'interesse di Venezia ad avere una propria monetazione si sposò con
l'interesse dei Franchi a ricevere già monetati i tributi provenienti da Venezia.

La grave svalutazione (sec. X-XII)


Proprio il grande pregio della riforma di Carlo Magno può essere considerato anche il
suo grande difetta: l'unitarietà.
Il fatto di aver imposto una sola monete, in tutti i territori dell'Impero, favorì il
commercio. Allo stesso tempo, però mise fortemente a rischio la possibilità che
questa moneta mantenesse un valore stabile.
Infatti il fatto che fosse prodotta una sola moneta effettiva, il denario d'argento, da un
lato rendeva assai probabile che ogni piccola variazione nel valore commerciale di
questo metallo facesse saltare tutto il sistema dei debiti e dei crediti, dall'altro
impediva di poter adattare la monetazione alle esigenze particolare di ogni singolo
mercato.
Nei secoli successivi al frazionamento dell'Impero nella seconda metà del IX secolo,

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in Francia settentrionale e poi in Germania assistiamo ad un notevole prolifere di
zecche e di autorità emittenti, probabilmente a conseguenza della crescente
frammentazione politica di tutta l'area. Le monete prodotte in quest'area, non
subiranno una svalutazione di grande rilievo, mantenendo un peso non troppo
distante da quelle originali di Carlo Magno.
Nella seconda metà del X secolo, vi è un crescente surplus di moneta grazie alla
scoperta di importanti giacimenti in Sassonia, la maggior parte di questa ricchezza
venne esportata nelle aree non monetizzate del Nord Europa.
Ben diversa appare la situazione del Regno d'Italia erede del Regno Longobardo.
Qui infatti vi è l'instaurarsi di una lunga fasi di scarsità di circolante rispetto ad
un'economia evidentemente più sviluppata che nel resto d'Europa, questo avvenne
perchè nel territorio italico, non si poté instaurare un'economia totalmente feudale, e
con la crescita della domanda di moneta, l'offerta rimaneva limitata, per l'assenza di
importanti aree minerarie nella zona.

All'inizio questa fasi di penuria di circolante in Italia, appare testimoniata da un


fenomeno particolare che riguarda solo le zecche di questa regione.
La moneta CHRISTIANA RELIGIO introdotta da Ludovico, tende progressivamente
ad aumentare mentre il peso rimane pressoché costante, tanto che vengono prodotti
pezzi sempre più sottili, fragilissimi e quasi illeggibili per la sovrapposizione delle
immagini di dritto e rovescio, sembra che tale aumento di diametro servisse proprio a
“rappresentare” l'incremento di valore nominale di questi esemplari.

Allora in Italia veniva prodotto un solo nominale, il denari, quindi sembra difficile
capire come potesse concretizzarsi questo “incremento di valore nominale” quando
veniva introdotto un nuovo esemplare di solidi si fissava un certo rapporto di cambio
con la moneta precedente.
Ecco, sembra facile ipotizzare che proprio questo sia successo in Italia alla fine del
IX secolo: ad ogni apprezzamento nel valore del metallo si introducevano denari
dello stesso peso ma con un valore più alto e per rendere la cosa più evidente, li si
fabbricava con un tondello più largo.
Questo fenomeno terminò nell'anno 896 con l'imperatore Lamberto di Spoleto,
quando tornarono ad essere prodotti denari di diametro tradizionale.

In ogni caso in questo accelerato processo di svalutazione della moneta Italica, a


partite dalla fine del IX secolo, un ruolo fondamentale lo venne anche a svolgere la
zecca di Venezia.

(integrare il riassunto dal libro, pag. 115 a 124 )


Questa progressiva diffusione della moneta della città lagunare a scapito di quella
delle zecche imperiali può essere giustificata a nostro avviso, soltanto da una causa:
la più rapida svalutazione di questi pezzi rispetto ai concorrenti, con il conseguente
attivarsi di quel fenomeno noto come legge di Gresham. Secondo questa, come è

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noto, la moneta cattiva caccia dal mercato quella buona, cioè la moneta peggiore di
intrinseco tenda a sostituirsi nella circolazione a quella migliore, poiché quest'ultima
viene tesaurizzata. (pertanto le monete veneziane avrebbero cacciato quelle imperiali
proprio poiché più svilite)
Non è del tutto da escludere , tuttavia, ragioni legate al fatto che Venezia era
totalmente inserita nel circuito monetario bizantino.

Verrebbe da pensare che questa frammentazione del sistema monetario di tradizione


carolingia venne a causa del venir meno del controllo imperiale o regionale sulle
singole zecche, in conseguenza delle difficoltà politiche del Regno.

A metà del X secolo la situazione nel Regno d'Italia si andò stabilizzando a partire del
962 sotto gli Imperatori Ottomani di Sassonia. Grazie alla loro politica accentratrice
anche su questioni di moneta, venne nuovamente stabilizzato il contenuto intrinseco
di tutte le emissioni prodotte dalle zecche direttamente soggette all'imperatore.

Venezia invece continuò a produrre denari, con lega sempre peggiore. Questi pezzi
sviliti, continuarono a creare difficoltà ai pezzi concorrenti. Infatti in tutte le zecche
del Regno riprese ancora più rapido il processo di svalutazione (con ritmi diversi
nelle varie zecche)

Si andarono quindi a delineare una serie di aree monetarie controllate da denari di


diversa provenienza (116)

La svalutazione e la nascita di aree monetarie in Italia portò a una concorrenza tra le


diverse valute in uso nelle stesse regioni, che finì con l'affinare le conoscenze le
capacità monetarie delle zecche Italiane.

La politica scelta dagli imperatori di Franconia e di Svevia, ne XI-XII non tento di


uniformare la qualità delle emissioni delle zecche tradizionali, ma al contrarsi cercò
di incentivare la produzione monetaria da parte di altre autorità periferiche,
aumentando il numero delle concessioni di zecca.

