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ALLE RADICI
DELL'EURO
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INDICE
Pagina
1. La moneta greca 1
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La moneta greca : forme e modi di un segno dell'uomo
Inoltre nei poemi omerici questi oggetti sono ricordati come premi dei giochi e con
funzione monetaria. In questi poemi si attesta anche l'uso della moneta bestiame: ex,
una schiava che sappia lavorare bene è valutata quattro buoi.
L'uso del metallo prezioso come oro, argento o elettro, era diffuso in tutto il vicino
Oriente sotto forma di verghe, globetti, lingotti o porzioni informi di questi.
Il momento successivo è quello della introduzione della moneta vera e propria di cui
abbiamo una prima testimonianza nel deposito delle fondazioni del tempio
dell'Artemision di Efeso, si tende a porre al 580 a.C. In ionia microasiatica si giunse
al tondello monetale di materiale prezioso recante l'impronta dell'autorità emittente.
L'adozione della moneta non ha per fine esigenze commerciali ma piuttosto queste
vanno ricercate nelle finalità della polis, per pagamenti di ogni sorta.
Anche Creso conia i suoi Creseidi d'oro, che recano le protoni di leone e di toro,
queste monete sono le prime in oro puro.
I Lidi invece furono i primi a separare i metalli di oro e argento, prima infatti le due
leghe erano unite nell'elettro.
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peso di 8,3 g e il “siclo” in argento.
(Darico, vedi riassunto precedente)
Lo stadio successivo della moneta ateniese, legato soprattutto alla scoperta ed alo
sfruttamento delle miniere d'argento, sono le famose civette che dal periodo di Ippia
(515 aC) fino al I secolo, rimarranno con poche modifiche il tipo unico della città di
Atene, ampiamente circolanti in tutto il bacino del Mediterraneo. (dcracme e
tetradracme, decadrammi, sono considerati i dollari dell'antichità)
Dal suo inizio la moneta tende, per essere accettata, a recare un'immagine nota e
popolare a tutti, lo stemma della città emittente, contemporaneamente per facilitare
gli scambi si creano aree monetali omogenee, sia sotto il profilo ponderale, con l'uso
del medesimo sistema metrolofico, ma anche sotto quello tipologico: sono le
cosiddette leghe, di cui abbiamo ampia testimonianza nel mondo greco.
La funzione iniziale della moneta, sembra limitata a funzioni legate ai pagamenti
delle polis ed un elemento inoltre che conferma la tesi che la moneta, nella sua fase
iniziale non ha potuto adempier alla funzione di favorire lo scambio commerciale.
Una delle ragioni principali per l'adozione della moneta, consiste nel fatto che essa
simboleggia l'autonomia della polis e dell'autorità emittente.
Spesso la moneta quindi è coniata con un sistema ponderale proprio, per cui lo statere
si divide in diverse quantità di cambio tra le varie polis.
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La moneta circolava, con potere liberatorio garantito dalla leggo sono all'interno della
polis, mentre fuori veniva accetta per il suo prestigio e per il suo valore intrinseco: è
questo il caso delle monete internazionali, come quella di Atene, Rodi, Taranto,
Neapolis.
Ben presto la moneta si diffuse in diverse isolo delle Cicladi, ed in regioni della
Grecia Continentale, Le moneta Abdera sono particolarmente importanti per la
presenza dei monogrammi dei magistrati, forse monetali.
Magna Grecia
Dal continente greco alla Magna Grecia e alla Sicilia il passo è breve e fu subito
eseguito, lungo le rotte degli insediamenti coloniali occidentali e lungo tutto le
sponde del Mediterraneo.
Se prima le monete nella Ionia e nella Grecia Continentale erano tutte a quadrato
incuso, piuttosto spesse, globulari e irregolari, in Magna Grecia si hanno invece
monete sottili e a largo diametro, e si sviluppa una particolare tecnologia, “a rovescio
incuso” che vede lo stesso tipo del dritto ripreso al rovescio in incavo, appunto.
Monete incuse dal 525/520 a.C. - 505 a.C.
Una delle ipotesi per questo stile di produzione è che sia stato Pitagora giunto da
Samo a Ctotone dopo il 530 a.C. ed appartenente ad un ambito artistico
particolarmente esperto nel sistema della fusione a cera persa, tecnica con cui sono
stati prodotti i tondelli.
Sicilia
Nel medesimo tempo sono attive anche alcune zecche siciliane che iniziando delle tre
colonie di Zancle Nazzo e Imera emettono dracme di tipo calcidese, A questo gruppo
iniziale si aggiunge quello dele città che emettono dei didrammi a sistema euborico
attico es. Gela con al dritto una protome taurina a testa umana e al rovescio un
cavaliere al galoppo.
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Queste ultime zecche presentano una tipologia che richiama elementi guerreschi e
che forse fa riferimento ai mercenari che venivano pagati con queste monete.
Completa il quadro la zecca di Siracusa con l'emissione di tetradrammi, si conoscono
280 coni del dritto e 340 del rovescio per un periodo di 140 anni. La sua tipologia
gira attorno ai cavalli ad alle qudrighe con auriga incoronate, una Nike volante sui
rovesci, mentre al dritto compare la testa della ninfa Aretusa.
Tra le più significative della prima metà del V secolo si segna il Demareteion, per
commemorare la battaglia di Imera del 480 a.C in quanto presenta il nome della
regina Demarete moglie del tiranno Gelone.
Corinto modifica la sua moneta in quanto sul rovescio appare la testa della dea Atena
con elmo corinzio e al rovescio il classico pegaso, queste monete si diffondono in
tutto l'Occidente greco, soprattutto in Sicilia e Magna Grecia.
Infine un fenomeno particolarmente diffuso nel mondo greco è quello delle leghe
monetali, sorte da un lato per contrastare lo strapotere di alcune monete forti come
quella di Atene, dall'altro per ridurre le spese proponendo un'unica moneta
presentante uno stesso dritto ma differenti rovesci.
Magna Grecia
Ancora più variegata e composita è la monetazione in Magna Grecia a doppio rilievo
del V e IV sec.
Emerse Eraclea con i didrammi con testa di Atena ed Eracle al rovescio.
Seguono Terina con la ninfa eponima al dritto e al rovescio Nike seduta.
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Neapolis e le zecche campane, con il tipo della Nike che incorona un toro.
Sicilia
Per la moneta in Sicilia seguiamo la tripartizione proposta, che vede a Nasso il tipo
della testa di Dioniso
Poi Messana con il tipo della lepre e della quadriga
Imera con il tipo del gallo
Una delle più antiche zecche è sicuramente quella di Siracusa, una delle tappe
principali dell'evoluzione della monetazione siracusana è senz'altro la tirannide di
Dionigi I. (ved. Pag23)
La monetazione celtica
Tra la fine del IV sec e la fine del II sec. si sviluppa in Centro Europa un processo di
imitazione soprattutto delle monete di Filippo II di Macedonia e di Alessandro
Magno, Queste popolazioni celtiche erano giunte alla moneta tramite i frequenti
contatti con truppe mercenarie.