– Con l'occupazione della Sicilia gli arabi importarono la loro monetazione,


basata sul dinar d'oro. Nell'isola però preferirono coniare non il dinar, ma il suo
quarto, il ruba'i (rinominati tarì).
– Quando i Normanni occuparono queste regioni si adattarono a tale sistema,
dando corso ad emissioni di follari in rame e di tarì in oro.
– La prima crociata infine, con l'enorme raccolta di denaro da cui fu preceduta,
favorì sicuramente l'interscambio e la circolazione monetaria.

Nella seconda metà del XII assunsero una uova importanza le cosiddette “fiere di
Champagne”, cioò quei mercati dove si commerciavano e si trattavano i beni più

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importanti d'Europa, tra cui l'argento. Ovviamente ne erano avvantaggiate le
coniazioni locali, che così entravano in circuiti internazionali ben più ampi
dell'ambito commerciale della propria zecca. È il caso dei denari Provins (provisini).

Nuove fonti di argento e la nascita della “monetazione grossa” (XII-XIII secolo)


Nei primi secoli successivi al mille la disponibilità di argento, soprattutto in ambito
mediterraneo era notevolmente peggiorata.
Nessuno batteva più moneta d'argento, di fatto le uniche monete internazionali erano
rimaste quelle auree come gli iperperi bizantini ed i dinar arabi.

Diversa e migliore era l situazione del mercato dell'argento in Germani ed in


Inghilterra ma la massima esportazione versi i Paesi Baltici delle monete li prodotte
probabilmente impedì la discesa del metalli nel bacino del Mediterraneo.

Il primo tentativo di risolvere tale questione fu attuato nel 1140 da Ruggero II nel
Regno Normanno d'Italia meridionale, introducendo una moneta d'argento chiamata
ducale pari a 1/12 del solido. Questa moneta realizzato con una lega molto bassa che
gli garantì il successo in patria.

L'imperatore Federico I nell'ambito della lotta che lo vide contrapposto ai comuni del
Nord Italia, fece installare a Noseda una zecca ove produrre nuovi denari, chiamati
imperiali, l'imperatore volle porre in circolazione una moneta che fosse convertibile
in tutte le più importanti valute del Regno d'Italia.
Tale introduzione del denario imperiale ebbe conseguenze di ben più vasta portata
nella circolazione italiana. Infatti tutte le valute delle diverse aree monetarie, per
proseguendo nella loro autonoma evoluzione, finirono con l'essere ritenute sempre
più o meno collegate alla moneta imperiale.

Tali valute non potevano però affacciarsi al commercio internazionale in quanto


furono realizzate in una lega d'argento che non si adattava a favorire lo smercio fuori
dai confini del proprio stato.
Questo cambiò tra gli anni 60' e 70' del secolo XII, quando il mercato fu invaso da
una grande quantità d'argento prodotto da alcuni ricchissimi giacimenti minerari in
Sassonia, Boemia, Alpi Orientali e Toscana.

Le prime zecche ad attivarsi furono quelle più vicine alle aree minerarie come Verona
e Trento (che introdusse il suo famoso denario crociato).
Fu Venezia, comunque a procedere all'innovazione più importante, quella che
veramente rivoluzionò la monetazione europea.
Venezia quindi produsse un nominale del tutto nuovo, di buon peso 2,2g e di ottima
lega 985/1000, in grado di sostituirsi nel commercio internazionale agli scomparsi
miliarensi bizantini e dirhem arabi.
Il ducato d'argento o grosso “matapan” venne introdotto dal doge Enrico Dandolo fra

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il 1194 ed il 1201, di li a poco la nuova moneta veneziana divenne la regina dei
traffici internazionali.

Si cominciò a distinguere la “moneta grossa” ducato veneziano, con la “moneta


piccola” i vecchi denari di tradizione carolingia.

Il grosso in seguito fu adottato anche da Milano, Genova, Pisa, questa può essere
considerata un era molto omogenea ed integrata.

Nel Nord delle Alpi, a giudicare dallo sviluppo della monetazione germanica si
verificò un certo squilibrio fra domanda ed offerta di moneta metallica, come accadde
in Italia due secoli prima, assistiamo alla nascita di aree monetarie ben differenziate,
in ciascuna delle quali evidentemente le monete avevano assunto un potere d'acquisto
diverso.
Il progressivo aumento di diametro di questi esemplari e della sostituzione forzata di
tutto il circolante con nuovi esemplari, può essere ricondotto alla volontà di
immettere in circolazione nuove monete che avevano un valore nominare, cioè un
potere d'acquisto più alto.
Le monete tedesche di questo periodo non erano coniate su tutte e due le facce ma
solo su uno, in quanto il tondello era troppo sottile per permettere una doppia
impressione (questi esemplari presero il nome di bratteati da bractea = foglia)

Una certa penuria di circolante nelle regioni centrali europee conferma anche la
presenza nella circolazione di denari inglesi (sterlini, ovvero stabili, fissi), questi
sterlini, avevano una percentuale di 925/1000 che li portò a diventare un modello per
le coniazioni in argento.

Tornando alle zecche italiche, nel 1204 la conquista dell'Impero Bizantino da parte
della IV crociata e la creazione dell'Impero Latino d'Oriente, offrì la possibilità
monetarie alle zecche d'Occidente, in quanto vi fu una grande incremento nella
disponibilità d'oro.

Pertanto si può pensare che il prezzo dell'oro tendesse a diminuire, cosa che poteva
rendere particolarmente proficua la sua eventuale trasformazione in moneta. Infatti la
materia prima era a basso prezzo, mentre alle monete auree si poteva assegnare un
valore nominale piuttosto alto, visto il favore che da sempre riscuotevano nel
mercato.
Il primo a cogliere questa opportunità fu l'Imperatore Federico II del regno di Svevo
di Sicilia.

Nel 1231 l'Imperatore decise di affiancare ai tarì una moneta che facesse rivivere il
solido bizantino d'oro, l'augustale di 5,31g, carati 854/1000 del valore di 8 tarì.
Questa lega particolare fu scelta non tanto per dare un peso maggiore alla moneta

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quanto, perché da un lato era la lega d'oro “di pagliola” dall'altro era quella degli
ultimi iperperi d'oro precedenti alla caduta di Costantinopoli.
Inoltre l'immagine dell'imperatore al dritto e l'aquila sveva al rovescio sono state
realizzate prendendo a modello le monete romane antiche.