Questo processo imitativo porta ad una progressiva astrazione delle immagini.
Tra queste un posto particolare è occupato dalle imitazioni di tipo venetico che si
rinvengono particolarmente nelle aree che hanno dato resti della cultura dei Veneti
antichi.
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“Servius rex primus signavit eas ...” Breve storia della moneta a Roma
Le fasi premonetali
Roma giunse a coniare e ad utilizzare la moneta relativamente tardi, solamente a
partire dalla fine del IV secolo
A Roma fino a quel periodo non circolarono monete straniere perchè non si sentiva la
necessità.
D'altro canto l'assenza non vuol dire che non fossero diffusi altri strumenti omologhi,
nell'antico mondo romano la ricchezza veniva calcolata in quantità di bestiame.
Oltre al bestiame impieghi analoghi a quello della moneta venivano attribuiti al
metallo, principalmente il bronzo perchè :
– pratico per il trasporto
– aveva una scarsa deperibilità nel tempo
– poteva essere frazionato mantenendo proporzionalmente il proprio valore
Spesso veniva scambiato direttamente in forma grezza (aes rude) secondo una
consuetudine Etrusca.
Il rame era trasportato in lingotti fusi entro forme quadrangolari sulle quali erano
ricavati segni molto semplici, per lo più a ramo secco o a spina di pesce, questa
marcatura non doveva essere ancora un contrassegno ufficiale di una autorità
emittente, quanto piuttosto un semplicemente marchio di fabbrica indicate il luogo di
origine del metallo.
La diffusione di questi lingotti, fu relativamente ampia, ma molto raramente
oltrepassò i limiti della penisola italica.
La fabbricazione di questo tipo di manufatti può essere collocato nelle fasi iniziali del
VI sec. aC
La moneta vera e propria comparirà a Roma, che secondo la tradizione locale viene
imputata al re Servio Tullio
Tuttavia la tradizione più diffusa lega questo evento a Servio Tullio, e in modo
particolare si rifà a un passo di Plinio, “fu il re Servio Tullio il primo ad imporre un
signum, un impronta sul bronzo”
A Servio Tullio, non andrebbe quindi attribuita l'invenzione di una forma specifica
premonetale, l'aes signatum, ne un qualche tipo di moneta in bronzo, quanto piuttosto
l'istituzione di un'unità di misura del valore del tutto funzionale alle innovazione
amministrative da lui introdotto, la quale si sostanziava in una determinata quantità di
bronzo. (primo passo per la creazione di una moneta vera e propria)
Quale fosse l'unità di misura introdotta da Servio Tullio non possiamo dirlo con
certezza, la più antica unità di riferimento metallica conosciuta a Roma fu la libra in
bronzo, in altre parole l'asse.
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Nel 450 nelle leggi delle dodici tavole, viene chiaramente citato l'impiego di unità di
bronzo per il pagamento delle ammende.
Dal V secolo prese piene 'uso di esigere le tasse in “denaro” ossia in quantità di
bronzo, che veniva poi convogliato nel tesoro pubblico di Roma. (l'Aerarium Saturni)
che indica il bronzo.
Tale uso si diffuse e si passò al pagamento dei soldati in denaro.
Pertanto la nascita della moneta a Roma fu una conseguenza logica. In quanto
caratterizzava un metodo migliore di pagamento rispetto agli standard pre monetali.
Nel III secolo l'asse divenne anche una moneta effettiva, ma nel tempo cominciò a
svalutarsi, portandola a 1/24 del suo originale valore.
Durante la seconda metà del II secolo, la contabilità pubblica e privata dovette
impiegare un altra unità evidentemente più funzionale : il sesterzio.
La prima emissione fu in bronzo del peso di 6gr essa si distingueva dalle monete
neopolitane in quanto recava la scritta PΩMAIΩN = (dei Romani) nel luogo di
NEOΠOΛITΩN = (dei cittadini di Neapolis)
La prima moneta nasce dalla necessità di operare in un'area già da lungo tempo
abituata ad utilizzare un determinato tipo di moneta. Gli studi moderni non a caso
definiscono tale moneta romano-campane.
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coniazioni in riferimento a singolo avvenimenti o episodi di natura militare, tipo la
guerra contro Pirro oppure La Prima Guerra Punica.
Resta ora da considerare un altro elemento costituente le fasi iniziale della
monetazione romana repubblicana, si tratta della serie delle monete fuse che
generalmente va sotto il nome di eas grave o bronzo pesante e riguarda le tecniche
antiche di lavorazione delle stesse.
Nella serie romano-campana si è fatto ampio uso dei termini “battitura” e
“coniazione” alludendo al fatto che ad essa appartengano esemplari realizzati
secondo modalità tecniche che prevedevano l'impiego di due coni, l'uno per il dritto e
l'altro per il rovescio.
In alternativa a questa tecnica in antichità era nota un'altra procedura basata sulla
fusione del metallo, che era versato entro matrici di materiale refrattario
precedentemente preparate allo scopo: una volta solidificato il metallo, si otteneva il
pezzo finito. (come già illustrato nel precedente riassunto)
A partire dal 225aC, vediamo la scomparsa della serie bronzea fusa, sostituita da una
nova coniazione proveniente dalla zecca di Roma, delle didracme recanti al dritto una
testa giovanile gianiforme ed al rovescio Giove in quadriga, queste nuove monete
vengono chiamate “quadrigati”.
In una situazione del genere (214 o il 212/211aC), che minacciava l'esistenza dalla
stessa Urbe, Roma seppe dare vita ad un nuovo sistema monetario imperniato su una
nuova moneta d'argento puro, il denarius. (rimase fondamento portante dal sistema
monetario romano almeno fino al IIIsec dC, ma anche dopo la sua scomparsa, questa
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moneta continuò a sopravvivere come unità di misura effettiva.
Fin dal momento della nascita del denarius, vi furono dei sottomultipli che lo
accompagnarono, il quinario ed il sesterzio. (dritto, la testa galeata personificazione
di Roma, rovescio, Dioscuri)
Altre innovazioni in ambito monetale :
– emissioni in oro (da 60,40,20 assi) Queste piccole monete, oltre ad aumentare
la disponibilità di moneta in un momento particolarmente difficile, ebbe
indirettamente anche l'effetto di accrescere la fiducia del pubblico verso la
nuova moneta d'argento, in queste circostanze il denario appariva
sopravvalutato e ciò contribuiva ad aumentare l'apprezzamento da parte del
pubblico.
– In un simile contesto, nel quale l'intervento sulla moneta fu così organico e
sostanziale, non si mancò di riformare anche i nominali in bronzo, ricorrendo
però in questo caso ad una progressiva e rapida riduzione del peso dell'asse.
(49/50 libro)
La riforma di Augusto
Nel 23 a.C., vi furono una serie di riforme monetai ad opera di Augusto, che
portarono alla unificazione monetaria di gran parte del mondo allora conosciuto, con
Augusto, ovvero Gaio Giulio Cesare Ottaviano, ebbe fine della fase repubblicana di
Roma, ed ebbe inizio quella imperiale. (in quanto nel 27, Cesare si fece riconoscere
dal senato il titolo di Augustus,e nel 23 si fece attribuire l'imperium proconsolare per
il controllo militare e la tribunicas potestas ovvero le funzioni del tribuno della plebe)
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– le emissioni di moneta di bronzo, se erano di fatto interrotte
– la moneta d'oro poteva essere impiegata per le esigenze di Stato
– l'affidabilità di parte di queste monete in metallo prezioso era venuta meno
durante i conflitti civili in seguito alle alterazioni apportata nel peso e nel fino.
infatti tutte le monete battute dalla zecca di Roma, almeno fino al primo decennio del
I sec dC, continuarono a portare l'indicazione della magistratura.
La spiegazione che Augusto abbai condiviso con il Senato la responsabilità
dell'emissione della moneta: a sé stesso avrebbe riservato il controllo della
produzione in oro e argento, dall'altra parte avrebbe demandato la moneta urbica in
lega di rame ai senatori.
In seguito però le linee della politica monetaria augustea si fecero più elastiche e
finirono con il generare due aree monetarie differenti :
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– 1° l'Italia e le provincie occidentali europee, si servirono dei nominali
riconducibili all'ordinamento di Augusto.
– 2° tutto il mediterraneo orientale, la Sicilia e il Nord-Africa, ricorsa ad una
pratica diversamente articolata integrata, i nominali maggiori come aurei e
denari ebbero libera circolazione, ma a questi si affiancarono anche i cristofori.
In altre parole, possiamo documentare che grazie alla riforma di Augusto, per la
prima volta nel mondo antico, la moneta divenne uno strumento in tutto simile a
quello odierno, ossia il principale intermediario negli scambi.
Gli sviluppi della moneta imperiale romana dopo Augusto
64 d.C., durante il regno di Nerone , il peso dell'aureo venne ridotto da 1/40 ad 1/45
di libbra, mantenendo però inalterata la purezza del materiale utilizzato.
Nei denari invece fece aggiungere una piccola percentuale di rame, circa il 5%, al
metallo per la coniazione. Grazie a queste piccole modifiche, si cercava di aumentare
la liquidità dello Stato in un momento in cui bisognava affrontare le spese di nuove
azioni militari in Oriente e soprattutto quelle derivanti dalla ricostruzione di Roma
distrutta dell'incendio avvenuto proprio nel 64.
Caracalla tentò di porre rimedio alla disastrata situazione introducendo nel 215 d.C
un nuovo nominale in lega d'argento, l'antoniniano, che corrispondeva a un denario e
mezzo. Caracalla tuttavia, ebbe l'accortezza di non immettere sul mercato grandi
quantità di antoniniani.
Le misure prese da Caracalla per quanto del tutto insufficienti a risanare una
situazione finanziaria, crearono uno stato di equilibrio, le abbondanti emissioni di
antoniniani misero fuori mercato il denario che cessò di essere coniato.
III sec d.C., è il periodo degli imperatori militari, fu il periodo in cui nuovo e
sanguinose incursioni di popolazioni barbare portarono morte e devastazione in vasta
aree della compagine imperiale.
Anche la moneta non fu risparmiata da questa crisi, l'antoniano si trasformò in una
monetina pesante attorno ai tre grammi.
In queste condizioni risultò evidente peraltro che doveva essere revocata quella
libertà di coniare monete divisionali di cui fin dall'età augustea si erano valse
numerose comunità.
L'imperatore aureliano imposte la chiusura di tutte le officine monetarie provinciali
dando vita nel medesimo tempo ad un limitato numero di zecche imperiali.
(59/60/61 libro)
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La monetazione bizantina: un ruolo internazionale tra oriente ed
occidente
Tale situazione fece si che ci volesse una sempre maggior quantità di monete bronzee
per acquistare l'oro con cui si era obbligati a pagare le imposte. Questa svalutazione
portò al ritiro degli antoniniani ormai troppo svalutati.
Fu però la struttura dei nominali ostrogoti, molto più semplice di quella vandalica e di
fatto in stretta continuità con quella dell'impero romano, a rappresentare una sorta di
prototipo per la riforma del bronzo costantinopilitano con Anastasio, a questo
imperatore si fa risalire l'inizio di quel sistema che noi definiamo bizantino.
Anastasio si pose due obbiettivi essenziali, entrambi legati alla moneta di bronzo.
– rendere stabile il rapporto oro / bronzo
– si rendeva indispensabile creare multipli del nummo (bronzo) di conto
498, in pratica ebbe corso una serie di multipli del nummo di conto, cui valore fu
indicato ricorrendo a numerali in lettere greche.
La riforma però, non intervenne direttamente sull'argento e neppure sull'oro, il perno
del sistema restava dunque il solido, moneta effettiva, il cui valore nominale
corrispondeva al valore intrinseco.
Se il peso del solido si mantenne nei secoli molto stabile, non di meno lo fu
l'iconografia, Sul dritto l'immagine del busto dell'imperatore, la cui differenza tra
imperatore ed un altro è dovuta alla legenda. Al rovescio la Vittoria recava il simbolo
essenziale del cristianesimo, la croce e del potere imperiale, il globo crucigero.
Il solido divenne la moneta di conto negli scambi europei e mediterranei.
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regioni vicine.
Con Giustiniano l'estensione dell'impero fu accompagnata dalla creazione ex-novo o
della riapertura di numerose zecche in particolare in Occidente, Cartagine, Ravenna e
Roma ripresero a coniare soldi e tremissi, in accordo con il monopoli dell'oro
Bizantino.
538, venne attuata una riforma su tutti i nominali in bronzo, iniziarono così a
comparire le datazioni degli anni del regno, accompagnate da altri elementi di
validazione legale, necessari perché era una moneta fiduciaria.
Il grande follis (bronzeo) di Giustiniano nel 542 per impedire che il suo valore
intrinseco superasse quello nominale fu progressivamente ridotto di peso.
La guerra contro i Persiani sul confine orientale, creò le condizione per una ripresa
della coniazione della moneta d'argento nel 616 (l'esagramma), la cui coniazione però
non durò molto allungo.
La guerra contro i Persiani, ma soprattutto l'inizio della repentina esplosione araba,
influenzò anche le attività di numerose zecche orientali con una notevole contrazione
della produzione del bronzo.
Ne susseguì anche la caduta del peso del follis, che di fatto subì una repentina perdita
di valore, la riprova di questo furono da prima la sua rarefazione e in seguito la
sparizione dei suoi divisionali.
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Nel 721 Leone III creò un nuovo nominale, anche questo in argento, il miliarense
( 1/12 del solido, 1/1000 di libbra d'oro). La nuova moneta bizantina, al dritto recava
un'iscrizione a cinque linee nel campo circondate di norma da una triplice
circonferenza di puntini, inneggiante a Cristo vincitore, essa fu una moneta molto
politica perché rappresentò un tentativo di risposta iconografica all'aniconicità delle
emissioni arabe.
Nel corso della sua vita il miliarense, subì periodiche variazioni di peso, un'altra
funzione importante del miliarense fu quella di rimpiazzare le frazioni del solido
nomisma, in particolare del tremisse.