Assai diversa, invece, fu il risultato quando monte d'oro vennero introdotte da zecche
nelle quali da secoli il sistema di conto in uno era quello carolingio della
lira,soldo,denaro.
Questo avvenne nel 1252anni in cui due importanti zecche italiane Genova e Firenze
dettero avvio alla produzione di una propria moneta aurea.
Genova con il genovino, 3,53g di peso a 24 carati.
Firenze con il fiorino, esso fu accolto da un favore enorme nel mercato.
Molte altre città di tutta Europa cominciarono a emettere comete con le stessa
caratteristiche, il fiorino però in Oriente divenne la principale moneta per gli scambi
con l'Europa, prima affiancando e poi sostituendosi al grosso di Venezia.

Probabilmente il grande favore delle nuove emissioni auree “occidentali” fu


determinato dal fatto che queste, a differenza dell'augustale, nacquero come nominali
del sistema di conto della lira. (questo consentì alle monete di poter essere subito
utilizzate per i pagamenti)
Comunque con esse si venne ad avere una nuova unificazione monetaria in Italia ed
in Europa.
I genovini e i fiorini favorirono lo sviluppo del credito, ovvero le lettere di cambio,
così che i mercanti poterono viaggiare senza denaro al seguito, ed in maniera quindi
più sicura.

L'età dell'espansione commerciale e finanziaria (sec. XIII-XIV)


Il periodo compreso fra l'introduzione del fiorino nel 1252, e l'inizio della crisi di
circolazione degli anni '70 del 300, può essere considerato, l'età aurea della
monetazione medioevale italiana.
I mercati delle città italiane, conosciuti ovunque con il nome di “lombardi”,
costituiscono società mercantili che aprono filiali ovunque, i mercanti si trasformano
quindi in veri e propri banchieri.
Questi personaggi, sicuramente cresciuti ed affermatisi grazie alle libertà comunali,
diventano talmente ricchi e potenti da poter aspirare ad un potere politico simile a
quello della vecchia nobiltà feudale che avevano contribuito a ridimensionare. Spesso
le Signorie, quando non sono emanazione di quella stessa nobiltà feudale che aveva
saputo ben riciclarsi, come quella Estense di Ferrara, sono sorte proprie grazie
all'ascesa di alcune grandi famiglie mercantili, come i Medici di Firenze. In una
società cristiana, necessitavano di una giustificazione che non fosse la sola ricchezza.
Ecco quindi che questi mercanti investono quantità enormi dei loro capitali in
imprese edilizie, culturali, religiose in gradi dare una giustificazione morale alla loro
ascesa.

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Il sapersi districare in problemi del genere richiedeva sicuramente grandi capacità ed
esperienza, ecco il motivo per cui il cambiavalute finì col diventare una figura
importante del panorama sociale dell'epoca.

Subito dopo l'introduzione dei fiorini e dei genovini d'oro, ad esempio, i tradizionali
grossi d'argento incontrarono notevoli difficoltà di circolazione, con la conseguenza
che queste ultime cominciarono ad essere massicciamente tesaurizzate.

La loro scomparsa dal mercato favorì l'avvento di una nuova generazione di monete
grosse, il grosso del Senato Romano di Roma, e soprattutto il saluto d'argento di
Carlo I d'Angiò di Napoli.
Il nome saluto deriva dalla raffigurazione dell'annunciazione rappresentata al dritto. Il
saluto d'oro metro-logicamente non era altro che l'erede dell'augustale.

Dei due fu il saluto d'argento la moneta che ebbe maggior successo, probabilmente
perché, facendo parte del sistema di conto orientale del solido e del tarì (sottomultiplo
dell'augustale) era facilitato nello scambio mediterraneo. Da li a poco anche il grosso
di Venezia cominciò a trovare difficoltà di circolazione.

In ambito europeo la moneta grossa d'argento di maggior successo, in questo periodo,


fu il grosso tornese del Regno di Francia, introdotto da Luigi IX. (i grossi tornesi si
diffusero sia a Nord delle Alpi, dove furono abbondantemente copiati, sia in Italia,
anche se qui soltanto nei primi anni del XIV sec.

Tornando all'Italia, subito dopo la ripresa di coniazione auree in Occidente la


monetazione d'argento veneziana, all'ora la più importante d'Europa, non dimostrò di
subire particolari contraccolpi. Le difficoltà arrivarono qualche decennio dopo,
quando lungo le principali direttrici di approvvigionamento della zecca di Venezia si
attivarono alcune zecche in grado di appropriarsi del flusso di metallo bianco che
alimentava la produzione veneziana. Innanzitutto lungo la valle dell'Adige, dove
passava gran parte dell'argento di provenienza tedesca.

– La zecca di Merano iniziò la produzione dei suoi grossi aquilini. Scomparvero


infatti le monete veronesi e cominciarono a correre con notevole difficoltà
anche quelle veneziane.
– Il re di Serbia, che potevano contare su importanti risorse minerarie,
cominciarono a produrre fedeli imitazioni del grosso di Venezia.

Venezia per “combattere” questa rivalità monetale introdusse una moneta d'oro,
perché potesse difendere la circolazione del loro glorioso grosso.
La nuova moneta di Venezia, il ducato d'oro, fu introdotta nel 1285 da Giovanni
Dandolo.