Possiamo quindi ritenere che a partire dell'VIII secolo l'intero sistema monetario
fosse stato sottoposto a un progressivo processo di semplificazione, in quanto
sparirono i divisionali del follis.
Verso la metà del VIII secolo, dunque l'intero sistema monetario bizantino si
presentava completamente modificato in quanto vi erano battuti solo il solido-
nomisma, il miliarense e il follis.
Il sistema mantenne dunque queste sue caratteristiche per tutto il IX e per buona parte
del X secolo. Tra la fine del X e per buona parte del XI secolo la moneta subì
profonde trasformazione e l'intero impianto entrò in crisi irreversibile.
Basilio II creò le condizione per un aumento delle spese del bilancio statale. La
conseguenza fu l'incremento del commercio e quindi della richiesta di monete per
sostenerlo.
L'alterazione del contenuto d'oro del nomisma si manifestarono in tre tape successive:
– Costantino VII e Michele IV con un lento peggioramento della lega della
moneta d'oro, il cui intrinseco passò da circa il 90 al 70 %, con conseguente
aumento di argento e bronzo. (con Romano IV la percentuale d'argento
raggiunse il 25 %
– Un analogo processo di adulterazione della lega coinvolse anche la moneta
d'argento, il miliarense. Fino a Costantino X il suo intrinseco si mantenne
alquanto elevato, intorno a percentuali del 90%, tuttavia con Romano I passò
circa al 70%, e con Niceforo III ad appena i 45%, tale diminuzione va
probabilmente spiegata con la necessità di procurarsi l'argento da legare all'oro
per coniare l'histamenon adulterato.
– 1092 venne impiegato il piombo nella coniazione delle monete
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notevoli contraccolpi nel XII secolo (campagne militari nei Balcani e in Asia Minore)
L'iperpero, però mantenne una sua sostanza stabile, fu sopratutto il nomisma e la
stamina a subire consistenti alterazioni.
Nel impero bizantino restaurato, venne mantenuto l'iperpero accompagnato però nel
1295 da un nuovo nominale il basilikon, una moneta di puro argento il cui valore
dipendeva dal grosso veneziano.
Visigoti e Ostrogoti
Nella lontana penisola iberica, si erano stabilite due popolazioni
– a nord-est gli Svevi
– al centro-sud i Visigoti
che coniavano entrambi rari solidi ma soprattutto tremissi.
La rottura della sacralità imperiale fu opera di Teodoberto che fece coniare un solido
con la sua immagine accompagnata dal suo titolo.
La monetazione merovingia si sviluppò derivando senz'altro da modelli bizantini, ma
differenziandosene via via sempre più sia nell'iconografia sua nel titolo, che tendeva
progressivamente a diminuire.
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ma non sembra che in precedenza essi avessero dato corso a una produzione
autonoma.
La riforma di Odoacre che ha fatto coniare una moneta da 40 nummi, con al dritto
l'imperatore e al rovescio una vittoria alata, seguirono subito dopo nuove e più
articolate emissioni bronzee.
Dopo le prime emissione del periodo di Odeacre con Teodorico la strutta della serie
ostrogota, diventa trimetallica, con monete monete d'oro, argento e bronzo.
Le monete d'oro, corrispondevano per titolo e peso a quelle costantinopolitane, e con
una purezza d'oro pari al 97-98%, le monete d'argento si basavano su basi ponderali
standard basate sulla libbra, per quanto riguarda invece quelle in bronzo, si venne ad
utilizzare il sistema bizantino con la coniazione di pezzi da 40/20/10 nummi.
(approfondimento pag.89)
I Longobardi
Quando giunsero in Italia dalle pianure del centro Europa, I Longobardi non
possedevano una loro autonoma monetazione, ma senz'altro conoscevano la moneta
bizantina. Alla moneta d'oro in particolare veniva attribuita anche una funzione di
status all'interno di un gruppo, ne sono la prova le collane di tremissi.
Nei territori da loro occuparti nella seconda metà del VI secolo, era stata da poco
restaurato il potere dell'imperatore di Bisanzio, ed è facile immaginare come, accanto
all'oro e alla sopravvivenza di moneta d'argento ostrogota, circolassero anche
emissioni in bronzo.
Nei vari ducati nel corso del VII secolo, le zecche longobarde perpetuarono quindi
una monetazione aurea e in rari casi anche d'argento.
Fu alla fine del VII secolo, con Cuniperto, che si ebbero le più consistenti
modificazione, nel processo di costruzione di una moneta “longobarda”. Infatti dopo
una prima serie di tremissi con la Vittorio e con la sigla REX su entrambe le facce,
questo re ne emise una completamente nuova.
Si trattava di un ben noto tipo di tremisse con San Michele, il santo guerriero
venerato dai Longobardi.
La monetazione araba
La rapida conquista mussulmana dei territorio siro-palestinesi e dell'Egitto, ebbe ance
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ripercussione nell'area monetaria fino ad allora controllata dalla moneta bizantina.
Gli arabi non avevano, fino a quel momento, un loro sistema monetario autonomo e
nei loro scambi avevano usato monete bizantine in particolare d'oro.
Il sistema monetario arabo fu messa a punto nel 695, anno della 75 Egira, da
'Abd al-Malik, che permise di dare corso a una nuova moneta in argento, che fu
denominata dirhem.
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Tra ideali di universalità, spinte del mercato e particolarismi politici:
la moneta in Italia e nell'Occidente medioevali
In uno dei Regno Romano barbarici, quello dei Franchi Merovingi, insediatosi
nell'antica Gallia romana, vennero coniati soprattutto tremissi in oro, ma a differenza
che altrove, ad un certo punto questi non vennero più realizzato in poche zecche, ma
in un numero notevolissimo di ateliers ed a nome di autorità monetarie periferiche, i
cosiddetti “monetieri”.
Questi monetieri erano sicuramente personaggi di alto lignaggio, almeno a giudicare
dal più famosi di essi, Sant'Eligio, che fu anche vescovo di Noyon. (che divenne il
protettore degli operatori nelle zecche e degli orefici, ma anche talvolta dei fabbri)
Quando Pipino il Breve, nel 751, si sostituì agli inetti re merovingi, riuscendo ad
unificare sotto di se il territorio dei Granchi, la moneta del regno era costituita da
questi denari, 1,3g.
Pipino inoltre , dette avvio alla coniazione di esemplari di diametro maggiore e
normalmente privi di elementi figurativi. Il tipo monetale, pertanto, risultò
rappresentato soltanto dal nome e dal titolo del re, e da altri elementi epigrafici di
solito riferibili a zecche.
Carlo non cambiò nel complesso le caratteristiche della monetazione, limitandosi, a
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sostituire le sigle usate dal padre con il proprio nome CAROLVS.
L'annessione del Regno Longobardo di Desiderio nel 774 su sollecitazione di papa
Adriano, cambiò anche la tiratura ufficiale del monarca, che non si fece più indicare
come Rex Francorum , ma come Rex Francorum et Langobardorum.
All'inizio Carlo Magno non manifestò alcuna volontà di uniformare le monetazioni,
la Gallia e l'Italia longobarda: infatti in Italia fece battere a suo nome in zecche già
attive in precedenza, tremissi d'oro del tutto identici a quelli coniati dal re Desiderio
prima della conquista.
Pochi anni dopo, però la monetazione in Italia venne riformata, come ci attesta il
Capitolare di Mantova, il divieto di utilizzare di li a poco le monete in uso fino a quel
momento, e l'introduzione di nuovi esemplari (denari d'argento di tipo franco che
cominciarono a essere prodotti anche da zecche italiane)
(approfondimento p 107)
Comunque sia, una spia dell'esistenza di qualche difficoltà nella gestione della
moneta è rappresentata dal fatto che nel decennio successivo venne elaborata una
riforma generale della monetazione, quella che porto all'unificazione definitiva del
sistema monetario in Europa.
Il momento della riforma è testimoniato dal capitolare del Concilio di Francoforte del
794, questi “denari nuovi” probabilmente introdotti subito prima del Concilio, sono
stati facilmente riconosciuti dagli studiosi in quei pezzi caratterizzati in una faccia
della legenda CARLUS REX FR, e nella croce, nell'altra dal nome della zecca e dal
monogramma di Carlo Magno.
Infatti l'unica moneta effettiva prodotta, anche dopo questa riforma, fu il denario
d'argento, ma nella contabilità tale denaro fu associato a due altre unità teoriche, il
solido dal valore di 12 denari, e la libbra, dal valore di 240 denari.
Il primo indicava il tradizionale rapporto di cambio fra tremisse e denaro presso i
Merovingi, il secondo , il numero di pezzi che si potevano ricavare da una libbra di
peso.
All'inizio entrambe le unità avevano soltanto questo significato tecnico, questo
sistema di conto ebbe enorme successo, forse perché semplificava i calcoli e
probabilmente consentiva di valutare facilmente il valore delle nuove monete.
Comunque sia, da allora e fino all'introduzione del sistema decimale, tra XVIII e XIX
i prezzi vennero registrati in tutta Europa in lire, soldi e denari.
Il ruolo della riforma monetaria di Carlo Magno è stata giudicata così importante per
la storia d'Europa che, caso più unico che raro, un intervento di riorganizzazione della
moneta è stato collegato al centro del grande dibattito storico, quello dove
normalmente si discute solo di imperi, guerre, rivoluzioni, religioni etc.
Secondo la tesi di Pirenne, la vera cesura fra mondo antico e mondo medievale non
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avvenne nel VI secolo, con le “invasioni barbariche”, ma proprio nel VIII, quando
l'espansione dell'Islam bloccò i traffici nel Mediterraneo.
La moneta d'oro infatti sarebbe una testimonianza evidente del sussistere di traffici
internazionali e di una società opulenta, quella d'argento dell'assenza di questi traffici
e di una società nel complesso piuttosto povera.
Già nel corso del IX secolo, però, questo diritto cominciò ad essere ceduto ad altri,
sia ad autorità religiose, sia più tardi laiche. Questo trasferimento non implicava però
alcuna diminuzione delle prerogative regali. Infatti ogni decisione in merito alle
caratteristiche della moneta spettava comunque al sovrano, mentre tali autorità
periferiche potevano al massimo decidere se , quando ed in che quantità battere
moneta, nonché incamerare, in tutto od in parte, i guadagni della zecca.
In Italia denari d'argento di tipo franco, cominciarono ad essere prodotto anche dallo
Stato della Chiesa.
Questi oboli sono la testimonianza della necessità di più nominali, nel momento in
cui le prime perturbazione nel valore della moneta potevano aver alterato l'importo di
alcune obbligazioni.
Sempre sotto Ludovico, cominciarono ad essere prodotto denari d'argento carolingio
anche dalla zecca di Venezia.
Probabilmente l'interesse di Venezia ad avere una propria monetazione si sposò con
l'interesse dei Franchi a ricevere già monetati i tributi provenienti da Venezia.
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in Francia settentrionale e poi in Germania assistiamo ad un notevole prolifere di
zecche e di autorità emittenti, probabilmente a conseguenza della crescente
frammentazione politica di tutta l'area. Le monete prodotte in quest'area, non
subiranno una svalutazione di grande rilievo, mantenendo un peso non troppo
distante da quelle originali di Carlo Magno.
Nella seconda metà del X secolo, vi è un crescente surplus di moneta grazie alla
scoperta di importanti giacimenti in Sassonia, la maggior parte di questa ricchezza
venne esportata nelle aree non monetizzate del Nord Europa.
Ben diversa appare la situazione del Regno d'Italia erede del Regno Longobardo.
Qui infatti vi è l'instaurarsi di una lunga fasi di scarsità di circolante rispetto ad
un'economia evidentemente più sviluppata che nel resto d'Europa, questo avvenne
perchè nel territorio italico, non si poté instaurare un'economia totalmente feudale, e
con la crescita della domanda di moneta, l'offerta rimaneva limitata, per l'assenza di
importanti aree minerarie nella zona.
Allora in Italia veniva prodotto un solo nominale, il denari, quindi sembra difficile
capire come potesse concretizzarsi questo “incremento di valore nominale” quando
veniva introdotto un nuovo esemplare di solidi si fissava un certo rapporto di cambio
con la moneta precedente.
Ecco, sembra facile ipotizzare che proprio questo sia successo in Italia alla fine del
IX secolo: ad ogni apprezzamento nel valore del metallo si introducevano denari
dello stesso peso ma con un valore più alto e per rendere la cosa più evidente, li si
fabbricava con un tondello più largo.
Questo fenomeno terminò nell'anno 896 con l'imperatore Lamberto di Spoleto,
quando tornarono ad essere prodotti denari di diametro tradizionale.
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noto, la moneta cattiva caccia dal mercato quella buona, cioè la moneta peggiore di
intrinseco tenda a sostituirsi nella circolazione a quella migliore, poiché quest'ultima
viene tesaurizzata. (pertanto le monete veneziane avrebbero cacciato quelle imperiali
proprio poiché più svilite)
Non è del tutto da escludere , tuttavia, ragioni legate al fatto che Venezia era
totalmente inserita nel circuito monetario bizantino.
A metà del X secolo la situazione nel Regno d'Italia si andò stabilizzando a partire del
962 sotto gli Imperatori Ottomani di Sassonia. Grazie alla loro politica accentratrice
anche su questioni di moneta, venne nuovamente stabilizzato il contenuto intrinseco
di tutte le emissioni prodotte dalle zecche direttamente soggette all'imperatore.
Venezia invece continuò a produrre denari, con lega sempre peggiore. Questi pezzi
sviliti, continuarono a creare difficoltà ai pezzi concorrenti. Infatti in tutte le zecche
del Regno riprese ancora più rapido il processo di svalutazione (con ritmi diversi
nelle varie zecche)
Nella seconda metà del XII assunsero una uova importanza le cosiddette “fiere di
Champagne”, cioò quei mercati dove si commerciavano e si trattavano i beni più
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importanti d'Europa, tra cui l'argento. Ovviamente ne erano avvantaggiate le
coniazioni locali, che così entravano in circuiti internazionali ben più ampi
dell'ambito commerciale della propria zecca. È il caso dei denari Provins (provisini).