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Lo scopo per cui il ducato venne coniato probabilmente non fu raggiunto, perchè la
circolazione del grosso andò sempre peggiorando, al punto che dopo il 1320 i
metapan veneziani erano totalmente scomparsi dal mercato, anche nella stessa
Venezia. Il risultato però fu complessivamente molto positivo, in quanto la nuova
moneta aurea ereditò senza difficoltà il successo del grosso, tanto che nel XIV secolo
il ducato Veneziano riuscì a soppiantare lo stesso fiorino di Firenze. La forza di
questa moneta durò per molto tempo, anche dopo la caduta di Venezia nel 1797, gli
austriaci continuarono a fabbricare ducati d'oro (divenuti zecchini) con lo stile e la
tecnica di 5 secoli prima

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Dalla nascita della monetazione moderna alle soglie della prima
guerra mondiale

Nuovi modelli monetali per l'età moderna


La scoperta dell'America si colloca cronologicamente proprio in quella fase finale del
XV secolo che vedeva il lento passaggio dalla monetazione medioevale.
La situazione però migliorò già a partire degli anni sessanta del '400, vennero
scoperte infatti nuove miniere d'argento che, attraverso i traffici commerciali,
cominciò ad affluire innanzitutto nelle città dell'Italia settentrionale.

Fu allora che si cominciò a coniare a Venezia dei pezzi d'argento del valore di una
lira: il trono e il testone, che continuarono ad essere emessi per lungo tempo.
I testoni vennero chiamati gergalmente così per la presenza di un ritratto
(specialmente a Milano).

In questo periodo l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo cominciò a coniare la lire


imperiale.
Questa lira, infatti, rappresentava un multiplo del denario imperiale introdotti in Italia
da Federico I, moneta che, sebbene fosse stata emessa solo a Milano, si era diffusa
come unità di conto in tutto il Nord Italia.

Intanto nel Tirolo dove l'argento veniva estratto in abbondanza, l'arciduca


Sigismondo fece coniare nel 1486 un nominale d'argento del peso di 31,7g, il
guldiner, questo in seguito avrebbe avuto maggior successo con il nome di tallero, il
termine guldiner fu usato perché questa moneta equivaleva a un gulden d'oro (fiorino
d'oro).

Fu però l'enorme produzione di un'altra zecca che diede il nome definitivo a questa
moneta. Nel 1519 si aprì infatti, un nuovo giacimento di metallo bianco nel versante
boemo, l'abbondanza di materiale argenteo portò alla coniazione del guldengroschen
che prese il nome dalla zecca di St. Joachimstaler, abbreviato in seguito come taler (il
tallero d'argento)

Luigi XI nel 1475 fece coniare una moneta dal nome ècu au soleil, chiamata così per
la presenza di un piccolo sole sopra la raffigurazione di uno scudo al rovescio. (da qui
il termine scudo), il potere di questa moneta non tardò ad arrivare, nella stessa
Firenze si verificarono speculazioni basate sulla sottrazione di fiorini alla
circolazione cittadina, i quali venivano poi portati nelle zecche vicine per ricevere in
cambio scudi e ottenere così a parità d'oro, un potere d'acquisto maggiore.
Così la stessa Firenze cominciò a coniare scudi.

Carlo V monarca di Spagna, Napoli, Sicilia e Sardegna, una volta consolidato il suo
dominio, cominciò a riordinare i vari sistemi monetari dei territori a lui soggetti, e lo

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fece rispondendo anche alle aspettative papali con la coniazione non solo a Napoli ma
anche in Spagna di uno scudo d'oro su modello romano.
Nel 1596 le aspirazioni di papa Paolo III sembrarono trovare ampia realizzazione
quando un bando autorizzò la circolazione a Roma degli scudi d'oro, provenienti
dalle più prestigiose zecche.

La scoperta del Continente Nuovo


– oro
Tornando al mercato dei metalli pregiati alla fine del XV secolo si può affermare con
sicurezza che la loro disponibilità era notevolmente migliorata, la presenza di molto
più metallo prezioso aveva portato a una produzione monetale più ricca.
Quindi a partire dal 1492 con la conquista del territorio americano, venne
avvantaggiata innanzitutto la Spagna, ed inseguito l'intera Europa, in quanto notevoli
carichi d'oro venivano importati dal mar dei Caraibi.
Quest'oro che sembrava copioso e inesauribile diede vita in Europa ad un'importante
monetazione aurea, il doppio excelente, il doppio ducato, il doppio scudo.

– argento
La fortuna continuò a favorire la Spagna, l'argento cominciò ad affluire
abbondantemente. All'inizio il metallo veniva coniato solo in Spagna, ma in una
seconda fase vennero aperte zecche anche in America.
Sotto forma di lingotti e di monete, l'argento spagnolo di diffuse attraverso il mercato
in tutta Europa. Fu Genova, che in seguito alla rottura spagnola dei canali verso il
nord Europa, dovuti alla rivolta dei Pesi Bassi del 1566, ad assumere una posizione
primario nel conio.

Intanto a partire dalla metà del XVI secolo, i prezzi cominciarono a crescere con un
ritmo vertiginoso.
Jean Bodin, annoverava, il rialzo dei prezzi che caratterizzò questo secolo fu
determinato proprio dal grosso incremento di metalli preziosi in seguito alla scoperta
dell'America e del conseguite aumento della produzione monetaria.
Da un lato i prezzi aumentavano, dall'altro invece se l'argento era abbondantemente
disponibile, l'oro cominciava a non soddisfare più le esigenze.
Per affrontare questa crisi, da un lato vennero emesse grosse monete d'argento,
dall'altro vennero create monete d'argento con lo stesso valore nominale delle monete
d'oro.
Il mercato si arricchì ovunque di nuovi grossi nominali d'argento che fecero parte
sostanziale della circolazione fino a tutto il XVIII secolo.

Momenti di crisi nel panorama monetario seicentesco


Proprio questa caratteristica dei nominali più bassi di avere un valore largamente
fiduciario e un carattere locale, li rendo particolarmente esposti a fluttuazioni di
valore e a speculazioni durante i periodi di grande crisi finanziaria, come quelli che si

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verificarono già a partire dall'inizio del '600 in Europa.
Per aumentare le loro entrate signori e sovrani non esitarono, infatti ad alterare
queste monete riducendo grandemente il loro intrinseco e mantenendone inalterato il
valore nominale.

Le cause di questa emergenza vanno ricercate da un lato nella minor disponibilità


d'argento che veniva assorbito dal mercato orientale, dall'altro nell'aumento
incontrollato di eventi bellici lunghi e costosi.