Il primo tentativo di risolvere tale questione fu attuato nel 1140 da Ruggero II nel
Regno Normanno d'Italia meridionale, introducendo una moneta d'argento chiamata
ducale pari a 1/12 del solido. Questa moneta realizzato con una lega molto bassa che
gli garantì il successo in patria.
L'imperatore Federico I nell'ambito della lotta che lo vide contrapposto ai comuni del
Nord Italia, fece installare a Noseda una zecca ove produrre nuovi denari, chiamati
imperiali, l'imperatore volle porre in circolazione una moneta che fosse convertibile
in tutte le più importanti valute del Regno d'Italia.
Tale introduzione del denario imperiale ebbe conseguenze di ben più vasta portata
nella circolazione italiana. Infatti tutte le valute delle diverse aree monetarie, per
proseguendo nella loro autonoma evoluzione, finirono con l'essere ritenute sempre
più o meno collegate alla moneta imperiale.
Le prime zecche ad attivarsi furono quelle più vicine alle aree minerarie come Verona
e Trento (che introdusse il suo famoso denario crociato).
Fu Venezia, comunque a procedere all'innovazione più importante, quella che
veramente rivoluzionò la monetazione europea.
Venezia quindi produsse un nominale del tutto nuovo, di buon peso 2,2g e di ottima
lega 985/1000, in grado di sostituirsi nel commercio internazionale agli scomparsi
miliarensi bizantini e dirhem arabi.
Il ducato d'argento o grosso “matapan” venne introdotto dal doge Enrico Dandolo fra
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il 1194 ed il 1201, di li a poco la nuova moneta veneziana divenne la regina dei
traffici internazionali.
Il grosso in seguito fu adottato anche da Milano, Genova, Pisa, questa può essere
considerata un era molto omogenea ed integrata.
Nel Nord delle Alpi, a giudicare dallo sviluppo della monetazione germanica si
verificò un certo squilibrio fra domanda ed offerta di moneta metallica, come accadde
in Italia due secoli prima, assistiamo alla nascita di aree monetarie ben differenziate,
in ciascuna delle quali evidentemente le monete avevano assunto un potere d'acquisto
diverso.
Il progressivo aumento di diametro di questi esemplari e della sostituzione forzata di
tutto il circolante con nuovi esemplari, può essere ricondotto alla volontà di
immettere in circolazione nuove monete che avevano un valore nominare, cioè un
potere d'acquisto più alto.
Le monete tedesche di questo periodo non erano coniate su tutte e due le facce ma
solo su uno, in quanto il tondello era troppo sottile per permettere una doppia
impressione (questi esemplari presero il nome di bratteati da bractea = foglia)
Una certa penuria di circolante nelle regioni centrali europee conferma anche la
presenza nella circolazione di denari inglesi (sterlini, ovvero stabili, fissi), questi
sterlini, avevano una percentuale di 925/1000 che li portò a diventare un modello per
le coniazioni in argento.
Tornando alle zecche italiche, nel 1204 la conquista dell'Impero Bizantino da parte
della IV crociata e la creazione dell'Impero Latino d'Oriente, offrì la possibilità
monetarie alle zecche d'Occidente, in quanto vi fu una grande incremento nella
disponibilità d'oro.
Pertanto si può pensare che il prezzo dell'oro tendesse a diminuire, cosa che poteva
rendere particolarmente proficua la sua eventuale trasformazione in moneta. Infatti la
materia prima era a basso prezzo, mentre alle monete auree si poteva assegnare un
valore nominale piuttosto alto, visto il favore che da sempre riscuotevano nel
mercato.
Il primo a cogliere questa opportunità fu l'Imperatore Federico II del regno di Svevo
di Sicilia.
Nel 1231 l'Imperatore decise di affiancare ai tarì una moneta che facesse rivivere il
solido bizantino d'oro, l'augustale di 5,31g, carati 854/1000 del valore di 8 tarì.
Questa lega particolare fu scelta non tanto per dare un peso maggiore alla moneta
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quanto, perché da un lato era la lega d'oro “di pagliola” dall'altro era quella degli
ultimi iperperi d'oro precedenti alla caduta di Costantinopoli.
Inoltre l'immagine dell'imperatore al dritto e l'aquila sveva al rovescio sono state
realizzate prendendo a modello le monete romane antiche.
Assai diversa, invece, fu il risultato quando monte d'oro vennero introdotte da zecche
nelle quali da secoli il sistema di conto in uno era quello carolingio della
lira,soldo,denaro.
Questo avvenne nel 1252anni in cui due importanti zecche italiane Genova e Firenze
dettero avvio alla produzione di una propria moneta aurea.
Genova con il genovino, 3,53g di peso a 24 carati.
Firenze con il fiorino, esso fu accolto da un favore enorme nel mercato.
Molte altre città di tutta Europa cominciarono a emettere comete con le stessa
caratteristiche, il fiorino però in Oriente divenne la principale moneta per gli scambi
con l'Europa, prima affiancando e poi sostituendosi al grosso di Venezia.
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Il sapersi districare in problemi del genere richiedeva sicuramente grandi capacità ed
esperienza, ecco il motivo per cui il cambiavalute finì col diventare una figura
importante del panorama sociale dell'epoca.
Subito dopo l'introduzione dei fiorini e dei genovini d'oro, ad esempio, i tradizionali
grossi d'argento incontrarono notevoli difficoltà di circolazione, con la conseguenza
che queste ultime cominciarono ad essere massicciamente tesaurizzate.
La loro scomparsa dal mercato favorì l'avvento di una nuova generazione di monete
grosse, il grosso del Senato Romano di Roma, e soprattutto il saluto d'argento di
Carlo I d'Angiò di Napoli.
Il nome saluto deriva dalla raffigurazione dell'annunciazione rappresentata al dritto. Il
saluto d'oro metro-logicamente non era altro che l'erede dell'augustale.
Dei due fu il saluto d'argento la moneta che ebbe maggior successo, probabilmente
perché, facendo parte del sistema di conto orientale del solido e del tarì (sottomultiplo
dell'augustale) era facilitato nello scambio mediterraneo. Da li a poco anche il grosso
di Venezia cominciò a trovare difficoltà di circolazione.
Venezia per “combattere” questa rivalità monetale introdusse una moneta d'oro,
perché potesse difendere la circolazione del loro glorioso grosso.
La nuova moneta di Venezia, il ducato d'oro, fu introdotta nel 1285 da Giovanni
Dandolo.