La situazione più drammatica fu vissuta però nell'ambito dei territori tedeschi,


attraverso una svalutazione monetaria.
La situazione raggiunse un punto tale che sorsero persino officine monetarie concesse
in appalto con lo scopo specifico di produrre queste monete con altissime percentuali
di rame, ed è sopratutto contro queste che si scagliò l'ira popolare.
In questo casi particolare riguardante le zecche che fecero la loro fortuna producendo
monete di altri Stati con forti riduzioni di fino riguarda l'Italia settentrionale.
Qui sei piccoli ducati distribuiti tra Lombardia e Emilia, avevano ottenuto
dall'imperatore durante il XVI secolo, l'importantissimo ius cudendi (diritto di conio).

Dato che la produzione monetaria riservata al mercato locale non garantiva a queste
officine monetarie guadagni soddisfacenti, tali attelier cominciarono ad adoperarsi,
per produrre monete contraffatte di altre zecche.

Intanto tra il XVI e il XVII, notevole impulsi aveva avuto anche il sistema bancario e
del credito. Vennero introdotti, la girata (cambiale) e lo sconto.

L'Italia invece, alla fine del '600 entrò in un periodo di profonda crisi, sia finanziaria
sia commerciale, determinata fondamentalmente dall'incapacità di reagire alla
concorrenza delle piazze del nord Europa, il tradizionalismo delle corporazione, le
disastrose epidemie del 1630/1657, nonché lo sviluppo delle nuove rotte atlantiche
resero i suoi prodotti più cari e mono appetibili.

Sviluppi dei sistemi monetari in Europa nel XVIII secolo


Sul finire dei XVII secolo la disponibilità delle risorse metalliche in Europa cominciò
di nuovo a migliorare con la scoperta di importanti giacimenti.
Delle nuove ricchezze approfittò soprattutto l'Inghilterra, dove affluì la maggior parte
dell'oro brasiliano.
Presto il sistema monetario inglese cominciò a basarsi unicamente sull'oro.

Con Maria Teresa d'Austria il tallero austriaco acquistò un notevole successo e


un'amplissima diffusione soprattutto in Oriente, mercato tradizionalmente
appartenuto a Venezia, che si vede costretta a reagire coniando un nominale simile a
quello Austriaco (modificando parte della struttura delle proprie zecche, pur di

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mantenere attiva la propria presenza nelle piazze levantine.
Venezia era sempre rimasta fedele alla tecnica di coniazione a mano, con
l'introduzione delle nuove meccanizzazioni vennero introdotti due nuovi principi sui
quali si basava il funzionamento dei nuovi macchinari :
– il sistema con matrici a rullo
– il sistema con torchio a bilanciere
La scelta di Venezia ricadde proprio su quest'ultimo.

L'esito di tale operazione non fu però quello auspicato, le innovazioni tecniche


vennero impiegate solo per la coniazione di questo nominale, per quanto riguarda i
nominali veneziani “standard” si continuò a produrli a mano fino al 1797 (anno della
caduta di Venezia)

Il successo del tallero di Maria Teresa, si ampliò nello spazio e nel tempo, ma altri
Stati europei produssero monete molto simili.

Nascita e diffusione della cartamoneta


Accanto alla moneta metallica fin dal XVII secolo si era particolarmente sviluppata
tutta una serie di strumenti cartacei di credito che , insieme alle più tradizionali lettere
di cambio, costituivano forme agili di pagamento.
Le banche avevano cominciato infatti a rilasciare in di depositi di metallo prezioso,
delle ricevuto che circolavano sotto vari nomi.
Non si trattava ancora però di banconote.

La prima vera banconota europea fu emessa, in Svezia, per l'esigenza estremamente


pratica di poter effettuare in modo agile grossi pagamenti.
Nel 1661 uscirono i primi esemplari di banconote aventi già tutte le caratteristiche
sostanziali delle banconote moderne.
Questi infatti, erano emessi da una banca e una legge ne garantiva il valore, ed erano
cifre tonde; queste prime banconote non necessitavano della girata per poter circolare
essendo dei veri e propri titoli al portatore, erano convertibili in moneta e non
comportavano interessi.

Il punto debole di tutte queste prime sperimentazioni riguardanti la carta moneta, fu


infatti, da un lato la tendenza di emettere più esemplari di quelli effettivamente
convertibili, d'altro lato il calo di fiducia verso tale mezzo che poteva sopraggiungere
all'improvviso e portare ad una richiesta esagerata di sostituzione delle stesse con
moneta metallica.

A partire dalla metà del XVIII secolo molti paesi europei ricorsero alla cartamoneta,
il caso più emblematico è rappresentato dalla Rivoluzione Francese. Per i pagare i
creditori rivoluzionari, emisero a partire dal 1789 dei buoni del tesoro chiamati
assegnati.

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Il valore di produzione degli assegnati aumentò, ricorrendo anche all'emissione di
tagli di valore modesto: tale continuo aumento di cartamoneta in circolazione finì da
un lato con il determinarne la svalutazione, dall'altro comportò la scomparsa dal
mercato delle monete d'oro e d'argento che venivano tesaurizzate.

Decimalizzazione, Unione Monetaria Latina


Il metodo che si rileverà molto utile e razionale fu il sistema di conto decimale,
applicato nel 1793 anche alla monetazione, con la suddivisione della lire in decimi e
centesimi.
Napoleone mise le basi per u sistema bimetalli francese di grande successo, si fissò
infatti che al franco doveva corrispondere o 4,5g d'argento o 0,29g d'oro, creando
quindi un rapporto fisso fra due metalli.

Dopo il congresso di Vienna anche in campo monetale diverse regioni tentarono di


riportare in funzioni i vecchi sistemi, senza però ottenere risultati duraturi.

L'Inghilterra invece, continuava ad avere un ruolo isolato rispetto al resto d'Europa,


detenendo un sistema basato unicamente sull'oro.
Negli Stati Tedeschi, dominava ancora la valuta argentea.
Un unione più importante fu quella Monetaria Latina, che comprese nazioni la ci
monetazione era basata sul sistema bimetallico avviato da Napoleone.
In seguito aderì all'Unione Monetario Latina anche la Grecia.