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Lo scopo per cui il ducato venne coniato probabilmente non fu raggiunto, perchè la
circolazione del grosso andò sempre peggiorando, al punto che dopo il 1320 i
metapan veneziani erano totalmente scomparsi dal mercato, anche nella stessa
Venezia. Il risultato però fu complessivamente molto positivo, in quanto la nuova
moneta aurea ereditò senza difficoltà il successo del grosso, tanto che nel XIV secolo
il ducato Veneziano riuscì a soppiantare lo stesso fiorino di Firenze. La forza di
questa moneta durò per molto tempo, anche dopo la caduta di Venezia nel 1797, gli
austriaci continuarono a fabbricare ducati d'oro (divenuti zecchini) con lo stile e la
tecnica di 5 secoli prima
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Dalla nascita della monetazione moderna alle soglie della prima
guerra mondiale
Fu allora che si cominciò a coniare a Venezia dei pezzi d'argento del valore di una
lira: il trono e il testone, che continuarono ad essere emessi per lungo tempo.
I testoni vennero chiamati gergalmente così per la presenza di un ritratto
(specialmente a Milano).
Fu però l'enorme produzione di un'altra zecca che diede il nome definitivo a questa
moneta. Nel 1519 si aprì infatti, un nuovo giacimento di metallo bianco nel versante
boemo, l'abbondanza di materiale argenteo portò alla coniazione del guldengroschen
che prese il nome dalla zecca di St. Joachimstaler, abbreviato in seguito come taler (il
tallero d'argento)
Luigi XI nel 1475 fece coniare una moneta dal nome ècu au soleil, chiamata così per
la presenza di un piccolo sole sopra la raffigurazione di uno scudo al rovescio. (da qui
il termine scudo), il potere di questa moneta non tardò ad arrivare, nella stessa
Firenze si verificarono speculazioni basate sulla sottrazione di fiorini alla
circolazione cittadina, i quali venivano poi portati nelle zecche vicine per ricevere in
cambio scudi e ottenere così a parità d'oro, un potere d'acquisto maggiore.
Così la stessa Firenze cominciò a coniare scudi.
Carlo V monarca di Spagna, Napoli, Sicilia e Sardegna, una volta consolidato il suo
dominio, cominciò a riordinare i vari sistemi monetari dei territori a lui soggetti, e lo
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fece rispondendo anche alle aspettative papali con la coniazione non solo a Napoli ma
anche in Spagna di uno scudo d'oro su modello romano.
Nel 1596 le aspirazioni di papa Paolo III sembrarono trovare ampia realizzazione
quando un bando autorizzò la circolazione a Roma degli scudi d'oro, provenienti
dalle più prestigiose zecche.
– argento
La fortuna continuò a favorire la Spagna, l'argento cominciò ad affluire
abbondantemente. All'inizio il metallo veniva coniato solo in Spagna, ma in una
seconda fase vennero aperte zecche anche in America.
Sotto forma di lingotti e di monete, l'argento spagnolo di diffuse attraverso il mercato
in tutta Europa. Fu Genova, che in seguito alla rottura spagnola dei canali verso il
nord Europa, dovuti alla rivolta dei Pesi Bassi del 1566, ad assumere una posizione
primario nel conio.
Intanto a partire dalla metà del XVI secolo, i prezzi cominciarono a crescere con un
ritmo vertiginoso.
Jean Bodin, annoverava, il rialzo dei prezzi che caratterizzò questo secolo fu
determinato proprio dal grosso incremento di metalli preziosi in seguito alla scoperta
dell'America e del conseguite aumento della produzione monetaria.
Da un lato i prezzi aumentavano, dall'altro invece se l'argento era abbondantemente
disponibile, l'oro cominciava a non soddisfare più le esigenze.
Per affrontare questa crisi, da un lato vennero emesse grosse monete d'argento,
dall'altro vennero create monete d'argento con lo stesso valore nominale delle monete
d'oro.
Il mercato si arricchì ovunque di nuovi grossi nominali d'argento che fecero parte
sostanziale della circolazione fino a tutto il XVIII secolo.
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verificarono già a partire dall'inizio del '600 in Europa.
Per aumentare le loro entrate signori e sovrani non esitarono, infatti ad alterare
queste monete riducendo grandemente il loro intrinseco e mantenendone inalterato il
valore nominale.
Dato che la produzione monetaria riservata al mercato locale non garantiva a queste
officine monetarie guadagni soddisfacenti, tali attelier cominciarono ad adoperarsi,
per produrre monete contraffatte di altre zecche.
Intanto tra il XVI e il XVII, notevole impulsi aveva avuto anche il sistema bancario e
del credito. Vennero introdotti, la girata (cambiale) e lo sconto.
L'Italia invece, alla fine del '600 entrò in un periodo di profonda crisi, sia finanziaria
sia commerciale, determinata fondamentalmente dall'incapacità di reagire alla
concorrenza delle piazze del nord Europa, il tradizionalismo delle corporazione, le
disastrose epidemie del 1630/1657, nonché lo sviluppo delle nuove rotte atlantiche
resero i suoi prodotti più cari e mono appetibili.
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mantenere attiva la propria presenza nelle piazze levantine.
Venezia era sempre rimasta fedele alla tecnica di coniazione a mano, con
l'introduzione delle nuove meccanizzazioni vennero introdotti due nuovi principi sui
quali si basava il funzionamento dei nuovi macchinari :
– il sistema con matrici a rullo
– il sistema con torchio a bilanciere
La scelta di Venezia ricadde proprio su quest'ultimo.
Il successo del tallero di Maria Teresa, si ampliò nello spazio e nel tempo, ma altri
Stati europei produssero monete molto simili.
A partire dalla metà del XVIII secolo molti paesi europei ricorsero alla cartamoneta,
il caso più emblematico è rappresentato dalla Rivoluzione Francese. Per i pagare i
creditori rivoluzionari, emisero a partire dal 1789 dei buoni del tesoro chiamati
assegnati.
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Il valore di produzione degli assegnati aumentò, ricorrendo anche all'emissione di
tagli di valore modesto: tale continuo aumento di cartamoneta in circolazione finì da
un lato con il determinarne la svalutazione, dall'altro comportò la scomparsa dal
mercato delle monete d'oro e d'argento che venivano tesaurizzate.
Sotto nomi diversi circolavano così monete sostanzialmente identiche: cinque lire
italiane, cinque franchi francesi, cinque dracme greche ecc. ecc.
Alla fine del XIX secolo si diffuse così praticamente in amplissime porzioni d'Europa
il goldstrandard il cuoi successo era essenzialmente basato su tre principi :
– Essere garantita la libera convertibilità in oro e viceversa.
– La massa monetaria in circolazione in ogni stato doveva adeguarsi alla propria
riserva aurea.
– Doveva essere assicurata la libertà di importazione ed esportazione dell'oro.
Anche tale sistema aveva però un tallone d'Achille, in quanto era fondato sul
presupposto che tutto il denaro circolante, potesse essere in ogni momento convertito
in oro: ciò si dimostrò irrealizzabile nel 1914, alla viglia della prima guerra mondiale,
quando si verificò una disperata corsa all'oro che non potè essere soddisfatta dalle
riserve disponibili.
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Breve storia della lunga marcia verso l'unione monetaria europea
Dopo la creazione dell'Unione monetaria latina nel 1865 il tema della creazione di
una moneta unica si fa ricorrente.