Sotto nomi diversi circolavano così monete sostanzialmente identiche: cinque lire
italiane, cinque franchi francesi, cinque dracme greche ecc. ecc.

Nonostante l'importanza e la diffusione di tale accordo, si verificò presto un'altra crisi


per il rapporto oro/argento.
Fu quindi, il modello inglese che alla fine del XIX secolo prese il sopravvento e molti
stati cominciarono ad adottare una valuta aurea.

Alla fine del XIX secolo si diffuse così praticamente in amplissime porzioni d'Europa
il goldstrandard il cuoi successo era essenzialmente basato su tre principi :
– Essere garantita la libera convertibilità in oro e viceversa.
– La massa monetaria in circolazione in ogni stato doveva adeguarsi alla propria
riserva aurea.
– Doveva essere assicurata la libertà di importazione ed esportazione dell'oro.

Anche tale sistema aveva però un tallone d'Achille, in quanto era fondato sul
presupposto che tutto il denaro circolante, potesse essere in ogni momento convertito
in oro: ciò si dimostrò irrealizzabile nel 1914, alla viglia della prima guerra mondiale,
quando si verificò una disperata corsa all'oro che non potè essere soddisfatta dalle
riserve disponibili.

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Breve storia della lunga marcia verso l'unione monetaria europea

L'idea di una moneta universale fu talvolta dibattuta da alcuni filosofi fin


dall'antichità.
Nel XVIII secolo, che segna l'inizio dell'industrializzazione e dello sviluppo del
commercio estero e coloniale, alcuni economisti dimostrarono l'interdipendenza
economica e monetarie delle economie.

Da questi approcci teorici deriveranno due correnti d pensiero :


– i sostenitore di una gestione monetaria internazionale
– i difensori della libertà totale di fluttuazione delle monete senza interventi degli
Stati o delle banche centrali.

Dopo la creazione dell'Unione monetaria latina nel 1865 il tema della creazione di
una moneta unica si fa ricorrente.

Riporto quindi una serie di date che portarono alla formazione dell'Unione Europea

1944: il celebre economista inglese Keyner alla conferenza di Bretton-Woods (per


l'ordine monetario del dopoguerra) propose l'entrata in vigore di una moneta comune
internazionale garantita dall'oro. Per gli americani era impossibile accettare, in quanto
gli stati uniti avevano rigenerato il loro potere economico e monetario grazie alla
guerra, e possedevano circa il 90% delle riserve auree del mondo.

1957: il Trattato di Roma, che andava a completare i due precedenti firmati, 1951
Comunità del carbone e dell'acciaio, 1957 dell'energia atomica. Questi due trattati
ponevano l'obbiettivo di mettere in comune le risorse in materia prime che erano state
al centro dei conflitti europei e all'origine delle due prime guerre mondiali.

1958: il Trattato di Roma prevedeva la cooperazione economica in termini


abbastanza vaghi e sotto forma di obiettivi generici :
– l'introduzione, nel trattato, della necessità di un coordinamento delle politiche
economiche
– costituzione di un comitato monetario

1961: la rivalutazione del marco e del fiorino, portarono gli europei a interrogarsi
sulla necessità di una unione monetaria.

1962: la Commissione sottolineò la necessità di creare una unione monetaria e


propose delle tappe concrete per perseguirla.

1963: il Comitato Monetario insisterà sulla necessità di aumentare il coordinamento

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delle politiche monetarie nel momento in cui le monete europee venivano scambiate
sempre più liberamente sul mercato dei cambi.

1968/1969: crisi del sistema monetario internazionale, nel 68, viene approvato il
piano Werner, per creare una unità di conto e un Fonda monetario europeo.

1970: un gruppo di lavoro, sotto la presidenza Werner, stende un rapporto


“riguardante la realizzazione a teppe dell'Unione economica e monetaria nella
Comunità” i punti focali erano :
– fissazione totale dei tassi di cambio
– creazione di una moneta comune
– creazione di una banca europea

1971: la nuova crisi del dollaro, dovuta alla guerra nel Vietnam, sconvolge il piano
europeo.

1972: i paesi europei decisero di ridurre i margini di fluttuazione delle loro monete
all'interno del tunnel formato dai margini di fluttuazione sul dollaro.

1973: creazione del Fondo europeo di cooperazione monetaria che si poneva il


seguente obbiettivo:
– contribuire alla realizzazione di una unione economica e monetaria
– tasso di cambio totale e irreversibile
– istituzione di una moneta comune
nello stesso anno però il sistema monetario internazionale basato sul dollaro e sui
cambi fissi implose, oltre che alla crisi monetaria fece seguito la prima crisi
petrolifera, che fece quadruplicare il prezzo del petrolio grezzo.

1978: al consiglio di Brema fu adottato il principio del sistema monetario europeo


(SME), teoricamente lo SME si articolava su tre componenti:
– l'ECU (acronimo di European currency unit, i Tedeschi non volevano che
diventasse la moneta unica europea)
– il meccanismo di cambio (l'ECU era considerato la moneta perno del sistema,
ogni moneta si vedeva attribuire un corso centrale contro l'ECU)
– il meccanismo di credito in tutte le sue forme (dovevano essere calcolati e
contabilizzati in ECU)

1986: l'atto unico introdusse un miglioramento delle politiche regionali:


– definizione di cinque obbiettivi assegnati alla politica regionale
– coordinamento degli aiuti regionali
– decisione di raddoppiare in cinque anni i fondi detti strutturali

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1988: il Consiglio decise di fare il passo decisivo verso l'unione economica e
monetaria, il trattato dell'Unione europea doveva rispondere a una triplice esigenza :
– permettere il funzionamento di un Comunità di Stati destinata ad allargarsi
– superare lo stadio di un semplice accordo economico
– creazione di un Unione economica e monetaria

Le tre tappe :
– prima fase (1990/1993) : preparare la messa appunto del trattato
– seconda fase (1994-97/1998) : gli stati devono avviare politiche economiche
che assicurino, prima di passare alla terza fare, il rispetto dei seguenti quattro
criteri :
- stabilire dei prezzi
- stabilire dei tassi di cambio
- finanze pubbliche sane
- tassi di interesse di lunga convergenza
– terza fase (1997/1999) : costituzione di un sistema europeo di Banche centrali,
composto dalle banche centrali nazionali e da un Banca centrale europea
Il trattato non modifica affatto le competenze già esistenti di tre delle principali
istituzioni : Commissione, Corte di giustizia e Consiglio.

Il trattato di Maastricht : firmato alla scadenza dell'Atto unico, ma con la caduta


del muro di Berlino e l'uscita dei paesi dell'Europa centra e orientale dalle dittature e
del capitalismo di stato modificano i dati geografici e, di conseguenza, tutta la
strategia economica mondiale, compresi i flussi di capitali.
Tutto questo contribuì a raffreddare l'entusiasmo politico e quello degli operatori
finanziari per una rapida unione monetaria.

Il ritorno all'ordino si ebbe con la seconda tappa dell'UEM che ebbe inizio del 1994,
con la creazione dell'Istituto monetario europeo.
Il 1 gennaio 1999 si stabilì che un lasso di tre anni sarebbe intercorso tra questa data e
l'introduzione delle monete e delle banconote della moneta unica.

Conclusione
Il trattato sull'Unione Europea introduce per la prima volta in Europa la possibilità di
metter in atto, pacificamente, una comunità d'interessi e una condivisione di
sovranità.
Certo, il processo di unione economica non comporta ancora la realizzazione di
un'unione politica e di vera e propria politica economica europea .
L'Europa, non è più la potenza economica predominante, e ogni stato non è più in
grado di esercitare la sua sovranità economica.
I paesi europei, costituiranno il blocco più ricco e più potente del mondo che potrà
stare alla pari con gli Stati Uniti e davanti al Giappone, grazie all'esistenza di una

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moneta unica, emessa in modo da garantire la stabilità.

(leggere)
Dal denarius all'Euro : Polonia

Da un punto di vista geografico il territorio dei paesi dei sei padri fondatori
dell'Unione Europea coincide con quello dell'Impero Carolingio.
I limiti della “dimensione europea” di estesero oltre i confini dello Stato Carolingio,
comprendendo anche la Polonia, grazie alla conversione al cristianesimo.
966 d.C., il sovrano polacco ricevette il battesimo e fece strada alla Polonia verso il
mondo della civiltà occidentale.

In quel contesto divenne immediatamente ovvia la decisione di avere una valuta


monetaria propria, anche se è ancora difficile stabilire con precisione l'inizio
dell'attività di coniazione in Polonia, probabilmente ci furono due tipo di emissioni
dovute a due diversi tipi di battuta.

Il periodo del denarius (secoli XI-XIII)


A quel tempo non esistevano miniere d'argento entro i confini dello Stato e i metalli
per coniare le monete erano importati da altri paesi europei, perciò i costi erano molto
elevati.
Il denarius coniato dai primi sovrani della Polonia è una moneta di tipo XPISTIANA
RELIGIO sul cui dritto solitamente è raffigurato un tempio o una cappella e che reca
un'iscrizione con il nome del sovrano senza il titolo.
Oltre ai nomi dei sovrani a volte appaiono anche i loro titoli e occasionalmente anche
i nomi delle località e dei santi patroni.
Il commercio sempre più fiorente tra l'Europa occidentale e il Medio Oriente fu
proficuo anche per la Polonia. Lo sviluppo delle città e un generale aumento del
benessere ravvivarono l'economia monetaria della Polonia.

L'età del Groshen (secoli XIII-XIV)


Per riportare l'ordine necessario nella difficile situazione dello Stato si doveva
riorganizzare nuovamente il sistema monetario. Nel 1315 con un nuovo sistema,
ovvero, un groschen era pari a 12 denari e 1grzywna vale 48 groshen.
Il comune grosz non costituì, però un simbolo abbastanza pregnante della rinascita
del regno, perciò Ladislao decise di coniare occasionalmente un fiorino d'oro.

Il Fiorino polacco fu la prima moneta d'oro coniata in Europa centra con carattere
completamente nazionale. Sul dritto della moneta era raffigurato il re assiso in trono,
con uno scettro nella mano destra e una sfera nella mano sinistra.

Il periodo del frosz e dello zloty (secoli XV-XVI)


Il regno di Polonia, unito durante il XIV secolo si sviluppò molto velocemente, in

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quest'epoca, venne introdotta la monetazione “zloty”
Nel 1493 lo zlotu divenne un equivalente legale del ducato veneziano.
La crisi monetaria che verificò in Europa occidentali alla fine del XVI e all'inizio del
secolo XVII compromise l'economia polacca. L'importazione di monete svalutate
sfociò in aumento speculativo dei prezzi del ducato e del tallero e la moneta corrente
polacca defluì all'estero perché di migliore fattura.
Si verificò la tipica suddivisione tra moneta forte e moneta debole.

Tuttavia la prima metà del XVII secolo lo Stato polacco continuò a coniare monete
buone e costose. La cosa interessò i governi occidentali che tra l'altro desideravano
creare un'alleanza politica con la Polonia allo scopo di stabilire un unione degli stati
europei.
Durante il XVII secolo la svalutazione monetaria favorì lo sviluppo di nuove
consuetudini nella vita politica della Polonia, venne quindi introdotta una nuova
moneta, coniata in due versioni, una d'oro e l'altra d'argento, il donativo “Dontaywy”.

La riforma del XVIII secolo


Poniatowsku nel 1766 annunciò l'introduzione di un nuovo sistema monetario il quale
non si sarebbe più basato sulle gryzwna di Cracovia ma sulle quelle di Colonia.
Nel 1795 la Polonia perse la propria indipendenza ma ciò non significò sottomissione
della società ad u potere assolutamente straniero.
Il parlamento decise subito di emettere monete polacche come simbolo di una
ritrovata indipendenza nazionale.