Riporto quindi una serie di date che portarono alla formazione dell'Unione Europea
1957: il Trattato di Roma, che andava a completare i due precedenti firmati, 1951
Comunità del carbone e dell'acciaio, 1957 dell'energia atomica. Questi due trattati
ponevano l'obbiettivo di mettere in comune le risorse in materia prime che erano state
al centro dei conflitti europei e all'origine delle due prime guerre mondiali.
1961: la rivalutazione del marco e del fiorino, portarono gli europei a interrogarsi
sulla necessità di una unione monetaria.
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delle politiche monetarie nel momento in cui le monete europee venivano scambiate
sempre più liberamente sul mercato dei cambi.
1968/1969: crisi del sistema monetario internazionale, nel 68, viene approvato il
piano Werner, per creare una unità di conto e un Fonda monetario europeo.
1971: la nuova crisi del dollaro, dovuta alla guerra nel Vietnam, sconvolge il piano
europeo.
1972: i paesi europei decisero di ridurre i margini di fluttuazione delle loro monete
all'interno del tunnel formato dai margini di fluttuazione sul dollaro.
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1988: il Consiglio decise di fare il passo decisivo verso l'unione economica e
monetaria, il trattato dell'Unione europea doveva rispondere a una triplice esigenza :
– permettere il funzionamento di un Comunità di Stati destinata ad allargarsi
– superare lo stadio di un semplice accordo economico
– creazione di un Unione economica e monetaria
Le tre tappe :
– prima fase (1990/1993) : preparare la messa appunto del trattato
– seconda fase (1994-97/1998) : gli stati devono avviare politiche economiche
che assicurino, prima di passare alla terza fare, il rispetto dei seguenti quattro
criteri :
- stabilire dei prezzi
- stabilire dei tassi di cambio
- finanze pubbliche sane
- tassi di interesse di lunga convergenza
– terza fase (1997/1999) : costituzione di un sistema europeo di Banche centrali,
composto dalle banche centrali nazionali e da un Banca centrale europea
Il trattato non modifica affatto le competenze già esistenti di tre delle principali
istituzioni : Commissione, Corte di giustizia e Consiglio.
Il ritorno all'ordino si ebbe con la seconda tappa dell'UEM che ebbe inizio del 1994,
con la creazione dell'Istituto monetario europeo.
Il 1 gennaio 1999 si stabilì che un lasso di tre anni sarebbe intercorso tra questa data e
l'introduzione delle monete e delle banconote della moneta unica.
Conclusione
Il trattato sull'Unione Europea introduce per la prima volta in Europa la possibilità di
metter in atto, pacificamente, una comunità d'interessi e una condivisione di
sovranità.
Certo, il processo di unione economica non comporta ancora la realizzazione di
un'unione politica e di vera e propria politica economica europea .
L'Europa, non è più la potenza economica predominante, e ogni stato non è più in
grado di esercitare la sua sovranità economica.
I paesi europei, costituiranno il blocco più ricco e più potente del mondo che potrà
stare alla pari con gli Stati Uniti e davanti al Giappone, grazie all'esistenza di una
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moneta unica, emessa in modo da garantire la stabilità.
(leggere)
Dal denarius all'Euro : Polonia
Da un punto di vista geografico il territorio dei paesi dei sei padri fondatori
dell'Unione Europea coincide con quello dell'Impero Carolingio.
I limiti della “dimensione europea” di estesero oltre i confini dello Stato Carolingio,
comprendendo anche la Polonia, grazie alla conversione al cristianesimo.
966 d.C., il sovrano polacco ricevette il battesimo e fece strada alla Polonia verso il
mondo della civiltà occidentale.
Il Fiorino polacco fu la prima moneta d'oro coniata in Europa centra con carattere
completamente nazionale. Sul dritto della moneta era raffigurato il re assiso in trono,
con uno scettro nella mano destra e una sfera nella mano sinistra.
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quest'epoca, venne introdotta la monetazione “zloty”
Nel 1493 lo zlotu divenne un equivalente legale del ducato veneziano.
La crisi monetaria che verificò in Europa occidentali alla fine del XVI e all'inizio del
secolo XVII compromise l'economia polacca. L'importazione di monete svalutate
sfociò in aumento speculativo dei prezzi del ducato e del tallero e la moneta corrente
polacca defluì all'estero perché di migliore fattura.
Si verificò la tipica suddivisione tra moneta forte e moneta debole.
Tuttavia la prima metà del XVII secolo lo Stato polacco continuò a coniare monete
buone e costose. La cosa interessò i governi occidentali che tra l'altro desideravano
creare un'alleanza politica con la Polonia allo scopo di stabilire un unione degli stati
europei.
Durante il XVII secolo la svalutazione monetaria favorì lo sviluppo di nuove
consuetudini nella vita politica della Polonia, venne quindi introdotta una nuova
moneta, coniata in due versioni, una d'oro e l'altra d'argento, il donativo “Dontaywy”.
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(leggere)
La moneta, un elemento centrale della società
Dal dicembre 2001 al 28 febbraio 2002, assistiamo alla scomparsa di una serie di
monete europee ed alla comparsa nei medesimi paesi dell'Euro.
Le parole e le monete
Il termine stesso moneta non è neutro, La sua origine risale ai romani, che battevano
moneta a Roma nei locali attigui al tempio di “Giunone Moneta”, la dea profetessa,
colei che “avverte” colei che “prevede”.
Ed è proprio questo il ruolo della moneta: prevenire la fame, l'indigenza, la malattia
ecc. La moneta inoltre previene (pur se non lo sopprime) anche il dolore e la tristezza
delle vittime dirette o indirette di ingiustizie.
Giunone era inoltre la dea del ciclo vitale femminile, quindi della riproduzione.
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Di conseguenza gli uomini hanno nei confronti della moneta un debito primordiale
che fa dipendere la loro sorte dal modo in cui cercheranno di risarcirla.
L'uso di oggetti simbolici per estinguere il debito primario sarebbe all'origine del
concetto d'intermediario dello scambio, di strumento monetario e di moneta.
Da questo momento, esistono tutti gli elementi per permettere forme più pratiche di
strumenti monetari, che porteranno in seguito alla prima riforma monetaria, il sistema
tri-metallico.
In molte aree furono usati come strumenti monetari oggetti forgiati come utensili da
taglio. Il debito era si rappresentato da una corda, questo strumento simboleggiava
uno strumento tagliente in grado di troncare il debito, ma altrettanto simbolicamente
smussato per evitare così di troncare il legame sociale.
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– la moneta: un vero e proprio linguaggio
La moneta rappresenta anche un vero e proprio linguaggio ma diverso dal normale,
essa infatti si basa su una lingua fatta di cifre e capacità di numerazione su base
aritmetica, la moneta quindi è soggetta a tre meccanismi :
– la capacità di crearsi delle scale di valore
– la memoria dei prezzi
– la capacità di comprendere una somma monetaria e di guidare gli scarti dei
prezzi
La mitologia e i testi sacri, riflettono questa costante dei comportamenti e la follia che
può generare il fascino dell'oro.
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