Di nuovo Zloty (1918- … )


1919 un decreto stabilisce che il nome della moneta della nuova Polonia indipendente
è Zloty e commissiona nuove banconote a un azienda grafica di Parigi.
Fino al 2000 la politica monetarie dello zloty fu regolata dallo Stato.

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(leggere)
La moneta, un elemento centrale della società

Dal dicembre 2001 al 28 febbraio 2002, assistiamo alla scomparsa di una serie di
monete europee ed alla comparsa nei medesimi paesi dell'Euro.

Le parole e le monete
Il termine stesso moneta non è neutro, La sua origine risale ai romani, che battevano
moneta a Roma nei locali attigui al tempio di “Giunone Moneta”, la dea profetessa,
colei che “avverte” colei che “prevede”.
Ed è proprio questo il ruolo della moneta: prevenire la fame, l'indigenza, la malattia
ecc. La moneta inoltre previene (pur se non lo sopprime) anche il dolore e la tristezza
delle vittime dirette o indirette di ingiustizie.
Giunone era inoltre la dea del ciclo vitale femminile, quindi della riproduzione.

La moneta. Un concentrato delle attività umane


– Il materiale : i supporti degli strumenti monetari sono il riflesso sia di
tecnologie secolari sia di tecnologie moderne.
– Iconografie e testi : identificano chiaramente l'emittente.
– I numeri : sono di due tipi - i valori monetari sulle monete e sulle banconote e i
codici, - numeri di conto bancario o di carta di credito.
– Gli strumenti stessi nella loro globalità.
– Modalità di organizzazione della società.

La moneta, in quanto strumento di scambio, è l'espressione concreta dell'attività


umana nelle sue dimensioni sociali e tecniche.

Breve storia dell'origine della moneta, elemento centrale di socialità


L'interpretazione degli scritti omerici ha portato finora molti studiosi a considerare e
scrivere l'apparizione della moneta come un fenomeno pressoché spontaneo.
Con ogni evidenza, la storia della comparsa della moneta coniata fu molto più lunga.
L'uso di un mezzo di scambio non solo è intimamente legato alla storia dell'umanità
organizzata in società basate sulla specializzazione economica e sociale dei compiti,
ma ne è uno strumento e elemento centrale.

Dal debito primordiale alla moneta


La moneta probabilmente è comparsa nel momento in cui coincisero due fenomeni
tipicamente umani :
– lo sviluppo del senso di proprietà
– il momento in cui gli uomini iniziano a chiedersi “perché”

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Di conseguenza gli uomini hanno nei confronti della moneta un debito primordiale
che fa dipendere la loro sorte dal modo in cui cercheranno di risarcirla.
L'uso di oggetti simbolici per estinguere il debito primario sarebbe all'origine del
concetto d'intermediario dello scambio, di strumento monetario e di moneta.

Il dono o il sacrificio di qualcosa che ci appartiene deve essere caricato di significato


mediante un cerimoniale, quindi comporta inevitabilmente rapporti di potere tra gli
uomini e quindi una struttura gerarchica.

Dalla necessità della ripartizione nella società organizzate


Dal momento in cui gli uomini passano dal nomadismo e dalla raccolta a società
fisse, organizzate attorno ad un villaggio e a un'agricoltura.
L'agricoltura richiede cure permanenti che implicano a loro volta una
specializzazione dei compiti. Questa specializzazione economica è rinforzata da una
specializzazione politica.
Ovvero di un sistema di ripartizione della produzione.
È proprio questo il tipo di società che si è sviluppato sia in Estremo Oriente che in
Medio Oriente tra il 10000 e l'8000 a.C.
Le evidenze archeologiche tendono a mostrarci l'esistenza di recipienti calibrati, e di
sistemi di calcolo sempre più precisi a partire dal sesto millennio.

Dai sigilli, pesi e misure alla moneta


È attestato che i cauri furono i primi oggetti a essere usati a funzione monetaria
all'inizio del secondo millennio.
In seguito vennero usati come già detto, pezzi di metallo prezioso tarati in peso, e
tavole in terra cotta sono usate come lettere di cambio.

Da questo momento, esistono tutti gli elementi per permettere forme più pratiche di
strumenti monetari, che porteranno in seguito alla prima riforma monetaria, il sistema
tri-metallico.

In molte aree furono usati come strumenti monetari oggetti forgiati come utensili da
taglio. Il debito era si rappresentato da una corda, questo strumento simboleggiava
uno strumento tagliente in grado di troncare il debito, ma altrettanto simbolicamente
smussato per evitare così di troncare il legame sociale.

La moneta come lignaggio


– la moneta come mezzo di comunicazione
Uno dei primi obbiettivi oltre agli aspetti di garanzia/fiducia che restarono sempre
presenti, sarà quello di convincere gli utenti, attraverso la moneta, della legittimità del
potere dell'autorità emittente.
La moneta è il modo per far passare messaggi politici, un immagino del potere e della
forza nazionale attraverso richiami a un passato illustre.

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– la moneta: un vero e proprio linguaggio
La moneta rappresenta anche un vero e proprio linguaggio ma diverso dal normale,
essa infatti si basa su una lingua fatta di cifre e capacità di numerazione su base
aritmetica, la moneta quindi è soggetta a tre meccanismi :
– la capacità di crearsi delle scale di valore
– la memoria dei prezzi
– la capacità di comprendere una somma monetaria e di guidare gli scarti dei
prezzi

La moneta, immorale o amorale ?


Non si può parlare della moneta senza accennare alla sua dimensione morale, amorale
o immorale.
Dato che moneta, potere e religione s'intrecciano in modo così stretto e che la moneta
è al centro degli equilibri sociali.
Platone, insiste sul ruolo fondamentale della moneta come cemento sociale di una
comunità.
D'altro canto Thomas More, vede piuttosto l'aspetto corruttore della moneta, in
quanto elemento che impedisce la giustizia sociale.

La mitologia e i testi sacri, riflettono questa costante dei comportamenti e la follia che
può generare il fascino dell'oro.

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